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61998J0196

Sentenza della Corte del 23 maggio 2000. - Regina Virginia Hepple contro Adjudication Officer e Adjudication Officer contro Anna Stec. - Domanda di pronuncia pregiudiziale: Social Security Commissioner - Regno Unito. - Direttiva 79/7/CEE - Parità di trattamento tra gli uomini e le donne in materia di previdenza sociale - Prestazioni nell'ambito di un regime di assicurazione infortuni sul lavoro e malattie professionali - Introduzione di un nesso con l'età pensionabile. - Causa C-196/98.

raccolta della giurisprudenza 2000 pagina I-03701


Massima
Parti
Motivazione della sentenza
Decisione relativa alle spese
Dispositivo

Parole chiave


1 Politica sociale - Parità di trattamento tra uomini e donne in materia di previdenza sociale - Direttiva 79/7 - Deroga ammessa per le conseguenze derivanti, per altre prestazioni, dall'esistenza di età pensionabili diverse - Portata - Possibilità per gli Stati membri di adottare o modificare, successivamente alla scadenza del termine di attuazione, provvedimenti connessi a questa differenza di età

[Direttiva del Consiglio 79/7 CEE, art. 7, n. 1, lett. a)]

2 Politica sociale - Parità di trattamento tra uomini e donne in materia di previdenza sociale - Direttiva 79/7 - Deroga ammessa per le conseguenze derivanti, per altre prestazioni, dall'esistenza di età pensionabili diverse - Portata - Limitazione alle sole discriminazioni necessariamente e obiettivamente correlate alla differenza di età pensionabile - Discriminazione in materia di prestazioni finalizzate a compensare la diminuzione dei redditi da lavoro - Ammissibilità

[Direttiva del Consiglio 79/7, art. 7, n. 1, lett. a)]

Massima


1 Ai sensi dell'art. 7, n. 1, lett. a), della direttiva 79/7 relativa alla graduale attuazione del principio di parità di trattamento tra gli uomini e le donne in materia di sicurezza sociale, quest'ultima non pregiudica la facoltà degli Stati membri di escludere dal suo ambito di applicazione non solo la fissazione dei limiti di età per la concessione della pensione di vecchiaia e di fine lavoro, ma anche le conseguenze che possono derivarne per altre prestazioni. Orbene, il mantenimento temporaneo di un'età pensionabile differente a seconda del sesso può richiedere la successiva emanazione, dopo lo scadere del termine di trasposizione della direttiva, di provvedimenti inscindibili da tale regime derogatorio alla parità di trattamento tra gli uomini e le donne in materia di sicurezza sociale nonché la modifica di tali provvedimenti. Infatti, vietare a uno Stato membro che ha fissato un'età pensionabile diversa per gli uomini e per le donne di adottare o modificare, dopo lo scadere del termine di trasposizione, provvedimenti connessi a tale differenza di età equivarrebbe a vanificare la deroga prevista dall'articolo di cui trattasi. (v. punti 4, 23-24)

2 La deroga al principio della parità di trattamento tra uomini e donne in materia di sicurezza sociale, prevista all'art. 7, n. 1, lett. a), della direttiva 79/7 relativa alla graduale attuazione del principio di parità di trattamento tra gli uomini e le donne in materia di sicurezza sociale, va intesa nel senso che si applica ad una prestazione, come la «reduced earnings allowance» di cui trattasi nelle cause principali, che è stata introdotta nella normativa di uno Stato membro dopo la scadenza del termine di trasposizione della direttiva e che consiste nel versamento di un assegno ai lavoratori dipendenti la cui retribuzione sia diminuita in conseguenza di un infortunio sul lavoro o di una malattia professionale, comportando un requisito in materia di età diverso a seconda del sesso. Poiché tale assegno è destinato a compensare la diminuzione dei redditi da lavoro, esiste una coerenza tra questo regime e quello della pensione di vecchiaia, con la conseguenza che tale discriminazione è oggettivamente e necessariamente connessa alla differenza tra l'età pensionabile degli uomini e quella delle donne. (v. punti 20, 30-32, 34-35 e dispositivo)

