Avis juridique important
Sentenza della Corte del 26 gennaio 1999. - F.C. Terhoeve contro Inspecteur van de Belastingdienst Particulieren/Ondernemingen buitenland. - Domanda di pronuncia pregiudiziale: Gerechtshof 's-Hertogenbosch - Paesi Bassi. - Libera circolazione dei lavoratori - Prelievo combinato concernente l'imposta sul reddito e i contributi previdenziali - Inapplicabilità ai lavoratori che trasferiscono la residenza in un altro Stato membro dell'importo massimo dei contributi previdenziali in vigore per i lavoratori che non si sono avvalsi del diritto alla libera circolazione - Eventuale compensazione tramite agevolazioni relative all'imposta sul reddito - Eventuale incompatibilità con il diritto comunitario - Conseguenze. - Causa C-18/95.
raccolta della giurisprudenza 1999 pagina I-00345
Massima
Parti
Motivazione della sentenza
Decisione relativa alle spese
Dispositivo
1 Libera circolazione delle persone - Lavoratori - Disposizioni comunitarie - Presupposti per l'applicazione - Esercizio del diritto alla libera circolazione
[Trattato CE, art. 48; regolamento (CEE) del Consiglio n. 1612/68, art. 7]
2 Previdenza sociale dei lavoratori migranti - Competenza degli Stati membri ad organizzare i loro sistemi previdenziali - Limiti - Rispetto del diritto comunitario - Norme del Trattato relative alla libera circolazione dei lavoratori
3 Libera circolazione delle persone - Lavoratori - Parità di trattamento - Contributi previdenziali più onerosi per il lavoratore che nel corso dell'anno abbia trasferito la residenza in un altro Stato membro - Inammissibilità - Giustificazione - Insussistenza
(Trattato CE, art. 48)
4 Libera circolazione delle persone - Lavoratori - Parità di trattamento - Lavoratore che abbia trasferito la residenza in un altro Stato membro - Contributi previdenziali - Conteggio
5 Libera circolazione delle persone - Lavoratori - Parità di trattamento - Normativa nazionale che prevede contributi previdenziali più onerosi per il lavoratore che nel corso dell'anno abbia trasferito la residenza in un altro Stato membro - Incompatibilità con il diritto comunitario - Effetti
(Trattato CE, art. 48)
1 L'art. 48 del Trattato e l'art. 7 del regolamento n. 1612/68 possono essere fatti valere da un lavoratore nei confronti dello Stato membro di cui è cittadino qualora abbia risieduto e svolto un'attività lavorativa subordinata in un altro Stato membro.
Infatti le citate norme si applicano a qualsiasi cittadino comunitario, a prescindere dal luogo di origine e dalla cittadinanza dello stesso, che abbia usufruito del diritto alla libera circolazione dei lavoratori e che abbia svolto un'attività lavorativa in un altro Stato membro.
2 Il fatto che una disciplina nazionale riguardi il finanziamento della previdenza sociale non è atto ad escludere l'applicazione delle norme del Trattato e in particolare di quelle relative alla libera circolazione dei lavoratori.
Infatti, benché, in mancanza di armonizzazione a livello comunitario, spetti alla normativa di ciascuno Stato membro determinare le condizioni del diritto o dell'obbligo di iscriversi a un regime di previdenza sociale, gli Stati membri devono nondimeno rispettare il diritto comunitario nell'esercizio di tale potere.
3 L'art. 48 del Trattato osta a che uno Stato membro riscuota da un lavoratore che nel corso dell'anno abbia trasferito la residenza in un altro Stato membro per svolgervi un'attività lavorativa subordinata contributi previdenziali più onerosi di quelli che sarebbero dovuti, in circostanze analoghe, da un lavoratore che abbia conservato durante tutto l'anno la residenza nello stesso Stato membro, senza che il primo lavoratore fruisca del resto di prestazioni previdenziali supplementari. Infatti tale sistema di riscossione dei contributi sociali potrebbe dissuadere il cittadino di uno Stato membro dal lasciare lo Stato membro in cui risiede per svolgere un'attività lavorativa subordinata, ai sensi del Trattato, nel territorio di un altro Stato membro e costituisce pertanto un ostacolo alla libera circolazione dei lavoratori.
Un ostacolo del genere non può essere giustificato né dal fatto che deriva da una normativa volta a semplificare e coordinare l'esazione dell'imposta sul reddito e dei contributi previdenziali, né da difficoltà tecniche che impediscono altre modalità di esazione, né dal fatto che, in talune situazioni, altre agevolazioni relative all'imposta sul reddito possono compensare lo svantaggio relativo ai contributi previdenziali se non addirittura avvantaggiare l'interessato.
4 Per valutare se l'onere dei contributi previdenziali sostenuto da un lavoratore che abbia trasferito la residenza in un altro Stato membro per svolgervi un'attività lavorativa subordinata sia più gravoso di quello sostenuto da un lavoratore che abbia conservato la propria residenza nel medesimo Stato membro, devono essere presi in considerazione tutti i redditi, ivi compresi eventualmente quelli provenienti da beni immobili, che la normativa nazionale considera rilevanti per la determinazione dell'ammontare dei contributi.
5 Qualora la normativa nazionale, in forza della quale al lavoratore che nel corso dell'anno trasferisca la residenza in un altro Stato membro per svolgervi un'attività lavorativa subordinata vengano imposti contributi previdenziali più onerosi di quelli che sarebbero dovuti in circostanze analoghe dal lavoratore che abbia conservato durante tutto l'anno la residenza nello Stato membro di cui è causa, senza che il primo lavoratore fruisca del resto di prestazioni previdenziali supplementari, sia incompatibile con l'art. 8 del Trattato, il lavoratore che trasferisca la residenza da uno Stato membro ad un altro per svolgervi un'attività lavorativa subordinata ha diritto che i contributi previdenziali da esso dovuti siano di livello pari a quelli dovuti da un lavoratore che abbia conservato la residenza nel medesimo Stato membro.
