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CONCLUSIONI DELL'AVVOCATO GENERALE
ANTONIO TIZZANO
presentate il 6 marzo 2003(1)


Causa C-209/01



Dr. Theodor Schilling,
Angelica Fleck-Schilling
contro
Finanzamt Nürnberg-Süd


[domanda di pronuncia pregiudiziale, proposta dal Bundesfinanzhof (Germania)]

«Libera circolazione dei lavoratori – Funzionari e altri agenti delle Comunità europee – Protocollo sui privilegi e sulle immunità – Domicilio fiscale nello Stato di origine – Imposta nazionale sui redditi – Spese deducibili»






1. Con ordinanza del 21 febbraio 2001, il Bundesfinanzhof (Germania) (Tribunale federale tributario, in prosieguo: il «BFH») ha rinviato alla Corte, ai sensi dell̕art. 234 CE, alcune questioni pregiudiziali vertenti sull̕interpretazione del Protocollo sui privilegi e sulle immunità delle Comunità europee, dell̕8 aprile 1965 (in prosieguo il «Protocollo»), nonché dell̕art. 39 CE (ex art. 48 del Trattato), in relazione all̕applicazione dell̕art. 10, primo comma, punto 8, dell̕Einkommensteuergesetz del 20 settembre 1990 (legge tedesca in materia di imposta sul reddito, in prosieguo: l̕«EStG»), che prevede la deducibilità delle spese per la retribuzione di un collaboratore domestico dalla base imponibile a titolo di imposta sui redditi, ove siano stati versati i contributi sociali obbligatori.

2. In buona sostanza il giudice del rinvio chiede se l̕art. 14 del Protocollo o l̕art. 39 CE ostino ad un̕interpretazione dell̕art. 10, primo comma, punto 8, EStG in forza della quale il cittadino tedesco che ha trasferito la propria residenza in Lussemburgo per prestare servizio presso un̕istituzione comunitaria, mantenendo il proprio domicilio fiscale in Germania, non può dedurre, ai fini dell̕imposta sui redditi cui il funzionario è assoggettato in tale Paese, le spese sostenute in Lussemburgo per la retribuzione di un collaboratore domestico.

I – I - Quadro giuridico

A – Il quadro giuridico comunitario

3. Ai sensi dell̕art. 14, primo comma, del Protocollo: «Ai fini dell̕applicazione delle imposte sul reddito e sul patrimonio, dei diritti di successione, nonché delle convenzioni concluse fra i paesi membri delle Comunità al fine di evitare le doppie imposizioni, i funzionari e altri agenti delle Comunità, i quali, in ragione esclusivamente dell̕esercizio delle loro funzioni al servizio delle Comunità, stabiliscono la loro residenza sul territorio di un paese membro diverso dal paese ove avevano il domicilio fiscale al momento dell̕entrata in servizio presso le Comunità, sono considerati, sia nel paese di residenza che nel paese del domicilio fiscale, come tutt̕ora domiciliati in quest̕ultimo paese qualora esso sia membro delle Comunità. Tale disposizione si applica ugualmente al coniuge, sempreché non eserciti una propria attività professionale, nonché ai figli ed ai minori a carico delle persone indicate nel presente articolo e in loro custodia».

4. L̕art. 39 CE (ex art. 48 del Trattato), come è noto, dispone al suo n. 1 che «[l]a libera circolazione dei lavoratori all̕interno della Comunità è assicurata», chiarendo poi ai nn. 2 e 3 «che [e]ssa implica l̕abolizione di qualsiasi discriminazione, fondata sulla nazionalità, tra i lavoratori degli Stati membri, per quanto riguarda l̕impiego, la retribuzione e le altre condizioni di lavoro» e importa il diritto, per quanto qui interessa, di rispondere a offerte di lavoro effettive, di spostarsi liberamente a tal fine nel territorio degli Stati membri, e di prendere dimora in uno degli Stati membri al fine di svolgervi un̕attività di lavoro. Tuttavia, «[l]e disposizioni del presente articolo non sono applicabili agli impieghi nella pubblica amministrazione» (n. 4).

B – Il quadro giuridico nazionale

5. Ai sensi dell̕art. 1 EStG:«1. Le persone fisiche che hanno il loro domicilio o la residenza abituale sul territorio nazionale sono assoggettate integralmente all̕imposta sul reddito. (…)(…)4. Le persone fisiche che non hanno né il domicilio né la residenza abituale sul territorio nazionale sono assoggettate solo parzialmente all̕imposta sul reddito (…) qualora percepiscano dei redditi nazionali ai sensi dell̕articolo 49».

6. In forza di tale regime, dunque, le persone fisiche che hanno il domicilio in Germania o risiedono in quel paese sono assoggettate all̕imposta, in linea di principio, su tutti i loro redditi in qualunque parte del mondo percepiti, mentre le altre persone sono assoggettate ad imposta unicamente sui redditi che percepiscono in Germania.

7. L̕art. 10 EStG, nella versione applicabile ratione temporis ai fatti di causa, prevede che il contribuente che abbia almeno due figli minori di dieci anni a carico possa dedurre alcune spese straordinarie dalla base imponibile ai fini dell̕imposta sui redditi.

8. In particolare, tra queste spese straordinarie rientrano, ai sensi del primo comma, n. 8, di tale articolo, «le spese effettuate dal contribuente per remunerare un collaboratore domestico, sino al limite annuale di DEM 12 000, qualora, in ragione del rapporto di lavoro domestico, siano versati i contributi obbligatori al regime legale di assicurazione sociale obbligatoria nazionale».

