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62001C0147

Conclusioni dell'avvocato generale Jacobs del 20marzo2003. - Weber's Wine World Handels-GmbH e altri contro Abgabenberufungskommission Wien. - Domanda di pronuncia pregiudiziale: Verwaltungsgerichtshof - Austria. - Imposte indirette - Imposta sulla vendita di bevande alcoliche - Incompatibilità con il diritto comunitario - Ripetizione dell'imposta. - Causa C-147/01.

raccolta della giurisprudenza 2003 pagina I-11365


Conclusioni dell avvocato generale


1. Il 9 marzo 2000, nel rispondere alle questioni sottopostele dal Verwaltungsgerichtshof (Corte suprema amministrativa austriaca), la Corte di giustizia statuiva nella sentenza EKW che l'art. 3, n. 2, della direttiva del Consiglio 92/12/CEE si opponeva al mantenimento di determinate imposte locali e regionali riscosse sulle bevande in Austria nei limiti in cui tali imposte venivano applicate alle bevande alcoliche. La Corte, tuttavia, circoscriveva l'efficacia di tale sentenza, con riguardo alle domande di rimborso di imposte pagate o divenute esigibili prima della data della sentenza stessa, ai richiedenti i quali, prima di tale data, avessero agito in giudizio o altrimenti contestato l'imposizione con un'impugnativa equivalente.

2. Una settimana prima della sentenza, il Wiener Landtag (Parlamento del Land di Vienna) aveva modificato la normativa sul rimborso dei crediti d'imposta. In esito a tale modifica, che si applicava altresì alle obbligazioni tributarie sorte anteriormente alla sua pubblicazione, i tributi illegittimamente riscossi non potevano più essere rimborsati al soggetto passivo d'imposta se l'onere finanziario dei tributi stessi era stato sostenuto da un terzo.

3. Il Verwaltungsgerichtshof chiede ora a codesta Corte se l'applicazione di tale modifica alle richieste di rimborso presentate prima della data della sentenza EKW sia compatibile con quanto statuito in tale sentenza e con il dovere di cooperazione imposto all'Austria dall'art. 10 CE.

Contesto e procedimento

4. Fino al 2000 , le autorità comunali e regionali austriache imponevano una serie di tributi, a quanto pare aventi tutti analoghi effetti e analogo fondamento normativo di diritto interno, sulla vendita al dettaglio di gelati e bevande. Il gettito proveniente da tali imposte costituiva una parte significativa delle risorse di tali autorità. Sembra che (quantomeno a Vienna, dove venivano riscossi i tributi di cui si tratta nella presente causa) tali imposte fossero autoliquidate: erano infatti gli stessi esercenti a calcolarne l'ammontare, applicando l'aliquota fiscale sul fatturato imponibile, e a dichiararlo alle autorità.

5. Nel 1997, in seguito ad obiezioni sollevate da esercenti che ponevano in dubbio la compatibilità di tali imposte con il diritto comunitario - ed in particolare con la disciplina dell'IVA, con la direttiva sulle accise e con le norme sugli aiuti di Stato -, il Verwaltungsgerichtshof investiva della questione la Corte nella causa EKW, riguardante una mensa ospedaliera di Vienna ed un commerciante di vini in un comune dell'Austria Superiore.

6. Il 1° luglio 1999, l'avvocato generale Saggio presentava le sue conclusioni in tale causa, concludendo nel senso che la Corte dovesse dichiarare l'incompatibilità dell'imposta con la direttiva sulle accise e con le norme in tema di aiuti di Stato.

7. Egli esaminava inoltre la richiesta del governo austriaco di limitare l'efficacia temporale della sentenza nel caso in cui fosse stata dichiarata l'incompatibilità, ma giungeva alla conclusione che non vi fossero circostanze eccezionali tali da giustificare una siffatta limitazione.

8. Nei paragrafi 66-68 delle sue conclusioni, egli affrontava l'argomento secondo cui l'accoglimento delle richieste di rimborso delle imposte illegittimamente riscosse si sarebbe tradotto in un ingiustificato arricchimento per i rivenditori, i quali avevano di fatto trasferito sui consumatori il relativo onere. Al riguardo egli osservava che (conformemente alla giurisprudenza in materia), per opporsi alle richieste di rimborso, l'amministrazione avrebbe avuto l'onere di dimostrare che i rivenditori avevano effettivamente trasferito l'onere del tributo sui consumatori. Non solo, tuttavia, sarebbe stato difficile dare tale dimostrazione, ma avrebbero inoltre ben potuto darsi casi in cui i rivenditori non avessero effettivamente trasferito l'onere del tributo sui consumatori e fossero stati obbligati ad assumerlo essi stessi .

9. Le conclusioni dell'avvocato generale davano adito a forti preoccupazioni dovute al fatto che il rimborso di somme molto ingenti avrebbe seriamente compromesso lo stato delle finanze locali e regionali. Davanti alla Corte il governo austriaco aveva sostenuto che, con riferimento al periodo d'imposta 1995-1998, avrebbero dovuto rimborsarsi ATS 22 miliardi, equivalenti allo 0,9% del prodotto nazionale lordo.

