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SENTENZA DELLA CORTE (SESTA SEZIONE) DEL 2 AGOSTO 1993. - WILFRIED LANGE CONTRO FINANZAMT FUERSTENFELDBRUCK. - DOMANDA DI PRONUNCIA PREGIUDIZIALE: FINANZGERICHT MUENCHEN - GERMANIA. - IMPOSTA SUL VALORE AGGIUNTO - SESTA DIRETTIVA - ESENZIONE DELLE OPERAZIONI DI ESPORTAZIONE VIETATE. - CAUSA C-111/92.
raccolta della giurisprudenza 1993 pagina I-04677
Massima
Parti
Motivazione della sentenza
Decisione relativa alle spese
Dispositivo
++++
1. Disposizioni fiscali ° Armonizzazione delle legislazioni ° Imposta sulla cifra d' affari ° Sistema comune d' imposta sul valore aggiunto ° Sesta direttiva ° Ambito di applicazione ° Esportazione di merci non esportabili verso talune destinazioni a causa del loro eventuale impiego a fini strategici ° Inclusione
(Direttiva del Consiglio 77/388/CEE)
2. Disposizioni fiscali ° Armonizzazione delle legislazioni ° Imposta sulla cifra d' affari ° Sistema comune d' imposta sul valore aggiunto ° Esenzioni previste dalla sesta direttiva ° Cessioni di beni spediti o trasportati dal venditore al di fuori del paese ° Distinzione tra esportazioni lecite ed illecite ° Insussistenza
(Direttiva del Consiglio, 77/388/CEE, art. 15, punto 1)
1. Il principio della neutralità fiscale, sul quale si fonda la Sesta direttiva 77/388/CEE, non consente, in materia di riscossione dell' imposta sul valore aggiunto, una distinzione generale fra le operazioni lecite e le operazioni illecite, fatta eccezione per i casi in cui, date le particolari caratteristiche di alcune merci, è esclusa qualsiasi concorrenza tra un settore economico lecito ed uno illecito.
Ciò non si verifica nel caso di merci per le quali non tutte le operazioni sono vietate, per la loro stessa natura o per le loro particolari caratteristiche, bensì soltanto l' esportazione verso talune precise destinazioni, in ragione di un eventuale uso per scopi strategici. Un divieto del genere non è di per sé sufficiente a sottrarre le esportazioni di dette merci dall' ambito di applicazione della direttiva.
2. L' art. 15, punto 1, della Sesta direttiva 77/388/CEE, relativo all' esenzione dall' imposta sul valore aggiunto delle cessioni di beni spediti o trasportati dal venditore al di fuori del paese, non delinea, quanto alle esenzioni, alcuna distinzione tra esportazioni lecite ed illecite, talché, qualora queste ultime abbiano ad oggetto merci ricomprese nell' ambito di applicazione della direttiva, debbono essere trattate allo stesso modo delle esportazioni lecite di dette merci. Ne consegue che la norma in oggetto dev' essere interpretata nel senso che l' esenzione delle operazioni all' esportazione ivi prevista non può essere negata qualora tali operazioni siano effettuate in violazione di disposizioni nazionali che subordinano ad un' autorizzazione preventiva le esportazioni verso Stati per i quali, in forza di disposizioni nazionali di embargo, in nessuno Stato membro della Comunità sarebbe stata rilasciata un' autorizzazione.
Questa soluzione lascia impregiudicata la competenza degli Stati membri a reprimere le infrazioni alle proprie leggi in materia di autorizzazione all' esportazione verso taluni paesi terzi mediante opportune sanzioni, quand' anche comportino conseguenze pecuniarie.
Nel procedimento C-111/92,
avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, a norma dell' art. 177 del Trattato CEE, dal Finanzgericht di Monaco di Baviera (Germania), nella causa dinanzi ad esso pendente tra
Wilfried Lange
e
Finanzamt Fuerstenfeldbruck,
domanda vertente sull' interpretazione della direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra d' affari ° Sistema comune d' imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (GU L 145, pag. 1),
LA CORTE (Sesta Sezione),
composta dai signori C.N. Kakouris, presidente di sezione, G.F. Mancini, F.A. Schockweiler, M. Diez de Velasco, P.J.G. Kapteyn, giudici,
avvocato generale: F.G. Jacobs
cancelliere: signora D. Louterman-Hubeau, amministratore principale
viste le osservazioni scritte presentate per la Commissione delle Comunità europee, dal signor Henri Etienne, consigliere giuridico, in qualità di agente,
vista la relazione del giudice relatore,
sentite le conclusioni dell' avvocato generale, presentate all' udienza del 1 aprile 1993,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1 Con ordinanza 23 marzo 1992, pervenuta in cancelleria il 7 aprile successivo, il Finanzgericht di Monaco di Baviera ha sottoposto a questa Corte, ai sensi dell' art. 177 del Trattato CEE, due questioni pregiudiziali relative all' interpretazione della direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra d' affari ° Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (GU L 145, pag. 1, in prosieguo: la "Sesta direttiva").