9. Si deve infine ricordare che, ai sensi dell̕art. 50 EStG, le persone assoggettate solo parzialmente all̕imposta sul reddito non sono ammesse alla deduzione delle spese straordinarie di cui all̕art. 10 EStG.

II – Fatti e procedura

10. Si desume dall̕ordinanza di rinvio che negli anni 1991 e 1992 i coniugi Schilling, entrambi di nazionalità tedesca, lavoravano come funzionari della Comunità europea in Lussemburgo, dove abitavano con i loro tre figli e dove avevano stabilito la propria residenza. Si desume altresì che essi, prima di prendere servizio presso le Comunità europee avevano il loro domicilio in Germania.

11. Il Dr. Schilling, oltre alla remunerazione di funzionario europeo, percepiva in Germania redditi da locazione e da affitto, nonché, nel corso dell̕anno fiscale 1992, un reddito da lavoro autonomo.

12. La vertenza nazionale ha ad oggetto la richiesta di deduzione in Germania, ai sensi dell̕art. 10 EStG, delle spese «straordinarie» che i ricorrenti avevano sostenuto per la remunerazione di un collaboratore domestico, che prestava lavoro presso di loro, in Lussemburgo, negli anni 1991 e 1992.

13. Il Finanzamt Nürnberg-Süd (ufficio delle imposte di Norimberga-Sud, in prosieguo: il «Finanzamt»), inizialmente investito della questione, aveva negato la deduzione delle spese, perché i contributi per l̕assicurazione sociale obbligatoria non erano stati versati a beneficio del regime tedesco, come richiesto dall̕art. 10, primo comma, punto 8, EStG, ma all̕assicurazione sociale obbligatoria lussemburghese. Di fronte a tale rifiuto, i coniugi Schilling avevano adito il competente Finanzgericht (tribunale tributario) per ottenere la riforma della decisione del Finanzamt, senza però avere successo. Contro la decisione del Finanzgericht i coniugi Schilling hanno infine proposto ricorso per revisione dinanzi al BFH, facendo valere in particolare la violazione dell̕art. 14 del Protocollo.

14. Il BFH, ritenendo che la soluzione della controversia richieda l̕interpretazione e l̕applicazione di alcune norme e principi di diritto comunitario, ha sospeso il procedimento ed ha sottoposto alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:«1. Se sia in contrasto con l̕art. 14, primo comma, del Protocollo sui privilegi e sulle immunità delle Comunità europee (…) il fatto che dei cittadini tedeschi che abitano in Lussemburgo e vi lavorano come funzionari della Comunità europea non possano, nell̕ambito dell̕accertamento dell̕imposta tedesca sul reddito, dedurre ai sensi dell̕art. 10, primo comma, punto 8, EStG le spese relative ad un collaboratore domestico impiegato in Lussemburgo, in quanto i contributi per l̕assicurazione sociale obbligatoria di detto collaboratore non sono stati versati all̕ente previdenziale tedesco.

2. Nel caso in cui la questione sub 1) venga risolta negativamente, se l̕art. 39, n. 4, CE debba essere interpretato nel senso che gli agenti della Comunità europea non possono invocare l̕art. 39 del Trattato CE.

3. Nel caso in cui la questione sub 2) venga risolta negativamente, se sia in contrasto con l̕art. 39 CE il fatto che un agente della Comunità europea stabilito in Lussemburgo, che è considerato residente in Germania dall̕amministrazione tedesca e che paga in Lussemburgo i contributi per l̕assicurazione sociale obbligatoria di un collaboratore domestico, non abbia diritto alla detrazione delle spese straordinarie di cui all̕art. 10, primo comma, punto 8, EStG.

4. Nel caso in cui la questione sub 3) venga risolta positivamente, se i principi enunciati nella sentenza 26 gennaio 1993, causa C-112/91, Werner (Racc. pag. I-429, in particolare pag. 463), possano essere applicati alla presente fattispecie».

15. Nel corso del procedimento così instauratosi dinanzi alla Corte hanno presentato osservazioni scritte i coniugi Schilling e la Commissione. Il Finanzamt, da parte sua, non ha presentato osservazioni scritte, ma si è limitato, con lettera 17 luglio 2001, a far proprie le valutazioni giuridiche espresse dal BFH nell̕ordinanza di rinvio.

III – Analisi giuridica

Premessa

16. Devo osservare, anzitutto, che l̕illustrazione delle posizioni delle parti non è agevole, dato che, nella trattazione dei quesiti, esse hanno seguito un ordine diverso da quello dell̕ordinanza di rinvio.

17. I coniugi Schilling si sono infatti limitati, in buona sostanza, ad affrontare la prima questione, ritenuta assorbente, anche se non hanno mancato di sottolineare sinteticamente, quanto alla terza questione, l̕inapplicabilità dell̕art. 39 CE.

18. La Commissione, invece, liquidate con telegrafica concisione la seconda e la quarta questione, ha ritenuto opportuno affrontare, nell̕ordine, la terza e la prima, per giunta riformulandole e accorpandole in una sola questione articolata su due punti.

