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61999J0294

Sentenza della Corte (Quinta Sezione) del 4 ottobre 2001. - Athinaïki Zythopoiia AE contro Elleniko Dimosio. - Domanda di pronuncia pregiudiziale: Dioikitiko Protodikeio Athinon - Grecia. - Imposta sugli utili delle società - Società capogruppo e consociate - Direttiva 90/435/CEE - Nozione di ritenuta alla fonte. - Causa C-294/99.

raccolta della giurisprudenza 2001 pagina I-06797


Massima
Parti
Motivazione della sentenza
Decisione relativa alle spese
Dispositivo

Parole chiave


Ravvicinamento delle legislazioni - Regime fiscale comune applicabile alle società capogruppo e consociate di Stati membri diversi - Direttiva 90/435 - Esenzione, nello Stato membro della consociata, dalla ritenuta alla fonte degli utili distribuiti alla società capogruppo - Ritenuta alla fonte - Nozione - Caso di specie

(Direttiva del Consiglio 90/435/CEE, art. 5, n. 1)

Massima


$$Si configura una ritenuta alla fonte, ai sensi dell'art. 5, n. 1, della direttiva 90/435, concernente il regime fiscale comune applicabile alle società madri e figlie di Stati membri diversi, il quale prevede l'esenzione dalla ritenuta alla fonte degli utili distribuiti da una consociata alla sua capogruppo che detiene una partecipazione minima del 25% nel capitale della consociata, qualora una disposizione di legge nazionale preveda - in caso di distribuzione di utili da parte di una consociata (società per azioni o società analoga) alla società capogruppo - che, per determinare il reddito imponibile della consociata, siano reincorporati nella base imponibile gli utili netti complessivi realizzati da quest'ultima, compresi i redditi assoggettati ad imposizione speciale comportante estinzione del debito fiscale nonché i redditi non imponibili, mentre i redditi rientranti in tali due categorie non sarebbero imponibili, in base alla legge nazionale, se fossero rimasti presso la consociata e non fossero stati distribuiti alla capogruppo.

Infatti, tale imposizione ha come fatto generatore il versamento di dividendi ed è in rapporto diretto con l'entità della distribuzione operata.

( v. punti 28, 33 e dispositivo )

Parti


Nel procedimento C-294/99,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, a norma dell'art. 234 CE, dal Dioikitiko Protodikeio Athinon (Grecia) nella causa dinanzi ad esso pendente tra

Athinaïki Zythopoiia AE

e

Stato ellenico,

domanda vertente sull'interpretazione dell'art. 5, n. 1, della direttiva del Consiglio 23 luglio 1990, 90/435/CEE, concernente il regime fiscale comune applicabile alle società madri e figlie di Stati membri diversi (GU L 225, pag. 6),

LA CORTE (Quinta Sezione),

composta dai sigg. A. La Pergola, presidente di sezione, M. Wathelet (relatore), D.A.O. Edward, P. Jann e L. Sevón, giudici,

avvocato generale: S. Alber

cancelliere: sig.ra L. Hewlett, amministratore

viste le osservazioni scritte presentate:

- per la Athinaïki Zythopoiia AE, dagli avv.ti I. Stavropoulos e N. Skandamis, dikigoroi;

- per il governo ellenico, dalle sig.re G. Alexaki e K. Grigoriou, in qualità di agenti;

- per la Commissione delle Comunità europee, dalle sig.re H. Michard e M. Patakia, in qualità di agenti,

vista la relazione d'udienza,

sentite le osservazioni orali della Athinaïki Zythopoiia AE, rappresentata dagli avv.ti I. Stavropoulos e N. Skandamis, del governo ellenico, rappresentato dalla sig.ra Alexaki e dal sig. V. Kyriazopoulos, in qualità di agente, e della Commissione, rappresentata dalle sig.re H. Michard e M. Patakia, all'udienza del 28 marzo 2001,

sentite le conclusioni dell'avvocato generale, presentate all'udienza del 10 maggio 2001,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

Motivazione della sentenza


1 Con ordinanza 26 luglio 1999, pervenuta in cancelleria il 5 agosto successivo, il Dioikitiko Protodikeio Athinon (Tribunale amministrativo di primo grado di Atene) ha proposto a questa Corte, in applicazione dell'art. 234 CE, una questione pregiudiziale relativa all'interpretazione dell'art. 5, n. 1, della direttiva del Consiglio 23 luglio 1990, 90/435/CEE, concernente il regime fiscale comune applicabile alle società madri e figlie di Stati membri diversi (GU L 225, pag. 6; in prosieguo: la «direttiva»).

