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62000C0324

Conclusioni dell'avvocato generale Mischo del 26settembre2002. - Lankhorst-Hohorst GmbH contro Finanzamt Steinfurt. - Domanda di pronuncia pregiudiziale: Finanzgericht Münster - Germania. - Libertà di stabilimento - Legislazione fiscale - Imposta sulle società - Distribuzione dissimulata di utili - Credito d'imposta - Coerenza del sistema fiscale - Evasione fiscale. - Causa C-324/00.

raccolta della giurisprudenza 2002 pagina I-11779


Conclusioni dell avvocato generale


1 Il Finanzgericht Münster (Germania) chiede alla Corte d'interpretare l'art. 43 CE in una causa nella quale una società controllata stabilita in Germania si è vista riqualificare, in attuazione della legislazione fiscale tedesca, un rimborso di interessi alla sua società capogruppo con sede nei Paesi Bassi come distribuzione dissimulata di utili.

I - Contesto normativo nazionale

2 Il Körperschaftsteuergesetz (legge relativa all'imposta sulle società, in prosieguo: il «KStG»), nella versione vigente negli anni 1996-1998, prevede, all'art. 8 a, n. 1 (finanziamento da parte di soci), quanto segue:

«La remunerazione per il capitale esterno che una società di capitali soggetta ad obbligo fiscale illimitato ha ricevuto da un azionista non avente diritto al credito d'imposta, il quale partecipava in misura sostanziale al capitale in un dato momento dell'esercizio finanziario, è considerata distribuzione dissimulata di utili,

(...)

2. nel caso in cui sia stata convenuta una remunerazione riferita ad una percentuale del capitale e il capitale conferito, in un dato momento dell'esercizio finanziario, superi il triplo della partecipazione detenuta dal detto azionista, salvo che la società di capitali avrebbe potuto ottenere questo capitale esterno, in circostanze per il resto analoghe, anche da un terzo, o qualora si tratti di ottenere fondi per finanziare normali operazioni bancarie.

(...)».

3 Ai sensi dell'art. 51 del KStG:

«Esclusione dal beneficio del credito d'imposta e dalla compensazione dell'imposta sulle società

Se le entrate ai sensi dell'art. 20, n. 1, punti 1-3, o n. 2, punto 2, lett. a), non danno luogo ad un'imposizione dell'azionista, o se, in forza dell'art. 50, n. 1, punto 1 o 2, esse non sono comprese nella base imponibile, è escluso prevedere un credito d'imposta ed una compensazione dell'imposta sulle società ai sensi dell'art. 36, n. 2, punto 3 dell'Einkommensteuergesetz (legge relativa all'imposta sul reddito)».

II - Fatti

4 La Lankhorst-Hohorst GmbH (in prosieguo: la «Lankhorst-Hohorst»), società a responsabilità limitata di diritto tedesco con sede in Rheine (Germania), ha come oggetto sociale la vendita di equipaggiamenti navali, articoli per sport acquatici, articoli per il «fai da te» e il tempo libero, abiti per il tempo libero e da lavoro, oggetti decorativi nonché ferramenta e oggetti simili. Il suo capitale sociale è stato portato, nell'agosto 1996, a DEM 2 000 000.

5 Unica azionista della Lankhorst-Hohorst è la società Lankhorst-Hohorst BV (in prosieguo: la «LHBV») con sede in Sneek (Paesi Bassi). Unica azionista di quest'ultima è la società, anch'essa di diritto olandese, Lankhorst Taselaar BV (in prosieguo: la «LTBV») con sede in Lelystad (Paesi Bassi).

6 Con contratto 1_ dicembre 1996, la L.T.BV concedeva alla ricorrente nella causa principale un prestito di DEM 3 milioni, di cui era prevista la restituzione in dieci rate di DEM 300 000 l'anno, a partire dal 1_ ottobre 1998. Il tasso di interesse, variabile, ammontava sino alla fine del 1997 al 4,5%. Gli interessi andavano corrisposti alla fine dell'anno. Così, a titolo di interessi, venivano versati alla L.T.BV DEM 135 000 per il 1997, poi DEM 109 695 per il 1998.

7 Il prestito doveva intendersi assumere natura di capitale sostitutivo. Esso veniva provvisto di una «Patronatserklärung» (lettera di patronage) in base alla quale la L.T.BV avrebbe rinunciato alla restituzione del prestito se la ricorrente nella causa principale fosse stata escussa da terzi creditori.

8 Il prestito consentiva alla Lankhorst-Hohorst di ridurre il prestito bancario ottenuto presso la AMRO-Bank di Münster da DEM 3 702 453,59 a DEM 911 174, 70 e di diminuire così l'onere degli interessi che gravava su di essa.

9 Per gli anni 1996, 1997 e 1998, dal bilancio della ricorrente risultava un deficit non colmato con capitali propri. Esso ammontava a DEM 1 503 165 per l'esercizio 1998, con un risultato di DEM 428 321.

10 Negli accertamenti relativi all'imposta sulle società riguardanti gli esercizi 1997 e 1998, del 28 giugno 1999, l'amministrazione tributaria considerava gli interessi pagati alla L.T.BV come distribuzione di utili ai sensi dell'art. 8 a del KStG e applicava pertanto su di essi l'imposta del 30% (in forza dell'art. 27, n. 1, punto 3, del KStG).

11 Secondo il giudice del rinvio, l'eccezione prevista all'art. 8 a, n. 1, punto 2, del KStG, per il caso in cui la società di cui trattasi avesse potuto ottenere i capitali esterni anche da un terzo in condizioni analoghe, non poteva essere presa in considerazione. Visto l'eccessivo indebitamento della ricorrente e l'impossibilità di fornire garanzie, essa non avrebbe infatti potuto ottenere da terzi un prestito corrispondente (concesso senza garanzie e assistito da una lettera di patronage).

12 Con decisione 14 febbraio 2000 l'amministrazione tributaria respingeva, come infondata, l'opposizione della ricorrente agli accertamenti concernenti l'imposta sulle società.

13 A sostegno del proprio ricorso dinanzi al giudice del rinvio, la Lankhorst-Hohorst fa valere che la concessione del prestito sarebbe stata un tentativo di salvataggio da parte dell'azionista olandese e che gli interessi versati a quest'ultimo non potevano essere qualificati come distribuzione dissimulata di utili. Inoltre, essa sostiene che l'art. 8 a del KStG è discriminatorio, tenuto conto del trattamento riservato agli azionisti tedeschi che beneficiano del credito d'imposta (a differenza della LHBV e della LTBV, con sede nei Paesi Bassi) e, di conseguenza, contrario al diritto comunitario, segnatamente all'art. 43 CE.