19. Pare in effetti anche a me preferibile modificare l̕ordine della trattazione rispetto a quello suggerito dal giudice del rinvio. Credo infatti che da un punto di vista logico si debba anzitutto accertare se l̕art. 39 CE osti, in termini generali, all̕applicazione di una normativa nazionale come quella rilevante nel caso di specie (seconda e terza questione), e solo dopo chiedersi se l̕art. 14 del Protocollo precluda, nel suo specifico ambito, tale applicazione (prima questione), per poi affrontare infine la quarta questione, relativa all̕interpretazione della sentenza Werner.

20. Poiché, come ho detto, il resistente nel procedimento principale ha fatto rinvio alle valutazioni espresse nell̕ordinanza dal giudice a quo , nel prosieguo darò conto, dove necessario, anche delle ipotesi di soluzione in essa ventilate.

Sulla seconda questione

21. Con la seconda questione il giudice del rinvio chiede se i funzionari comunitari possano invocare il regime di libera circolazione previsto dall̕art. 39, nn. 1-3, CE o se vi si opponga il n. 4 dello stesso articolo, in forza del quale il suddetto regime non si applica agli impieghi nella pubblica amministrazione.

22. Devo dire però che, malgrado i dubbi formulati al riguardo dal BFH, non mi sembra che la risposta positiva a tale questione possa essere messa in discussione. Come ha infatti osservato la Commissione, la sola che abbia preso posizione sul punto, la Corte ha sempre dato un̕interpretazione restrittiva alla deroga di cui all̕art. 39, n. 4, CE, limitandone la portata agli impieghi che implicano la partecipazione, diretta o indiretta, all̕esercizio dei pubblici poteri e alle funzioni che hanno ad oggetto la tutela degli interessi generali dello Stato o delle altre collettività pubbliche (2) . Poiché è del tutto evidente che nella specie non ricorrono tali ipotesi, ne discende che la deroga non è qui di applicazione.

23. Aggiungo che la medesima risposta s̕imporrebbe anche nel caso in cui, con il quesito in esame, il giudice del rinvio avesse inteso chiedere se ai funzionari comunitari non si applica il regime generale, previsto dall̕art. 39 CE, ma un diverso regime, istituito dagli artt. 12 e seguenti del Protocollo sui privilegi e sulle immunità, e prevalente sull̕altro a titolo di lex specialis .

24. A parte ogni altra considerazione, infatti, una simile tesi sarebbe smentita anzitutto dalla giurisprudenza della Corte, in forza della quale un cittadino comunitario che lavori in uno Stato membro diverso dal suo Stato d̕origine non perde la qualità di lavoratore, ai sensi dell̕art. 39 CE, per il fatto di occupare un impiego all̕interno di un̕organizzazione internazionale, nella specie le Comunità europee. E̕ dunque vietato nei suoi confronti qualsiasi trattamento discriminatorio che possa ostacolarlo nel godimento della libertà di circolazione, a nulla rilevando a tal fine che «le condizioni per il suo ingresso e il suo soggiorno nel paese in cui è occupato sono specialmente disciplinate da una convenzione internazionale» (3) .

25. Ne concludo pertanto che i funzionari comunitari possono invocare, in linea di principio, il regime di libera circolazione previsto dall̕art. 39, nn. 1-3, CE, senza che a ciò si opponga il n. 4 dello stesso articolo.

Sulla terza questione

26. Per l̕ipotesi in cui l̕art. 39 CE risulti applicabile ai funzionari comunitari, il BFH si chiede se esso non si opponga ad una disposizione nazionale, quale l̕art. 10, primo comma, n. 8, EStG, come interpretato dal Finanzamt e dal Finanzgericht. Il giudice del rinvio si chiede infatti se il più favorevole trattamento fiscale delle fattispecie ''interne'', rispetto a quelle ''transnazionali'', previsto da quella norma sia in realtà obiettivamente giustificato o se non costituisca una discriminazione vietata dal Trattato.

Argomenti delle parti

27. A supporto della prima ipotesi, il giudice del rinvio fa valere anzitutto che l̕art. 10, primo comma, punto 8, EStG costituisce uno strumento con cui il legislatore tedesco persegue, all̕interno della società tedesca, obiettivi di politica economica, sociale e del mercato del lavoro. In particolare, mira a ridurre il peso economico derivante alle famiglie con prole numerosa dalla gestione del nucleo domestico; così come intende arginare il fenomeno del lavoro nero, a tutela degli interessi dei lavoratori attivi sul mercato tedesco, nonché della sana gestione del regime legale di assicurazione sociale obbligatoria tedesca. Ora, è del tutto legittimo che tali obiettivi siano perseguiti unicamente con riguardo alla società tedesca, limitando l̕applicabilità delle agevolazioni fiscali alle fattispecie nazionali, perché diversamente si imporrebbe al bilancio tedesco un onere finanziario del tutto ingiustificato.

28. Secondo i signori Schilling, l̕art. 39 CE troverebbe applicazione solo per i casi di discriminazione, diretta o indiretta, basata sulla nazionalità. Ora, poiché a loro avviso una tale discriminazione non sussisterebbe nella fattispecie, la norma tedesca non dovrebbe essere vagliata alla luce della predetta disposizione del Trattato. Le censure che essi rivolgono all̕art. 10, primo comma, n. 8, EStG, pertanto, non sono svolte in relazione alla presente questione, ma in relazione alla prima, avente ad oggetto l̕art. 14 del Protocollo (v. infra , paragrafo 68). Su tali posizioni ritornerò dunque nella sede più appropriata.