Nel procedimento C-18/95,
avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, a norma dell'art. 177 del Trattato CE, dal Gerechtshof te 's-Hertogenbosch (Paesi Bassi), nella causa dinanzi ad esso pendente tra
F. C. Terhoeve
e
Inspecteur van de Belastingsdienst Particulieren/Ondernemingen buitenland
domanda vertente sull'interpretazione degli artt. 7 e 48 del Trattato CEE nonché dell'art. 7, n. 2, del regolamento (CEE) del Consiglio 15 ottobre 1968, n. 1612, relativo alla libera circolazione dei lavoratori all'interno della Comunità (GU L 257, pag. 2)
LA CORTE,
composta dai signori P.J.G. Kapteyn, presidente della Quarta e della Sesta Sezione, facente funzione di presidente, G. Hirsch e P. Jann, presidenti di sezione, G.F. Mancini (relatore), J.C. Moitinho de Almeida, C. Gulmann, J.L. Murray, L. Sevón, M. Wathelet, R. Schintgen e K.M. Ioannou, giudici,
avvocato generale: D. Ruiz-Jarabo Colomer,
cancelliere: signora D. Louterman-Hubeau, amministratore principale,
viste le osservazioni scritte presentate:
- per il signor Terhoeve, dai sigg.F.W. van Eig e S. Feenstra, consulenti fiscali dello studio Moret Ernst & Young,
- per il governo olandese, dal signor A. Bos, consigliere giuridico presso il ministero degli Affari esteri, in qualità di agente,
- per la Commissione delle Comunità europee, dal signor B.J. Drijber e dalla signora I. Martínez del Peral Cagigal, membri del servizio giuridico, in qualità di agenti,
vista la relazione d'udienza,
sentite le osservazioni orali del signor Terhoeve, rappresentato dal signor S. Feenstra, del governo olandese, rappresentato dal signor M. Fierstra, consigliere giuridico presso il ministero degli Affari esteri, in qualità di agente, e della Commissione, rappresentata dal signor P.J. Kuijper, consigliere giuridico, in qualità di agente, all'udienza del 17 marzo 1998,
sentite le conclusioni dell'avvocato generale, presentate all'udienza del 30 aprile 1998,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1 Con ordinanza 30 dicembre 1994, giunta alla Corte il 23 gennaio 1995, il Gerechtshof te 's-Hertogenbosch ha sollevato, ai sensi dell'art. 173 del Trattato CE, varie questioni pregiudiziali relative all'interpretazione degli artt. 7 e 48 del Trattato CEE nonché dell'art. 7, n. 2, del regolamento (CEE) del Consiglio 15 ottobre 1968, n. 1612, relativo alla libera circolazione dei lavoratori all'interno della Comunità (GU L 257, pag. 2).
2 Le questioni sono sorte nell'ambito di una controversia tra il signor Terhoeve e l'inspecteur van de Belastingdienst Particulieren/Ondernemingen buitenland (ispettore dell'ufficio contributi privati/imprese estero, in prosieguo: l'«ispettore») in ordine al prelievo combinato concernente l'imposta sul reddito e i contributi previdenziali per l'anno 1990.
Il diritto nazionale
3 Il diritto olandese - in particolare, l'algemene ouderdomswet (legge che istituisce il regime generale in materia di assicurazione vecchiaia), l'algemene weduwen- en wezenwet (legge che istituisce il regime generale vedove e orfani), l'algemene arbeidsongeschiktheidswet (legge che istituisce il regime generale in materia di inabilità al lavoro) e l'algemene wet bijzondere ziektekosten (legge che istituisce il regime generale delle spese malattia eccezionali) - prevede regimi assicurativi obbligatori che si applicano in linea di principio a tutte le persone residenti nei Paesi Bassi.
4 L'esazione dei contributi previdenziali è strettamente connessa a quella dell'imposta sulla retribuzione e sul reddito. Sino al 1990 venivano applicati due prelievi distinti sul reddito imponibile ai fini dell'imposta sul reddito, uno relativo ai contributi previdenziali e l'altro all'accertamento dell'imposta sul reddito vera e propria. Per evitare uno squilibrio tra i contributi versati e le prestazioni prevedibilmente erogabili in forza delle assicurazioni sociali, le disposizioni applicabili a queste ultime prevedevano che i contributi venissero riscossi solo qualora il reddito superasse un determinato limite. Inoltre era previsto che il reddito massimo ai fini del calcolo dei contributi andasse ridotto proporzionalmente qualora l'interessato avesse dovuto versare contributi solo durante una parte dell'anno.
5 Quando una persona risiede nei Paesi Bassi durante una parte dell'anno civile e all'estero durante un'altra parte e percepisce durante tali due periodi redditi imponibili nei Paesi Bassi, si configura una situazione particolare.
6 Fino al 1990 la legge non stabiliva se ad un contribuente del genere occorresse applicare una o due imposte sul reddito dell'anno civile. In pratica venivano applicate due imposte ai fini della riscossione dell'imposta sul reddito: una riguardava il periodo durante il quale il contribuente era residente, l'altra quello in cui non era residente. I contributi previdenziali venivano invece riscossi in un'unica soluzione.
7 Nel 1990 la cosiddetta normativa «Oort», volta a semplificare il sistema nazionale di riscossione delle imposte sul reddito e dei contributi previdenziali, entrava in vigore nei Paesi Bassi. Da allora questi diversi prelievi sono stati riscossi in modo combinato e sono oggetto di un unico accertamento tributario, sia per i contribuenti residenti sia per quelli non residenti.