14 La Lankhorst-Hohorst aggiunge che occorre prendere in considerazione la finalità dell'art. 8 a del KStG che è di impedire i casi di elusione dell'imposta dovuta sui fondi delle società di capitali. Ora, nel caso di specie, il prestito sarebbe stato concesso soltanto per ridurre al minimo i costi della Lankhorst-Hohorst e avrebbe comportato un notevole risparmio di interessi bancari. A tal riguardo, la ricorrente osserva che, prima della modifica del prestito bancario, gli interessi ammontavano quasi al doppio di quelli attualmente da pagare alla L.T.BV. Quindi, non si tratta del caso in cui un azionista, che non ha il diritto di detrarre l'imposta pagata dalle proprie controllate, cerchi di eludere l'imposta dovuta su una vera distribuzione di utili procurandosi il pagamento di interessi.

15 Il Finanzamt Steinfurt ammette che l'applicazione dell'art. 8 a del KStG può avere come risultato di peggiorare la situazione di società in crisi. Un'interpretazione diversa di tale disposizione, alla luce della sua finalità, sarebbe tuttavia impossibile considerata la chiarezza del suo testo. A tal riguardo, il giudice del rinvio riconosce anche che il testo di tale articolo non consente di concludere che, oltre agli elementi costitutivi richiesti, sarebbe necessaria una frode affinché esso possa applicarsi.

16 L'amministrazione tributaria ritiene che l'art. 8 a del KStG non sia contrario al principio comunitario di non discriminazione. Numerosi paesi si sarebbero dotati di disposizioni aventi un obiettivo analogo, in particolare in materia di abuso, riconnettendo importanza alla proporzione tra capitali propri e capitali esterni.

17 Il Finanzamt afferma che nella distinzione, di cui all'art. 8 a del KStG, tra persone aventi diritto al credito d'imposta e persone che non vi hanno diritto non vi è alcuna discriminazione dissimulata in base alla cittadinanza in quanto il combinato disposto degli artt. 51 e 5 (in materia di esenzione dall'imposta sulle società) del KStG escluderebbe anche numerose categorie di contribuenti tedeschi dal diritto al credito d'imposta.

18 Infine, il principio di unicità dell'imposizione nazionale e la coerenza del sistema fiscale tedesco legittimerebbero l'applicazione dell'art. 8 a del KStG nelle circostanze del caso di specie.

19 Il Finanzgericht Münster, facendo riferimento alla giurisprudenza della Corte (1), solleva dubbi quanto alla compatibilità dell'art. 8 a del KStG con l'art. 43 CE. A tal riguardo, esso ricorda che, secondo la giurisprudenza della Corte, si avvale del suo diritto di stabilimento il cittadino di uno Stato membro che detenga nel capitale di una società stabilita in un altro Stato membro una partecipazione tale da conferirgli una reale influenza sulle decisioni della società (2).

20 Secondo il giudice del rinvio, verrebbe violata la libertà di stabilimento nel caso in cui una controllata si veda sfavorita dal punto di vista fiscale solo per il fatto che il suo unico azionista, la società capogruppo, ha sede in un altro Stato membro rispetto alla controllata, senza che tale disparità si fondi su alcun'altra giustificazione oggettiva.

21 A tal riguardo, esso osserva che la norma di cui all'art. 8 a del KStG non fa riferimento in modo diretto alla cittadinanza, ma alla possibilità per il contribuente di beneficiare del credito d'imposta. Le persone giuridiche di diritto tedesco non aventi diritto al credito d'imposta sono essenzialmente, ai sensi del KStG, quelle che sono esentate dall'imposta sulle società, nonché i soci o gli azionisti stranieri che non detengono partecipazioni nel capitale di una società di capitali tedesca sotto forma di investimento interno.

22 Di conseguenza, un azionista con domicilio in un altro Stato membro sarebbe sistematicamente soggetto alla norma di cui all'art. 8 a del KStG, mentre, tra gli azionisti domiciliati in Germania, solo una categoria ben determinata di contribuenti sarebbe esentata dall'imposta sulle società e non avrebbe, di conseguenza, diritto al credito d'imposta (vale a dire, in generale, le persone giuridiche di diritto pubblico e quelle che svolgono un'attività economica in uno specifico settore, meritevoli di incentivazione). Tale ultima categoria di persone giuridiche non si troverebbe in una situazione paragonabile a quella della società capogruppo della ricorrente.

23 Riguardo alla giustificazione dell'art. 8 a del KStG, il giudice del rinvio osserva che le ragioni connesse alla coerenza del regime tributario possono essere fatte valere soltanto qualora sussista un nesso diretto tra agevolazione fiscale concessa, da un lato, e onere fiscale, dall'altro, per lo stesso contribuente (3). Nel caso di specie, non esisterebbe un nesso di tale genere.

III - Questione pregiudiziale

24 Tenuto conto di quanto precede, il Finanzgericht Münster, con ordinanza 21 agosto 2000, ha deciso di sospendere il giudizio e di sottoporre alla Corte, conformemente all'art. 234 CE, la questione pregiudiziale seguente:

«Se il principio della libertà di stabilimento dei cittadini di uno Stato membro nel territorio di un altro Stato membro ai sensi dell'art. 43 del Trattato 10 novembre 1997 che istituisce la Comunità europea vada interpretato nel senso che questo principio osta alla normativa nazionale di cui all'art. 8 a della legge relativa all'imposta sulle società (Körperschaftsteuergesetz)».

IV - Analisi

A - Sull'applicabilità dell'art. 43 CE nella fattispecie

25 In primo luogo, occorre esaminare se l'art. 43 CE si applichi ad un caso come quello della fattispecie.

26 La ricorrente nella causa principale fa valere che il regime istituito dall'art. 8 a, n. 1, punto 2, del KStG equivarrebbe, in sostanza, ad assoggettare ad imposta le società controllate in modo diverso a seconda che la loro società capogruppo sia residente o meno.

27 Tale questione è stata esaminata dalla Corte in maniera approfondita nella sentenza 8 marzo 2001, Metallgesellschaft e a. (4). La Corte si è pronunciata nei termini seguenti:

«37 Si deve ricordare anzitutto che, secondo una giurisprudenza costante, se è pur vero che la materia delle imposte dirette rientra nella competenza degli Stati membri, questi ultimi devono tuttavia esercitare tale competenza nel rispetto del diritto comunitario astenendosi da qualsiasi discriminazione basata sulla cittadinanza [sentenze 11 agosto 1995, causa C-80/94, Wielockx (Racc. pag. I-2493, punto 16); 27 giugno 1996, causa C-107/94, Asscher (Racc. pag. I-3089, punto 36); 29 aprile 1999, causa C-311/97, Royal Bank of Scotland (Racc. pag. I-2651, punto 19) e 13 aprile 2000, causa C-251/98, Baars (Racc. pag. I-2787, punto 17)].

(...)