29. Per parte sua, la Commissione assume che la libertà di circolazione dei lavoratori all̕interno della Comunità implica certo il divieto di discriminare i lavoratori sulla base della nazionalità, ma non si esaurisce in esso, perché comporta altresì il divieto per uno Stato membro di ostacolare i propri cittadini che intendano recarsi in un altro Stato membro a prestare la loro opera, trattandoli in modo deteriore rispetto ai soggetti che non esercitano la libertà di circolazione.

30. Tale divieto, ricorda la Commissione, si impone anche in materia di imposte dirette, non ancora oggetto di armonizzazione al livello comunitario. In particolare, dalle sentenze Bachmann (4) e Schumacker (5) si evincerebbe che il principio della libera circolazione dei lavoratori e il principio di uguaglianza ostano al mantenimento di un regime fiscale nazionale discriminatorio, che comporti limitazioni alla libertà di circolazione.

31. In quanto quindi subordina la possibilità di dedurre dalla base imponibile dell̕imposta sui redditi le spese per un collaboratore domestico alla condizione che i contributi sociali siano versati al regime legale di assicurazione sociale obbligatoria nazionale tedesco, l̕art. 10, primo comma, n. 8, EStG avrebbe come conseguenza l̕aumento del carico fiscale per le persone che trasferiscono la loro residenza all̕estero, e ciò senza che vi sia alcuna valida giustificazione per tale trattamento deteriore.

32. La terza questione esige quindi, secondo la Commissione, una risposta positiva.

Valutazione

33. Venendo ad una valutazione della questione, devo preliminarmente ricordare che, come la Corte ha più volte ribadito, anche se la materia delle imposte dirette rientra nella competenza degli Stati membri, questi ultimi devono tuttavia esercitare tale competenza nel rispetto del diritto comunitario, astenendosi quindi da qualsiasi discriminazione, palese o dissimulata, basata sulla cittadinanza (6) .

34. Devo altresì precisare, sempre in via preliminare, che, contrariamente a quanto ritengono i coniugi Schilling, l̕art. 39 CE è pienamente applicabile al caso di specie. Infatti, il principio della libertà di circolazione non soltanto comporta il divieto delle discriminazioni fondate direttamente o indirettamente sulla nazionalità, ma colpisce più ampiamente qualsiasi misura con cui si impedisca o anche soltanto si renda più difficile ad un soggetto stabilito nella Comunità l̕esercizio di un̕attività economica in uno Stato membro diverso da quello di provenienza (sia questo lo Stato nazionale o quello di residenza).

35. Per giurisprudenza costante, infatti, «le norme del Trattato sulla libera circolazione delle persone sono volte a facilitare ai cittadini comunitari l̕esercizio di attività lavorative di qualsivoglia natura in tutto il territorio della Comunità ed ostano ai provvedimenti che potrebbero sfavorirli qualora desiderino svolgere un̕attività economica nel territorio di un altro Stato membro» (7) e, pertanto, «disposizioni che impediscano ad un cittadino di uno Stato membro di lasciare il paese d̕origine per esercitare il suo diritto di libera circolazione, o che lo dissuadano dal farlo, costituiscono [o]stacoli frapposti a tale libertà anche se si applicano indipendentemente dalla cittadinanza dei lavoratori interessati» (8) .

36. Se dunque si ritiene, come deve a mio avviso ritenersi, che la presente fattispecie rientri nell̕ambito di applicazione dell̕art. 39 CE, resta allora da stabilire se l̕art. 10 EStG costituisca o meno un ostacolo alla libera circolazione dei lavoratori.

37. Non credo però che sul punto occorra dilungarsi, tanto più che soccorre qui una chiara giurisprudenza della Corte. In relazione ad una fattispecie che presentava numerosi punti di contatto con la presente causa, la Corte ha infatti chiarito che la legislazione di uno Stato membro la quale subordini la deducibilità di certi contributi d̕assicurazione contro la malattia e l̕invalidità o contro la vecchiaia e la morte alla condizione che detti contributi vengano versati in questo stesso Stato può costituire un ostacolo alla libera circolazione delle persone, argomentando in particolare dal fatto che il suddetto requisito penalizza essenzialmente o prevalentemente i cittadini comunitari che si avvalgono della libertà di circolazione (9) .

38. Orbene, venendo alla misura tedesca di cui si tratta, non c̕è dubbio che anch̕essa, negando la deducibilità delle spese per un collaboratore domestico dalla base imponibile dell̕imposta sui redditi qualora il pagamento dei relativi contributi sociali sia avvenuto all̕estero, determina una situazione economicamente sfavorevole per chi, originariamente stabilito in Germania, si sia trasferito all̕estero per esercitarvi un̕attività lavorativa, ma continui ad essere assoggettato in Germania ad imposizione sui redditi. Infatti, ove quella persona decida di assumere alle proprie dipendenze un lavoratore domestico, ciò avverrà di necessità nel nuovo Paese di residenza, e dunque sarà lì e non nel Paese di origine che essa verserà i contributi sociali, perdendo così il vantaggio derivante dalla detassazione.

39. Ne concludo, pertanto, che l̕art. 10, primo comma, n. 8, EStG costituisce in linea di principio un ostacolo alla libertà di circolazione delle persone.

40. Ciò posto, si deve però ancora stabilire se un tale ostacolo non possa essere considerato come obiettivamente giustificato, e quindi non in contrasto con l̕art. 39 CE.