Parti


Nel procedimento C-196/98,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, a norma dell'art. 177 del Trattato CE (divenuto art. 234 CE), dal Social Security Commissioner (Regno Unito) nelle cause dinanzi ad esso pendenti tra

Regina Virginia Hepple

e

Adjudication Officer,

tra

Adjudication Officer

e

Anna Stec,

tra

Patrick Vincent Lunn

e

Adjudication Officer,

tra

Adjudication Officer

e

Oliver Kimber,

e tra

Adjudication Officer

e

Sybil Spencer,

domanda vertente sull'interpretazione dell'art. 7 della direttiva del Consiglio 19 dicembre 1978, 79/7/CEE, relativa alla graduale attuazione del principio di parità di trattamento tra gli uomini e le donne in materia di sicurezza sociale (GU 1979, L 6, pag. 24),

LA CORTE,

composta dai signori G.C. Rodríguez Iglesias, presidente, D.A.O. Edward e L. Sevón, presidenti di sezione, P.J.G. Kapteyn, C. Gulmann, J.-P. Puissochet, G. Hirsch, P. Jann e H. Ragnemalm (relatore), giudici,

avvocato generale: A. Saggio

cancelliere: signora L. Hewlett, amministratore

viste le osservazioni scritte presentate:

- per le signore Hepple, Stec e Spencer nonché per il signor Lunn, dall'avv. R. Drabble, QC, su incarico dell'avv. R. Poynter, solicitor;

- per il signor Kimber, dall'avv. H. Mountfield, barrister, su incarico dell'avv. B. McKenna, solicitor;

- per il governo del Regno Unito, dal signor J.E. Collins, Assistant Treasury Solicitor, in qualità di agente, assistito dall'avv. C. Vajda, QC;

- per la Commissione delle Comunità europee, dalle signore M. Wolfcarius, membro del servizio giuridico, e N. Yerrel, funzionario nazionale distaccato presso il detto servizio, in qualità di agenti,

vista la relazione d'udienza,

sentite le osservazioni orali delle signore Hepple, Stec e Spencer nonché dei signori Lunn e Kimber, del governo del Regno Unito e della Commissione all'udienza dell'8 giugno 1999,

sentite le conclusioni dell'avvocato generale, presentate all'udienza del 12 ottobre 1999,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

Motivazione della sentenza


1 Con ordinanza 8 maggio 1998, pervenuta alla Corte il 22 maggio seguente, il Social Security Commissioner ha proposto, a norma dell'art. 177 del Trattato CE (divenuto art. 234 CE), tre questioni pregiudiziali riguardanti l'interpretazione dell'art. 7, n. 1, lett. a), della direttiva del Consiglio 19 dicembre 1978, 79/7/CEE, relativa alla graduale attuazione del principio di parità di trattamento tra gli uomini e le donne in materia di sicurezza sociale (GU 1979, L 6, pag. 24; in prosieguo: la «direttiva»).

2 Tali questioni sono state sollevate nell'ambito di cinque controversie sorte tra la signora Hepple e altre quattro persone, da una parte, e l'Adjudication Officer, dall'altra, in merito al rifiuto di quest'ultimo di attribuire alle prime un «reduced earnings allowance» (assegno per riduzione del reddito; in prosieguo: il «REA»).

Normativa comunitaria

3 L'art. 4, n. 1, della direttiva vieta qualsiasi discriminazione fondata sul sesso, in particolare per quanto riguarda il calcolo delle prestazioni.

4 Una siffatta discriminazione può essere giustificata solo a norma dell'art. 7, n. 1, lett. a), della direttiva, secondo cui quest'ultima non pregiudica la facoltà degli Stati membri di escludere dal suo campo di applicazione non solo la fissazione dei limiti di età per la concessione della pensione di vecchiaia e di fine lavoro, ma anche le conseguenze che possono derivarne per altre prestazioni.

5 Ai sensi dell'art. 7, n. 2, della direttiva:

«Gli Stati membri esaminano periodicamente le materie escluse ai sensi del paragrafo 1 al fine di valutare se, tenuto conto dell'evoluzione sociale in materia, sia giustificato mantenere le esclusioni in questione».