8 L'art. 62 della wet op de inkomstenbelasting (legge olandese sull'imposta sul reddito, in prosieguo: la «WIB») precisa quindi che, qualora durante un anno civile un contribuente sia soggetto ad imposta sia all'interno del paese sia all'estero, l'imposta sul reddito straniero e quella sul reddito olandese vengono riscosse separatamente. Qualora il contribuente debba altresì versare i contributi previdenziali, le norme relative all'esenzione e alla riscossione sulle imposte sul reddito si applicano mutatis mutandis.
9 L'esazione dei contributi previdenziali nei Paesi Bassi è disciplinata dalla wet financiering volksverzekering (legge sul finanziamento della previdenza sociale, in prosieguo: la «WFV»). Ai sensi dell'art. 8 della WFV il reddito preso in considerazione ai fini del conteggio dei contributi è pari al reddito imponibile o al reddito imponibile di residente ai sensi della WIB. Tuttavia, dato che le prestazioni a cui il contribuente ha diritto in forza delle assicurazioni sociali non sono commisurate all'importo dei contributi versati, l'art. 10, n. 6, del WFV precisa che questi ultimi vengono riscossi unicamente su di un importo corrispondente al primo scaglione dell'imposta sul reddito e non superano pertanto, in linea di principio, un determinato livello (in prosieguo: il «livello massimo»).
10 Il citato art. 8 non configura il fondamento giuridico dell'esazione dei contributi qualora una persona assicurata obbligatoriamente percepisca redditi non sottoposti ad imposta sul reddito dei residenti. Tuttavia, conformemente all'art. 6 dell'uitvoeringsregeling premieheffing volksverzekering (decreto d'attuazione in materia di contributi previdenziali), le persone assicurate per attività non sottoposte ad imposta sul reddito vengono considerate, ai fini dell'applicazione dell'art. 8 della WFV, soggette ad imposta sul reddito anche per tali introiti. Per dette persone i redditi netti provenienti dalle attività in forza delle quali sono assicurate vengono conteggiati, ai fini dell'applicazione dell'art. 8 della WFV, nel reddito imponibile di residente per quanto riguarda l'imposta sul reddito.
11 Ne consegue che se una persona è stata soggetta nel corso dello stesso anno all'imposta applicata ai residenti e a quella applicata ai non residenti le vengono notificati due avvisi d'accertamento combinato. Tuttavia, per i contribuenti che restano soggetti al regime previdenziale obbligatorio durante tutto l'anno, ognuno dei due accertamenti è basato sull'imponibile massimo su cui possono essere riscossi i contributi previdenziali. Alla luce della fattispecie, tale regime può comportare che i contributi che devono essere versati dall'interessato superino il limite massimo calcolato con riferimento ad un importo corrispondente al primo scaglione dell'imposta sul reddito. In taluni casi tale svantaggio può essere compensato, se non addirittura trasformarsi in vantaggio, grazie ad altre agevolazioni derivate dal fatto che il reddito di ogni periodo viene sottoposto ad imposta sul reddito separatamente, con conseguente applicazione di aliquote impositive meno elevate.
Il processo a quo
12 Dal 1_ gennaio 1990 il signor Terhoeve, cittadino olandese, risiedeva e lavorava nel Regno Unito perché vi era stato inviato in trasferta dal suo datore di lavoro, stabilito nei Paesi Bassi. Durante quel periodo era considerato dalla legge olandese come un contribuente non residente ai fini della riscossione dell'imposta sul reddito. Di conseguenza il reddito ottenuto dall'attività lavorativa nel Regno Unito durante quei mesi non veniva sottoposto all'imposta olandese sul reddito. Il signor Terhoeve continuava invece ad essere iscritto al regime previdenziale obbligatorio olandese.
13 Il 7 novembre 1990 l'interessato trasferiva la residenza nei Paesi Bassi e sino alla fine di quell'anno veniva considerato in tale Stato come un contribuente residente ai fini della riscossione dell'imposta sul reddito. Nell'udienza dinanzi al giudice a quo il signor Terhoeve dichiarava, senza essere contraddetto, di non aver prodotto la maggior parte del suo reddito in un unico Stato membro durante l'anno 1990.
14 Il 29 aprile 1992 l'ispettore applicava all'interessato, per il periodo durante il quale era contribuente residente, un prelievo combinato comprendente l'imposta sul reddito e i contributi previdenziali. Tale tributo veniva calcolato su di un reddito imponibile di 15 658 HFL e comprendeva un importo di 1 441 HFL per contributi previdenziali, conteggiato su di un imponibile di 6 522 HFL. L'interessato ritirava il reclamo che aveva presentato in un primo tempo avverso tale accertamento, che diveniva quindi definitivo.
15 Il 30 giugno 1992 l'ispettore applicava all'interessato, per il periodo durante il quale era contribuente non residente, un altro prelievo combinato, comprendente l'imposta sul reddito, calcolata su di un reddito di residente di 16 201 HFL proveniente da un'attività lavorativa subordinata espletata nei Paesi Bassi e da immobili situati nel medesimo Stato, nonché contributi previdenziali calcolati su di un imponibile di 98 201 HFL ed ammontanti a 9 309 HFL, che corrispondevano all'importo massimo di cui all'art. 10, n. 6, della WFV.
16 L'ispettore aveva fissato tale importo dei contributi perché aveva tenuto conto in particolare dei redditi - non soggetti all'imposta olandese sul reddito - che il signor Terhoeve aveva percepito nel 1990 grazie alla sua attività lavorativa subordinata nel Regno Unito.
17 Risulta da quanto precede che i contributi previdenziali richiesti al signor Terhoeve con i due avvisi d'accertamento ammontavano a 10 750 HFL (cioè 1 441 HFL per il periodo in cui aveva lo status di residente e 9 309 HFL per il periodo in cui veniva considerato non residente). Un contribuente che avesse avuto lo status di residente o di non residente durante l'intero anno avrebbe invece, conformemente alle vigenti disposizioni olandesi, versato unicamente contributi previdenziali sino al limite massimo di 9 309 HFL.