41. La giurisprudenza della Corte ha infatti ripetutamente riconosciuto che disposizioni fiscali nazionali in cui si opera una distinzione tra i contribuenti in ragione della loro residenza possono essere compatibili con il diritto comunitario qualora le situazioni cui si applicano quelle disposizioni siano distinte e non oggettivamente comparabili (10) o se, altrimenti, un diverso trattamento possa essere giustificato da esigenze imperative di interesse generale e in particolare da esigenze di coerenza del regime fiscale (11) . Occorre dunque verificare se ricorrano nella fattispecie tali condizioni.

42. Cominciando dalle esigenze di interesse generale, ricordo che, secondo il giudice del rinvio, l̕ostacolo alla libera circolazione delle persone derivante dall̕applicazione dell̕art. 10, primo comma, n. 8, EStG potrebbe essere giustificato in considerazione delle finalità, sopra ricordate (v. paragrafo 27), che tale disposizione persegue.

43. Mi pare però che nessuno dei motivi di interesse generale che giustificano la norma sulla deducibilità delle spese per un lavoratore domestico possa essere assunto a giustificazione della sua applicazione differenziata tra chi paga i contributi in Germania e chi invece li paga in altri Stati membri. E̕ evidente infatti che né l̕obiettivo di tutela delle famiglie numerose, né quello di lotta al lavoro nero sarebbero pregiudicati ove il fisco tedesco concedesse il suddetto vantaggio fiscale anche a chi paga i contributi sociali in un altro Stato membro.

44. D̕altra parte, non credo neppure che una siffatta applicazione differenziata del beneficio fiscale sia giustificabile in quanto misura necessaria a preservare la coerenza del regime fiscale in questione.

45. Dalla giurisprudenza della Corte discende infatti che, nell̕applicare disposizioni nazionali relative alla fiscalità diretta, una distinzione tra i contribuenti in ragione della loro residenza – come quella che sta alla base della misura di cui si tratta (12) – può certo rivelarsi necessaria a preservare la coerenza del regime fiscale, in considerazione del fatto che «la perdita di gettito tributario dovuta alla detrazione» di certi contributi d̕assicurazione «dall̕insieme de[l] reddito imponibile è compensata dall̕imponibilità delle pensioni, rendite o capitali dovuti dagli assicuratori» solo nelle ipotesi in cui queste siano versate a soggetti residenti (13) . La suddetta giustificazione vale però unicamente nelle ipotesi in cui esista un legame diretto tra la concessione di un vantaggio fiscale e la compensazione di tale vantaggio con un corrispondente prelievo, e qualora detassazione e prelievo si collochino nell̕ambito di una stessa imposta, che va a colpire un solo (ed il medesimo) contribuente (14) .

46. Ora, a prescindere dalle perplessità che, in assenza di un̕armonizzazione della fiscalità diretta, può suscitare una tale lettura restrittiva delle esigenze di coerenza dei sistemi fiscali nazionali – lettura fondata sulla necessaria identità del contribuente e dell̕imposta – è giocoforza rilevare che nel nostro caso le condizioni indicate dalla giurisprudenza non sono riunite.

47. E̕ evidente, infatti, che nel caso di specie non sussiste un legame sufficientemente diretto tra vantaggio fiscale e prelievo, perché non vi è coincidenza di imposta e di contribuente: da un lato è concessa la deducibilità delle spese per la retribuzione del collaboratore domestico, e si offre quindi un vantaggio fiscale di cui gode il datore di lavoro, dall̕altro, sono tassati il reddito da lavoro del collaboratore domestico, prima, e, successivamente, la sua pensione.

48. Una volta escluso che l̕applicazione differenziata della normativa fiscale di favore in ragione della residenza sia giustificata da esigenze imperative di interesse generale, rimane da verificare l̕altra condizione di compatibilità sopra indicata (paragrafo 41). Rimane cioè da verificare se la situazione del residente e del non residente siano o meno comparabili.

49. Come ho già accennato, infatti, secondo la costante giurisprudenza della Corte, disposizioni fiscali nazionali in cui si opera una distinzione tra i contribuenti in ragione della loro residenza possono essere compatibili con il diritto comunitario qualora si applichino a situazioni distinte e non oggettivamente comparabili (15) .

50. Orbene, a me sembra che per l̕appunto nel caso in esame non sussista identità o comparabilità delle situazioni.

51. Come la Corte ha chiarito nella sentenza Schumacker, infatti, «in materia di imposte dirette la situazione dei residenti e quella dei non residenti non sono di regola analoghe» (16) , in quanto «[i]l reddito percepito nel territorio di uno Stato membro da un non residente costituisce il più delle volte solo una parte del suo reddito complessivo, concentrato nel suo luogo [e dunque nel suo Stato] di residenza» (17) .

52. E̕ pertanto in quest̕ultimo Stato, in quello cioè in cui il contribuente ha il centro dei suoi interessi personali ed economici, che si può meglio valutare la sua capacità contributiva personale, prendendo in considerazione «gli elementi inerenti alla sua situazione personale e familiare», com̕è del resto generalmente ammesso nella prassi del diritto internazionale tributario (18) .

53. Detto questo in termini generali, la questione non può ancora considerarsi risolta. Secondo quanto la Corte ha avuto modo di chiarire, infatti, in materia di vantaggi fiscali legati alla fiscalità diretta, un trattamento differenziato in ragione della residenza può risultare in concreto discriminatorio qualora «il non residente non percepisc[a] redditi significativi nello Stato in cui risiede» e tragga la parte essenziale delle sue risorse imponibili da redditi percepiti in un altro Stato membro, «per cui lo Stato di residenza non è in grado di concedergli le agevolazioni derivanti dalla presa in considerazione della sua situazione personale e familiare» (19) .