41 L'art. 52 del Trattato [CE (divenuto, in seguito a modifica, art. 43 CE)] è una disposizione fondamentale del diritto comunitario ed è direttamente applicabile negli Stati membri fin dalla scadenza del periodo transitorio. In forza di questa disposizione, la libertà di stabilimento dei cittadini di uno Stato membro nel territorio di un altro Stato membro implica l'accesso alle attività subordinate e il loro esercizio, nonché la costituzione e la gestione di imprese secondo quanto stabiliscono le leggi del paese dove si trova la sede per i cittadini del medesimo. L'abolizione delle restrizioni alla libertà di stabilimento si estende alle restrizioni alla costituzione di agenzie, di succursali o di affiliate da parte dei cittadini di uno Stato membro stabiliti nel territorio di un altro Stato membro [sentenze 28 gennaio 1986, causa 270/83, Commissione/Francia (Racc. pag. 273, punto 13), e Royal Bank of Scotland, già citata, punto 22].

42 La libertà di stabilimento così definita comprende, ai sensi dell'art. 58 del Trattato, per le società costituite a norma delle leggi di uno Stato membro e che abbiano la sede sociale, l'amministrazione centrale o la sede principale nel territorio della Comunità, il diritto di svolgere la loro attività nello Stato membro di cui trattasi mediante una controllata, una succursale o un'agenzia [v. sentenze 16 luglio 1998, causa C-264/96, ICI (Racc. pag. I-4695, punto 20) e giurisprudenza ivi citata, e 21 settembre 1999, causa C-307/97, Saint-Gobain ZN (Racc. pag. I-6161, punto 35)]. Per le società è importante rilevare in questo contesto che la loro sede nel senso summenzionato serve a determinare, al pari della cittadinanza delle persone fisiche, il loro collegamento all'ordinamento giuridico di uno Stato (v. sentenze citate ICI, punto 20 e giurisprudenza ivi citata, e Saint-Gobain ZN, punto 36). Ammettere che lo Stato membro di stabilimento possa liberamente riservare un trattamento diverso per il solo fatto che la sede di una società si trova in un altro Stato membro svuoterebbe quindi di contenuto l'art. 52 del Trattato (sentenza Commissione/Francia, già citata, punto 18)».

28 In concreto, occorre quindi esaminare se, come avveniva nel caso nella sentenza Metallgesellschaft e a., citata (5), per le società controllate con sede nel Regno Unito, le controllate stabilite in Germania siano trattate in modo diverso a seconda che la loro società capogruppo abbia o meno la sua sede in Germania.

Sull'esistenza di una disparità di trattamento risultante dal criterio utilizzato dall'art. 8 a, n. 1, punto 2, del KStG

29 Risulta dalla lettura della disposizione controversa, vale a dire l'art. 8 a, n. 1, punto 2, del KStG, nonché dalle spiegazioni del giudice del rinvio, che tale disposizione si applica soltanto alla remunerazione dei capitali esterni che una società di capitali soggetta ad obbligo fiscale illimitato - nella fattispecie, la Lankhorst-Hohorst - abbia ricevuto «da un'azionista non avente diritto al credito d'imposta».

30 Il giudice del rinvio spiega che tali azionisti che non beneficiano del credito d'imposta «sono essenzialmente, in forza dell'art. 51 del KStG, le persone giuridiche di diritto tedesco esentate dall'imposta sulle società, nonché i soci o gli azionisti stranieri che non detengono partecipazioni nel capitale di una società di capitali tedesca sotto forma di investimenti interni».

31 Per il governo tedesco, il fatto che anche un numero rilevante di contribuenti tedeschi sia escluso dal diritto al credito d'imposta prova che il criterio del beneficio del credito d'imposta non è discriminatorio.

32 Tuttavia, tale argomento non convince.

33 Come rilevano giustamente il giudice del rinvio, la Lankhorst-Hohorst e la Commissione, il gruppo delle imprese tedesche che non beneficiano del credito d'imposta non costituisce un gruppo di riferimento appropriato per stabilire un confronto con i contribuenti stranieri che, in maniera generale, non ne usufruiscono. Infatti, vi è una differenza di natura tra le imprese del primo gruppo e le imprese che, come la società capogruppo della ricorrente, partecipano alla vita economica e sono orientate alla realizzazione di utili.

34 Le imprese paragonabili a queste ultime sono, al contrario, le società capogruppo residenti e partecipi della vita economica. Quindi, è il loro trattamento nonché quello delle loro controllate che occorre confrontare.

35 Nella causa Eurowings Luftverkehr, citata, il governo tedesco aveva, peraltro, già dedotto un argomento analogo a quello che invoca ora nella presente causa. Esso aveva fatto valere che l'obbligo controverso per il conduttore di procedere ad integrazioni nella base imponibile dell'imposta comunale sull'industria e sul commercio si applicava quando il locatore non era soggetto passivo di tale imposta comunale sul commercio, fosse esso stabilito in Germania o in un altro Stato membro (6).

36 Tuttavia, la Corte respinto tale argomento nei termini seguenti:

«35 A questo riguardo si deve constatare che, nella causa a qua, l'obbligo di procedere alle integrazioni nella base imponibile previste negli artt. 8, punto 7, e 12, n. 2, del [Gewerbesteuergesetz] si applica sempre alle imprese tedesche che prendano in affitto beni da locatori stabiliti in un altro Stato membro, dal momento che questi ultimi non sono mai assoggettati all'imposta comunale sull'industria e sul commercio, mentre l'obbligo di procedere a tali integrazioni non si applica, nella maggior parte dei casi, alle imprese tedesche che prendono in affitto beni da locatori stabiliti in Germania, dal momento che questi ultimi sono normalmente assoggettati alla detta imposta, tranne per le rare ipotesi menzionate nei punti 25-27 della presente sentenza.

36 La normativa controversa nella causa a qua stabilisce pertanto un regime fiscale diverso, nella maggior parte dei casi, a seconda che il prestatore si servizi sia stabilito in Germania o in un altro Stato membro».

37 Nella fattispecie, la normativa discussa nella causa principale finisce anch'essa con lo stabilire un regime fiscale diverso a seconda che la società capogruppo, vale a dire l'azionista della controllata, sia stabilita in Germania o in un altro Stato membro.

38 L'art. 8 a, n. 1, punto 2, del KStG si applica, infatti, ratione personae, sempre nel caso di una controllata residente come la Lankhorst-Hohorst, che abbia ricevuto capitali esterni dalla sua società capogruppo non residente mentre così non è, nelle stesse circostanze, per la controllata residente che abbia ricevuto capitali esterni dalla sua società capogruppo residente.

39 Tale constatazione non è confutata dal riferimento che il governo tedesco ha fatto in udienza ad un esempio numerico che aveva presentato su richiesta della Corte.

40 Basandosi su tale esempio, il governo tedesco ha fatto valere che le controllate residenti che hanno ricevuto capitali esterni da un azionista residente possono anch'esse vedersi opporre una riqualificazione della remunerazione di tali capitali come distribuzione di dividendi.

