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CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

PHILIPPE LÉGER

presentate il 9 febbraio 2006 1(1)


Indice


I – Introduzione

II – Diritto comunitario

III – Regime fiscale dei centri di coordinamento

IV – Fatti e procedimento

A – I fatti precedenti alla decisione della Commissione

B – La decisione della Commissione

C – Le controversie relative alla decisione della Commissione

D – I fatti successivi alla decisione della Commissione

E – La decisione del Consiglio

F – La fase contenziosa relativa alla decisione del Consiglio

V – Esame dei ricorsi

A – Il ricorso contro la decisione del Consiglio (causa C-399/03)

1. Conclusioni e motivi delle parti

2. Valutazione

B – I ricorsi contro la decisione della Commissione (cause riunite C-182/03 e C-217/03)

1. Conclusioni delle parti

a) La causa C-182/03, Belgio/Commissione

b) La causa C-217/03, Forum 187/Commissione

2. La ricevibilità del ricorso della Forum 187

a) Argomenti delle parti

b) Valutazione

i) Sulla ricevibilità del ricorso della Forum 187 in quanto essa sarebbe direttamente ed individualmente interessata

ii) Sulla ricevibilità del ricorso della Forum 187 in quanto rappresentante di alcuni suoi membri

3. L’esame dei ricorsi nel merito

a) La domanda della Forum 187 per l’annullamento integrale della decisione 17 febbraio 2003

i) Il motivo relativo all’assenza di fondamento normativo e alla violazione del principio della certezza del diritto

– Argomenti delle parti

– Valutazione

ii) Il motivo relativo alla violazione dell’art. 87, n. 1, CE

– Sul metodo di analisi del regime contestato

– Sull’esistenza di un vantaggio a favore di talune imprese

L’esistenza di un vantaggio economico

VI – Conclusioni





Cause riunite C-182/03 e C-217/03

Regno del Belgio

contro

Commissione delle Comunità europee

e

Forum 187 ASBL

contro

Commissione delle Comunità europee

«Aiuto di Stato – Regime fiscale dei centri di coordinamento con sede in Belgio – Ricorso di un’associazione – Ricevibilità – Decisione della Commissione secondo la quale tale regime non costituisce un aiuto – Cambiamento di valutazione della Commissione – Procedura – Regolamento (CE) n. 659/1999 – Procedura applicabile al controllo degli aiuti esistenti – Art. 87, n. 1, CE – Misure transitorie – Tutela del legittimo affidamento – Principio generale di uguaglianza»

Causa C-399/03

Commissione delle Comunità europee

contro

Consiglio dell’Unione europea

«Aiuto del Regno del Belgio ai centri di coordinamento – Aiuto destinato a consentire la proroga del regime fiscale dei centri di coordinamento dichiarato incompatibile con il mercato comune – Decisione del Consiglio che dichiara tale aiuto compatibile con il mercato comune – Art. 88, n. 2, terzo comma, CE – Illegittimità»

I –    Introduzione

1.        I tre ricorsi di annullamento di cui la Corte è investita riguardano il regime fiscale dei centri di coordinamento previsto dal Regno del Belgio.

2.        Un centro di coordinamento è un’impresa creata da un gruppo di società multinazionali, che ha lo scopo di fornire vari servizi a tali società, in particolare nel settore finanziario. Il Regno del Belgio ha introdotto, nel 1982, un regime fiscale specifico a favore di tali centri, condizionato al possesso di un’autorizzazione individuale di durata decennale rinnovabile.

3.        La Commissione delle Comunità europee, alla quale tale regime era stato notificato, aveva ritenuto che esso non costituisse un aiuto di Stato. Tuttavia, in seguito ai lavori svolti in seno al Consiglio dell’Unione europea, nel 1997, in materia di concorrenza fiscale tra gli Stati membri, essa ha effettuato un nuovo esame del detto regime.

4.        Con decisione 17 febbraio 2003 (2), la Commissione ha ritenuto che esso costituisse un aiuto di Stato incompatibile con il mercato comune. Essa ha vietato al governo belga di concederne il beneficio a nuovi centri di coordinamento e di rinnovare, a partire dal 17 febbraio 2003, le autorizzazioni decennali. Essa ha tuttavia stabilito che le autorizzazioni in vigore a tale data possano produrre i loro effetti sino alla loro scadenza, in ogni caso non oltre il 31 dicembre 2010.

5.        In seguito a tale decisione, il governo belga ha chiesto al Consiglio di essere autorizzato a concedere, fino al 31 dicembre 2005, un trattamento fiscale identico a quello previsto dal regime per i centri di coordinamento ai centri con autorizzazione in scadenza tra il 17 febbraio 2003 e il 31 dicembre 2005. Il Consiglio ha accolto la domanda con decisione 16 luglio 2003 (3).

6.        La decisione della Commissione è oggetto di ricorsi di annullamento nelle cause riunite C-182/03 e C-217/03, proposti rispettivamente dal Regno del Belgio e dalla Forum 187 ASBL (4), un’associazione di diritto belga che è una federazione dei centri di coordinamento in Belgio.

7.        La decisione del Consiglio, da parte sua, è oggetto di un ricorso di annullamento, proposto dalla Commissione, nella causa C-399/03.

8.        Poiché tali ricorsi si inquadrano nel medesimo contesto di diritto e di fatto, li esaminerò insieme nelle presenti conclusioni.

9.        Il loro esame mi porterà ad affrontare i sei punti che seguono: la competenza del Consiglio ad adottare la decisione 16 luglio 2003, la ricevibilità del ricorso della Forum 187, la possibilità per la Commissione di modificare una sua precedente valutazione sull’esistenza di un aiuto, il fondamento della qualificazione del regime fiscale dei centri di coordinamento quale aiuto di Stato e, infine, il problema di capire se, vietando al Regno del Belgio di rinnovare, anche solo temporaneamente, le autorizzazioni in scadenza dopo la notifica della propria decisione 17 febbraio 2003, la Commissione abbia violato il legittimo affidamento dei centri di coordinamento e il principio generale di uguaglianza.

II – Diritto comunitario

10.      Nel Trattato CE, gli aiuti di Stato sono in linea di principio vietati, con talune eccezioni. L’art. 87, n. 1, CE così dispone:

«Salvo deroghe contemplate dal presente trattato, sono incompatibili con il mercato comune, nella misura in cui incidano sugli scambi tra Stati membri, gli aiuti concessi dagli Stati, ovvero mediante risorse statali, sotto qualsiasi forma che, favorendo talune imprese o talune produzioni, falsino o minaccino di falsare la concorrenza».

11.      L’art. 87 elenca quindi, ai nn. 2 e 3, gli aiuti di Stato che sono compatibili di pieno diritto con il mercato comune, e quelli che possono essere considerati compatibili con esso. In tale seconda categoria rientrano, in particolare, gli aiuti destinati a favorire lo sviluppo economico delle regioni ove si abbia una grave forma di sottoccupazione e quelli destinati ad agevolare lo sviluppo di talune attività economiche, sempre che non alterino le condizioni degli scambi in misura contraria al comune interesse.

12.      L’art. 88 CE così prevede:

«1.      La Commissione procede con gli Stati membri all’esame permanente dei regimi di aiuti esistenti in questi Stati. Essa propone a questi ultimi le opportune misure richieste dal graduale sviluppo o dal funzionamento del mercato comune.

2.      Qualora la Commissione, dopo aver intimato agli interessati di presentare le loro osservazioni, constati che un aiuto concesso da uno Stato, o mediante fondi statali, non è compatibile con il mercato comune a norma dell’articolo 87, oppure che tale aiuto è attuato in modo abusivo, decide che lo Stato interessato deve sopprimerlo o modificarlo nel termine da essa fissato.

Qualora lo Stato in causa non si conformi a tale decisione entro il termine stabilito, la Commissione o qualsiasi altro Stato interessato può adire direttamente la Corte di giustizia, in deroga agli articoli 226 e 227.

A richiesta di uno Stato membro, il Consiglio, deliberando all’unanimità, può decidere che un aiuto, istituito o da istituirsi da parte di questo Stato, deve considerarsi compatibile con il mercato comune, in deroga alle disposizioni dell’articolo 87 o ai regolamenti di cui all’articolo 89, quando circostanze eccezionali giustifichino tale decisione. Qualora la Commissione abbia iniziato, nei riguardi di tale aiuto, la procedura prevista dal presente paragrafo, primo comma, la richiesta dello Stato interessato rivolta al Consiglio avrà per effetto di sospendere tale procedura fino a quando il Consiglio non si sia pronunciato al riguardo.

Tuttavia, se il Consiglio non si è pronunciato entro tre mesi dalla data della richiesta, la Commissione delibera.

3.      Alla Commissione sono comunicati, in tempo utile perché presenti le sue osservazioni, i progetti diretti a istituire o modificare aiuti. Se ritiene che un progetto non sia compatibile con il mercato comune a norma dell’articolo 87, la Commissione inizia senza indugio la procedura prevista dal paragrafo precedente. Lo Stato membro interessato non può dare esecuzione alle misure progettate prima che tale procedura abbia condotto a una decisione finale».

13.      L’art. 89 CE autorizza il Consiglio ad adottare regolamenti per l’applicazione degli artt. 87 CE e 88 CE. Sulla base di tale autorizzazione il Consiglio ha adottato il regolamento (CE) n. 659/1999 (5), che fissa norme precise circa le procedure da seguire per l’applicazione dell’art. 88 CE.

14.      L’art. 1, lett. b), del regolamento n. 659/1999 definisce il concetto di «aiuto esistente». Esso stabilisce che, ai fini del regolamento, tale concetto abbraccia i seguenti casi:

«i)      (…) tutte le misure di aiuto esistenti in uno Stato membro prima dell’entrata in vigore del trattato, ossia tutti i regimi di aiuti e gli aiuti individuali ai quali è stata data esecuzione prima dell’entrata in vigore del trattato e che sono ancora applicabili dopo tale entrata in vigore;

ii)      gli aiuti autorizzati, ossia i regimi di aiuti e gli aiuti individuali che sono stati autorizzati dalla Commissione o dal Consiglio;

iii)      gli aiuti che si suppongono autorizzati a norma dell’articolo 4, paragrafo 6, del presente regolamento [(6)] o anteriormente al presente regolamento, ma secondo la procedura in esso prevista;

iv)      gli aiuti considerati aiuti esistenti ai sensi dell’articolo 15 [(7)];

v)      gli aiuti considerati aiuti esistenti in quanto può essere dimostrato che al momento della loro attuazione non costituivano aiuti, ma lo sono diventati successivamente a causa dell’evoluzione del mercato comune e senza aver subito modifiche da parte dello Stato membro. Qualora alcune misure diventino aiuti in seguito alla liberalizzazione di un’attività da parte del diritto comunitario, dette misure non sono considerate aiuti esistenti dopo la data fissata per la liberalizzazione».

15.      La procedura di controllo degli aiuti esistenti è oggetto degli artt. 17-19 del regolamento n. 659/1999. L’art. 17 prevede che la Commissione esamini, in collaborazione con gli Stati membri, i regimi di aiuto esistenti. Se la Commissione ritiene che un regime di aiuti non sia, o non sia più, compatibile con il mercato comune, informa lo Stato membro interessato della sua posizione preliminare, dandogli l’opportunità di presentare le proprie osservazioni entro il termine di un mese, che può essere prorogato.

16.      Ai sensi dell’art. 18 del citato regolamento, se la Commissione, alla luce delle informazioni fornitele dallo Stato membro a norma dell’art. 17, conclude che il regime di aiuti esistente non è, ovvero non è più, compatibile con il mercato comune, invia allo Stato membro interessato una raccomandazione in cui propone opportune misure. Tale raccomandazione può in particolare proporre di modificare sostanzialmente il regime di aiuti in questione, di introdurre taluni obblighi procedurali o anche di abolire il detto regime.

17.      Ai sensi dell’art. 19 del medesimo regolamento, se lo Stato membro non accetta i provvedimenti proposti e la Commissione, dopo aver valutato gli argomenti da esso proposti, continua a ritenere tali provvedimenti necessari, la Commissione avvia il procedimento di indagine formale di cui all’art. 88, n. 2, CE.

III – Regime fiscale dei centri di coordinamento

18.      Il regime fiscale dei centri di coordinamento adottato dal Regno del Belgio è stato creato con regio decreto 30 dicembre 1982 (8). È pacifico che esso non è stato oggetto di modifiche significative tra il momento in cui la Commissione ha comunicato al governo belga di non ritenerlo un aiuto di Stato, nel 1984, nel 1987 e nel 1990, e la decisione 17 febbraio 2003 (9).

19.      Un centro di coordinamento può essere creato sotto forma di società belga con personalità giuridica, o di succursale creata in Belgio da una società straniera. Il beneficio del regime fiscale istituito dal regio decreto n. 187 è subordinato al rilascio di un’autorizzazione preliminare e individuale relativa a un siffatto centro, che avviene con regio decreto. Per ottenere tale autorizzazione, il centro deve far parte di un gruppo di società a carattere multinazionale. Tale condizione presuppone in particolare che le società che costituiscono il gruppo siano stabilite in almeno quattro paesi. Il gruppo deve altresì disporre di un capitale e di riserve di importo non inferiore a 1 miliardo di franchi belgi (BEF). Esso deve inoltre realizzare un fatturato annuo consolidato non inferiore a BEF 10 miliardi. Le banche e le compagnie di assicurazione non possono beneficiare di tale regime.

20.      Il centro in questione deve avere quale unico scopo lo sviluppo e la centralizzazione di una o più attività di natura preparatoria o ausiliaria, svolte esclusivamente a beneficio di tutte o di una parte delle società del citato gruppo (10).

21.      Esso deve impiegare in Belgio almeno l’equivalente di dieci persone a tempo pieno al termine dei suoi primi due anni di attività.

22.      L’autorizzazione concessa al centro è valida per dieci anni, e rinnovabile per un uguale periodo.

23.      Il regime fiscale di cui beneficiano i centri di coordinamento autorizzati prevede quanto segue:

–      il reddito imponibile dei centri è determinato forfettariamente. Esso corrisponde ad una percentuale delle loro spese e dei loro costi di funzionamento, con esclusione delle spese per il personale, degli oneri finanziari e dell’imposta sulle società;

–      i centri sono esentati dal «précompte immobilier» (imposta belga sugli immobili societari) che essi utilizzano per l’esercizio della loro attività economica;

–      l’imposta di registro dello 0,5% non è dovuta sui conferimenti effettuati ad un centro, né sugli aumenti del suo capitale statutario;

–      i centri sono esentati dal «précompte mobilier» (imposta d’acconto belga sui beni mobili societari). Sono inoltre esonerati da tale imposta, da un lato, i dividendi, gli interessi e i diritti distribuiti dai centri, fatte salve alcune eccezioni, e, dall’altro, i redditi percepiti dai centri grazie ai loro depositi in denaro;

–      i centri pagano un’imposta annua di BEF 400 000 per ogni unità di personale impiegata a tempo pieno, con un limite di BEF 4 000 000 per centro.

IV – Fatti e procedimento

A –    I fatti precedenti alla decisione della Commissione

24.      Il regime fiscale dei centri di coordinamento è stato esaminato una prima volta dalla Commissione nel 1984. Con decisione 16 maggio 1984, essa ha ritenuto che tale regime non costituisse un aiuto. Tuttavia, il regime concretamente attuato era diverso da quello che le era stato notificato. La Commissione ha quindi aperto il procedimento di indagine formale nel dicembre 1985. In seguito alle modifiche apportate a tale regime dal governo belga, la Commissione ha ritenuto che esso non contenesse più elementi di aiuto e, con lettera 9 marzo 1987, ha informato il detto governo della chiusura del procedimento.

25.      Tale valutazione è stata confermata nella risposta fornita a nome della Commissione da Sir Leon Brittan, commissario alla concorrenza, in data 24 settembre 1990, all’interrogazione scritta n. 1735/90 dell’on. Gijs de Vries, membro del Parlamento europeo (11).

26.      In seguito ad una riflessione sulla concorrenza fiscale tra Stati membri, il Consiglio «Affari economici e finanziari» (Ecofin) ha adottato un codice di condotta in materia di tassazione delle imprese (12). Esso ha costituito un gruppo ad hoc (il «gruppo codice di condotta»), incaricato di valutare le misure fiscali nazionali aventi conseguenze dannose per il mercato comune.

27.      In seguito a tale iniziativa degli Stati membri, la Commissione si è impegnata ad elaborare orientamenti relativi all’applicazione degli artt. 87 CE e 88 CE alle misure di tassazione diretta delle imprese, ed a «perseguire una rigorosa applicazione delle norme relative agli aiuti in questione». La Commissione ha così adottato, in data 11 novembre 1998, una comunicazione sull’applicazione delle norme relative agli aiuti di Stato alle misure di tassazione diretta delle imprese (13). Sulla base di tale comunicazione, la Commissione ha proceduto all’esame o al riesame dei regimi fiscali vigenti nei vari Stati membri.

28.      In tale quadro, nel febbraio 1999 la Commissione ha chiesto alle autorità belghe informazioni sul regime fiscale dei centri di coordinamento, il quale era stato citato dal gruppo codice di condotta tra le 66 misure nazionali potenzialmente dannose per il funzionamento del mercato comune. Dette autorità hanno risposto nel marzo 1999.

29.      Nel luglio 2000, gli uffici della Commissione hanno informato tali autorità che sembrava che il citato regime costituisse un aiuto di Stato. Al fine di avviare il procedimento di cooperazione con le dette autorità, ai sensi dell’art. 17 del regolamento n. 659/1999, gli uffici della Commissione le hanno invitate a presentare le loro osservazioni nel termine di un mese.

30.      In occasione della riunione del 26 e 27 novembre 2000, il Consiglio «Ecofin» ha ricordato che, ai sensi della propria risoluzione 1 dicembre 1997, ogni misura dannosa in materia di fiscalità diretta delle imprese avrebbe dovuto essere rimossa entro il 1° gennaio 2003. Esso ha accolto la proposta della presidenza, secondo la quale gli effetti di eventuali regimi fiscali dannosi applicati alle imprese alla data del 31 dicembre 2000 avrebbero dovuto venir meno entro il 31 dicembre 2005, indipendentemente dal fatto che si trattasse di regimi concessi per un periodo determinato oppure no. Il Consiglio ha inoltre previsto di poter decidere, valutando caso per caso e al fine di tener conto di circostanze particolari, su relazione del gruppo codice di condotta, di consentire la proroga degli effetti di taluni regimi fiscali dannosi oltre il 31 dicembre 2005 (14).

31.      Con lettera dell’11 luglio 2001, la Commissione, in seguito ad uno scambio di corrispondenza con le autorità belghe, ha proposto a queste ultime, ai sensi dell’art. 88, n. 1, CE, svariate misure utili a rendere il regime fiscale dei centri di coordinamento compatibile con il mercato comune. In tale lettera, la Commissione ha indicato altresì alle citate autorità che, in via transitoria, i centri di coordinamento autorizzati entro la data di accettazione delle dette misure avrebbero potuto continuare a beneficiare del regime fiscale in questione fino al 31 dicembre 2005 (15).

32.      Poiché le autorità belghe non hanno accettato le misure proposte dalla Commissione, questa ha avviato il procedimento d’indagine formale con decisione notificata con lettera 27 febbraio 2002, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale delle Comunità europee del 20 giugno 2002 (16). Essa ha in particolare invitato il Regno del Belgio a comunicarle il numero di centri di coordinamento autorizzati alla data della lettera e, per ciascuno di essi, la data dell’ultima autorizzazione o del rinnovo ancora validi. Essa ha altresì invitato tale Stato membro e i terzi interessati a presentare osservazioni ed a fornire ogni elemento utile per determinare l’esistenza, a favore dei destinatari del regime in esame, di un legittimo affidamento, tale da imporre la previsione di misure transitorie (17).

33.      Con lettera del 16 maggio 2002, le autorità belghe hanno notificato alla Commissione un nuovo regime fiscale dei centri di coordinamento, registrato dalla Commissione come nuovo aiuto con il numero N 351/2002.

34.      In data 21 gennaio 2003, il Consiglio «Ecofin» si è espresso a favore della proroga degli effetti di taluni regimi fiscali dannosi oltre il 2005. Esso ha previsto, per quanto riguarda il regime fiscale belga dei centri di coordinamento, che i centri che beneficiavano di tale regime alla data del 31 dicembre 2000 avrebbero potuto continuare a beneficiarne fino al 31 dicembre 2010 (18).

B –    La decisione della Commissione

35.      Il 17 febbraio 2003 la Commissione ha adottato la decisione impugnata, notificata nello stesso giorno al Regno del Belgio.

36.      In tale decisione, la Commissione giustifica innanzitutto la scelta di qualificare come «aiuto esistente» il regime fiscale dei centri di coordinamento, ed espone il fondamento normativo della procedura seguita. La stessa decisione afferma che l’art. 1, lett. b), del regolamento n. 659/1999 poteva rappresentare il fondamento normativo da utilizzare nella fattispecie e che, in caso di sua inapplicabilità, erano gli artt. 87 CE e 88 CE a rappresentare il vero fondamento normativo dell’azione della Commissione.

37.      Nella decisione 17 febbraio 2003 si afferma inoltre che, se essa dovesse ritenersi una revoca o una modifica delle decisioni 1984 e 1987, essa integrerebbe i requisiti che è necessario soddisfare affinché la Commissione possa esercitare il suo diritto di revocare o modificare un atto a contenuto favorevole illegittimo.

38.      Nel prosieguo della citata decisione, la Commissione espone i motivi per i quali essa ritiene che le varie misure che costituiscono il regime fiscale dei centri di coordinamento possiedano tutte le caratteristiche di cui all’art. 87, n. 1, CE, e non possano beneficiare di nessuna delle eccezioni previste ai nn. 2 e 3 del medesimo articolo.

39.      La Commissione esamina infine il legittimo affidamento dei centri di coordinamento. Essa ne riconosce l’esistenza e afferma che tale legittimo affidamento giustifica che essa consenta ai centri in possesso di un’autorizzazione alla data del 31 dicembre 2000 di beneficiare dei vantaggi del regime fiscale in esame, fino alla scadenza del loro periodo di autorizzazione già in corso alla data di notifica della decisione 17 febbraio 2003 e comunque, al massimo, fino al 31 dicembre 2010. Essa aggiunge che la sua posizione si basa sugli elementi che seguono.

40.      La Commissione osserva che l’autorizzazione rilasciata dalle autorità belghe rappresenta un riconoscimento anticipato del fatto che il centro autorizzato soddisfi le condizioni necessarie per beneficiare per dieci anni del regime derogatorio previsto dal regio decreto n. 187, senza dover fornire ogni anno la relativa prova. Essa evidenzia però che tale autorizzazione non rappresenta un impegno, da parte delle citate autorità nei confronti del centro autorizzato, a conservare per dieci anni i vantaggi previsti nell’ambito di tale regime. La Commissione ricorda altresì che, avendo essa fatto ricorso alla procedura di controllo degli aiuti esistenti, la sua decisione non può avere effetto retroattivo e che essa deve garantire la certezza del diritto stabilendo, se necessario, un periodo transitorio per la cessazione degli effetti del regime contestato.

41.      La Commissione ritiene, a tale proposito, di dover considerare gli investimenti rilevanti effettuati dai centri di coordinamento e dai gruppi ai quali essi appartengono, relativamente all’impianto e allo sviluppo delle infrastrutture del centro nonché alle modifiche apportate all’organizzazione delle strutture, delle reti, delle procedure ed alla suddivisione dei compiti all’interno del gruppo. Essa deve inoltre tener conto degli impegni a lungo termine assunti nei confronti del personale e delle società immobiliari o finanziarie. La Commissione afferma che, anche se l’autorizzazione non costituisce una garanzia dell’immutabilità del regime fiscale in questione né del suo carattere vantaggioso, essa riconosce che la creazione di un centro, gli investimenti effettuati e gli impegni assunti sono stati passi compiuti nella ragionevole e legittima prospettiva di una certa continuità delle condizioni economiche, ivi compreso il regime fiscale. Essa ne ricava la necessità di consentire un periodo transitorio, al fine di permettere la progressiva cancellazione del regime per i beneficiari attuali.

42.      Essa aggiunge tuttavia, al punto 120, quanto segue:

«Poiché le autorizzazioni non comportano il diritto alla continuazione del regime né al suo carattere vantaggioso, anche durante il periodo di validità dell’autorizzazione, la Commissione è dell’avviso che non possano in alcun caso dare diritto al rinnovo del regime successivamente alla data di scadenza. Vista l’esplicita limitazione dell’autorizzazione a dieci anni, è impossibile che si sia venuto a formare un legittimo affidamento ad un rinnovo automatico, che avrebbe significato in teoria un’autorizzazione permanente».

43.      Sulla base delle considerazioni che precedono, la Commissione così conclude:

«121. La Commissione conclude che il regime fiscale applicato dal Belgio a favore dei centri di coordinamento è incompatibile con il mercato comune e che deve essere posta fine all’incompatibilità dei suoi vari elementi mediante revoca o modifica. Dalla data di notifica della presente decisione i vantaggi di detto regime o di suoi elementi non possono più essere concessi a nuovi beneficiari, né essere mantenuti mediante rinnovo delle autorizzazioni esistenti. La Commissione prende atto che i centri autorizzati nel 2001 non beneficiano del regime a partire dal 31 dicembre 2002.

122.      Per quanto riguarda i centri attualmente coperti dal regime, la Commissione riconosce che la decisione del 1984 di approvazione del regio decreto n. 187, nonché la risposta fornita dal commissario competente per la Concorrenza ad una interrogazione parlamentare (…) hanno dato luogo al legittimo affidamento che il regime non costituisse violazione delle regole del trattato in materia di aiuti di Stato.

123.      In considerazione dei considerevoli investimenti effettuati su questa base, nonché della necessità di rispettare il legittimo affidamento e la certezza del diritto dei beneficiari, è giustificato concedere un termine ragionevole ai fini dell’eliminazione degli effetti del regime sui centri già autorizzati. La Commissione considera che detto termine ragionevole si concluda il 31 dicembre 2010. I centri, la cui autorizzazione scada prima di tale data, dopo tale scadenza non possono più beneficiare del suddetto regime. Successivamente alla data di scadenza dell’autorizzazione, e in ogni caso dopo il 31 dicembre 2010, il rinnovo o il mantenimento dei vantaggi fiscali in questione saranno illegittimi».

44.      Il dispositivo della decisione 17 febbraio 2003 aveva in origine il seguente tenore:

«Articolo 1

Il regime fiscale attualmente applicato in Belgio a favore dei centri di coordinamento riconosciuti ai sensi del regio decreto n. 187 costituisce un aiuto di Stato incompatibile con il mercato comune.

Articolo 2

Il Belgio è tenuto a ritirare il regime di aiuti di cui al paragrafo 1 ovvero a modificarlo in modo da renderlo compatibile con il mercato comune.

Dalla data di notificazione della presente decisione, i vantaggi di detto regime o di suoi elementi non possono più essere concessi a nuovi beneficiari, né essere mantenuti mediante rinnovo degli accordi esistenti.

Per quanto riguarda i centri autorizzati prima del 31 dicembre 2000, il regime può essere mantenuto fino alla scadenza dell’autorizzazione individuale in vigore alla data indicata e al più tardi al 31 dicembre 2010. Conformemente al [comma] 2, in caso di rinnovo dell’autorizzazione prima di quella data, il beneficio del regime oggetto della presente decisione non può più essere concesso, nemmeno a titolo temporaneo.

(…)»

45.      Avendo rilevato che l’espressione «alla data indicata», contenuta nell’art. 2, terzo comma, prima frase, del dispositivo della decisione, poteva ingenerare confusione, la Commissione ha deciso di sostituirla con l’espressione «alla data di notifica della presente decisione». Essa ha dunque predisposto un apposito corrigendum in data 23 aprile 2003, notificato al Regno del Belgio in data 25 aprile 2003.

46.      In base a tale corrigendum, l’art. 2, terzo comma, della decisione 17 febbraio 2003 deve leggersi come segue:

«Per quanto riguarda i centri autorizzati prima del 31 dicembre 2000, il regime può essere mantenuto fino alla scadenza dell’autorizzazione individuale in vigore alla data di notifica della presente decisione [(19)] e al più tardi al 31 dicembre 2010. Conformemente al [comma] 2, in caso di rinnovo dell’autorizzazione prima di quella data, il beneficio del regime oggetto della presente decisione non può più essere concesso, nemmeno a titolo temporaneo».

47.      Considerando tale corrigendum, il contenuto delle misure transitorie previste dalla decisione 17 febbraio 2003 deve essere interpretato, come hanno riconosciuto tutte le parti nel corso del procedimento, nel modo seguente. Tutti i centri di coordinamento in possesso di un’autorizzazione individuale ancora valida alla data di notifica della decisione, vale a dire al 17 febbraio 2003, possono continuare a beneficiarne fino alla relativa scadenza, e comunque non oltre il 31 dicembre 2010. D’altra parte, nessuna autorizzazione può essere rinnovata dopo il 17 febbraio 2003.

C –    Le controversie relative alla decisione della Commissione

48.      Con atto introduttivo datato 25 aprile 2003, il Regno del Belgio ha presentato un ricorso di annullamento nei confronti della decisione 17 febbraio 2003, nella sua formulazione originaria. Esso ha inoltre chiesto la sospensione dell’esecuzione di tale decisione.

49.      In seguito al corrigendum notificato al Regno del Belgio in data 25 aprile 2003, quest’ultimo ha proposto alla Corte un nuovo ricorso in data 9 maggio 2003, avvalendosi dell’art. 42, n. 2, del regolamento di procedura, al fine di allegare due nuovi motivi e di estendere alla decisione della Commissione, come modificata, il proprio ricorso di annullamento.

