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Avviso legale importante

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61997C0251

Conclusioni dell'avvocato generale Fennelly del 26 novembre 1998. - Repubblica francese contro Commissione delle Comunità europee. - Art. 92 del Trattato CE (divenuto, in seguito a modifica, art. 87 CE) - Nozione di aiuto - Riduzione degli oneri sociali come contropartita dei costi derivanti per imprese da accordi collettivi in materia di ristrutturazione e di riduzione dell'orario di lavoro. - Causa C-251/97.

raccolta della giurisprudenza 1999 pagina I-06639


Conclusioni dell avvocato generale


I - Introduzione

1. Nella presente causa la Francia ha proposto un ricorso volto a far dichiarare l'annullamento della decisione della Commissione 9 aprile 1997, 97/811/CE, relativa agli aiuti concessi dalla Francia ai settori del tessile, dell'abbigliamento, del cuoio e delle calzature . In particolare, il ricorso solleva la questione se gli sgravi finanziari concessi dalle autorità pubbliche alle imprese di determinati settori, in cambio degli impegni assunti da tali imprese nei confronti delle autorità e dei rappresentanti dei lavoratori, riguardanti il mantenimento dell'occupazione e la ristrutturazione dell'orario di lavoro al di là di quanto prescritto dal diritto comune, costituisca un aiuto concesso dallo Stato ai sensi dell'art. 92, n. 1, del Trattato CE.

II - Il contesto in fatto ed in diritto

2. Nei settori del tessile, dell'abbigliamento, del cuoio e delle calzature operano in prevalenza, sia in Francia che nel resto della Comunità, piccole e medie imprese. L'intensa concorrenza, sia all'interno della Comunità che da parte di imprese stabilite in Stati terzi con un basso costo del lavoro, ha dato luogo ad una massiccia riduzione dell'occupazione in questi settori all'interno della Comunità. La Francia non è l'unica ad assistere ad una contrazione della sua forza lavoro complessiva, nel suo caso da circa 600 000 lavoratori all'inizio degli anni '80, a 352 000 nel 1995 e a 315 000 nel 1997.

3. In Francia, alla metà degli anni '90, una serie di misure generali volte a combattere la disoccupazione sgravando i datori di lavoro da determinati oneri sociali nei confronti dei lavoratori con salari più bassi è culminata in una progressiva riduzione degli oneri a carico dei datori di lavoro nei confronti dei lavoratori dipendenti che percepiscono tra il 100% e il 133% del salario minimo garantito (in prosieguo: lo «SMIC») . Il 26 marzo 1996 la Francia notificava alla Commissione alcune proposte aggiuntive, specifiche per i settori del tessile, dell'abbigliamento, del cuoio e delle calzature. Tali proposte sono state rese esecutive mediante l'art. 99 della legge 12 aprile 1996, n. 96-314, che attua diverse disposizioni economiche e finanziarie (in prosieguo: la «legge n. 314»). Detto articolo consentiva allo Stato, a titolo sperimentale e provvisorio (fino al 31 dicembre 1997), di concedere ai datori di lavoro nei settori in questione ulteriori sgravi degli oneri sociali nei confronti dei lavoratori con salari più bassi come contropartita della loro adozione di accordi quadro sul mantenimento e sullo sviluppo dell'occupazione, che avrebbero tenuto conto dei negoziati tra le parti sociali di quei settori sulla ristrutturazione e sulla riduzione dell'orario di lavoro. Le riduzioni dovevano assumere la forma di un progressivo alleggerimento degli oneri sociali a carico dei datori di lavoro per i salari compresi tra il 100% e il 150% dello SMIC, conformemente ad un criterio da stabilirsi con decreto ministeriale. I datori di lavoro con oltre 50 addetti dovevano firmare un accordo individuale con lo Stato, oltre a quello quadro, specificando i loro impegni relativamente all'occupazione e all'orario di lavoro. Il mancato rispetto di questi impegni da parte di un'impresa avrebbe comportato la piena applicazione, retroattiva e futura, degli oneri normalmente dovuti.