41 Tuttavia, occorre citare le spiegazioni con cui il governo tedesco ha corredato l'esempio numerico e che sono le seguenti:

«Occorre ricordarsi che, nella causa principale, il mutuante che, per mezzo di una controllata al 100%, controlla indirettamente il mutuatario, ha fornito una lettera di patronage (Patronatserklärung), rinunciando alla restituzione del prestito nel caso in cui il mutuatario venisse escusso da terzi creditori. Quindi, il prestito doveva intendersi assumere natura di capitale sostitutivo.

Dal momento che il socio dichiara che intende "per il proprio credito, essere preso in conto unicamente dopo che siano stati soddisfatti tutti i creditori della società e - come prevenzione di crisi - non prima ma soltanto contemporaneamente alle richieste di restituzione dei conferimenti in denaro costituiti dai suoi consoci" (v. sentenza del Bundesgerichtshof, 8 gennaio 2001, II, ZR 88/89 DStR 2001, pagg. 175, 176), non occorre iscrivere il prestito nel passivo del bilancio commerciale e fiscale del mutuatario come capitale dovuto a terzi. Il prestito si trova "convertito" in capitale proprio. Se, nella causa principale, il contenuto della lettera di patronage è così interpretato, allora il trattamento fiscale, in una fattispecie interna, si presenta nella seguente maniera (illustrazione con un esempio): [esempio numerico]».

42 Risulta da tali spiegazioni che la riqualificazione, nell'esempio numerico, è essenzialmente fondata sulla presenza di una «Patronatserklärung» - la sentenza del Bundesgerichtshof utilizza il termine «Rangrücktrittserklärung». Ora, una tale condizione per la riqualificazione è del tutto diversa dalle condizioni che enuncia l'art. 8 a, n. 1, punto 2, del KStG, che non dà nessuna importanza alla presenza di una Patronatserklärung.

43 Anche se, nella fattispecie, la Lankhorst-Hohorst ha ottenuto una tale lettera di patronage dalla sua società capogruppo, ciò non toglie che essa si è vista opporre una riqualificazione, non a causa di tale Patronatserklärung, ma in forza dell'art. 8 a, n. 1, punto 2, del KStG.

44 Siccome le controllate che si trovano nella stessa situazione della Lankhorst-Hohorst, ma la cui società capogruppo è residente, non possono vedersi opporre una tale riqualificazione - in quanto la disposizione controversa non può, infatti, essere ad esse applicata - il governo tedesco non può affermare che la Lankhorst-Hohorst sia stata trattata allo stesso modo di tali controllate.

45 Avendo così stabilito l'esistenza di una disparità di trattamento, occorre ora esaminarne gli effetti. A tal riguardo, mi sembra incontestabile che la suddetta differenza operi esclusivamente a discapito della controllata residente che abbia ricevuto capitali esterni da una società capogruppo non residente.

46 Ricordo che, come risulta dall'ordinanza di rinvio, in seguito all'applicazione dell'art. 8 a, n. 1, punto 2, del KStG, gli interessi versati dalla Lankhorst-Hohorst sono assoggettati, in quanto distribuzione dissimulata di dividendi, all'imposta del 30%.

47 Per contro, risulta dalle informazioni fornite in udienza dal legale della Lankhorst-Hohorst e non contestate dal governo tedesco che, in mancanza di una riqualificazione, gli introiti generati dagli interessi su un prestito sono assoggettati ad imposta in capo alla società capogruppo residente che ne beneficia.

48 Quindi, il risultato è che, se le condizioni di applicazione dell'art. 8 a, n. 1, punto 2, del KStG sono soddisfatte, la controllata che abbia ottenuto capitali esterni da una società capogruppo non residente è assoggettata ad imposta per gli interessi di cui trattasi, mentre la controllata che abbia ottenuto capitali esterni da una società capogruppo residente non lo è.

49 A ciò si aggiunge che, secondo le spiegazioni del giudice del rinvio, se un azionista beneficia del credito d'imposta, l'imposta sulla distribuzione dei dividendi viene compensata con la sua imposta sui redditi. Così non è se l'azionista non beneficia del credito d'imposta, il che, come già visto, vale sempre per gli azionisti residenti all'estero.

50 Peraltro, il governo tedesco ha confermato in udienza che, per effetto del meccanismo del credito d'imposta, la somma dell'imposta è, a livello di bilancio nazionale, pari a zero per il gruppo società capogruppo residente/controllata residente. Per contro, se la società capogruppo è non residente, l'imposta sulla distribuzione dei dividendi pagata dalla controllata costituisce, secondo le spiegazioni del governo tedesco, un onere definitivo.

51 Tale disparità di trattamento connessa al beneficio del credito d'imposta, anche se si ritiene che incida sulla posizione della società capogruppo non residente - nella fattispecie, la L.T.BV - piuttosto che su quella della controllata - nella fattispecie, la Lankhorst-Hohorst - può anch'essa costituire una violazione dell'art. 43 CE.

52 Infatti, come osserva giustamente il giudice del rinvio facendo riferimento alla sentenza Baars, citata, si avvale del suo diritto di stabilimento il cittadino di uno Stato membro che detenga nel capitale di una società stabilita in un altro Stato membro una partecipazione tale da conferirgli una reale influenza sulle decisioni della società. Così è incontestabilmente per la L.T.BV, che possiede il 100% del capitale della Lankhorst-Hohorst.

53 In ultima analisi, contrariamente al governo tedesco, sono del parere che la libertà di finanziamento sia, per quanto riguarda le possibilità di finanziare la controllata residente di una società capogruppo non residente, effettivamente più limitata rispetto alle possibilità di finanziare una controllata residente con società capogruppo residente.

54 A tal proposito, il governo tedesco sostiene che il prestito oggetto dell'art. 8 a, n. 1, punto 2, del KStG rimane un prestito di capitali esterni e che non è riqualificato come capitale proprio.

55 Tuttavia, anche se così fosse, ciò non toglie che tale finanziamento è trattato, fiscalmente, come un conferimento di capitale.

56 Gli effetti dell'art. 8 a, n. 1, punto 2, del KStG sono, di conseguenza, tali che, se le condizioni di tale disposizione sono soddisfatte, la società capogruppo non residente non può più utilmente far ricorso al finanziamento della sua controllata mediante capitali esterni. La sua libertà di finanziamento è quindi, in pratica, più limitata rispetto a quella della società capogruppo residente.

Sulla presenza di una motivazione imperativa d'interesse generale che giustifichi la disparità di trattamento

57 Poiché mi sembra stabilito che l'art. 8 a, n. 1, punto 2, del KStG determini una disparità di trattamento, che sia a scapito della controllata residente di una società capogruppo non residente o della stessa società capogruppo non residente, occorre esaminare se quest'ultima sia giustificata da una ragione imperativa d'interesse generale (7).