6 L'art. 8 della direttiva dispone:

«1. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro un termine di sei anni a decorrere dalla notifica. Essi ne informano immediatamente la Commissione.

2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative che essi adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva, comprese le misure adottate in applicazione dell'articolo 7, paragrafo 2.

Essi informano la Commissione dei motivi che giustificano l'eventuale mantenimento delle disposizioni esistenti nelle materie di cui all'articolo 7, paragrafo 1, e delle possibilità di una loro ulteriore revisione».

7 L'art. 9 della direttiva prevede:

«Entro sette anni dalla notifica della presente direttiva, gli Stati membri trasmettono alla Commissione tutti i dati utili per consentirle di redigere una relazione, da sottoporre al Consiglio, sull'applicazione della presente direttiva e di proporre ogni altra misura necessaria per l'attuazione del principio della parità di trattamento».

Normativa nazionale

8 Le cinque cause principali riguardano l'attribuzione agli interessati del REA, il quale è una prestazione settimanale in contanti versata ai lavoratori dipendenti o ex lavoratori dipendenti vittime di un infortunio sul lavoro o che sono stati colpiti da una malattia professionale. Esso è diretto a compensare la riduzione della capacità di guadagno.

9 Istituito nel 1948, l'«Industrial Injuries Scheme» (regime di tutela contro gli infortuni sul lavoro) ha introdotto uno «special hardship allowance» (assegno per difficoltà particolari) che la Social Security Act 1986 (legge del 1986 in materia di previdenza sociale) ha modificato e ribattezzato REA. Attualmente, le disposizioni rilevanti sono contenute nel capo V della Social Security Contributions and Benefits Act 1992 (legge del 1992 sui contributi e sulle prestazioni previdenziali).

10 Il REA è calcolato raffrontando i redditi derivanti da attività lavorativa che l'interessato non è più in grado di continuare a causa dell'infortunio o della malattia professionale di cui è stato vittima con i redditi derivanti da qualsiasi attività lavorativa che egli possa svolgere malgrado l'invalidità. L'importo massimo di tale assegno è di circa GBP 40, ivi compresi gli aumenti annui connessi al costo della vita.

11 La corresponsione del REA non è subordinata al versamento di un minimo di contributi, sebbene i contributi versati per l'assicurazione nazionale dei lavoratori e dei datori di lavoro abbiano incluso una quota relativa al costo complessivo del regime di tutela contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali.

12 Dopo il 1986 il REA è stato oggetto di varie modifiche legislative dirette a limitare il numero dei beneficiari. Sino ad allora, il REA era dovuto anche dopo che il beneficiario avesse raggiunto l'età pensionabile e avesse cominciato a percepire la pensione legale di vecchiaia, sicché quest'ultimo godeva contemporaneamente delle due prestazioni nella loro totalità. I provvedimenti legislativi adottati dopo il 1986 erano intesi a limitare il versamento del REA alle sole persone che si trovassero ancora in età lavorativa.

13 L'ultima modifica di rilievo è consistita nell'introdurre un «retirement allowance» (assegno di collocamento a riposo; in prosieguo: il «RA») che ha sostituito il REA per le persone che hanno raggiunto l'età di pensionamento («pensionable age») e che hanno lasciato qualsiasi tipo di impiego regolare. L'ammontare di tale assegno corrisponde al 25% dell'ultimo importo settimanale del REA cui il beneficiario interessato avrebbe avuto diritto. Tale assegno è diretto a compensare la riduzione del diritto a pensione risultante dalla diminuzione del reddito dovuta ad un infortunio sul lavoro o ad una malattia professionale.

14 Si deve aggiungere che nel Regno Unito l'età pensionabile è di 65 anni per gli uomini e di 60 per le donne. Fino al 1_ ottobre 1989 il godimento della pensione era subordinato al raggiungimento dell'età in cui si poteva far valere il diritto a pensione, al versamento di un minimo di contributi e all'«abbandono di un impiego regolare».