10. Secondo l'ordinanza di rinvio nella presente causa, tutti i Länder austriaci hanno modificato i propri codici tributari regionali nel senso di prevedere che per le imposte illegittimamente riscosse non sia più dovuto alcun rimborso o compensazione, se il relativo onere è stato traslato su un soggetto diverso dal debitore d'imposta. In tutti i casi tali modifiche sono state introdotte dopo la presentazione delle conclusioni nella causa EKW - e in tutti i casi meno uno prima della pronuncia della relativa sentenza, ma quando la data di quest'ultima era già stata annunciata.

11. Ai sensi dell'art. 162 della Wiener Abgabenordnung (codice tributario viennese), i crediti d'imposta devono innanzitutto essere compensati con i debiti d'imposta, dopodiché deve rimborsarsi l'eventuale eccedenza. Fino al 2 marzo 2000, l'art. 185 recitava:

«(1) Il soggetto passivo d'imposta può chiedere la restituzione del credito (art. 162, n. 2). La restituzione può anche avvenire d'ufficio.

(2) L'importo da restituire può essere compensato con i debiti di imposta già liquidati che il soggetto passivo d'imposta debba versare non più tardi di tre mesi dalla presentazione della domanda di restituzione».

12. Il 2 marzo 2000 i seguenti commi venivano aggiunti dall'art. 1 della legge di modifica 9/2000:

«(3) Non vi è diritto a restituzione, se l'onere finanziario del tributo è stato sopportato da una persona diversa dal soggetto passivo d'imposta. Se l'imposta così traslata non è ancora stata pagata, l'autorità tributaria deve esigerne il pagamento con decisione separata.

(4) Il comma terzo non è applicabile ai soggetti passivi d'imposta che abbiano diritto di avvalersi dell'Anlaßfallwirkung con riguardo ad una disposizione tributaria riconosciuta illegittima dal Verfassungsgerichtshof (Corte Costituzionale austriaca)».

13. Il concetto di Anlaßfallwirkung (effetto limitato al procedimento a quo) si riferisce al fatto che in Austria una legge dichiarata incostituzionale dal Verfassungsgerichtshof non viene annullata immediatamente o retroattivamente, ma rimane in vigore (per un periodo massimo stabilito da tale corte) fino all'emanazione di una nuova normativa. In pratica, solo coloro che hanno agito in giudizio (nel procedimento per ottenere la declaratoria di incostituzionalità - l'Anlaßfall - o in altri procedimenti aventi il medesimo oggetto e pendenti dinanzi alla stessa corte al momento della sentenza) possono beneficiare direttamente ed immediatamente dalla pronunzia di illegittimità costituzionale, salvo che il Verfassungsgerichtshof disponga altrimenti.

14. Successivamente, il 20 febbraio 2001, alla fine della prima frase del comma terzo veniva inserita la seguente frase: «in questo caso la riduzione del tributo mediante autoliquidazione o accertamento tributario non comporta alcun credito d'imposta».

15. L'art. II della legge di modifica così recitava:

«L'art. I si applica anche ai debiti d'imposta sorti prima della pubblicazione della presente legge».

16. La relazione che accompagnava il progetto di legge di modifica presentato per l'approvazione al Parlamento del Land di Vienna, nel fare riferimento alle conclusioni dell'avvocato generale Saggio nella causa EKW, osservava che, se la Corte avesse statuito in conformità a tali conclusioni, a Vienna avrebbe potuto essere chiesto il rimborso di circa ATS 3,8 miliardi. La considerazione di tale possibilità aveva attirato l'attenzione sul fatto, di portata generale, che il codice tributario, nella sua formulazione di allora, avrebbe potuto consentire l'ingiustificato arricchimento del contribuente che avesse inglobato l'importo di un'imposta indiretta nel prezzo dei prodotti da lui forniti, consentendogli di ottenere il rimborso di tale importo quando l'onere del tributo era stato di fatto sostenuto dal consumatore. L'art. I del progetto di legge era appunto volto a far fronte a tale problema generale, e non in particolare alla possibilità che ingenti somme riscosse a titolo di imposta sulle bevande potessero dover essere rimborsate.

17. La relazione di accompagnamento non faceva menzione dell'effetto retroattivo di cui all'art. II del progetto di legge.

18. Il 16 dicembre 1999, allorché il progetto di legge veniva esaminato in prima lettura dal Parlamento del Land, esso riceveva aspre critiche da parte di diversi esponenti dell'opposizione, i quali lo descrivevano come un tentativo di eludere la normativa comunitaria e di per sé palesemente incompatibile con tale normativa. Ne venivano inoltre criticati l'efficacia retroattiva e l'assenza di una chiara affermazione che l'onere della prova dovesse gravare sulle autorità fiscali poiché, fra le altre cose, non poteva presumersi che l'onere dell'imposta fosse stato traslato sui consumatori né poteva pretendersi che gli esercenti si precostituissero una prova che di fatto non lo era stato. Si sosteneva inoltre che la legittimità dell'imposta era stata posta in dubbio fin dall'adesione dell'Austria all'Unione europea nel 1995.