54. In una situazione siffatta, ha stabilito la Corte, spetta allo Stato in cui il lavoratore « trae la parte essenziale delle sue risorse imponibili » prendere in considerazione la situazione familiare e personale del contribuente (20) , poiché l̕art. 39 CE si opporrebbe, in tal caso, ad un̕applicazione differenziata delle disposizioni nazionali in ragione della residenza estera del contribuente.

55. Nel caso di specie vi è certo una situazione particolare, visto che i coniugi Schilling, in quanto dipendenti della Comunità, non percepiscono nello Stato in cui risiedono (il Lussemburgo) redditi per i quali sia dovuta a questo un̕imposta, e che quindi tale Stato non è in grado di concedere loro le agevolazioni derivanti dalla presa in considerazione della loro situazione personale e familiare. Quel che è certo però, e che conta ai presenti fini, è che essi non traggono la parte essenziale delle loro risorse imponibili dalle rendite tassate in Germania e che quindi, secondo la citata giurisprudenza, non spetta a tale Stato prendere in considerazione la situazione familiare e personale di quei contribuenti.

56. Mi pare dunque che non si sia qui in presenza di situazioni comparabili e che quindi ricorrano nel caso di specie le condizioni per considerare la misura litigiosa come obiettivamente giustificabile.

57. Propongo di conseguenza di rispondere al quesito in esame nel senso che l̕art. 39 CE non osta all̕applicazione dell̕art. 10, primo comma, n. 8, EStG, che esclude la deducibilità dalla base imponibile dell̕imposta sui redditi delle spese per la remunerazione di un collaboratore domestico i cui contributi sociali siano versati all̕estero, a dei contribuenti che non risiedono realmente in Germania, né vi traggono la parte essenziale delle loro risorse imponibili.

Sulla prima questione

58. Veniamo ora alla prima questione, con la quale il giudice del rinvio chiede se l̕art. 14 del Protocollo osti all̕applicazione della norma tedesca in questione.

Argomenti delle parti

59. Nel chiarire le ragioni che l̕hanno spinto a proporre la presente questione, il BFH osserva che due sono, in buona sostanza, le interpretazioni possibili dell̕art. 14, n. 1, del Protocollo, nella parte in cui prevede una sorta di domicilio fiscale “fittizio” o presunto nello Stato d̕origine per i funzionari comunitari che, in ragione del loro impiego, abbiano trasferito la propria residenza in un altro Stato membro.

60. In una prima interpretazione, la previsione potrebbe avere il limitato effetto di determinare la persistenza della piena sottoposizione del soggetto all̕obbligo fiscale nello Stato d̕origine, oltre a servire alla determinazione del luogo di residenza rilevante ai sensi delle convenzioni contro la doppia imposizione.

61. In alternativa, continua il BFH, la disposizione in parola potrebbe essere oggetto di un̕interpretazione estensiva. Non soltanto cioè si deve assumere come domicilio degli interessati quello nello Stato di origine, ma si dovrebbe ulteriormente ''fingere'' che siano localizzati in tale Stato tutti quegli elementi di fatto che, nella realtà, sono necessariamente collegati al domicilio. Nel caso di specie, in particolare, la fictio iuris si estenderebbe al pagamento dei contributi sociali per un lavoratore domestico, i quali dovrebbero dunque ritenersi pagati ad un ente previdenziale tedesco, anche se in effetti sono andati a beneficio di un ente previdenziale lussemburghese.

62. Per parte sua, il giudice a quo è orientato a preferire la prima interpretazione. Ciò anzitutto perché, diversamente, si dovrebbe riconoscere l̕inutilità della previsione del n. 2 del medesimo articolo, ai sensi del quale i beni mobili di proprietà dei funzionari europei situati sul territorio dello Stato in cui è stabilita la residenza sono considerati, ai fini dell̕applicazione delle imposte di successione, come beni situati nello Stato del domicilio fiscale fittizio.

63. In secondo luogo, un̕interpretazione estensiva determinerebbe un̕indebita moltiplicazione delle occasioni in cui i funzionari comunitari profittano di agevolazioni fiscali previste solo in relazione a fattispecie ''interne''.

64. Una siffatta interpretazione, infine, tanto meno sembrerebbe giustificabile in quanto i funzionari comunitari già beneficiano di un regime fiscale di favore determinato dalla modesta tassazione della loro retribuzione in sede comunitaria, e non hanno dunque bisogno del sostegno ulteriore del fisco tedesco.

65. Da parte loro, i ricorrenti nel giudizio principale muovono dalla constatazione che l̕art. 14 del Protocollo mira essenzialmente a mantenere inalterato il legame fiscale tra il funzionario ed il suo Stato di origine.

66. In particolare, per quanto qui interessa, l̕art. 14 intenderebbe evitare che il funzionario espatriato paghi più tasse di quante ne avrebbe pagato mantenendo la propria residenza nel Paese di origine. Di conseguenza, affermano i ricorrenti, devono riconoscersi al funzionario comunitario tutte le agevolazioni fiscali cui avrebbe diritto se non avesse mai lasciato il Paese.