50.      Con atto introduttivo datato 28 aprile 2003, la Forum 187 ha proposto al Tribunale di primo grado delle Comunità europee un ricorso di annullamento contro la decisione della Commissione, nella sua versione originale, chiedendo altresì la sospensione dell’esecuzione di tale decisione. In data 16 maggio 2003 la Forum 187 ha proposto un ricorso aggiuntivo nei confronti della decisione della Commissione modificata.

51.      Con ordinanza 16 maggio 2003, il Tribunale ha declinato la propria competenza sul ricorso e sulla domanda di provvedimenti d’urgenza, dichiarando la competenza della Corte, presso la quale i procedimenti sono stati registrati rispettivamente con i nn. C-217/03 e C-217/03 R.

52.      Con separato atto datato 16 giugno 2003, la Commissione ha eccepito l’irricevibilità del ricorso proposto dalla Forum 187. Quest’ultima ha depositato in data 7 agosto 2003 le proprie osservazioni in risposta a tale eccezione. Con ordinanza 30 marzo 2004, la Corte ha riunito l’esame dell’eccezione alla trattazione del merito.

53.      Con ordinanza 26 giugno 2003, il presidente della Corte si è pronunciato sulle domande di sospensione dell’esecuzione della decisione della Commissione, proposte dal governo belga e dalla Forum 187, disponendo quanto segue:

«1)      È sospesa l’esecuzione della decisione della Commissione 17 febbraio 2003, C(2003) 564 def., concernente il regime di aiuti attuato dal Belgio a favore dei centri di coordinamento stabiliti in Belgio, nei limiti in cui quest’ultima vieta al Regno del Belgio di rinnovare le autorizzazioni dei centri di coordinamento in corso alla data di notifica della suddetta decisione.

2)      Gli effetti degli eventuali rinnovi cui si procederà sul fondamento della presente ordinanza non potranno andare oltre il giorno della pronuncia della decisione nella causa principale.

(…)»

54.      Le cause C-182/03 e C-217/03 sono state riunite ai fini della fase orale e della sentenza. Le parti hanno svolto le loro difese orali all’udienza del 14 settembre 2005.

D –    I fatti successivi alla decisione della Commissione

55.      Da un lato, la Commissione ha esaminato il nuovo regime fiscale dei centri di coordinamento, notificato dal Regno del Belgio con lettera del 16 maggio 2002.

56.      Con decisione 23 aprile 2003, la Commissione ha autorizzato tale nuovo regime, in quanto esso prevede, in particolare, il principio dell’autorizzazione preliminare dei centri di coordinamento per un periodo di dieci anni, e determina la base imponibile a partire dall’insieme delle spese di funzionamento, considerando un’adeguata percentuale di guadagno. Tuttavia, poiché tale nuovo regime prevede anche l’esenzione dei centri di coordinamento dal «précompte mobilier» e dall’imposta di registro sui conferimenti, nonché l’esenzione dei vantaggi detti «straordinari e senza contropartita» accordati a tali centri, la Commissione ha avviato il procedimento d’indagine formale a proposito di tali tre misure.

57.      In seguito all’apertura di tale procedimento, il Regno del Belgio si è impegnato a eliminare le esenzioni in questione ed a sostituirle con esenzioni o riduzioni applicabili a tutte le imprese stabilite sul suo territorio. Si è altresì impegnato a tassare tutti i vantaggi straordinari e senza contropartita percepiti dai centri di coordinamento.

58.      Con decisione 8 settembre 2004, la Commissione ha ritenuto che, tenuto conto di tali impegni, le misure costituenti il nuovo regime fiscale dei centri di coordinamento non costituissero aiuti ai sensi dell’art. 87, n. 1, CE (20).

59.      All’udienza del 14 settembre 2005, il rappresentante del Regno del Belgio ha tuttavia affermato che le autorità belghe non erano riuscite ad ottenere dagli uffici della Commissione le indicazioni necessarie per porre in essere tale nuovo regime e che lo stesso è stato infine abbandonato, come comunicato alla Commissione con lettera del 28 febbraio 2005. Egli ha altresì comunicato che il Regno del Belgio aveva optato per misure di portata generale, adottate nell’estate 2005.

60.      D’altro canto, il Regno del Belgio ha adottato misure a favore dei centri di coordinamento con autorizzazione in scadenza dopo la decisione 17 febbraio 2003.

61.      Con lettera datata 20 marzo 2003, il Ministro delle Finanze del Regno del Belgio ha notificato alla Commissione, ai sensi dell’art. 88, n. 3, CE, la propria intenzione di accordare fino al 31 dicembre 2005 vantaggi fiscali identici a quelli previsti dalla normativa sui centri di coordinamento ai centri con autorizzazione in scadenza tra il 17 febbraio 2003 e il 31 dicembre 2005.

62.      Il Regno del Belgio ha inoltre chiesto al Consiglio, con lettera del medesimo giorno, che tali misure siano dichiarate compatibili con il mercato comune ai sensi dell’art. 88, n. 2, terzo comma, CE.

63.      Con nota 25 aprile 2003, il presidente della Commissione ha risposto al Ministro belga delle Finanze che la decisione 17 febbraio 2003 era esecutiva, che il Regno del Belgio non poteva sospenderne l’applicazione e che, essendo la concessione o il rinnovo dei vantaggi del regime fiscale controverso esplicitamente trattati dalla detta decisione, la lettera del 20 marzo 2003 non si poteva considerare come notifica di un nuovo aiuto ai sensi dell’art. 88, n. 3, CE.

64.      Con lettera del 26 maggio 2003, il Regno del Belgio ha nuovamente notificato alla Commissione l’intenzione espressa nella nota 20 marzo 2003. Esso ha altresì nuovamente chiesto al Consiglio, con lettera di uguale data, che le misure previste fossero dichiarate compatibili con il mercato comune ai sensi dell’art. 88, n. 2, terzo comma, CE.

65.      In occasione della riunione del 3 giugno 2003, il Consiglio «Ecofin» ha espresso un consenso di principio su tale domanda, ed ha incaricato il Comitato dei rappresentanti permanenti di adottare tutte le misure necessarie al fine di consentire al Consiglio di adottare la decisione al più presto, e comunque entro il mese di giugno 2003.

66.      Con lettera del 17 luglio 2003, la Commissione, in risposta alla notifica effettuata dal Regno del Belgio con la nota 26 maggio 2003, ha confermato la propria risposta del 25 aprile 2003, fatta salva la citata ordinanza emessa a seguito di procedimento sommario (in prosieguo: l’«ordinanza provvisoria») 26 giugno 2003.

E –    La decisione del Consiglio

67.      Nella sua decisione 16 luglio 2003, il Consiglio ricorda la situazione di diritto e di fatto nella quale il Regno del Belgio gli ha chiesto di autorizzare le misure previste a favore dei centri di coordinamento con autorizzazione in scadenza tra il 17 febbraio 2003 e il 31 dicembre 2005.

68.      Esso osserva così che la Commissione aveva ritenuto, nel 1987 e nel 1990, che il regime fiscale dei centri di coordinamento posto in essere dal regio decreto n. 187 non si esponesse ad obiezioni. Esso richiama le circostanze che hanno indotto tale istituzione ad effettuare un nuovo esame di tale regime e descrive il contenuto della decisione 17 febbraio 2003. Il Consiglio ricorda anche che, in occasione della sua riunione del 26 e 27 novembre 2000, erano state approvate conclusioni secondo le quali le imprese beneficianti di un regime fiscale dannoso alla data del 31 dicembre 2000 potevano continuare a goderne fino al 31 dicembre 2005, e che esso si era riservato la facoltà di concedere una proroga oltre tale data, al fine di tener conto di circostanze particolari.

69.      Il Consiglio rileva quindi che i centri interessati dalla domanda del Regno del Belgio sono in possesso di un’autorizzazione a termine la quale, ai sensi del regio decreto n. 187, era rinnovabile, che senza le misure previste tali centri potrebbero cessare la propria attività in Belgio e che tale cessazione dell’attività avrebbe conseguenze economiche e sociali assai negative per tale Stato membro.

70.      Il Consiglio osserva anche che la Commissione ha previsto, nella sua decisione, che gli effetti del regime fiscale dei centri di coordinamento possano essere prorogati fino a scadenze successive al 31 dicembre 2005, e che altre decisioni della Commissione hanno concesso termini fino al 31 dicembre 2010 per regimi fiscali concorrenziali di altri Stati membri, cosicché l’applicazione delle specifiche misure previste dal Regno del Belgio non dovrebbe provocare potenziali distorsioni della concorrenza sproporzionate rispetto ai vantaggi attesi.

71.      Il Consiglio ne deduce che esistono circostanze eccezionali che giustificano l’accoglimento delle domanda del Regno del Belgio di consentire, fino al 31 dicembre 2005, le previste misure fiscali a favore dei centri di coordinamento autorizzati alla data del 31 dicembre 2000 e con autorizzazione in scadenza tra il 17 febbraio 2003 e il 31 dicembre 2005.

72.      Sulla base di tali elementi il Consiglio ha stabilito quanto segue:

«Articolo 1

Si considera compatibile con il mercato comune l’aiuto che il Belgio intende accordare sino al 31 dicembre 2005 alle imprese che alla data del 31 dicembre 2000 beneficiavano di un’autorizzazione quale “centro di coordinamento” ai sensi del regio decreto n. 187 del 30 dicembre 1982 che scade tra il 17 febbraio 2003 ed il 31 dicembre 2005 e che consiste, in deroga alle norme generali in materia di imposte, nella

–      applicazione dell’aliquota normale dell’imposta delle società ad una base di imposizione teorica corrispondente ad una percentuale variabile di certe spese di esercizio (cosiddetto metodo del “cost plus”). Una base di imposizione alternativa è tuttavia adottata quando essa supera la base di imposizione risultante dall’applicazione del metodo “cost plus”; tale base alternativa comprende i vantaggi anormali e gratuiti ricevuti dai centri e le spese non ammesse;

–      applicazione di una imposta annua speciale di 10 000 EUR per lavoratore dipendente, con un massimo di 100 000 EUR;

–      esenzione dall’imposta fondiaria (“précompte immobilier”) sugli immobili di cui i centri sono proprietari e che vengono utilizzati per la loro attività professionale;

–      esenzione dall’imposta d’acconto mobiliare (“précompte mobilier”) per quanto riguarda i dividendi, gli interessi e i canoni pagati dai centri, tranne, nel caso degli interessi, quando il beneficiario è soggetto all’imposta sulle persone fisiche o sulle persone giuridiche;

–       esenzione dall’imposta d’acconto mobiliare (“précompte mobilier”) sui redditi che i centri percepiscono da depositi di denaro;

–      esenzione dall’imposta di registro dello 0,50 % per i conferimenti ed aumenti di capitale statutario.

(…)»

F –    La fase contenziosa relativa alla decisione del Consiglio

73.      Con atto introduttivo datato 24 settembre 2003, la Commissione ha proposto alla Corte una domanda di annullamento della decisione del Consiglio.

74.      Il Consiglio ha depositato il proprio controricorso in data 16 dicembre 2003, la Commissione la propria replica in data 27 febbraio 2004 e il Consiglio la propria controreplica in data 18 maggio 2004.

75.      Successivamente alla chiusura della fase scritta, la Corte ha pronunciato la sentenza 29 giugno 2004, Commissione/Consiglio (21), nella quale ha affermato che il Consiglio non era più competente per autorizzare, ai sensi dell’art. 88, n. 2, terzo comma, CE, l’assegnazione, ai beneficiari di un aiuto illegittimo dichiarato incompatibile con il mercato comune da una decisione della Commissione, di un importo volto a compensare i rimborsi cui essi erano tenuti ai sensi della suddetta decisione (22).

76.      Le parti si sono espresse sulle conseguenze da trarre da tale sentenza ai fini della presente causa all’udienza del 14 settembre 2005.

V –    Esame dei ricorsi

77.      Inizierò esaminando il ricorso proposto dalla Commissione contro la decisione del Consiglio.

A –    Il ricorso contro la decisione del Consiglio (causa C-399/03)

1.      Conclusioni e motivi delle parti

78.      La Commissione chiede l’annullamento della decisione del Consiglio e la condanna di questo alle spese.

79.      A fondamento del proprio ricorso essa invoca quattro motivi, che sostengono rispettivamente l’incompetenza del Consiglio, uno sviamento di potere e di procedura, una violazione del Trattato e dei principi generali del diritto comunitario e, in subordine, un manifesto errore di valutazione e uno sviamento di potere circa l’esistenza di circostanze eccezionali.

80.      Essa sostiene che la fondatezza del primo motivo è ben chiara alla luce della citata sentenza Commissione/Consiglio. La Commissione afferma che la decisione del Consiglio mira a conservare gli effetti del regime fiscale contestato che essa ha dichiarato incompatibile con il mercato comune e non riguarda, come sostiene il Consiglio, un regime di nuovi aiuti o misure individuali.

81.      La Commissione sostiene altresì che il Consiglio non era più competente, ratione temporis, per adottare la decisione 16 luglio 2003, poiché l’art. 88, n. 2, CE gli impone un termine di tre mesi per pronunciarsi e la data alla quale il Regno del Belgio ha sottoposto all’attenzione del Consiglio l’aiuto in questione deve essere fissata al 20 marzo 2003.

82.      Il Consiglio chiede, in via principale, il rigetto del ricorso e, in via subordinata, il mantenimento degli effetti della propria decisione fino alla data della sentenza della Corte. Esso chiede anche la condanna della Commissione alle spese.

83.      Il Consiglio sostiene che il principio affermato nella citata sentenza Commissione/Consiglio non può essere applicato nell’ambito della presente vicenda, poiché in questo caso esso ha autorizzato la concessione di un aiuto nuovo, diverso da quello di cui si è occupata la decisione della Commissione.

84.      Esso afferma che il fatto che un regime di aiuti sia stato dichiarato incompatibile non osta a che lo Stato membro interessato conceda un nuovo aiuto ad imprese che avrebbero potuto beneficiare del regime precedente, come del resto espressamente previsto nel regolamento n. 659/1999.

85.      Il Consiglio sostiene che l’aiuto autorizzato nella sua decisione si differenzia per le ragioni seguenti dal regime fiscale dei centri di coordinamento che la Commissione ha ritenuto incompatibile con il mercato comune: in primo luogo, dal punto di vista formale, tale aiuto è stato istituito da altre disposizioni normative; in secondo luogo, a differenza di tale regime fiscale, esso è attribuito a un numero limitato di imprese identificabili, vale a dire la trentina di centri di coordinamento con autorizzazione in scadenza fra il 17 febbraio 2003 e il 31 dicembre 2005; infine, la sua decisione ha effetto solo fino al 31 dicembre 2005.

86.      Il Consiglio afferma che il fatto che la Commissione abbia dichiarato il regime fiscale dei centri di coordinamento incompatibile con il mercato comune non osta a che il Regno del Belgio conceda a taluni centri agevolazioni fiscali comparabili a quelle previste dal regime precedente.

87.      Il Consiglio afferma poi che la propria decisione non mirava ad annullare gli effetti della decisione della Commissione. Poiché questa ha ormai dichiarato che il regime fiscale dei centri di coordinamento costituisce un aiuto di Stato, il Consiglio e la Commissione avrebbero il diritto di autorizzare misure di aiuto, qualora ritengano che le circostanze le giustifichino.

88.      Per quanto infine concerne il tempo trascorso tra la domanda del Regno del Belgio e la decisione 16 luglio 2003, il Consiglio sostiene che la lettera del 20 marzo 2003 del rappresentante permanente del Belgio presso l’Unione europea è solo un documento preparatorio, destinato a facilitare le traduzioni, in modo che possano aver luogo le discussioni sulle misure previste. La domanda del Regno del Belgio gli sarebbe quindi stata presentata solo in data 26 maggio 2003.

2.      Valutazione

89.      In base all’analisi della ripartizione delle competenze tra Consiglio e Commissione in materia di aiuti di Stato fatta propria dalla Corte nella citata sentenza Commissione/Consiglio, pronunciata in seduta plenaria, ritengo che il motivo in cui si lamenta l’incompetenza del Consiglio ad adottare la decisione 16 luglio 2003 sia fondato.

90.      Per fondare la mia analisi, inizierò richiamando i fatti e la motivazione della Corte in tale sentenza.

91.      Nel 1994 e nel 1999, la Repubblica del Portogallo aveva istituito vari regimi di aiuto a favore di talune imprese agricole in forma di aperture di credito, proroghe per la restituzione di prestiti e prestiti agevolati. La Commissione ha dichiarato tali aiuti incompatibili con il mercato comune, in tutto o in parte, e ha ordinato il recupero degli stessi, maggiorati di interessi, dai beneficiari.

92.      In seguito alle decisioni della Commissione, la Repubblica del Portogallo ha chiesto al Consiglio, ai sensi dell’art. 88, n. 2, terzo comma, CE, di essere autorizzata a concedere un aiuto agli allevatori portoghesi tenuti a restituire gli aiuti di cui sopra, concedendo loro una somma equivalente a quella dovuta.

93.      Il Consiglio ha accolto tale domanda (23). Esso ha affermato che la restituzione degli aiuti concessi dalla Repubblica del Portogallo avrebbe compromesso la sopravvivenza economica di gran parte dei beneficiari, ed avrebbe avuto un impatto sociale assai negativo in talune regioni di detto Stato membro (24). Ne ha quindi inferito l’esistenza di circostanze eccezionali ai sensi dell’art. 88, n. 2, terzo comma, CE, tali da giustificare l’autorizzazione della misura prevista.

94.      La Commissione ha proposto dinanzi alla Corte un ricorso di annullamento contro tale decisione, nell’ambito del quale ha invocato, in particolare, il motivo dell’incompetenza del Consiglio ad assumere detta decisione.

95.      Valutando tale motivo, la Corte ha seguito un ragionamento in due fasi. Innanzitutto essa ha precisato l’ampiezza dell’art. 88, n. 2, terzo comma, CE, il quale individua i poteri del Consiglio in materia di aiuti di Stato. Essa ha affermato che tale disposizione ha natura eccezionale, poiché gli artt. 87 CE e 88 CE riservano alla Commissione un ruolo centrale per dichiarare l’eventuale incompatibilità di un aiuto.

96.      La Corte ha anche dedotto, dal tenore dell’art. 88, n. 2, terzo e quarto comma, CE, che, qualora lo Stato membro interessato non abbia rivolto alcuna domanda al Consiglio prima che la Commissione dichiari l’aiuto in questione incompatibile con il mercato comune, il Consiglio non è più legittimato ad esercitare il potere eccezionale conferitogli dal suddetto terzo comma al fine di dichiarare un siffatto aiuto compatibile con il mercato comune (25).

97.      Essa ha aggiunto che tale interpretazione, che consente di evitare che uno stesso aiuto di Stato sia oggetto di decisioni contrastanti adottate successivamente dalla Commissione e dal Consiglio, contribuisce alla certezza del diritto.

98.      In un secondo tempo, la Corte ha giudicato che il limite così individuato alla competenza del Consiglio implica che questo sia ugualmente incompetente per pronunciarsi su un aiuto che mira ad attribuire ai beneficiari dell’aiuto illegittimo, dichiarato incompatibile da una decisione della Commissione, una somma destinata a compensare i rimborsi ai quali detti beneficiari sono tenuti in forza di tale decisione.

99.      La Corte ha ricordato come, secondo costante giurisprudenza, la soppressione, mediante recupero, di un aiuto di Stato illegittimamente concesso è la logica conseguenza dell’accertamento della sua illegittimità, poiché l’obbligo per lo Stato membro che ha concesso l’aiuto di eliminare il medesimo mira a ristabilire la situazione precedente, e tale obiettivo è raggiunto una volta che gli aiuti di cui trattasi, maggiorati all’occorrenza degli interessi di mora, siano stati restituiti dal beneficiario.

100. Essa ne deduce che ammettere che uno Stato membro possa concedere ai beneficiari di un aiuto illegittimo, dichiarato incompatibile con il mercato comune da una decisione della Commissione, un nuovo aiuto di importo equivalente a quello dell’aiuto illegittimo, diretto a neutralizzare l’impatto delle restituzioni cui i suddetti beneficiari sono tenuti in forza di tale decisione, significherebbe chiaramente vanificare l’efficacia delle decisioni emanate dalla Commissione in virtù degli artt. 87 CE e 88 CE.

101. Secondo la Corte, come il Consiglio non può paralizzare l’efficacia di una decisione della Commissione che abbia rilevato l’incompatibilità di un aiuto con il mercato comune dichiarando esso stesso l’aiuto compatibile con tale mercato, così esso non può nemmeno vanificare l’efficacia di una siffatta decisione dichiarando compatibile con il mercato comune, ai sensi dell’art. 88, n. 2, terzo comma, CE, un aiuto diretto a compensare, a favore dei beneficiari dell’aiuto illegittimo dichiarato incompatibile, le restituzioni cui questi ultimi sono tenuti in forza di detta decisione (26).

102. L’applicazione di tali principi nella presente causa porta a concludere che il Consiglio non poteva legittimamente adottare la decisione 16 luglio 2003.

103. Infatti, il Regno del Belgio ha presentato al Consiglio una domanda sulla base dell’art. 88, n. 2, terzo comma, CE, solo successivamente alla decisione 17 febbraio 2003. Pertanto, conformemente alla citata sentenza Commissione/Consiglio (27), il Consiglio non poteva più esercitare il potere eccezionale che tale disposizione gli conferisce per dichiarare compatibile con il mercato comune il regime nazionale che la Commissione aveva in tale decisione dichiarato incompatibile. Così, secondo la medesima sentenza, il Consiglio non poteva paralizzare l’efficacia della citata decisione.

104. Contrariamente a quanto sostiene il Consiglio, ritengo che, adottando la sua decisione 16 luglio 2003, esso abbia violato tali due regole.

105. Così, risulta dal confronto delle misure descritte nell’art. 1 della decisione del Consiglio e nelle lettere del Regno del Belgio, datate 28 marzo e 26 maggio 2003, che dette misure hanno il medesimo contenuto di quelle previste dal regime fiscale dei centri di coordinamento oggetto della decisione della Commissione. Le misure autorizzate dal Consiglio consistono infatti nell’applicazione dello stesso metodo per determinare i redditi imponibili, accompagnato dalla medesima imposta applicata in funzione del numero dei dipendenti prevista nel regime fiscale dei centri di coordinamento. Sono anche riprese le medesime esenzioni dal «précompte mobilier», dal «précompte immobilier» e dall’imposta di registro sui conferimenti.

106. Va inoltre rilevato che le misure previste nella decisione del Consiglio sono autorizzate a favore dei centri di coordinamento beneficianti, alla data del 31 dicembre 2000, del regime fiscale dichiarato incompatibile con il mercato comune e con autorizzazione in scadenza tra il 17 febbraio 2003 e il 31 dicembre 2005. Tali misure sono dunque autorizzate a favore di imprese che beneficiavano del regime di aiuti dichiarato incompatibile dalla decisione della Commissione le quali, a causa di tale decisione, non potevano ottenere il rinnovo di tale regime.

107. Infine, risulta chiaramente dalla motivazione della decisione del Consiglio che questa ha l’obiettivo di attenuare gli effetti della decisione della Commissione per i centri di coordinamento con autorizzazione in scadenza tra il 17 febbraio 2003 e il 31 dicembre 2005 (28).

108. Quindi, autorizzando il Regno del Belgio ad applicare ai centri di coordinamento con autorizzazione in scadenza tra il 17 febbraio 2003 e il 31 dicembre 2005 un regime fiscale identico a quello dichiarato incompatibile dalla Commissione nella sua decisione 17 febbraio 2003, al fine di attenuare l’impossibilità di rinnovare a favore di tali centri il detto regime, il Consiglio si è precisamente espresso sulla compatibilità di un regime a proposito del quale si era già pronunciata la Commissione, ed ha effettivamente tentato di annullare, nei loro confronti, gli effetti della decisione della Commissione.

109. Mi sembra che nessuno degli argomenti invocati dal Consiglio sia in grado di mettere in discussione tale analisi. Così, il fatto che le misure autorizzate dal Consiglio derivino formalmente da nuovi provvedimenti normativi emanati dal Regno del Belgio, e non da una domanda di proroga degli effetti del regime fiscale istituito con il regio decreto n. 187, non consente di ritenere che si tratti di misure differenti. È del tutto evidente che la ripartizione delle competenze tra Consiglio e Commissione delineata dalla Corte nella citata sentenza Commissione/Consiglio potrebbe essere facilmente aggirata, e l’efficacia pratica di una pronuncia di incompatibilità largamente compromessa, se lo Stato membro interessato potesse semplicemente riprodurre in modo identico, in un nuovo testo, le previsioni di un regime di aiuti dichiarato incompatibile con il mercato comune, e sottoporlo poi al Consiglio.

110. Alla luce della citata sentenza Commissione/Consiglio, è agli effetti delle misure di cui si occupano le decisioni assunte rispettivamente dalla Commissione e dal Consiglio che bisogna fare riferimento per determinare se quest’ultimo abbia agito nel rispetto delle competenze che gli sono conferite dall’art. 88, n. 2, terzo comma, CE.

111. Allo stesso modo, gli argomenti secondo i quali la decisione del Consiglio riguarda solo un numero determinato di imprese e produce effetti limitati nel tempo non permettono di concludere che il Consiglio avesse il diritto di autorizzare le misure in questione sulla base dell’art. 88, n. 2, terzo comma, CE.

112. Infatti, come risulta dalla motivazione della citata sentenza Commissione/Consiglio, la ripartizione dei poteri tra il Consiglio e la Commissione in materia di aiuti di Stato ha lo scopo di contribuire alla certezza del diritto, evitando che uno stesso aiuto sia oggetto di decisioni contrastanti assunte successivamente da tali istituzioni (29). Quando la Commissione dichiara un aiuto incompatibile con il mercato comune, è utilizzando i mezzi di impugnazione previsti dinanzi al giudice comunitario e al giudice nazionale che lo Stato membro e i beneficiari del provvedimento possono contestare, direttamente o indirettamente, tale decisione. La certezza del diritto impone anche che, una volta che la decisione della Commissione abbia assunto carattere definitivo, essa non possa essere cancellata da una decisione del Consiglio. Si tratta, infine, di evitare un possibile contrasto tra una decisione del Consiglio ed una sentenza del giudice comunitario relativa alla precedente decisione della Commissione.

113. Per garantire tali obiettivi, il criterio fondamentale consiste nel verificare se la decisione del Consiglio sia o meno in contrasto con quella della Commissione, o ne annulli gli effetti. Non ha dunque gran rilievo il fatto che la decisione del Consiglio riguardi un numero di imprese più ridotto della decisione della Commissione, o che i provvedimenti che il Consiglio autorizza abbiano una durata minore del regime fiscale dichiarato incompatibile dalla Commissione. Basta osservare, in questo caso, che l’art. 2 della decisione della Commissione prevede che, a partire dalla data della sua notifica, i benefici del regime non potranno essere più prorogati rinnovando le autorizzazioni vigenti (secondo comma) e che, in caso di scadenza dell’autorizzazione prima del 31 dicembre 2010, i benefici del detto regime non potranno più essere concessi, neppure temporaneamente (terzo comma).

114. Ne consegue che il Consiglio non poteva più autorizzare il Regno del Belgio a concedere a tali centri un trattamento fiscale identico a quello che era stato dichiarato incompatibile dalla Commissione. Ritengo quindi che il primo motivo sollevato dalla Commissione, relativo all’incompetenza del Consiglio ad adottare la decisione 16 luglio 2003, sia fondato, e che pertanto tale decisione vada annullata.

115. Sulla base delle considerazioni che precedono, propongo quindi alla Corte di annullare la decisione del Consiglio, senza che sia necessario esaminare gli altri motivi addotti dalla Commissione a sostegno del proprio ricorso. Il Consiglio, soccombente in tale causa, dovrà essere condannato alle spese.

116. Il Consiglio chiede che, in caso di annullamento della sua decisione 16 luglio 2003, gli effetti di questa siano conservati fino alla data nella quale la Corte pronuncerà la propria sentenza.

117. Ritengo che tale domanda non possa essere accolta, per le ragioni che seguono. La ripartizione delle competenze prevista dall’art. 88 CE in materia di aiuti di Stato ha lo scopo, come si è visto, di evitare eventuali conflitti non soltanto tra la Commissione e il Consiglio a proposito della medesima misura nazionale, ma anche tra il Consiglio e il giudice comunitario quando quest’ultimo si pronuncia su un ricorso di annullamento contro una decisione della Commissione.

118. Nel presente caso, la decisione 17 febbraio 2003 è stata oggetto di due ricorsi proposti rispettivamente dal Regno del Belgio e dalla Forum 187. Il ricorso di tale Stato membro mira ad ottenere l’annullamento della decisione, nella parte in cui gli impedisce di rinnovare le autorizzazioni in scadenza a partire dal 17 febbraio 2003. Come è noto, il Regno del Belgio e la Forum 187 hanno ottenuto, con l’ordinanza provvisoria 26 giugno 2003, la sospensione dell’esecuzione della decisione della Commissione, nella parte in cui essa vieta qualunque rinnovo di autorizzazioni dopo tale data. Ne consegue che, in applicazione di tale ordinanza, il Regno del Belgio può rinnovare l’autorizzazione ai centri di coordinamento per i quali essa è venuta a scadere dopo il 17 febbraio 2003. Tale ordinanza produce quindi effetti comparabili a quelli della decisione del Consiglio poiché, come si è visto, le misure fiscali da essa previste sono identiche a quelle previste nel regime fiscale dei centri di coordinamento.