19. Una settimana dopo la definitiva adozione della modifica al codice tributario di Vienna, la Corte di giustizia pronunciava la sentenza EKW. Come si è già accennato, essa accertava l'incompatibilità di un tributo come quello in esame con l'art. 3, n. 2, della direttiva sulle accise, ma limitava l'effetto retroattivo della sentenza alle domande - ricorsi giurisdizionali o «impugnative equivalenti» - proposti prima della data della sentenza stessa. Tale limitazione si fondava, secondo il punto 58 della motivazione, sulle circostanze (i) che l'art. 3, n. 2, non aveva fino ad allora costituito oggetto di alcuna pronuncia pregiudiziale di interpretazione da parte della Corte e (ii) che il comportamento della Commissione aveva potuto indurre il governo austriaco a ritenere ragionevolmente che l'imposta in questione fosse compatibile con il diritto comunitario.

20. Sembra che in effetti un gran numero di ricorsi fosse stato proposto, in una forma o nell'altra, prima della data della sentenza EKW (allorché la Corte era stata informata dell'importo complessivo che avrebbe potuto dover essere rimborsato se tutti i ricorsi fossero stati accolti, ma non del numero di ricorsi che si stimava fossero già stati proposti). Nelle sue osservazioni nella presente causa, il governo austriaco afferma che nella sola Vienna sono pendenti 16 000 ricorsi siffatti, per un valore di circa ATS 3 miliardi, e ritiene che il loro numero sia dovuto almeno in parte al fatto che il Verwaltungsgerichtshof ha stabilito che il concetto di «impugnative equivalenti», adoperato dalla Corte nella sentenza EKW, va interpretato estensivamente.

21. Almeno alcuni di tali ricorsi sono stati respinti dalle autorità tributarie di Vienna, ed almeno quattro di queste decisioni di rigetto sono state impugnate dinanzi al Verwaltungsgerichtshof. Esse riguardavano due ristoranti, un Gasthaus ed un commerciante di vini. Queste quattro cause, che hanno dato luogo alla presente domanda di pronuncia pregiudiziale, possono considerarsi come un test, il cui risultato determinerà l'esito di un gran numero di altri ricorsi non solo a Vienna ma in tutta l'Austria . Sembra che le imposte qui in esame fossero state inizialmente autoliquidate e pagate, e che i ricorrenti abbiano quindi revocato la loro originaria liquidazione e chiesto il rimborso.

22. Il Verwaltungsgerichtshof ha deciso di sospendere tali procedimenti e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se l'art. 10 CE (già art. 5 del Trattato CE) e il punto 3 del dispositivo della sentenza [EKW], secondo cui l'art. 3, n. 2, della direttiva 92/12/CEE non può esser fatto valere a sostegno di domande relative ad un tributo quale l'imposta sulle bevande alcoliche, che sia stato pagato o sia divenuto esigibile prima della data di tale sentenza, salvo per i richiedenti i quali, prima di tale data, abbiano agito in giudizio o altrimenti contestato l'imposizione con un'impugnativa equivalente, ostino all'applicazione del disposto dell'art. 185, n. 3, della Wiener Abgabenordnung (in prosieguo: la "WAO"), introdotto con la legge di modifica del 2 marzo 2000 (LGBl. n. 9/2000) ed applicabile anche ai debiti d'imposta sorti prima della promulgazione di detta legge, secondo cui non vi è diritto al rimborso di un'imposta il cui onere finanziario sia stato sopportato da una persona diversa dal soggetto passivo» .

23. L'art. 10 CE, cui fa riferimento il Verwaltungsgerichtshof, impone agli Stati membri di adottare in particolare tutte le misure atte ad assicurare l'esecuzione degli obblighi derivanti dal Trattato CE, di facilitare la Comunità nell'adempimento dei propri compiti e di astenersi da qualsiasi misura che rischi di compromettere la realizzazione degli scopi del Trattato.

24. Il governo austriaco, la Commissione, due dei ricorrenti nei procedimenti principali - Karl Schlosser e la Beta Leasing GmbH, entrambi gestori di ristoranti a Vienna -, e la Abgabenberufungskommission der Stadt Wien (Commissione tributaria di secondo grado di Vienna), di cui vengono contestate le decisioni nelle cause principali, hanno presentato osservazioni scritte e orali. In udienza, il governo italiano ha presentato osservazioni scritte, ed una terza ricorrente - Ernestine Rathgeber, che gestisce un Gasthaus - ha presentato osservazioni orali.