4. L'adozione della legge n. 314 ha consentito alle autorità francesi di esercitare con efficacia una certa pressione per il rilancio del dialogo fino ad allora stagnante tra le parti sociali sulla riorganizzazione e sulla riduzione dell'orario di lavoro nei settori citati. Il 7 maggio e il 5 giugno 1996 sono state concluse convenzioni settoriali su queste basi. Veniva così stabilito un limite annuo per il lavoro straordinario, che variava a seconda del limite massimo di ore straordinarie che un lavoratore poteva prestare in una settimana . In base alla durata massima della settimana lavorativa e alle ore di lavoro effettivamente svolte, i datori di lavoro erano tenuti a concedere ai lavoratori in una misura determinata e proporzionata ferie o una retribuzione aggiuntiva, o una combinazione delle due possibilità .

5. Poco dopo, tra il 14 maggio e il 28 giugno 1996, lo Stato concludeva accordi quadro con le organizzazioni dei rappresentanti dei datori di lavoro dei settori in questione. Tali accordi quadro prevedevano l'impegno da parte di ciascun settore relativamente al mantenimento dell'occupazione e all'assunzione di giovani. Ciascun accordo quadro faceva anche espresso riferimento all'accordo sulla ristrutturazione e sulla riduzione dell'orario di lavoro concluso tra le parti sociali nel relativo settore, come misura volta a promuovere gli obiettivi dell'occupazione e della competitività, ed esponeva gli impegni assunti dai datori di lavoro per il mantenimento e la creazione di occupazione nel settore, soddisfacendo così quanto richiesto dall'art. 99 della legge n. 314.

6. Quasi contemporaneamente, le autorità francesi adottavano il decreto 27 giugno 1996, n. 96-572 (in prosieguo: il «decreto»), in attuazione dell'art. 99 della legge n. 314. Il decreto stabiliva una scala progressiva di riduzione degli oneri sociali a carico dei datori di lavoro nei settori di cui trattasi, con un massimo di 734 FRF (in aggiunta agli sgravi stabiliti dal diritto comune) rispetto ai lavoratori che guadagnano lo SMIC nei settori in questione. Il costo del programma era stimato in 2,1 miliardi di FRF, anche se alla fine è costato tra 1,8 e 1,9 miliardi di FRF. Le autorità ritenevano che si potessero evitare 35 000 delle previste 60 000 perdite di posti di lavoro nei successivi due anni e che si sarebbero creati 7 000 nuovi posti di lavoro per giovani disoccupati.

7. Il decreto è entrato in vigore il 1° giugno 1996 per quanto riguarda i settori del tessile e dell'abbigliamento e il 1° luglio 1996 per il settore del cuoio e delle calzature, nonostante la decisione della Commissione 31 maggio 1996 di avviare il procedimento di cui all'art. 93, n. 2, del Trattato CE, relativamente alle misure contenute nel decreto e nella legge n. 314 . Con due lettere 4 e 9 luglio 1996 la Commissione chiedeva se le misure francesi violassero la soglia de minimis di 100 000 ECU per impresa su un periodo di tre anni , e ricordava alle autorità francesi l'effetto sospensivo della procedura prevista dall'art. 93, n. 2, chiedendo loro di informare le imprese beneficiarie dell'avvio della procedura e dell'eventualità di dover rimborsare ogni aiuto illegalmente percepito. Sulla base di ulteriori informazioni fornite dalla Francia relativamente agli impegni sottoscritti dalle imprese interessate in cambio di sgravi dei loro oneri sociali, con decisione 2 ottobre 1996 la Commissione estendeva l'ambito della sua inchiesta . La Commissione e le autorità francesi hanno intrattenuto un ampio scambio di corrispondenza e si sono svolti diversi incontri bilaterali. Inoltre, i governi della Germania, dei Paesi Bassi, del Regno Unito e dell'Austria, come pure il governo regionale delle Fiandre in Belgio e nove associazioni industriali e commerciali hanno presentato alla Commissione osservazioni che erano contrarie al programma francese.