2 Dette questioni sono state sollevate nell' ambito di una controversia tra il signor W. Lange, gestore della PPC, e il Finanzamt di Fuerstenfeldbruck (in prosieguo: "Finanzamt"), in merito ad una decisione di quest' ultimo di negare l' esenzione dall' imposta sul valore aggiunto (in prosieguo: l' "IVA") ad alcune esportazioni di sistemi informatici (hardware e software).
3 Emerge dall' ordinanza di rinvio che nel corso degli anni 1985 e 1986 il signor W. Lange, per effettuare esportazioni di sistemi informatici, presentava a nome della PPC domande di licenza d' esportazione, ai sensi dell' art. 17, n. 1, dell' Aussenwirtschaftsverordnung (regolamento sul commercio estero, in prosieguo: l' "AWV"), nella versione del 3 agosto 1981 (BGBl. I, pag. 853), nonché nella versione di cui al 58 regolamento di modifica dell' AWV del 1 luglio 1985 (BGBl. I, pagg. 1258 e 1313). Nelle domande venivano indicate come destinazioni finali delle merci il Pakistan o Israele.
4 Il Bundesamt fuer gewerbliche Wirtschaft (ufficio federale per gli scambi con l' estero) rilasciava le licenze di esportazione per le destinazioni indicate. Le merci venivano tuttavia spedite a Vienna, a Belgrado o a Belgrado via Vienna, dove venivano in seguito prese in carico da vettori locali e spedite in Bulgaria, in Ungheria, nonché in Unione sovietica e in Cecoslovacchia.
5 Lange otteneva altresì l' esenzione e la detrazione che aveva chiesto nell' ambito delle sue dichiarazioni del 1985 e 1986 relative all' imposta sulla cifra d' affari, ossia l' esenzione di tali operazioni ai sensi dell' art. 4, primo comma, dell' Umsatzsteuergesetz (legge relativa all' imposta sulla cifra d' affari, in prosieguo: l' "UStG") del 1980, nonché la detrazione dell' imposta riscossa a monte sulle merci consegnate, ai sensi del combinato disposto dell' art. 15, n. 1, punto 1, e n. 3, punto 1, lett. a), della medesima legge.
6 Dopo aver effettuato un' ispezione fiscale presso il signor Lange, il Finanzamt sosteneva che le operazioni dichiarate esenti andavano assoggettate all' imposta sulla cifra d' affari perché, in particolare, si trattava di esportazioni che, se destinate ai paesi dove le merci erano effettivamente giunte, erano vietate. Il Finanzamt si fondava in proposito sul combinato disposto dell' art. 7, n. 1, dell' Aussenwirtschaftsgesetz (legge sul commercio estero, in prosieguo: l' "AWG", BGBl. I, 1961, pag. 481) e dell' art. 5, n. 1, dell' AWV, ai sensi del quale l' esportazione delle merci menzionate nella nomenclatura delle esportazioni (allegato AL dell' AWV) è soggetta a un' autorizzazione. Secondo il combinato disposto degli artt. 33, n. 1, 34, n. 1 e 70, n. 1, punto 1, dell' AWV, la trasgressione delle disposizioni in materia di autorizzazioni è sanzionata penalmente.
7 Il signor Lange proponeva ricorso contro la decisione del Finanzamt dinanzi al Finanzgericht di Monaco di Baviera. Nel ricorso sosteneva che ai sensi del combinato disposto degli artt. 4, punto 1, e 6, n. 1, punto 1, dell' UStG del 1980, per l' esenzione delle sue operazioni era sufficiente che le merci fossero state inviate all' estero. L' infrazione di altre norme di legge non potrebbe giustificare il diniego dell' esenzione, dato che l' UStG si riferisce unicamente all' operazione di esportazione, senza esprimere un giudizio di valore sulla stessa. Il signor Lange riteneva inoltre inammissibile che si controllasse il luogo di destinazione finale delle merci a distanza di anni dalla loro esportazione.