2 Tale questione è stata sollevata nell'ambito di un ricorso proposto dalla società Athinaïki Zythopoiia AE, ricorrente nella causa principale, contro il rigetto implicito, da parte del capo servizio riscossioni di Atene, dell'opposizione presentata da tale società in ordine all'assoggettamento ad imposta dei suoi redditi.

La direttiva

3 La direttiva costituisce uno dei tre strumenti adottati il 23 luglio 1990 al fine di eliminare taluni ostacoli fiscali ai raggruppamenti di società di Stati membri diversi. Gli altri strumenti sono la direttiva del Consiglio 90/434/CEE, relativa al regime fiscale comune da applicare alle fusioni, alle scissioni, ai conferimenti d'attivo ed agli scambi d'azioni concernenti società di Stati membri diversi (GU L 225, pag. 1) e la convenzione 90/436/CEE relativa all'eliminazione delle doppie imposizioni in caso di rettifica degli utili di imprese associate (GU L 225, pag. 10).

4 Ai sensi del suo primo considerando, la direttiva mira ad instaurare norme fiscali che siano neutre nei riguardi della concorrenza «al fine di permettere alle imprese di adeguarsi alle esigenze del mercato comune, di accrescere la loro produttività e di rafforzare la loro posizione concorrenziale sul piano internazionale». Conformemente al suo terzo considerando, essa cerca, in particolare, di eliminare gli svantaggi fiscali subiti dai gruppi di società di Stati membri diversi rispetto ai gruppi di società di uno stesso Stato membro.

5 La necessità della direttiva risulta dalla doppia imposizione a cui possono essere assoggettati gruppi di società stabiliti in più Stati.

6 Salvo un'esenzione particolare accordata dagli Stati vuoi unilateralmente, vuoi in forza di convenzioni bilaterali, gli utili realizzati da una consociata possono essere assoggettati ad imposta, nel contempo, nello Stato della consociata, in quanto redditi di esercizio di quest'ultima, e nello Stato della società capogruppo, in quanto dividendi.

7 Per evitare la frode e semplificare la riscossione dell'imposta sui dividendi, gli Stati ricorrono spesso alla tecnica della ritenuta alla fonte. In tale caso, la società che distribuisce dividendi deve trattenerne una parte, che essa versa alle autorità fiscali. L'ammontare così trattenuto sarà imputabile al debito fiscale globale degli azionisti residenti nello Stato in cui è stabilita tale società. Per contro, qualora vertano su dividendi distribuiti ad azionisti residenti in un altro Stato, le ritenute rappresentano la riscossione a carico di questi ultimi di un'imposta aggiuntiva da parte dello Stato in cui è stabilita la società e lo Stato di residenza di tali azionisti può non tenerne conto quando assoggetta ad imposta i loro redditi.

8 L'art. 1, n. 1, della direttiva, recita:

«Ogni Stato membro applica la presente direttiva:

- alla distribuzione degli utili percepita da società di questo Stato membro e provenienti dalle loro filiali di altri Stati membri;

- alla distribuzione degli utili effettuata da società di questo Stato a società di altri Stati membri di cui esse sono filiali».

9 L'art. 5, n. 1, della direttiva, che è la disposizione al centro della causa principale, dispone:

«Gli utili distribuiti da una società figlia alla sua società madre, almeno quando quest'ultima detiene una partecipazione minima del 25% nel capitale della società figlia, sono esenti dalla ritenuta alla fonte».