8. La Francia sostiene, principalmente, che il programma per il mantenimento e la creazione di occupazione e la ristrutturazione dell'orario di lavoro gravava di costi aggiuntivi le imprese interessate, ben oltre quelli in cui sarebbero incorse se si fossero limitate ad osservare rigorosamente gli obblighi imposti dalla legge. Quindi, il sostegno fornito non può essere considerato come aiuto di Stato. L'impatto netto delle misure (riduzione degli oneri sociali a fronte di tali costi aggiuntivi) era neutro: le grandi imprese non godevano, in definitiva, di alcun beneficio, dal momento che sopportavano costi di ristrutturazione dell'orario di lavoro di maggiore entità; altre imprese con un numero di addetti compreso tra 50 e 500 beneficiavano di una riduzione netta dei costi al di sotto della soglia de minimis. Qualsiasi conseguente miglioramento nella competitività sarebbe diventato evidente solo a medio e lungo termine. Il fatto che il programma non fosse necessariamente allettante per le imprese è stato dimostrato dalla mancata partecipazione di circa un terzo delle imprese che ne avrebbero avuto il diritto, e in particolare di alcune tra le più grandi nei settori in questione.

9. La Commissione notificava alla Francia la decisione impugnata con lettera 5 maggio 1997. La Commissione sostiene che le misure francesi erano volte a sollevare le imprese di quattro specifici settori da alcuni costi finanziari risultanti dalla normale applicazione del sistema generale di previdenza sociale. I costi risultanti dagli accordi che riorganizzano l'orario di lavoro e che si traducono in maggiorazioni salariali o ferie pagate non previste dalla regolamentazione comune costituiscono oneri che di regola dovrebbero essere sostenuti dai bilanci di dette imprese. I benefici concessi dalle autorità pubbliche che alleviano il peso di tali oneri costituiscono aiuti di Stato. E' così anche se lo sgravio degli oneri delle imprese è volto a compensare i costi aggiuntivi volontariamente sostenuti per attuare la politica del governo sull'occupazione. L'uso di fondi pubblici per sbloccare la contrattazione collettiva non può essere giustificato neanche col perseguimento del duplice obiettivo sociale ed economico del mantenimento dell'occupazione e della maggiore efficienza, entrambi di per sé desiderabili. Neanche la natura sperimentale e provvisoria delle misure poteva mascherare il loro carattere settoriale. Inoltre, lo sgravio degli oneri sociali ha posto le imprese di questi settori in una situazione più favorevole di quella dei concorrenti di altri Stati membri, che potevano aver realizzato una simile ristrutturazione senza il sostegno dello Stato. A questo proposito, è importante notare che, rispetto al probabile effetto della misura in esame sul commercio fra gli Stati membri, il costo del lavoro assorbiva fino all'80% dei costi di produzione nei settori in questione. La Commissione ha pertanto concluso che il sostegno fornito dallo Stato costituisce, per la sua intrinseca natura e nel suo insieme, un aiuto di Stato, senza che sia necessario esaminare in dettaglio i calcoli presentati dalla Francia relativi al guadagno netto (o alla perdita) di imprese di dimensioni diverse, ad esempio il punto se i costi avessero bilanciato il beneficio degli sgravi.

10. La Commissione ha osservato che, in ogni caso, la pretesa neutralità delle misure francesi non poteva essere dimostrata. La maggior parte delle informazioni statistiche fornite dalla Francia era in forma di tabelle con le medie relative al settore d'interesse o all'industria francese nel suo insieme. Anche se potevano sembrare eccessivi gli asseriti risparmi netti medi dell'ordine del 10-12% del totale della massa salariale, o dell'8% nel caso di un'impresa che dà lavoro a più di 100 persone, come riportati dalla stampa specializzata e generica, tali dati rivelavano una considerevole variabilità attorno alle medie indicate nelle tabelle fornite dalla Francia. Quindi, nel caso di imprese la cui struttura salariale è sostanzialmente molto differente dalle medie summenzionate, il vantaggio apportato dall'aiuto di Stato poteva essere nettamente più alto di quello indicato dalla Francia. Inoltre, i calcoli francesi non hanno preso in considerazione il miglioramento della produttività grazie ad un uso più efficiente dell'impianto di produzione. I risultati dell'esperienza di un diverso caso di aiuto di Stato in Francia e in Austria inducono a ritenere che tali vantaggi potevano facilmente compensare i costi di ristrutturazione dell'orario di lavoro.