8 Ritenendo che l' esito della controversia dipendesse dall' interpretazione del Trattato e della Sesta direttiva, il Finanzgericht ha deciso di sospendere il giudizio e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:
"1) Se l' articolo 15, punto 1, della Sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra d' affari ° Sistema comune d' imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme, vada interpretato nel senso che l' esenzione delle operazioni all' esportazione ivi prevista va negata qualora, in violazione di disposizioni nazionali di autorizzazione all' esportazione, vengano effettuate consegne all' estero che, in forza di disposizioni nazionali di embargo, non sarebbero state autorizzate in nessuno Stato membro delle Comunità europee.
2) In caso di soluzione affermativa della questione sub 1):
Se per il diniego dell' esenzione sia sufficiente un' infrazione oggettiva di disposizioni nazionali di autorizzazione ovvero debba essere provato per ogni consegna che l' imprenditore aveva la conoscenza soggettiva dell' infrazione".
9 Per una più ampia illustrazione degli antefatti nella causa principale, della normativa comunitaria e nazionale pertinente, dello svolgimento del procedimento nonché delle osservazioni scritte presentate alla Corte, si fa rinvio alla relazione del giudice relatore. Questi elementi del fascicolo sono richiamati solo nella misura necessaria alla comprensione del ragionamento della Corte.
10 Prima di rispondere alle questioni poste dalla giurisdizione nazionale, occorre analizzare in limine se esportazioni che, ai sensi delle disposizioni nazionali applicabili, sono vietate qualora siano destinate a paesi specifici, rientrino nel campo d' applicazione della Sesta direttiva.
Sull' ambito di applicazione della Sesta direttiva
11 Occorre ricordare che nelle sentenze 28 febbraio 1984, causa 294/82, Einberger (Racc. pag. 1177) e 5 luglio 1988, causa 269/86, Mol (Racc. pag. 3627) e causa 289/86, Happy Family (Racc. pag. 3655), riguardanti rispettivamente l' importazione illegale di stupefacenti nella Comunità e la cessione illegale degli stessi prodotti effettuata a titolo oneroso all' interno di uno Stato membro, la Corte ha dichiarato che nessun debito d' imposta sulla cifra d' affari sorge all' atto dell' importazione illegale nella Comunità o della cessione illegale di stupefacenti effettuata a titolo oneroso all' interno del paese, qualora detti prodotti non facciano parte del circuito economico rigorosamente sorvegliato dalle autorità competenti in vista dell' uso per scopi medici e scientifici. In merito all' importazione di denaro falso, la Corte ha parimenti dichiarato che le sue considerazioni in materia d' importazione illegale di stupefacenti si applicano a fortiori nel caso delle importazioni di denaro falso (v. sentenza 6 dicembre 1990, causa C-343/89, Witzemann, Racc. pag. I-4477, punto 20 della motivazione).
12 Nelle citate sentenze la Corte ha aggiunto che importazioni o cessioni illegali di dette merci, la cui introduzione nel circuito economico e commerciale della Comunità è per definizione assolutamente vietata, e le quali possono unicamente dar luogo a provvedimenti repressivi, sono del tutto estranee alle disposizioni della Sesta direttiva (v. sentenze Einberger, citata, punti 19 e 20 della motivazione, Mol e Happy Family, citate, rispettivamente punti 15 e 17 della motivazione, e Witzemann, citata, punto 19 della motivazione). Dette sentenze riguardano quindi merci che, in ragione di loro particolari caratteristiche, non possono essere messe in commercio né inserite nel circuito economico.
13 Diverso è il caso delle merci di cui trattasi nella causa principale. Infatti non esiste alcun divieto tassativo di immissione in commercio di sistemi informatici. Operazioni di scambio a titolo oneroso all' interno della Comunità, di importazione nella Comunità nonché di esportazione di dette merci, sono in via di principio lecite e atte quindi a generare un debito IVA.
14 Dall' ordinanza di rinvio risulta che soltanto le esportazioni di tali merci verso talune destinazioni precise sono vietate ai sensi del diritto nazionale di ogni Stato membro, in ragione di un loro eventuale uso per scopi strategici.
15 Occorre quindi stabilire se un tale divieto escluda le esportazioni di queste merci dall' ambito di applicazione della Sesta direttiva.
16 La Sesta direttiva, che mira ad un' ampia armonizzazione in materia di IVA, è improntata al principio della neutralità fiscale. Detto principio, come la Corte ha dichiarato, non consente, in materia di riscossione dell' IVA, una distinzione generale fra le operazioni lecite e le operazioni illecite, fatta eccezione per i casi in cui, date le particolari caratteristiche di alcune merci, è esclusa qualsiasi concorrenza tra un settore economico lecito ed uno illecito (v. sentenze Mol, citata, punto 18 della motivazione, e Happy Family, citata, punto 20 della motivazione).