10 L'art. 7, n. 1, della direttiva precisa così la portata della nozione di «ritenuta alla fonte»:

«L'espressione "ritenuta alla fonte" utilizzata nella presente direttiva non comprende il pagamento anticipato o preliminare (ritenuta) dell'imposta sulle società allo Stato membro in cui ha sede la società figlia, effettuato in concomitanza con la distribuzione degli utili alla società madre».

11 L'art. 4, n. 1, della direttiva è del seguente tenore:

«Quando una società madre, in veste di socio, riceve dalla società figlia utili distribuiti in occasione diversa dalla liquidazione di quest'ultima, lo Stato della società madre:

- si astiene dal sottoporre tali utili a imposizione;

- o li sottopone a imposizione, autorizzando però detta società madre a dedurre dalla sua imposta la frazione dell'imposta pagata dalla società figlia a fronte dei suddetti utili e, eventualmente, l'importo della ritenuta alla fonte prelevata dallo Stato membro in cui è residente la società figlia in applicazione delle disposizioni derogatorie dell'articolo 5, nel limite dell'importo dell'imposta nazionale corrispondente».

12 L'art. 7, n. 2, della direttiva prevede:

«La presente direttiva lascia impregiudicata l'applicazione di disposizioni nazionali o convenzionali intese a sopprimere o ad attenuare la doppia imposizione economica dei dividendi, in particolare delle disposizioni relative al pagamento di crediti di imposta ai beneficiari dei dividendi».

La normativa nazionale

13 Ai sensi dell'art. 99, n. 1, della legge ellenica n. 2238/94 relativa al codice dell'imposta sul reddito (in prosieguo: il «codice dell'imposta sul reddito»):

«E' soggetto all'imposta:

a) per le società per azioni nazionali, (...) il reddito o l'utile netto complessivo acquisito in Grecia o all'estero. Gli utili distribuiti corrispondono agli utili residui dopo la deduzione dell'imposta sul reddito corrispondente (...).

Per determinare la frazione degli utili corrispondenti ai redditi non imponibili o ai redditi soggetti ad imposizione speciale comportante l'estinzione del debito d'imposta, gli utili netti complessivi sono ripartiti in proporzione all'importo dei redditi imponibili e a quello dei redditi non imponibili o dei redditi soggetti ad imposizione speciale comportante l'estinzione del debito fiscale. Inoltre, in caso di distribuzione di utili, si aggiunge ai redditi imponibili così ottenuti la quota dei redditi non imponibili o dei redditi soggetti a imposizione speciale comportante l'estinzione del debito fiscale che corrisponde agli utili distribuiti, in qualsiasi forma, dopo aver trasformato questo importo in un importo lordo aggiungendovi l'imposta corrispondente.

(...)».

14 L'art. 106 del codice dell'imposta sul reddito, i cui nn. 2 e 3 sono considerati come incompatibili con la direttiva dalla ricorrente nella causa principale, recita:

«1. Quando fra i redditi delle persone giuridiche (...) figurano dividendi o utili derivanti da partecipazioni in altre società, i cui utili siano stati tassati ai sensi delle disposizioni del presente articolo o dell'art. 10, tali redditi sono detratti dagli utili netti complessivi per il calcolo degli utili imponibili della persona giuridica. Tuttavia, nel caso in cui gli utili netti di una società (...) nazionale (...) comprendano, oltre ai dividendi e agli utili derivanti da partecipazioni in altre società, di cui si è già detto, anche redditi soggetti ad imposizioni speciali comportanti l'estinzione del debito fiscale, o redditi non imponibili, ed inoltre abbia avuto luogo una distribuzione degli utili [il corsivo è mio], per la determinazione degli utili distribuiti corrispondenti ai redditi considerati ai nn. 2 e 3 del presente articolo, si prendono in considerazione gli utili netti complessivi risultanti dai bilanci di tali persone giuridiche.

2. Qualora, negli utili netti che risultano dai bilanci di (...) società per azioni nazionali (...) figurino anche redditi non imponibili, per determinare gli utili imponibili della persona giuridica si aggiunge a tali redditi la quota dei redditi non imponibili che corrisponde agli utili distribuiti, sotto qualsiasi forma, dopo aver trasformato tale importo lordo in un importo lordo aggiungendovi l'imposta corrispondente (...).