119. Alla luce di quanto si è detto, la domanda del Consiglio di conservare gli effetti della propria decisione fino alla pronuncia della sentenza della Corte è priva di interesse qualora la Corte accolga i ricorsi proposti dal Regno del Belgio e dalla Forum 187.

120. Qualora viceversa la Corte respinga tali ricorsi, e ponga nel nulla gli effetti dell’ordinanza provvisoria, sarebbe contraddittorio e contrario alla ripartizione delle competenze creata dall’art. 88 CE stabilire che la decisione del Consiglio spieghi i propri effetti fino alla data della pronuncia della sentenza della Corte. Poiché infatti tale sentenza non potrà essere pronunciata prima del 31 dicembre 2005, una simile soluzione finirebbe per privare di ogni effetto l’annullamento della decisione del Consiglio.

B –    I ricorsi contro la decisione della Commissione (cause riunite C-182/03 e C-217/03)

1.      Conclusioni delle parti

a)      La causa C-182/03, Belgio/Commissione

121. Il Regno del Belgio chiede alla Corte di annullare la decisione della Commissione nella parte in cui essa non lo autorizza, neppure temporaneamente, a rinnovare lo status di «centro di coordinamento» ai centri autorizzati alla data del 31 dicembre 2000.

122. Tale ricorso mira all’annullamento dell’art. 2, secondo e terzo comma, della decisione della Commissione, nella parte in cui prevede che «dalla data di notificazione della presente decisione, i vantaggi di detto regime o di suoi elementi non possono più essere (…) mantenuti mediante rinnovo degli accordi esistenti», e che «conformemente al [comma] 2, in caso di rinnovo dell’autorizzazione prima [del 31 dicembre 2010], il beneficio del regime oggetto della presente decisione non può più essere concesso, nemmeno a titolo temporaneo» (30).

123. Tale Stato membro chiede inoltre la condanna della Commissione alle spese, ivi comprese quelle del procedimento sommario.

124. Con l’atto datato 9 maggio 2003, depositato in seguito al corrigendum 23 aprile 2003, il Regno del Belgio ha introdotto due nuovi motivi, appuntati contro tale corrigendum. Il primo di tali motivi lamentava una violazione del principio della certezza del diritto a causa delle difficoltà interpretative che, a giudizio di tale Stato membro, ancora pone la nuova versione dell’art. 2, terzo comma, della decisione 17 febbraio 2003, come modificata dal corrigendum. Tuttavia, alla luce delle spiegazioni fornite dalla Commissione nel proprio controricorso sul significato di tale articolo e la portata delle misure transitorie che esso prevede, il Regno del Belgio ha esplicitamente rinunciato a tale nuovo motivo nella propria replica (31). Non è dunque necessario esaminare detto motivo.

125. Il secondo motivo nuovo fa leva sulle condizioni in cui tale corrigendum è stato adottato. In tale motivo, il Regno del Belgio affermava di nutrire forti dubbi sulla regolarità della procedura di adozione di tale atto di rettifica, riservandosi altresì di contestarne la legittimità. Esso sosteneva che la Commissione avrebbe dovuto indicare secondo quale procedura decisionale l’atto era stato adottato e fornire la prova che esso era stato allegato, a seconda dei casi, alla nota riepilogativa o alla nota giornaliera prevista dall’art. 18 del regolamento interno della Commissione (32). Tale Stato membro sostiene che, in mancanza, spetta alla Corte determinare con ordinanza, ai sensi dell’art. 45 del suo regolamento di procedura, i mezzi istruttori che le appaiono necessari, salvaguardando i diritti del ricorrente.

126. Nel proprio controricorso, la Commissione sostiene che il corrigendum 23 aprile 2003 possedeva i medesimi sigilli ufficiali di autenticazione della versione iniziale della decisione 17 febbraio 2003. Essa afferma inoltre che tale atto è stato adottato con procedura orale nella riunione collegiale del 23 aprile 2003, nello stretto rispetto delle sue norme di procedura.

127. Rilevo che il Regno del Belgio, nel proprio ricorso aggiuntivo, non ha chiesto l’annullamento del citato corrigendum, ma si è semplicemente riservato il diritto di contestarne ulteriormente la legittimità. Non ha dunque proposto alla Corte una vera domanda, ai sensi dell’art. 38 del regolamento di procedura.

128. Osservo inoltre che il Regno del Belgio non ha fornito alcun elemento che faccia ritenere che la rettifica sia stata adottata senza rispettare il regolamento interno della citata istituzione, e che sia quindi viziata per violazione delle forme sostanziali. Il solo argomento indicato a tale fine dal Regno del Belgio riguarda il fatto che si tratta di una rettifica. Tuttavia, dai chiarimenti della Commissione risulta che tale atto ha seguito la medesima procedura di adozione della versione iniziale della decisione 17 febbraio 2003 (33). Tale affermazione è rafforzata dal fatto che la lettera della Commissione del 23 aprile 2003 e la versione rettificata della decisione 17 febbraio 2003 hanno gli stessi sigilli di autenticazione della versione iniziale di essa. Sembra, infine, che tale Stato membro non abbia più contestato, in sede di replica o nel corso della fase orale, la regolarità della procedura utilizzata per adottare tale rettifica.

129. Ritengo quindi che il secondo motivo nuovo introdotto dal Regno del Belgio nel proprio ricorso aggiuntivo non sia ricevibile, poiché non fonda alcuna domanda; in via subordinata, ritengo che debba essere respinto.

130. Sulla base di tali elementi, la Corte è dunque investita da parte del Regno del Belgio di una domanda di annullamento parziale della decisione della Commissione, nella parte in cui questa non lo ha autorizzato a concedere, nemmeno temporaneamente, il rinnovo dell’autorizzazione ai centri di coordinamento che beneficiavano del regime in questione alla data del 31 dicembre 2000 e la cui autorizzazione scade entro il 31 dicembre 2010.

131. La Commissione chiede che tale domanda sia respinta e che il Regno del Belgio sia condannato alle spese, incluse quelle del procedimento sommario.

b)      La causa C-217/03, Forum 187/Commissione

132. Con il proprio ricorso, ricevuto dalla cancelleria del Tribunale in data 30 aprile 2003, la Forum 187 chiede a quest’ultimo di annullare, in tutto o in parte, la decisione 17 febbraio 2003.

133. Con tale atto, la Forum 187 chiede, in via principale, l’annullamento della detta decisione nella sua interezza, e quindi in particolare nella parte in cui essa, al suo art. 1, dichiara che il regime fiscale dei centri di coordinamento costituisce un aiuto di Stato incompatibile con il mercato comune. Essa chiede altresì, in via subordinata, l’annullamento parziale della decisione della Commissione, nella parte in cui non ha previsto misure transitorie adeguate.

134. Nel proprio ricorso originario, la Forum 187 rimproverava alla Commissione di non aver previsto misure transitorie con riferimento, da un lato, ai centri di coordinamento la cui autorizzazione è stata rinnovata fra il 31 dicembre 2000 e il 17 febbraio 2003 e, dall’altro, a quelli con autorizzazione in scadenza nel 2003 (dopo il 17 febbraio) e nel 2004. Tuttavia, in seguito alla rettifica del contenuto dell’art. 2 della decisione 17 febbraio 2003, la Forum 187 ha rinunciato alla propria domanda relativamente ai centri la cui autorizzazione è stata rinnovata fra il 31 dicembre 2000 e il 17 febbraio 2003 (34).

135. La Forum 187 chiede infine la condanna della Commissione alle spese relative alle cause C-217/03 e T-276/02 (35).

136. In seguito al corrigendum alla decisione 17 febbraio 2003, la Forum 187 ha presentato alla Corte un ricorso aggiuntivo in data 16 maggio 2003, nel quale ha affermato che l’errore commesso dalla Commissione nel testo dell’art. 2 della citata decisione l’aveva condotta a sollevare argomenti non più pertinenti. Essa chiede che detta istituzione sia condannata alle spese da ciò derivanti, indipendentemente dall’esito del ricorso di annullamento.

137. La Commissione chiede alla Corte di dichiarare il ricorso proposto dalla Forum 187 manifestamente irricevibile e, in subordine, respingerlo. Essa chiede altresì la condanna della Forum 187 alle spese.

138. Inizierò esaminando l’eccezione di irricevibilità del ricorso della Forum 187, sollevata dalla Commissione.

2.      La ricevibilità del ricorso della Forum 187

a)      Argomenti delle parti

139. La Commissione sostiene che la Forum 187 non è legittimata a contestare la decisione 17 febbraio 2003, della quale non è destinataria, in quanto non è direttamente ed individualmente interessata da tale decisione.

140. Essa sostiene che un’associazione come la Forum 187, costituita al fine di promuovere gli interessi collettivi di un gruppo di soggetti, non è individualmente destinataria di un atto che tocca gli interessi generali di tale categoria. Il ricorso della Forum 187 sarebbe ricevibile soltanto se tale associazione dimostrasse che i suoi propri interessi sono lesi dalla decisione 17 febbraio 2003, oppure che essa agisce in sostituzione di taluni suoi membri che avrebbero essi stessi il diritto di agire.

141. Circa il primo punto, la Commissione rileva che la Forum 187 non può sostenere di essere direttamente ed individualmente interessata dalla decisione 17 febbraio 2003, a causa del ruolo che essa ha svolto presso le autorità belghe e della sua partecipazione al procedimento amministrativo che ha condotto alla citata decisione.

142. Essa sostiene che, in conformità alla sentenza Arbeitsgemeinschaft Deutscher Luftfahrt-Unternehmen e Hapag-Lloyd/Commissione (36), il semplice fatto che la Forum 187 abbia presentato osservazioni in nome dei suoi membri nel corso di tale procedimento non rappresenta, di per sé, un elemento sufficiente per riconoscerle la legittimazione ad agire. La Commissione afferma di non avere mai riconosciuto alla Forum 187 la qualità di negoziatrice in nome dei suoi membri, e che tale associazione non ha neppure un riconoscimento ufficiale o ufficioso da parte delle autorità belghe. La situazione della Forum 187 sarebbe dunque diversa da quella dell’associazione coinvolta nella causa che ha condotto alla sentenza AIUFFASS e AKT/Commissione (37), la quale occupava una posizione del tutto particolare nel settore dell’industria tessile. Né il ruolo della Forum 187 sarebbe comparabile a quello svolto dal Landbouwschap, il cui ricorso è stato giudicato ricevibile nella sentenza Van der Kooy e a./Commissione (38), e che aveva negoziato con il governo olandese la tariffa preferenziale del gas ritenuta un aiuto di Stato incompatibile con il Trattato.

143. La Commissione afferma inoltre che la Forum 187 non può sostenere che la decisione 17 febbraio 2003 intacchi la sua stessa ragione di esistere, poiché tale decisione non richiede in alcun modo la cessazione delle attività dei centri di coordinamento in Belgio.

144. Sul secondo punto, la Commissione afferma che la propria decisione riguarda un regime di aiuti a favore di una categoria di imprese, e non un insieme di provvedimenti individuali che concedono un aiuto ad una o più imprese indicate singolarmente. Si tratterebbe dunque di una misura di portata generale, che si applica a situazioni determinate oggettivamente e che produce i propri effetti giuridici su categorie di soggetti indicate in modo astratto. Secondo la Commissione, tale decisione non si applicherebbe neppure ad un gruppo chiuso di soggetti, il cui numero e la cui identità fossero noti o verificabili, ma a tutte le imprese, presenti, passate e future, che avrebbero potuto aspirare ai benefici del regime fiscale dei centri di coordinamento.

145. La Commissione precisa che la Forum 187 non indica alcun elemento che consenta di ritenere che taluni suoi membri siano interessati dal provvedimento «a causa di determinate qualità personali, ovvero di particolari circostanze atte a distinguerl[i] dalla generalità, e [che] quindi l[i] identifichi[no] alla stessa stregua dei destinatari», secondo la formula consacrata nella sentenza Plaumann/Commissione (39). Ogni impresa la quale gestisca un centro di coordinamento o intenda crearne uno in futuro sarebbe interessata dalla decisione della Commissione solo in virtù della sua qualità oggettiva di beneficiario, attuale o potenziale, del regime fiscale controverso, senza quindi essere direttamente ed individualmente interessata dalla decisione 17 febbraio 2003.

146. Inoltre, nessuno dei membri della Forum 187 sarebbe stato oggetto di attenzione particolare da parte delle autorità belghe – al momento della creazione del regime – o della Commissione – al momento della valutazione di esso. La Commissione sostiene che la posizione dei membri della Forum 187 è diversa da quella dei beneficiari di un aiuto individuale concesso nell’ambito di una disciplina di settore, aiuto che questi devono restituire, come nei casi trattati nelle sentenze CETM/Commissione (40), Italia e Sardegna Lines/Commissione (41), oltre che Italia/Commissione (42). Nella presente vicenda, nessun membro della Forum 187 avrebbe avuto un diritto attuale e comprovato, leso dalla decisione 17 febbraio 2003. La Commissione sostiene, in proposito, che le misure transitorie hanno consentito a tutti i centri di coordinamento di godere delle autorizzazioni ancora valida fino alla data di scadenza delle stesse, tranne per quelli con autorizzazione in scadenza oltre il 31 dicembre 2010.

147. Per quanto riguarda specificamente i centri di coordinamento con autorizzazione in scadenza poco dopo la decisione 17 febbraio 2003, essi non si troverebbero in una situazione diversa da quella degli altri membri della Forum 187, così da potere essere individuati come destinatari. In un regime fiscale che prevede benefici di durata limitata nel tempo, sarebbe impossibile che tutte le autorizzazioni scadano in contemporanea. La data di tale scadenza costituirebbe un elemento oggettivo il quale indicherebbe che tali centri sono interessati da una misura generale, e che possono esserlo in modi diversi. La Commissione sostiene inoltre che tali centri non avevano un diritto quesito al rinnovo della propria autorizzazione. La questione relativa al loro possibile legittimo affidamento sarebbe poi una questione di merito.

148. Infine, i membri della Forum 187 non sarebbero privi di ogni possibilità di adire le vie legali, potendo impugnare dinanzi ai giudici belgi ogni provvedimento preso dalle autorità nazionali che incida sulla loro situazione fiscale. Essi potrebbero contestare la legittimità della decisione 17 febbraio 2003 nell’ambito di tali procedimenti.

149. La Forum 187 contesta l’eccezione di irricevibilità sollevata dalla Commissione, e sostiene che il proprio ricorso dovrebbe essere dichiarato ricevibile per due ragioni. In primo luogo, taluni suoi membri sarebbero direttamente ed individualmente interessati dalla decisione della Commissione. Si tratterebbe, da un lato, dei 30 centri che hanno ottenuto un rinnovo dell’autorizzazione negli anni 2001 e 2002, per i quali il periodo di tempo in cui potranno godere del regime fiscale vantaggioso va solo fino alla data del 31 dicembre 2010. Si tratterebbe, dall’altro, degli otto centri la cui domanda di rinnovo era pendente al momento dell’adozione della decisione della Commissione i quali, ai sensi di quest’ultima, non potranno più beneficiare del regime (43).

150. La Forum 187 sostiene, in secondo luogo, di essere interessata dalla decisione della Commissione, essendo l’organo di rappresentanza dei centri di coordinamento riconosciuti dalle autorità belghe, che l’avrebbero riconosciuta ufficiosamente, come dimostrerebbero i documenti allegati alla sua risposta all’eccezione di irricevibilità. Essa afferma di avere collaborato strettamente con tali autorità quando la Commissione e il gruppo codice di condotta hanno svolto accertamenti sul regime fiscale dei centri di coordinamento, e che il governo belga ha chiesto ad essa ripetutamente di informare i propri membri dell’evoluzione della situazione. La Forum 187 sarebbe dunque individualmente interessata dalla decisione della Commissione, sulla base dei principi espressi dalla Corte nella citata sentenza Van der Kooy e a./Commissione.

151. La Forum 187 aggiunge di essere individualmente interessata dalla decisione della Commissione in quanto essa incide sulla sua ragione di esistere. Infatti, in assenza di un regime fiscale sostitutivo, molti centri di coordinamento sarebbero costretti ad interrogarsi sulla propria presenza in Belgio.

152. La Forum 187 afferma infine di aver avuto un ruolo importante nel procedimento amministrativo presso la Commissione, e che quest’ultima le ha comunicato direttamente la propria decisione.

b)      Valutazione

153. Come è stato affermato nel dibattimento e risulta dalla giurisprudenza, un’associazione come la Forum 187, che ha lo scopo di difendere gli interessi collettivi di talune imprese, può, in linea di principio, presentare un ricorso di annullamento contro una decisione definitiva della Commissione in materia di aiuti di Stato solo nei due casi seguenti. Il suo ricorso è ricevibile, da un lato, se le imprese che essa rappresenta o alcune di esse sono legittimate ad agire individualmente (44). L’associazione è in tal caso considerata sostituta dei suoi membri. Dall’altro, il ricorso è ricevibile se essa può vantare un proprio interesse ad agire. La giurisprudenza ammette che ciò possa essere il caso, in particolare, allorché la posizione di negoziatrice dell’associazione è stata lesa dall’atto di cui è chiesto l’annullamento (45).

154. Tale ricostruzione della ricevibilità dell’azione di un’associazione di difesa di interessi collettivi dinanzi al giudice comunitario deriva dall’art. 230, quarto comma, CE, il quale, va ricordato, subordina il diritto di ogni persona fisica o giuridica di ricorrere in annullamento, rispetto ad una decisione di cui non è la destinataria, alla doppia condizione che tale decisione la riguardi direttamente ed individualmente. Qualora l’atto in questione non presenti tali caratteristiche, il ricorso proposto nei suoi confronti da una persona fisica o giuridica è irricevibile. Inoltre, ciascuna delle condizioni necessarie è di ordine pubblico, con la conseguenza che il giudice comunitario deve rilevare d’ufficio tale irricevibilità (46).

155. Un’associazione di difesa di interessi collettivi è dunque legittimata a domandare l’annullamento di una decisione di cui essa non è la destinataria solo se tale decisione riguarda l’associazione stessa, o i suoi membri, direttamente ed individualmente. Ne consegue che, come afferma una costante giurisprudenza, un’associazione non può impugnare un tale atto in nome della difesa degli interessi generali e collettivi delle imprese che essa rappresenta (47). Si tratta qui di evitare che, creando una tale associazione, taluni soggetti privati possano eludere i requisiti di cui all’art. 230, quarto comma, CE (48).

156. È sulla base di tali considerazioni che deve essere valutata la ricevibilità del ricorso di annullamento proposto dalla Forum 187 contro la decisione della Commissione. A tal fine, esaminerò innanzitutto se tale ricorso sia ricevibile in quanto detta associazione sarebbe colpita da tale decisione nei propri interessi.

i)      Sulla ricevibilità del ricorso della Forum 187 in quanto essa sarebbe direttamente ed individualmente interessata

157. La Forum 187 sostiene che la decisione della Commissione la riguarda individualmente in quanto, da un lato, la sua posizione di negoziatrice sarebbe stata lesa da tale decisione e, dall’altro, quest’ultima metterebbe in causa la sua stessa esistenza. Ritengo che l’argomentazione della Forum 187 non possa essere accolta su alcuno di tali punti.

158. Per quanto riguarda, innanzitutto, l’influenza sulla sua posizione di negoziatrice, va ricordato che tale criterio è stato espresso dalla Corte nella citata sentenza Van der Kooy e a./Commissione, con riferimento ad una situazione di fatto molto particolare.

159. Infatti, nella causa che si è conclusa con tale sentenza la Corte ha riconosciuto che la decisione della Commissione, che aveva qualificato come aiuto di Stato incompatibile con il mercato comune le tariffe preferenziali del gas per gli orticoltori in serra, influenzava la posizione di negoziatore del Landbouwschap, l’ente di diritto pubblico olandese di difesa degli interessi degli operatori agricoli, non soltanto perché tale ente aveva partecipato attivamente al procedimento d’indagine formale aperto dalla Commissione, ma anche perché esso aveva negoziato tali tariffe con il fornitore, sottoscrivendo pure l’accordo sulle stesse; e perché, in seguito alla decisione della Commissione, aveva dovuto avviare altri negoziati e concludere un nuovo accordo. Il Landbouwschap era dunque, in qualche modo, coautore del regime nazionale in questione.

160. La Corte ha anche riconosciuto che il ricorso di un’associazione era ricevibile, in quanto la posizione di negoziatrice di quest’ultima era danneggiata, nell’ambito di un’altra vicenda, quella che ha condotto alla citata sentenza CIRFS e a./Commissione. In tale causa, la Corte ha dovuto pronunciarsi sul ricorso del CIRFS, un’associazione che riuniva i principali produttori internazionali di fibre sintetiche, proposto contro la decisione con la quale la Commissione aveva dichiarato che un aiuto concesso da uno Stato membro non doveva essere preventivamente notificato, in quanto esso non rientrava nell’ambito di applicazione della «disciplina» accettata dagli Stati membri in materia di concessione di aiuti all’industria comunitaria delle fibre sintetiche, contenuta in una comunicazione della medesima istituzione.

161. La Corte ha ritenuto che il ruolo di negoziatore del CIRFS fosse stato danneggiato in quanto tale gruppo aveva portato avanti, nell’interesse dei principali produttori internazionali di fibre sintetiche, un certo numero di azioni relative alla politica di ristrutturazione di tale settore di attività, e poiché esso era stato, in particolare, l’interlocutore della Commissione relativamente all’introduzione della disciplina sulle condizioni per la concessione degli aiuti di Stato nel settore, nonché alla proroga e all’adeguamento di essa. Il CIRFS aveva dunque partecipato attivamente, insieme con la Commissione, all’elaborazione della disciplina relativa alla concessione degli aiuti nel settore pertinente.

162. Come la Corte ha recentemente ribadito nella sentenza Commissione/Aktionsgemeinschaft Recht und Eigentum (49), la partecipazione al procedimento d’indagine formale, per la difesa degli interessi collettivi degli operatori che l’associazione rappresenta, non dimostra che questa sia danneggiata nei propri interessi dalla decisione in questione (50). Il ruolo di una tale associazione quale negoziatrice può ritenersi pregiudicato soltanto qualora essa abbia partecipato attivamente all’adozione della misura nazionale in questione, come nel caso della citata sentenza Van der Kooy e a./Commissione, o del regime normativo di cui essa fa parte, come nel caso del CIRFS a proposito della disciplina applicabile alle assegnazioni di aiuti nel relativo settore di attività.

163. Gli elementi prodotti dalla Forum 187 non dimostrano che la sua partecipazione sia stata di tale livello. Tali elementi provano senza dubbio che essa ha intrattenuto rapporti regolari con le autorità belghe per la corretta applicazione del regime fiscale in questione. Tuttavia, non ne deriva che essa sia stata implicata nella determinazione del contenuto delle differenti misure, previste dal regime contestato, che sono state considerate aiuti di Stato dalla Commissione. Essa non ha negoziato né firmato un accordo istitutivo del regime fiscale dei centri di coordinamento, né essa è tenuta, per dare esecuzione alla decisione contestata, ad intraprendere nuove trattative ed a concludere un nuovo accordo relativo a tali disposizioni (51). Di conseguenza, non credo che essa possa essere lesa dalla decisione 17 febbraio 2003 nella sua «posizione di negoziatrice».

164. Per quanto poi riguarda l’argomento secondo il quale la decisione della Commissione metterebbe in causa la stessa esistenza della Forum 187, esso potrebbe condurre, se fondato, a riconoscere la ricevibilità del ricorso di detta associazione, poiché questa sarebbe allora colpita nei propri interessi. Tuttavia, tale argomento mi sembra qui infondato, per le ragioni di seguito esposte.

165. La Forum 187 sostiene che la decisione della Commissione avrebbe l’effetto di obbligare i centri di coordinamento, in mancanza di un regime sostitutivo, a cessare le proprie attività in Belgio. Però, come osserva la Commissione, la sua decisione 17 febbraio 2003 non vieta a tali centri l’esercizio delle proprie attività in Belgio, né pone limiti ad esse. Essa riguarda soltanto il regime fiscale relativo ai centri, e non vieta al Regno del Belgio di prevedere un regime fiscale sostitutivo. Inoltre, la Forum 187 sostiene, nel suo secondo motivo, relativo ad una violazione dell’art. 87, n. 1, CE, che le varie misure fiscali del regime in discussione qualificate come «aiuti di Stato» dalla Commissione non danno un vantaggio economico ai centri di coordinamento. Sembra dunque difficile, stando così le cose, che la soppressione di tale regime fiscale conduca tutti i centri di coordinamento o un numero significativo di essi a cessare le proprie attività in tale Stato membro.

166. Di conseguenza, ritengo che la Forum 187 non sia individualmente interessata dalla decisione 17 febbraio 2003 in quanto da essa colpita nei propri interessi.

167. È necessario ora verificare se il ricorso di annullamento della Forum 187 sia ricevibile in quanto alcuni suoi membri sarebbero essi stessi legittimati a proporre un tale ricorso dinanzi al giudice comunitario.

ii)    Sulla ricevibilità del ricorso della Forum 187 in quanto rappresentante di alcuni suoi membri

168. La Forum 187 sostiene che il suo ricorso deve essere dichiarato ricevibile in quanto essa rappresenta due gruppi di centri di coordinamento che sono direttamente e individualmente interessati dalla decisione della Commissione. Si tratterebbe, da un lato, dei 30 centri la cui autorizzazione è stata rinnovata nel 2001 o nel 2002 e per i quali la decisione limita il periodo di applicazione del regime fiscale controverso alla data del 31 dicembre 2010 e, dall’altro, degli otto centri la cui domanda di rinnovo era pendente e che, in seguito alla citata decisione, non possono ottenere il rinnovo.

169. Come la Corte ha esplicitamente confermato nella sentenza Codorniu/Consiglio (52), il fatto che un atto comunitario abbia portata generale non esclude che esso possa riguardare direttamente ed individualmente taluni operatori economici, e rappresentare così una decisione nei loro confronti. Il fatto, in questo caso, che la decisione della Commissione appaia rispetto agli operatori economici una misura di portata generale, dichiarando incompatibile con il diritto comunitario il regime fiscale applicabile ai centri di coordinamento, cioè ad una categoria di operatori economici indicata in via generale ed astratta, non impedisce dunque che essa possa riguardare direttamente e individualmente alcuni di tali centri, a causa delle loro proprie caratteristiche.

170. Per quanto riguarda la prima condizione posta dall’art. 230, quarto comma, CE, e cioè che i centri appartenenti ai due gruppi rappresentati dalla Forum 187 debbano essere direttamente interessati dalla decisione 17 febbraio 2003, essa non è contestata dalla Commissione. Ritengo anch’io che tale condizione sia soddisfatta. Risulta infatti dalla giurisprudenza che le persone fisiche o giuridiche interessate dall’atto impugnato lo sono in via diretta quando tale atto non lascia alcun margine di discrezionalità al soggetto chiamato alla sua applicazione, dovendo questa, secondo la formula consueta, avere «carattere meramente automatico e derivante dalla sola normativa comunitaria senza intervento di altre norme intermedie» (53).

171. Qui il caso è proprio questo, poiché la decisione della Commissione, dopo aver dichiarato il regime fiscale dei centri di coordinamento incompatibile con il mercato comune, vieta al Regno del Belgio di applicarlo a favore dei centri con autorizzazione in scadenza dopo il 17 febbraio 2003, e prevede che gli effetti delle autorizzazioni rinnovate prima di tale data non possano protrarsi oltre il 31 dicembre 2010. Le autorità belghe non dispongono dunque di alcuna discrezionalità nell’applicazione di tali disposizioni.

172. Però la questione, qui, è quella di determinare se i centri appartenenti ai due gruppi indicati dalla Forum 187 debbano essere considerati come individualmente interessati dalla decisione della Commissione. Si tratta dunque di chiarire se, in base ai criteri enunciati dalla Corte nella citata sentenza Plaumann/Commissione, e confermati in seguito da una giurisprudenza costante (54), tali due gruppi siano interessati dalla decisione 17 febbraio 2003 a causa di talune loro peculiari caratteristiche o di una situazione di fatto che li contraddistingua rispetto ad ogni altro soggetto, e li identifichi «in modo analogo al destinatario».

173. Come ricorda la Commissione, la portata generale di un atto rispetto a taluni operatori economici non è inficiata dal solo fatto che questi siano colpiti di più o in modo diverso rispetto ad altri operatori. È infatti nella natura di una disposizione generale che la sua applicazione uniforme possa colpire gli interessati in modo variabile, in base alle caratteristiche della loro situazione. Nello specifico ambito degli aiuti di Stato, è altrettanto pacifico, in giurisprudenza, che un’impresa non può, in linea di principio, impugnare una decisione della Commissione che vieta un regime di aiuti di settore se essa è interessata da tale decisione solo nella sua qualità di appartenente a tale settore e di potenziale beneficiaria di detto regime (55).

174. Tuttavia, deriva ugualmente dalla giurisprudenza che qualora l’atto impugnato riguardi un gruppo di soggetti individuati o individuabili, nel momento in cui l’atto è stato adottato, in base a criteri tipici dei membri di tale gruppo, tali soggetti possono essere considerati individualmente interessati da tale atto, in quanto facenti parte di un gruppo ristretto di operatori economici (56).