11. Avendo ritenuto che le misure francesi costituissero aiuti di Stato ai sensi dell'art. 92, n. 1, del Trattato, la Commissione ha stabilito che queste non potevano beneficiare delle deroghe previste dall'art. 92, nn. 2 e 3, del Trattato. La Commissione ha pertanto deciso che lo sgravio degli oneri sociali a carico dei datori di lavoro disposto dall'art. 99 della legge n. 314 e dal decreto costituiva, per la parte non coperta dalla regola de minimis, un aiuto illegale, essendo stato attuato prima che la Commissione si pronunciasse al riguardo, conformemente alle disposizioni dell'art. 93, n. 2, del Trattato, ed era incompatibile con il mercato comune. E' stato richiesto alla Francia di porre fine quanto prima alla concessione dello sgravio, nella misura in cui l'importo totale dello sgravio di cui trattasi non era coperto dalla regola de minimis, e di recuperare gli aiuti illegalmente versati, con pagamento degli interessi.

III - Argomenti delle parti

12. Con ricorso depositato presso la Corte il 10 luglio 1997, la Francia chiede di annullare la decisione impugnata e di condannare la Commissione alle spese. La Commissione, nel suo controricorso, chiede alla Corte di respingere la domanda e di condannare la Francia alle spese.

13. A sostegno del motivo principale del suo ricorso, la Francia illustra due argomenti basati sull'incompatibilità della decisione della Commissione con l'art. 92, n. 1, del Trattato. Innanzi tutto, considera che la posizione favorevole attribuita dallo Stato in cambio di un'adeguata attività da parte delle imprese interessate in favore dei propri lavoratori non costituisce un aiuto, se i datori di lavoro non percepiscono un sostanziale vantaggio netto o percepiscono un guadagno netto al di sotto della soglia de minimis. E' questo il caso degli accordi conclusi dai datori di lavoro nei settori del tessile, del cuoio e delle calzature con i rappresentanti dei lavoratori che sono andati ben oltre quelli a cui i datori di lavoro avrebbero acconsentito senza un intervento da parte dello Stato, dato che le agevolazioni concesse non sono bilanciate da corrispondenti concessioni da parte dei lavoratori. La Francia sostiene che tali costi non possono essere considerati come «oneri che normalmente gravano sul bilancio di un'impresa» . Le misure di cui trattasi non falsano la concorrenza perché le imprese di altri paesi in cui simili sgravi sociali non sono stati offerti dallo Stato non sarebbero obbligate a fare simili concessioni ai propri lavoratori.

14. Al contrario, la Commissione ritiene che questo sia uno dei casi in cui lo Stato si è assunto costi che normalmente dovrebbero essere sostenuti dal bilancio delle imprese. E' giurisprudenza costante considerare la riduzione degli oneri sociali come un aiuto . L'obiettivo sociale o altri obiettivi eventualmente perseguiti da tali misure sono irrilevanti . Il fatto che due terzi delle imprese che ne avevano diritto abbiano partecipato al programma dimostra che, tutto sommato, era vantaggioso per loro.

15. In secondo luogo, la Francia sostiene che la Commissione ha commesso un manifesto errore di valutazione mancando di riconoscere la neutralità delle misure di cui trattasi relativamente ai loro effetti. La Commissione non aveva il diritto di contestare le statistiche ufficiali francesi. Tali statistiche erano le migliori disponibili in quel periodo. La Commissione deve emanare la sua decisione sulla base dei dati disponibili . In ogni caso, le informazioni statistiche fornite erano classificate a seconda della diversa grandezza delle imprese. Gli asseriti risparmi sulla massa salariale delle imprese partecipanti riferiti dalla Commissione non erano credibili. I vantaggi di competitività erano del tutto potenziali e difficilmente misurabili e, inoltre, nel breve periodo erano probabilmente inferiori ai costi associati alla ristrutturazione delle attività lavorative.