18 E' assodato che il pagamento di contributi di ammontare superiore al limite massimo non comporta il diritto a prestazioni supplementari, poiché le prestazioni a cui il contribuente ha diritto in forza delle assicurazioni sociali non sono commisurate agli importi versati sotto forma di contributi. Di conseguenza il signor Terhoeve ha dovuto pagare un importo superiore al limite massimo per l'anno 1990 ma non ha maturato diritti superiori a quelli delle persone che hanno versato contributi di ammontare non superiore al limite massimo.
19 Anzitutto il signor Terhoeve presentava all'ispettore un reclamo contro il secondo accertamento, che veniva respinto.
20 Proponeva quindi un ricorso dinanzi al Gerechtshof te 's-Hertogenbosch, affermando in particolare che la normativa olandese, che prevede due imposte distinte mentre il limite massimo previsto per la riscossione dei contributi previdenziali non viene ridotto a seconda del periodo su cui verte, è in contrasto con l'art. 48 del Trattato. Secondo il signor Terhoeve, per quanto riguarda i contributi previdenziali per il periodo 1_ gennaio - 6 novembre 1990 compreso, si configura una discriminazione indiretta fondata sulla cittadinanza, nel senso che gli emigrati e gli immigrati gravati da un onere contributivo maggiore sono soprattutto cittadini degli altri Stati membri.
21 L'ispettore ha obiettato dinanzi al giudice a quo, senza fornire dati più precisi a sostegno della sua tesi, che circa la metà dei contribuenti non residenti reali e fittizi erano cittadini olandesi, affermazione che l'interessato non ha ritenuto di essere in grado di contraddire in modo motivato.
22 Dall'ordinanza di rinvio emerge che in forza delle norme olandesi sull'onere della prova in vigore in materia tributaria, la tesi del signor Terhoeve va pertanto respinta.
23 In primo luogo il giudice a quo non è certo che la fattispecie su cui si deve pronunciare rientri nell'ambito d'applicazione dell'art. 48 del Trattato. In secondo luogo domanda se il diritto olandese in materia di onere della prova possa essere applicato senza restrizioni o se il diritto comunitario imponga taluni principi o norme in tale materia. In terzo luogo si interroga sulla portata delle disposizioni comunitarie in tema di libera circolazione dei lavoratori. Infine si domanda quali sarebbero le conseguenze nel caso in cui le disposizioni olandesi fossero incompatibili con il diritto comunitario.
24 Ritenendo necessario adire la Corte relativamente all'interpretazione del diritto comunitario, il Gerechtshof te 's Hertogenbosch ha sospeso il procedimento per sottoporle le seguenti questioni pregiudiziali:
«1) Se le norme di diritto comunitario in materia di libera circolazione dei lavoratori vadano applicate ad una persona in possesso della cittadinanza di uno Stato membro che durante l'anno trasferisce la propria residenza da un altro Stato membro in quello di cui possiede la cittadinanza e in detto anno svolge in ciascuno di tali Stati membri, in ordine successivo, attività di lavoro subordinato e il cui reddito non sia stato del resto prodotto per la maggior parte durante quell'anno in uno solo dei due Stati membri.
2) a) Se dalle norme del diritto comunitario, e in particolare dagli artt. 7 e 48, n. 2, del Trattato CEE e dall'art. 7, n. 2, del regolamento n. 1612/68, discenda che, in caso di applicazione di una normativa che discrimini gli emigrati e gli immigrati per quanto concerne i contributi previdenziali, deve presumersi che detto trattamento deteriore pregiudichi soprattutto i cittadini di altri Stati.
b) Se, in caso di soluzione affermativa della questione sub a), ci si trovi allora in presenza di un presunzione relativa o assoluta.
c) Se, nel caso in cui si tratti di presunzione relativa, i mezzi per confutarla siano disciplinati unicamente dal diritto processuale nazionale, in particolare dalle norme sull'onere probatorio dello Stato membro interessato, o se anche il diritto comunitario stabilisca alcuni requisiti in merito.
d) Nel caso in cui il diritto comunitario subordini a determinate condizioni la confutazione di tale presunzione, quale valore debba ascriversi nel caso di specie alle seguenti circostanze:
- la pubblica autorità resistente ha dedotto che la categoria - molto più numerosa - dei contribuenti residenti all'estero era composta, per quasi la metà, di propri cittadini, senza produrre in giudizio i dati sui quali tale allegazione si fonda;
- l'interessato, che ha denunciato una discriminazione indiretta fondata sulla cittadinanza, non ha contestato l'esattezza di tale affermazione della controparte appena ricordata;
- la pubblica autorità resistente si trova in una posizione notevolmente più vantaggiosa di quella dell'interessato per raccogliere dati che potrebbero eventualmente portare alla confutazione della menzionata allegazione.
3) Se esista una norma di diritto comunitario che, a prescindere dalla questione dell'esistenza di una discriminazione (indiretta) fondata sulla cittadinanza osti a che uno Stato membro imponga a un lavoratore, il quale nel corso di un anno civile trasferisca la residenza da detto paese in un altro Stato membro, o viceversa, un prelievo per contributi previdenziali più oneroso di quello gravante su un lavoratore il quale, a condizioni del resto identiche, per l'intero anno di cui trattasi abbia conservato la residenza in un unico Stato membro.