175. Il ricorso di tali soggetti è stato così dichiarato ricevibile nel caso in cui l’atto impugnato modifichi retroattivamente i diritti del ricorrente. La Corte ha così deciso nella citata sentenza Toepfer e Getreide-Import/Commissione, nella quale ha ammesso per la prima volta che un soggetto dell’ordinamento possa essere individualmente interessato da una decisione indirizzata ad uno Stato membro (57). Essa ha seguito tale impostazione anche nella sentenza Bock/Commissione (58), nonché nelle sentenze Agricola commerciale olio e a./Commissione e Savma/Commissione (59).

176. Nella sentenza CAM/Commissione (60) la Corte ha inoltre ammesso che la ricorrente sia legittimata ad agire quando il provvedimento impugnato riguarda situazioni pendenti al momento della sua adozione, e mette in pericolo il godimento di diritti quesiti in relazione ad operazioni future (61).

177. Ne consegue che, qualora taluni diritti acquisiti in precedenza da alcuni soggetti siano messi in pericolo da un atto comunitario, tali soggetti sono legittimati a contestare la legittimità di tale atto dinanzi al giudice comunitario.

178. Alla luce di tale giurisprudenza, ritengo che i centri di coordinamento la cui autorizzazione è stata rinnovata negli anni 2001 e 2002 debbano essere dichiarati individualmente interessati dalla decisione della Commissione.

179. Infatti, sulla base del regime fiscale in questione, il rinnovo dell’autorizzazione a tali centri nel 2001 o nel 2002 conferiva ad essi il diritto di beneficiare di tale regime per un periodo di dieci anni, ma tale periodo è stato limitato, con la decisione della Commissione, al 31 dicembre 2010. I diritti acquisiti da tali centri sulla base del regime fiscale belga e delle decisioni precedenti della Commissione, secondo le quali il diritto comunitario sugli aiuti di Stato non ostava a tale regime, sono quindi stati effettivamente ridotti dalla decisione 17 febbraio 2003.

180. Inoltre, il numero dei centri in tale situazione poteva essere accertato al momento dell’adozione della citata decisione, e non può aumentare. Essi formano quindi un gruppo ristretto di operatori economici, nei sensi di cui alla giurisprudenza, particolarmente interessati dalla decisione della Commissione.

181. Infine, la legittimazione ad agire di tali centri potrebbe anche essere dedotta, a mio avviso, dalle citate sentenze Italia e Sardegna Lines/Commissione e Italia/Commissione. In tale sentenze, è stato affermato che un’impresa che aveva ricevuto un aiuto in base ad un regime di settore doveva considerarsi individualmente colpita dalla decisione della Commissione, che aveva dichiarato tale regime di aiuti incompatibile con il mercato comune e ordinato il recupero, presso ciascun beneficiario, delle somme concesse in base a detto regime. La Corte ha affermato che tale impresa non era colpita dalla decisione solo in quanto impresa del settore di attività in questione, potenzialmente beneficiaria del regime di aiuti in discussione. Essa lo era anche nella sua qualità di effettiva beneficiaria di un aiuto individuale concesso in base a tale regime (62).

182. Tale giurisprudenza mi sembra applicabile nel presente caso. Come le ricorrenti nelle cause che si sono concluse con le sentenze sopra citate, i centri di coordinamento le cui autorizzazioni, rinnovate nel 2001 e nel 2002, sono state limitate al 31 dicembre 2010, non sono interessati dalla decisione della Commissione solo in quanto centri potenzialmente beneficiari del regime fiscale controverso. Essi lo sono anche in quanto beneficiari effettivi di tale regime, in seguito al rinnovo della loro autorizzazione individuale.

183. Per tutti questi motivi, il ricorso della Forum 187 mi sembra dunque ricevibile, nella parte in cui essa rappresenta i 30 centri il cui diritto di godere del regime in discussione è stato ridotto al 31 dicembre 2010.

184. Ciò è sufficiente per sostenere la ricevibilità del ricorso della Forum 187 per l’annullamento della decisione 17 febbraio 2003, nella parte in cui questa dichiara che il regime fiscale dei centri di coordinamento costituisce un aiuto di Stato incompatibile con il mercato comune.

185. Tuttavia, la Forum 187 domanda anche l’annullamento parziale della decisione 17 febbraio 2003, nella parte in cui essa non ha previsto misure transitorie a favore dei centri con autorizzazione in scadenza nel 2003, dopo il 17 febbraio, o nel 2004. Ebbene, tra i due gruppi di centri di coordinamento rappresentati dalla Forum 187 i quali, secondo tale associazione, sarebbero legittimati ad agire direttamente dinanzi al giudice comunitario, solo gli otto centri la cui domanda di rinnovo era pendente al momento dell’adozione della decisione 17 febbraio 2003 hanno interesse a proporre tale domanda.

186. Infatti, l’annullamento parziale di tale decisione nella parte in cui non prevede misure transitorie per i centri di coordinamento con autorizzazione in scadenza nel 2003, dopo il 17 febbraio, o nel 2004, non apporterebbe alcuna utilità ai centri la cui autorizzazione è stata rinnovata nel 2001 o nel 2002. Orbene, un ricorso di annullamento proposto da una persona fisica o giuridica è ricevibile soltanto se tale ricorrente ha un interesse all’annullamento dell’atto impugnato, il che presuppone che il ricorso possa, qualora vada a buon fine, procurare un vantaggio alla parte che l’ha proposto (63). Il difetto di interesse ad agire rappresenta, inoltre, una ragione di irricevibilità di ordine pubblico (64).

187. La ricevibilità di tale domanda subordinata della Forum 187 è dunque vincolata alla condizione che tali otto centri possano a loro volta proporre una domanda ricevibile. Il fatto che tale domanda di annullamento parziale della decisione della Commissione sia contenuta nella domanda del Regno del Belgio, la cui ricevibilità non è contestata e non sembra contestabile (65), non esonera da tale verifica, per il caso in cui la domanda principale della Forum 187 fosse respinta e fosse necessario pronunciarsi sulla domanda subordinata.

188. Anche in tal caso, comunque, ritengo che il ricorso della Forum 187 sia ricevibile, poiché i centri di coordinamento la cui domanda di rinnovo era pendente alla data di notifica della decisione della Commissione avrebbero ben potuto agire per l’annullamento di tale decisione dinanzi al giudice comunitario.

189. Infatti, la ricevibilità di un ricorso proposto dai membri di un gruppo di soggetti identificati o identificabili nel momento in cui l’atto impugnato è stato adottato, sulla base di criteri caratteristici dei membri di tale gruppo, è stata riconosciuta quando la lettera della norma comunitaria, sulla base della quale tale atto è stato assunto, esplicitamente obbligava l’istituzione che ha predisposto tale atto a tenere in conto la situazione particolare dei ricorrenti (66).

190. Tale giurisprudenza mi sembra applicabile ai centri di coordinamento la cui domanda di rinnovo dell’autorizzazione era pendente alla data d’adozione della decisione 17 febbraio 2003.

191. Da un lato, tali centri fanno indubbiamente parte di un gruppo chiuso, ai sensi della giurisprudenza, i cui membri sono specificamente interessati dalla decisione della Commissione. Bisogna infatti ricordare che tale decisione prevede che i centri autorizzati alla data del 31 dicembre 2000 la cui autorizzazione individuale era ancora valida alla data del 17 febbraio 2003 possono godere degli effetti di essa fino alla sua scadenza, anche se non oltre il 31 dicembre 2010. La decisione prevede inoltre che le autorizzazioni in scadenza prima del 31 dicembre 2010 non possano essere più rinnovate, nemmeno temporaneamente. I centri già autorizzati alla data del 31 dicembre 2000 la cui autorizzazione decennale scade tra il 17 febbraio 2003 e il 31 dicembre 2010 costituiscono quindi un gruppo che era perfettamente identificabile al momento dell’adozione della decisione della Commissione, e non suscettibile di ampliarsi in seguito.

192. Inoltre, tali centri sono interessati in modo peculiare rispetto agli altri centri di coordinamento e all’insieme delle società che avrebbero potuto creare tali centri. Ciò che li differenzia è il fatto che essi disponevano di un’autorizzazione decennale in scadenza tra il 17 febbraio 2003 e il 31 dicembre 2010, che tale autorizzazione, ai sensi della normativa belga esaminata nelle decisioni della Commissione 1984 e 1987, era rinnovabile, e che la stessa ora, in seguito alla decisione della Commissione, non potrà più essere rinnovata.

193. D’altra parte, come risulta dalla citata sentenza Sofrimport/Commissione (67), e come la Corte ha confermato nella citata sentenza Antillean Rice Mills e a./Commissione (68), l’elemento fondamentale per determinare se taluni soggetti particolarmente colpiti da un atto di portata generale siano da esso individualmente interessati è la protezione di cui essi godono in base al diritto comunitario. La Forum 187 invoca il principio della tutela del legittimo affidamento, e sostiene che i centri di coordinamento interessati avevano un affidamento di questo tipo rispetto al rinnovo della propria autorizzazione.

194. Mi sembra indubbio che un principio generale, come quello di tutela del legittimo affidamento, possa conferire una protezione tale da individuare un gruppo di ricorrenti come può farlo una previsione espressa del diritto comunitario sulla base della quale i provvedimenti impugnati siano stati assunti, e che obblighi l’autore dell’atto in questione a considerare la loro particolare situazione, come la Corte ha ammesso nelle citate sentenze Piraiki-Patraiki e a./Commissione e Sofrimport/Commissione. La tutela garantita da un principio generale mi sembra certo un elemento in grado di individuare un ricorrente e di consentirgli di proporre direttamente un ricorso di annullamento dinanzi al giudice comunitario (69).

195. È vero che, come afferma la Commissione, determinare se i centri di coordinamento possano avere un legittimo affidamento circa il rinnovo delle loro autorizzazioni è questione che attiene il merito. Tuttavia, per quanto riguarda la ricevibilità del ricorso, ritengo basti rilevare che, nella sua decisione 17 febbraio 2003, la Commissione ha esaminato, ai punti 117-120, quale potesse essere il legittimo affidamento dei centri di coordinamento in possesso di un’autorizzazione ancora valida alla data della notifica di tale decisione. Il fatto che la Commissione abbia effettuato una simile analisi dimostra chiaramente che tali centri godono, in base al principio del legittimo affidamento, di una protezione specifica rispetto a tutti gli altri centri di coordinamento e alle società dei gruppi multinazionali che avrebbero potuto progettare la creazione di simili centri.

196. Ciò basta, a mio parere, per individuare i centri di coordinamento con autorizzazione in scadenza tra il 17 febbraio 2003 e il 31 dicembre 2010 rispetto agli altri operatori interessati dalla decisione della Commissione. Tali centri costituiscono certamente un gruppo chiuso sufficientemente individualizzato rispetto a tali altri operatori economici e ad essi deriva, dal principio della tutela del legittimo affidamento, una specifica protezione di cui essi devono potersi avvalere proponendo un ricorso giurisdizionale dinanzi al giudice comunitario.

197. Sono dunque favorevole a riconoscere la legittimazione ad agire in capo al secondo gruppo di centri di coordinamento che la Forum 187 afferma di rappresentare nell’ambito del presente ricorso.

3.      L’esame dei ricorsi nel merito

198. Poiché il ricorso della Forum 187 è più ampio di quello del Regno del Belgio, in quanto chiede l’annullamento integrale della decisione 17 febbraio 2003, inizierò esaminando tale domanda.

199. Se necessario esaminerò quindi le domande della Forum 187 e del Regno del Belgio per l’annullamento parziale della decisione della Commissione, nella parte in cui essa non ha previsto misure transitorie per i centri con autorizzazione in scadenza dopo il 17 febbraio 2003.

a)      La domanda della Forum 187 per l’annullamento integrale della decisione 17 febbraio 2003

200. A sostegno di tale domanda di annullamento, la Forum 187 invoca tre motivi. Nel primo, essa sostiene che tale decisione è priva di fondamento normativo e viola il principio della certezza del diritto in quanto è contraria alle decisioni anteriori, risalenti ad oltre quindici anni prima. Con il secondo motivo, la Forum 187 sostiene che la Commissione, qualificando come aiuto di Stato il regime fiscale dei centri di coordinamento, ha violato l’art. 87, n. 1, CE. Con il terzo motivo, la Forum 187 rimprovera alla citata decisione una carenza di motivazione relativamente ai motivi per i quali la Commissione ha cambiato orientamento rispetto alle sue decisioni precedenti.

i)      Il motivo relativo all’assenza di fondamento normativo e alla violazione del principio della certezza del diritto

–       Argomenti delle parti

201. La Forum 187 sostiene che il principio della certezza del diritto impone alla Commissione di rispettare le proprie decisioni, e che i casi in cui essa può ritirare una decisione illegittima sono assai limitati. Secondo tale associazione, la Commissione ha basato la decisione di aprire il procedimento d’indagine formale su due elementi: l’art. 1, lett. b), punto v), del regolamento n. 659/1999 e la propria competenza generale per rimediare ad un errore precedente. Nella decisione 17 febbraio 2003, la Commissione avrebbe aggiunto gli artt. 87 CE e 88 CE. La Forum 187 sostiene che tale decisione è priva di fondamento normativo, poiché non poteva essere assunta sulla base di alcuno di tali elementi.

202. Secondo la Forum 187, il regolamento n. 659/1999 non può costituire il fondamento normativo, poiché l’art. 1, lett. b), punto v), di tale regolamento, il quale definisce il concetto di aiuto esistente, richiede, affinché un provvedimento che non costituiva un aiuto divenga un aiuto esistente, che vi sia stata un’evoluzione del mercato comune. Tale disposizione non sarebbe applicabile nel caso in cui la Commissione intenda modificare una propria valutazione secondo la quale una misura non costituisce un aiuto di Stato.

203. La Forum 187 sostiene inoltre che la Commissione non poteva nemmeno basare la propria decisione sugli artt. 87 CE e 88 CE, per le due ragioni seguenti. In primo luogo, essa avrebbe avviato il procedimento d’indagine formale solo sulla base del regolamento n. 659/1999, e non potrebbe fondare la decisione conclusiva di tale procedimento su un diverso fondamento normativo. In secondo luogo, i detti articoli non conferirebbero alla Commissione una competenza più ampia di quella prevista nel regolamento n. 659/1999, che definisce i poteri di tale istituzione in modo tassativo. Poiché il regime fiscale dei centri di coordinamento non rientra nella definizione di aiuto esistente prevista nel citato regolamento, la Commissione non potrebbe pretendere di basare la decisione 17 febbraio 2003 sull’art. 88, n. 1, CE.

204. Infine, la Forum 187 sostiene che la Commissione non può sostenere di aver corretto una decisione errata oltre quindici anni dopo la sua adozione. Secondo la giurisprudenza, il diritto di correggere un errore deve essere esercitato entro un termine ragionevole. Modificando dopo oltre quindici anni la propria decisione secondo la quale il regime fiscale in discussione non rappresentava un aiuto di Stato, la Commissione violerebbe il principio della certezza del diritto, in particolare l’obbligo di rispettare tutte le proprie decisioni precedenti. Inoltre, essa non avrebbe dato alcuna giustificazione per tale ritardo. Infine, la Commissione non potrebbe basarsi sul fatto che la sua decisione non ha effetto retroattivo. Secondo la Forum 187, la decisione 17 febbraio 2003 ha necessariamente conseguenze retroattive, considerata l’importanza degli investimenti effettuati nei centri di coordinamento.

205. Contro tali argomenti, la Commissione sostiene che essa aveva il diritto di modificare la propria valutazione secondo la quale il regime fiscale contestato non costituiva un aiuto di Stato, a condizione di rispettare i principi della certezza del diritto e di tutela del legittimo affidamento, oltre che i diritti quesiti. Tale possibilità si ricaverebbe dal suo potere di controllo permanente degli aiuti esistenti, che le consentirebbe di rivedere, per il futuro, una decisione di compatibilità di un aiuto con il mercato comune. Quanto alla procedura da seguire, sarebbe evidente, a giudizio della Commissione, che il regime controverso non poteva essere considerato un nuovo aiuto e che si doveva utilizzare, per analogia, la procedura applicabile al controllo degli aiuti esistenti.

–       Valutazione

206. In via preliminare mi sembra importante rilevare che, nella decisione 17 febbraio 2003, la Commissione non prevede l’annullamento delle proprie decisioni precedenti relative al regime fiscale dei centri di coordinamento. Infatti, né nella motivazione né nel dispositivo di tale decisione essa afferma che le proprie decisioni 1984 e 1987, o la propria risposta all’interrogazione parlamentare 1990, debbano essere annullate retroattivamente, e che la decisione 17 febbraio 2003 debba sostituirle. Se così fosse, non ci sarebbe dubbio che tale decisione sarebbe stata contraria ai principi di certezza del diritto e di tutela del legittimo affidamento.

207. Infatti, benché un’istituzione abbia il potere di ritirare, con effetto retroattivo, una decisione che ritiene erronea, è giurisprudenza pacifica che tale annullamento deve essere effettuato entro un termine ragionevole, e che va tenuto conto di quanto i beneficiari dell’atto in questione abbiano potuto confidare nella legittimità di esso (70). Tali condizioni non sarebbero state chiaramente soddisfatte se la Commissione avesse voluto annullare retroattivamente la propria valutazione secondo la quale il regime fiscale dei centri di coordinamento non costituiva un aiuto di Stato, dopo 19 anni e quando ormai lo Stato membro destinatario delle precedenti decisioni ha posto in essere tale regime.

208. In realtà, dal contenuto della decisione 17 febbraio 2003 e dalla documentazione agli atti risulta che essa è stata assunta dopo che la Commissione aveva deciso di procedere ad un nuovo esame del regime fiscale dei centri di coordinamento, utilizzando per esso la procedura di controllo degli aiuti esistenti, il che implica che la sua decisione finale non intenda avere effetto retroattivo. Dal contenuto di essa risulta altresì che la Commissione ha ritenuto che tale regime costituisse adesso un aiuto di Stato incompatibile con il mercato comune.

209. Si tratta quindi di determinare, nell’ambito dell’esame del presente motivo, se la Commissione avesse il diritto di modificare la propria valutazione sulla possibilità che tale regime di portata generale, non modificato in modo significativo dopo le precedenti valutazioni del 1984, del 1987 e del 1990, costituisse un aiuto ai sensi dell’art. 87, n. 1, CE e, in caso affermativo, se la Commissione potesse applicare la procedura relativa ai regimi di aiuto esistenti.

210. Senza dubbio il principio della certezza del diritto richiede che la normativa comunitaria sia certa e che la sua applicazione sia prevedibile da parte dei destinatari delle norme (71). Esso mira a garantire la prevedibilità delle situazioni e dei rapporti giuridici che ricadono nel diritto comunitario (72). Tale principio si impone con particolare forza qualora l’atto di diritto derivato possa comportare conseguenze economiche (73), come può essere il caso per decisioni prese dalla Commissione in materia di aiuti di Stato. Inoltre, l’obbligo di notifica di tali aiuti di cui all’art. 88, n. 3, CE ha in particolare l’obiettivo di eliminare eventuali dubbi sulla natura o meno di aiuto, ai sensi dell’art. 87, n. 1, CE, di un provvedimento nazionale.

211. Il principio della certezza del diritto e quello della tutela del legittimo affidamento, che rappresenta la versione soggettiva del primo, implicano dunque che lo Stato membro che ha avuto cura di notificare alla Commissione il regime fiscale che intende porre in essere, nonché i beneficiari di tale regime, possano confidare nella legittimità di una decisione di tale istituzione che dichiari che detto regime non costituisce un aiuto di Stato.

212. È altrettanto pacifico che il regolamento n. 659/1999 il quale, ai sensi del suo secondo ‘considerando’, codifica l’esercizio, da parte della Commissione, dei poteri che le spettano ai sensi dell’art. 88 CE non prevede espressamente il caso corrispondente a quello di cui ci occupiamo qui. Così, l’unico caso, all’art. 1, lett. b), punto v), di tale regolamento, che definisce il concetto di aiuto esistente, in cui una misura che non costituiva un aiuto al momento della sua entrata in vigore deve comunque ritenersi tale, è quello in cui tale provvedimento «lo [è] diventat[o] successivamente a causa dell’evoluzione del mercato comune».

213. Il regolamento n. 659/1999 non indica che cosa rientri nel concetto di «evoluzione del mercato comune». Si può ritenere, però, che si tratti di una modifica del contesto economico e giuridico nel settore interessato dal provvedimento in questione. I termini «evoluzione» e «mercato comune» fanno pensare che il mercato sul quale il provvedimento nazionale in questione produce i suoi effetti debba aver conosciuto un cambiamento a seguito del quale tale provvedimento, che non costituiva un aiuto, rientra ora nell’ambito di applicazione dell’art. 87, n. 1, CE. Tale concetto non riguarda dunque il caso in cui, come qui, la Commissione modifica la propria valutazione soltanto sulla base di una lettura più rigorosa delle norme del Trattato in materia di aiuti di Stato.

214. Tuttavia, contrariamente alla Forum 187, non ritengo che il principio della certezza del diritto e il testo del regolamento n. 659/1999 ostino a che la Commissione modifichi la propria valutazione relativamente alla natura di aiuto di un regime fiscale di portata generale, allorché essa ritiene che tale sia la conclusione a cui deve condurre la corretta applicazione delle norme del Trattato.

215. Tale interpretazione si fonda, a mio parere, sugli artt. 87 CE e 88 CE. Da un lato infatti, come la Corte ha già affermato, il principio della certezza del diritto, per quanto importante, non può applicarsi in modo assoluto e la sua applicazione deve essere combinata con quella del principio di legalità (74). Dall’altro, come ha rilevato la Commissione, è a partire dagli artt. 87 CE e 88 CE che bisogna valutare la portata dei suoi poteri e dei suoi obblighi in materia di aiuti di Stato. Il regolamento n. 659/1999, che costituisce un atto di diritto derivato adottato per dare applicazione agli artt. 87 CE e 88 CE, non può dunque essere interpretato in modo da ridurre la portata delle disposizioni del Trattato.

216. La Commissione è investita dall’art. 88 CE del compito di effettuare non soltanto un esame preliminare dei progetti degli Stati membri che intendono istituire un nuovo aiuto, ma anche un controllo permanente di tutti gli aiuti esistenti. In sede di tale controllo permanente la Commissione può, nell’ambito di una cooperazione con lo Stato membro che ha concesso l’aiuto in questione, proporre a tale Stato di apportare, per il futuro, ogni modifica che appaia necessaria affinché tale aiuto resti compatibile con il mercato comune. Ai sensi dell’art. 88, n. 2, CE, nel caso in cui tale procedura non dia esito la Commissione può imporre a tale Stato modifiche di un tale aiuto o la sua soppressione, entro un termine che essa determina.

217. I poteri conferiti alla Commissione dall’art. 88 CE hanno dunque l’obiettivo di evitare che un regime generale di aiuti possa continuare ad essere applicato e consentire l’erogazione di ulteriori aiuti individuali, qualora esso non appaia più compatibile con il mercato comune. La Commissione ha così il compito di fare in modo che nessun regime contrastante con il buon funzionamento del mercato comune venga autorizzato o sia nuovamente applicato.

218. L’art. 88 CE mira anche ad assicurare l’uguaglianza tra gli Stati membri e tra gli operatori economici. Infatti, in seguito all’evoluzione del contesto economico e giuridico, un nuovo regime di aiuti, dal contenuto in tutto identico a quello di un regime esistente in vigore in un altro Stato membro, potrebbe dover essere oggetto di una decisione a contenuto negativo della Commissione. Sarebbe dunque contrario al principio generale di uguaglianza consentire che taluni operatori economici possano beneficiare di ulteriori applicazioni di un regime di aiuti esistente.

219. È alla luce di tali considerazioni che ritengo che la Commissione possa modificare la propria valutazione circa l’esistenza di un aiuto, qualora essa ritenga che ciò sia imposto da una corretta applicazione delle norme del Trattato. Se dunque è vero che la Commissione è tenuta a rispettare i principi di certezza del diritto e di tutela del legittimo affidamento, tale dovere, per quanto importante, deve essere conciliato con il principio di legalità e quindi con le norme degli artt. 87 CE e 88 CE. Sarebbe contrario a tali norme consentire che un regime nazionale possa essere nuovamente applicato pur essendo di ostacolo al buon funzionamento del mercato comune. Ciò contrasterebbe anche con la parità di trattamento tra gli Stati membri e tra gli operatori economici, poiché un nuovo regime identico al regime nazionale inizialmente non valutato come aiuto sarebbe oggetto di una decisione a contenuto negativo.

220. In tale ottica, ritengo che la Commissione abbia svolto il ruolo conferitole del Trattato in materia di aiuti di Stato allorché, nel presente caso, ha deciso di esaminare o riesaminare tutti i regimi fiscali vigenti negli Stati membri che il gruppo codice di condotta aveva dichiarato dannosi per il mercato comune, ritenendo tali regimi suscettibili di ricadere nell’ambito di applicazione dell’art. 87, n. 1, CE.

221. Di conseguenza, ritengo che la certezza del diritto non osti a che la Commissione modifichi, per il futuro, la propria valutazione circa l’esistenza di un aiuto. Per le stesse ragioni, la decisione 17 febbraio 2003 non è priva di fondamento normativo, come sostiene la Forum 187, ma si basa sugli artt. 87 CE e 88 CE, come è del resto indicato al suo punto 69.

222. Quanto alla procedura applicabile quando la Commissione modifica in tal modo la propria valutazione, ritengo anch’io che si possa trattare soltanto della procedura applicabile per il controllo degli aiuti esistenti. Il regolamento n. 659/1999, che disciplina l’esercizio, da parte della Commissione, dei poteri che le sono attribuiti dall’art. 88 CE, prevede solo due tipi di misure nazionali: le misure nuove e gli aiuti esistenti. Nel nostro caso, la Commissione intende modificare la propria valutazione relativamente ad un regime nazionale che le era stato notificato e che, in ipotesi – e qui anche in concreto –, non è stato modificato in modo significativo dopo la precedente decisione. Tale regime non potrebbe quindi essere considerato una misura nuova, notificata alla Commissione prima di essere applicata, o come un aiuto illegittimo, cioè concesso senza essere stato prima notificato alla detta istituzione o senza aver atteso la decisione di questa nei termini stabiliti. Si tratta invece di una misura già esistente per la Commissione, che ne era già informata, assimilabile, per quanto riguarda la procedura di controllo applicabile, ad un aiuto esistente ai sensi dell’art. 1, lett. b), del regolamento n. 659/1999.

223. Tale interpretazione offre inoltre la massima certezza del diritto allo Stato membro che ha introdotto la misura in questione ed agli operatori economici che ne beneficiano. Essa comporta infatti che si continui ad applicare tale misura fino a quando la Commissione non ne rilevi l’incompatibilità con il mercato comune. Inoltre, qualora la Commissione adotti una decisione in tal senso, questa avrà effetto solo per il futuro, dopo un termine che spetta a tale istituzione fissare (75).

224. Infine, tale procedura non impedisce alle imprese che hanno beneficiato del regime generale contestato di impugnare nel merito la nuova valutazione della Commissione, secondo la quale tale regime costituisce un aiuto di Stato: ciò attraverso un ricorso di annullamento dinanzi al giudice comunitario, come ha fatto la Forum 187, o con un’eccezione d’illegittimità sollevata dinanzi al giudice nazionale, come ha ricordato la Corte nella sentenza Unión de Pequeños Agricultores/Consiglio (76).

225. La Forum 187 non può dunque nemmeno rimproverare alla Commissione di avere indicato, nella sua lettera al governo belga con cui lo ha informato dell’apertura del procedimento d’indagine formale, che la procedura applicabile era quella di cui agli artt. 17-19 del regolamento n. 659/1999, né di aver modificato il fondamento normativo nel corso del procedimento, poiché tale regolamento ha il solo scopo di disciplinare l’esercizio, da parte della Commissione, dei poteri che le sono conferiti dagli artt. 87 CE e 88 CE.

226. Per quanto riguarda il problema di determinare se la Commissione abbia correttamente tenuto conto, nella decisione 17 febbraio 2003, del legittimo affidamento dei centri di coordinamento, essa sarà esaminata, se necessario, nell’ambito della domanda di annullamento parziale della decisione. Tuttavia, la risposta a tale questione non può mettere in dubbio la conclusione secondo la quale la Commissione aveva il diritto di cambiare idea sulla natura di aiuto di Stato del regime fiscale dei centri di coordinamento, e di applicare la procedura relativa ai regimi di aiuti esistenti di cui agli artt. 17-19 del regolamento n. 659/1999.

227. Sulla base di tutto quanto precede, ritengo che il primo motivo debba essere respinto.

ii)    Il motivo relativo alla violazione dell’art. 87, n. 1, CE

228. La Forum 187 invoca numerosi argomenti per dimostrare che la Commissione ha erroneamente applicato l’art. 87, n. 1, CE nel qualificare il regime fiscale dei centri di coordinamento come aiuto di Stato ai sensi di tale disposizione. Innanzitutto, essa contesta il metodo con il quale la Commissione ha esaminato il regime fiscale in questione. Essa sostiene inoltre che le varie misure che costituiscono tale regime non soddisfano le condizioni richieste dall’art. 87, n. 1, CE. La Forum 187 sostiene anche che tali misure non conferiscono vantaggi ai centri di coordinamento, che non derivano da un trasferimento di risorse statali, che la Commissione non ha dimostrato che esse abbiano un effetto sulla concorrenza e sugli scambi intracomunitari, che il regime in questione non è selettivo e che, in ogni caso, esso è giustificato dalla natura e dalla logica del sistema fiscale belga.

229. La Commissione, da parte sua, respinge tutti questi argomenti.

230. Per chiarezza d’analisi, esporrò più dettagliatamente i vari argomenti delle parti nell’ambito del punto al quale essi si riferiscono.