15 Dal 1_ ottobre 1989 le norme che disciplinano le condizioni cui è subordinato il diritto alla pensione sono state modificate nel senso che quest'ultima è ormai versata anche a coloro che, pur avendo raggiunto l'età pensionabile, non hanno lasciato un impiego regolare.

Le cause principali e le questioni pregiudiziali

16 Tanto le signore Hepple, Spencer e Stec quanto i signori Kimber e Lunn contestano, sotto aspetti differenti, gli effetti che le successive modifiche legislative del regime de quo comportano nei loro confronti.

17 Essi fanno essenzialmente valere che l'importo dell'assegno loro versato da quando hanno raggiunto l'età legale di pensionamento - eventualmente il REA o il RA - è inferiore a quello percepito da una persona di sesso opposto che si trovi in una situazione analoga.

18 Nutrendo dubbi sulla compatibilità della normativa nazionale con la direttiva, il Social Security Commissioner ha deciso di sospendere i procedimenti e di sottoporre alla Corte le tre questioni pregiudiziali seguenti:

«1) Se l'art. 7 della direttiva del Consiglio 79/7/CEE consenta ad uno Stato membro di subordinare a requisiti di età differenziati, collegati ai diversi limiti di età previsti per il collocamento a riposo degli uomini e delle donne in forza di un regime di pensioni di vecchiaia legale, il diritto ad una prestazione come l'assegno per riduzione del reddito (REA), il quale viene versato nell'ambito di un regime di assicurazione infortuni sul lavoro e malattie professionali legale, così da dar vita, nell'ambito di tale regime, a pagamenti settimanali in contanti differenti per uomini e donne che si trovano in condizioni altrimenti simili, segnatamente quando tale disparità di trattamento:

a) non è resa necessaria da nessuna ragione finanziaria attinente all'uno o all'altro regime; e,

b) in precedenza sconosciuta, viene introdotta per la prima volta molti anni dopo l'istituzione dei due regimi nonché dopo il 23 dicembre 1984, data ultima per la piena attuazione della direttiva ai sensi dell'art. 8 della stessa.

2) In caso di soluzione positiva della prima questione, quali siano gli elementi da prendere in considerazione per determinare se requisiti di età differenziati come quelli introdotti in Gran Bretagna dal 1988/1989 ai fini dell'assegno per riduzione del reddito siano necessari per assicurare la coerenza tra i regimi oppure rientrino tra le esclusioni autorizzate ai sensi dell'art. 7.

3) Se, nel caso in cui tali requisiti di età differenziati non rientrino tra le esclusioni autorizzate ai sensi dell'art. 7, la dottrina dell'effetto diretto imponga al giudice nazionale (in mancanza di una normativa nazionale conforme alla direttiva) di rimediare alla disparità di trattamento accordando a ciascuna delle persone interessate una somma aggiuntiva per ogni settimana in cui l'assegno versatole a norma del regime di assicurazione infortuni sul lavoro e malattie professionali sia inferiore a quello di cui gode una persona dell'altro sesso che si trovi in condizioni altrimenti simili (la "persona di riferimento"), senza tener conto:

a) di alcun vantaggio inverso derivante alla persona interessata dal fatto di percepire, in altre settimane, un assegno superiore a quello percepito dalla "persona di riferimento"; e/o

b) dell'esistenza o dell'esercizio, ai sensi del regime pensionistico, di possibilità, differenziate a seconda del sesso, di scelta dell'inizio dell'età pensionabile, le quali, insieme ai requisiti differenziati previsti dal regime di assicurazione infortuni sul lavoro e malattie professionali, possano dar luogo a pagamenti settimanali modificati (e differenziati) in forza del detto regime: a vantaggio dell'interessato in talune settimane, a vantaggio della "persona di riferimento" in altre.

O se invece tali elementi debbano essere presi in considerazione e, in questo caso, quali siano i principi ad essi applicabili nel dare effetto diretto all'art. 4».