58 Il giudice del rinvio descrive lo scopo di tale disposizione come quello «di evitare che soci i quali non beneficiano del credito d'imposta eludano l'imposta unica voluta dal legislatore sugli utili distribuiti nell'ambito dell'imposta sulle società, fornendo alla società di capitali del capitale esterno al posto di capitale proprio».

59 Più specificamente, i governi tedesco, del Regno Unito e danese nonché la Commissione spiegano che la disposizione controversa costituisce una norma adottata per lottare contro la sotto-capitalizzazione («thin capitalization»).

60 Il governo danese precisa che simili norme sono state adottate in una serie di paesi, sia dentro che fuori dell'Unione europea, al passo con la crescente internazionalizzazione delle economie e man mano che si faceva sempre più sentire la necessità di evitare l'evasione fiscale.

61 Esso spiega che, per loro natura, le norme sulla sotto-capitalizzazione riguardano, di fatto, soltanto le transazioni transfrontaliere. In caso di transazione fra due società nazionali e del tutto imponibili, l'onere degli interessi fiscalmente deducibili di una delle società sarà pari al reddito degli interessi imponibili nell'altra società, e per il gruppo il risultato netto sarà fiscalmente pari a zero. E' solo se le transazioni avvengono fra società con sede in diversi paesi che il debito fiscale può essere trasferito da un paese all'altro.

62 Così, secondo il governo danese, in caso di iniezione di fondi da parte di una società capogruppo in una controllata sotto forma di prestito in conto capitale invece di un conferimento di capitale, gli utili della controllata sarebbero trasferiti alla società capogruppo sotto forma di interessi deducibili anziché di dividendi non deducibili. Se le due società sono collocate in paesi diversi, il debito fiscale potrebbe così, a piacimento degli operatori, essere trasferito da un paese all'altro.

63 I governi che hanno presentato osservazioni sono concordi quindi nell'affermare che, poiché le norme applicabili in materia di sotto-capitalizzazione hanno lo scopo di impedire il trasferimento arbitrario del debito fiscale da un paese all'altro nonché di garantire l'imposizione laddove il profitto è stato effettivamente realizzato, non si può stabilire l'esistenza di una discriminazione fra il regime fiscale applicabile alle operazioni transfrontaliere e quello applicabile alle operazioni interne.

64 Questi stessi governi fanno riferimento all'art. 9 del modello di convenzione elaborato dall'Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (in prosieguo: il «modello di convenzione OCSE») per evitare le doppie imposizioni (8). Quest'ultimo prevede la reintegrazione di utili a fini fiscali, qualora transazioni siano stipulate tra imprese consociate (società capogruppo e società controllate, e società sotto controllo comune), a condizioni che non sono quelle di mercato («arm's length principle»).

65 Secondo il governo tedesco, l'art. 8 a, n. 1, punto 2, del KStG è l'attuazione concreta di tale principio, in particolare nel settore delle remunerazioni indipendenti dal risultato e dalla cifra d'affari della società.

66 La Commissione ritiene anch'essa che la disparità di trattamento derivante dall'art. 8 a del KStG possa giustificarsi con il suo obiettivo di garantire l'imposizione nazionale degli utili nel caso delle imprese non aventi diritto al credito d'imposta e quindi una ripartizione corretta dei diritti d'imposizione e delle entrate fiscali ad essi relative. In altri termini, si tratta di prevenire gli abusi compiuti nell'ambito della sotto-capitalizzazione, impedendo la distribuzione dissimulata dei dividendi sotto forma di interessi, i quali fanno diminuire il risultato dell'esercizio della controllata, il che comporta una riduzione delle entrate fiscali dello Stato membro interessato.

67 Tuttavia, secondo la Commissione, la norma dell'art. 8 a del KStG deve essere inoltre conforme al principio di proporzionalità. A tal riguardo, la Commissione osserva che la norma prescrive la proporzione tra capitali esterni e capitali propri e ammette un'eccezione nel caso in cui i capitali esterni, in circostanze analoghe, avrebbero potuto essere ottenuti da un terzo straniero in condizioni identiche.

68 Tuttavia, la Commissione invoca il rischio della doppia imposizione, nella fattispecie: l'impresa tedesca è soggetta all'imposta tedesca sulle società per gli utili distribuiti, mentre l'azionista straniero deve ancora dichiarare nei Paesi Bassi, come introiti, gli importi che ha ricevuto sotto forma di interessi. La Commissione ritiene che uno Stato membro che qualifichi un versamento di interessi come distribuzione dissimulata di utili deve anche vigilare a che vi sia, a tal riguardo, concertazione con lo Stato del luogo della società capogruppo, affinché ivi si proceda ad un corrispondente adeguamento. In mancanza di tale adeguamento, il rischio di una doppia imposizione non può essere escluso.

69 La Commissione ritiene che, nella fattispecie, l'art. 9, n. 2, del modello di convenzione OCSE potrebbe fornire un indizio di soluzione. A suo parere, pur rispettando il principio di proporzionalità, esso garantisce, da un lato, la ripartizione regolare del diritto d'imposizione e, dall'altro, le entrate fiscali degli Stati membri interessati.

70 Che cosa si deve pensare di tali argomenti?

71 Occorre domandarsi quale sia il vero obiettivo delle norme sulla sotto-capitalizzazione (thin capitalization rules) di cui fa parte, secondo le spiegazioni delle parti intervenienti, l'art. 8 a, n. 1, punto 2, del KStG.

72 L'obiettivo è di tutelare, in generale, la salute finanziaria della società controllata obbligandola ad essere sufficientemente dotata di capitali propri?

73 Il governo tedesco dà un suggerimento in tal senso quando ritiene che «il socio che vuol salvare la sua società deve iniettare capitali propri supplementari. Un finanziamento esterno sarebbe, inoltre, dannoso per l'economia dell'impresa a questo stadio. Qualsiasi nuovo prestito con versamento di interessi produce per la società nuove spese, che aggravano ancor più la sua situazione economica».

74 Tuttavia, mi sembra chiaro che la tutela della salute finanziaria della società controllata non sia il reale obiettivo della legislazione fiscale di cui trattasi nella causa principale. Se tale fosse l'obiettivo, la norma sulla sotto-capitalizzazione dovrebbe, infatti, anche applicarsi alle controllate di una società capogruppo residente, il che non è.

75 Il vero obiettivo della norma sulla sotto-capitalizzazione che l'art. 8 a, n. 1, punto 2, del KStG rappresenta è quindi di evitare che la Repubblica federale di Germania perda una parte delle sue entrate sotto forma di imposte a causa dell'utilizzo da parte del contribuente (o del suo socio) di una tecnica di finanziamento che di per sé non è vietata.

76 Tale obiettivo è confermato non soltanto dalle spiegazioni del giudice del rinvio e da quelle che hanno fornito le parti intervenienti, ma anche dalla dottrina relativa all'art. 8 a, n. 1, punto 2, del KStG o alle norme sulla sotto-capitalizzazione in generale (9).

