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61991J0234

SENTENZA DELLA CORTE DEL 1. DICEMBRE 1993. - COMMISSIONE DELLE COMUNITA EUROPEE CONTRO REGNO DI DANIMARCA. - ART. 33 DELLA SESTA DIRETTIVA IVA - IMPOSTA SULLA CIFRA D'AFFARI - LEGGE SUL CONTRIBUTO PER IL MERCATO DEL LAVORO. - CAUSA C-234/91.

raccolta della giurisprudenza 1993 pagina I-06273


Massima
Parti
Motivazione della sentenza
Decisione relativa alle spese
Dispositivo

Parole chiave


++++

1. Ricorso per inadempimento ° Oggetto della controversia ° Determinazione nel corso della fase precontenziosa ° Successivo ampliamento ° Inammissibilità

(Trattato CEE, art. 169)

2. Disposizioni fiscali ° Armonizzazione delle legislazioni ° Imposta sulla cifra d' affari ° Sistema comune d' imposta sul valore aggiunto ° Divieto di riscossione di altre imposte nazionali aventi la stessa natura dell' imposta sulla cifra d' affari ° Contributo a favore del mercato del lavoro istituito in Danimarca ° Inammissibilità

(Direttiva del Consiglio 77/388/CEE, art. 33)

Massima


1. L' oggetto di un ricorso proposto ai sensi dell' art. 169 del Trattato è determinato dalla fase amministrativa precontenziosa del procedimento ivi contemplata nonché dalle conclusioni del ricorso. Il parere motivato della Commissione ed il ricorso devono essere basati sui medesimi motivi e mezzi. Conseguentemente, non sono ricevibili le censure non sollevate nell' ambito della fase precontenziosa.

2. Viola le disposizioni dell' art. 33 della sesta direttiva 77/388, relativo al divieto di istituire imposte, diritti e tasse che presentino la stessa natura dell' imposta sulla cifra d' affari, e viene quindi meno agli obblighi ad esso incombenti ai sensi del Trattato, ed in particolare dell' art. 189 del medesimo, uno Stato membro, nella specie la Danimarca, che istituisca e mantenga in vigore un regime fiscale che preveda il pagamento di un contributo a favore del mercato del lavoro che costituisce un tributo di natura fiscale, riscosso in via generale sulla stessa base imponibile dell' imposta sul valore aggiunto, senza peraltro osservare la normativa comunitaria relativa a quest' ultima, e che:

° viene versato sia per attività soggette ad IVA che per altre attività a carattere industriale o commerciale consistenti nell' effettuazione di prestazioni a titolo oneroso;

° è riscosso, per quanto riguarda le imprese soggette ad IVA, su una base imponibile identica a quella utilizzata per l' IVA, cioè sotto forma di una percentuale sull' importo delle vendite realizzate, previa detrazione dell' importo degli acquisti effettuati;

° a differenza dell' IVA, non viene percepito all' importazione, ma è riscosso sul prezzo pieno di vendita delle merci importate, al momento della loro prima rivendita nello Stato membro considerato;

° a differenza dell' IVA, non deve essere indicato a parte nella fattura;

° viene riscosso parallelamente all' IVA.

Parti


Nella causa C-234/91,

Commissione delle Comunità europee, rappresentata dal signor Johannes Foens Buhl, consigliere giuridico, in qualità di agente, con domicilio eletto in Lussemburgo presso il signor Nicola Annecchino, membro del servizio giuridico, Centre Wagner, Kirchberg,

ricorrente,

contro

Regno di Danimarca, rappresentato dal signor Joergen Molde, consigliere giuridico presso il ministero degli Affari esteri, in qualità di agente, con domicilio eletto in Lussemburgo presso la sede dell' ambasciata del Regno di Danimarca, 4, boulevard Royal,

convenuto,

avente ad oggetto il ricorso diretto a far dichiarare, ai sensi dell' art. 169, secondo comma, del Trattato CEE, che il Regno di Danimarca, avendo istituito e mantenuto in vigore, con la legge 18 dicembre 1987, n. 840, successivamente modificata, il regime fiscale che prevede il pagamento di un contributo a favore del mercato del lavoro, tributo di natura fiscale avente in via generale la stessa base imponibile dell' imposta sul valore aggiunto, senza osservare la normativa comunitaria relativa a quest' ultima, ha violato l' art. 33 della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra d' affari ° Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (GU L 145, pag. 1), ed è pertanto venuto meno agli obblighi ad esso incombenti in forza del Trattato CEE, ed in particolare dell' art. 189 del Trattato medesimo,