3. Le disposizioni del numero precedente si applicano anche alla distribuzione di utili da parte di (...) società per azioni nazionali (...) i cui utili comprendano anche utili accertati o assoggettati ad imposizione speciale a loro nome».

15 Discende dagli artt. 99 e 106 del codice dell'imposta sul reddito che, qualora una società per azioni di diritto ellenico che disponga, tra i suoi redditi lordi, di redditi non imponibili o di redditi soggetti ad imposizione speciale, vale a dire ad imposizione ridotta, distribuisca utili, questi ultimi si considerano provenienti proporzionalmente da tali redditi. Di conseguenza, per determinare la base imponibile, i redditi non imponibili e i redditi soggetti ad imposizione speciale sono reincorporati nella base imponibile sino a debita concorrenza, dopo essere stati convertiti in importi lordi.

La convenzione relativa alla doppia imposizione stipulata tra la Repubblica ellenica ed il Regno dei Paesi Bassi

16 La Repubblica ellenica e il Regno dei Paesi Bassi hanno firmato ad Atene, il 16 luglio 1981, una convenzione relativa alla doppia imposizione. L'art. 10, nn. 1 e 2, di tale convenzione è del seguente tenore:

«1. I dividendi corrisposti da una società stabilita in uno degli Stati contraenti ad un residente dell'altro Stato sono imponibili in tale altro Stato.

2. Tuttavia, tali dividendi sono imponibili anche nello Stato in cui ha sede la società che li versa, conformemente alla legislazione di tale Stato, fermo restando che, qualora il destinatario sia il beneficiario, l'imposizione non deve eccedere:

a) (...)

b) per quanto riguarda i dividendi versati da una società stabilita in Grecia ad un residente nei Paesi Bassi: il 35% dell'ammontare lordo dei dividendi».

La controversia nella causa principale e la questione pregiudiziale

17 La ricorrente nella causa principale è una società per azioni di diritto ellenico che ha come oggetto principale la produzione ed il commercio di prodotti di birreria. La società olandese Amstel International partecipa al suo capitale sociale nella misura del 92,17%.

18 Il giudice a quo precisa che la ricorrente nella causa principale, nella sua dichiarazione relativa all'esercizio fiscale 1996, ha denunciato un ammontare dell'imposta sul reddito di GRD 7 026 210 797. Tale importo comprendeva una somma di GRD 794 291 553, che si riferiva a redditi non imponibili e a redditi soggetti ad imposizione speciale, in applicazione dell'art. 106, nn. 2 e 3, del codice dell'imposta sul reddito.

19 Su questo totale di imposte aggiuntive di GRD 794 291 553, la ricorrente nella causa principale reclamava il rimborso di GRD 738 384 406. A sostegno di tale opposizione, essa faceva valere che l'art. 106, nn. 2 e 3, del codice dell'imposta sul reddito prevede un tipo di imposizione che, per il solo fatto di essere collegato alla distribuzione di utili, costituisce una ritenuta alla fonte vietata dall'art. 5, n. 1, della direttiva.

20 Poiché il capo del servizio riscossioni di Atene incaricato delle società per azioni non rispondeva entro il termine di legge di tre mesi, tale opposizione si considera respinta implicitamente.

21 La ricorrente nella causa principale ha pertanto proposto, dinanzi al Dioikitiko Protodikeio Athinon, un ricorso diretto a veder annullare il rigetto implicito della sua opposizione e ad ottenere il rimborso di un importo di GRD 738 384 406.

