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CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

Christine Stix-Hackl

presentate l’8 settembre 2005 1(1)

Causa C-66/02

Repubblica italiana

contro

Commissione delle Comunità europee

«Ricorso di annullamento – Aiuti di Stato – Art. 87 CE – Decisione della Commissione 11 dicembre 2001, 2002/581/CE – Agevolazioni fiscali concesse alle banche»





Indice


I – Introduzione

II – Fatti e disposizioni nazionali

III – Procedimento dinanzi alla Commissione e decisione impugnata

IV – Ricorso

A – Osservazioni preliminari ai motivi d’impugnazione

B – Il motivo generale di impugnazione relativo all’insufficiente presa in considerazione degli obiettivi e del carattere delle misure controverse (primo motivo di impugnazione)

1. Principali argomenti del governo italiano

2. Valutazione giuridica

C – L’allegazione secondo cui la Commissione ha qualificato le misure controverse come aiuti ai sensi dell’art. 87, n. 1, CE ingiustamente e violando l’obbligo di motivazione (secondo motivo di impugnazione)

1. L’erroneità della decisione impugnata per quanto riguarda la questione se con le misure controverse si conceda un vantaggio selettivo tramite risorse statali

a) Principali argomenti del governo italiano

b) Valutazione giuridica

2. La questione della distorsione della concorrenza e del pregiudizio agli scambi tra gli Stati membri.

a) Principali argomenti del governo italiano

b) Valutazione giuridica

3. Il difetto di motivazione derivante da un esame delle misure controverse non svolto separatamente ai sensi dell’art. 87, n. 1, CE, e, rispettivamente, dell’art. 87, n. 3, CE, nonché da un esame eccessivamente generico delle medesime

a) Principali argomenti del governo italiano

b) Valutazione giuridica

D – La violazione dell’art. 87, n. 3, CE e la violazione dell’obbligo di motivazione in relazione alla questione della compatibilità con il mercato comune (terzo motivo di impugnazione)

1. Principali argomenti del governo italiano

2. Valutazione

V – Sulle spese

VI – Conclusione

I –    Introduzione

1.     Con atto introduttivo depositato nella cancelleria della Corte il 28 febbraio 2002 la Repubblica italiana ha chiesto, in forza dell’art. 230, primo comma, CE, l’annullamento della d della Commissione 11 dicembre 2001, 2002/581/CE, relativa al regime di aiuti di Stato cui l’Italia ha dato esecuzione in favore delle banche (2).

II – Fatti e disposizioni nazionali

2.     Fino agli anni ‘80 il sistema bancario italiano è stato in parte di proprietà statale, e in generale sotto forte influenza statale, nonché caratterizzato da specializzazione e regionalizzazione. Dall’inizio degli anni ‘80 le autorità italiane hanno avviato un processo di privatizzazione delle banche, che doveva inoltre condurre ad un incremento delle dimensioni medie delle medesime ed eliminare la specializzazione bancaria. Con la legge 30 luglio 1990, n. 218, la cosiddetta «legge Amato» (in prosieguo: la «legge Amato»), il governo italiano ha adottato misure fondamentali per una graduale privatizzazione del sistema bancario.

3.     Le banche di proprietà statale hanno così avuto la possibilità di trasformarsi in società per azioni, e nel 1993 vi sono state obbligate. Le loro azioni sono state collocate sul mercato o trasferite ad enti a scopo di lucro definiti «fondazioni bancarie». Nel quadro di questi ultimi fatti si è pervenuti alla seguente suddivisione: le banche di nuova istituzione (in prosieguo, in termini generali: le «banche») hanno assunto l’attività bancaria, mentre le fondazioni bancarie possedevano e gestivano le quote delle banche, e pertanto controllavano le medesime. In forza di determinate disposizioni fiscali contenute nella legge Amato, le fondazioni bancarie potevano anche trasferire alle banche determinati beni d’investimento ed altri cespiti patrimoniali non indispensabili all’oggetto sociale delle banche.

4.     Alla fine degli anni ‘90 il governo italiano ha adottato nuove misure per incentivare la ristrutturazione ed il consolidamento del sistema bancario. La legge 23 dicembre 1998, n. 461 (in prosieguo: la «legge Ciampi») ha tra l’altro conferito al governo il potere di introdurre disposizioni fiscali volte ad agevolare la retrocessione alle fondazioni bancarie dei beni d’investimento e degli altri cespiti patrimoniali delle banche non indispensabili al loro oggetto sociale, nonché la ristrutturazione del sistema bancario attraverso fusioni tra banche o analoghe operazioni di ristrutturazione.

5.     La legge Ciampi è stata attuata dal decreto legislativo 17 maggio 1999, n. 153 (in prosieguo: il «decreto n. 153/99»), che prevede disposizioni fiscali speciali per determinate operazioni di ristrutturazione e retrocessione.

6.     Al punto 5, nn. 1-5, della decisione impugnata, le misure fiscali (in prosieguo: le «misure controverse») introdotte dalla legge Ciampi e dal decreto n. 153/99 (in prosieguo: il «regime di aiuti controverso») sono riassuntivamente descritte come segue:

1)      riduzione al 12,5% dell’aliquota dell’imposta sul reddito (IRPEG) per le banche che effettuano una fusione o un’analoga operazione di ristrutturazione, per cinque periodi di imposta consecutivi, a condizione che gli utili siano destinati ad una riserva speciale non distribuita per un periodo di tre anni. Gli utili destinabili alla riserva speciale non possono superare l’1,2% della differenza tra la consistenza complessiva dei crediti e debiti delle banche che hanno partecipato alla fusione e l’analogo aggregato della maggiore banca che ha partecipato a tale operazione (art. 22, c. 1, e art. 23, c. 1, del decreto n. 153/99);

2)      neutralità fiscale per le operazioni di retrocessione all’ente conferente dei beni e cespiti non strumentali già conferiti alle aziende bancarie in base alla legge n. 218 del 30 luglio 1990 (art. 16, c. 3, del decreto n. 153/99);

3)      applicazione di un’imposta fissa in luogo delle imposte dovute in relazione alle operazioni di cui ai nn. 1 e 2 (art. 24, c. 1, e art. 16, c. 5, del decreto n. 153/99);

4)      neutralità fiscale, ai fini dell’imposta comunale sull’incremento di valore degli immobili in relazione alle operazioni di cui ai nn. 1 e 2 (art. 24, c. 1, e art. 16, c. 5, del decreto n. 153/99);

5)      esenzione di imposta per il trasferimento dalle società conferitarie alle fondazioni bancarie delle partecipazioni al capitale della Banca d’Italia (art. 27, c. 2, del decreto n. 153/99).

7.     Le misure controverse si applicano alle operazioni effettuate dal 1998 al 2004.

III – Procedimento dinanzi alla Commissione e decisione impugnata

8.     A seguito di una corrispondente interrogazione parlamentare, nel marzo 1999 la Commissione ha iniziato un’inchiesta preliminare concernente la legge Ciampi ed il decreto n. 153/99. Nel corso del procedimento in materia di disciplina degli aiuti, la Commissione ha avvisato le autorità italiane, con lettera 23 marzo 2000, che la legge Ciampi ed il decreto n. 153/99 potevano contenere elementi propri dell’aiuto di Stato, e le ha invitate a sospendere temporaneamente l’esecuzione delle misure in questione. Con lettera 12 aprile 2000 le autorità italiane hanno comunicato alla Commissione che avrebbero sospeso l’applicazione di tali misure, di modo che le agevolazioni fiscali sarebbero risultate accordate soltanto negli anni 1998, 1999 e 2000.

9.     Con lettera 25 ottobre 2000 la Commissione ha informato il governo italiano di avere avviato il procedimento di cui all’art. 88, n. 2, CE.

10.   L’11 dicembre 2001 la Commissione ha adottato la decisione impugnata, nella quale ha stabilito che le misure controverse a favore delle banche – eccettuata la misura di cui al punto 5, n. 5 – costituivano aiuti di Stato incompatibili con il mercato comune (artt. 1 e 2 della decisione). La Commissione ha inoltre chiesto al governo italiano di sopprimere il regime incompatibile con il diritto comunitario (art. 3 della decisione), di recuperare dai beneficiari gli aiuti concessi in base a tale regime, compresi gli interessi (art. 4 della decisione), e di informare la Commissione, entro due mesi dalla data di notificazione della decisione, circa i provvedimenti adottati per conformarvisi (art. 5 della decisione).

IV – Ricorso

A –    Osservazioni preliminari ai motivi d’impugnazione

11.   Nel suo ricorso il governo italiano deduce motivi relativi alla violazione dell’obbligo di motivazione, dell’art. 87, n. 1, CE, dell’art. 253 CE e dell’art. 87, n. 3, lett. b) e c), CE. La Commissione ha sempre contestato la fondatezza di questi argomenti.

12.   A fondamento del suo ricorso il governo italiano sostiene innanzi tutto, con un primo argomento più generale, che nella decisione impugnata la Commissione non ha tenuto in sufficiente considerazione, o ha frainteso, gli obiettivi e le caratteristiche delle misure controverse, nonché la continuità tra la ratio legis della legge Amato e quella della legge Ciampi, con ciò violando, in particolare sotto il profilo della incentivazione della concorrenza, l’obbligo di motivazione.

13.   Con un secondo motivo di impugnazione, composto di parecchi capi, il governo italiano sostiene che le misure controverse sono state ingiustamente qualificate come aiuti di Stato ai sensi dell’art. 87, n. 1, CE.