16. La Commissione ribatte che le informazioni fornite dalla Francia non dimostrano la neutralità economica delle misure, in particolare perché non mettono in relazione i costi e i benefici a livello delle singole imprese; inoltre, nella sentenza Kimberly Clark si è potuto ritenere che una misura fosse un aiuto sulla base di informazioni parziali sui suoi effetti . Il possibile guadagno netto del 10-12% menzionato nella decisione impugnata non era inteso a rappresentare un'indicazione generale, ma doveva semplicemente servire ad evidenziare il tipo di variazioni che potevano verificarsi tra le situazioni delle singole imprese e la media. Inoltre, la Francia avrebbe dovuto considerare le concessioni che i datori di lavoro avrebbero fornito anche in mancanza dell'intervento statale; l'impossibilità di identificare tali impegni potenziali denotava l'impossibilità di dimostrare la neutralità delle misure di cui trattasi. Infine, la Commissione ritiene che la ristrutturazione dell'orario di lavoro dia inevitabilmente luogo a miglioramenti di competitività.

17. Come motivo sussidiario per l'annullamento della decisione impugnata, la Francia sostiene che la decisione dovrebbe essere annullata perché le impone di recuperare dalle imprese interessate l'importo complessivo degli sgravi settoriali degli oneri sociali, senza considerare i costi derivanti dai corrispondenti impegni relativi all'occupazione e all'orario di lavoro.

IV - Il mio punto di vista

18. E' evidente che né i due argomenti principali della Francia né quello unico presentato in subordine possono essere accolti se il primo viene respinto. Se lo sgravio degli oneri sociali a carico dei datori di lavoro non perde il suo carattere di vantaggio gratuito equivalente ad un aiuto gratuito dello Stato a causa dei corrispondenti costi a carico dei datori di lavoro per attuare la ristrutturazione dell'orario di lavoro, la pretesa neutralità del programma francese diventa irrilevante, al pari della richiesta di limitare ogni obbligo di rimborsare l'aiuto ricevuto al beneficio netto ottenuto dai datori di lavoro. Alla luce della mia opinione sul primo argomento del governo francese, limiterò le presenti conclusioni ad illustrare i motivi che mi hanno portato ad adottare tale punto di vista.

19. In sostanza, secondo l'argomento dedotto della Francia, lo sgravio degli oneri sociali a carico dei datori di lavoro nei settori di cui trattasi rappresenta un aspetto di un accordo. Si dovrebbe considerare l'accordo nel suo insieme per determinare se l'aiuto sia stato concesso o meno mediante fondi pubblici. E' vero, naturalmente, che le autorità pubbliche possono concludere molti tipi di contratti con le imprese senza che ciò configuri un aiuto di Stato, purché tali autorità agiscano come un operatore commerciale ordinario. In parole semplici, le autorità pubbliche possono acquistare beni e servizi dalle imprese, inclusi quelli forniti al pubblico da parte delle stesse autorità. Le autorità pubbliche acquirenti devono naturalmente pagare il prezzo di mercato. Analogamente, le autorità o le imprese pubbliche possono vendere beni o servizi alle imprese, purché un prezzo fissato ad un livello inferiore a quello di mercato sia obiettivamente giustificato da motivi economici . Le autorità pubbliche possono anche partecipare al capitale delle imprese , concedere loro prestiti , o garantire i loro prestiti . Ancora una volta, tuttavia, tali autorità devono sempre agire come un investitore privato o come un operatore commerciale di dimensioni analoghe.