4) Se, nel caso in cui un prelievo contribuivo più oneroso, nel senso illustrato nella precedente questione, si trovi in contrasto, in linea di principio, con gli artt. 7 o 48, n. 2, del Trattato CEE, o con qualsiasi altra norma di diritto comunitario, tale provvedimento possa essere giustificato grazie ad una delle seguenti circostanze, esaminate separatamente o in modo combinato:
- il provvedimento risulta da una disciplina legislativa la quale, allo scopo di semplificare l'esazione, è volta a far procedere simultaneamente, in collegamento sempre più stretto benché non totale, alla riscossione dell'imposta sul reddito e dei contributi previdenziali;
- le soluzioni che, nel rispetto di detta connessione, intendono evitare il più oneroso prelievo contributivo di cui trattasi, portano a problemi in sede applicativa o alla possibilità di eccessive agevolazioni compensative;
- in alcuni casi, benché non in quello di specie, l'onere complessivo dell'imposta sul reddito e del contributo previdenziale risulta, per gli immigrati ed emigrati nel corso dell'anno del trasferimento, meno gravoso rispetto alle persone le quali, a parità delle restanti condizioni, mantengono per tutto l'anno la stessa residenza.
5) a) Qualora un prelievo contributivo più oneroso, nell'accezione di cui alla questione sub 3), sia in conflitto con gli artt. 7 o 48, n. 4, del Trattato CEE o con qualsiasi altra norma di diritto comunitario, se in tal caso la valutazione dell'esistenza effettiva di un prelievo più oneroso in una fattispecie concreta debba fondarsi esclusivamente sul calcolo del reddito da lavoro o anche su altri redditi del soggetto passivo, come le rendite provenienti da beni immobili.
b) Qualora non si debba tenere in considerazione i redditi diversi da quelli da lavoro, come si debba valutare se e in che misura il prelievo contributivo sul reddito da lavoro si risolva in un danno per il lavoratore migrante.
6) a) Qualora nel caso di specie si configuri una violazione di un norma di diritto comunitario, se il giudice nazionale sia in tal caso tenuto ad eliminare la detta violazione, anche se ciò renda necessaria una scelta tra diverse alternative ognuna delle quali comporti vantaggi e svantaggi.
b) Qualora il giudice nazionale elimini effettivamente in tal caso una violazione del diritto comunitario, se quest'ultimo fornisca indicazioni riguardanti la scelta che il giudice deve compiere in merito in presenza di diverse soluzioni ipotizzate».
La prima questione
25 Con la prima questione il giudice a quo intende in sostanza stabilire se l'art. 48 del Trattato e l'art. 7 del regolamento n. 1612/68 possano essere invocati da un lavoratore nei confronti dello Stato membro di cui è cittadino qualora abbia risieduto e svolto un'attività lavorativa subordinata in un altro Stato membro.
26 A questo proposito occorre ricordare che, per giurisprudenza costante, le norme del Trattato in materia di libera circolazione delle persone e gli atti emanati in esecuzione delle dette norme non possono essere applicati ad attività che non abbiano alcun nesso con una qualsiasi delle situazioni considerate dal diritto comunitario e i cui elementi si collocano tutti all'interno di un solo Stato membro (sentenze 28 gennaio 1992, causa C-332/90, Steen, Racc. pag. I-341, punto 9; 16 gennaio 1997, causa C-134/95, USSL n. 47 di Biella, Racc. pag. I-195, punto 19; 5 giugno 1997, cause riunite C-64/96 e 65/96, Uecker e Jacquet, Racc. pag. I-3171, punto 16, e 2 luglio 1998, cause riunite C-225/95 e C-227/95, Kapasakalis e a., non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 22).
27 Tuttavia, come la Corte ha osservato in particolare nella sentenza 23 febbraio 1994 (causa C-419/92, Scholz, Racc. pag. I-505, punto 9), le norme in questione si applicano a qualsiasi cittadino comunitario, a prescindere dal luogo di origine e dalla cittadinanza dello stesso, che abbia usufruito del diritto alla libera circolazione dei lavoratori e che abbia esercitato un'attività lavorativa in un altro Stato membro.
28 Ne deriva che, nella fattispecie su cui verte il processo a quo, anche se il signor Terhoeve, cittadino olandese, intende avvalersi delle norme relative alla libera circolazione dei lavoratori nei confronti delle autorità olandesi, ciò non incide sull'applicazione delle dette norme. Infatti l'interessato lamenta appunto il trattamento deteriore derivante dal fatto che ha svolto la sua attività lavorativa in un altro Stato membro.
29 Si deve pertanto risolvere la prima questione nel senso che l'art. 48 del Trattato e l'art. 7 del regolamento n. 1612/68 possono essere fatti valere da un lavoratore nei confronti dello Stato membro di cui è cittadino qualora abbia risieduto e svolto attività lavorativa subordinata in un altro Stato membro.
La seconda e la terza questione
30 Con la seconda e con la terza questione, che vanno trattate congiuntamente, il giudice a quo domanda in sostanza se gli artt. 7 e 48 del Trattato o l'art. 7, n. 2, del regolamento n. 1612/68 ostino alla riscossione da parte di uno Stato membro nei confronti di un lavoratore che abbia trasferito nel corso dell'anno la residenza in un altro Stato membro per svolgervi un'attività lavorativa subordinata, contributi previdenziali più onerosi di quelli che sarebbero dovuti, in circostanze analoghe, da un lavoratore che abbia conservato durante tutto l'anno la residenza nello stesso Stato membro, senza che il primo lavoratore fruisca del resto di prestazioni previdenziali supplementari. Qualora la soluzione di tale questione dipenda dall'esistenza di una discriminazione nei confronti dei lavoratori cittadini di altri Stati membri, il detto giudice intende poi accertare se, in circostanze del genere, siffatta discriminazione vada presunta ed eventualmente se tale presunzione possa essere confutata e a quali condizioni.