14.   Con un terzo motivo di impugnazione il governo italiano sostiene che la Commissione ha violato l’art. 87, n. 3, CE e l’art. 253 CE, in quanto ha tralasciato, con una motivazione giuridicamente non corretta e contraddittoria, di qualificare le misure controverse come «aiuti destinati a promuovere la realizzazione di un importante progetto europeo» o come «aiuti destinati ad agevolare lo sviluppo di talune attività economiche» ai sensi di tali disposizioni, e di dichiararle di conseguenza compatibili con il mercato comune.

15.   Oltre a ciò, nella sua replica il governo italiano ha sollevato obiezione in merito alla violazione del principio del rispetto dei diritti della difesa. Esso sostiene che la Commissione ha mosso per la prima volta nella decisione impugnata – e non già nel procedimento preliminare – un addebito specifico sulla tassazione indiretta delle banche privatizzate, e che di conseguenza né il governo italiano, né i beneficiari dei vantaggi fiscali qualificati come aiuti hanno avuto modo di esercitare al riguardo i loro diritti della difesa.

16.   In merito a questa obiezione si deve rilevare come dall’art. 42, n. 2, del regolamento di procedura della Corte di Giustizia discenda che fondamentalmente non si possono più far valere nuovi strumenti di accusa e di difesa in corso di procedimento, a meno che si basino su elementi di diritto o di fatto emersi soltanto durante il procedimento stesso (3).

17.   Dato che il governo italiano ha effettivamente sollevato per la prima volta in fase di replica l’obiezione in merito alla violazione del principio del rispetto dei diritti della difesa, e che tale obiezione non è basata su elementi emersi soltanto nel corso del procedimento, si deduce che essa è irricevibile, come ha correttamente sostenuto la Commissione, e pertanto non deve essere valutata nel seguito sotto il profilo contenutistico.

B –    Il motivo generale di impugnazione relativo all’insufficiente presa in considerazione degli obiettivi e del carattere delle misure controverse (primo motivo di impugnazione)

1.      Principali argomenti del governo italiano

18.   Il governo italiano sostiene che la Commissione ha mancato di cogliere il ruolo importante delle misure controverse nel quadro della riforma del settore bancario italiano, e non ha compreso lo stretto collegamento tra la legge Amato e la legge Ciampi. Le misure controverse costituirebbero infatti una tappa necessaria per il completamento del processo di privatizzazione e ristrutturazione di tale settore, avviato con la legge Amato, e sarebbero compatibili con gli obiettivi dell’integrazione e della concorrenza. Le misure fiscali previste dalla legge Amato non avrebbero sortito appieno gli effetti sperati, come p. es. per ciò che concerne la segmentazione del mercato, che in buona misura avrebbe continuato a sussistere. La legge Ciampi ed il decreto di attuazione n. 153/99, che pone le misure controverse, sarebbero pertanto risultati necessari alla realizzazione degli obiettivi della legge Amato. La Commissione sbaglierebbe perciò anche nell’assumere che la privatizzazione si sia conclusa nel 1992. Non prendendo sufficientemente in considerazione la natura straordinaria delle suddette misure, in quanto parte della riforma del sistema bancario, la Commissione avrebbe violato l’obbligo di motivazione che le incombeva. Mancherebbe anche una sufficiente valutazione della questione se le misure controverse in effetti ostacolino la concorrenza nel settore bancario o se, come argomenta la ricorrente, la incentivino.

2.      Valutazione giuridica

19.   Innanzi tutto occorre ricordare che l’art. 87, n. 1, CE definisce gli aiuti di Stato disciplinati dal Trattato CE come aiuti concessi dagli Stati, ovvero mediante risorse statali, sotto qualsiasi forma, che, favorendo talune imprese o talune produzioni, falsino o minaccino di falsare la concorrenza, nella misura in cui incidano sugli scambi fra gli Stati membri.

20.   Secondo una consolidata giurisprudenza è quindi decisivo, per qualificare una misura come aiuto ai sensi del suddetto articolo, che siano adempiuti insieme tutti i seguenti requisiti: i) la misura deve attribuire un vantaggio unilaterale a talune imprese o talune produzioni; ii) il vantaggio deve provenire direttamente o indirettamente da risorse statali; iii) la misura deve falsare o minacciare di falsare la concorrenza; e iv) deve poter incidere sugli scambi tra gli Stati membri (4).

21.   La natura degli obiettivi ed i motivi di una misura statale non sono invece, in quanto tali, decisivi per la sua qualificazione come aiuto. Secondo una consolidata giurisprudenza, infatti, l’art. 87 CE «non distingue gli interventi statali a seconda della loro causa o del loro scopo, ma li definisce in funzione dei loro effetti» (5).

22.   Anche dal «carattere» di una misura in quanto tale non si può ancora concludere se tale misura risponda o meno ai presupposti di un aiuto. Così, p. es., con riferimento a regolamentazioni in materia di previdenza sociale, la Corte ha affermato in consolidata giurisprudenza che le misure statali non sono escluse «già solo per il loro carattere sociale» dalla qualificazione come aiuti ai sensi dell’art. 87, n. 1, CE (6).

23.   La precisa finalità di una regolamentazione fiscale è, peraltro, difficile da determinarsi in maniera univoca e generale. Come risulta anche dalle deduzioni del governo italiano nel ricorso, si possono piuttosto individuare diversi obiettivi e scopi, a seconda dell’ottica in cui si contempla una tale regolamentazione. Così, le misure controverse possono di certo essere in rapporto più o meno stretto con il progetto della privatizzazione, ma oltre a ciò il governo italiano ha anche affermato che dette misure sono volte a stimolare fusioni e retrocessioni e che per tale via si intende incrementare la redditività e la capitalizzazione delle banche interessate, nonché la competitività del settore bancario. In un altro punto, detto governo ha affermato che con le misure controverse si vuole attenuare la pressione fiscale più elevata cui il settore bancario è assoggettato rispetto ad altri settori economici.

24.   L’affermazione del governo italiano, secondo la quale le misure controverse sarebbero state adottate in base a considerazioni quali la privatizzazione e lo stimolo alla concorrenza, nonché in sintonia con l’interesse dell’integrazione europea, non è tuttavia in quanto tale idonea, ai sensi della giurisprudenza che ho citato nei precedenti paragrafi 21 e 22, a sottrarre le misure controverse ad una qualificazione come aiuti ai sensi dell’art. 87, n. 1, CE, alla luce dei criteri sopra elencati al paragrafo 20. Una ulteriore ponderazione con interessi politici ed economici, come espressa dal governo italiano, ed una corrispondente valutazione della liceità di un aiuto di Stato devono semmai essere effettuate dalla Commissione, nel quadro della sua valutazione per l’autorizzazione ai sensi dell’art. 87, n. 3, CE (7).

25.   D’altro canto, non si può negare che delle affermazioni sull’obiettivo e sullo scopo di una misura possano avere qualche rilevanza o effetto di indizio, anche ai fini di una valutazione in base all’art. 87, n. 1, CE, in quanto dette affermazioni potrebbero fornire indicazioni sugli effetti di una misura, e quindi essere utili per accertare se sussistano le varie caratteristiche «relative agli effetti» del concetto di aiuto di Stato, sopra elencate al paragrafo 20 (8).

26.   Anche così inteso, però, il più volte riportato argomento secondo cui le misure controverse, attraverso la ristrutturazione ed il rafforzamento delle banche, contribuirebbero in definitiva a stimolare la concorrenza e renderebbero competitive le banche non porta a concludere che tali misure non siano qualificabili come aiuti di Stato.

27.   La disciplina degli aiuti è infatti uno strumento nell’ambito del regime «inteso a garantire che la concorrenza non sia falsata nel mercato interno», previsto all’art. 3, n. 1, lett. g), CE. Una tale distorsione della concorrenza si riscontrerebbe tra l’altro proprio nel caso in cui uno Stato membro favorisse talune imprese o produzioni per renderle più competitive, e con ciò si pervenisse ad una «intensificazione» della concorrenza, p. es. rispetto ad altre imprese o produzioni corrispondenti nel mercato interno. Lo «stimolo» alla concorrenza, o una «maggiore» concorrenza, non si contrappongono infatti alla «distorsione della concorrenza» cui si riferisce la disciplina comunitaria degli aiuti. Seguendo questa linea, la Corte ha stabilito in consolidata giurisprudenza che il fatto che uno Stato membro si sforzi di avvicinare con misure unilaterali le condizioni concorrenziali di un determinato settore economico a quelle vigenti in altri Stati membri non può sottrarre a dette misure il carattere di aiuti di Stato (9).

28.   Il governo italiano invoca poi la continuità di obiettivi tra la legge Amato e la legge Ciampi, fondando manifestamente la sua argomentazione sul convincimento che la normativa controversa non sarebbe da qualificarsi come aiuto perché la Commissione non aveva in precedenza contestato le misure previste dalla legge Amato.