67. Tale interpretazione, secondo i coniugi Schilling, sarebbe imposta dal principio di non discriminazione, il quale, come è noto, «impone di non trattare in modo diverso situazioni analoghe, salvo che una differenza di trattamento sia obiettivamente giustificata» (21) . Applicato al caso di specie, il suddetto principio richiederebbe che fosse riservato il medesimo trattamento al funzionario comunitario che, pur avendo trasferito la propria residenza in Lussemburgo per ragioni di lavoro, ha mantenuto il proprio domicilio fiscale in Germania in forza del Protocollo, ed al funzionario che abbia mantenuto in Germania, oltre al domicilio fiscale, anche la residenza. Ciò che importa considerare, infatti, è l̕identità nelle due fattispecie del domicilio fiscale; ma, se così è, se ne deve concludere che una differenziazione del trattamento fiscale nelle due ipotesi costituisce una discriminazione.

68. Ora, continuano i coniugi Schilling, una tale discriminazione non trova alcuna valida giustificazione, perché essa non è affatto necessaria a perseguire le finalità di politica sociale cui si riferisce l̕ordinanza di rinvio, ed anzi contrasta con quelle. Stando così le cose, l̕unico vero obiettivo della misura discriminatoria sarebbe quello di preservare le finanze del regime tedesco di assicurazione sociale.

69. La Commissione, da parte sua, procede all̕analisi dell̕art. 14 del Protocollo da un diverso punto di vista. Essa ritiene, come si è visto, che l̕art. 39 CE si opponga ad un trattamento fiscale sfavorevole alla scelta del lavoratore di emigrare in un Paese straniero. Essa si chiede però se dalle disposizioni del Protocollo non possa discendere una soluzione diversa, che giustifichi un trattamento fiscale sfavorevole per il caso in cui il lavoratore migrante sia un funzionario comunitario.

70. Rilevato che il Protocollo non fornisce alcuna indicazione in tal senso, la Commissione ricorda che, al contrario, nell̕occuparsi della tassazione dei redditi e del patrimonio dei funzionari comunitari, la Corte ha avuto modo di affermare che questi ultimi, nella misura in cui sono soggetti ad imposte nazionali, non devono essere discriminati in ragione della loro qualità di funzionari. In particolare, qualora soddisfino i criteri oggettivi al cui rispetto la legge nazionale subordina la concessione di determinati vantaggi fiscali, essi devono poter beneficiare di tali vantaggi alle stesse condizioni degli altri contribuenti (22) .

Valutazione

71. Per parte mia, sono orientato a sposare la prima delle interpretazioni proposte dal giudice del rinvio, quella cioè che qualifica l̕art. 14, primo comma, del Protocollo come volto solo a stabilire il criterio del domicilio (fiscale) nel Paese di provenienza ai fini dell̕applicazione ai funzionari comunitari delle normative fiscali nazionali e delle convenzioni contro la doppia imposizione. Credo, in altre parole, che esso si limiti a sancire una fictio iuris per sottrarre i funzionari comunitari al criterio di collegamento, che diversamente si sarebbe imposto, dello Stato della sede dell̕istituzione, collegamento quest̕ultimo inevitabilmente “accidentale” e potenzialmente mutevole.

72. Non mi sembra per contro convincente la tesi dei ricorrenti nel giudizio principale, secondo cui, in buona sostanza, l̕art. 14, primo comma, del Protocollo, mantenendo al funzionario il domicilio fiscale fittizio nello Stato d̕origine, intenderebbe garantirgli un trattamento fiscale assolutamente identico a quello di cui avrebbe goduto qualora non avesse trasferito la propria residenza all̕estero; un trattamento fiscale, in altre parole, in forza del quale nel Paese di origine il funzionario emigrato non dovrebbe mai trovarsi a pagare più tasse rispetto ad un residente reale.

73. Non mi sembra, infatti, che dal testo dell̕articolo in questione emerga alcuna traccia di questa presunta volontà normativa. Dove il Protocollo ha voluto ottenere questo risultato, del resto, lo ha fatto chiaramente, dettando una norma contro la doppia imposizione ed estendendo la fictio iuris ad elementi diversi dal domicilio fiscale, come nel secondo comma dello stesso art. 14 (23) .

74. Quanto poi all̕argomento dei coniugi Schilling, tendente a dimostrare che ai loro danni si sarebbe consumata una discriminazione, in quanto sarebbero stati trattati in maniera deteriore rispetto ad un ipotetico funzionario che avesse mantenuto la residenza effettiva in Germania, devo anzitutto ricordare che, per giurisprudenza costante, «l̕art. 6, primo comma, del Trattato [divenuto ora art. 12 CE], che sancisce il principio generale del divieto di discriminazioni fondate sulla nazionalità, tende ad applicarsi autonomamente solo nelle situazioni disciplinate dal diritto comunitario per le quali il Trattato non stabilisce norme specifiche di non discriminazione» (24) .

75. Orbene, in tema di libera circolazione dei lavoratori, questo principio ha trovato espressione nell̕art. 39 CE. Se così è però, poiché, come si è visto, il regime tedesco in questione non costituisce una discriminazione vietata ai sensi dell̕art. 39 CE, si deve del pari escludere che esso violi il più generale principio di eguaglianza di cui quella norma del Trattato è espressione.

76. Quanto, infine, alle osservazioni della Commissione, mi sembra che a giusto titolo essa ricordi che i funzionari comunitari, qualora soddisfino i criteri oggettivi al cui rispetto la legge nazionale subordina la concessione di determinati vantaggi fiscali, devono poter beneficiare di tali vantaggi alle stesse condizioni degli altri contribuenti.