22 Di conseguenza, il Dioikitiko Protodikeio Athinon ha sospeso il giudizio sottoponendo alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se si configuri una "ritenuta alla fonte", ai sensi dell'art. 5, n. 1, della direttiva del Consiglio 23 luglio 1990, 90/435/CEE, qualora una normativa nazionale preveda, nel caso di distribuzione di utili da parte di una consociata (società per azioni o società analoga) alla società capogruppo, che per la determinazione del reddito imponibile della consociata si prendano in considerazione gli utili netti complessivi della stessa, inclusi i redditi assoggettati ad imposizione speciale comportante estinzione del debito fiscale nonché i redditi non imponibili, mentre i redditi rientranti nelle due suddette categorie non sarebbero imponibili, in base alla legge nazionale, se fossero rimasti presso la consociata e non fossero stati distribuiti alla capogruppo».

Sulla questione pregiudiziale

23 Il governo ellenico fa valere che il solo obiettivo della direttiva è quello di evitare la doppia imposizione. La direttiva non prevederebbe esenzioni d'imposta. L'art. 4 della direttiva presupporrebbe, infatti, un assoggettamento ad imposta della consociata e l'art. 5, n. 1, della direttiva escluderebbe la ritenuta alla fonte solo al momento della distribuzione degli utili.

24 A questo proposito, il governo ellenico sostiene che le disposizioni controverse nella causa principale non corrispondono ad una ritenuta alla fonte, ma rientrano nell'ambito dell'assoggettamento ad imposta del reddito della consociata. La modalità di tassazione degli utili distribuiti prevista all'art. 106, nn. 2 e 3 del codice dell'imposta sul reddito non avrebbe alcuna relazione, infatti, con la ritenuta alla fonte vietata dalla direttiva. Poco importerebbe che il versamento dell'imposta avvenga al momento della distribuzione degli utili alla società capogruppo, dato che tali utili sono assoggettati ad imposta a nome della consociata.

25 Preliminarmente, occorre ricordare che la direttiva, come risulta in particolare dal terzo considerando della stessa, mira ad eliminare, instaurando un regime fiscale comune, qualsiasi penalizzazione della cooperazione tra società di Stati membri diversi rispetto alla cooperazione tra società di uno stesso Stato membro ed a facilitare così il raggruppamento di società su scala comunitaria. Al fine di evitare la doppia imposizione, l'art. 5, n. 1, della direttiva prevede l'esenzione dalla ritenuta alla fonte nello Stato della consociata al momento della distribuzione degli utili (sentenza 17 ottobre 1996, cause riunite C-286/94, C-291/94 e C-292/94, Denkavit e a., Racc. pag. I-5063, punto 22).

26 Per valutare se l'imposizione sugli utili distribuiti in base alla normativa ellenica controversa nella causa principale ricada nell'art. 5, n. 1, della direttiva, occorre, da una parte, riferirsi alla lettera di tale disposizione e constatare che i termini «ritenuta alla fonte» che vi compaiono non sono limitati a taluni tipi di tributi nazionali precisi (v. sentenza 8 giugno 2000, causa C-375/98, Epson Europe, Racc. pag. I-4243, punto 22).

27 D'altra parte, occorre rilevare che, secondo una giurisprudenza costante, la qualificazione di un'imposta, tassa, dazio o prelievo alla luce del diritto comunitario dev'essere compiuta dalla Corte sulla scorta delle caratteristiche oggettive dell'imposta, indipendentemente dalla qualificazione che le viene attribuita nel diritto nazionale (v., in particolare, sentenza 13 febbraio 1996, cause riunite C-197/94 e C-252/94, Bautiaa e Société française maritime, Racc. pag. I-505, punto 39).

28 Risulta dall'ordinanza di rinvio e dalle osservazioni presentate in applicazione dell'art. 20 dello Statuto CE della Corte di giustizia che il tributo controverso nella causa principale, descritto ai punti da 13 a 15 della presente sentenza, ha come fatto generatore il versamento di dividendi. Inoltre, il tributo è in rapporto diretto con l'entità della distribuzione operata.