29.   A questo proposito, occorre rilevare che la qualificazione di una misura statale come aiuto di Stato ai sensi dell’art. 87 CE, a seguito delle caratterizzazioni di fattispecie previste da tale disposizione, dipende da tutta una serie di fattori e richiede una precisa analisi caso per caso delle caratteristiche tecniche e giuridiche della specifica misura statale in questione e del suo contesto economico (10). Proprio perché la disciplina degli aiuti di Stato, come ha correttamente affermato su questo punto il governo italiano, deve attagliarsi alle realtà economiche, il controllo sugli aiuti di Stato ai sensi del Trattato non è un concetto statico. Il Consiglio, p. es., ha espresso quanto sopra nel quarto ‘considerando’ del regolamento (CE) n. 659/1999 (11), nei termini seguenti:

«Il completamento e il rafforzamento del mercato interno costituiscono un processo graduale che si riflette nello sviluppo permanente della politica in materia di aiuti di Stato. In base a questi sviluppi, talune misure, che quando sono state varate non costituivano un aiuto di Stato, possono essere divenute tali».

30.   Alla luce di queste considerazioni appare chiaro come dal fatto che la Commissione non abbia a suo tempo sollevato obiezioni contro una normativa quale la legge Amato – che per giunta la Commissione, come il governo italiano non nega, ha esaminato soltanto con riferimento ad alcuni aspetti – non sia lecito dedurre che una normativa successiva, pur se collocata in «continuità» con la normativa suddetta o volta ai medesimi obiettivi, non possa essere qualificata come aiuto di Stato. In altre parole, la Commissione non è assolutamente confrontata con alcuna, per così dire, «preclusione» alla qualificazione di una normativa come aiuto di Stato per il fatto di non aver sollevato obiezioni alla normativa precedente.

31.   Per quanto riguarda, infine, la violazione dell’obbligo di motivazione ai sensi dell’art. 253 CE, asserita dal governo italiano, occorre innanzi tutto richiamare alla memoria alcuni principi fondamentali, quali emergono da una consolidata giurisprudenza.

32.   In primo luogo occorre considerare che l’obbligo di motivazione costituisce un requisito di forma sostanziale, che va distinto dal problema della pertinenza e della correttezza di contenuto della motivazione, il quale attiene alla legittimità materiale dell’atto giuridico controverso (12).

33.   Per quanto riguarda, in secondo luogo, i requisiti cui è assoggettata la motivazione, secondo una consolidata giurisprudenza la medesima deve essere adeguata alla natura dell’atto giuridico, ed esprimere le considerazioni dell’istituzione comunitaria in modo così chiaro ed univoco che gli interessati siano in grado di dedurne le cause che hanno determinato l’adozione della misura, e che la Corte possa esplicare il suo ruolo di controllo. Il requisito della motivazione deve essere valutato, in particolare, secondo il contenuto dell’atto giuridico e secondo l’interesse a chiarimenti che i destinatari o altri soggetti coinvolti potrebbero avere. Non è tuttavia necessario citare nella motivazione tutti gli aspetti rilevanti di fatto o di diritto, in quanto per accertare se la motivazione di un atto giuridico soddisfi i requisiti posti dall’art. 253 Trattato CE, occorre valutare non solo il suo tenore letterale, ma anche il suo contesto, nonché tutte le norme giuridiche vigenti nell’ambito interessato (13).

34.   Con riferimento all’obiezione relativa alla mancata presa in considerazione della natura straordinaria delle misure, in quanto parte di una riforma del sistema bancario, deve rilevarsi sotto questo profilo che al punto 16 della decisione impugnata la Commissione ha riassunto le osservazioni dell’Italia in merito a genesi ed obiettivi delle misure controverse. Agli scopi perseguiti con gli aiuti, in particolare il consolidamento del settore bancario, si fa poi riferimento nell’ambito della valutazione giuridica dei medesimi, ai punti 30 e 32 della decisione impugnata.

35.   In considerazione, in particolare, del ruolo che gli scopi perseguiti dalle misure controverse svolgono per la loro qualificazione come aiuti di Stato ai sensi dell’art. 87, n. 1, CE, così come da me tratteggiato sopra ai paragrafi 21-25, non si individua quindi, con riferimento alla presa in considerazione del carattere e delle finalità delle misure controverse, alcun difetto di motivazione.

36.   Per ciò che concerne l’obiezione relativa alla continuità tra le misure controverse e la legge Amato, tale argomento è trattato al punto 53 della decisione impugnata.

37.   La censura concernente la violazione dell’obbligo di motivazione ai sensi dell’art. 253 CE, fatta valere dal governo italiano nell’ambito del primo, generale motivo di impugnazione, è quindi infondata.

38.   L’esame del primo motivo di impugnazione non ha in definitiva apportato alcun elemento che possa mettere in dubbio la validità della decisione impugnata.

C –    L’allegazione secondo cui la Commissione ha qualificato le misure controverse come aiuti ai sensi dell’art. 87, n. 1, CE ingiustamente e violando l’obbligo di motivazione (secondo motivo di impugnazione)

39.   Questo motivo di impugnazione si compone di diversi capi, strutturati in maniera non molto chiara, con cui il governo italiano rileva, in relazione alla decisione impugnata, gli aspetti qui di seguito riassunti:

–       difetto di motivazione, a seguito del fatto che le misure controverse non sono state esaminate separatamente ai sensi dell’art. 87, n. 1, CE e dell’art. 87, n. 3, CE,e che la disamina di dette misure è stata effettuata in maniera troppo generica;

–       premessa errata e valutazione difettosa della concessione di vantaggi e della selettività con riferimento alla misura fiscale di cui al punto 5, n. 1;

–       nessun gravame sul bilancio statale, né impiego di risorse statali attraverso le misure controverse e neutralità fiscale di tali misure rispetto alle operazioni di retrocessione;

–       carattere non selettivo delle misure controverse;

–       nessuna distorsione della concorrenza tra le banche operanti in Italia, né tra banche operanti in Italia e banche operanti all’estero;

–       valutazione errata e difetto di motivazione rispetto agli effetti sugli scambi tra gli Stati membri.

1.      L’erroneità della decisione impugnata per quanto riguarda la questione se con le misure controverse si conceda un vantaggio selettivo tramite risorse statali

a)      Principali argomenti del governo italiano

40.   Nel secondo capo del secondo motivo di impugnazione il governo italiano afferma che, per ciò che concerne la misura di cui al punto 5, n. 1, della decisione impugnata, tale decisione è fondata su di un erroneo presupposto per quanto riguarda la concessione di agevolazioni. La riduzione al 12,5% dell’aliquota dell’imposta sul reddito delle persone giuridiche (IRPEG) sarebbe accordata solo con riferimento agli utili destinati a una riserva speciale, e non in via generale all’utile complessivo delle banche partecipanti ad una fusione o analoga operazione di ristrutturazione. Questo beneficio fiscale sarebbe legato a quattro condizioni, di cui la Commissione non avrebbe tenuto conto. Da tali condizioni emergerebbe che la finalità di tale misura fiscale non riposerebbe in un vantaggio per gli azionisti, bensì nella capitalizzazione della banca risultante dal consolidamento. Con ciò risulterebbe aumentata la competitività del settore bancario.

41.   Non si tratterebbe inoltre, contrariamente a quanto sostenuto dalla Commissione al punto 33 della decisione impugnata, di una misura selettiva. Il governo italiano sottolinea in particolare il carattere erroneo dell’affermazione secondo la quale tale misura sfavorirebbe le banche più piccole rispetto a quelle più grandi. Detta misura, per di più, non sarebbe limitata alle banche italiane, ma si estenderebbe anche alle consociate italiane di banche di altri Stati membri.

42.   Nel terzo capo del secondo motivo di impugnazione il governo italiano afferma che il concetto di aiuto di Stato presupporrebbe un vantaggio per l’impresa nonché un influsso diretto sul bilancio statale, attraverso l’impiego di risorse finanziarie o la rinuncia alla riscossione delle medesime. Le misure controverse – secondo un calcolo globale e di lungo termine – non graverebbero tuttavia sul bilancio statale. Il legislatore italiano avrebbe sempre mirato ad utilizzare strumenti neutrali in relazione tanto alla concorrenza quanto alla globalità delle misure fiscali nel settore bancario.

43.   Il governo italiano sottolinea inoltre che misure concernenti la retrocessione alle fondazioni bancarie dei beni di investimento e degli altri cespiti patrimoniali non indispensabili all’oggetto sociale delle banche non dovrebbero essere considerate esenzioni fiscali, bensì strumenti di mera neutralità fiscale. Tali retrocessioni non genererebbero alcuna plusvalenza o minusvalenza, e le fondazioni bancarie sarebbero sostanzialmente tenute, quand’anche entro un termine successivo alla data di scadenza originaria, a pagare le imposte non corrisposte dalle banche, così che si potrebbe parlare solo di una sospensione temporalmente limitata dell’onere fiscale. Non si sarebbe quindi in presenza di alcuna rinuncia ad entrate fiscali. Inoltre, dette misure andrebbero a vantaggio anche di soggetti quali le holding non qualificabili come imprese ai sensi del concetto di aiuti di Stato.

44.   Nel quarto capo del secondo motivo di impugnazione il governo italiano sostiene, in termini generali, che le misure controverse mancherebbero anche del presupposto della selettività. Si tratterebbe piuttosto di misure generali, che sarebbero rivolte senza alcuna disparità di trattamento a tutte le banche partecipanti alla riforma.

45.   Nell’esaminare la selettività di un’agevolazione fiscale si dovrebbe innanzi tutto determinare se tale agevolazione costituisca un’eccezione all’applicazione del sistema fiscale generale, a favore di determinate imprese di uno Stato membro. Se questo fosse il caso, si dovrebbe poi determinare se l’eccezione o la disparità di trattamento interna al sistema sia giustificata dalla natura o dalla struttura interna del sistema fiscale.