17 Diverso è il caso di merci per le quali non tutte le operazioni sono vietate, per la natura stessa delle merci o per loro particolari caratteristiche, bensì soltanto l' esportazione verso talune precise destinazioni in ragione di un eventuale uso per scopi strategici. Un divieto del genere non è di per sé sufficiente a sottrarre le esportazioni di dette merci dall' ambito d' applicazione della Sesta direttiva.
Sulla prima questione
18 Ai sensi dell' art. 15 della Sesta direttiva, "fatte salve le altre disposizioni comunitarie, gli Stati membri esentano, a condizioni da essi fissate per assicurare una corretta e semplice applicazione delle esenzioni stesse e prevenire ogni possibile frode, evasione ed abuso: 1) le cessioni di beni spediti o trasportati dal venditore o per suo conto fuori del territorio del paese di cui all' art. 3; 2) (...)"
19 Occorre anzitutto rilevare che tale disposizione, in conformità al principio della neutralità fiscale su cui si fonda la Sesta direttiva, non delinea, in materia di esenzioni, alcuna distinzione fra esportazioni lecite e illecite. Di conseguenza, qualora queste ultime abbiano ad oggetto merci ricomprese nella sfera d' applicazione della Sesta direttiva, vanno trattate allo stesso modo delle esportazioni lecite di dette merci.
20 Si deve altresì osservare che detta disposizione, come risulta dall' undicesimo 'considerando' della Sesta direttiva, fa parte di un elenco comune di esenzioni predisposto al fine di una riscossione paragonabile delle risorse proprie in tutti gli Stati membri. L' obiettivo di queste esenzioni è di non assoggettare all' IVA i consumatori degli Stati terzi, essendo detta imposta destinata a gravare esclusivamente sui consumatori della Comunità.
21 Da queste considerazioni risulta che detta disposizione non autorizza gli Stati membri ad assoggettare all' IVA un' esportazione dichiarata esente ai sensi della medesima. Tale interpretazione è corroborata dall' art. 17, n. 3, della direttiva, secondo cui gli Stati membri accordano altresì ad ogni soggetto passivo la deduzione ovvero il rimborso dell' imposta sul valore aggiunto nella misura in cui i beni e i servizi sono utilizzati ai fini di sue operazioni esenti a norma dell' art. 15.
22 Di conseguenza, il diniego da parte di uno Stato membro di esentare un' operazione di esportazione dall' IVA, come previsto dalla Sesta direttiva, qualora detto diniego intenda punire la violazione di una disposizione nazionale che prevede un' autorizzazione in materia, persegue un fine estraneo a quello della Sesta direttiva.
23 Occorre quindi risolvere la prima questione dichiarando che l' art. 15, punto 1, della Sesta direttiva va interpretato nel senso che l' esenzione delle operazioni all' esportazione ivi prevista non può essere negata qualora tali operazioni siano effettuate in violazione di disposizioni nazionali che subordinano ad un' autorizzazione preliminare le esportazioni a destinazione di Stati per i quali, in forza di disposizioni nazionali di embargo, in nessuno Stato membro delle Comunità europee sarebbe stata rilasciata un' autorizzazione.
24 Si deve aggiungere che questa soluzione lascia impregiudicata la competenza degli Stati membri a reprimere le trasgressioni delle loro leggi in materia di autorizzazione all' esportazione a destinazione di alcuni paesi terzi, mediante opportune sanzioni, quand' anche comportino conseguenze pecuniarie.
Sulla seconda questione
25 Tenuto conto della soluzione data alla prima questione, non occorre risolvere la seconda questione pregiudiziale.
Sulle spese
26 Le spese sostenute dalla Commissione delle Comunità europee, che ha presentato osservazioni alla Corte, non possono dar luogo a rifusione. Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese.
Per questi motivi,
LA CORTE (Sesta Sezione)
pronunciandosi sulle questioni sottopostele dal Finanzgericht di Monaco di Baviera, con ordinanza 23 marzo 1992, dichiara:
L' art. 15, punto 1, della direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra d' affari ° Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme, deve essere interpretato nel senso che l' esenzione delle operazioni all' esportazione ivi prevista non può essere negata qualora tali operazioni siano effettuate in violazione di disposizioni nazionali che subordinano ad un' autorizzazione preliminare le esportazioni a destinazione di Stati per i quali, in forza di disposizioni nazionali di embargo, in nessuno Stato membro delle Comunità europee sarebbe stata rilasciata un' autorizzazione.