29 Contrariamente a quanto sostiene il governo ellenico, esso non può essere equiparato ad un pagamento anticipato o preliminare (ritenuta) dell'imposta sulle società allo Stato membro in cui ha sede la società figlia, effettuato in concomitanza con la distribuzione degli utili alla società madre, ai sensi dell'art. 7, n. 1, della direttiva. Il tributo controverso nella causa principale verte, infatti, su redditi assoggettati ad imposta solo in caso di distribuzione di dividendi ed entro i limiti dei dividendi versati. Prova ne è che, come hanno sottolineato la ricorrente nella causa principale e la Commissione, la consociata non può compensare l'ampliamento della sua base imponibile provocato, conformemente all'art. 106, nn. 2 e 3, del codice dell'imposta sul reddito, dalla distribuzione di utili con un reddito negativo da essa eventualmente registrato nel corso di esercizi anteriori, contrariamente al principio fiscale del riporto delle perdite che è tuttavia sancito dal diritto ellenico.

30 Il governo ellenico fa valere altresì la convenzione relativa alla doppia imposizione stipulata dalla Repubblica ellenica e dal Regno dei Paesi Bassi per giustificare l'imposizione in Grecia dei dividendi risultanti dalla partecipazione di società straniere in società elleniche. A suo parere, una siffatta convenzione è autorizzata dall'art. 7, n. 2, della direttiva.

31 Basta rilevare al riguardo che, ben lungi dal sopprimere o dall'attenuare la doppia imposizione di dividendi, come consentirebbe l'art. 7, n. 2, della direttiva, la convenzione tra la Repubblica ellenica ed il Regno dei Paesi Bassi crea una doppia imposizione del genere. Da una parte, l'art. 10, n. 1, di tale convenzione autorizza lo Stato di residenza dell'azionista ad assoggettare ad imposta i dividendi distribuiti. D'altra parte, l'art. 10, n. 2, della detta convenzione autorizza lo Stato della sede della società erogatrice ad assoggettarli ad imposta anch'esso, ad un'aliquota che non può tuttavia eccedere il 35% per quanto riguarda i dividendi versati da una società stabilita in Grecia ad un'azionista residente nei Paesi Bassi.

32 Per il resto, qualora la deroga di cui all'art. 7, n. 2, della direttiva non sia applicabile, i diritti attribuiti agli operatori economici dall'art. 5, n. 1, della direttiva sono assoluti e uno Stato membro non può far dipendere la loro osservanza da una convenzione conclusa con un altro Stato membro (v., in questo senso, sentenza 28 gennaio 1986, causa 270/83, Commissione/Francia, Racc. pag. 273, punto 26).

33 Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, si deve risolvere la questione sollevata dal giudice a quo nel senso che si configura una ritenuta alla fonte, ai sensi dell'art. 5, n. 1, della direttiva, qualora una disposizione di legge nazionale preveda, in caso di distribuzione di utili da parte di una consociata (società per azioni o società analoga) alla società capogruppo, che, per determinare il reddito imponibile della consociata, debbono essere reincorporati nella base imponibile gli utili netti complessivi realizzati da quest'ultima, compresi i redditi assoggettati ad imposizione speciale comportante estinzione del debito fiscale nonché i redditi non imponibili, mentre i redditi rientranti in tali due categorie non sarebbero imponibili, in base alla legge nazionale, se fossero rimasti presso la consociata e non fossero stati distribuiti alla capogruppo.

Sugli effetti della presente sentenza nel tempo

34 Nel corso della trattazione orale, il rappresentante del governo ellenico ha chiesto che, nell'ipotesi in cui sia accertato che il diritto comunitario osta ad un tributo del tipo di quello controverso nella causa principale, la Corte limiti gli effetti della sua sentenza nel tempo. Esso ha fatto valere, a tal fine, il notevole esborso che sarebbe determinato dalla restituzione delle imposte indebitamente riscosse.

35 Occorre ricordare in proposito che, per giurisprudenza costante, l'interpretazione di una norma di diritto comunitario data dalla Corte nell'esercizio della competenza ad essa attribuita dall'art. 234 CE chiarisce e precisa, quando ve ne sia bisogno, il significato e la portata della norma, quale deve, o avrebbe dovuto, essere intesa ed applicata dal momento della sua entrata in vigore. Ne risulta che la norma così interpretata può, e deve, essere applicata dal giudice anche a rapporti giuridici sorti e costituiti prima della sentenza interpretativa se, per il resto, sono soddisfatte le condizioni che permettono di portare alla cognizione dei giudici competenti una controversia relativa all'applicazione di detta norma (v. sentenze 27 marzo 1980, causa 61/79, Denkavit italiana, Racc. pag. 1205, punto 16, e Bautiaa e Société française maritime, citata, punto 47).