20. La situazione diventa più complicata quando le autorità pubbliche si impegnano a corrispondere un compenso alle imprese affinché forniscano beni o servizi o benefici più intangibili nell'interesse pubblico generale. Tali benefici potrebbero implicare l'adozione di opportune misure conformi alle esigenze ecologiche in un settore particolarmente delicato , l'inclusione di un certo numero di programmi con contenuti di pubblico interesse nella radiodiffusione , la garanzia di fornire un determinato livello di servizio anche su una rotta poco vantaggiosa , o la fornitura di qualche altro servizio di interesse economico generale . In base alle precise circostanze in cui le autorità «acquistano» tali benefici a prezzi di mercato, è possibile stabilire se non si riscontra affatto un aiuto o se si configura un aiuto che, almeno potenzialmente, è compatibile con il mercato comune. Nella fattispecie, non è necessario identificare precisamente il confine tra queste due ipotesi. E' sufficiente chiarire che si ritiene non trattarsi di aiuto quando lo Stato o un'altra autorità pubblica si assicura, in cambio del pagamento diretto o indiretto dei fornitori, qualche bene di valore estraneo alle imprese di cui trattasi. E' naturale che le autorità pubbliche sono anche interessate al benessere economico del proprio territorio e delle imprese che vi sono stabilite e vi operano, ma qualunque tipo di pagamento a talune imprese esclusivamente volto a garantire gli interessi di queste - ad esempio, il miglioramento dei profitti, dei rapporti con i lavoratori, o la loro sopravvivenza economica - senza la fornitura alle autorità di un bene distinto e munito di un valore corrispondente costituisce un aiuto ai sensi dell'art. 92, n. 1, del Trattato.

21. Nel caso di specie, la Francia sostiene di aver disposto uno sgravio degli oneri sociali normalmente dovuti dai datori di lavoro nei settori di cui trattasi a beneficio dei lavoratori; tale sgravio non avrebbe avuto alcun effetto sulla competitività dei datori di lavoro o avrebbe dato luogo solo ad un miglioramento netto de minimis. Senza influire sulla struttura complessiva dei costi delle imprese datrici di lavoro, gli attuali lavoratori potrebbero lavorare per periodi più brevi senza subire le corrispondenti perdite di salario e ferie, i licenziamenti diminuirebbero e verrebbe assunto un certo numero di giovani. Sono tutti benefici di pubblico interesse che la Francia sostiene essere estranei agli specifici interessi delle imprese e il cui pagamento da parte delle autorità, concordato attraverso un accordo con i datori di lavoro, non rientra pertanto nel campo di applicazione delle disposizioni del Trattato sugli aiuti di Stato.

22. Tale argomento ignora tuttavia la reale situazione concorrenziale dei datori di lavoro. Il lavoro è uno dei fattori della produzione, e le condizioni alle quali i lavoratori prestano la loro opera nelle imprese sono una delle variabili chiave che determinano la competitività di una società. Il prezzo, la qualità, i periodi di disponibilità e la flessibilità delle condizioni in cui il lavoro viene fornito sono elementi importanti per le imprese, al pari delle materie prime, dei beni strumentali e del capitale. Il negoziare le migliori condizioni per acquisire questi fattori di costo è uno dei compiti della gestione aziendale. Se lo Stato interviene consentendo ai datori di lavoro di pagare per una concessione ottenuta dai rappresentanti dei lavoratori riguardante la ristrutturazione dell'orario di lavoro, che altrimenti, senza il sostegno dello Stato, non sarebbero stati in grado di finanziare (come evidenzia nel caso di specie lo stallo dei negoziati tra le parti sociali), si può affermare che tali imprese sono state favorite mediante il ricorso a mezzi statali. Come si è visto, l'uso di risorse statali, non obiettivamente giustificato da motivi economici, per sovvenzionare l'acquisto di materie prime ad un prezzo conveniente o il credito a favore di certe imprese costituisce aiuto di Stato. La situazione non dovrebbe essere considerata diversamente quando lo Stato interviene per consentire alle imprese di fare concessioni ai lavoratori riguardanti condizioni di lavoro più flessibili . In questi casi «le autorità competenti le sgravano di una parte dei loro costi salariali, che costituiscono normali spese che un'impresa sostiene nel proprio interesse, e procurano loro in tal modo vantaggi finanziari che ne migliorano la posizione concorrenziale» .