Valutazione

25. In via preliminare, ritengo opportuno esaminare tutti gli aspetti della controversa legge di modifica cui si fa riferimento nella questione pregiudiziale posta dal Verwaltungsgerichtshof, e non solo l'aspetto dell'efficacia retroattiva, sul quale il giudice a quo pone l'accento tanto nella questione stessa quanto nella motivazione della sua ordinanza di rinvio. La questione se la norma sostanziale sia compatibile con il diritto comunitario precede logicamente quella della compatibilità con il medesimo del suo effetto retroattivo ed è suscettibile di influire sulla risposta da dare a quest'ultima.

26. Tenendo conto di ciò, dalla giurisprudenza costante della Corte si ricavano, come è stato osservato dal giudice a quo e da tutti coloro che hanno presentato osservazioni, molte indicazioni rilevanti in merito ai diversi aspetti della presente causa.

27. Da una parte, la Corte ha stabilito che il diritto di ottenere il rimborso delle somme riscosse da uno Stato membro in violazione di norme del diritto comunitario costituisce la conseguenza e il complemento dei diritti attribuiti agli amministrati dalle disposizioni comunitarie, nell'interpretazione loro data dalla Corte; gli Stati membri sono quindi tenuti, in via di principio, a rimborsare i tributi riscossi in violazione del diritto comunitario .

28. Tuttavia, in mancanza di una disciplina comunitaria in materia di ripetizione di imposte nazionali indebitamente riscosse, spetta all'ordinamento giuridico interno di ciascuno Stato membro stabilire le relative modalità procedurali, purché le dette modalità, da un lato, non siano meno favorevoli di quelle che riguardano ricorsi analoghi di natura interna (principio di equivalenza) e, dall'altro, non rendano praticamente impossibile o eccessivamente difficile l'esercizio dei diritti conferiti dall'ordinamento giuridico comunitario (principio di effettività) .

Il principio di equivalenza

29. La normativa nazionale che stabilisce le procedure dei rimborso dei tributi dichiarati incompatibili con il diritto comunitario non può essere meno favorevole di quella che disciplina procedure analoghe di diritto interno; inoltre, un tributo del genere non può costituire lo specifico oggetto di una disciplina più restrittiva adottata in seguito ad una siffatta declaratoria di incompatibilità .

30. In proposito, innanzi tutto non vi è alcunché, nella formulazione della modifica in esame, che distingua espressamente fra le domande fondate sul diritto nazionale e quelle fondate sul diritto comunitario. Sia l'Abgabenberufungskommission sia il governo austriaco hanno sostenuto che vi sono domande di rimborso relative ad una serie di altre imposte, da essi citate, che potrebbero rientrare nell'ambito di applicazione della modifica in contestazione, se tali imposte fossero dichiarate incompatibili con il diritto nazionale.

31. Inoltre, non ritengo che le circostanze in cui la modifica è stata adottata abbiano di per sé un'importanza decisiva. Se, infatti, è chiaro che la probabilità di un'imminente sentenza della Corte di giustizia che dichiarasse l'incompatibilità dell'imposta sulle bevande con il diritto comunitario ha giocato un ruolo importante nella genesi e nella cronologia della modifica, ciò non significa che questa si applichi o fosse intesa come applicabile alle sole domande di rimborso di tale imposta o in generale di imposte riscosse in violazione del diritto comunitario.

32. Il giudice a quo deve nondimeno accertarsi che di fatto la norma in questione non sia applicabile solamente a un certo tipo di tasse dichiarate incompatibili con il diritto comunitario, bensì a «un'intera gamma di tasse e imposizioni interne» .

33. In proposito, è importante verificare che circostanze fattuali e procedurali non trasformino una norma che a prima vista appare neutrale, applicabile senza distinzione, in una che di fatto influisca su un certo tipo di ricorso in modo assai più significativo che su un altro. Ciascuna norma deve essere esaminata nel suo contesto procedurale .

34. Nella presente causa, la Beta Leasing osserva che la modifica in questione esclude dal proprio ambito di applicazione i ricorrenti «che abbiano diritto di avvalersi dell'Anlaßfallwirkung con riguardo ad una disposizione tributaria riconosciuta illegittima dal Verfassungsgerichtshof», ma che non è prevista alcuna analoga esclusione per le declaratorie di illegittimità da parte di altri giudici nazionali in seguito ad una pronunzia della Corte di giustizia. Dunque, essa obietta, se fosse stato il Verfassungsgerichtshof a dichiarare illegittima l'imposta sulle bevande, e avesse limitato l'efficacia della propria sentenza nel medesimo modo, la modifica non avrebbe potuto avere alcun effetto.

35. La Commissione spiega che, poiché gli effetti della declaratoria di illegittimità costituzionale di un'imposta si producono solo nei confronti di un ristretto numero di parti , non possono sorgere problemi di rimborso di somme ingenti come quelli cui si fa riferimento nella presente causa. In precedenza non si era dunque avvertita alcuna seria esigenza di introdurre una norma che impedisse un ingiustificato arricchimento con le modalità specificate nella modifica in contestazione.