Sulle prime due questioni

19 Con le prime due questioni, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice remittente chiede in sostanza se la deroga prevista dall'art. 7, n. 1, lett. a), della direttiva vada intesa nel senso che si applica ad una prestazione che, come il REA, è stata introdotta nella normativa nazionale dopo la scadenza del termine di trasposizione della direttiva e prevede un limite d'età diverso a seconda del sesso.

20 In via preliminare occorre rilevare che la prestazione di cui trattasi nelle cause principali, consistente nel versamento di un assegno ai lavoratori dipendenti la cui retribuzione sia diminuita in conseguenza di un infortunio sul lavoro o di una malattia professionale, rientra nell'ambito di applicazione della direttiva. Inoltre, si deve constatare che tale prestazione non costituisce una pensione di vecchiaia, ma che eventualmente potrebbe essere considerata, ai sensi dell'art. 7, n. 1, lett. a), della direttiva, come una prestazione rispetto alla quale la fissazione dell'età pensionabile potrebbe avere conseguenze.

21 Occorre pertanto accertare se la direttiva vieti agli Stati membri, che hanno fissato un'età pensionabile diversa a seconda del sesso, di adottare nuovi provvedimenti discriminatori dopo lo scadere del termine di trasposizione della direttiva stessa.

22 Stando alle signore Hepple, Stec e Spencer, ai signori Kimber e Lunn e alla Commissione, tale uso della deroga di cui all'art. 7, n. 1, lett. a), della direttiva sarebbe in contrasto con la finalità di tale direttiva, la quale è diretta ad assicurare la graduale attuazione del principio di parità di trattamento tra gli uomini e le donne in materia di sicurezza sociale. Essi rilevano peraltro che al punto 9 della sentenza 30 marzo 1993, causa C-328/91, Thomas e a. (Racc. pag. I-1247), la Corte ha dichiarato che con l'art. 7, n. 1, lett. a), della direttiva il legislatore comunitario ha intesto autorizzare gli Stati membri a mantenere temporaneamente, in materia di pensioni, i benefici riconosciuti alle donne, al fine di consentire ai detti Stati di procedere gradualmente alla modifica dei regimi pensionistici.

23 A tal riguardo occorre precisare che il mantenimento temporaneo di un'età pensionabile differente a seconda del sesso può richiedere la successiva emanazione, dopo lo scadere del termine di trasposizione della direttiva, di provvedimenti inscindibili da tale regime derogatorio nonché la modifica di tali provvedimenti.

24 Infatti, vietare a uno Stato membro che ha fissato un'età pensionabile diversa per gli uomini e per le donne di adottare o modificare, dopo lo scadere del termine di trasposizione, provvedimenti connessi a tale differenza di età equivarrebbe a vanificare la deroga prevista dall'art. 7, n. 1, lett. a), della direttiva.

25 Secondo una giurisprudenza consolidata, nel caso in cui a norma dell'art. 7, n. 1, lett. a), della direttiva uno Stato membro preveda, per la concessione delle pensioni di vecchiaia e di fine lavoro, un'età diversa per gli uomini e per le donne, l'ambito della deroga consentita, definito con l'espressione «conseguenze che possono derivarne per altre prestazioni», che compare all'art. 7, n. 1, lett. a), è limitato alle discriminazioni esistenti negli altri regimi di prestazioni che siano necessariamente ed oggettivamente collegate a tale differenza di età (v., in particolare, sentenza Thomas e a., citata, punto 20, nonché sentenze 11 agosto 1995, causa C-92/94, Graham e a., Racc. pag. I-2521, punto 11, e 30 gennaio 1997, causa C-139/95, Balestra, Racc. pag. I-549, punto 33).

26 Ciò avviene se le dette discriminazioni sono oggettivamente necessarie per evitare di compromettere l'equilibrio finanziario del sistema previdenziale o per garantire la coerenza tra il regime delle pensioni di vecchiaia e quello delle altre prestazioni (v. citate sentenze Thomas e a., punto 12, Graham e a., punto 12, e Balestra, punto 35).