–       Sul metodo di analisi del regime contestato

231. La Forum 187 rimprovera alla Commissione di avere ignorato la competenza degli Stati membri in materia fiscale. Essa ricorda che, in assenza di armonizzazione delle aliquote e della struttura dell’imposta sulle società nell’ambito della Comunità, il Regno del Belgio ha il diritto di determinare le norme applicabili per la tassazione delle filiali dei gruppi multinazionali. Secondo la Forum 187, qualora tali norme creino distorsioni nella concorrenza la situazione ricade negli artt. 96 CE e 97 CE, e non nelle previsioni in materia di aiuti di Stato.

232. La Forum 187 rimprovera altresì alla Commissione di aver compiuto un’analisi decisamente troppo generica del regime in questione. Essa sostiene che il regime fiscale dei centri di coordinamento si applica a 230 centri che appartengono a gruppi che svolgono le proprie attività in settori molto diversi. Ora, l’impatto economico delle misure controverse sarebbe assai variabile a seconda che il gruppo venda autoveicoli o prodotti alimentari. La Commissione avrebbe dunque dovuto svolgere un’analisi molto più dettagliata dell’impatto dei provvedimenti in questione.

233. Come la Commissione, non ritengo che l’esame di un regime fiscale nazionale alla luce delle disposizioni dell’art. 87 CE costituisca di per sé una violazione della competenza degli Stati membri in materia fiscale. Se è vero che la fiscalità diretta rientra nelle loro competenze, cosicché ogni Stato membro può determinare liberamente le proprie norme sulla tassazione delle società, è altrettanto pacifico che tali norme non sono sottratte al campo di applicazione dell’art. 87 CE. I provvedimenti assunti da uno Stato nell’esercizio delle sue competenze in materia fiscale possono dunque risultare eventualmente incompatibili con tale articolo.

234. Come giustamente rileva la Commissione, la questione da risolvere nell’ambito dell’esame del presente motivo consiste dunque nel determinare se il regime contestato costituisca oppure no un aiuto di Stato. Poiché il concetto di aiuto di Stato, come definito all’art. 87, n. 1, CE, ha carattere giuridico e dev’essere interpretato sulla base di elementi obiettivi (77), è necessario verificare se, indipendentemente dal fatto che la Commissione abbia preso una posizione in senso contrario nel 1984, nel 1987 e nel 1990, il regime fiscale dei centri di coordinamento possieda la caratteristiche necessarie per ricadere nell’ambito di applicazione di tale disposizione.

235. Per quanto poi riguarda il livello di approfondimento dell’esame degli effetti del regime contestato che la Commissione era tenuta ad effettuare in questo caso, è vero che, come essa giustamente ricorda, qualora il provvedimento in esame sia un regime di aiuti e non una misura di aiuto individuale, essa può, secondo la giurisprudenza, limitarsi a studiarne le caratteristiche generali, senza essere tenuta ad esaminare anche gli effetti sulla specifica situazione di talune imprese (78). Il problema di determinare se, in questo caso, tale giurisprudenza dovesse applicarsi e se la Commissione potesse quindi limitarsi a tale esame, allorché il regime contestato favoriva centri appartenenti a gruppi attivi in settori assai diversi, mette in discussione la valutazione della Commissione secondo la quale le misure previste dal regime contestato soddisfano tutte le condizioni richieste dall’art. 87, n. 1, CE. Esaminerò dunque tale censura analizzando dette condizioni.

236. Va anche precisato a questo punto che, da un lato, tali condizioni sono cumulative (79). Dall’altro, essendo come si è visto il concetto di aiuto di Stato un concetto giuridico, che deve essere interpretato sulla base di elementi oggettivi, in linea di principio (poiché l’analisi della Commissione non si basa su valutazioni economiche complesse) il giudice comunitario deve svolgere un controllo completo per verificare se un regime nazionale rientri effettivamente nell’ambito di applicazione dell’art. 87, n. 1, CE (80).

237. Verificherò ora se il regime fiscale dei centri di coordinamento soddisfi tutte le condizioni previste da tale norma. Si tratta di verificare se le misure previste da tale regime conferiscano a talune imprese un vantaggio, se tale vantaggio sia concesso da uno Stato membro o mediante risorse statali e se esso falsi o possa falsare la concorrenza negli scambi intracomunitari.

–       Sull’esistenza di un vantaggio a favore di talune imprese

238. Verificherò, prima di tutto, se le misure fiscali previste dal regime tributario dei centri di coordinamento siano tali da produrre un vantaggio a favore dei beneficiari. In seguito, esaminerò se tale vantaggio sia selettivo. Se necessario, verificherò se tale selettività sia giustificata dagli obiettivi del sistema di cui detto regime fa parte.

 L’esistenza di un vantaggio economico

239. Secondo la giurisprudenza, il concetto di aiuto è assai ampio. Esso comprende non soltanto prestazioni positive, come le sovvenzioni, ma anche interventi i quali, in varie forme, alleviano gli oneri che «normalmente» gravano sul bilancio di un’impresa e che, senza essere sovvenzioni in senso stretto, hanno la stessa natura e producono identici effetti (81). Così, «un provvedimento mediante il quale le pubbliche autorità accordino a determinate imprese un’esenzione fiscale che, pur non implicando un trasferimento di risorse da parte dello Stato, collochi i beneficiari in una situazione finanziaria più favorevole di quella degli altri soggetti tributari passivi costituisce aiuto statale ai sensi dell’art. [87 CE]» (82).

240. La Commissione ha ritenuto, nella decisione 17 febbraio 2003, che il modo di determinare i redditi imponibili, l’esenzione dal «précompte immobilier», dall’imposta sui conferimenti e dal «précompte mobilier», nonché il sistema del «précompte mobilier» figurativo costituissero vantaggi per i centri di coordinamento. La Forum 187 contesta tale valutazione per ognuna di tali misure. Le esaminerò dunque in sequenza, iniziando dal metodo di determinazione dei redditi imponibili.

–       La determinazione dei redditi imponibili

241. In base al regime fiscale dei centri di coordinamento, il reddito imponibile di tali centri non è la differenza tra i ricavi e i costi d’impresa, secondo il sistema normale del diritto belga. Esso è determinato in via forfettaria, in una percentuale dell’importo totale delle spese e dei costi di funzionamento, con esclusione delle spese per il personale (83) e degli oneri finanziari (84).

242. In linea di principio, il margine di guadagno di un centro di coordinamento dev’essere determinato in ciascun singolo caso, tenendo conto delle attività da esso esercitate. Se tale centro fattura direttamente taluni servizi svolti per un importo pari alle spese più un guadagno, la percentuale di questo può essere approvata purché non sia anormale. Qualora non esistano criteri obiettivi per determinare la percentuale di profitto da considerare, questa dev’essere fissata, in generale, come pari all’8 %.

243. Il reddito imponibile del centro in questione, tuttavia, non può essere inferiore alla somma delle spese o oneri non deducibili in quanto spese professionali (in generale, le spese escluse) e dei vantaggi straordinari o gratuiti concessi a tale centro dai membri del gruppo al quale appartiene.

244. Il reddito dei centri di coordinamento così determinato è tassato secondo la normale aliquota dell’imposta sulle società.

245. Tale metodo di determinazione del reddito imponibile si ispira al metodo c.d. del «cost plus» [anche: del «costo totale», N.d.T.], che è uno dei sistemi sostenuti dall’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (in prosieguo: l’«OCSE)» per la tassazione dei servizi svolti da una filiale o da un impianto stabile per conto delle società appartenenti al medesimo gruppo internazionale e stabilite in altri Stati.

246. L’obiettivo di tale metodo è il seguente. La determinazione dei prezzi delle operazioni effettuate tra imprese appartenenti al medesimo gruppo internazionale può essere influenzata da considerazioni fiscali, in modo da ridurre il carico tributario sopportato globalmente da tale gruppo, operando sulla base imponibile in ciascun paese. Al fine di combattere tali pratiche ed evitare le rettifiche da parte delle amministrazioni nazionali a cui esse darebbero luogo, oltre che la doppia imposizione, nell’ambito dell’OCSE sono stati elaborati vari metodi per determinare i «prezzi di trasferimento» di prodotti e servizi nell’ambito di un medesimo gruppo internazionale. Tali metodi hanno l’obiettivo di far sì che tali prezzi corrispondano a quelli che sarebbero fissati in normali situazioni di concorrenza. Il metodo «cost plus», che è uno di essi, consiste nel considerare come base di calcolo i costi sopportati dal prestatore di servizi, e nell’applicare ad essi un margine di guadagno corrispondente ad un profitto ragionevole, espresso in percentuale(85).

247. Nella decisione 17 febbraio 2003, non è il detto metodo di tassazione forfettaria in quanto tale che è stato qualificato «aiuto di Stato» dalla Commissione. È stato invece il fatto che le autorità belghe abbiano deciso di sottrarre dall’insieme dei costi di funzionamento che servono da base di calcolo per la determinazione del reddito imponibile dei centri di coordinamento, da un lato, le spese di personale e, dall’altro, gli oneri finanziari, che rappresentano costi quantitativamente importanti. La Commissione osserva altresì che, quando non esistono criteri obiettivi per determinare la percentuale di profitto da considerare, questa è fissata, in linea di principio, pari all’8 %. La Commissione ritiene che, grazie a tali due esclusioni ed a tale percentuale, la base imponibile alla quale deve essere applicata la normale aliquota fiscale delle imprese interessate non consente di pervenire ad una tassazione dei servizi forniti dai centri di coordinamento come se essi fossero effettuati da un’altra società, in un contesto di libera concorrenza, secondo il principio sotteso al metodo «cost plus» dell’OCSE.

248. La Forum 187 contesta l’analisi della Commissione per i motivi seguenti.

249. Essa sostiene, innanzitutto, che l’esclusione degli oneri finanziari e delle spese per il personale dalla base imponibile non è contraria ai principi dell’OCSE in materia di determinazione del prezzo di trasferimento. Tali principi determinerebbero i costi da considerare al momento di fatturare beni e servizi ad un’impresa collegata, ma non si occuperebbero della tassazione di tali costi, che rappresenterebbe una tappa successiva.

250. Per quanto poi riguarda l’esclusione degli oneri finanziari, la Forum 187 sostiene che la loro tassazione produrrebbe un’imposta più elevata del margine di profitto ottenuto dai centri. Ciò sarebbe il caso, in particolare, qualora essi effettuino operazioni contabilizzate sia in entrata che in uscita, senza aver realizzato né perdita né guadagno.

251. Secondo la Forum 187, sarebbe altresì necessario considerare le finanze del gruppo internazionale nel suo complesso. Un’aliquota tributaria ridotta a carico dei centri di coordinamento potrebbe essere compensata da una tassazione più gravosa a livello di gruppo. Numerosi paesi tasserebbero la società controllante sulla base delle sue entrate a livello mondiale, ed avrebbero un sistema di tassazione delle società straniere controllate.

252. Inoltre la Commissione non avrebbe considerato il fatto che, in base al metodo «cost plus», tali centri possono essere tassati anche qualora abbiano subito perdite, e tale evenienza non sarebbe soltanto ipotetica.

253. Per quanto riguarda l’esclusione delle spese di personale, la Forum 187 afferma che essa è compensata dall’imposta pari a EUR 10 000 per ciascuno dei primi dieci dipendenti. Sarebbe anche necessario considerare il fatto che numerosi centri di coordinamento impiegano personale internazionale, la cui situazione tributaria è complessa.

254. La Forum 187 contesta infine il fondamento della censura della Commissione relativa all’applicazione di un’aliquota forfettaria standard dell’8 % per determinare il margine di profitto. Tale aliquota sarebbe stata approvata dal vice-presidente della Commissione, Sir Leon Brittan, nel 1990. Essa corrisponderebbe all’aliquota con cui sono tassate le controllate straniere in Belgio. Il fatto che si tratti di una prassi amministrativa non la renderebbe illegale. Infine, tale aliquota non sarebbe applicata sistematicamente, potendo le autorità competenti utilizzare un tasso inferiore o superiore in funzione del valore aggiunto per ciascuno di tali centri.

255. La Forum 187 ricorda anche che esiste una regola secondo la quale i redditi imponibili non possono essere inferiori all’importo totale dei costi o delle spese non deducibili a titolo di spese professionali e dei vantaggi straordinari o gratuiti concessi al centro dai membri del gruppo di cui esso fa parte.

256. Tali argomenti non mi sembrano convincenti.

257. Osservo innanzitutto che la Forum 187 non sembra negare il fatto che l’esistenza o meno di un vantaggio deve essere valutata a partire dal criterio sotteso al metodo «cost plus» dell’OCSE, vale a dire quello in base al quale i prezzi di trasferimento devono essere stabiliti in modo da condurre ai prezzi che sarebbero praticati in condizioni normali di concorrenza. La determinazione dell’esistenza di un vantaggio implica, infatti, la necessità di un elemento di comparazione. Come la Commissione ha esposto al punto 95 della decisione 17 febbraio 2003, il metodo «cost plus» elaborato dall’OCSE ha l’obiettivo di tassare i centri che svolgono servizi interni ai gruppi in maniera comparabile a quella che risulterebbe dall’applicazione delle norme ordinarie, basata sulla differenza tra i ricavi e i costi di un’impresa esercitante le proprie attività in regime di libera concorrenza. È dunque a partire da tale criterio che bisogna verificare se il metodo di determinazione dei redditi imponibili previsto nel regime fiscale dei centri di coordinamento alleggerisca il peso che «normalmente» peserebbe su di essi.

258. Secondo la Forum 187, l’esclusione degli oneri finanziari e delle spese per il personale non sarebbe contraria al principio alla base del metodo «cost plus» dell’OCSE. Io condivido l’opinione contraria espressa dalla Commissione. Come si è visto, tale metodo ha lo scopo di definire prezzi di trasferimento prossimi a quelli che sarebbero praticati in un contesto di libera concorrenza. Ebbene, le spese per il personale e gli oneri finanziari sopportate nell’ambito delle attività di gestione di cassa o di finanziamento rappresentano, come la Commissione ha indicato al punto 89 della decisione 17 febbraio 2003, elementi che concorrono in modo determinante alla realizzazione dei ricavi dei centri di coordinamento, dato che questi ultimi forniscono servizi, in particolare di tipo finanziario. Per la stessa ragione sembra ugualmente poco contestabile che tali due categorie di costi rappresentano una parte significativa dell’insieme dei costi di funzionamento sopportati dai centri in questione (86).

259. Condivido quindi l’analisi della Commissione, secondo la quale l’esclusione di tali oneri e di tali spese dai costi usati per determinare i redditi imponibili dei centri in questione non consente di definire prezzi di trasferimento prossimi a quelli che sarebbero praticati in un regime di libera concorrenza. Tale esclusione è quindi tale da fornire un vantaggio economico a detti centri e ai gruppi dei quali essi fanno parte.

260. Tale valutazione non è inficiata dal fatto che l’inclusione degli oneri finanziari potrebbe, in taluni casi, condurre ad una base imponibile troppo elevata. Tale situazione, qualora si verificasse, dimostrerebbe che il metodo «cost plus» non è adeguato per definire i prezzi di trasferimento dei centri di coordinamento: non giustifica, tuttavia, l’esclusione completa degli oneri finanziari.

261. Il vantaggio economico prodotto da tale esclusione non può neppure essere relativizzato o annullato in considerazione del carico fiscale globalmente sopportato dal gruppo internazionale, per via della tassazione, negli altri Stati, delle varie società che di esso fanno parte. È con riferimento al regime fiscale dello Stato membro interessato che bisogna valutare se il regime in questione crei o meno un vantaggio a favore dei suoi beneficiari.

262. Così, il fatto che, in base a un tale sistema, un centro di coordinamento possa essere tassato pur non avendo ottenuto utili non mi sembra intacchi la fondatezza dell’analisi della Commissione. Un tale rischio è insito nel metodo «cost plus», poiché esso utilizza come base di calcolo i costi di funzionamento e non la differenza tra ricavi e costi. Tale rischio non può dunque giustificare il fatto che non si tengano mai in considerazione i costi per il personale e gli oneri finanziari, che costituiscono spese indispensabili per l’esercizio dell’attività dei centri. Inoltre, il fatto che circa 220 o 230 centri di coordinamento abbiano per svariati anni goduto del regime in questione conferma l’analisi della Commissione, e il fatto che il rischio di essere tassati anche in mancanza di profitti non ha occultato il carattere vantaggioso di tale regime.

263. Per quanto riguarda l’imposta annuale, introdotta dal 1° gennaio 1993, di EUR 10 000 per ogni unità di personale impiegata a tempo pieno, la Commissione ha dedotto, – giustamente, a mio avviso – dal fatto che per tale imposta è previsto un tetto massimo di EUR 100 000, che essa non compensa gli effetti vantaggiosi dell’esclusione sistematica di tutte le spese per il personale. Tale limite corrisponde al numero minimo di dieci dipendenti che i centri di coordinamento sono obbligati ad impiegare a tempo pieno al termine dei loro primi due anni di attività. Risulta dai documenti del fascicolo che i 220 o 230 centri di coordinamento creati in Belgio hanno consentito la creazione diretta di 9 000 posti di lavoro, il che corrisponde ad una media superiore a dieci dipendenti per ciascun centro.

264. Quanto alla percentuale dell’8 % da applicare automaticamente ai costi di funzionamento per calcolare la base imponibile, la Commissione ha sostenuto, a mio avviso in modo convincente, che essa è troppo bassa se si applica ad una base di calcolo ridotta in modo significativo, e che i centri di coordinamento svolgono le proprie attività a favore di gruppi attivi in settori molto diversi, nei quali il margine di profitto può quindi essere variabile. La circostanza, invocata dalla Forum 187, che tale percentuale corrisponderebbe all’aliquota fiscale applicata ai profitti delle filiali in Belgio non sembra pertinente, poiché nel regime fiscale dei centri di coordinamento tale coefficiente serve a calcolare il margine di profitto al quale si applica l’aliquota normale dell’imposta sulle società.

265. Infine, la Commissione può essere seguita, a mio parere, quando sostiene che la base imponibile alternativa, destinata ad evitare possibili abusi fissando un limite minimo, non è tale da cancellare il vantaggio prodotto dall’applicazione combinata delle esclusioni prima ricordate e del coefficiente dell’8 %. Essa ha infatti sostenuto, nella decisione 17 febbraio 2003, che tale base alternativa contiene solo somme che sono comunque tassate, in Belgio, se appartengono a società non rientranti nel regime in questione, oltre che l’utile di bilancio che il metodo «cost plus» mira a ricostruire per i centri di coordinamento.

266. Sulla base di tali elementi, la Commissione ha giustamente ritenuto, a mio avviso, che le norme sulla determinazione dei redditi imponibili costituivano un vantaggio per i centri di coordinamento e i gruppi ai quali essi appartengono.

–       L’esenzione dal «précompte immobilier»

267. Il regime fiscale dei centri di coordinamento prevede che questi siano esentati dal «précompte immobilier» relativo agli immobili che essi utilizzano per lo svolgimento della propria attività. Come risulta dalla decisione 17 febbraio 2003, il «précompte immobilier» è un onere posto, in linea generale, a carico di ogni società che possieda in Belgio, in proprietà o in usufrutto, un immobile, intendendosi con tale termine una proprietà fondiaria, edificata o meno, oltre ai materiali e alle attrezzature che, per natura o destinazione, hanno carattere di beni immobili.

268. La Forum 187 nega che si tratti di un vantaggio, poiché, in primo luogo, tale esenzione favorirebbe solo i centri di coordinamento titolari del proprio immobile, vale a dire meno del 5 % di essi. In secondo luogo, esisterebbero nel diritto belga altri casi di esenzione da tale imposta, di cui i centri esentati avrebbero potuto beneficiare.

269. Mi sembra fondata la valutazione della Commissione, secondo la quale l’esenzione dal «précompte immobilier» rappresenta invece un vantaggio nel senso definito dalla giurisprudenza. Osservo che gli altri casi di esenzione da tale imposta previsti nel diritto belga non riguardano l’insieme delle società stabilite in Belgio. Una tale esenzione dei centri di coordinamento costituisce dunque l’alleggerimento di un onere che, in linea di principio, grava sul bilancio delle società.

270. Quanto al fatto che meno del 5 % dei centri ne goda effettivamente, in quanto oltre il 95 % di essi si limita a prendere in locazione l’immobile in cui svolge le proprie attività, esso non può infirmare tale analisi. Basta osservare che tale misura conferisce un vantaggio economico ai centri di coordinamento proprietari dell’immobile in cui svolgono le proprie attività rispetto ad un’altra società, che sia ugualmente proprietaria dell’immobile utilizzato per l’attività professionale ma che non ricada in una delle altre esenzioni previste dal diritto belga.

271. L’esenzione dal «précompte immobilier» è stata dunque ritenuta giustamente dalla Commissione un vantaggio ai sensi dell’art. 87, n. 1, CE.

–       L’esenzione dall’imposta sui conferimenti

272. Il regime fiscale dei centri di coordinamento prevede anche che l’imposta di registro dello 0,50 % prevista nella legislazione belga non sia dovuta per i conferimenti effettuati ad un centro di coordinamento, né per gli aumenti del suo capitale statutario.

273. La Forum 187 sostiene che non si tratta di un vantaggio, poiché l’art. 7, n. 1, della direttiva 69/335/CEE (87) imporrebbe agli Stati membri di conservare le esenzioni sulle operazioni in capitale esistenti al 1° luglio 1984 (88) l’esenzione prevista a favore dei centri di coordinamento sarebbe stata introdotta prima di tale data.

274. L’argomentazione della Forum 187 non mi sembra condivisibile. Come rileva la Commissione, se è vero che l’art. 7, n. 1, della direttiva 69/335 prevede che gli Stati membri debbano conservare l’esenzione delle operazioni già esonerate alla data del 1° luglio 1984, tale norma non può essere interpretata in modo contrastante con le disposizioni del Trattato, come l’art. 87, n. 1, CE. Tale disposizione non può quindi consentire ad uno Stato membro di conservare nel proprio ordinamento giuridico una situazione in cui l’esenzione dall’imposta sui conferimenti è prevista a favore di un solo tipo di società, come i centri di coordinamento, e che conferisce ad esse un vantaggio rispetto alle altre società stabilite nel territorio di tale Stato.

275. Un simile trattamento differenziato sarebbe potuto ricadere, eventualmente, nell’art. 9 della direttiva 69/335, ai sensi del quale talune categorie di operazioni o di società di capitali possono essere oggetto di esenzioni per motivi di equità fiscale o di ordine sociale, ovvero per permettere ad uno Stato membro di far fronte a situazioni particolari. Tuttavia, la realizzazione concreta di tale possibilità era sottoposta alla condizione che lo Stato interessato presentasse alla Commissione una domanda in tal senso in tempo utile, ai fini dell’applicazione dell’art. 97 CE. La Commissione osserva che tale condizione non è stata rispettata, e tale punto non è contestato dalla Forum 187.

276. La Commissione ha dunque correttamente ritenuto, a mio avviso, che l’esenzione dall’imposta di registro per i conferimenti ai centri di coordinamento e gli aumenti del loro capitale statutario costituisca un vantaggio tale da ricadere nell’art. 87, n. 1, CE.

–       L’esenzione dal «précompte mobilier»

277. Il regime fiscale dei centri di coordinamento prevede che siano esentati dal «précompte mobilier», vale a dire dalla ritenuta alla fonte, i dividendi, gli interessi e i diritti distribuiti da tali centri, salvo il caso, per gli interessi, in cui gli stessi sono versati ad un beneficiario soggetto, in Belgio, all’imposta sulle persone fisiche o a quella sulle persone giuridiche. Sono ugualmente esonerati dal «précompte mobilier» i proventi percepiti da tali centri sui loro depositi in denaro.

278. La Commissione ha ritenuto, nella sua decisione 17 febbraio 2003, che tale esenzione generale dei profitti distribuiti dai centri di coordinamento conferisca un vantaggio economico ai centri ed ai gruppi di cui essi fanno parte, in quanto essa va al di là delle esenzioni previste nel regime generale. I profitti distribuiti da tali centri sono infatti esentati, mentre non lo sono per le altre società, nei tre casi seguenti. In primo luogo, qualora il beneficiario sia una società straniera stabilita al di fuori dell’Unione europea, in un paese con il quale il Regno del Belgio non abbia stipulato una convezione contro la doppia imposizione; in secondo luogo, qualora si tratti di una società stabilita in Belgio o in un altro Stato membro che non soddisfa i requisiti richiesti dalla direttiva 90/435/CEE (89); infine, qualora si tratti di una società stabilita in uno dei numerosi paesi con i quali tale Stato membro ha concluso una convenzione che prevede una ritenuta alla fonte, anche ridotta.

279. La Commissione sostiene anche che il vantaggio conferito attraverso tale esenzione si concretizza nel rinvio del pagamento dell’imposta definitiva, oppure nella riduzione della stessa o, infine, nell’assenza totale di imposizione fiscale sulla ricchezza mobile.

280. La Forum 187 nega che tale esenzione costituisca un vantaggio, per le ragioni seguenti. Nel diritto fiscale belga esisterebbero numerose eccezioni all’obbligo del «précompte mobilier», e i centri di coordinamento si troverebbero nella medesima situazione delle banche e dei centri finanziari, che beneficerebbero di un’analoga esenzione. Le ipotesi previste dalla Commissione in cui l’esenzione di tali centri è diversa dalle esenzioni a favore di altri soggetti sarebbero marginali. In pratica ben pochi centri beneficerebbero di tale esenzione supplementare, poiché il Regno del Belgio avrebbe convenzioni contro la doppia imposizione con numerosi altri Stati, ed il numero di centri di coordinamento che non soddisfano i requisiti di cui alla direttiva 90/435 sarebbe assai limitato. Né la Commissione avrebbe considerato che tale esenzione potrebbe rivelarsi, in taluni casi, svantaggiosa per tali centri.

281. Secondo la Forum 187 sarebbe ugualmente inesatto affermare che l’esenzione dal «précompte mobilier» conferisce un vantaggio in forma di rinvio del pagamento dell’imposta, poiché tutte le società, ivi compresi i centri di coordinamento, sarebbero tenute a versare un acconto in quattro parti. Allo stesso modo, i soli casi in cui una simile esenzione condurrebbe ad un’assenza totale di tassazione sarebbero quelli in cui i beneficiari non sono sottoposti all’imposta sulle società in Belgio, cosicché non si tratterebbe di un vero vantaggio.

282. Gli argomenti della Forum 187 non dimostrano che l’analisi della Commissione sia errata. La Commissione spiega, con i chiarimenti contenuti nella decisione 17 febbraio 2003, i vantaggi che tale esenzione assicura in funzione delle varie situazioni. Essa sostiene dunque che il «précompte mobilier» costituisce l’imposta belga definitiva per i redditi distribuiti a società estere che non possono ottenerne la contabilizzazione o il rimborso nel loro paese di stabilimento. L’esenzione dall’imposta per i profitti distribuiti dai centri di coordinamento conduce in effetti, per le società del gruppo che si trovano nella situazione precedentemente descritta, ad una mancata tassazione. L’argomento della Forum 187, secondo il quale una simile esenzione conduce ad un’assenza totale d’imposta solo quando i soggetti beneficiari non sono tassati in Belgio, non intacca il fondamento di tale valutazione.

283. Allo stesso modo, le argomentazioni della Commissione mi sembrano convincenti quando essa sostiene che l’esenzione dal «précompte mobilier» produce un vantaggio posticipando il pagamento del tributo. Sembra infatti più vantaggioso, per i beneficiari dei versamenti effettuati dai centri di coordinamento, pagare al Regno del Belgio acconti sulle proprie imposte in maniera volontaria, secondo un calendario scelto dall’impresa, aventi un importo determinato in funzione dei redditi imponibili stimati, che non vedersi applicare una ritenuta sistematica e forfettaria su ciascuna somma distribuita.

284. Inoltre, la Commissione ha stabilito che l’esenzione dal «précompte mobilier» di cui beneficiano tali centri va oltre le esenzioni previste dalle norme generali per le imprese, cosicché il regime controverso crea, in tal modo, un vantaggio rispetto al regime generale applicabile.

–       Il «précompte mobilier» figurativo

285. Nel regime fiscale dei centri di coordinamento, all’esenzione dal «précompte mobilier» si aggiunge un «précompte mobilier figurativo» per i versamenti effettuati da tali centri. Grazie a tale sistema, i destinatari ricevono i profitti versati dai centri senza che ne sia detratto il «précompte mobilier», ma possono dedurre una cifra figurativa di «précompte mobilier» dall’importo che essi dovranno versare.

286. Nel corso del procedimento d’indagine formale, le autorità belghe hanno informato la Commissione che tale «précompte mobilier» figurativo non era più concesso sugli interessi pagati dai centri di coordinamento sulla base di convenzioni concluse dopo il 24 luglio 1991, né sui dividendi distribuiti a partire dalla stessa data, né sui diritti pagati o assegnati a partire dal 1° gennaio 1986.

287. Nella sua decisione 17 febbraio 2003, la Commissione ritiene che, sebbene la relativa aliquota sia stata portata a zero nel 1991, il «précompte mobilier» figurativo costituisca comunque un vantaggio, non essendo stato cancellato. La Commissione afferma che tale riduzione a zero per gli interessi versati sulla base di convezioni concluse a partire dal 1991 non esclude che un tale sistema continui ad applicarsi agli interessi percepiti su prestiti a lungo termine conclusi prima di tale anno. Essa sostiene inoltre che l’aliquota potrebbe essere modificata con un semplice regio decreto.

288. La Forum 187 contesta la valutazione della Commissione. Essa sostiene che, poiché l’aliquota del «précompte mobilier» figurativo è pari allo 0 % dal 1991, la Commissione non può affermare che si tratti di un aiuto di Stato.