36. Alla luce di ciò, la Commissione aveva dapprima sostenuto che le norme sui rimborsi di tributi dichiarati incompatibili con il diritto nazionale non erano più favorevoli di quelle applicabili al caso di tributi incompatibili con il diritto comunitario. In udienza, tuttavia, essa ha mutato avviso, sostenendo che vi era effettivamente una disparità di trattamento in favore di coloro che chiedevano il rimborso di un'imposta dichiarata illegittima dal Verfassungsgerichtshof; solo in quei casi, in cui il ricorrente poteva avvalersi dell'Anlaßfallwirkung, la possibilità di un ingiustificato arricchimento non era più presa in considerazione.

37. Tale aspetto non è stato discusso davanti alla Corte in sufficiente dettaglio e non sarebbe opportuno esprimere al riguardo un'opinione definitiva, che dovrebbe fondarsi su una cognizione piena delle circostanze nazionali. Tuttavia, la modifica qui contestata sembra voler significare che la norma che preclude il rimborso allorché l'onere del tributo sia stato traslato si applica a tutte le categorie di ricorrenti meno una: quella cioè di coloro che hanno agito in giudizio dinanzi al Verfassungsgerichtshof per impugnare un tributo dichiarato incostituzionale da tale giudice.

38. Se è vero che il diritto di avvalersi dell'Anlaßfallwirkung è circoscritto a coloro che agiscono in giudizio ai sensi del diritto costituzionale interno, allora le norme che disciplinano il rimborso di imposte dichiarate incompatibili con il diritto nazionale potrebbero essere più favorevoli, sotto questo aspetto, di quelle applicabili nel caso di imposte dichiarate incompatibili con il diritto comunitario.

39. Onde assicurare la conformità della modifica al principio di equivalenza, sarebbe necessario che tutti coloro che hanno impugnato un'imposta dichiarata incompatibile con il diritto comunitario potessero avvalersi di una siffatta deroga, oppure che la deroga stessa fosse completamente abolita.

Il principio di effettività

40. Il principio di effettività - ossia dell'effettiva applicazione del diritto comunitario da parte dei giudici nazionali e dell'effettiva tutela dei diritti conferiti dall'ordinamento giuridico comunitario da parte dei medesimi giudici - è stato affermato dalla Corte in numerosi campi, e può considerarsi espressione del diritto generalmente riconosciuto ad un'effettiva tutela giurisdizionale.

41. Così come il principio è stato costantemente espresso dalla Corte, spetta ai giudici degli Stati membri, in base al principio di cooperazione enunciato dall'art. 10 CE, garantire la tutela giuridica derivante, per i singoli, dall'effetto diretto del diritto comunitario . Ancorché le norme procedurali di dettaglio da applicarsi siano materia di diritto nazionale, esse non devono comunque rendere l'esercizio dei diritti conferiti dall'ordinamento giuridico comunitario - qui, il diritto al rimborso delle imposte riscosse in violazione del diritto comunitario - praticamente impossibile o eccessivamente difficile.

42. Nel valutare se ciò accada, è necessario esaminare ogni norma nel proprio contesto - il suo ruolo nella procedura nazionale considerata nel suo complesso, avendo riguardo a tutti i suoi aspetti .

43. I tipi di norme che la Corte ha indicato come atte a rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile il rimborso delle imposte riscosse in violazione del diritto comunitario includono in particolare, nel contesto dell'ingiustificato arricchimento, determinate presunzioni o discipline probatorie dirette a far gravare sul contribuente l'onere della prova e determinati termini processuali stabiliti a pena di decadenza, soprattutto se applicati retroattivamente . Tratterò più avanti di tali aspetti.

44. Per prima cosa, tuttavia, occorre esaminare la nozione di arricchimento ingiustificato in sé considerata.

L'arricchimento ingiustificato

45. Ancorché gli Stati membri siano tenuti in linea di principio a rimborsare le imposte nazionali riscosse in violazione del diritto comunitario, non si esige che essi concedano tale rimborso ove ciò produca un arricchimento senza giusta causa degli aventi diritto . Gli ordinamenti giuridici interni non riconoscono in genere un diritto all'arricchimento senza causa o ingiustificato, né un tale diritto è conferito dall'ordinamento giuridico comunitario.

46. In particolare, in un caso come quello in oggetto uno Stato membro non è tenuto a rimborsare l'operatore commerciale quando è dimostrato che l'onere del tributo da lui pagato è stato interamente trasferito su un soggetto diverso dall'operatore, e che il rimborso del tributo a quest'ultimo comporterebbe per lui un arricchimento senza giusta causa; qualora sia stata traslata una parte soltanto dell'onere del tributo, le autorità nazionali hanno il dovere di rimborsare all'operatore solo l'importo non traslato . E' ovvio che, se l'operatore che ha pagato un tributo, ma ne ha di fatto traslato l'intero onere sui propri clienti, senza che in concomitanza di ciò sia a lui derivata alcuna perdita, ottenesse il rimborso di tale tributo, poi dichiarato illegittimo, ciò si tradurrebbe in un ingiustificato arricchimento per l'operatore . Una normativa nazionale che, in tali circostanze, precluda l'ingiustificato arricchimento è dunque compatibile con il diritto comunitario.