46.   Nel caso in esame le misure controverse, pur se riferite al solo settore bancario, sarebbero da considerarsi misure non già specifiche, bensì generali, in quanto fondate sul principio fondamentale, vigente nell’ordinamento giuridico italiano, della differente tassazione delle banche rispetto alle imprese industriali. Il governo italiano specifica che il settore bancario sarebbe soggetto ad oneri legali e controlli speciali. Tale settore presenterebbe altresì delle particolarità rispetto alla dinamica competitiva. Sussisterebbero differenze oggettive tra i contribuenti del settore bancario e quelli di altri settori. Una tassazione particolare di tale settore sarebbe quindi oggettivamente giustificata, come risulterebbe anche dalla comunicazione della Commissione sull’applicazione delle norme relative agli aiuti di Stato alle misure di tassazione diretta delle imprese (14). Le misure controverse non sarebbero perciò da considerarsi «deroghe» al sistema generale. Si tratterebbe di misure straordinarie e temporanee, con le quali si intenderebbe stimolare un necessario adeguamento strutturale. Inoltre, un incremento della competitività nel settore bancario sarebbe direttamente vantaggioso anche per gli altri ambiti economici.

b)      Valutazione giuridica

47.   Il concetto di aiuto di Stato ai sensi dell’art. 87, n. 1, CE presuppone innanzi tutto un’agevolazione a talune imprese o talune produzioni. A questo proposito si deve ricordare che, secondo una consolidata giurisprudenza, il concetto di aiuto di Stato ai sensi della norma suddetta è più ampio di quello di sovvenzione, in quanto non comprende solo le prestazioni positive come per esempio le sovvenzioni stesse, ma anche gli interventi che, in varie forme, alleviano gli oneri che normalmente gravano sul bilancio di un’impresa (15).

48.   L’aiuto di Stato è pertanto qui descritto come vantaggioso scostamento da una situazione fiscale abituale, cioè da un’imposizione normale. Con ciò si costituisce il parametro necessario per parlare di un «vantaggio» (16).

49.   È quindi assolutamente fondamentale stabilire in primo luogo se le misure controverse debbano essere valutate in relazione al sistema fiscale normalmente vigente per le corrispondenti operazioni, oppure se esse costituiscano, come ha affermato il governo italiano, un sistema fiscale generale autonomo, un «sistema fiscale specifico».

50.   Nel caso in esame, a mio parere, il contesto complessivo delle misure controverse induce tuttavia molto più a misurarle al parametro del sistema fiscale generale, che non a considerarle esse stesse un nuovo sistema generale, ossia la «normalità giuridica». Si tratta di un pacchetto di singoli scostamenti da regolamentazioni fiscali generali precedentemente vigenti, volti a facilitare determinate operazioni in connessione con il processo di consolidamento del settore bancario (17). Relativamente a questo aspetto, il caso in esame non è significativamente diverso da quelli, p. es., delle cause Steenkolenmijnen (18) o Maribel (19), nelle quali si trattava di regolamentazioni fiscali eccezionali in rapporto ad un sistema generale – in questi casi il sistema generale della previdenza sociale. Nei relativi procedimenti, la Corte ha infatti valutato queste regolamentazioni speciali come deroghe al rispettivo sistema generale, e non come misure autonome. Così, inoltre, nella sentenza Adria-Wien Pipeline la Corte non ha seguito l’impostazione dell’avvocato generale Mischo, secondo la quale la regolamentazione di indennizzo là in questione avrebbe costituito essa stessa una misura generale elaborata ex novo (20).

51.   Per ciò che riguarda, ora, in primo luogo la questione se sussista il presupposto della concessione di agevolazioni ad opera delle misure controverse, l’agevolazione si può riscontrare nel fatto che, in base a dette misure, le banche interessate non sono tenute ad effettuare, o sono tenute ad effettuare in misura ridotta, determinati versamenti, che secondo il sistema fiscale generale dovrebbero effettuare – cioè l’imposta sul reddito delle persone giuridiche ed altre imposte gravanti sulle operazioni di retrocessione –; in poche parole, la concessione di agevolazioni si può riscontrare in una riduzione dell’imposizione fiscale per le imprese interessate. In questo senso, nella decisione impugnata la Commissione ha giustamente definito le misure controverse come «agevolazioni fiscali», ed al punto 42 di detta decisione ha tra l’altro anche constatato che le agevolazioni sono concesse mediante la rinuncia a determinate entrate fiscali.

52.   Per ciò che concerne in particolare le fusioni o analoghe operazioni di ristrutturazione – cioè le operazioni cui si riferisce il punto 5, n. 1, della decisione impugnata –, l’agevolazione fiscale consiste nella riduzione al 12,5% dell’aliquota dell’imposta sul reddito delle persone giuridiche, a determinate condizioni ivi stabilite.

53.   Non mi pare che il governo italiano abbia addotto alcun elemento atto a mettere in dubbio il fatto che la misura suddetta comporti la concessione di un’agevolazione.

54.   In primo luogo si deve rilevare che al punto 5, n. 1, della decisione impugnata la Commissione ha manifestamente riprodotto, o riassunto, le caratteristiche della misura fiscale in questione come descritte dal governo italiano. In particolare, vi si dichiara espressamente che la riduzione vale, tra l’altro, «a condizione che gli utili siano destinati ad una riserva speciale …».

55.   In secondo luogo, le caratteristiche (tecniche) di questa misura fiscale non incidono in concreto per nulla sul fatto che alle banche interessate venga comunque concessa una riduzione dell’imposta sul reddito delle persone giuridiche.

56.   In terzo luogo, secondo il governo italiano con la suddetta misura si intende esplicitamente concedere un incentivo fiscale ai processi di consolidamento.

57.   In quarto luogo, si deve rilevare come dal punto 8 della decisione impugnata, che il governo italiano non ha messo in questione, emerga che le stesse autorità italiane hanno calcolato in EUR 2767 milioni l’importo teorico massimo delle agevolazioni fiscali di cui i beneficiari della suddetta misura potrebbero aver fruito nel periodo rilevante.

58.   Per ciò che concerne quindi in concreto le misure controverse, nei termini in cui tali misure prevedano la «neutralità fiscale» delle operazioni effettuate nel quadro della ristrutturazione del sistema bancario – tra queste, segnatamente le operazioni di retrocessione agli enti conferenti di beni di investimento ed altri cespiti patrimoniali non indispensabili all’oggetto sociale –, l’effetto di tale «neutralità fiscale» consisterebbe, secondo quanto dichiarato, nel fatto che si eviti la soggezione a tributi che secondo il sistema fiscale generale normalmente graverebbero sulle banche per le operazioni suddette, ed in particolare la tassazione delle plusvalenze.

59.   Ciò costituisce inequivocabilmente, a mio avviso, un’agevolazione fiscale. Nel caso in esame non rileva il fatto che, come ha sostenuto il governo italiano, queste misure non comportino agevolazioni fiscali per determinate operazioni – perché nel caso concreto tali operazioni sono già esenti da imposta in base ad altre regolamentazioni, o perché, p. es., in determinati casi specifici l’operazione non comporta tassazione delle plusvalenze in quanto non dà origine ad una corrispondente plusvalenza. Costituiscono infatti oggetto della decisione impugnata, come anche la Commissione ha constatato al punto 29 della medesima, le misure controverse in quanto tali, e non aiuti o casi di applicazione individuali. Secondo la giurisprudenza, infatti, la Commissione può limitarsi a valutare una regolamentazione sugli aiuti di Stato in base alle sue caratteristiche generali per stabilire se a seguito di tali caratteristiche contenga effettivamente gli elementi di un aiuto di Stato (21). È quindi irrilevante che l’agevolazione sussista o meno in ogni singolo caso concreto. Per le stesse ragioni, non si può qui argomentare che, sotto questo aspetto, le misure controverse potrebbero anche andare a vantaggio di soggetti quali le holding, che non possono qualificarsi imprese ai sensi del concetto di aiuti di Stato. Nel caso in esame è determinante il fatto che, come ho già esposto, laddove in base allo svolgimento delle corrispondenti operazioni normalmente sarebbe sorto un onere fiscale, attraverso la misura in questione detto onere sia, in linea di principio, «neutralizzato» per le banche.

60.   A prescindere da ciò, a proposito dell’obiezione del governo italiano che le misure controverse, laddove riguardino le citate operazioni di retrocessione, abbiano originato solo un differimento o una temporanea sospensione dell’onere fiscale, si deve rilevare con la Commissione che già in una mera proroga delle imposte si individua un’agevolazione fiscale (22).

61.   Infine, già il governo italiano ha dichiarato che le misure riguardanti le operazioni di retrocessione sono volte ad eliminare ostacoli di natura fiscale.

62.   Con tutto ciò, il governo italiano non ha dedotto nulla che sia atto ad inficiare la constatazione che con le misure controverse, nella parte in cui prevedono «neutralità fiscale» per determinate operazioni, si concede un’agevolazione ai sensi dell’art. 87, n. 1, CE.

63.   Per quanto riguarda poi l’impiego di risorse statali, questo consiste, nel caso di aiuti «negativi» come quello di cui qui si tratta, nella rinuncia ad entrate fiscali collegata all’agevolazione (23).