289. Condivido la valutazione della Commissione soltanto per ciò che riguarda gli interessi pagati sulla base di prestiti a lungo termine conclusi prima del 24 luglio 1991. Poiché il «précompte mobilier» figurativo può continuare ad applicarsi agli interessi versati sulla base di tali convenzioni, il detto sistema costituisce senza dubbio, a mio parere, un vantaggio economico concesso ai centri di coordinamento ed ai gruppi dei quali essi fanno parte. Tale «précompte mobilier» figurativo è infatti considerato, rispetto alle imposte dei beneficiari degli interessi versati dai centri di coordinamento, come una ritenuta alla fonte, la quale però non c’è mai stata.

290. Al contrario, non ritengo che tale sistema possa essere considerato un vantaggio dopo che l’aliquota è stata portata a zero. Per accertare l’esistenza di un aiuto bisogna infatti considerare gli effetti che la misura in esame è in grado di produrre (90). Ebbene, a mio parere la Commissione non dimostra in che modo un «précompte mobilier» figurativo portato a zero potrebbe conferire un vantaggio ai destinatari dei versamenti effettuati dai centri di coordinamento o, quindi, ai centri stessi ed ai gruppi dei quali fanno parte. Il solo fatto che tale aliquota possa essere aumentata con regio decreto non permette di considerarla un vantaggio, visto che si tratta di una semplice ipotesi e che un regio decreto costituisce un atto normativo. La tesi della Commissione potrebbe essere accolta, a mio parere, solo se l’aliquota del «précompte mobilier» figurativo potesse essere aumentata caso per caso, secondo scelte del tutto discrezionali dell’amministrazione nazionale.

291. Ritengo dunque che il «précompte mobilier» figurativo costituisca un vantaggio solo qualora si applichi, con un’aliquota maggiore di zero, agli interessi versati sulla base di convenzioni stipulate prima del 24 luglio 1991.

 La selettività

292. Ai sensi dell’art. 87, n. 1, CE, un aiuto di Stato è una misura che conferisce un vantaggio a «talune imprese» o a «talune produzioni». Una misura nazionale la cui applicazione dipenda, come in questo caso, da criteri obiettivi ricade dunque nell’art. 87 CE solo qualora essa non costituisca una misura di portata generale. Come rileva la Forum 187, le distorsioni della concorrenza prodotte da misure nazionali di portata generale non ricadono nelle disposizioni del Trattato in materia di aiuti di Stato, ma negli artt. 94 CE e 96 CE, relativi al ravvicinamento delle legislazioni nazionali che incidono sul funzionamento del mercato comune. Una misura fiscale rientra quindi nel campo di applicazione dell’art. 87 CE soltanto se essa ha natura specifica o selettiva (91).

293. Contrariamente a quanto sostiene la Forum 187, la Commissione ha dimostrato davvero che il regime fiscale dei centri di coordinamento ha carattere selettivo. Dalla giurisprudenza risulta infatti che una misura nazionale è selettiva allorché, nell’ambito di un determinato regime normativo, essa favorisce talune imprese rispetto ad altre, le quali si trovino in una situazione di fatto e di diritto analoga, tenuto conto dell’obiettivo perseguito dal detto regime (92). In altri termini, come ha indicato l’avvocato generale Darmon ai paragrafi 50 e 58 delle conclusioni da lui presentate nella causa Sloman Neptun (93), l’elemento fondamentale per determinare il carattere selettivo di una misura nazionale è la sua natura derogatoria rispetto al sistema nel quale tale misura si inserisce, ed una misura è derogatoria quando non si applica a tutte le imprese che, tenuto conto della natura e della struttura del sistema, potrebbero beneficiarne.

294. Le misure fiscali previste dal regime dei centri di coordinamento soddisfano senza dubbio tale condizione.

295. Come si è visto in precedenza, l’esenzione dal «précompte immobilier», dall’imposta sui conferimenti e dal «précompte mobilier», accompagnato quest’ultimo dal «précompte mobilier» figurativo, costituiscono deroghe al regime fiscale generale belga, il quale potrebbe applicarsi ai centri di coordinamento. La circostanza, richiamata dalla Forum 187, che esistono numerose altre deroghe a tali tributi, e che taluni centri di coordinamento potrebbero altresì beneficiarne, non intacca il fatto che il regime controverso possiede anch’esso carattere derogatorio e che limita il beneficio delle sue esenzioni ai centri che possiedono le caratteristiche che esso indica. Tali elementi sono sufficienti per dimostrare il carattere selettivo delle esenzioni previste.

296. Per quanto poi riguarda il metodo di calcolo dei redditi imponibili, la Forum 187 sostiene che il regime contestato non è selettivo, in quanto sarebbe stato elaborato per garantire il trattamento fiscale più appropriato alle multinazionali che creano centri di coordinamento, che hanno il compito di garantire talune prestazioni all’interno del gruppo del quale fanno parte, e che potrebbero correre il rischio di essere sottoposte ad una doppia imposizione, in particolare a causa delle attività di «cash pooling» [dette anche: di «tesoreria accentrata», N.d.T.] (94). Tale regime si applicherebbe dunque alle società per le quali era stato pensato. Esso sarebbe inadeguato per una piccola impresa belga, e arbitrario qualora dovesse essere applicato a tutte le società.

297. Contro tale argomento la Commissione sostiene, a mio parere giustamente, che il regime fiscale dei centri di coordinamento non è aperto a tutti i gruppi internazionali, ma soltanto a quelli che hanno filiali in almeno quattro paesi diversi, che dispongono di un capitale e di riserve uguali o superiori a BEF 1 miliardo e che realizzano un fatturato annuale consolidato uguale o superiore a BEF 10 miliardi.

298. Se si considera l’obiettivo che, secondo la Forum 187, è alla base della determinazione del reddito imponibile dei centri di coordinamento, vale a dire la scelta di un sistema adeguato per la tassazione dei servizi interni ai gruppi che consenta di evitare la doppia imposizione, osservo, come indica la Commissione al punto 112 della sua decisione 17 febbraio 2003, che le summenzionate condizioni escludono l’applicazione del regime ai centri che svolgono le stesse attività ma a favore di gruppi di minore importanza, vale a dire di gruppi che hanno filiali in meno di quattro paesi, e il cui capitale e fatturato sono inferiori alle soglie richieste. Si conferma dunque che si tratta di una misura selettiva, in quanto riservata a «talune imprese».

299. Da tutti gli elementi indicati risulta dunque che la Commissione, anche se ha affermato, al punto 104 della sua decisione, che le argomentazioni addotte nel corso del procedimento d’indagine formale «non [hanno] modificato in alcun modo la sua convinzione in merito all’esistenza di tale selettività», non ha rovesciato l’onere della prova, come sostiene la Forum 187. La Commissione ha esposto in modo convincente, in tale decisione, i motivi per i quali le misure previste dal regime fiscale dei centri di coordinamento sono selettive.

 La giustificazione sulla base della natura e della logica del sistema

300. Stando alla giurisprudenza, la misura contestata non può essere considerata selettiva e, di conseguenza, non vi è un aiuto di Stato ai sensi del Trattato, quando la differenziazione delle imprese relativamente agli oneri è giustificata dalla natura e dalla logica del sistema nel quale si inserisce (95).

301. È stato anche deliberato che spetta allo Stato membro, che ha introdotto la differenziazione in materia di oneri nel proprio ordinamento giuridico, dimostrare che la stessa è effettivamente giustificata dalla natura e dalla logica del sistema in cui si inserisce (96).

302. La Forum 187 riprende qui argomentazioni già sviluppate, secondo le quali il regime controverso non costituisce una deroga al regime generale, ma una tassazione di tipo diverso, suggerita dalla logica fiscale e dalla necessità di risolvere il problema della doppia imposizione dei servizi svolti all’interno di un gruppo internazionale di società. Essa ribadisce che il regime controverso sarebbe accessibile solo alle multinazionali, in quanto il problema citato diverrebbe realmente complesso solo quando sono coinvolte più filiali. Infine, il regime fiscale dei centri di coordinamento costituirebbe un insieme omogeneo, e le varie misure che esso prevede non dovrebbero essere esaminate separatamente.

303. Non mi sembra che tali argomenti dimostrino che il regime fiscale dei centri di coordinamento sia giustificato dalla situazione particolare di tali centri o dei gruppi ai quali gli stessi appartengono. La Forum 187 si limita, a mio parere, a semplici affermazioni, ma non spiega realmente perché il rischio della doppia imposizione giustifichi una limitazione dei benefici del regime controverso ai centri creati da gruppi di una certa importanza. Essa non chiarisce nemmeno perché tale rischio di doppia imposizione renda necessari i vantaggi attribuiti dal metodo di determinazione dei redditi imponibili o le varie esenzioni previste dal regime controverso, né perché le varie misure costitutive di tale regime dovessero essere necessariamente prese insieme. La Forum 187 non dimostra nemmeno perché le varie misure assunte nell’ambito del citato regime sarebbero giustificate dal sistema fiscale vigente in Belgio.

304. Sulla base di tali elementi, le misure previste nell’ambito del regime fiscale dei centri di coordinamento rappresentano dunque un vantaggio ai sensi dell’art. 87, n. 1, CE.

–       Il carattere statale della misura

305. Secondo la giurisprudenza, per poter essere qualificato aiuto di Stato ai sensi dell’art. 87, n. 1, CE, un vantaggio dev’essere, da un lato, imputabile allo Stato e, dall’altro, concesso direttamente o indirettamente mediante risorse statali (97).

306. La prima di tali due condizioni cumulative non è contestata e non sembra poterlo essere, poiché il regime contestato è una disciplina fiscale varata dal Regno del Belgio.

307. La Forum 187 sostiene però che il regime in discussione non soddisfa la seconda condizione, in quanto esso avrebbe accresciuto le entrate fiscali di tale Stato membro. Infatti, questo avrebbe percepito oltre EUR 500 milioni all’anno di imposte e contributi previdenziali provenienti dai centri di coordinamento. Non vi sarebbe quindi stato trasferimento di risorse statali.

308. Tale argomento non può essere accolto. Per soddisfare la condizione secondo la quale l’aiuto deve essere finanziato mediante risorse statali, è sufficiente che il provvedimento sia effettivamente sostenuto, direttamente o indirettamente, dalle finanze pubbliche (98). La rinuncia, da parte dello Stato membro interessato, a percepire in tutto o in parte una tassa o un’imposta, una volta che pone i beneficiari in una situazione più favorevole rispetto agli altri contribuenti, costituisce un aiuto di Stato (99) anche se, d’altra parte, il regime contestato produce entrate fiscali a favore di tale Stato, in particolare attraverso la tassazione dei profitti realizzati dalle società beneficiarie dell’aiuto e delle retribuzioni versate da tali imprese ai propri dipendenti. Ciò che rileva, per l’esame di questa condizione, è il carattere pubblico delle risorse e non il fatto che, alla fine, il provvedimento in questione costituisca o meno un aggravio per il bilancio dello Stato interessato.

309. Come giustamente osserva la Commissione, seguire il ragionamento della Forum 187 potrebbe avere la conseguenza di non far più ricadere nel divieto di cui all’art. 87, n. 1, CE un provvedimento che abbia l’effetto di invogliare un’impresa a stabilirsi nel territorio dello Stato membro interessato o che le consenta di accrescere il suo reddito imponibile o, ancora, la dissuada dal trasferirsi in un altro paese. Un simile risultato potrebbe contrastare con l’obiettivo della norma. Tale ragionamento comporterebbe altresì la conseguenza che l’esistenza di un aiuto di Stato potrebbe essere valutata solo una volta che il provvedimento contestato abbia prodotto i suoi effetti, il che contrasterebbe con il sistema di controllo preventivo dei nuovi aiuti, di cui all’art. 88, n. 3, CE.

–       L’influenza sugli scambi tra gli Stati membri e sulla concorrenza

310. La Forum 187 sostiene innanzitutto che la Commissione non ha chiarito in che modo il commercio tra Stati membri sia influenzato dal regime fiscale dei centri di coordinamento. Secondo tale associazione, la Commissione non avrebbe chiarito se tale effetto si produca a livello dei centri o a quello dei gruppi di società ai quali gli stessi appartengono.

311. La Forum 187 afferma inoltre che il commercio interstatale non ne è influenzato poiché, in mancanza del regime contestato, i gruppi multinazionali avrebbero effettuato le medesime operazioni interne a partire da un altro paese. La Forum 187 ricorda, in proposito, che esistono regimi comparabili a quello belga in altri Stati membri. Anche la localizzazione dei centri di coordinamento sarebbe irrilevante per il commercio interstatale, poiché essi svolgerebbero operazioni interne ai gruppi.

312. La Forum 187 sostiene inoltre che la Commissione non ha dimostrato in che modo la posizione dei centri di coordinamento sarebbe rafforzata rispetto alle società concorrenti. Secondo tale associazione, la Commissione avrebbe ignorato il principio del soggetto economico unico, in base al quale le attività all’interno di uno stesso gruppo non devono essere considerate in concorrenza con terzi. Né vi sarebbe possibilità di concorrenza tra centri di coordinamento.

313. Inoltre, il regime in questione sarebbe stato accessibile a tutte le multinazionali, cosicché non vi sarebbe stata una distorsione della concorrenza a tale livello. Né tali multinazionali sarebbero in concorrenza con le piccole imprese, che non effettuerebbero operazioni internazionali come il «cash pooling», e non correrebbero il rischio della doppia imposizione delle operazioni finanziarie interne.

314. Tutti questi argomenti mi sembrano infondati.

315. Innanzitutto, risulta dalla decisione 17 febbraio 2003 che la Commissione ha senza dubbio indicato le ragioni per le quali ha ritenuto che il regime controverso influenzasse gli scambi tra Stati membri e falsasse, o minacciasse di falsare, la concorrenza. Così, essa ha indicato, al punto 100 della decisione, che i vantaggi di cui beneficiano tali centri rafforzano la loro posizione concorrenziale nel settore dei servizi che essi svolgono per i membri del gruppo di cui fanno parte, in cui essi sono in particolare in concorrenza diretta con le società finanziarie e fiduciarie, gli studi di consulenza specializzati in questioni fiscali, selezione del personale, informatica, ecc. Tali vantaggi rafforzano così la posizione concorrenziale delle società del gruppo, attive nei vari settori economici. La Commissione ha aggiunto che tali settori sono contrassegnati da un intenso commercio internazionale e intracomunitario, in cui le grandi società multinazionali sono in concorrenza diretta con altre imprese multinazionali o locali di ogni dimensione.

316. Contrariamente a quanto sostiene la Forum 187, la Commissione ha quindi indicato che gli scambi tra Stati membri e la concorrenza erano influenzati dalla posizione rafforzata sia dei centri di coordinamento che delle società del gruppo al quale essi appartengono.

317. Inoltre, tale analisi mi sembra corretta.

318. Per quanto riguarda gli effetti del regime contestato sulla concorrenza, va ricordato che tale concetto è interpretato in modo ampio. Secondo la giurisprudenza, perché la concorrenza sia falsata è sufficiente che il provvedimento in questione alleggerisca gli oneri dell’impresa beneficiaria e rafforzi così la sua posizione rispetto ad altre imprese concorrenti (100).

319. La Commissione ha giustamente ritenuto, a mio parere, che i vantaggi conferiti ai centri di coordinamento falsino la concorrenza tra tali centri e i prestatori di servizi nei settori finanziario, fiduciario, informatico e della selezione del personale, vale a dire i prestatori che offrono servizi uguali a quelli forniti dai centri. La Forum 187 non contesta, e del resto non sembra possibile farlo, che tali vari settori di servizi siano senza dubbio oggetto di concorrenza all’interno dell’Unione. Quanto alla circostanza, invocata dalla Forum 187, secondo la quale i centri in questione possono fornire le proprie prestazioni solo alle società del proprio gruppo, essa non impedisce che, nel fornire tali prestazioni, tali centri si trovino in concorrenza con i prestatori stranieri che forniscono servizi identici. Come osserva la Commissione, il carico fiscale ridotto dei centri di coordinamento incoraggia le società del gruppo a ricorrere ai servizi svolti dagli stessi centri piuttosto che a quelli forniti da altri prestatori. Non trovo, negli argomenti proposti dalla Forum 187, spiegazioni convincenti in grado di dimostrare che i servizi forniti da tali centri alle società del proprio gruppo non potrebbero essere forniti da altri prestatori.

320. Condivido l’analisi della Commissione anche per quanto riguarda gli effetti sulla concorrenza a livello delle società dei gruppi multinazionali che hanno costituito i 220 o 230 centri di coordinamento attivi in Belgio. Il regime controverso senza dubbio rafforza la posizione di tali società rispetto ai loro concorrenti, in quanto permette loro di beneficiare dei servizi forniti dai centri di coordinamento a condizioni più favorevoli di quelle che risulterebbero dalla semplice economia di scala derivante dalla concentrazione dei relativi compiti. Poiché tali società sono attive in numerosi settori di attività, che possono essere così diversi, per riprendere gli esempi fatti dalla Forum 187, come la vendita di autoveicoli e quella di generi alimentari, e nei quali esiste una reale concorrenza, ritengo che un tale regime fiscale, proprio a causa dell’ampiezza dell’ambito delle attività svolte dai gruppi multinazionali che ne beneficiano, abbia per forza di cose un impatto sulla concorrenza.

321. L’argomento sostenuto dalla Forum 187, secondo il quale il regime in questione sarebbe accessibile a tutti i gruppi multinazionali, non mi sembra intaccare tale analisi. Come rileva la Commissione, da un lato tale argomento non è esatto, in quanto il regime è aperto soltanto ai gruppi di una certa importanza in termini di insediamenti, capitali e fatturato. D’altra parte, tali gruppi internazionali possono anche, a seconda delle loro attività, trovarsi in concorrenza con imprese nazionali.

322. Infine, non sembra dubbio che il regime in discussione influenzi gli scambi tra gli Stati membri. Anche tale condizione è interpretata in modo ampio poiché, secondo la giurisprudenza, quando un aiuto concesso da uno Stato o mediante risorse statali rafforza la posizione di un’impresa rispetto ad altre imprese concorrenti negli scambi intracomunitari, questi ultimi devono considerarsi influenzati da tale aiuto (101).

323. I motivi per i quali la Commissione ha giustamente ritenuto che il regime in discussione fosse tale da creare distorsioni nella concorrenza dimostrano altresì che esso influenza gli scambi all’interno della Comunità. Poiché i centri di coordinamento forniscono le proprie prestazioni di servizi alle società dei gruppi dei quali fanno parte, le quali devono trovarsi in almeno quattro paesi differenti, non sembra dubbio che detto regime falsa la concorrenza nell’ambito degli scambi intracomunitari.

324. Sulla base di quanto precede, ritengo altresì che non fosse necessario che la Commissione si addentrasse nei dettagli, ed esaminasse gli effetti del regime contestato sulla situazione specifica di talune imprese. Da tali elementi appare con sufficiente chiarezza, a mio avviso, che il regime fiscale dei centri di coordinamento possiede le varie caratteristiche previste dall’art. 87, n. 1, CE, senza che vi sia bisogno di illustrare tale valutazione con esempi concreti degli effetti prodotti a favore di taluni centri o di taluni gruppi in particolare.

325. Sulla base di tutte queste considerazioni, il regime fiscale dei centri di coordinamento possiede senza dubbio le condizioni richieste dall’art. 87, n. 1, CE, e ricade quindi nell’ambito di applicazione di tale norma.

326. Propongo quindi di respingere il motivo in cui si lamenta una violazione dell’art. 87, n. 1, CE.

iii) Il motivo in cui si lamenta un difetto di motivazione

327. La Forum 187 sostiene che l’obbligo di motivazione è proporzionale all’incidenza che può avere sulla posizione degli interessati la decisione in questione e che nel caso specifico tale obbligo si impone con particolare forza, essendo la Commissione ritornata su due decisioni precedenti, assunte oltre quindici anni prima.

328. La Forum 187 sostiene che la Commissione ha omesso di spiegare perché le proprie decisioni precedenti fossero errate. Essa fa riferimento, in proposito, alla sentenza Stork Amsterdam/Commissione (102), in cui il Tribunale ha annullato, per difetto di motivazione, una decisione della Commissione in cui quest’ultima aveva adottato una posizione diversa da quella assunta in una decisione precedente.

329. La Forum 187 rimprovera altresì alla Commissione di non aver indicato in che cosa sarebbe consistita la presunta evoluzione del mercato comune.

330. Tali censure mi sembrano infondate.

331. Per quanto riguarda innanzitutto la censura relativa alla mancata illustrazione di un’evoluzione del mercato comune, essa non è rilevante poiché, come si è visto in precedenza, la nuova valutazione della Commissione circa la qualificazione come aiuto di Stato del regime contestato non si basa su una tale evoluzione.

332. Quanto alla seconda censura, la Forum 187 ha ragione di sostenere che l’obbligo di motivazione è particolarmente stringente quando la Commissione modifica la propria valutazione precedente circa l’esistenza di un aiuto. È infatti insegnamento costante della giurisprudenza che la motivazione di un atto comunitario, richiesta dall’art. 253 CE, deve essere adeguata alla natura dell’atto in questione e deve far apparire in forma chiara e inequivocabile l’iter logico seguito dall’istituzione da cui esso promana, in modo da consentire agli interessati di conoscere le ragioni del provvedimento adottato e al giudice competente di esercitare il proprio controllo (103). Quando, come nel presente caso, la Commissione qualifica come aiuto di Stato incompatibile con il mercato comune un regime fiscale nazionale che le era stato notificato, e che essa non aveva ritenuto costituire un aiuto, la sua decisione deve consentire allo Stato membro interessato ed alle parti coinvolte di comprendere bene le ragioni per le quali la Commissione ritiene che esso possieda tutte le caratteristiche previste dall’art. 87, n. 1, CE.

333. Come si è visto esaminando il motivo precedente, la Commissione ha rispettato l’obbligo di motivazione, poiché la motivazione della sua decisione ha consentito alla Forum 187 di contestare in modo approfondito le sue valutazioni circa l’esistenza di un aiuto di Stato e consente alla Corte, a mio parere, di verificarne il fondamento.

334. Non ritengo che, nella decisione 17 febbraio 2003, la Commissione dovesse anche indicare per quali motivi essa era pervenuta ad una valutazione opposta nelle decisioni pronunciate nel 1984 e nel 1987, oltre che nella risposta fornita nel 1990 a un’interrogazione parlamentare dal commissario alla concorrenza. Come ho già osservato, il concetto di aiuto di Stato, come definito all’art. 87, n. 1, CE, corrisponde ad una fattispecie oggettiva, e le ragioni per le quali la Commissione aveva compiuto una valutazione diversa nelle sue decisioni precedenti non sono rilevanti per determinare se il regime in questione ricada o meno nell’ambito di applicazione dell’art. 87, n. 1, CE.

335. Per tutte queste ragioni, ritengo che il motivo in cui si lamenta un difetto di motivazione, basato sulle censure prima esposte, debba essere respinto.

b)      Le domande del Regno del Belgio e della Forum 187 per l’annullamento parziale della decisione 17 febbraio 2003

336. Ricordo che, nella sua decisione 17 febbraio 2003, la Commissione ha deciso che il regime fiscale dei centri di coordinamento costituiva un aiuto di Stato incompatibile con il mercato comune, ed ha vietato al Regno del Belgio di concedere tale beneficio ad altri operatori economici.

337. Per quanto riguarda le autorizzazioni ancora valide, la Commissione ha riconosciuto che le proprie decisioni 1984 e 1987, oltre che la risposta data nel 1990 dal commissario alla concorrenza all’interrogazione parlamentare n. 1735/90, avevano creato un legittimo affidamento, nei centri di coordinamento, relativamente al fatto che il regime fiscale in questione non violava le norme del Trattato in materia di aiuti di Stato. Essa ha ritenuto che, considerando, da un lato, i rilevanti investimenti che potevano essere stati effettuati da tali centri e dai gruppi a cui gli stessi appartengono e, dall’altro, gli impegni a lungo termine assunti dai medesimi centri, il rispetto del legittimo affidamento dei beneficiari del regime in questione giustificasse la decisione di consentire ai centri già autorizzati al 31 dicembre 2000, e in possesso di un’autorizzazione ancora valida alla data di notifica della decisione, cioè al 17 febbraio 2003, di continuare a godere di detto regime fino alla scadenza della loro autorizzazione, anche se non oltre il 31 dicembre 2010.

338. La Commissione ha deciso, però, che nessun rinnovo potesse essere concesso per le autorizzazioni ancora valide alla data del 31 dicembre 2000 e in scadenza dopo il 17 febbraio 2003.

339. Essa ha osservato, al punto 120 della decisione, che, poiché le autorizzazioni non comportano il diritto alla perpetuità del regime né al suo carattere vantaggioso, nemmeno durante il periodo di validità dell’autorizzazione, esse non potevano in alcun caso dare diritto al rinnovo del regime successivamente alla data di scadenza delle autorizzazioni ancora valide. Essa ha aggiunto che l’esplicita limitazione dell’autorizzazione a dieci anni impediva anche che si fosse venuto a formare un legittimo affidamento circa un rinnovo automatico, che sarebbe risultato simile ad un’autorizzazione permanente.

340. L’art. 2, secondo e terzo comma, della decisione della Commissione così prevede:

«Dalla data di notificazione della presente decisione, i vantaggi di detto regime (…) non possono più essere concessi a nuovi beneficiari, né essere mantenuti mediante rinnovo degli accordi esistenti.

Per quanto riguarda i centri autorizzati prima del 31 dicembre 2000, il regime può essere mantenuto fino alla scadenza dell’autorizzazione individuale in vigore alla data di notifica della presente decisione e al più tardi al 31 dicembre 2010. Conformemente al [comma] 2, in caso di rinnovo dell’autorizzazione prima di quella data, il beneficio del regime oggetto della presente decisione non può più essere concesso, nemmeno a titolo temporaneo».

341. Il Regno del Belgio chiede l’annullamento della decisione della Commissione nella parte in cui essa non lo autorizza a concedere, neppure temporaneamente, il rinnovo dell’autorizzazione ai centri di coordinamento beneficianti del regime in questione alla data del 31 dicembre 2000, e con autorizzazione in scadenza prima del 31 dicembre 2010.

342. La Forum 187, da parte sua, chiede l’annullamento della stessa decisione nella parte in cui non prevede misure transitorie adeguate per i centri con autorizzazione in scadenza nel 2003, dopo il 17 febbraio, e nel 2004.

343. Esaminerò quindi le due domande congiuntamente, poiché quella della Forum 187 è compresa in quella del Regno del Belgio.

344. Il Regno del Belgio invoca quattro motivi a sostegno del proprio ricorso. Il primo motivo si appunta sulla violazione dell’art. 88, n. 2, CE, oltre che dei principi di certezza del diritto, di tutela del legittimo affidamento e di proporzionalità.

345. Con il secondo motivo, esso lamenta una violazione del principio di tutela del legittimo affidamento, relativamente alla possibilità di rinnovo dell’autorizzazione.

346. Nel terzo motivo il Regno del Belgio sostiene che la decisione 17 febbraio 2003 viola il principio generale di uguaglianza.

347. Il quarto motivo lamenta un difetto di motivazione.

348. La Forum 187, da parte sua, invoca due motivi, centrati rispettivamente sulla violazione del principio di tutela del legittimo affidamento e sul difetto di motivazione.

349. Esaminerò innanzitutto la violazione del principio di tutela del legittimo affidamento lamentata dal Regno del Belgio, nell’ambito dei suoi due primi motivi, e anche dalla Forum 187.

i)      Sulla violazione del principio di tutela del legittimo affidamento

–       Argomenti delle parti

Regno del Belgio

350. Il Regno del Belgio sostiene che la Commissione ha esplicitamente basato la propria decisione sul codice di condotta e sui lavori del Consiglio «Ecofin» relativamente alla valutazione del periodo transitorio da concedere ai centri di coordinamento. Esso evidenzia anche che le date del 31 dicembre 2000 e del 31 dicembre 2010 corrispondono a quelle contenute nell’accordo di massima raggiunto in seno al Consiglio il 21 gennaio 2003, ai sensi del quale i centri sottoposti al regime contestato al 31 dicembre 2000 avrebbero potuto goderne per i dieci anni in corso, e comunque non oltre il 31 dicembre 2010. Sostiene tuttavia che la Commissione non ha recepito tutte le posizioni del Consiglio, ed afferma che quest’ultimo ha adottato, il 26 e 27 novembre 2000, la nota della presidenza che prevedeva il mantenimento del regime fiscale in questione per tutti i centri interessati fino al 31 dicembre 2005. La decisione della Commissione sarebbe dunque incoerente.

351. Esso sostiene anche che tale presa di posizione del Consiglio ha spinto il Ministro delle Finanze belga ad annunciare ufficialmente alla Camera dei deputati del Belgio, il 20 dicembre 2000, tale possibilità di rinnovo fino al 31 dicembre 2005 ed aggiunge che la possibilità per i centri di coordinamento di godere del regime in questione fino a tale data è stata ripresa dalla Commissione nelle sue proposte di misure utili, datata 11 luglio 2001.

352. Da tali elementi il Regno del Belgio deduce che sia esso che i centri di coordinamento in questione avevano un legittimo affidamento circa il fatto che i centri con autorizzazione in scadenza entro la fine del 2005 non avrebbero perso il beneficio di essa immediatamente, ma avrebbero potuto ottenere un rinnovo di tale autorizzazione almeno fino al 31 dicembre 2005.