23. In tali circostanze, non mi convince molto l'asserito aspetto di pubblico interesse dei benefici dei lavoratori illustrato sopra al paragrafo 21. I lavoratori beneficiano infatti della sovvenzione del costo del loro lavoro che lo Stato consente a talune imprese di pagare. A simili benefici di interesse pubblico, in termini di mantenimento dell'occupazione, probabilmente si fa riferimento in tutti i casi in cui lo Stato, attraverso gli aiuti, salva un'impresa dal fallimento, anche se il risultato finale può essere semplicemente quello di trasferire la disoccupazione in altri Stati membri , e di generare pressioni perché anche in detti Stati si adottino misure equivalenti .

24. La Corte si è già espressa in modo simile relativamente al sostegno del costo del lavoro nella sentenza Steenkolenmijnen . In quella causa il governo tedesco cercava di assicurare un'adeguata offerta di lavoro alle imprese carbonifere, evitando l'aumento dei prezzi del carbone per i consumatori, in un periodo in cui i lavoratori abbandonavano il settore per via di migliori retribuzioni e condizioni di lavoro in altri settori. A tal fine ha concesso a ciascun minatore, per ogni turno completo effettuato, un premio di squadra, esente dall'imposta sui salari, che le imprese avrebbero versato, prelevandolo dalle trattenute per detta imposta. Alla luce delle condizioni economiche di allora, anche se il premio non comportava uno sgravio finanziario per le imprese coinvolte, esso «libera[va] queste da ulteriori oneri che esse avrebbero altrimenti dovuto sopportare e (...) il premio stesso, pur non alleviando i loro oneri attuali, le sgrava[va] di oneri che avrebbero inevitabilmente inciso su di esse» . La Corte ha incluso nella definizione di aiuto «gli interventi i quali, in varie forme, alleviano gli oneri che normalmente gravano sul bilancio di un'impresa» , e ha concluso che il premio costituiva un aiuto ai sensi dell'art. 4, lett. c), del Trattato CECA.

25. Analogamente, nella sentenza 2 luglio 1974, causa 173/73, Italia/Commissione, la Corte ha dichiarato che «il parziale sgravio degli oneri sociali per gli assegni familiari a carico dei datori di lavoro del settore tessile [era] un provvedimento inteso ad alleviare in parte, a favore delle imprese di un particolare settore industriale, gli oneri pecuniari derivanti dalla normale applicazione del sistema generale di previdenza sociale, senza che l'esonero [fosse] giustificato dalla natura o dalla struttura di tale sistema» . Il preteso «fine sociale del provvedimento in questione» non sarebbe stato comunque sufficiente a sottrarlo all'applicazione dell'art. 92 .

26. La causa Kimberly Clark riguardava l'utilizzo di fondi pubblici per sostenere parte dei costi in materia di programmi sociali, che le imprese erano obbligate a predisporre quando licenziavano i lavoratori in modo da contribuire alla loro rioccupazione e riqualificazione. Il contenuto preciso di tali programmi non era prescritto dalla legge e poteva andare oltre quanto richiesto dalla regolamentazione comune applicabile. La Francia ha sostenuto che i meccanismi in questione non costituivano aiuto di Stato per le imprese «poiché la loro attuazione non le agevola[va] nell'adempimento dei loro obblighi legali ed esig[eva] da parte loro uno sforzo supplementare rispetto a quanto [erano] tenute a fare per conformarsi rigorosamente ai precetti di diritto comune» . Le imprese potevano rifiutare di usufruire del sostegno finanziario e predisporre un proprio programma sociale minimo. D'altra parte, i meccanismi controversi erano diretti «a consentire all'impresa di adottare provvedimenti che travalica[vano] quanto meramente sufficiente per l'adempimento degli obblighi legali in materia di programma sociale» . Tuttavia, è emerso che il governo francese non ha risposto alla domanda della Commissione su quali sarebbero stati i costi del programma sociale se quest'ultimo fosse stato limitato al minimo richiesto dalla normativa francese . Secondo la Corte, quindi, la Commissione era legittimata a ritenere che, sulla base delle informazioni di cui disponeva quando ha emanato la sua decisione su questo caso, i fondi predisposti per il programma sociale della Kimberly Clark, più che concedere un mero beneficio gratuito aggiuntivo per i lavoratori, esoneravano la Kimberly Clark da taluni obblighi legali nei confronti dei lavoratori subordinati . Di conseguenza, la Corte non si è pronunciata sull'argomento della Francia relativo alla sovvenzione di impegni volontari aggiuntivi da parte delle imprese nei confronti dei loro lavoratori e di precedenti lavoratori. Tuttavia, nel corso della sua motivazione la Corte ha ripreso la definizione di aiuto che ricomprende «le agevolazioni concesse dalle autorità pubbliche che, in varie forme, alleviano gli oneri che normalmente gravano sul bilancio di un'impresa» . Tale definizione non distingue fra il carattere facoltativo od obbligatorio degli oneri in questione.