31 Va rilevato anzitutto che, in conformità dell'art. 14, punto 1, lett. a), del regolamento (CEE) 14 giugno 1971, n. 1408, relativo all'applicazione dei regimi di sicurezza sociale ai lavoratori subordinati, lavoratori autonomi e ai loro familiari che si spostano all'interno della Comunità, nella versione risultante dal regolamento (CEE) del Consiglio 2 giugno 1983, n. 2001 (GU L 230, pag. 6), la persona che esercita un'attività subordinata nel territorio di uno Stato membro presso un'impresa dalla quale dipende normalmente ed è distaccata da questa impresa nel territorio di un altro Stato membro per svolgervi un lavoro per conto della medesima, rimane soggetta alla legislazione del primo Stato membro, a condizione che la durata prevedibile di tale lavoro non superi i dodici mesi e che essa non sia inviata in sostituzione di un'altra persona giunta al termine del suo periodo di distacco.
32 Ne deriva che, per quanto riguarda il regime previdenziale, una persona che si trovi nella situazione del signor Terhoeve continua in linea di principio ad essere soggetta, durante il periodo in cui lavora nel Regno Unito, alla normativa olandese.
33 In secondo luogo occorre esaminare l'argomento svolto in udienza dal governo olandese. Dopo aver ricordato che il diritto comunitario non menoma la competenza degli Stati membri ad organizzare i loro sistemi previdenziali (sentenze 7 febbraio 1984, causa 238/82, Duphar e a., Racc. pag. 523; 17 febbraio 1993, cause riunite C-159/91 e C-160/91, Poucet e Pistre, Racc. pag. I-637; 26 marzo 1996, causa C-238/94, García e a., Racc. pag. I-1673, e 17 giugno 1997, causa C-70/95, Sodemare e a., Racc. pag. I-3395), detto governo ha affermato che le autorità nazionali possono determinare liberamente le modalità di finanziamento dei detti regimi.
34 Ora, benché, in mancanza di armonizzazione a livello comunitario, spetti alla normativa di ciascuno Stato membro determinare le condizioni del diritto o dell'obbligo di iscriversi a un regime di previdenza sociale, gli Stati membri devono non di meno rispettare il diritto comunitario nell'esercizio di tale potere (v., in particolare, sentenze 28 aprile 1998, causa C-120/95, Decker, Racc. pag. I-1831, punti 22 e 23, e causa C-158/96, Kohll, Racc. pag. I-1931, punti 18 e 19).
35 Pertanto il fatto che la disciplina nazionale controversa nel processo a quo riguardi il finanziamento della previdenza sociale non esclude l'applicazione delle norme del Trattato e in particolare di quelle relative alla libera circolazione dei lavoratori.
36 Per quanto riguarda l'art. 48 del Trattato, che va esaminato in primo luogo, la Corte ha dichiarato più volte che tale disposizione attua un principio fondamentale sancito dall'art. 3, lett. c), del Trattato CE, a tenore del quale, ai fini enunciati dall'art. 2, l'azione della Comunità importa l'eliminazione, tra gli Stati membri, degli ostacoli alla libera circolazione delle persone (v., in particolare, sentenze 7 luglio 1976, causa 118/75, Watson e Belmann, Racc. pag. 1185, punto 16, e 7 luglio 1992, causa C-370/90, Singh, Racc. pag. I-4265, punto 15).
37 La Corte ha altresì considerato che il complesso delle norme del Trattato relative alla libera circolazione delle persone è volto ad agevolare ai cittadini comunitari l'esercizio di attività lavorative di qualsivoglia natura nel territorio della Comunità ed osta ai provvedimenti che potrebbero sfavorirli qualora intendano svolgere un'attività economica nel territorio di un altro Stato membro (sentenza 7 luglio 1988, causa 143/87, Stanton, Racc. pag. 3877, punto 3; sentenza nella causa Singh, citata, punto 16, e sentenza 15 dicembre 1995, causa C-415/93, Bosman, Racc. pag. I-4921, punto 94).
38 In tale contesto i cittadini degli Stati membri dispongono in particolare del diritto, conferito loro direttamente dal Trattato, di lasciare il paese di origine per entrare nel territorio di un altro Stato membro ed ivi soggiornare al fine di svolgervi un'attività economica (v., in particolare, sentenza 5 febbraio 1991, causa C-363/89, Roux, Racc. pag. I-273, punto 9; sentenza nella causa Singh, citata, punto 17, e sentenza nella causa Bosman, citata, punto 95).
39 Le disposizioni che impediscano ad un cittadino di uno Stato membro di lasciare il paese d'origine per esercitare il suo diritto di libera circolazione, o che lo dissuadano dal farlo, costituiscono quindi ostacoli frapposti a tale libertà anche se si applicano indipendentemente dalla cittadinanza dei lavoratori interessati (sentenza 7 marzo 1991, causa C-10/90, Masgio, Racc. pag. I-1119, punti 18 e 19, e sentenza nella causa Bosman, citata, punto 96).
40 Ora, il cittadino di uno Stato membro potrebbe essere dissuaso dal lasciare lo Stato membro in cui risiede per svolgere un'attività lavorativa subordinata, ai sensi del Trattato, nel territorio di un altro Stato membro se gli venisse imposto il pagamento di contributi previdenziali più onerosi di quelli che dovrebbe pagare qualora mantenesse la residenza nello stesso Stato membro durante tutto l'anno, senza per questo fruire di prestazioni previdenziali supplementari a compensazione di tale maggiorazione.
41 Ne deriva che una disciplina nazionale come quella di cui trattasi nel processo a quo costituisce un ostacolo alla libera circolazione dei lavoratori vietato, in linea di principio, dall'art. 48 del Trattato. Di conseguenza non è necessario interrogarsi sull'esistenza di una discriminazione indiretta fondata sulla cittadinanza, vietata dagli artt. 7 o 48 del Trattato ovvero dall'art. 7, n. 2, del regolamento n. 1612/68, né sul regime delle presunzioni eventualmente applicabili a questo proposito.