64.   L’argomentazione del governo italiano, secondo la quale le misure controverse non graverebbero in definitiva, o in un’ottica di lungo periodo, sul bilancio statale deve essere respinta. L’art. 87 CE mira ad evitare che gli scambi fra gli Stati membri vengano ostacolati da agevolazioni concesse da autorità statali, che in varie forme, favorendo talune imprese o talune produzioni, falsino o minaccino di falsare la concorrenza (24). La caratteristica dell’impiego di risorse statali serve a delimitare gli aiuti statali da interventi privati, che non rientrano nella disciplina degli aiuti di Stato (25). Tale caratteristica deve quindi distinguersi dalla questione se l’impiego suddetto alla fine si traduca effettivamente in un onere di bilancio, o se addirittura non finisca per esplicare effetti positivi sul bilancio statale. Pertanto non rileva se in definitiva si pervenga, o meno, ad un onere di bilancio per lo Stato interessato (26).

65.   Il governo italiano ha infine specificamente contestato la selettività delle misure controverse.

66.   Ai sensi dell’art. 87, n. 1, CE un vantaggio economico concesso da uno Stato membro assume il carattere di aiuto di Stato solo se si presta a favorire esclusivamente «talune imprese o talune produzioni».

67.   Il carattere della selettività riguarda la demarcazione tra le misure statali che possono costituire aiuti di Stato ai sensi dell’art. 87 CE e le misure generali che sono espressione della politica fiscale e contributiva generale di uno Stato membro, e che sono riservate agli Stati membri.

68.   Per misure statali generali, non selettive, devono fondamentalmente intendersi, p. es., misure che favoriscano in pari misura tutti i soggetti economici operanti nel territorio di uno Stato membro (27).

69.   Al disotto di questo livello di generalità, può tuttavia rivelarsi molto difficile distinguere tra misure generali e selettive. Secondo la giurisprudenza, comunque, si può essere in presenza di un aiuto di Stato (selettivo) ai sensi dell’art. 87, n. 1, CE anche quando il medesimo riguardi un intero settore industriale, o addirittura più settori industriali (28).

70.   Nel caso in esame si può tuttavia indiscutibilmente constatare che le misure controverse si applicano solo al settore bancario.

71.   Ho già spiegato che, a mio avviso le misure controverse, presentandosi come esoneri del beneficiario da oneri pecuniari che normalmente dovrebbe sopportare, devono essere prese in considerazione nell’ambito del sistema contributivo generale al quale detti esoneri si riferiscono o in relazione al medesimo.

72.   Così, secondo un concetto coniato dall’avvocato generale Darmon nelle conclusioni da lui presentate nelle cause riunite Sloman Neptun, per qualificare una misura come selettiva ai sensi dell’art. 87, n. 1, CE occorre che essa abbia, per sua natura, «carattere derogatorio» nei confronti della struttura del sistema generale al quale appartiene (29).

73.   Pertanto, il carattere selettivo o meno di una disparità di trattamento indotta da una misura – disparità di trattamento per via della quale si attribuisce un’agevolazione ad un beneficiario nell’ambito del sistema generale cui la detta misura appartiene – dipende dal fatto che tale disparità di trattamento discenda dalla natura o dalla struttura del sistema generale – in poche parole, dalla logica impositiva interna di tale sistema.

74.   Al punto 32 della decisione impugnata la Commissione ha fatto riferimento alla corrispondente constatazione della Corte nella sentenza Maribel, secondo la quale «un provvedimento destinato a esonerare parzialmente le imprese di un settore industriale specifico dagli oneri pecuniari derivanti dalla normale applicazione del sistema generale di previdenza sociale, senza che l’esonero sia giustificato dalla natura o dalla struttura di tale sistema, dev’essere considerato un aiuto» (30).

75.   Una disparità di trattamento può quindi essere non selettiva solo quando è oggettivamente giustificata alla luce del sistema impositivo nell’ambito della quale è originata. Risulta peraltro qui evidente come questa disamina sia simile a una verifica di pari trattamento; ciò emerge anche dalla giurisprudenza della Corte in materia di selettività, nella misura in cui essa impone di accertare se determinate imprese o produzioni potrebbero essere favorite «rispetto ad altre imprese, che si trovino in una situazione fattuale e giuridica analoga tenuto conto dell’obiettivo perseguito dal detto regime» (31).

76.   Con le misure controverse si sono attuate, limitatamente al settore bancario, una serie di modificazioni del sistema impositivo normalmente in vigore (riduzione dell’aliquota dell’imposta sul reddito delle persone giuridiche, neutralità fiscale relativamente alle plusvalenze, ecc.). Se è vero che le disparità di trattamento all’interno di un sistema fiscale non assumono «carattere derogatorio», e quindi non sono da considerarsi selettive, solo quando discendono, per così dire, dalla «logica impositiva interna» di tale sistema, la disparità di trattamento introdotta con le misure controverse non sarebbe selettiva solo se con essa si fosse seguita la logica impositiva del sistema fiscale generale, o, come si è espresso il governo italiano, si fosse effettuato un adattamento del sistema generale alle peculiarità del settore bancario.

77.   Condivido tuttavia la tesi della Commissione che nel presente caso ciò non sia avvenuto, cioè che le misure controverse non abbiano creato un’oggettiva differenziazione tra il settore bancario ed altri settori e imprese. Dette misure sono interventi puntuali, con cui si intende consolidare il settore bancario italiano, o, come ha sostenuto il governo italiano, rafforzarne la competitività. Considero pertanto giusto quanto la Commissione afferma al punto 32 della decisione impugnata, nel senso che si tratta di un elemento estrinseco, che – relativamente alle fusioni o alle altre operazioni, cui le misure controverse si riferiscono – non ha nulla a che vedere con il normale funzionamento del sistema fiscale. L’obiettivo della ristrutturazione, o privatizzazione, del settore bancario di uno Stato membro può senz’altro essere, di per sé, un obiettivo legittimo, ma ciò non significa che un’agevolazione al solo settore bancario possa trovare giustificazione nella natura e nelle finalità generali del normale sistema fiscale nazionale. Le finalità estranee al sistema perseguite dalle misure controverse fanno quindi ritenere, secondo me, che non si tratti di un adattamento del sistema generale.

78.   L’avvocato generale Ruiz-Jarabo Colomer ha inoltre rilevato come la prova del fatto che una misura segua la logica interna del sistema possa essere fornita solo qualora sia esclusa ogni intenzione «di migliorare le condizioni per un settore nei confronti dei suoi concorrenti esteri» (32). Il governo italiano stesso ha tuttavia più volte ribadito che le misure controverse mirano anche al rafforzamento della competitività, attraverso consolidamenti ed il raggiungimento di una maggiore redditività.

79.   In base a quanto sopra considero le misure controverse, in quanto comunque applicabili esclusivamente ad operazioni corrispondenti nel settore bancario, certamente selettive dal punto di vista settoriale, come la Commissione ha giustamente stabilito al punto 35 della decisione impugnata.

80.   A tale selettività non si oppone neppure il fatto che le imprese di altri settori economici – le quali, se intraprendessero operazioni di ristrutturazione analoghe a quelle che nel settore bancario godono di benefici fiscali in base alle misure controverse, sarebbero tenute a versare le imposte corrispondenti – non siano in competizione con le banche. Questo caso si verificherà, anzi, frequentemente, quando si tratti di aiuti di Stato per intere «produzioni», esplicitamente citate, però, all’art. 87, n. 1, CE.

81.   Detta disposizione pone in primo piano l’incidenza sulla concorrenza nella Comunità: ciò significa che si tratta qui anche, per esempio, della concorrenza con i settori bancari di altri Stati membri (33). Così, la Corte ha riscontrato un’agevolazione selettiva nella causa Adria-Wien Pipeline, citata dalla Commissione, benché l’ambito di applicazione degli aiuti di Stato in questione si estendesse molto ampiamente alle «imprese che fabbricano beni materiali» (34).

82.   Nella decisione impugnata la Commissione ha inoltre tratto conclusioni (eventuali) (35) in merito alla selettività delle misure controverse, ed in particolare di quella citata al punto 5, n. 1, della decisione suddetta, all’interno del settore bancario, e quindi sotto il profilo della selettività della disparità di trattamento tra banche diverse.

83.   Dato che l’affermazione della Commissione in merito alla selettività settoriale, come esposto, è corretta, e che per la qualificazione di una misura come aiuto di Stato è sufficiente stabilire che essa è comunque selettiva sotto un profilo, diventa superfluo esaminare se le misure controverse siano effettivamente, per di più, selettive anche internamente al settore (36).

84.   Si deve quindi rilevare che la Commissione è giustamente pervenuta alla valutazione che le misure controverse soddisfino i presupposti della concessione unilaterale di benefici tramite risorse statali.

2.      La questione della distorsione della concorrenza e del pregiudizio agli scambi tra gli Stati membri.

a)      Principali argomenti del governo italiano

85.   Nel quinto capo del secondo motivo di impugnazione il governo italiano afferma che non vi è distorsione della concorrenza né tra le banche operanti in Italia, né tra le banche operanti in Italia e le banche operanti all’estero.

86.   Detto governo sostiene che tutte le banche rispondenti a determinati criteri oggettivi possono fruire delle agevolazioni fiscali in questione. Le agevolazioni fiscali connesse a determinate operazioni sarebbero vincolate esclusivamente alla condizione che tali operazioni si svolgano in Italia. Per ciò che concerne la misura citata al punto 5, n. 1, della decisione impugnata, essa si applicherebbe anche alle consociate di banche estere. L’accesso delle banche estere al mercato nazionale non ne risulterebbe perciò ostacolato.