47. Tuttavia, anche nell'ipotesi in cui l'onere del tributo sia stato traslato, in tutto o in parte, il rimborso all'operatore dell'importo così traslato non comporta necessariamente un suo arricchimento senza causa .

48. Ad esempio, l'operatore può scegliere di contenere l'aumento dei suoi prezzi al dettaglio e mantenere il suo volume di vendite limitando o riducendo il proprio margine di profitto per assorbire l'intero importo del tributo o parte di esso. O ancora, avendo deciso di non seguire tale politica, ma di aumentare i prezzi di un importo esattamente corrispondente all'ammontare del tributo, egli può veder diminuire i propri profitti in conseguenza di un calo nel volume delle vendite. Infine, può scegliere di sopportare egli stesso l'onere di una parte del tributo e tuttavia veder calare il volume delle proprie vendite. In tutti questi casi - che appaiono plausibili in una situazione di accesa competizione fra operatori - egli avrà sofferto una perdita economica in conseguenza dell'imposizione di un'imposta illegittima, cosicché non può sostenersi che egli abbia riversato l'(intero) onere del tributo su terzi, né che il rimborso (di una porzione adeguata) dell'importo del tributo si tradurrebbe per lui in un ingiustificato arricchimento .

49. Il diritto comunitario non consente quindi ad uno Stato membro di respingere una domanda di rimborso sul mero presupposto della traslazione su altri soggetti dell'onere del tributo; deve infatti dimostrarsi che siffatto rimborso darebbe luogo ad un ingiustificato arricchimento .

50. E' perciò necessario considerare attentamente ogni norma in contestazione, onde verificare che essa si limiti realmente ad impedire l'ingiustificato arricchimento e non renda altresì praticamente impossibile od eccessivamente difficile ottenere il rimborso in altre circostanze in cui un diritto al rimborso sia conferito dal diritto comunitario.

51. La controversa modifica al codice tributario di Vienna esclude la restituzione «se l'onere finanziario del tributo è stato sopportato da una persona diversa dal soggetto passivo d'imposta». La portata di tale disposizione non sembrerebbe dunque idonea a incidere su operatori diversi da quelli per i quali il rimborso si tradurrebbe in effetti in un arricchimento senza causa, purché la nozione di «onere finanziario del tributo (...) sopportato» comprenda qualsiasi perdita economica derivante dall'assoggettamento al tributo stesso, a prescindere dal fatto che l'importo del tributo sia stato riversato su un terzo o meno, e purché la norma sia interpretata nel senso che si debba tener conto di qualsiasi ripartizione dell'onere finanziario e possa quindi, se del caso, ottenersi un rimborso pro quota. In presenza di queste condizioni, la norma sostanziale sembra dunque conforme al principio di effettività.

52. In proposito, all'udienza la Commissione ha attirato l'attenzione su un aspetto che non ha formato oggetto di esauriente discussione dinanzi alla Corte. Se, come può essere accaduto, l'importo dell'imposta sulle bevande avesse comportato anche l'aumento dell'IVA dovuta sulle vendite, e dunque del prezzo finale di vendita al dettaglio, ciò potrebbe avere avuto ulteriori ripercussioni sulle vendite, e quindi sui profitti, degli operatori. Questo è uno dei fattori che, ove ricorra in concreto, deve essere tenuto in considerazione prima di decidere se il rimborso abbia dato luogo a un ingiustificato arricchimento.

Onere della prova

53. Più gravi difficoltà possono sorgere con riguardo ai requisiti probatori, un aspetto che di per sé non è regolato dalla modifica qui in contestazione.

54. Dalla giurisprudenza si evince chiaramente che una norma che faccia gravare sul ricorrente l'onere di dimostrare che l'imposta non è stata traslata su altri soggetti, o che ponga una presunzione di traslazione dell'imposta, non è compatibile con il diritto comunitario. Qualsiasi norma che ponga limitazioni particolari con riguardo alla forma delle prove da fornire è parimenti incompatibile con tale diritto.

55. Secondo l'ordinanza di rinvio, il codice tributario di cui trattasi non prevede alcuna norma in tema di onere della prova, ammissibilità dei mezzi probatori o valutazione di questi ultimi. La regola processuale generale applicabile discende dal dovere del giudice di accertare d'ufficio le circostanze di fatto. Il soggetto passivo d'imposta deve contribuire all'accertamento dei fatti, ma, quando non può ragionevolmente pretendersi una prova piena, la legge si accontenta di una valutazione di probabilità ed ammette qualsiasi prova che appaia idonea ad accertare i fatti ed appropriata nelle circostanze del caso. L'Abgabenberufungskommission e il governo austriaco sostengono che l'onere della prova grava sulle autorità fiscali.