36 Sulla scorta di detti principi, la limitazione degli effetti di una sentenza interpretativa deve rimanere assolutamente eccezionale. La Corte, infatti, ha fatto ricorso a tale soluzione soltanto in presenza di circostanze ben precise, quando vi era il rischio di gravi ripercussioni economiche, dovute in particolare all'elevato numero di rapporti giuridici costituiti in buona fede sulla base di una normativa ritenuta validamente vigente, e quando risultava che tanto i singoli quanto le autorità nazionali erano stati indotti ad un comportamento non conforme alla normativa comunitaria in ragione di una obiettiva e rilevante incertezza in ordine alla portata delle disposizioni comunitarie, incertezza cui avevano eventualmente contribuito gli stessi comportamenti tenuti da altri Stati membri o dalla Commissione (v. citata sentenza Bautiaa e Société française maritime, punto 48).

37 Nella presente causa, non v'è alcun elemento che possa giustificare una deroga al principio secondo cui gli effetti di una sentenza interpretativa risalgono alla data di entrata in vigore della norma interpretata.

38 In primo luogo, il governo ellenico non ha dimostrato che, all'epoca in cui le disposizioni nazionali che prevedevano il tributo controverso nella causa principale sono state adottate, si potesse ragionevolmente supporre che il diritto comunitario consentisse un tributo del genere.

39 In secondo luogo, l'argomento relativo all'entità del pregiudizio finanziario che il governo ellenico dovrebbe subire non può essere accolto. Le conseguenze finanziarie che potrebbero derivare ad un governo dall'illegittimità di una tassa o di un'imposta non hanno mai giustificato, di per sé, la limitazione degli effetti di una sentenza della Corte. Del resto, se così non fosse, le violazioni di maggiore gravità sarebbero trattate più favorevolmente dal momento che sono queste che possono comportare le implicazioni finanziarie di maggiore rilevanza per gli Stati membri (v. sentenza 11 agosto 1995, cause riunite da C-367/93 a C-377/93, Racc. pag. I-2229, punto 48). Inoltre, limitare gli effetti di una sentenza fondandosi soltanto su considerazioni di questa natura porterebbe ad una sostanziale riduzione della tutela giurisdizionale dei diritti che i contribuenti traggono dalla normativa fiscale comunitaria (v. citata sentenza Bautiaa e Société française maritime, punto 55).

40 Di conseguenza, non si debbono limitare nel tempo gli effetti della presente sentenza.

Decisione relativa alle spese


Sulle spese

41 Le spese sostenute dal governo ellenico e dalla Commissione, che hanno presentato osservazioni alla Corte, non possono dar luogo a rifusione. Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese.

Dispositivo


Per questi motivi,

LA CORTE (Quinta Sezione),

pronunciandosi sulla questione sottopostale dal Dioikitiko Protodikeio Athinon con ordinanza 26 luglio 1999, dichiara:

Si configura una ritenuta alla fonte, ai sensi dell'art. 5, n. 1, della direttiva del Consiglio 23 luglio 1990, 90/435/CEE, concernente il regime fiscale comune applicabile alle società madri e figlie di Stati membri diversi, qualora una disposizione di legge nazionale preveda, in caso di distribuzione di utili da parte di una consociata (società per azioni o società analoga) alla società capogruppo, che, per determinare il reddito imponibile della consociata, debbono essere reincorporati nella base imponibile gli utili netti complessivi realizzati da quest'ultima, compresi i redditi assoggettati ad imposizione speciale comportante estinzione del debito fiscale nonché i redditi non imponibili, mentre i redditi rientranti in tali due categorie non sarebbero imponibili, in base alla legge nazionale, se fossero rimasti presso la consociata e non fossero stati distribuiti alla capogruppo.