87.   Inoltre, nel valutare l’incidenza delle misure controverse sulla concorrenza occorrerebbe tener conto del fatto che la pressione impositiva sulle banche operanti in Italia è sensibilmente più elevata della media europea. Una situazione siffatta potrebbe giustificare misure volte alla riduzione della pressione impositiva. La Commissione avrebbe a torto tralasciato di esaminare la distorsione della concorrenza in riferimento al mercato rilevante.

88.   Nel sesto capo del secondo motivo di impugnazione il governo italiano solleva obiezione in merito ad una valutazione non corretta e a difetti di motivazione relativamente all’incidenza sugli scambi tra gli Stati membri. Denuncia in particolare l’affermazione, contenuta nella decisione impugnata, secondo la quale le misure controverse faciliterebbero l’espansione all’estero delle banche italiane ed ostacolerebbero l’accesso delle banche straniere. Tale motivazione non sarebbe sufficiente, né rilevante. Detto governo sostiene ancora che le misure controverse si applicherebbero anche alle banche straniere, e che le banche italiane sarebbero soggette ad un’elevata pressione impositiva, motivo per cui non si espanderebbero in modo «potenzialmente più aggressivo».

b)      Valutazione giuridica

89.   Innanzi tutto occorre tener presente che, secondo una consolidata giurisprudenza, non occorre dimostrare l’effettivo ostacolo alla concorrenza e agli scambi intracomunitari, bensì è determinante la mera idoneità potenziale della misura in questione ad incidere sugli scambi tra gli Stati membri e a falsare la concorrenza (37).

90.   Già dalle circostanze in cui l’aiuto è stato concesso può inoltre risultare che esso incide sugli scambi tra gli Stati membri e falsa, o minaccia di falsare, la concorrenza (38).

91.   Per ciò che concerne, ora, la tesi secondo la quale la concorrenza non sarebbe falsata, ho già argomentato che la disciplina comunitaria degli aiuti di Stato è uno strumento volto ad evitare distorsioni della concorrenza nel mercato comune (39). È quindi sufficiente, a fondamento dell’applicabilità dell’art. 87, n. 1, CE, che le misure controverse siano atte ad influenzare la concorrenza relativamente a concorrenti operanti nel mercato comune (40). Il fatto che le misure controverse si applichino in base a criteri oggettivi e siano a disposizione tanto delle banche italiane, quanto delle banche estere, non è idoneo, come ha sostenuto la Commissione, a dimostrare l’inesistenza di una siffatta capacità d’influenza. Decisivo è il fatto che mediante le misure controverse determinate banche operanti in Italia vengano rafforzate in riferimento alle loro dimensioni – tramite consolidamenti – o alla loro capacità finanziaria e redditività – p. es. con retrocessioni. Anche se in linea di principio le consociate di banche estere, nei limiti in cui rispondano ai requisiti posti dalle misure controverse, possono avvantaggiarsi delle suddette misure, ciò non toglie che tali misure siano atte ad influenzare la competitività delle banche operanti in Italia rispetto a quelle operanti in altri Stati membri. A fronte della liberalizzazione dei mercati finanziari verificatasi negli ultimi anni non si può quindi, a mio avviso, seriamente negare che in ambito bancario sussista almeno un certo grado di concorrenza intracomunitaria.

92.   In merito all’affermazione secondo la quale la pressione impositiva sulle banche operanti in Italia sarebbe sensibilmente più elevata della media europea, si deve rilevare che, secondo la giurisprudenza, il tentativo di avvicinare tramite interventi unilaterali le condizioni competitive di un determinato settore economico a quelle vigenti in altri Stati membri non può privare tali interventi del carattere di aiuti di Stato (41). Questo elemento «compensativo» dell’argomentazione del governo italiano deve quindi essere respinto.

93.   Pertanto il governo italiano non ha dimostrato che la Commissione abbia presupposto a torto l’idoneità delle misure controverse a falsare la concorrenza.

94.   Per quanto concerne poi la valutazione e motivazione in merito all’idoneità delle misure controverse ad incidere sugli scambi intracomunitari, dalla giurisprudenza della Corte relativa alla distorsione della concorrenza, come anche agli ostacoli agli scambi tra gli Stati membri, non emerge alcun parametro rigoroso (42).

95.   Ai sensi della giurisprudenza cui la Commissione ha giustamente fatto riferimento al punto 41 della decisione impugnata, se un’agevolazione concessa rinforza la posizione di un gruppo di imprese nei confronti di altre, con esse in competizione negli scambi intracomunitari, gli scambi suddetti devono considerarsi influenzati da tale agevolazione (43).

96.   Secondo le affermazioni del governo italiano, le misure controverse sono volte a rafforzare la competitività del settore bancario italiano. Esse mirano ad incrementare la redditività delle banche interessate ed a facilitare i consolidamenti.

97.   È peraltro sufficiente constatare che – visti gli sviluppi della liberalizzazione dei servizi finanziari e quelli dell’integrazione dei mercati finanziari, che la Commissione ha richiamato al punto 41 della decisione impugnata, e che il governo italiano non ha come tali negati –non si può comunque escludere che le imprese beneficiarie siano in competizione con imprese operanti in altri Stati membri (44).

98.   Di conseguenza, la Commissione ha potuto correttamente presupporre un’incidenza sugli scambi. Al punto 41 della decisione impugnata, la medesima ha, per di più, dettagliatamente spiegato i motivi per cui presume un impatto sugli scambi.

99.   Sono perciò infondate anche le obiezioni relative all’erronea valutazione delle ripercussioni negative sulla concorrenza e sugli scambi tra gli Stati membri.

3.      Il difetto di motivazione derivante da un esame delle misure controverse non svolto separatamente ai sensi dell’art. 87, n. 1, CE, e, rispettivamente, dell’art. 87, n. 3, CE, nonché da un esame eccessivamente generico delle medesime

a)      Principali argomenti del governo italiano

100. Il governo italiano sostiene innanzi tutto che la decisione impugnata trascura di valutare separatamente due questioni distinte, e cioè quella relativa alla qualificazione delle misure controverse come aiuti di Stato ai sensi dell’art. 87, n. 1, CE, e quella relativa all’applicabilità delle disposizioni derogatorie di cui all’art. 87, n. 3, CE. La motivazione della qualificazione delle misure controverse come aiuti di Stato ai sensi dell’art. 87, n. 1, CE sarebbe inoltre troppo generica.

b)      Valutazione giuridica

101. A tal proposito si deve rilevare, alla luce dei principi relativi all’obbligo di motivazione, ai quali ho accennato ai paragrafi 32 e 33, che nella decisione impugnata le questioni inerenti alla qualificazione delle misure controverse come aiuti di Stato ai sensi dell’art. 87, n. 1, CE, e all’applicabilità delle disposizioni derogatorie di cui all’art. 87, n. 3, CE sono state motivate separatamente, e cioè rispettivamente nei punti 32-43 e nei punti 45-48 della decisione impugnata.

102. L’argomento della ricorrente, secondo cui le suddette due questioni non sarebbero state trattate separatamente, non può dunque essere accolto.

103. Alla luce di quanto ho già detto sopra, richiamando le corrispondenti osservazioni della Commissione, in merito alle singole caratteristiche di fatto del concetto di aiuto di Stato, non si può nemmeno giustificare la censura generale relativa alla motivazione troppo generica, ovvero alla mancanza di una sufficiente motivazione della qualificazione delle misure controverse come aiuti di Stato ai sensi dell’art. 87, n. 1, CE.

104. Anche il primo capo del secondo motivo di impugnazione è quindi infondata.

105. A seguito di quanto detto, il secondo motivo di impugnazione, che cioè la Commissione avrebbe qualificato a torto, e violando l’obbligo di motivazione, le misure controverse come aiuti di Stato ai sensi dell’art. 87, n. 1, CE, deve essere respinto in quanto infondato.

D –    La violazione dell’art. 87, n. 3, CE e la violazione dell’obbligo di motivazione in relazione alla questione della compatibilità con il mercato comune (terzo motivo di impugnazione)

1.      Principali argomenti del governo italiano

106. Il governo italiano fa valere che la Commissione avrebbe violato l’art. 87, n. 3, CE e l’art. 253 CE, in quanto avrebbe tralasciato, in base ad una motivazione giuridicamente non corretta e contraddittoria, di dichiarare le misure controverse compatibili con il mercato comune.

107. Al riguardo, detto governo sostiene innanzi tutto, con riferimento al punto 48 della decisione impugnata, che la Commissione non avrebbe dovuto concludere, dal fatto che le misure controverse non erano state comunicate ai sensi dell’art. 88, n. 3, CE, che le medesime non fossero da dichiararsi compatibili con il mercato comune ai sensi dell’art. 87, n. 1, CE, né avrebbe potuto per tale motivo limitarsi ad una valutazione superficiale delle circostanze rilevanti. Anche in altri casi, in cui si trattava di misure non comunicate, la Commissione ne avrebbe discusso senza pregiudizi con il governo italiano, ed avrebbe infine applicato le deroghe ai sensi dell’art. 87, n. 3, lett. c), CE. Nel caso in esame, tuttavia, la Commissione avrebbe semplicemente applicato formule standard non coerenti.