42 La seconda e la terza questione vanno pertanto risolte nel senso che l'art. 48 del Trattato osta a che uno Stato membro riscuota da un lavoratore che nel corso dell'anno abbia trasferito la residenza in un altro Stato membro per svolgervi un'attività lavorativa subordinata contributi previdenziali più onerosi di quelli che sarebbero dovuti, in circostanze analoghe, da un lavoratore che abbia conservato durante tutto l'anno la residenza nello stesso Stato membro, senza che il primo lavoratore fruisca del resto di prestazioni previdenziali supplementari.
La quarta questione
43 Alla luce della soluzione fornita alle questioni precedenti si deve osservare che con la quarta questione il giudice a quo intende accertare se un onere contributivo più elevato su di un lavoratore che trasferisce la residenza in un altro Stato membro per svolgervi un'attività lavorativa subordinata, onere che il linea di principio è in contrasto con l'art. 48 del Trattato, possa essere giustificato in primo luogo dal fatto che deriva da una normativa volta a semplificare e coordinare l'esazione dell'imposta sul reddito e dei contributi previdenziali, in secondo luogo dalle difficoltà tecniche connesse all'adozione di altre modalità di esazione e, in terzo luogo, dal fatto che in talune situazioni altre agevolazioni relative all'imposta sul reddito possono compensare lo svantaggio concernente i contributi previdenziali se non addirittura avvantaggiare l'interessato.
44 Per quanto riguarda la prima giustificazione va osservato che gli Stati membri restano in linea di principio liberi di disciplinare le modalità di esazione delle imposte e dei contributi previdenziali e che sono senz'altro legittimati a perseguire la semplificazione e il coordinamento delle dette modalità. Tuttavia, per quanto il perseguimento di tale finalità sia auspicabile, esso non può giustificare una lesione dei diritti che i singoli vantano in forza delle disposizioni del Trattato che sanciscono le loro libertà fondamentali.
45 Lo stesso dicasi per la seconda giustificazione. Infatti considerazioni di ordine amministrativo non possono giustificare la deroga, da parte di uno Stato membro, alle norme del diritto comunitario. Questo principio è tanto più valido quando la deroga di cui trattasi ha l'effetto di escludere o limitare l'esercizio di una delle libertà fondamentali del diritto comunitario (v., in tal senso, la sentenza 4 dicembre 1986, causa 205/84, Commissione/Germania, Racc. pag. 3755, punto 54).
46 Per quanto riguarda la terza giustificazione addotta dal giudice a quo, basti rilevare, alla luce degli atti di causa, che la persona che si trovi nella situazione del signor Terhoeve non fruisce di alcun vantaggio relativo al conteggio dell'imposta sul reddito. Il fatto che altri lavoratori che hanno trasferito la residenza nel corso dell'anno, posti in altre situazioni, possano essere avvantaggiati per quanto riguarda il conteggio dell'imposta sul reddito non può far venire meno né compensare l'ostacolo alla libera circolazione precedentemente descritto (v., in tal senso, sentenza 7 giugno 1988, causa 20/85, Roviello, Racc. pag. 2805).
47 Si deve pertanto risolvere la quarta questione nel senso che un onere previdenziale più gravoso su di un lavoratore che trasferisce la residenza in un altro Stato membro per svolgervi un'attività lavorativa subordinata, onere che è in linea di principio in contrasto con l'art. 48 del Trattato, non può essere giustificato né dal fatto che deriva da una normativa volta a semplificare e coordinare l'esazione dell'imposta sul reddito e dei contributi previdenziali, né da difficoltà tecniche che impediscono altre modalità di esazione, né dal fatto che, in talune situazioni, altre agevolazioni relative all'imposta sul reddito possono compensare lo svantaggio relativo ai contributi previdenziali se non addirittura avvantaggiare l'interessato.
La quinta questione
48 Con la quinta questione il giudice a quo domanda in sostanza se per valutare se l'onere dei contributi previdenziali sostenuto da un lavoratore che abbia trasferito la residenza da uno Stato membro ad un altro per svolgervi un'attività lavorativa sia più gravoso di quello sostenuto da un lavoratore che abbia conservato la propria residenza nello stesso Stato membro, occorra prendere in considerazione unicamente i redditi provenienti da attività la lavorativa subordinata o altresì altri redditi come quelli provenienti da beni immobili.
49 Va osservato anzitutto che l'art. 48 del Trattato si applica solo ai lavoratori subordinati e a quelli che si trasferiscono alla ricerca di un lavoro. Pertanto non rientrano in quanto tali nell'ambito di applicazione di questa disposizione le persone che ricavano redditi da altre fonti, in particolare da beni immobili.
50 Tuttavia un individuo che rientri nell'ambito di applicazione ratione personae dell'art. 48 può avvalersi di tale disposizione per opporsi alla normativa nazionale che comporti un ostacolo al suo diritto alla libera circolazione, a prescindere dall'origine di tale ostacolo.
51 D'altra parte, in mancanza di armonizzazione comunitaria delle normative nazionali, spetta in linea di principio agli Stati membri stabilire i redditi da prendere in considerazione per il computo dei contributi previdenziali.
52 Tuttavia, benché la normativa nazionale stabilisca il livello dei contributi previdenziali tenendo conto non solo dei redditi da lavoro ma anche di altri redditi, essa non deve così facendo penalizzare i lavoratori che si trasferiscono nel corso dell'anno per svolgere la loro attività nel territorio di un altro Stato membro rispetto a quelli che conservano la residenza nello stesso Stato membro. Di conseguenza in un'ipotesi del genere la natura dei redditi presi in considerazione per la determinazione dei contribuiti previdenziali è assolutamente inconferente per dirimere la controversia su cui verte il processo a quo.