77. Il punto è, però, che nel caso di specie i coniugi Schilling non soddisfano i criteri oggettivi al cui rispetto la legge tedesca subordina la deducibilità dei contributi sociali versati per un collaboratore domestico e che tali criteri sono, come si è detto in risposta al terzo quesito, oggettivamente giustificati e non discriminatori.

78. Ho infatti osservato in quella sede che i ricorrenti nel giudizio principale non traggono la parte essenziale delle loro risorse imponibili dalle rendite tassate in Germania, bensì dal loro reddito di funzionari comunitari, deducendo da ciò, in coerenza con la giurisprudenza Schumacker, che non spetta, in linea di principio, allo Stato tedesco prendere in considerazione la situazione familiare e personale di quei contribuenti.

79. Aggiungo qui che, in piena coerenza con quella logica, spetta piuttosto al regime fiscale autonomo cui sono sottoposti i redditi dei funzionari comunitari, che costituiscono nella fattispecie la parte essenziale delle risorse imponibili dei ricorrenti nel giudizio principale, il compito e l̕onere di prendere in considerazione la situazione familiare e personale di quei contribuenti, garantendo loro la totalità dei vantaggi fiscali previsti da tale regime.

80. Ora, poiché quel regime prevede in effetti una serie di attribuzioni monetarie finalizzate al sostegno delle famiglie ed in particolare delle famiglie con prole – mi riferisco agli assegni familiari previsti dagli artt. 62 e 67 dello Statuto dei funzionari delle Comunità europee, e quindi all̕assegno di famiglia, all̕assegno per figli a carico e all̕indennità scolastica, così come disciplinati dagli artt. 1, 2 e 3 dell̕allegato VII di quello Statuto – si deve presumere, salvo prova del contrario, che il suddetto regime garantisca effettivamente la presa in conto delle esigenze familiari e personali dei contribuenti. In queste condizioni, a me sembra, un̕interpretazione dell̕art. 14 del Protocollo come quella proposta dai ricorrenti avrebbe come risultato non già di escludere una discriminazione ai loro danni, ma piuttosto di garantire loro un trattamento economico di favore privo di ogni giustificazione obiettiva.

81. Propongo pertanto alla Corte di rispondere alla prima questione pregiudiziale nel senso che l̕art. 14 del Protocollo sui privilegi e sulle immunità delle Comunità europee non osta all̕applicazione di una disposizione nazionale come l̕art. 10, primo comma, n. 8, EStG, a dei contribuenti che non risiedono in Germania né vi traggono la parte essenziale delle loro risorse imponibili, anche qualora tali contribuenti, in quanto funzionari delle Comunità e proprio in ragione di tali funzioni, abbiano conservato il proprio domicilio fiscale in tale Paese.

Sulla quarta questione

82. Con la quarta questione il giudice del rinvio chiede, in buona sostanza, se dalla sentenza 26 gennaio 1993, causa C-112/91, Werner, emergano dei principi rilevanti per la soluzione del caso di specie.

83. A questo proposito mi sembra sufficiente osservare che, come ha sottolineato del resto la Commissione, nella citata sentenza Werner la Corte si è in realtà limitata a fare applicazione del principio secondo cui il diritto comunitario non si applica alle fattispecie i cui elementi significativi sono puramente interni ad uno Stato membro (25) .

84. Ora, non è contestato che nel caso di specie i signori Schilling hanno esercitato la libertà di circolazione prevista dal Trattato, emigrando dal proprio Paese di origine per esercitare in un altro Stato membro un̕attività lavorativa retribuita.

85. Ne concludo dunque che la sentenza Werner non contiene alcun principio rilevante per la soluzione della controversia pendente davanti al giudice nazionale.

86. Propongo pertanto alla Corte di rispondere alla quarta questione nel senso che la sentenza 26 gennaio 1993, causa C-112/91, Werner, non contiene alcun principio rilevante per la soluzione della controversia pendente davanti al giudice nazionale.

IV – Conclusioni

87. Alla luce della considerazioni che precedono suggerisco alla Corte di rispondere alle questioni che le sono state sottoposte dal Bundesfinanzhof con ordinanza 21 febbraio 2001 nel senso che:«1. I funzionari comunitari possono invocare, in linea di principio, il regime di libera circolazione previsto dall̕art. 39, nn. 1-3, CE, senza che a ciò si opponga il n. 4 dello stesso articolo.

2. L̕art. 39 CE non osta all̕applicazione dell̕art. 10, primo comma, n. 8, EStG, che esclude la deducibilità dalla base imponibile dell̕imposta sui redditi delle spese per la remunerazione di un collaboratore domestico i cui contributi sociali siano versati all̕estero, a dei contribuenti che non risiedono realmente in Germania, né vi traggono la parte essenziale delle loro risorse imponibili.

3. L̕art. 14 del Protocollo sui privilegi e sulle immunità delle Comunità europee non osta all̕applicazione di una disposizione nazionale come l̕art. 10, primo comma, n. 8, EStG a dei contribuenti che non risiedono in Germania né vi traggono la parte essenziale delle loro risorse imponibili, anche qualora tali contribuenti, in quanto funzionari delle Comunità e proprio in ragione di tali funzioni, abbiano conservato il proprio domicilio fiscale in tale Paese.

4. La sentenza 26 gennaio 1993, causa C-112/91, Werner, non contiene alcun principio rilevante per la soluzione della controversia pendente davanti al giudice nazionale».


1 – Lingua originale: l'italiano


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