108. Il governo italiano sostiene poi che si sarebbe potuto dichiarare le misure controverse compatibili con il mercato comune in quanto «aiuti destinati a promuovere la realizzazione di un importante progetto di comune interesse europeo» ai sensi dell’art. 87, n. 3, lett. b), CE.

109. Detto governo afferma al riguardo che con la legge Ciampi il legislatore italiano intendeva ottenere un effetto significativo sul mercato bancario italiano, e cioè la piena e definitiva privatizzazione delle banche italiane. Un tale intento, per di più corrispondente al progetto europeo della realizzazione della zona euro e del mercato interno, rappresenterebbe un «progetto di comune interesse europeo». Gli Stati membri potrebbero realizzare un progetto siffatto solo in relazione alle banche rispettivamente ivi stabilite. L’intera Comunità, però, trarrebbe beneficio da questa privatizzazione, che incentiverebbe la concorrenza in un mercato finanziario importante come quello italiano. In quest’ottica, l’affermazione della Commissione al punto 45 della decisione impugnata, secondo la quale le misure controverse avvantaggerebbero «principalmente gli operatori economici di uno Stato membro, e non la Comunità nel suo complesso», sarebbe riduttiva. Inoltre, solo il «progetto», e non l’aiuto, dovrebbe essere «di comune interesse europeo», e quindi costituire un vantaggio per la Comunità nel suo complesso. Alla luce degli obiettivi, che avrebbe dettagliatamente illustrato, il governo italiano contesta poi che non si tratti di un «progetto concreto, preciso e ben definito» (ancora al punto 45 della decisione impugnata).

110. Con le medesime argomentazioni in merito agli obiettivi delle misure in questione, il governo italiano sostiene quindi che si sarebbe potuto dichiarare le misure controverse compatibili con il mercato comune anche in quanto «aiuti destinati ad agevolare lo sviluppo di talune attività economiche» ai sensi dell’art. 87, n. 3, lett. c), CE.

111. Detto governo afferma inoltre che la Commissione non avrebbe potuto escludere l’eventuale compatibilità delle misure controverse con il mercato comune, ai sensi di tale norma, solo in base a linee guida quali gli Orientamenti in materia di aiuti di Stato a finalità regionale (45). Proprio in un caso come quello in esame, nel quale si tratta di misure «atipiche», sarebbe necessario anche esaminare se tali misure, indipendentemente dalle categorie previste dagli Orientamenti, ricadano nel concetto di aiuti ai sensi dell’art. 87, n. 3, lett. c), CE.

112. Il governo italiano critica infine soprattutto quanto affermato dalla Commissione al punto 47 della decisione impugnata, che cioè, rispetto a misure precedenti, in particolare quelle previste dalla legge Amato, le misure controverse avrebbero prevalentemente l’effetto di migliorare la competitività dei beneficiari degli aiuti.

2.      Valutazione

113. Innanzi tutto occorre ricordare che nell’applicazione dell’art. 87, n. 3, CE, la Commissione gode di un ampio potere discrezionale, il cui esercizio comporta complesse valutazioni di ordine economico e sociale, da effettuarsi in un contesto comunitario (46).

114. A motivo di questa ampia discrezionalità decisionale, la Corte, nel controllare la liceità dell’esercizio della medesima, non può sostituire con la propria la valutazione di compatibilità cui è pervenuta l’istituzione competente (47).

115. Non è pertanto compito della Corte stabilire se un aiuto di Stato sia da dichiararsi, o avrebbe potuto essere dichiarato, compatibile con il mercato comune (48).

116. Piuttosto, la verifica, da parte della Corte, dell’esercizio del potere discrezionale della Commissione deve limitarsi al controllo del rispetto delle regole di procedura e di motivazione, nonché al controllo dell’esattezza materiale dei fatti presi in considerazione e dell’assenza di errori di diritto, di errori manifesti nella valutazione dei fatti e di sviamento di potere (49).

117. Per ciò che concerne l’obiezione del governo italiano in relazione al punto 48 della decisione impugnata, si rileva che la Commissione non ha dedotto che le misure controverse siano incompatibili con il mercato comune dal fatto che le medesime non le sono state comunicate.

118. Piuttosto, questa valutazione della Commissione si basa sulle considerazioni espresse ai punti 45-48 della decisione impugnata.

119. In tali punti la Commissione ha, tra l’altro, anche discusso le ipotesi di deroga previste dall’art. 87, n. 3, CE, ed ha di volta in volta esplicitato i motivi per cui, in virtù delle circostanze del caso in esame, non le ritiene applicabili.

120. Alla luce dei principi relativi all’obbligo di motivazione, che ho sopra citato ai paragrafi 32 e 33, si deve quindi constatare che, in merito alla questione della compatibilità con il mercato comune, la decisione impugnata è sufficientemente motivata (50). L’affermazione del governo italiano che la decisione impugnata contrasta con precedenti decisioni non dimostra che la motivazione della decisione impugnata sia di per sé contraddittoria.

121. In merito alle obiezioni del governo italiano relativamente all’assenza di un esame delle misure controverse indipendente dagli Orientamenti della Commissione, si deve inoltre rilevare come dai punti 47 e 48 emerga che la Commissione non ha valutato la questione della compatibilità delle misure controverse con il mercato comune esclusivamente in base a linee guida, benché sia comunque giunta alla conclusione che le circostanze del caso non consentissero di dichiarare le misure controverse compatibili con il mercato comune.

122. Come ho già detto, peraltro, la decisione in merito al fatto che le misure controverse costituiscano un «progetto di comune interesse europeo» o un «aiuto destinato ad agevolare lo sviluppo di talune attività economiche» presuppone la valutazione, da parte della Commissione, di complicati collegamenti economici e sociali, valutazione che deve riferirsi alla Comunità nel suo complesso. Anche se a seguito di detta valutazione si dovesse ritenere che le misure controverse servano per la piena e definitiva privatizzazione delle banche italiane, e che ciò sia in sintonia con la realizzazione del mercato interno e della zona euro – cosa che, di per sé, è già soggetta a discrezionalità di valutazione –, questo non sarebbe sufficiente per concludere che la Commissione abbia commesso un errore giuridico nel non ricondurre le misure controverse all’art. 87, n. 3, lett. b) o c), CE.

123. Alla luce della molteplicità di obiettivi e di effetti delle misure controverse, sulla quale ho già avuto modo di soffermarmi, ritengo inoltre che il governo italiano non abbia dimostrato che la Commissione, con l’affermazione di cui al punto 45 della decisione impugnata, secondo la quale le suddette misure «avvantaggeranno principalmente gli operatori economici di uno Stato membro, e non la Comunità nel suo complesso, e … non promuoveranno un progetto concreto e ben definito», abbia commesso un evidente errore di valutazione.

124. Per ciò che concerne, infine, l’affermazione di cui al punto 45 della decisione impugnata, secondo la quale le misure controverse, diversamente dalle precedenti (nell’ambito della legge Amato), determinerebbero principalmente un incremento della competitività, la comparabilità delle misure controverse con misure precedenti non è comunque decisiva in relazione alla questione della compatibilità con il mercato comune (51). Al cospetto dell’evidente effetto di incentivazione della competitività esplicato dalle misure controverse, come del resto dichiarato dallo stesso governo italiano, l’affermazione della Commissione, che dette misure determinerebbero principalmente un incremento della competitività dei beneficiari degli aiuti, di per sè non costituisce comunque una valutazione evidentemente errata.

125. In base a quanto sopra esposto, anche il terzo motivo di impugnazione deve essere respinto, in quanto infondato.

V –    Sulle spese

126. Ai sensi dell’art. 69, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente deve essere condannata a sopportare le spese, se ne è stata fatta domanda. Poiché la Commissione ha fatto domanda di condannare la Repubblica italiana alle spese, detta Repubblica, rimasta soccombente, va condannata alle spese.

VI – Conclusione

127. Propongo pertanto alla Corte

1)         di respingere il ricorso;

2)         di condannare la Repubblica italiana alle spese.


1 – Lingua originale: il tedesco.


2 – GU L 184, pag. 27 (in prosieguo: la «decisione impugnata»).


3 – V., p. es., sentenze 6 aprile 2000, causa C-256/98, Commissione/Francia (Racc. pag. I-2487, punto 31) e 7 maggio 1986, causa 191/84, Barcella e a./Commissione (Racc. pag. 1541, punto 5).


4 – V., p. es., sentenze 24 luglio 2003, causa C-280/00, Altmark Trans (Racc. pag. I-7747, punto 75) e 3 marzo 2005, causa C-172/03, Heiser (non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 27).


5 – P. es., sentenze 26 settembre 1996, causa C-241/94, Francia/Commissione (Racc. pag. I-4551, punto 21), 29 aprile 1999, causa C-342/96, Spagna/Commissione (Racc. pag. I-2459, punto 23), 13 giugno 2002, causa C-382/99 (Paesi Bassi/Commissione (Racc. pag. I-5163, punto 61), nonché sentenza 13 febbraio 2003, causa C-409/00, Spagna/Commissione (Racc. pag. I-1487, punto 46).


6 – P. es., sentenze nelle cause C-241/94 (citata nella nota 5), punto 21, e C-342/96 (citata nella nota 5), punto 23.


7 – L’applicazione dell’art. 87, n. 3, CE al caso in esame viene trattata nel quadro del terzo motivo di impugnazione. V., al riguardo, in particolare, le mie osservazioni nei seguenti paragrafi 113 e segg.