77 Un tale obiettivo non mi sembra tuttavia costituire, nell'ambito dell'art. 43 CE, una ragione imperativa d'interesse generale che giustifichi una disparità di trattamento.

78 Infatti, è consolidata giurisprudenza che «la riduzione di entrate fiscali non può essere considerata come un motivo imperativo di interesse generale che possa essere fatto valere per giustificare una misura in linea di principio incompatibile con una libertà fondamentale» (10).

79 Il fatto che le norme sulla sotto-capitalizzazione siano conformi all'art. 9 del modello di convenzione OCSE, non cambia, a mio parere, niente.

80 Infatti, pur nell'ipotesi che una tale conformità sia accertata (11), occorre ancora accertare che il fatto di rispettare le disposizioni del modello di convenzione OCSE non significa anche che l'art. 43 CE sia osservato. Né le disposizioni, né gli obiettivi del modello di convenzione OCSE, da un lato, e del Trattato CE, dall'altro, sono effettivamente gli stessi.

81 Vero è che niente osta a che il Trattato CE sia, nella misura del possibile, interpretato in conformità ad un modello di convenzione OCSE (12). Tuttavia, sono del parere che ciò non sia possibile nella fattispecie, sempre nell'ipotesi che una norma quale l'art. 8 a, n. 1, punto 2, del KStG sia conforme all'art. 9 della convenzione OCSE.

82 Infatti, l'art. 43 CE non impedisce, certamente, agli Stati membri di assoggettare ad imposta gli utili generati sul loro territorio e non pregiudica in tal senso la loro competenza in materia di politica fiscale. Tuttavia, esso istituisce un limite a tale libertà nel senso che quest'ultima non può esercitarsi in modo da determinare discriminazioni. Si tratta di un principio imprescindibile indipendentemente da quanto potrebbero consentire le disposizioni del modello di convenzione OCSE.

83 Il governo tedesco come il governo del Regno Unito ritengono inoltre che l'art. 8 a, n. 1, punto 2, del KStG sia giustificato dalla ragione imperativa d'interesse generale rappresentata dalla necessità di preservare la coerenza dei regimi fiscali applicabili (13).

84 A tal riguardo, occorre tuttavia ricordare, come ha fatto il giudice del rinvio, che la Corte ha precisato che una tale ragione imperativa esiste soltanto se la coerenza fiscale è «affermata a livello di uno stesso soggetto, sulla base di una correlazione rigorosa» tra un vantaggio fiscale, da un lato, ed un trattamento fiscale sfavorevole, dall'altro (14).

85 Ora, il governo tedesco non spiega da quale vantaggio fiscale è compensato il trattamento fiscale sfavorevole che subisce la controllata di una società capogruppo non residente, che si vede soggetta all'applicazione dell'art. 8 a, n. 1, punto 2, del KStG.

86 Una norma come la disposizione controversa non mi sembra quindi giustificata da una necessità di preservare la coerenza dei regimi fiscali applicabili.

87 Il governo tedesco ritiene anche che la norma dell'art. 8 a si giustifichi come misura destinata ad impedire le frodi.

88 A tal riguardo, esso fa riferimento al punto 24 della sentenza 9 marzo 1999, Centros (15), ai sensi della quale «(...) risulta dalla giurisprudenza della Corte che uno Stato membro ha il diritto di adottare misure volte ad impedire che, grazie alle possibilità offerte dal Trattato, taluni dei suoi cittadini tentino di sottrarsi all'impero delle leggi nazionali, e che gli interessati non possono avvalersi abusivamente o fraudolentemente del diritto comunitario (...)».

89 A tal proposito, occorre tuttavia constatare che la legislazione fiscale di cui trattasi nella causa principale riguarda, in generale, qualsiasi situazione nella quale la società capogruppo si trovi stabilita, per qualsiasi motivo, fuori dalla Repubblica federale di Germania. Una tale constatazione è stata sufficiente alla Corte per respingere l'argomento vertente sul rischio di evasione fiscale che il governo del Regno Unito aveva fatto valere nella causa ICI, citata (16).

90 Infatti, secondo la Corte, «(...) lo stabilimento di una società fuori dal Regno Unito non comporta, di per sé, l'evasione fiscale, dato che la società di cui trattasi è comunque soggetta alla legge fiscale dello Stato di stabilimento» (17).

91 Il fatto che la disposizione controversa «non ha l'obiettivo specifico di escludere da un vantaggio fiscale le costruzioni puramente artificiose il cui scopo sia quello di eludere la legge fiscale» (18) della Repubblica federale di Germania si trova, peraltro, confermato dalle circostanze della fattispecie.

92 Infatti, la disposizione controversa si applica ad un caso nel quale, secondo gli accertamenti dello stesso giudice del rinvio, non vi era nessun abuso, in quanto il prestito era stato concesso «per evitare alla ricorrente un tracollo finanziario e per ridurre l'onere degli interessi finanziari derivanti dagli impegni assunti con la banca».

93 Del resto, come constatato in precedenza, la società capogruppo residente, beneficiando del credito d'imposta, può compensare, nell'ambito della sua imposta sui redditi, l'imposta sulla distribuzione dei dividendi, cosa che la società capogruppo non residente non può fare.

94 Ne consegue, in termini economici, un onere fiscale più elevato per il gruppo avente la società capogruppo non residente rispetto al gruppo avente la società capogruppo residente, il che non può spiegarsi con il semplice intento di voler lottare contro l'evasione fiscale (19).

95 Pertanto, sono del parere che la lotta contro l'evasione fiscale non costituisca, nella fattispecie, una ragione imperativa d'interesse generale che giustifichi la disparità di trattamento stabilita da una norma quale la disposizione controversa.

96 Infine, occorre esaminare l'argomento che il governo del Regno Unito trae dalla sentenza Futura Participations e Singer, citata, nella quale la Corte ha affermato, al punto 31, che «(...) l'efficacia dei controlli fiscali costituisce un motivo imperativo d'interesse generale idoneo a giustificare una restrizione dell'esercizio delle libertà fondamentali garantite dal Trattato (...)».

97 A tal riguardo, è sufficiente tuttavia constatare che, contrariamente alla causa Futura Partecipations e Singer, citata, che riguardava l'obbligo per il contribuente di tenere una contabilità, secondo determinate regole, nello Stato membro d'imposizione affinché le autorità tributarie di tal Stato membro potessero verificare l'ammontare dei redditi imponibili, la presente causa non riguarda il controllo fiscale propriamente detto.

98 Tenendo conto di quanto precede, sono quindi del parere che la disparità di trattamento stabilita da una norma quale la disposizione controversa non sia giustificata da una ragione imperativa d'interesse generale. Una tale norma è quindi, a mio parere, contraria all'art. 43 CE.