LA CORTE,

composta dai signori O. Due, presidente, G.F. Mancini e J.C. Moitinho de Almeida, presidenti di sezione, R. Joliet, F.A. Schockweiler, G.C. Rodríguez Iglesias, F. Grévisse, M. Zuleeg e J.L. Murray, giudici,

avvocato generale: G. Tesauro

cancelliere: J.-G. Giraud

vista la relazione d' udienza,

sentite le difese orali svolte dalle parti all' udienza del 13 luglio 1993, in cui il governo danese è stato rappresentato dal signor Joergen Molde e dall' avv. Gregers Larsen, del foro di Copenaghen,

sentite le conclusioni dell' avvocato generale, presentate all' udienza del 28 settembre 1993,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

Motivazione della sentenza


1 Con atto depositato nella cancelleria della Corte il 17 settembre 1991, la Commissione delle Comunità europee ha proposto, ai sensi dell' art. 169 del Trattato CEE, un ricorso diretto a far dichiarare, ai sensi dell' art. 169, secondo comma, del Trattato CEE, che il Regno di Danimarca, avendo istituito e mantenuto in vigore, con la legge 18 dicembre 1987, n. 840, successivamente modificata, il regime fiscale che prevede il pagamento di un contributo a favore del mercato del lavoro, tributo di natura fiscale avente in via generale la stessa base imponibile dell' imposta sul valore aggiunto (in prosieguo: l' "IVA"), senza osservare la normativa comunitaria relativa a quest' ultima, ha violato l' art. 33 della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra d' affari ° Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (GU L 145, pag. 1; in prosieguo: la "sesta direttiva"), ed è pertanto venuto meno agli obblighi ad esso incombenti in forza del Trattato CEE, ed in particolare dell' art. 189 del Trattato medesimo.

2 Nell' ambito della politica economica attuata dal governo danese al fine di rilanciare l' economia, la legge 18 dicembre 1987, n. 840 (lov om arbejdsmarkedsbidrag, in prosieguo: la "legge n. 840"), entrata in vigore il 1 gennaio 1988, ha istituito un' imposta a carico delle imprese, detta "contributo a favore del mercato del lavoro" (in prosieguo: l' "AMBI", secondo la sigla abitualmente utilizzata in Danimarca), diretta a consentire il finanziamento pubblico di taluni oneri sociali precedentemente a carico dei datori di lavoro.

3 La base imponibile del contributo, la cui aliquota era pari a 2,5%, era calcolata in modo diverso a seconda che l' impresa fosse soggetta all' IVA oppure ne fosse parzialmente o totalmente esentata. Per le imprese interamente soggette all' IVA, l' AMBI veniva calcolato su una base imponibile identica a quella dell' IVA, vale a dire sulla cifra d' affari (metodo di calcolo detto dell' IVA). Per le altre imprese, la legge n. 840 prevedeva in alcuni casi tale primo metodo di calcolo, in altri un secondo, consistente nel calcolare l' AMBI sulla base del volume globale delle retribuzioni delle singole imprese, aumentato del 90% (metodo di calcolo detto delle retribuzioni).

4 La compatibilità con il diritto comunitario di tale imposta, laddove sia calcolata secondo il metodo dell' IVA, è stata oggetto di contestazione sia da parte di soggetti privati sia da parte della Commissione.

5 Le società danesi Dansk Denkavit e P. Poulsen Trading hanno richiesto all' amministrazione delle dogane il rimborso del contributo versato negli anni 1988 e 1989. A sostegno di tale richiesta esse hanno fatto valere l' incompatibilità della legge danese con l' art. 33 della sesta direttiva, nonché con gli artt. 9 e seguenti e con l' art. 95 del Trattato CEE. La controversia è giunta dinanzi al giudice nazionale, l' OEstre Landsret, che, con ordinanza 20 giugno 1990, ha sottoposto alla Corte quattro questioni pregiudiziali.