56. Il ricorrente Karl Schlosser, tuttavia, obietta che, ai sensi della legge austriaca, poiché una domanda di rimborso implica la richiesta di un beneficio per il ricorrente e la verifica che siano soddisfatte le condizioni poste dalla legge per la concessione di tale beneficio, il ricorrente ha il dovere di cooperare nell'accertamento dei fatti all'uopo rilevanti. In particolare, egli deve produrre documenti a sostegno dei relativi calcoli. Nelle presenti cause, l'Abgabenberufungskommission perveniva alla propria decisione deducendo, dal fatto incontroverso che il prezzo al dettaglio delle bevande alcoliche includeva l'imposta sulle bevande stesse, che l'onere della relativa imposta era stato sopportato dai consumatori. Ciò equivarrebbe a una presunzione che rende impossibile o almeno eccessivamente difficile ottenere il rimborso.

57. Non spetta a codesta Corte stabilire quale fra tali opinioni in merito all'applicazione pratica di norme di diritto interno sia quella corretta. Tuttavia, affinché il giudice nazionale possa essere certo della compatibilità della modifica in contestazione con il diritto comunitario con riguardo ai requisiti probatori, esso deve accertarsi che le norme che disciplinano l'accertamento dei fatti rilevanti non rechino pregiudizio al ricorrente.

58. Da una parte, sul ricorrente non deve gravare alcun obbligo di provare che egli non ha traslato l'imposta su un terzo, né deve esservi alcuna presunzione di traslazione dell'imposta fondata sul mero fatto che il prezzo al dettaglio doveva necessariamente includere l'importo dell'imposta, indipendentemente da ogni altra circostanza.

59. Dall'altra parte, è evidente che, quando si tratta di un'imposta autoliquidata, non si può pretendere che le autorità fiscali dimostrino che il relativo onere è stato traslato senza la necessaria cooperazione da parte del soggetto passivo e senza potere avere accesso alle relative registrazioni contabili eventualmente tenute da quest'ultimo .

60. In tale contesto, è a mio avviso opportuno chiarire la portata della giurisprudenza in materia sottolineando che, se il diritto comunitario preclude ogni presunzione di ingiustificato arricchimento salvo prova contraria fornita dal ricorrente, esso non preclude però la possibilità di trarre ragionevoli deduzioni dalle prove disponibili. Senza una tale possibilità, la bilancia potrebbe pendere così decisamente in favore del ricorrente da rendere il legittimo obiettivo di impedire l'arricchimento senza causa praticamente impossibile da conseguire. L'organo giudicante deve poter prendere in considerazione tutte le prove rilevanti a sua disposizione e pervenire ad una decisione equa, tenendo nel dovuto conto qualsiasi eventuale probabilità che il ricorrente abbia sostenuto una parte dell'onere relativo al tributo o abbia sofferto una perdita economica in conseguenza della sua imposizione.

61. Per concludere su questo punto, il giudice nazionale deve accertare se, nel contesto del sistema procedurale interno considerato nel suo complesso , la modifica in contestazione sortisca in pratica l'effetto di stabilire una presunzione di traslazione sui consumatori dell'onere dell'imposta sulle bevande, salvo prova contraria fornita dal rivenditore. Una siffatta situazione sarebbe incompatibile con il diritto comunitario e potrebbe essere sanata solo disapplicando la norma contestata o interpretandola in modo tale da impedirle di sortire tale effetto.

Efficacia retroattiva

62. Con riguardo agli atti comunitari, la Corte ha ripetutamente statuito che il principio di certezza del diritto osta a che il momento iniziale dell'applicazione nel tempo di un atto comunitario decorra da una data anteriore a quella della sua pubblicazione, salvo qualora, in via eccezionale, lo esiga lo scopo da raggiungere e sia debitamente rispettato il legittimo affidamento degli interessati .

63. Nel contesto delle normative nazionali sul rimborso di tributi illegittimamente riscossi, la Corte ha statuito che, se un tributo è stato dichiarato incompatibile con il diritto comunitario, questo stesso diritto non osta a che lo Stato membro in questione adotti nuove condizioni per il rimborso di tale tributo, quali un più breve termine di decadenza, purché conformi ai principi di equivalenza e di effettività .

64. Per quanto concerne quest'ultimo principio, esso non deve adottare norme di procedura specificamente intese a ridurre le possibilità di proporre domande di rimborso, in particolare riducendo retroattivamente i termini di ricorso stabiliti a pena di decadenza senza prevedere un adeguato regime transitorio .

65. La limitazione dell'efficacia temporale della sentenza EKW non equivale ad esimere qualsiasi domanda proposta prima della data di tale pronuncia da ogni altra restrizione prevista dal diritto interno, ma solo a rendere improcedibile ogni altra domanda in relazione al periodo stabilito. E non vi è nulla in tale sentenza che ponga od implichi di per sé una condizione di carattere generale per quanto riguarda la data di entrata in vigore delle norme di diritto interno applicabili o che precluda qualsiasi effetto retroattivo di queste.