99 Spetta alle autorità tedesche valutare se la disposizione controversa debba essere sostituita, ad esempio, da una disposizione che estenda le norme in materia di riqualificazione degli interessi come dividendi anche alle controllate aventi una società capogruppo residente (20). Nell'attesa, tuttavia, la disposizione controversa non può applicarsi (21).

B - Sull'applicabilità della direttiva del Consiglio 23 luglio 1990, 90/435/CEE, concernente il regime fiscale comune applicabile alle società madri e figlie di Stati membri diversi (22)

100 In seguito ad un quesito della Corte, le parti si sono espresse sulla rilevanza della direttiva 90/435 ai fini della soluzione della controversia nella causa principale.

101 Il governo danese fa valere che, se si trattasse di una distribuzione palese di dividendi, quest'ultima sarebbe, in forza dell'art. 5, n. 1, della direttiva 90/435, esentata dalla ritenuta alla fonte. Ora, una distribuzione dissimulata dovrebbe essere trattata nella stessa maniera.

102 Per contro, il governo tedesco, il governo del Regno Unito e la Commissione ritengono che l'art. 5, n. 1, della direttiva 90/435, non riguardi l'imposta controversa. A loro parere, tale imposta non costituisce una ritenuta alla fonte ma un'imposizione normale sugli utili della controllata, a titolo d'imposta sulle società.

103 La Commissione aggiunge inoltre che qualsiasi altra interpretazione avrebbe come conseguenza di vietare totalmente le normative dette di sotto-capitalizzazione. Ora, la Commissione ritiene che tali normative siano uno strumento utile per un'imposizione fiscale equa.

104 Tuttavia, tale due argomenti a favore della non applicazione della direttiva 90/435 non convincono.

105 Il fatto che, in forza della legislazione fiscale tedesca, si tratti, nella fattispecie, di un'imposta sugli utili della controllata, a titolo d'imposta sulle società, non significa effettivamente ancora che la direttiva 90/435 non si applichi.

106 Infatti, come la Corte ha dichiarato nella sentenza 4 ottobre 2001, Athinaïki Zythopoiia (23),

«26 Per valutare se l'imposizione sugli utili in base alla normativa ellenica controversa nella causa principale ricada nell'art. 5, n. 1, della direttiva, occorre, da una parte, riferirsi alla lettera di tale disposizione e constatare che i termini "ritenuta alla fonte" che vi compaiono non sono limitati a taluni tipi di tributi nazionali precisi [v. sentenza 8 giugno 2000, causa C-375/98, Epson Europe (Racc. pag. I-4243, punto 22)].

27 D'altra parte, occorre rilevare che, secondo una giurisprudenza costante, la qualificazione di un'imposta, tassa, dazio o prelievo alla luce del diritto comunitario dev'essere compiuta dalla Corte sulla scorta delle caratteristiche oggettive dell'imposta, indipendentemente dalla qualificazione che le viene attribuita nel diritto nazionale [v., in particolare, sentenza 13 febbraio 1996, cause riunite C-197/94 e C-252/94, Bautiaa e Société française maritime (Racc. pag. I-505, punto 39)]» (24)

107 Analogamente, il fatto che la qualificazione dell'imposta controversa quale ritenuta alla fonte ai sensi dell'art. 5, n. 1, della direttiva 90/435 avrebbe, come asserisce la Commissione, come effetto di vietare totalmente le normative dette di sotto-capitalizzazione, non osta, a mio parere, neanch'esso ad una tale qualificazione.

108 Infatti, l'art. 5, n. 1, della direttiva 90/435 non prevede eccezioni che consentano la disapplicazione di tale norma per tutelare le normative dette di sotto-capitalizzazione.

109 Condivido la posizione danese secondo la quale l'art. 5, n. 1, della direttiva 90/435 si applica all'imposta controversa.

110 Infatti, le considerazioni che hanno indotto la Corte, nella causa Athinaïki Zythopiia, citata, a qualificare l'imposta di cui trattavasi nella causa principale come una ritenuta alla fonte mi sembrano essere presenti anche nella fattispecie.

111 In concreto, la Corte ha dichiarato che «(...) il tributo controverso nella causa principale (...) ha come fatto generatore il versamento di dividendi. Inoltre, il tributo è in rapporto diretto con l'entità della distribuzione operata» (25).

112 Peraltro, secondo la Corte, «(...) Il tributo controverso nella causa principale verte (...) su redditi assoggettati ad imposta solo in caso di distribuzione di dividendi ed entro i limiti dei dividendi versati. Prova ne è che, come hanno sottolineato la ricorrente nella causa principale e la Commissione, la consociata non può compensare l'ampliamento della sua base imponibile provocato, conformemente all'art. 106, nn. 2 e 3, del codice dell'imposta sul reddito, dalla distribuzione di utili con un reddito negativo da essa eventualmente registrato nel corso di esercizi anteriori, contrariamente al principio fiscale del riporto delle perdite che è tuttavia sancito dal diritto ellenico» (26).

113 Ora, anche nella fattispecie l'imposta ha come fatto generatore il versamento di dividendi (dissimulati) ed è in rapporto diretto con l'entità della distribuzione operata.

114 Inoltre, come si può dedurre dall'ordinanza di rinvio, la Lankhorst-Hohorst non ha neanch'essa potuto compensare l'ampliamento della sua base imponibile, che ha provocato l'applicazione dell'art. 8 a, n. 1, punto 2, del KStG, con perdite realizzate nel corso degli esercizi precedenti.

115 La Commissione suggerisce inoltre che l'art. 8 a, n. 1, punto 2, del KStG potrebbe rientrare nell'ambito dell'eccezione di cui all'art. 1, n. 2, della direttiva 90/435, ai sensi del quale la suddetta direttiva «(...) non pregiudica l'applicazione di disposizioni nazionali o convenzionali necessarie per evitare le frodi e gli abusi».

116 Tuttavia, tale argomento non può essere accolto.

117 Infatti, se, come constatato in precedenza, l'art. 8 a, n. 1, punto 2, del KStG e la disparità di trattamento che tale disposizione stabilisce non possono giustificarsi con la ragione imperativa d'interesse generale rappresentata dalla lotta contro l'evasione fiscale, ne consegue necessariamente che questa stessa disposizione non può essere considerata come giustificata dalla necessità di lottare contro le frodi e gli abusi, come consente l'art. 1, n. 2, della direttiva 90/435.

118 Si deve quindi concludere per l'applicabilità della direttiva 90/435 all'imposta di cui trattasi.

119 Ciò detto, sono del parere che, anche se la Repubblica federale di Germania esentasse dalla ritenuta alla fonte la distribuzione dissimulata di dividendi ai sensi dell'art. 8 a, n. 1, punto 2, del KStG, la discriminazione ai sensi dell'art. 43 CE non sarebbe ancora necessariamente eliminata.