353. Il Regno del Belgio sostiene anche che i centri di coordinamento avevano un legittimo affidamento circa la possibilità di ottenere un rinnovo della propria autorizzazione in base alle disposizioni del regime fiscale in questione. Esso evidenzia che tale rinnovo era automatico nel caso in cui fossero soddisfatte le condizioni richieste e che, a causa di ciò, i centri con autorizzazione in scadenza nei mesi successivi alla notifica della decisione della Commissione avevano impegni a lungo termine. Esso sostiene che il divieto di rinnovo avrebbe l’effetto di imporre ai centri di coordinamento un carico fiscale rilevante, in particolare attraverso il pagamento del «précompte mobilier» sugli interessi pagati da tali centri, compresi quelli versati nell’ambito del «cash pooling».

354. Contro l’argomento della Commissione secondo il quale il Regno del Belgio e i centri di coordinamento interessati sarebbero stati avvertiti da un certo numero di «segnali» del fatto che non sarebbe stato possibile mantenere il regime fiscale in questione, il ricorrente sostiene che tale argomento è stato respinto nella citata ordinanza provvisoria 26 giugno 2003, poiché esso implicherebbe che la procedura di valutazione in contraddittorio di cui all’art. 88 CE non abbia alcuna utilità. Esso evidenzia inoltre che, fino alla notifica della decisione 17 febbraio 2003, né i centri né esso stesso potevano sapere che quella sarebbe stata la data indicata dalla Commissione per la cessazione del rinnovo delle autorizzazioni.

La Forum 187

355. Anche la Forum 187 sostiene che, vista l’approvazione del regime in questione da parte della Commissione nel 1984, nel 1987 e poi nel 1990, i centri di coordinamento potevano legittimamente supporre di avere il diritto di continuare a svolgere le proprie attività, e che il diritto comunitario non si opponesse al rinnovo della loro autorizzazione.

356. Essa sostiene anche che i centri la cui autorizzazione è scaduta nel 2003 e nel 2004 avrebbero avuto bisogno di un periodo di transizione per riorganizzarsi ed eventualmente stabilirsi in un altro paese, a causa degli obblighi del diritto del lavoro belga, del carico di lavoro costituito dalla riorganizzazione dei loro sistemi informatici e della rinegoziazione dei contratti commerciali e finanziari a lungo termine conclusi per lo svolgimento delle proprie attività. Secondo la Forum 187, tali centri avrebbero avuto bisogno di un periodo transitorio di due anni.

357. La Forum 187 contesta anche le ragioni per le quali la Commissione ha ritenuto che la concessione di misure transitorie per tali centri fosse ingiustificata. Essa afferma che il fatto che le autorizzazioni non conferissero un diritto automatico al rinnovo, indicato dalla Commissione, è irrilevante per determinare se i centri in questione dovessero beneficiare di un periodo di adattamento. La Commissione trascurerebbe così il suo dovere di rimediare al pregiudizio causato dal suo mutamento di valutazione. Né essa terrebbe conto del fatto che tali centri sapevano che la loro autorizzazione sarebbe stata rinnovata.

La Commissione

358. La Commissione nega innanzitutto che i lavori del Consiglio «Ecofin» abbiano potuto ingenerare un legittimo affidamento nel Regno del Belgio e nei centri di coordinamento. Essa sostiene che talune conclusioni politiche del Consiglio in materia di tassazione delle società, le quali non costituiscono un atto giuridico, non possono vincolare l’azione che essa deve svolgere nell’ambito della sua competenza esclusiva in materia di aiuti di Stato. In via subordinata, essa afferma che la posizione assunta in occasione del Consiglio del 26 e 27 novembre 2000 non può essere interpretata come ha fatto il governo belga nella sua dichiarazione alla Camera dei deputati del Belgio.

359. Per quanto riguarda le sue proposte di misure utili, la Commissione afferma che le stesse non sono un atto definitivo e che essa può modificarne il contenuto in seguito alle osservazioni dello Stato membro destinatario. Essa rileva inoltre che la logica sottesa alla sua proposta era che a tutti i centri di coordinamento fosse riconosciuto un identico periodo minimo prima della cessazione del regime in questione, e che il regno del Belgio ha sostenuto, nel corso di tutto il procedimento, l’altra opzione, quella poi trasfusa nella decisione 17 febbraio 2003, secondo la quale le autorizzazioni avrebbero dovuto produrre i propri effetti sino alla loro scadenza, senza rinnovo.

360. La Commissione nega poi che il regime giuridico dei centri di coordinamento conferisse a questi ultimi un diritto automatico al rinnovo della loro autorizzazione. Essa sostiene che il Regno del Belgio non ha fornito alcuna garanzia ai centri di coordinamento circa la perennità dei vantaggi loro concessi e il rinnovo automatico dell’autorizzazione, essendo questo legato alla stessa procedura e alle stesse condizioni dell’autorizzazione iniziale. Secondo la Commissione, il fatto stesso che l’autorizzazione fosse valida per un periodo limitato implica che essa non conferisse diritti al di là di tale limite. Essa evidenzia inoltre che il regime in questione, prima della sua decisione 17 febbraio 2003, era già stato oggetto di modifiche da parte del Regno del Belgio e che tali modifiche, che avevano ridotto i benefici inizialmente previsti, non erano state accompagnate da misure transitorie.

361. La Commissione osserva inoltre che il Regno del Belgio e i centri di coordinamento avevano ricevuto un certo numero di segnali prima dell’adozione della decisione 17 febbraio 2003, i quali li avevano informati del fatto che il regime in questione non poteva essere mantenuto. Essa cita in proposito il codice di condotta approvato dal Consiglio e il rapporto del gruppo codice di condotta. Essa richiama anche la propria comunicazione sull’applicazione delle norme relative agli aiuti di Stato alle misure di tassazione diretta delle imprese, la propria richiesta di informazioni alle autorità belghe relativamente al regime in questione del febbraio 1999, la propria proposta di misure utili indirizzata a dette autorità in data 11 luglio 2001 e, infine, la decisione di apertura del procedimento d’indagine formale 27 febbraio 2002. Essa rileva anche che tali misure sono state oggetto di pubblicazione o di comunicati stampa.

362. La Commissione sostiene che il solo legittimo affidamento che i centri in questione possono legittimamente vantare è quello indotto dalle sue decisioni precedenti. Essa sostiene di avere però rispettato tale affidamento, concedendo un periodo transitorio ai centri titolari di un’autorizzazione ancora valida alla data di notifica della decisione e consentendo loro di goderne fino alla scadenza, purché non oltre il 31 dicembre 2010. Tuttavia, per le ragioni prima esposte, essa avrebbe legittimamente proibito nuove concessioni e rinnovi dell’applicazione del regime a partire dalla data di notifica della decisione, così da far cessare gradualmente gli effetti del regime stesso, con la progressiva scadenza delle varie autorizzazioni.

363. La Commissione nega anche che la sua decisione comporti l’arresto immediato delle attività dei centri che non possono più godere del regime contestato. Essa afferma da un lato che la propria decisione non impone ai centri di coordinamento di cessare la propria attività. Dall’altro, essa ricorda che la Forum 187 ha sostenuto che le misure adottate nell’ambito del regime in questione non darebbero alcun vantaggio a tali centri. Essa contesta, in proposito, l’argomento del Regno del Belgio secondo cui la decisione comporterebbe, per i centri medesimi, uno smisurato aumento del carico fiscale e una doppia imposizione.

364. Infine, per motivi analoghi la Commissione contesta gli argomenti della Forum 187 e sostiene che non era necessario né opportuno prevedere misure transitorie per i centri con autorizzazione in scadenza negli anni 2003 e 2004.

–       Valutazione

365. Inizierò ricordando brevemente il contenuto del principio di tutela del legittimo affidamento.

366. Tale principio è stato progressivamente riconosciuto nell’ambito dell’ordinamento comunitario dalla giurisprudenza, che lo ha definito come una «norma giuridica superiore» di tutela dei soggetti dell’ordinamento (104), «uno dei principi fondamentali della Comunità» (105) o ancora un «principio generale» (106). Il principio di tutela del legittimo affidamento è dunque un principio generale del diritto comunitario, in base al quale può essere valutata la legittimità degli atti delle istituzioni.

367. Esso appare il corollario del principio di certezza del diritto, il quale impone che la normativa comunitaria sia certa e la sua applicazione prevedibile per i soggetti dell’ordinamento, in quanto ha lo scopo, in caso di cambiamento della norma, di assicurare la protezione delle posizioni legittimamente occupate da una o più persone fisiche o giuridiche in particolare (107).

368. Considerato il suo carattere soggettivo, è difficile fornire una definizione esaustiva del principio di tutela del legittimo affidamento. Tuttavia, alla luce della sua applicazione nella giurisprudenza, possiamo dire che la violazione di tale principio è affermata qualora siano soddisfatte le condizioni seguenti. Innanzitutto, deve esistere un atto o un comportamento dell’amministrazione comunitaria in grado di aver ingenerato tale affidamento. Infatti, secondo la giurisprudenza, il principio di tutela del legittimo affidamento può essere invocato contro un atto comunitario soltanto qualora la Comunità abbia prima creato una situazione in grado di far sorgere tale affidamento (108). È tale situazione che rappresenta, in qualche modo, la «base» dell’affidamento del soggetto interessato. Deve inoltre trattarsi di assicurazioni precise (109).

369. Inoltre, l’interessato non doveva essere in grado di prevedere il cambiamento della linea di condotta in precedenza seguita dall’amministrazione comunitaria. Infatti, secondo la giurisprudenza, l’operatore economico prudente ed accorto, qualora sia in grado di prevedere l’adozione di un provvedimento comunitario idoneo a ledere i suoi interessi, non può invocare il principio di tutela del legittimo affidamento nel caso in cui il provvedimento venga adottato (110). L’affidamento generato dall’atto o dal comportamento dell’amministrazione comunitaria è dunque «legittimo», e deve di conseguenza essere protetto, se l’interessato poteva ragionevolmente confidare nel mantenimento o nella stabilità della situazione così creata, come avrebbe potuto fare un operatore economico «prudente e accorto».

370. Infine, l’interesse comunitario perseguito dall’atto impugnato non può giustificare la lesione del legittimo affidamento dell’interessato. Tale ultima condizione è soddisfatta allorché la ponderazione degli interessi in gioco dimostra che, nelle circostanze del caso, l’interesse comunitario non prevale su quello dell’interessato alla conservazione della situazione che tale persona poteva legittimamente ritenere acquisita (111).

371. Verificherò dunque se tali tre condizioni siano soddisfatte nell’ambito della presente controversia.

La base dell’affidamento

372. La Commissione ammette che le sue decisioni assunte nel 1984 e nel 1987, oltre che la risposta data nel 1990 dal commissario alla concorrenza all’interrogazione parlamentare n. 1735/90, hanno creato un legittimo affidamento circa l’assenza di incompatibilità tra il regime fiscale dei centri di coordinamento e le norme del Trattato in materia di aiuti di Stato (112).

373. Il contrasto tra le parti riguarda i due punti seguenti. Innanzitutto, il Regno del Belgio e la Commissione sono in disaccordo sulla possibilità che le conclusioni del Consiglio del 26 e 27 novembre 2000, oltre che le proposte di misure utili avanzate dalla Commissione, possano aver creato un legittimo affidamento circa il mantenimento del regime fiscale contestato almeno fino al 31 dicembre 2005 per tutti i centri di coordinamento. Inoltre, il Regno del Belgio e la Forum 187 da un lato, e la Commissione, dall’altro, hanno opinioni divergenti sulla possibilità che, in considerazione del regime fiscale dei centri di coordinamento, le decisioni della Commissione 1984 e 1987, oltre che la risposta data nel 1990 dal commissario alla concorrenza, consentissero a tali centri di confidare nel rinnovo delle proprie autorizzazioni.

374. Quanto al primo punto, relativo all’affidamento che avrebbero generato i lavori del Consiglio Ecofin e le proposte di misure utili della Commissione, mi sembra che la posizione del Regno del Belgio non possa essere condivisa.

375. Per quanto riguarda innanzitutto le conclusioni del Consiglio del 26 e 27 novembre 2000, non ritengo che esse abbiano potuto ingenerare un legittimo affidamento circa la conservazione di tale regime almeno fino al 31 dicembre 2005, né presso il Regno del Belgio né presso i centri di coordinamento, e ciò per le ragioni seguenti.

376. Come osserva la Commissione, le conclusioni adottate dagli Stati membri in occasione del Consiglio del 26 e 27 novembre 2000 sono un atto di natura politica, una dichiarazione che, in quanto tale, non può produrre effetti giuridici. Tali conclusioni non possono quindi vincolare, e neppure delimitare, l’azione della Commissione nell’esercizio delle competenze proprie che ad essa sono attribuite dal Trattato in materia di aiuti di Stato.

377. Tale analisi del valore delle conclusioni del Consiglio «Ecofin» non è contestata dal Regno del Belgio. È necessario rilevare, in proposito, che esso ha osservato, nella sua risposta del 30 agosto 2002 alle domande poste dalla Commissione circa il rilievo del legittimo affidamento nella presente causa, che «le discussioni a livello del Consiglio relativamente al codice di condotta si collocano del tutto al di fuori del contesto normativo degli aiuti di Stato. Si tratta infatti di un passo politico, che produrrà effetti soltanto alla fine del 2002» (113).

378. Considerata la sua analisi del rilievo delle conclusioni del Consiglio, il Regno del Belgio non può quindi sostenere che le stesse gli abbiano dato fondate assicurazioni sul contenuto delle misure transitorie che la Commissione avrebbe disposto qualora essa avesse eventualmente ritenuto che il regime fiscale contestato costituisse un aiuto di Stato incompatibile con il mercato comune (114).

379. Tendo a ritenere che le medesime considerazioni valgano per i centri di coordinamento. È noto che, nel settore degli aiuti di Stato, la facoltà dei beneficiari di un aiuto di richiamarsi ad un legittimo affidamento circa la regolarità dello stesso è subordinato alla condizione che la procedura prevista dal Trattato sia stata rispettata. È altresì pacifico, in giurisprudenza, che un operatore economico diligente deve essere normalmente in grado di accertarsi del rispetto di tale procedura (115). Tali obblighi sono fondati sul carattere imperativo del controllo svolto dalla Commissione, come previsto dall’art. 88 CE.

380. Possiamo dunque dedurne che, in linea di principio, nell’ambito degli aiuti di Stato, gli operatori economici possono richiamarsi al legittimo affidamento solo in una situazione che rispetta le competenze assegnate alla Commissione dall’art. 88 CE. In altri termini, si parte dal presupposto che gli operatori economici conoscano le competenze che il Trattato assegna alla Commissione nell’ambito degli aiuti di Stato.

381. Sulla base di tale giurisprudenza, ritengo che i centri di coordinamento, anche ipotizzando che abbiano avuto conoscenza delle conclusioni del Consiglio del 26 e 27 novembre 2000, non potessero confidare nella natura vincolante per la Commissione di tali conclusioni.

382. Inoltre, come sottolinea la Commissione, il contenuto della proposta della presidenza adottata in occasione del Consiglio del 26 e 27 novembre 2000 non è univoco. Infatti, tale proposta ha il seguente tenore: «La Presidenza propone al Consiglio[,] (…) in ordine alle imprese che beneficiano di regimi dannosi al 31 dicembre 2000, [di] dichiararsi d’accordo sul fatto che gli effetti di siffatti regimi scadano entro il 31 dicembre 2005, sia che si tratti di regimi accordati per un periodo determinato o meno» (116). Essa poteva quindi essere intesa nel senso che la data del 31 dicembre 2005 costituisse la data ultima fino alla quale potevano produrre i propri effetti le autorizzazioni decennali ancora valide al 31 dicembre 2000. Essa non implica necessariamente che tutte le autorizzazioni, ivi comprese quelle in scadenza prima del 31 dicembre 2005, dovessero essere prorogate fino a tale data.

383. Ne consegue che, in ogni caso, le conclusioni del Consiglio del 26 e 27 novembre 2000 non potevano quindi fornire al Regno del Belgio e ai centri di coordinamento assicurazioni precise, come richiesto dalla giurisprudenza, sul fatto che tutti i detti centri potessero beneficiare del regime contestato almeno fino al 31 dicembre 2005.

384. Per quanto poi riguarda le proposte di misure utili notificate al Regno del Belgio dalla Commissione nel quadro della procedura di controllo degli aiuti esistenti, ritengo che neppure esse abbiano potuto fornire a tale Stato membro e ai centri di coordinamento le assicurazioni precise di cui tale Stato parla.

385. Come osserva la Commissione, le misure transitorie previste nell’ambito di tali proposte non la vincolano se non sono accettate dallo Stato membro destinatario. Tali misure transitorie possono quindi essere modificate, se necessario, nella decisione assunta al termine del procedimento d’indagine formale. Tale possibilità sembra la logica conseguenza del diritto concesso allo Stato membro interessato di rifiutare le misure utili che la Commissione gli propone e di contestare, nel corso del procedimento d’indagine formale, la qualificazione come aiuto di Stato della misura in esame.

386. Non sembra quindi possibile sostenere che le proposte di misure utili comunicate dalla Commissione al Regno del Belgio, con la sua lettera dell’11 luglio 2001, abbiano potuto fornire assicurazioni precise circa il contenuto delle misure transitorie che sarebbero state previste da tale istituzione, se del caso, nella decisione conclusiva del procedimento d’indagine formale.

387. Sulla base di tali elementi, ritengo che né le conclusioni del Consiglio del 26 e 27 novembre 2000, né le proposte di misure utili avanzate dalla Commissione possano aver creato nel Regno del Belgio e nei centri di coordinamento un legittimo affidamento circa la conservazione del regime fiscale contestato almeno fino al 31 dicembre 2005 per tutti tali centri.

388. Per contro, condivido la posizione del Regno del Belgio e della Forum 187 secondo la quale, considerato il contenuto del regime fiscale belga, le decisioni della Commissione rese nel 1984 e nel 1987, oltre che la risposta data nel 1990 dal commissario alla concorrenza all’interrogazione parlamentare n. 1735/90, consentivano ai centri di coordinamento di fare affidamento sul fatto che le norme del Trattato in materia di aiuti di Stato non si opponessero al rinnovo della loro autorizzazione decennale ed al proseguimento dell’applicazione di tale regime fiscale.

389. Va infatti ricordato che, nelle sue decisioni 1984 e 1987, oltre che nella citata risposta del 1990 del commissario alla concorrenza, la Commissione ha affermato che non vi era incompatibilità tra il regime fiscale dei centri di coordinamento e le norme del Trattato in materia di aiuti di Stato.

390. Dall’esame di tale regime risulta che lo stesso prevedeva un certo numero di vantaggi, la cui concessione era subordinata a svariate condizioni, il rispetto delle quali doveva essere attestato con regio decreto. È altrettanto vero, come osserva la Commissione, che lo stesso regime prevedeva anche che l’autorizzazione così concessa con regio decreto fosse valida per un periodo di dieci anni. Tuttavia, tale fatto non consente di inferire, come fa la Commissione, che un centro di coordinamento non potesse fare affidamento sul rinnovo del regime alla scadenza di tale termine.

391. Osservo che il regime fiscale dei centri di coordinamento aveva carattere permanente. Esso era previsto per una durata indeterminata. I centri di coordinamento in possesso dei requisiti richiesti da detto regime potevano rivendicare il diritto, allo scadere della loro autorizzazione decennale, al rinnovo della stessa. Tale possibilità è stata esplicitamente confermata dalla legge 23 ottobre 1991: la relazione al disegno di legge relativo precisava infatti che la legge non apportava novità, ma aveva il solo scopo di liberare i centri di coordinamento dai dubbi circa tale possibilità di rinnovo (117). Tale carattere permanente e tale continuità nell’applicazione del regime fiscale per i centri in possesso dei requisiti richiesti dallo stesso sono quindi parte integrante, a mio avviso, del regime nazionale sul quale la Commissione si è pronunciata nel 1984, nel 1987 e nel 1990.

392. Contro tale analisi del regime fiscale in questione, la Commissione invoca vari argomenti. Essa sottolinea il fatto che il rinnovo era subordinato al rispetto della medesima procedura formale e al possesso dei medesimi requisiti previsti per il suo ottenimento iniziale. Tuttavia, non mi sembra che tali aspetti impediscano che i centri di coordinamento abbiano potuto confidare nella continuità di tale regime fiscale. Osservo infatti che le condizioni alle quali il rinnovo dell’autorizzazione era sottoposto erano le stesse previste per ottenerla all’inizio, e che esse avevano carattere obiettivo. Va anche rilevato che, come la Commissione ha indicato nella sua decisione 17 febbraio 2003, la decisione di concedere o meno il rinnovo non era subordinata ad una valutazione discrezionale da parte delle autorità belghe (118).

393. Alla luce di tali elementi, la scadenza dell’autorizzazione al termine dei dieci anni non significava quindi, per un centro di coordinamento, la fine del beneficio del regime in questione. Essa era soltanto la scadenza alla quale il centro doveva dimostrare all’amministrazione belga di essere ancora in possesso dei requisiti per goderne. Il fatto che il regime contestato fosse accordato per un periodo delimitato di dieci anni non metteva quindi in dubbio la continuità del regime fiscale in questione per i centri di coordinamento.

394. La Commissione sostiene anche che le autorità belghe non hanno mai garantito la perpetuità dei vantaggi conferiti da tale regime e che li hanno del resto anche ridotti, ad esempio istituendo, a partire del 1° gennaio 1993, un’imposta annuale di EUR 10 000 per ogni unità di personale occupata a tempo pieno.

395. Neppure tali argomenti dimostrano, a mio parere, che i centri di coordinamento con autorizzazione in scadenza non potessero confidare nella continuità del regime fiscale contestato. La prova sta nel fatto, da un lato, che la Commissione stessa ha riconosciuto, nella sua decisione 17 febbraio 2003, che, anche se l’autorizzazione non costituisce una garanzia della perpetuità di tale regime né del suo carattere vantaggioso, i centri di coordinamento potevano fondatamente avere un’«aspettativa ragionevole e legittima di una certa continuità delle condizioni economiche, compreso il regime fiscale» (119). Dall’altro, le modifiche apportate dal Regno del Belgio al regime in questione dopo la sua creazione con il regio decreto n. 187 avevano natura relativamente secondaria, e non hanno messo in discussione gli elementi principali del regime, vale a dire la modalità di calcolo della base imponibile e le esenzioni dal «précompte mobilier», dal «précompte immobilier» e dall’imposta sui conferimenti.

396. Deduco da tali circostanze che il regime fiscale contestato consentiva ai centri di coordinamento di fare affidamento sulla sua continuità e, al ricorrere delle condizioni oggettive da esso richieste, sul rinnovo delle proprie autorizzazioni. Ne consegue che la Commissione, affermando nelle sue decisioni 1984 e 1987, oltre che nella risposta data nel 1990 dal commissario alla concorrenza all’interrogazione parlamentare n. 1735/90, che tale regime non ricadeva nell’ambito di applicazione dell’art. 87, n. 1, CE, ha permesso ai centri di coordinamento autorizzati prima del 31 dicembre 2000 di confidare nel fatto che le norme del Trattato in materia di aiuti di Stato non si opponessero al rinnovo della loro autorizzazione decennale, una volta scaduta.

397. Sulla legittimità di tale affidamento

398. La Commissione sostiene che i centri di coordinamento, all’epoca della notifica della sua decisione 17 febbraio 2003, non potevano vantare un legittimo affidamento circa il proseguimento del regime contestato e il rinnovo delle proprie autorizzazioni, poiché tali centri avrebbero ricevuto un certo numero di segnali relativi alla possibilità che il detto regime non potesse essere mantenuto. La Commissione cita in proposito il codice di condotta adottato dal Consiglio e il rapporto del gruppo codice di condotta. Essa richiama anche la propria comunicazione sull’applicazione delle norme relative agli aiuti di Stato alle misure di tassazione diretta delle imprese, la propria richiesta di informazioni sul regime in questione alle autorità belghe nel febbraio 1999, la propria proposta di misure utili inviata l’11 luglio 2001 a tali autorità e, infine, la decisione di apertura del procedimento d’indagine formale 27 febbraio 2002.

399. La Commissione afferma in sostanza che, alla luce di tali elementi, i centri di coordinamento, alla notifica della sua decisione 17 febbraio 2003, dovevano attendersi che le norme del Trattato in materia di aiuti di Stato si opponessero al rinnovo delle proprie autorizzazioni per qualunque termine. Non ritengo che tale posizione possa essere condivisa e che i segnali invocati dalla Commissione consentano, in questo caso, di privare detti centri della possibilità di far valere un legittimo affidamento circa il rinnovo delle loro autorizzazioni.

400. Baso questa mia analisi, da un lato, sulla logica e gli obiettivi della procedura di controllo degli aiuti di Stato e, dall’altro, sulle caratteristiche del regime fiscale in questione.

401. Come ho detto, l’obbligo di notificare preventivamente gli aiuti di Stato fissato all’art. 88, n. 3, CE ha in particolare lo scopo di eliminare gli eventuali dubbi dello Stato membro che intende mettere in atto una misura relativamente alla natura o meno di aiuto di Stato ex art. 87, n. 1, CE, della stessa.

402. Si è visto, d’altra parte, che il concetto di aiuto di Stato, come definito in tale norma, ha natura obiettiva. Contrariamente a quanto la Commissione lascia intendere nel suo controricorso nella causa C-182/03 (120), determinare se una misura nazionale ricada o meno nell’ambito di applicazione dell’art. 87, n. 1, CE non dipende da una valutazione discrezionale. Il fatto che la Commissione disponga di un’ampia facoltà di sindacato per determinare se una misura nazionale ricada nell’ambito applicativo di tale norma, qualora l’esame delle condizioni richieste da essa implichi valutazioni economiche complesse, non significa che tale istituzione possa modificare in ogni tempo, discrezionalmente, la propria valutazione circa l’esistenza di un aiuto.

403. Tale tesi della Commissione sarebbe contraria allo scopo della procedura creata dall’art. 88, n. 3, CE, e alle conseguenze che da tale scopo sono state ricavate dalla giurisprudenza. È infatti pacifico che l’obbligo di notifica contenuto in tale norma ha come obiettivo la certezza del diritto (121). È alla luce di tale obiettivo che è stato ritenuto che lo Stato membro debba essere informato rapidamente circa la compatibilità di un aiuto con il Trattato, e che il termine di due mesi concesso alla Commissione per esprimere il proprio parere, ripreso all’art. 4, n. 5, del regolamento n. 659/1999, abbia carattere perentorio (122). È alla luce dello stesso principio che è stato affermato che, una volta che un regime generale di aiuti è stato approvato dalla Commissione, gli aiuti individuali concessi sulla base di tale regime, che sono semplici provvedimenti di esecuzione dello stesso, non devono essere notificati (123).

404. Di conseguenza, la decisione con la quale la Commissione constata che una misura non costituisce un aiuto di Stato ai sensi dell’art. 87, n. 1, CE non crea una situazione giuridica che possa essere frequentemente modificata attraverso l’esercizio della facoltà di sindacato delle istituzioni, come può essere il caso, in particolare, in un ambito come quello delle organizzazioni del mercato comune, il cui scopo implica un costante adattamento in funzione dei mutamenti della situazione economica (124).

405. Ne consegue che, quando una misura nazionale è stata notificata alla Commissione, ai sensi dell’art. 88, n. 3, CE, e quest’ultima ha emesso una decisione affermando che tale misura non costituisce un aiuto ai sensi dell’art. 87, n. 1, CE, tanto lo Stato che ha istituito tale misura che i beneficiari della stessa possono avere la certezza, allo scadere del termine per impugnare tale decisione, che il detto regime non contrasta con le norme comunitarie in materia di aiuti di Stato. Gli interessati hanno dunque ragione di ritenere che una tale decisione possa essere rimessa in discussione, in linea di principio, solo in caso di evoluzione del mercato comune.

406. Benché, come si è visto precedentemente, la Commissione possa comunque ritornare su tale valutazione, in base al principio di legalità, qualora ritenga che, contrariamente a quanto essa aveva prima indicato, il regime in questione rientri nell’ambito di applicazione dell’art. 87, n. 1, CE, ritengo che, in un simile caso, l’affidamento prodotto dalla sua valutazione precedente debba essere oggetto di una tutela del tutto particolare.

407. La legittimità di tale affidamento si può escludere, a mio parere, solo se gli operatori economici interessati erano in possesso di informazioni che consentivano loro di ritenere, con sufficiente probabilità, che la Commissione sarebbe ritornata sulla sua valutazione precedente. In altri termini, il fatto che la Commissione proceda al riesame della misura nazionale in questione e la possibilità che, al termine del procedimento d’indagine formale, essa adotti una decisione negativa non possono bastare, in sé, per privare gli operatori interessati della possibilità di far valere un legittimo affidamento circa il mantenimento della situazione esistente.

408. Bisogna inoltre assicurarsi che, per quanto riguarda le caratteristiche della misura nazionale in questione, gli operatori ai quali essa si applica abbiano avuto a disposizione il tempo necessario per prendere effettivamente in considerazione un eventuale cambiamento di valutazione, da parte della Commissione, circa la sua compatibilità con le norme del Trattato in materia di aiuti di Stato.

409. Alla luce di tali considerazioni, non ritengo che i vari segnali invocati dalla Commissione, sia provenienti dal Consiglio «Ecofin» che dalla Commissione stessa, consentano di negare ai centri di coordinamento il diritto di far valere un legittimo affidamento circa il rinnovo della propria autorizzazione.