6 Con la sentenza 31 marzo 1992, causa C-200/90, Dansk Denkavit (Racc. pag. I-2217), la Corte, risolvendo le questioni pregiudiziali sottopostele, ha affermato che l' art. 33 della sesta direttiva osta all' introduzione o al mantenimento di un contributo fiscale che:

° viene versato sia per attività soggette ad IVA che per altre attività a carattere industriale o commerciale consistenti nell' effettuazione di prestazioni a titolo oneroso;

° è riscosso, per quanto riguarda le imprese soggette ad IVA, su una base imponibile identica a quella utilizzata per l' IVA, cioè sotto forma di una percentuale sull' importo delle vendite realizzate, previa detrazione dell' importo degli acquisti effettuati;

° a differenza dell' IVA, non viene percepito all' importazione, ma è riscosso sul prezzo pieno di vendita delle merci importate, al momento della loro prima rivendita nello Stato membro considerato;

° a differenza dell' IVA, non deve essere indicato a parte nella fattura;

° viene riscosso parallelamente all' IVA.

7 Con lettera di messa in mora del 22 maggio 1989, la Commissione comunicava al governo danese che essa considerava l' AMBI quale imposta sulla cifra d' affari ai sensi della sesta direttiva e che il detto contributo si poneva pertanto in contrasto con il divieto sancito dall' art. 33 della sesta direttiva stessa che non consente agli Stati membri di riscuotere imposte nazionali che abbiano il carattere dell' imposta sulla cifra d' affari.

8 La Commissione, a fronte della risposta del governo danese con cui venivano respinte le dette contestazioni, emanava, in data 27 settembre 1990, un parere motivato ai sensi dell' art. 169 del Trattato, invitando il governo medesimo ad adottare i provvedimenti necessari al fine di rendere la normativa contestata conforme con il diritto comunitario entro il termine di un mese a decorrere dalla notificazione del parere medesimo.

9 Con lettera 6 dicembre 1990 il governo danese confermava la propria tesi secondo cui le contestazioni della Commissione non erano fondate. A suo parere, l' AMBI non costituiva una tassa sulla cifra d' affari rientrante nel divieto sancito dall' art. 33 della sesta direttiva. La legge istitutiva del contributo avrebbe quindi interamente rispettato i principi della sesta direttiva e non ne avrebbe affatto impedito la corretta applicazione.

10 Con atto del 12 settembre 1991 la Commissione ha proposto alla Corte un ricorso diretto a far dichiarare che il Regno di Danimarca era venuto meno agli obblighi ad esso imposti dal diritto comunitario.

11 Il 21 dicembre 1991 il legislatore danese ha emanato la legge n. 891 recante abrogazione della legge istitutiva del contributo a favore del mercato del lavoro e recante modifica della legge sull' imposta sul valore aggiunto [lov om ophaevelse af lov om arbejdsmarkedsbidrag og om aendring af mervaerdiafgiftsloven (momsloven), in prosieguo: la "legge n. 891"], con effetto a decorrere dal 1 gennaio 1992. Tale legge ha totalmente abrogato le disposizioni della legge n. 840 che avevano posto l' AMBI a carico delle imprese danesi. La detta legge ha peraltro modificato le aliquote dell' IVA vigenti in Danimarca.

12 Nonostante la menzionata pronuncia pregiudiziale del 31 marzo 1992 e l' emanazione della legge n. 891 con cui è stato soppresso il contributo controverso, la Commissione ha ritenuto opportuno insistere sul proprio ricorso.

13 Alla luce della replica della Commissione, il ricorso dev' essere inteso nel senso che esso si articola in due censure.

14 La prima attiene al contributo calcolato secondo il metodo delle retribuzioni. In ordine a tale punto la Commissione ha affermato che continuerebbe a sussistere interesse al mantenimento del ricorso per inadempimento, non essendo certo che la legge n. 891 abbia eliminato l' AMBI, qualora questo sia calcolato in base al volume delle retribuzioni.