27. A mio avviso, l'applicabilità ai fatti del caso di specie delle sopra citate pronunce della Corte sulla definizione di aiuto di Stato non viene meno per via della natura facoltativa dell'«accordo» dei datori di lavoro con lo Stato francese. Infatti, esso ha fatto sì che potessero avvalersi degli aiuti solo quei datori di lavoro che ritenevano di poter ottenere un profitto netto dalla combinazione tra lo sgravio degli oneri sociali, la ristrutturazione dell'orario di lavoro, il mantenimento dell'occupazione e le concessioni ai lavoratori . Dato il rischio di dover rimborsare gli aiuti, di cui ogni società avveduta dovrebbe essere consapevole (e rispetto al quale la Commissione ha chiesto al governo francese di informare tutti i partecipanti al programma), sarebbe stato imprudente accettare le condizioni poste dallo Stato senza la prospettiva di considerevoli profitti netti. Inoltre, i costi relativi al lavoro non possono essere convertiti da onere di bilancio «normale» in uno «speciale», al di fuori del campo di applicazione dell'art. 92 del Trattato, attraverso una serie di accordi collegati ad un sistema di regolamentazione statale, volti a stabilire un nesso tra il beneficio e l'obbligo. Come ha sottolineato la Commissione, è impossibile determinare quali concessioni avrebbero consentito i datori di lavoro in cambio della ristrutturazione dell'orario di lavoro se lo Stato non fosse intervenuto . Più precisamente, lo scopo degli aiuti di regola è di indurre le imprese ad adottare o consentire loro di adottare provvedimenti che altrimenti non sarebbero possibili in condizioni di concorrenza, come mantenere l'occupazione, impegnarsi nella ristrutturazione o semplicemente continuare l'attività a dispetto del fallimento altrimenti imminente. Ciò non fa venir meno il carattere del tutto «normale», tra le voci di bilancio, delle spese sostenute dalle società in siffatte circostanze.

28. Ritengo pertanto, ricorrendo ai termini già usati dalla Commissione nella decisione impugnata, che la riduzione settoriale degli oneri sociali a carico dei datori di lavoro nel caso di specie «costitui[sce] per la sua stessa natura e nella sua totalità un aiuto di Stato». La Francia non può bilanciare il costo degli sgravi col costo delle concessioni dei datori di lavoro ai lavoratori al fine di stabilire se lo Stato si sia impegnato in rapporti contrattuali coi datori di lavoro al fine di garantire un particolare interesse pubblico quando, in realtà, ha concesso un aiuto. Tali concessioni, se erano eccessive rispetto a quanto i datori di lavoro sarebbero stati altrimenti disposti ad accordare, rappresentano soltanto l'inevitabile distorsione dei costi di esercizio dei datori di lavoro coinvolti, risultante dalla loro accettazione di aiuti statali alle condizioni stabilite dallo Stato. Quindi, per le ragioni illustrate all'inizio di questa parte delle conclusioni, non occorre esaminare il secondo e il terzo argomento del governo francese.

V - Conclusione

29. Alla luce di quanto precede, propongo alla Corte di:

1) respingere il ricorso della Repubblica francese volto a far annullare la decisione della Commissione 9 aprile 1997, 97/811/CE, relativa agli aiuti concessi dalla Francia nei settori del tessile, dell'abbigliamento, del cuoio e delle calzature;

2) condannare la Repubblica francese al pagamento delle spese.