53 Si deve pertanto risolvere la quinta questione nel senso che, per valutare se l'onere dei contributi previdenziali sostenuto da un lavoratore che abbia trasferito la residenza in un altro Stato membro per svolgervi un'attività lavorativa subordinata sia più gravoso di quello sostenuto da un lavoratore che abbia conservato la propria residenza nel medesimo Stato membro, devono essere presi in considerazione tutti i redditi, ivi compresi eventualmente quelli provenienti da beni immobili, che la normativa nazionale considera rilevanti per la determinazione dell'ammontare dei contributi.
La sesta questione
54 Alla luce delle soluzioni delle questioni precedenti, la sesta questione verte sulle conseguenze dell'accertamento da parte del giudice a quo dell'incompatibilità della normativa nazionale controversa con l'art. 48 del Trattato.
55 Come la Corte ha dichiarato sin dalla sentenza 4 dicembre 1974 (causa 41/74, Van Duyn, Racc. pag. 1337), l'art. 48 del Trattato è direttamente efficace negli ordinamenti giuridici degli Stati membri e attribuisce ai singoli diritti che i giudici nazionali devono tutelare.
56 Altresì per giurisprudenza consolidata ogni giudice nazionale ha l'obbligo di applicare integralmente il diritto comunitario e di tutelare i diritti che questo attribuisce ai singoli, disapplicando in caso di necessità qualsiasi disposizione eventualmente confliggente della legge nazionale.
57 Del resto, qualora il diritto nazionale preveda un trattamento differenziato tra vari gruppi di persone in violazione del diritto comunitario, i membri del gruppo sfavorito devono essere trattati allo stesso modo ed essere assoggettati allo stesso regime degli altri interessati, regime che, in mancanza della corretta applicazione del diritto comunitario, resta il solo sistema di riferimento valido (v., mutatis mutandis, sentenze 4 dicembre 1986, causa 71/85, Federatie Nederlandse Vakbeweging, Racc. pag. 3855; 24 marzo 1987, causa 286/85, McDermott e Cotter, Racc. pag. 1453; 13 dicembre 1989, causa C-102/88, Ruzius-Wilbrink, Racc. pag. 4311; 27 giugno 1990, causa C-33/89, Kowalska, Racc. pag. I-2591, e 7 febbraio 1991, causa C-184/89, Nimz, Racc. pag. I-297).
58 Ne consegue che i contributi previdenziali dovuti da un lavoratore che trasferisca la residenza da uno Stato membro ad un altro per svolgervi un'attività lavorativa subordinata devono essere fissati allo stesso livello di quelli che sarebbero dovuti da un lavoratore che abbia conservato la residenza nello stesso Stato membro.
59 Si deve pertanto risolvere la sesta questione nel senso che, qualora la normativa nazionale controversa sia incompatibile con l'art. 48 del Trattato, il lavoratore che trasferisca la residenza da uno Stato membro ad un altro per svolgervi un'attività lavorativa subordinata ha diritto che i contributi previdenziali da esso dovuti siano di livello pari a quelli dovuti da un lavoratore che abbia conservato la residenza nel medesimo Stato membro.$
Sulle spese
60 Le spese sostenute dal governo olandese e dalla Commissione delle Comunità europee, che hanno presentato osservazioni alla Corte, non possono dar luogo a rifusione. Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese.
Per questi motivi,
LA CORTE
pronunciandosi sulle questioni sottopostele dal Gerechtshof te 's Hertogenbosch con ordinanza 30 dicembre 1994, dichiara:
1) L'art. 48 del Trattato CEE e l'art. 7 del regolamento (CEE) del Consiglio 15 dicembre 1968, n. 1612, relativo alla libera circolazione dei lavoratori all'interno della Comunità, possono essere fatti valere da un lavoratore nei confronti dello Stato membro di cui è cittadino qualora abbia risieduto e svolto un'attività lavorativa subordinata in un altro Stato membro.
2) L'art. 48 del Trattato osta a che uno Stato membro riscuota da un lavoratore che nel corso dell'anno abbia trasferito la residenza in un altro Stato membro per svolgervi un'attività lavorativa subordinata contributi previdenziali più onerosi di quelli che sarebbero dovuti, in circostanze analoghe, da un lavoratore che abbia conservato durante tutto l'anno la residenza nello stesso Stato membro, senza che il primo lavoratore fruisca del resto di prestazioni previdenziali supplementari.
3) Un onere previdenziale più gravoso su di un lavoratore che trasferisce la residenza in un altro Stato membro per svolgervi un'attività lavorativa subordinata, onere che è in linea di principio in contrasto con l'art. 48 del Trattato, non può essere giustificato né dal fatto che deriva da una normativa volta a semplificare e coordinare l'esazione dell'imposta sul reddito e dei contributi previdenziali, né da difficoltà tecniche che impediscono altre modalità di esazione, né dal fatto che, in talune situazioni, altre agevolazioni relative all'imposta sul reddito possono compensare lo svantaggio relativo ai contributi previdenziali se non addirittura avvantaggiare l'interessato.
4) Per valutare se l'onere dei contributi previdenziali sostenuto da un lavoratore che abbia trasferito la residenza da uno Stato membro ad un altro per svolgervi un'attività lavorativa subordinata sia più gravoso di quello sostenuto da un lavoratore che abbia conservato la propria residenza nel medesimo Stato membro, devono essere presi in considerazione tutti i redditi, ivi compresi eventualmente quelli provenienti da beni immobili, che la normativa nazionale considera rilevanti per la determinazione dell'ammontare dei contributi.
5) Qualora la normativa nazionale controversa sia incompatibile con l'art. 48 del Trattato, il lavoratore che trasferisca la residenza da uno Stato membro ad un altro per svolgervi un'attività lavorativa subordinata ha diritto che i contributi previdenziali da esso dovuti siano di livello pari a quelli dovuti da un lavoratore che abbia conservato la residenza nel medesimo Stato membro.