15 Si deve rilevare al riguardo che, come sottolineato dal governo danese nella controreplica e come la Commissione stessa ha riconosciuto, si tratta di una censura sollevata in sede di replica e non nell' ambito della fase precontenziosa vertente esclusivamente sul contributo calcolato secondo il metodo dell' IVA.

16 Orbene, è giurisprudenza costante, espressa in particolare nella sentenza 7 febbraio 1984, causa 166/82, Commissione/Italia (Racc. pag. 459, punto 16 della motivazione), che l' oggetto di un ricorso proposto ai sensi dell' art. 169 del Trattato è determinato dalla fase amministrativa precontenziosa del procedimento ivi contemplata, nonché dalle conclusioni del ricorso, e che il parere motivato della Commissione ed il ricorso devono essere basati sui medesimi motivi e mezzi.

17 Il ricorso è quindi irricevibile nella parte in cui attiene al contributo calcolato sulla base del volume delle retribuzioni.

18 La seconda censura della Commissione riguarda il contributo calcolato secondo il metodo dell' IVA.

19 Nel controricorso del 4 maggio 1992 il governo danese non contesta che il Regno di Danimarca, istituendo il contributo a favore del mercato del lavoro calcolato secondo il metodo dell' IVA, abbia violato il diritto comunitario. Il detto governo ha tuttavia insistito sul fatto che sarebbe venuto meno l' interesse al ricorso per inadempimento a seguito dell' emanazione della legge n. 891 e della menzionata sentenza pregiudiziale 31 marzo 1992.

20 Avverso tale argomento la Commissione eccepisce che la legge n. 891, che ha soppresso il contributo di cui trattasi, è entrata in vigore solamente il 1 gennaio 1992, vale a dire oltre il termine di un mese indicato nel parere motivato.

21 Si deve sottolineare al riguardo che, anche se la pronuncia pregiudiziale della Corte ha messo in evidenza l' incompatibilità della normativa danese con il diritto comunitario, atteso che il contributo controverso è stato soppresso solamente oltre il termine indicato nel parere motivato, spetta unicamente alla Commissione valutare l' opportunità di insistere nel ricorso diretto alla declaratoria di inadempimento.

22 Da tutte le suesposte considerazioni emerge che il Regno di Danimarca, avendo istituito e mantenuto in vigore con la legge 18 dicembre 1987, n. 840, successivamente modificata, il regime fiscale che prevede il pagamento di un contributo a favore del mercato del lavoro, tributo di natura fiscale avente in via generale la stessa base imponibile dell' imposta sul valore aggiunto, senza osservare la normativa comunitaria relativa a quest' ultima, ha violato l' art. 33 della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra d' affari ° Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme, ed è pertanto venuto meno agli obblighi ad esso incombenti ai sensi del Trattato CEE, ed in particolare dell' art. 189 del Trattato medesimo.

Decisione relativa alle spese


Sulle spese

23 A termini dell' art. 69, n. 2, primo comma, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese. Tuttavia, ai sensi del successivo n. 3, primo comma, la Corte può ripartire le spese o decidere che ciascuna parte sopporti le proprie.

24 Considerato che entrambe le parti sono rimaste soccombenti con riguardo ad alcuni dei motivi dedotti, appare opportuno disporre la compensazione delle spese.

Dispositivo


Per questi motivi,

LA CORTE

dichiara e statuisce:

1) Il Regno di Danimarca, avendo istituito e mantenuto in vigore con la legge 18 dicembre 1987, n. 840, successivamente modificata, il regime fiscale che prevede il pagamento di un contributo a favore del mercato del lavoro, tributo di natura fiscale avente in via generale la stessa base imponibile dell' imposta sul valore aggiunto, senza osservare la normativa comunitaria relativa a quest' ultima, ha violato l' art. 33 della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra d' affari ° Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme, ed è pertanto venuto meno agli obblighi ad esso incombenti ai sensi del Trattato CEE, ed in particolare dell' art. 189 del Trattato medesimo.

2) Ciascuna parte sopporterà le proprie spese.