66. Una normativa nazionale che si limiti a impedire un ingiustificato arricchimento è compatibile con il diritto comunitario.

67. Se una tale normativa si applica a domande relative a situazioni anteriori alla sua entrata in vigore, tale efficacia retroattiva non sembra incompatibile con il diritto comunitario. Da una parte, fino a quando essa è intesa a impedire un ingiustificato arricchimento, essa di fatto preclude solamente l'arricchimento che si sarebbe verificato dopo la sua entrata in vigore, purché non vi sia alcuna disposizione che preveda la restituzione di importi già rimborsati. Dall'altra parte, in relazione ad un tale arricchimento non può comunque configurarsi alcun legittimo affidamento, poiché il concetto di legittimità non può per definizione comprendere ciò che è ingiustificato.

68. E' vero che in altre circostanze un'efficacia retroattiva può non essere conforme al principio di effettività: ad esempio, nelle sentenze Marks & Spencer e Grundig Italiana (per citare solo i casi più recenti), la Corte ha indicato che una riduzione retroattiva del termine entro cui il rimborso può essere richiesto è incompatibile con il principio di effettività se, in assenza di un adeguato regime transitorio, essa priva alcuni soggetti del diritto di ottenere il rimborso o concede loro un termine troppo breve per esercitare tale diritto.

69. Qui, al contrario, poiché il diritto comunitario non prevede affatto un diritto ad ottenere il rimborso quando ne deriverebbe un ingiustificato arricchimento, il fatto che, in seguito ad una modifica della normativa nazionale, una domanda che in precedenza avrebbe potuto essere accolta non può più, per tale ragione, trovare accoglimento, non ha alcuna incidenza sull'effettività di un diritto conferito dall'ordinamento comunitario.

70. La questione della retroattività, tuttavia, incide sulla questione dell'onere della prova, poiché, come rilevato dal sig. Schlosser, i ricorrenti che sanno di essere tenuti a dimostrare determinati fatti hanno maggiori probabilità di riuscire a precostituirsi la prova dei fatti stessi rispetto ai ricorrenti che non lo sanno .

71. Precostituirsi e conservare tali prove può essere un compito arduo in situazioni come quella della presente causa, cosicché un operatore potrebbe sentirsi autorizzato a non farlo se non ravvisasse alcun bisogno attuale o prevedibile in tal senso in vista della possibilità di ottenere un rimborso di un'imposta che egli considera palesemente incompatibile con il diritto comunitario e con riguardo alla quale è consapevole del fatto che la sua imposizione gli cagiona una perdita. In particolare, il calcolo dei prezzi al dettaglio può non avere tenuto conto specificamente e separatamente dell'importo dell'imposta, se l'operatore non prevedeva di dover fornire la prova della perdita da lui sostenuta.

72. Una modifica retroattiva delle norme sarebbe dunque incompatibile con il principio di effettività se, con l'introdurre un requisito probatorio che non si prevedeva di dover soddisfare all'epoca in cui sarebbe stato possibile precostituirsi la relativa prova, rendesse praticamente impossibile o eccessivamente difficile per un tale operatore ottenere il rimborso quand'anche egli avesse di fatto sostenuto (una parte del)l'onere dell'imposta.

Conclusione

73. Alla luce delle considerazioni di cui sopra, concludo nel senso che la questione pregiudiziale sollevata dal Verwaltungsgerichtshof dovrebbe essere risolta come segue:

Il diritto comunitario non osta a una disposizione nazionale che escluda il rimborso al soggetto passivo d'imposta di un tributo dichiarato incompatibile con il diritto comunitario qualora l'onere di tale tributo sia stato sopportato da un terzo, anche se tale disposizione si applichi a fattispecie verificatesi prima della data della sua entrata in vigore e a soggetti il cui diritto a far valere l'incompatibilità dell'imposta con il diritto comunitario non fosse escluso da una limitazione dell'efficacia temporale della sentenza della Corte di giustizia che ha dichiarato l'incompatibilità stessa, purché detta disposizione sia conforme ai principi di equivalenza (non sia, cioè, meno favorevole di quelle che riguardano ricorsi analoghi di natura interna) e di effettività (non renda, cioè, virtualmente impossibile o eccessivamente difficile l'esercizio dei diritti conferiti dall'ordinamento giuridico comunitario).

In particolare, per essere conforme al principio di effettività, la disposizione nazionale non deve:

- rendere il rimborso praticamente impossibile o eccessivamente difficile con riguardo ad alcuna parte dell'onere economico che sia stata sostenuta dal soggetto passivo d'imposta, sia perché questi non ha traslato l'intero importo del tributo, sia perché questi ha altrimenti sofferto una perdita economica in conseguenza della sua imposizione;

- implicare in pratica alcuna presunzione che l'onere del tributo sia stato sopportato da un terzo o far gravare sul ricorrente alcun onere di provare il contrario;

- imporre alcun obbligo di fornire prove che siano praticamente impossibili o eccessivamente difficili da ottenere alla data di entrata in vigore della disposizione.