120 Infatti, qualora, ad esempio, una controllata con società capogruppo non residente non fosse autorizzata a detrarre dalla propria massa imponibile, alle stesse condizioni di una controllata con società capogruppo residente, come onere gli interessi versati alla società capogruppo, potrebbe sussistere una discriminazione anche se non si fosse proceduto ad alcuna ritenuta alla fonte.

V - Conclusione

121 Alla luce delle considerazioni che precedono, propongo di rispondere al Finanzgericht Münster nel modo seguente:

«L'art. 43 CE osta all'applicazione di una norma come quella contenuta nell'art. 8 a, n. 1, punto 2, del Körperschaftsteuergesetz».

(1) - V., in particolare, sentenze 28 gennaio 1986, causa 270/83, Commissione/Francia (Racc. pag. 273); 29 aprile 1999, causa C-311/97, Royal Bank of Scotland (Racc. pag. I-2651), e 26 ottobre 1999, causa C-294/97, Eurowings Luftverkehr (Racc. pag. I-7447).

(2) - Sentenza 13 aprile 2000, causa C-251/98, Baars (Racc. pag. I-2787).

(3) - Sentenza del Bundesfinanzhof, 30 dicembre 1996, I B 61/96, BStBl. II 1997, pag. 466; sentenza Eurowings Luftverkehr, citata.

(4) - Cause riunite C-397/98 e C-410/98 (Racc. pag. I-1727).

(5) - Punto 43.

(6) - Punto 25.

(7) - V., in particolare, sentenze 15 maggio 1997, causa C-250/95, Futura Participations e Singer (Racc. pag. I-2471, punto 26), e 6 giugno 2000, causa C-35/98, Verkooijen (Racc. pag. I-4071, punto 43).

(8) - Ai sensi dell'art. 9 del modello di convenzione OCSE,

«1. Quando

a) un'impresa di uno Stato contraente partecipa direttamente o indirettamente alla direzione, al controllo o al capitale di un'impresa dell'altro Stato contraente, o

b) le stesse persone partecipano direttamente o indirettamente alla direzione, al controllo o al capitale di un'impresa di uno Stato contraente e di un'impresa dell'altro Stato contraente,

e, in entrambi i casi, le due imprese sono, nelle loro relazioni commerciali o finanziarie, vincolate da condizioni concordate o imposte, che differiscono da quelle che sarebbero concordate fra imprese indipendenti, gli utili che, senza tali condizioni, sarebbero stati realizzati da una delle imprese ma di fatto non hanno potuto esserlo a causa di tali condizioni, possono essere inclusi negli utili di tali imprese e di conseguenza assoggettati ad imposta.

2. Quando uno Stato contraente include negli utili di un'impresa di tale Stato - e di conseguenza assoggetta ad imposta - utili per i quali un'impresa dell'altro Stato contraente è stata assoggettata ad imposta in tale altro Stato, e gli utili così inclusi sono utili che sarebbero stati realizzati dall'impresa del primo Stato se le condizioni concordate tra le due imprese fossero state quelle che sarebbero state concordate fra imprese indipendenti, l'altro Stato procede ad un aggiustamento appropriato dell'importo dell'imposta che è stato riscosso su tali utili. Per determinare tale aggiustamento, si tiene conto delle altre disposizioni della presente convenzione e, se, necessario, le autorità competenti degli Stati contraenti si consultano».

(9) - V., in particolare, Menck in Blümich, Einkommensteuer-Körperschaftsteuer-Gewerbesteuer. Kommentar, KStG § 8a, n. 2: «Bei Steuerausländern soll die Einmalerfassung des in Deutschland erwirtschafteten Gewinns gewährleistet bleiben und damit die deutsche Besteuerungshoheit gegenüber dem Ausland zur Geltung gebracht werden», e Sommerhalder, R.A., «Approaches to Thin Capitalization», European Taxation, 1996, pag. 82, 82: «The expression "thin capitalization" is commonly used to describe a situation where the proportion of debt to equity exceeds certain limits and thin capitalization legislation is a tool used by tax authorities to prevent what they regard as a leakage of tax revenues as a consequence of the way in which a corporation is financed». Talvolta, il titolo è di per sé illuminante. V., ad esempio, Hey, F.E.F., «To Stop Revenue Loss, Germany Reconsiders Thin Capitalization Rules», Journal of International Taxation, 1993, pag. 264.

(10) - Sentenza Metallgesellschaft e a., citata, punto 59. V. anche sentenze, già citate, ICI, punto 28, e Verkooijen, punto 59.

(11) - V., tuttavia, per un parere negativo circa la conformità con determinate disposizioni del modello di convenzione OCSE, Knobbe-Keuk, B., «Wieder einmal ein Entwurf zu § 8a KStG - Wiederauflage einer Regelung zur Gesellschaftfremdfinanzierung im Standortssicherungsgesetz», Der Betrieb, 1993, pagg. 60, 63-65, e Meilicke, W., «Zur Vereinbarkeit des § 8a mit dem gemeinschaftrechtlichen Diskriminierungsverbot», Steuerrecht, 2000, pag. 748, 748.

(12) - V., ad esempio, sentenza 12 maggio 1998, causa C-336/96, Gilly (Racc. pag. I-2793, punto 31).

(13) - Sentenze 28 gennaio 1992, causa C-204/90, Bachmann (Racc. pag. I-249, punto 21); causa C-300/90, Commissione/Belgio (Racc. pag. I-305, punto 14), Baars, citata, punto 37, e Metallgesellschaft e a., citata, punto 67.

(14) - Sentenza Wielockx, citata, punto 24. V. anche sentenze 14 novembre 1995, causa C-484/93, Svensson e Gustavsson (Racc. pag. I-3955, punto 18); Eurowings Luftverkehr, citata, punto 42, e Baars, citata, punto 40.

(15) - Causa C-212/97 (Racc. pag. I-1459).

(16) - Punto 26.

(17) - Ibidem. V., anche, sentenza Metallgesellschaft e a., citata, punto 57.

(18) - Sentenza ICI, citata, punto 26.

(19) - Considerazioni analoghe hanno indotto la Corte a respingere l'argomento del rischio di evasione fiscale nella sentenza Metallgesellschaft e a., citata, punto 58.

(20) - V., in tal senso, Scheffler, W., «Der Einfluss der Steuerreform auf die Finanzierung von deutschen Kapitalgesellschaften», Steuerrecht, 2000, pagg. 2441, 2447.

(21) - V., in particolare, sentenze 13 luglio 1972, causa 48/71, Commissione/Italia (Racc. pag. 529, punti 6-8), e 9 marzo 1978, causa 106/77, Simmenthal (Racc. pag. 629, punto 17).

(22) - GU L 225, pag. 6.

(23) - Causa C-294/99 (Racc. pag. I-6797).

(24) - Il corsivo è mio.

(25) - Sentenza Athinaïki Zythopoiia, citata, punto 28.

(26) - Sentenza Athinaïki Zythopoiia, citata, punto 29.