27 Per quanto riguarda, in primo luogo, la condizione relativa alla preservazione dell'equilibrio finanziario del sistema previdenziale, occorre anzitutto ricordare che la Corte ha già dichiarato che la concessione di prestazioni rientranti in regimi non contributivi a persone vittime di taluni rischi, indipendentemente dal diritto di dette persone ad una pensione di vecchiaia in forza dei periodi contributivi maturati, non esercita influenza diretta sull'equilibrio finanziario dei regimi contributivi di pensione (v. sentenza Thomas e a., citata, punto 14).

28 Occorre poi rilevare che l'argomento secondo cui il principio dell'equilibrio finanziario potrebbe essere applicato a prestazioni non contributive, come quelle di cui trattasi nelle cause principali, non è stato invocato nelle osservazioni depositate dinanzi alla Corte, anzi, il governo del Regno Unito ha escluso esplicitamente tale possibilità.

29 Occorre pertanto constatare che la soppressione della detta discriminazione nelle cause principali non può incidere sull'equilibrio finanziario del sistema previdenziale del Regno Unito nel suo complesso.

30 Per quanto riguarda, in secondo luogo, la coerenza tra il regime delle pensioni di vecchiaia e il regime delle altre prestazioni, si deve accertare se il limite di età diverso a seconda del sesso, previsto per la prestazione di cui trattasi nelle cause principali, sia oggettivamente necessario.

31 A tale riguardo occorre constatare che l'obiettivo principale delle varie riforme legislative menzionate ai punti 12 e 13 della presente sentenza è stato quello di sopprimere la corresponsione del REA - che è un assegno destinato a compensare la diminuzione di salario conseguente a un infortunio sul lavoro o ad una malattia professionale - alle persone non più in età lavorativa, imponendo condizioni restrittive fondate sull'età pensionabile legale.

32 Così, in seguito a tali riforme legislative, esiste una coerenza tra il regime del REA, che è diretto a compensare la diminuzione del reddito da attività lavorativa, e il regime della pensione di vecchiaia. Ne discende che la normativa di cui trattasi nelle cause principali è oggettivamente necessario per preservare tale coerenza.

33 Tale constatazione non è messa in discussione dal fatto che il REA venga sostituito, quando il beneficiario raggiunge l'età della pensione e smette di lavorare, dal RA, il cui ammontare è fissato al 25% del REA, giacché il RA è diretto a compensare la riduzione del diritto a pensione dovuta alla diminuzione del salario in seguito a un infortunio sul lavoro o ad una malattia professionale.

34 Tenuto conto di quanto precede, si deve concludere che una discriminazione come quella di cui trattasi nelle cause principali è oggettivamente e necessariamente connessa alla differenza tra l'età pensionabile degli uomini e quella delle donne, sicché essa rientra nella deroga prevista dall'art. 7, n. 1, lett. a), della direttiva.

35 Occorre pertanto risolvere le prime due questioni nel senso che la deroga prevista dall'art. 7, n. 1, lett. a), della direttiva va intesa nel senso che si applica ad una prestazione che, come il REA, è stata introdotta nella normativa nazionale dopo la scadenza del termine di trasposizione della direttiva e prevede un limite d'età diverso a seconda del sesso.

Sulla terza questione

36 Vista la soluzione data alle prime due questioni, non occorre esaminare la terza questione.

Decisione relativa alle spese


Sulle spese

37 Le spese sostenute dal governo del Regno Unito e dalla Commissione, che hanno presentato osservazioni alla Corte, non possono dar luogo a rifusione. Nei confronti delle parti nelle cause principali il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese.

Dispositivo


Per questi motivi,

LA CORTE,

pronunciandosi sulle questioni sottopostele dal Social Security Commissioner con ordinanza 8 maggio 1998, dichiara:

La deroga prevista dall'art. 7, n. 1, lett. a), della direttiva del Consiglio 19 dicembre 1978, 79/7/CEE, relativa alla graduale attuazione del principio di parità di trattamento tra gli uomini e le donne in materia di sicurezza sociale, va intesa nel senso che si applica ad una prestazione, come il «reduced earnings allowance» di cui trattasi nelle cause principali, che è stata introdotta nella normativa nazionale dopo la scadenza del termine di trasposizione della direttiva e prevede un limite d'età diverso a seconda del sesso.