8 – V., al riguardo, Sutter, Das EG-Beihilfenverbot und sein Durchführungsverbot in Steuersachen, 2005, pag. 44 e segg.


9 – V., in questo senso, sentenze 10 dicembre 1969, cause riunite 6/69 e 11/69, Commissione/Francia (Racc. pag. 523, punto 21) e 19 maggio 1999, causa C-6/97, Italia/Commissione (Racc. pag. I-2981, punto 21).


10 – V., al riguardo, con riferimento alla questione dell’attribuzione di vantaggi unilaterali, le affermazioni dell’avvocato generale Tizzano nelle conclusioni da lui presentate l’8 maggio 2001, causa C-53/00, Ferring (sentenza 22 novembre 2001, Racc. pag.  I-9067, par. 39).


11 – Regolamento (CE) del Consiglio 22 marzo 1999, n. 659/1999, recante modalità di applicazione dell’art. 93 del Trattato CE (GU L 83, pag. 1).


12 – V., p. es., sentenza 7 marzo 2002, causa C-310/99, Italia/Commissione (Racc. pag. I-2289, punto 48).


13 – V., p. es., sentenze 2 aprile 1998, causa C-367/95 P, Commissione/Sytraval e Brink’s France (Racc. pag. I-1719, punto 63), 30 marzo 2000, causa C-265/97 P, VBA/Florimex e a. (Racc. pag. I-2061, punto 93), 22 marzo 2001, causa C-17/99, Francia/Commissione (Racc. pag. I-2481, punti 35 e 36), nonché sentenza nella causa C-310/99 (citata nella nota 12), punto 48.


14 – Comunicazione della Commissione sull’applicazione delle norme relative agli aiuti di Stato alle misure di tassazione diretta delle imprese (GU 1998, C 2, pag. 1; GU 1998, C 384/3, pag. 3).


15 – V., p. es., sentenze 23 febbraio 1961, causa 30/59, De Gezamenlijke Steenkolenmijnen in Limburg/Hohe Behörde (Racc. pag. 3, punto 43), 15 marzo 1994, causa C-387/92, Banco Exterior de España (Racc. pag. I-877, punto 13), 29 giugno 1999, causa C-256/97, DM Transport (Racc. pag. I-3913, punto 19), nonché 12 dicembre 2002, causa C 5/01, Belgio/Commissione (Racc. pag. I-11991, punto 32).


16 – Così commenta, p. es., Ross, «State aid and national courts: definition and other problems – a case of premature anticipation?» CMLR 2000, 407: «No advantage can be identified without a comparator first being found as a benchmark for treatment». L’identificazione di un punto di riferimento è, a mio avviso, necessaria non solo con riferimento alla questione dell’unilateralità o selettività di un vantaggio, ma anche in relazione alla concessione del vantaggio, poiché anche la questione se con un determinato provvedimento sia stato concesso un vantaggio ad un'impresa non può essere risolta unicamente nell’ottica dell’impresa. Allo stesso modo, secondo una consolidata giurisprudenza, non rileva se la situazione del contribuente ritenuto avvantaggiato da una determinata misura sia migliorata o peggiorata rispetto alla posizione giuridica precedente, o se sia invece rimasta immutata. V., p. es., sentenza 7 giugno 1988, causa 57/86, Grecia/Commissione (Racc. pag. 2855, punto 10).


17 – V., p. es., avvocato generale La Pergola nelle conclusioni da lui presentate il 12 novembre 1998, causa C-75/97, Belgio/Commissione, sentenza 17 giugno 1999 (Racc. pag. I-3671, paragrafo 11).


18 – Sentenza della causa 30/59 (citata nella nota 15).


19 – Sentenza della causa C-75/97 (citata nella nota 17).


20 – V. avvocato generale Mischo, nelle conclusioni da lui presentate l’8 maggio 2001, causa C-143/99, Adria-Wien Pipeline, sentenza 8 novembre 2001 (Racc. pag.  I-8365, paragrafi 40 e segg.). V. anche sentenza 29 aprile 2004, causa C-308/01, GIL Insurance (Racc. pag. I-4777, punti 70 e segg.).


21 – V., p. es., sentenza 14 ottobre 1987, causa 248/84, Germania/Commissione (Racc. pag. 4013, punto 18), nonché sentenza della causa C-75/97 (citata nella nota 17), punto 48.


22 – V. sentenza della causa C-256/97 (citata nella nota 15), punto 19.


23 – V., p. es., sentenza 19 settembre 2000, causa C-156/98, Germania/Commissione (Racc. pag. I-6857, punto 26).


24 – Sentenza 2 luglio 1974, causa 173/73, Italia/Commissione (Racc. pag. 709, punto 26), nonché sentenza della causa C-387/92 (citata nella nota 15), punto 12.


25 – Che si tratti primariamente dell’imputabilità allo Stato discende, p. es., anche dalla sentenza 20 novembre 2003, causa C-126/01, GEMO (Racc. pag. I-13769, punto 26).


26 – V. Heidenhain, Handbuch des Europäischen Beihilfenrechts, 2003, pag. 155, paragrafo 5.


27 – P. es., la sentenza nella causa C-156/98 (citata nella nota 23), punto 26.


28 – V. la sentenza della causa C-75/97 (citata nella nota 17), in particolare punti 32 e 33.


29 – Conclusioni presentate dall’avvocato generale Darmon il 17 marzo 1992, cause riunite C-72/91 e C-73/91, Sloman Neptun, sentenza 17 marzo 1993 (Racc. pag. I-887, paragrafo 50). V., per un riferimento specifico a questo concetto, la sentenza nella causa C-75/97 (citata nella nota 17), titolo che precede il punto 32.


30 – Sentenza nella causa C-75/97 (citata nella nota 17), punto 33, con rinvio alla sentenza nella causa 173/73 (citata nella nota 24), punto 33.


31 – V., p. es., la sentenza nella causa C-308/01 (citata nella nota 20), punto 68.


32 – Conclusioni presentate il 17 settembre 1998 dall'avvocato generale Ruiz-Jarabo Colomer nella causa C-6/97 (sentenza citata alla nota n. 9), paragrafo 27.


33 – V., al riguardo, anche il precedente paragrafo 27 delle presenti conclusioni.


34 – Sentenza nella causa C-143/99 (citata nella nota 20). V., contra, il paragrafo 78 delle conclusioni presentate dall’avvocato generale Mischo in tale causa, ove si afferma che non sussisterebbe concorrenza tra i settori interessati.


35 – V. punto 35, dove la selettività è individuata come segue (il corsivo è mio): «Quand’anche l’aiuto dovesse applicarsi a tutti gli operatori bancari in maniera indifferenziata, le misure costituirebbero comunque un aiuto al settore».


36 – V. sentenza 6 novembre 1990, causa C-86/89, Italia/Commissione (Racc. pag. I-3891, punto 20).


37 – V., p. es., la sentenza nella causa C-409/00 (citata nella nota 5), punto 75.


38 – V., p. es., sentenza 19 ottobre 2000, cause riunite C-15/98 e C-105/99, Italia e Sardegna Lines/Commissione (Racc. pag. I-8855, punto 66), e la giurisprudenza ivi citata.


39 – V. il precedente paragrafo 27.


40 – V., al riguardo, anche Sutter (citato nella nota 8), pag. 132.


41 – V., in questo senso, le sentenze nelle cause riunite 6/69 e 11/69 (citata nella nota 9), punto 21, nonché nella causa C-6/97 (citata nella nota 9), punto 21.


42 – V. le conclusioni presentate dall’avvocato generale Jacobs il 23 marzo 1994, cause riunite C-278/92 - C-280/92, Spagna/Commissione (sentenza 14 settembre 1994, Racc. pag. I-4103, par. 33); v. anche Keppenne, Guide des aides d`Etat en droit communautaire, 1999, pagg. 120 e 132 e segg.


43 – V., in particolare, sentenza 17 settembre 1980, causa 730/79, Philip Morris/Commissione (Racc. pag. 2671, punto 11), nonché sentenza nella causa C-53/00 (citata nella nota 10), punto 21.


44 – V. la sentenza nella causa C-172/03 (citata nella nota 4), punto 35.


45 – V. Orientamenti in materia di aiuti di Stato a finalità regionale (GU C 74, pag. 9), citati dalla Commissione nella nota 17 della decisione impugnata.


46 – V., p. es., sentenze 24 febbraio 1987, causa 310/85, Deufil/Commissione (Racc. pag. 901, punto 18), 8 marzo 1988, cause riunite 62/87 e 72/87, Exécutif regional wallon e SA Glaverbel/Commissione (Racc. pag. 1573), nonché 29 aprile 2004, causa C-372/97, Italia/Commissione (Racc. pag. I-3679, punto 83).


47 – P. es., sentenza 14 gennaio 1997, causa C-169/95, Spagna/Commissione (Racc. pag. I-135, punto 34).


48 – V. anche ordinanza 24 luglio 2003, causa C-297/01, Sicilcassa e Graci (Racc. pag. I-7849, punto 47).


49 – P. es., sentenza nella causa C-372/97 (citata nella nota 46), punto 83.


50 – V. anche, p. es., la sentenza nella causa C-372/97 (citata nella nota 46), punto 87.


51 – V., al riguardo, anche quanto ho esposto nei precedenti paragrafi 29 e 30.