410. Per quanto innanzitutto riguarda il codice di condotta adottato dal Consiglio e il rapporto del gruppo codice di condotta, ritengo che essi non siano rilevanti, per la ragione che segue. L’impegno, assunto dagli Stati membri in tale codice, di eliminare le misure fiscali giudicate dannose per il mercato comune, e il fatto che il regime in questione fosse citato nel rapporto del gruppo codice di condotta tra le misure nazionali ritenute dannose, potevano certo indicare ai centri di coordinamento che il governo belga sarebbe stato tenuto, ad un certo punto, entro il termine deciso in Consiglio, a modificare tale regime o a sopprimerlo.

411. Si trattava però, come si è visto, di un impegno di natura politica, che non vincolava la Commissione nell’esercizio dei poteri ad essa assegnati dal Trattato, e quindi nemmeno nella sua valutazione circa l’esistenza delle condizioni oggettive richieste dall’art. 87, n. 1, CE. Il codice di condotta del Consiglio e il rapporto del gruppo codice di condotta non possono quindi essere considerati, a mio avviso, elementi che avrebbero dovuto condurre i centri di coordinamento a ritenere che la Commissione avrebbe giudicato il regime in questione come un aiuto di Stato incompatibile con il mercato comune.

412. Per quanto poi riguarda la comunicazione sull’applicazione delle norme relative agli aiuti di Stato alle misure di tassazione diretta delle imprese, e il fatto che, in tale comunicazione, la Commissione annunciasse la propria intenzione di effettuare l’esame o il riesame di tutti i regimi fiscali in vigore negli Stati membri, ritengo che neppure tali elementi possano essere considerati, come sostiene la Commissione, un segnale del fatto che il regime fiscale dei centri di coordinamento rientrasse nell’ambito di applicazione dell’art. 87, n. 1, CE, e non potesse essere mantenuto.

413. La citata comunicazione aveva lo scopo di fornire chiarimenti sull’applicazione delle disposizioni dell’art. 87, n. 1, CE nell’ambito della disciplina fiscale delle imprese (125). Il suo contenuto è dunque di gran lunga troppo generico perché la sua semplice lettura consentisse di dedurre che il regime fiscale dei centri di coordinamento possedesse tutte le caratteristiche richieste da tale norma. Inoltre, in tale comunicazione la Commissione non preannunciava modifiche ai criteri sulla base dei quali essa aveva in precedenza esaminato la natura o meno di aiuto, ai sensi dell’art. 87, n. 1, CE, di un regime fiscale.

414. Per quanto infine riguarda la richiesta di informazioni alle autorità belghe sul regime in questione del febbraio 1999, la proposta di misure utili inviata in data 11 luglio 2001 a dette autorità e la decisione di apertura del procedimento d’indagine formale 27 febbraio 2002, ritengo che neppure tali elementi fossero tali da consentire ai centri di coordinamento di anticipare, con sufficiente probabilità, quale sarebbe stata la decisione finale della Commissione.

415. Tali documenti hanno effettivamente informato i centri di coordinamento del fatto che il regime fiscale era oggetto di un riesame da parte della Commissione. Tuttavia, come è stato ricordato nella citata ordinanza provvisoria 26 giugno 2003, né la proposta di misure utili indirizzata al Regno del Belgio né la decisione 27 febbraio 2002 di apertura del procedimento d’indagine formale hanno prodotto effetti giuridici autonomi rispetto a tale Stato membro o ai centri di coordinamento (126).

416. Inoltre, la qualificazione, in tali due atti, del regime fiscale dei centri di coordinamento come aiuto esistente non comportava necessariamente che la Commissione assumesse una decisione negativa, decidendo infine di modificare le proprie valutazioni compiute nel 1984, nel 1987 e nel 1990. Come il Tribunale ha ricordato nella sua citata ordinanza Forum 187/Commissione, nella quale ha giudicato irricevibile il ricorso della Forum 187 contro la decisione della Commissione 27 febbraio 2002, di apertura del procedimento d’indagine formale, tale qualificazione aveva carattere provvisorio. L’art. 7 del regolamento n. 659/1999 prevede infatti che tale procedimento possa anche chiudersi con una decisione la quale constati che, contrariamente a quanto ritenuto in fase di apertura del procedimento stesso, la misura nazionale esaminata non costituisce un aiuto, oppure è un aiuto compatibile con il mercato comune.

417. Allo stesso modo, i comunicati stampa che hanno riferito di tali atti della Commissione non indicavano i motivi per i quali tale istituzione riteneva che il regime fiscale dei centri di coordinamento costituisse ora un aiuto di Stato ai sensi dell’art. 87, n. 1, CE (127). È solo dopo la pubblicazione della decisione di apertura del procedimento d’indagine formale, sulla Gazzetta ufficiale delle Comunità europee 20 giugno 2002, che tutti i centri di coordinamento hanno potuto conoscere i motivi precisi per i quali la Commissione riteneva che le misure previste dal regime fiscale in questione possedessero tutte le caratteristiche previste da tale disposizione, e che fossero incompatibili con il mercato comune.

418. Tuttavia, anche ammettendo che i motivi indicati in tale decisione dovessero spingere i centri di coordinamento a prevedere la possibilità che la Commissione ritornasse sulle proprie decisioni precedenti, sarebbe stato in ogni caso indispensabile che gli stessi disponessero del tempo necessario, prima della decisione conclusiva del procedimento d’indagine formale, per prendere in esame tale possibilità. Non ritengo però che tale valutazione sia stata possibile, considerate le particolarità del regime fiscale in esame.

419. Il regime contestato costituisce, come si è visto, un regime fiscale derogatorio rispetto alle regole generali, comportante svariate esenzioni ed un particolare metodo di calcolo della base imponibile. La possibilità dell’eliminazione di misure di questo tipo è dunque, per un’impresa, assai più difficile da considerare di quella dell’eliminazione di una sovvenzione. Essa richiede non soltanto che si valutino le conseguenze economiche di una tale eliminazione, che possono essere rilevanti, ma anche l’effettuazione di una riorganizzazione importante, soprattutto per quanto riguarda gli aspetti contabili.

420. Va inoltre considerato il fatto che tale regime era in vigore dal 1982, e che i relativi vantaggi erano accordati per un periodo di dieci anni, rinnovabile per una durata analoga. Tenuto conto dell’età del regime e della durata delle autorizzazioni a goderne, sembra ragionevole ritenere, come sostengono il Regno del Belgio e la Forum 187, che i centri di coordinamento che disponevano di un’autorizzazione alla data del 31 dicembre 2000, ancora valida al momento della notifica della decisione 17 febbraio 2003, avessero organizzato le proprie attività sul lungo periodo, in una prospettiva di continuità e di stabilità, in funzione non soltanto della durata decennale dell’autorizzazione iniziale ma anche, in una certa misura, del rinnovo di essa.

421. Sembra dunque assai poco probabile che i contratti conclusi da tali centri per l’esercizio delle proprie attività, sia con i propri dipendenti che con terzi, avessero una durata limitata, con scadenza al termine dell’autorizzazione decennale. Vi è invece ogni ragione per ritenere, al contrario, che le attività dei centri di coordinamento fossero organizzate nella prospettiva di una continuità nell’applicazione del regime fiscale di cui si discute.

422. Stando così le cose, non ritengo che i centri di coordinamento abbiano avuto a disposizione il tempo necessario per rivedere i propri investimenti e riorganizzare le proprie attività tra il 20 giugno 2002, data di pubblicazione della decisione di apertura del procedimento d’indagine formale, e il 17 febbraio 2003, in modo da poter tenere conto della possibilità di una decisione negativa della Commissione.

423. Tale conclusione si impone con ancora maggiore evidenza, mi sembra, se consideriamo la situazione dei centri con autorizzazione in scadenza nei mesi successivi alla notifica della decisione 17 febbraio 2003. Anche ammettendo che la pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee della decisione di apertura del procedimento d’indagine formale dovesse spingere i centri a considerare la possibilità di una decisione negativa della Commissione, essi hanno avuto solo qualche mese per adeguarsi ad un’eventuale soppressione delle autorizzazioni. Un periodo così breve è tanto più insufficiente considerando che, come osserva la Commissione nel suo controricorso nella causa C-182/03 (128), molti fra tali centri sono al loro secondo periodo di autorizzazione, cosicché i loro investimenti e le loro modalità operative erano basati da quasi 20 anni sul regime fiscale in questione.

424. Sulla base di tutti questi elementi, ritengo che i centri di coordinamento autorizzati prima del 31 dicembre 2000, con autorizzazione ancora valida alla data di adozione della decisione 17 febbraio 2003, potessero coltivare, nel momento in cui tale decisione è stata loro notificata, un legittimo affidamento circa la possibilità di ottenere il rinnovo della propria autorizzazione: ciò vale in particolare per i centri la cui domanda di rinnovo veniva a scadenza nei mesi successivi a tale notifica.

Sulla ponderazione degli interessi in gioco

425. Secondo la giurisprudenza, il legittimo affidamento degli operatori economici può essere violato soltanto in presenza di un interesse pubblico prevalente rispetto all’interesse del beneficiario alla conservazione di una situazione che egli poteva ritenere stabile. Non può essere contestato che l’interesse comunitario esige che i regimi di aiuti di Stato esistenti che falsano la concorrenza cessino di produrre effetti.

426. In questo caso, la Commissione non spiega per quale ragione tale interesse comunitario avesse un carattere sufficientemente imperativo da giustificare il divieto di ogni rinnovo dopo la notifica della sua decisione. Essa ha basato la propria argomentazione essenzialmente sul fatto che il regime fiscale controverso non consentiva ai centri di coordinamento di nutrire un legittimo affidamento circa la possibilità di ottenere il rinnovo della propria autorizzazione: ma ho appena spiegato perché, a mio avviso, tale tesi non può essere accolta.

427. La Commissione sostiene anche che il mancato rinnovo non si tradurrebbe in un onere fiscale rilevante o significativo per i centri di coordinamento. Ritengo tuttavia che tale argomento non possa essere seguito, e che le misure transitorie adottate nella decisione 17 febbraio 2003 pecchino di incoerenza. A mio parere la Commissione non poteva al tempo stesso consentire che le autorizzazioni ancora valida alla data della notifica della sua decisione, e in particolare quelle rinnovate nel 2001 e nel 2002, producessero i loro effetti sino al 31 dicembre 2010, ed opporsi ad ogni rinnovo successivo a tale notifica.

428. Infatti, la possibilità concessa ai centri titolari di un’autorizzazione, ancora valida alla data di notifica della decisione, di godere degli effetti della stessa fino alla sua scadenza, anche se non oltre il 31 dicembre 2010, dimostra che la Commissione ha ritenuto che gli effetti di tale regime sulla concorrenza intracomunitaria non siano troppo dannosi, avendo ammesso che si prolunghino ancora per oltre sette anni. Inoltre la Commissione, nella sua decisione 17 febbraio 2003, non ha accennato a denunce di concorrenti o ad altri elementi che consentano di valutare in modo preciso l’ampiezza degli effetti dannosi del regime in questione sugli scambi intracomunitari.

429. Allo stesso modo, al punto 119 della decisione la Commissione ha giustificato il fatto che le autorizzazioni ancora valide potessero giungere alla propria scadenza in considerazione dei rilevanti investimenti effettuati dai centri di coordinamento e dai gruppi di appartenenza degli stessi, oltre che degli impegni a lungo termine assunti dai centri. Decidendo che tali investimenti e tali impegni giustificavano che le autorizzazioni ancora valide producessero effetti sino alla relativa scadenza, sia pure non oltre il 31 dicembre 2010, la Commissione ha necessariamente riconosciuto che la privazione degli effetti del regime controverso sarebbe stata tale da compromettere i risultati attesi da tali investimenti e l’assolvimento dei detti impegni.

430. La Commissione non può dunque ragionevolmente sostenere, di fronte alla Corte, che il mancato rinnovo del regime contestato non aumenterebbe in modo significativo il carico fiscale dei centri di coordinamento, e quindi non causerebbe loro un sicuro pregiudizio. Basta a tale proposito fare riferimento al contenuto delle misure previste dal regime in discussione, che consistono in esenzioni d’imposta e, per quanto riguarda il metodo di calcolo dei redditi imponibili, in un sistema derogatorio particolarmente vantaggioso.

431. Va inoltre osservato che, alla data di adozione della decisione della Commissione, non esisteva un regime sostitutivo in grado di attenuare gli effetti del mancato rinnovo per i centri di coordinamento con autorizzazione in scadenza successivamente alla notifica di tale decisione. Il divieto fatto al governo belga di autorizzare ogni rinnovo dell’autorizzazione a partire dalla notifica della decisione 17 febbraio 2003 è dunque certamente tale da causare un sicuro pregiudizio ai centri di coordinamento in possesso a tale data di un’autorizzazione vigente, con scadenza anteriore al 31 dicembre 2010.

432. Alla luce di tali considerazioni, ritengo che la ponderazione degli interessi in gioco non giustificasse di vietare al governo belga di rinnovare, anche solo temporaneamente, le autorizzazioni in scadenza successivamente alla notifica della decisione della Commissione.

433. Tutto ciò considerato, ritengo fondato il motivo in cui si lamenta una violazione del principio di tutela del legittimo affidamento. La fondatezza di tale motivo giustifica l’accoglimento della domanda di annullamento della decisione della Commissione nella parte in cui essa vieta al Regno del Belgio di concedere qualunque rinnovo di autorizzazione, per qualsiasi durata, ai centri di coordinamento con autorizzazione ancora valida alla data del 17 febbraio 2003.

434. Tuttavia, il Regno del Belgio chiede anche l’annullamento dell’art. 2 della decisione della Commissione nella parte in cui esso gli vieta di rinnovare, anche solo temporaneamente, le autorizzazioni ancora valide alla data del 17 febbraio 2003 con scadenza anteriore al 31 dicembre 2010. L’esame di tale domanda, in quanto la stessa mira in sostanza ad ottenere che tutte le autorizzazioni in scadenza prima del 31 dicembre 2010 possano essere rinnovate e possano produrre i propri effetti sino a tale data, mi porta ad esaminare il motivo incentrato sulla violazione del principio della parità di trattamento.

ii)    Sulla violazione del principio di uguaglianza

–       Argomenti delle parti

435. Il Regno del Belgio sostiene che la decisione della Commissione crea una discriminazione ingiustificabile tra i centri la cui autorizzazione è scaduta poco prima dell’adozione della decisione, che possono così godere degli effetti del regime controverso fino al 31 dicembre 2010, e quelli la cui autorizzazione è scaduta dopo la notifica della decisione, ai quali non è concessa alcuna misura transitoria. Esso sostiene che tale discriminazione è ingiustificata, poiché tali centri si trovano in situazioni economiche comparabili.

436. Il Regno del Belgio sostiene che la decisione della Commissione ha così l’effetto di trattare i centri di coordinamento che beneficiano del regime in questione da molti anni in modo meno favorevole rispetto a quelli che hanno ottenuto l’autorizzazione più di recente. Esso afferma che, per evitare ogni discriminazione, la Commissione avrebbe dovuto prevedere che tutti i centri in questione potessero beneficiare di tale regime fino al 31 dicembre 2010.

437. La Commissione contesta tale argomento. Essa sostiene che tutti i centri di coordinamento si trovano nella medesima posizione rispetto alla normativa belga, godendo di un’autorizzazione decennale, ed afferma di aver trattato tali centri in maniera identica prevedendo che ciascuno di essi potesse beneficiare dell’intero periodo di autorizzazione fino al suo termine. Essa avrebbe così preso in considerazione gli investimenti realizzati e gli impegni presi per la durata dell’autorizzazione decennale. Essa ritiene tuttavia che, qualora tali investimenti ed impegni superino la durata dell’autorizzazione, ciò derivi da un rischio assunto dall’impresa.

438. La Commissione ritiene che, in tale situazione, la concessione di un periodo transitorio di prolungamento dell’applicazione del regime controverso ai centri con autorizzazione in scadenza dopo la notifica della sua decisione costituirebbe una disparità di trattamento. Tutti i centri dovrebbero confrontarsi nello stesso modo con l’esistenza di investimenti ed impegni a lungo termine, qualunque sia la data di scadenza della loro autorizzazione negli anni 2003-2010.

–       Valutazione

439. Secondo la giurisprudenza, il principio generale di uguaglianza impone che situazioni analoghe non siano trattate in modo dissimile, e che situazioni diverse non siano trattate nello stesso modo, a meno che una differenziazione non sia obiettivamente giustificata (129).

440. La Commissione sostiene di non avere in questo caso ignorato tale principio, poiché tutti i centri si troverebbero nella stessa situazione rispetto alla normativa belga, dovrebbero confrontarsi nello stesso modo con l’esistenza di investimenti e impegni a lungo termine e sarebbero stati trattati da essa in modo identico, con la previsione che essi possano beneficiare delle proprie autorizzazioni fino alla scadenza delle stesse.

441. Non ritengo che la posizione della Commissione possa essere condivisa, poiché essa si basa sulla premessa che, al momento dell’adozione della sua decisione, i centri di coordinamento non vantassero un legittimo affidamento circa il rinnovo della propria autorizzazione. Ho mostrato in precedenza come tale premessa, a mio avviso, sia errata. Se partiamo dal presupposto inverso, secondo il quale tali centri potevano legittimamente ritenere che le norme del Trattato in materia di aiuti di stato non si opponessero al rinnovo della loro autorizzazione, dobbiamo osservare che la logica delle misure transitorie adottate dalla Commissione nella sua decisione 17 febbraio 2003 conduce ad una disparità di trattamento.

442. Se infatti partiamo dal presupposto che i centri di coordinamento potessero legittimamente confidare nella continuità d’applicazione del regime fiscale in discussione, sembra innegabile che il divieto di qualsiasi rinnovo, per qualsiasi durata, crei una disparità di trattamento tra gli stessi, in funzione della data di scadenza della rispettiva autorizzazione, poiché quelli la cui autorizzazione è stata rinnovata nel 2001 o nel 2002 potranno beneficiare degli effetti del regime contestato fino al 31 dicembre 2010, mentre quelli la cui autorizzazione viene a scadere prima di tale ultima data non potranno più beneficiare del regime in questione oltre la scadenza.

443. Inoltre, non ritengo che tale disparità di trattamento possa essere giustificata dal fatto che i centri di coordinamento hanno ottenuto la loro prima autorizzazione in date differenti. In altri termini, non credo che il fatto che un centro di coordinamento sia stato autorizzato per la prima volta nel 1985 ed abbia ottenuto il rinnovo dell’autorizzazione nel 1995 giustifichi il fatto che il suo diritto di godere del regime contestato si concluda nel 2005, mentre un centro autorizzato per la prima volta nel 1990, con rinnovo nel 2000, possa goderne fino al 2010.

444. Mi sembra altrettanto possibile sostenere che un centro di coordinamento che godeva di tale regime da oltre 18 anni al momento dell’adozione della decisione della Commissione non merita meno di un centro che ha iniziato la propria attività da tredici anni di godere degli effetti del detto regime fino al limite fissato dalla Commissione per la completa eliminazione degli effetti del regime stesso, poiché esso ha organizzato le proprie attività e si è sviluppato in funzione di tale regime fiscale, nella prospettiva della continuità dello stesso, da un tempo ancora maggiore.

445. La mancanza di giustificazioni per la disparità di trattamento introdotta dal regime controverso è inoltre confermata, a mio avviso, dal fatto che la scelta della data a partire dalla quale nessuna autorizzazione può essere rinnovata per qualunque durata è caduta sulla data di notifica della decisione di chiusura del procedimento d’indagine formale, che ha natura ampiamente discrezionale. Sarebbe così stato sufficiente che la Commissione pronunciasse la propria decisione di chiusura di tale procedimento allo scadere del termine di 18 mesi previsto dall’art. 7 del regolamento n. 659/1999 (130) perché il centro di coordinamento la cui autorizzazione è scaduta il 30 giugno 2003 potesse ottenerne il rinnovo, e quindi, ai sensi dell’art. 2 della decisione della Commissione, godere anch’esso del regime contestato fino al 31 dicembre 2010.

446. Sulla base di queste considerazioni, ritengo che la Commissione, nella sua decisione 17 febbraio 2003, abbia violato il principio generale di uguaglianza, prevedendo che le autorizzazioni ancora valida a tale data potessero produrre effetti sino al 31 dicembre 2010, e che le autorizzazioni in scadenza prima di quest’ultima data non potessero essere rinnovate in alcun modo e non potessero produrre i loro effetti sino a tale data.

447. Alla luce di tutte questa valutazioni, propongo alla Corte di annullare la decisione della Commissione nella parte in cui vieta al Regno del Belgio di rinnovare, anche solo temporaneamente, le autorizzazioni ancora valida alla data di notifica di tale decisione e con scadenza anteriore al 31 dicembre 2010.

448. Poiché tale proposta consente di accogliere il ricorso del Regno del Belgio, e quindi la domanda subordinata della Forum 187, non sembra necessario procedere all’esame degli altri motivi invocati da tali ricorrenti.

4.      Sulle spese

449. Ai sensi dell’art. 69, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese, se ne è stata fatta domanda. In base all’art. 69, n. 3, la Corte può ripartire le spese se le parti soccombono rispettivamente su uno o più capi delle loro domande.

450. La Forum 187 chiede la condanna della Commissione alle spese, comprese quelle relative alla causa T-276/02. Tuttavia, le spese di tale causa sono state poste a suo carico dal Tribunale nella sua ordinanza 2 giugno 2003, che ha dichiarato irricevibile il suo ricorso contro la decisione di apertura del procedimento d’indagine formale. La domanda della Forum 187 relativa alle spese può quindi essere esaminata solo relativamente alle spese per la presente fase e a quelle del procedimento sommario, riservate nella citata ordinanza 26 giugno 2003.

451. Se la Corte seguirà le mie proposte, poiché la Forum 187 è parzialmente soccombente sulle sue domande nella causa C-217/03, propongo di ripartire le spese come segue: la Forum 187 sopporterà la metà delle proprie spese nella causa C-217/03; la Commissione sopporterà le proprie spese in tale causa e la metà di quelle della Forum 187; infine, la Commissione sopporterà le spese della causa C-217/03 R.

452. Allo stesso modo, poiché il ricorso del Regno del Belgio è dichiarato fondato, propongo alla Corte di porre a carico della Commissione le sue spese e quelle di detto Stato membro nelle cause C-182/03 e C-182/03 R.

VI – Conclusioni

453. Alla luce di tutti gli elementi che precedono, propongo alla Corte di dichiarare quanto segue:

–       Nella causa C-399/03

1)      La decisione del Consiglio 16 luglio 2003, 2003/531/CE, relativa alla concessione da parte del governo belga di un aiuto per taluni centri di coordinamento stabiliti in Belgio, è annullata.

2)      Il Consiglio dell’Unione europea è condannato alle spese.

–       Nelle cause riunite C-182/03 e C-217/03

1)      La decisione della Commissione 17 febbraio 2003, C(2003) 564, relativa al regime di aiuti al quale il Belgio ha dato esecuzione a favore dei centri di coordinamento stabiliti in Belgio, come rettificata dal corrigendum 23 aprile 2003, è annullata nella parte in cui vieta al Regno del Belgio di rinnovare, anche solo temporaneamente, le autorizzazioni ancora valide alla data di notifica di tale decisione e con scadenza anteriore al 31 dicembre 2010.

2)      Per il resto, il ricorso della Forum 187 ASBL è respinto.

3)      La Forum 187 ASBL è condannata a sopportare la metà delle proprie spese nella causa C-217/03. La Commissione delle Comunità europee è condannata a sopportare le proprie spese nonché la metà di quelle della Forum 187 ASBL in detta causa. La Commissione delle Comunità europee è condannata alle spese nella causa C-217/03 R.

4)      La Commissione delle Comunità europee è condannata alle spese nelle cause C-182/03 e C-182/03 R.


1 – Lingua originale: il francese.


2 – Decisione della Commissione C(2003) 564 def., relativa al regime di aiuti al quale il Belgio ha dato esecuzione a favore dei centri di coordinamento stabiliti in Belgio, come rettificata con corrigendum datato 23 aprile 2003 (in prosieguo: la «decisione della Commissione» o la «decisione 17 febbraio 2003»).


3 – Decisione 2003/531/CE, relativa alla concessione da parte del governo belga di un aiuto per taluni centri di coordinamento stabiliti in Belgio (GU L 184, pag. 17; in prosieguo: la «decisione del Consiglio» o la «decisione 16 luglio 2003»).


4 – In prosieguo: la «Forum 187».


5 – Regolamento del Consiglio 22 marzo 1999, recante modalità di applicazione dell'articolo [88 CE] (GU L 83, pag. 1).


6 –      L'art. 4 del regolamento n. 659/1999 prevede che la Commissione, quando le è stata notificata nella sua interezza una misura nazionale, deve, entro due mesi, adottare una decisione affermando che tale misura non costituisce un aiuto, oppure che si tratta di un aiuto compatibile con il mercato comune, o ancora che tale misura suscita dubbi sulla sua compatibilità con tale mercato, dubbi che rendono necessaria l'apertura del procedimento d'indagine formale. Ai sensi dell'art. 4, n. 6, del citato regolamento, qualora la Commissione non abbia adottato una decisione entro tale termine di due mesi, l'aiuto si ritiene autorizzato.


7 –      L'art. 15 del regolamento n. 659/1999 riguarda il termine di prescrizione, e prevede che i poteri della Commissione per quanto riguarda il recupero degli aiuti sono soggetti ad un periodo di prescrizione di dieci anni. L'art. 15, n. 3, di tale regolamento prevede che ogni aiuto per il quale è maturata la prescrizione è considerato un aiuto esistente.


8 – Regio decreto n. 187, relativo alla creazione di centri di coordinamento (Moniteur belge 13 gennaio 1983; in prosieguo: il «regio decreto n. 187»).


9 – Controricorso della Commissione nella causa C-217/03 (punti 27 e 31).


10 – L'art. 1, n. 2, del regio decreto n. 187 cita le seguenti attività: «pubblicità, diffusione e raccolta di informazioni, assicurazioni e riassicurazioni, ricerca scientifica, rapporti con le autorità nazionali e internazionali, centralizzazione contabile, amministrativa e informatica, centralizzazione di operazioni finanziarie e di copertura dei rischi derivanti dalle fluttuazioni dei tassi di cambio, nonché tutte le attività preparatorie o ausiliarie per le società del gruppo».


11 – GU 1991, C 63, pag. 37. L'interrogazione scritta comprendeva più questioni, formulate nel modo seguente:


«Con la disciplina relativa allo status di “centro di coordinamento” (1982) il Belgio offre un interessante trattamento fiscale alle imprese con dimensione operativa internazionale. Della normativa si avvalgono attualmente 213 imprese, cui se ne aggiungeranno altre 54 (…).


1. Risponde al vero che un'analoga normativa vige in Irlanda, Lussemburgo e Austria?


2. Oltre all'Irlanda e al Lussemburgo, vi sono altri Stati membri della CEE che contano di introdurre norme di questo tipo?


3. Sono tali misure, che rappresentano importanti strumenti di concorrenza fra gli Stati membri, state tutte notificate alla Commissione conformemente all'articolo [88, n. 3, CE] e sono esse compatibili con l'articolo [10 CE] e l'articolo [87 CE]?


4. Intende la Commissione far uso della propria prerogativa di proporre a tali Stati “le opportune misure richieste dal graduale sviluppo o dal funzionamento del mercato comune” (articolo [88, n. 1, CE])?».


Il Commissario alla concorrenza ha risposto:


«Esistono effettivamente in vari Stati membri (Francia, Repubblica federale di Germania, Lussemburgo, Paesi Bassi e Regno Unito) delle normative fiscali relative all'imposizione delle sedi centrali dei gruppi multinazionali stabiliti in Europa per evitare loro la doppia imposizione, in particolare mediante determinazione forfettaria dell'utile imponibile. Secondo la Commissione tali normative fiscali non ricadono nel disposto degli articoli [87 CE] e [88 CE].


Quanto alla regolamentazione applicabile ai centri di coordinamento in Belgio, dopo la modifica apportata dal governo belga alle prime disposizioni già comunicate, la Commissione ha ritenuto che l'attuale regolamentazione non solleva obiezioni da parte sua alla luce delle disposizioni dell'articolo [87 CE]».


12 – Risoluzione del Consiglio e dei rappresentanti dei governi degli Stati membri, riuniti in sede di Consiglio, 1 dicembre 1997, su un codice di condotta in materia di tassazione delle imprese (GU 1998, C 2, pag. 2).


13 – GU C 384, pag. 3.


14 – Allegati 17, pag. 5, e 18, pagg. 7 e 8, al ricorso del Regno del Belgio.


15 – Punto 33 della lettera della Commissione, contenuta nell'allegato 23 al ricorso del Regno del Belgio.


16 – GU C 147, pag. 2.


17 – Punti 76 e 77 della decisione di apertura del procedimento d'indagine formale.


18 – Punto 10 dell'allegato 29 al ricorso del Regno del Belgio.


19 –      Corsivo mio, al fine di evidenziare la correzione.


20 – Decisione 2005/378/CE, concernente il regime di aiuti cui il Belgio intende dare esecuzione a favore dei centri di coordinamento (GU 2005, L 125, pag. 10).


21 – Causa C-110/02, Racc. pag. I-6333.


22 – Punto 47.


23 – Decisione del Consiglio 21 gennaio 2002, 2002/114/CE, concernente l'autorizzazione alla concessione di un aiuto da parte del governo del Portogallo agli allevatori portoghesi di suini beneficiari delle misure concesse nel 1994 e 1998 (GU L 43, pag. 18).


24 – Tredicesimo 'considerando' della decisione 2002/114.


25 – Sentenza Commissione/Consiglio (cit., punto 33).


26 – Sentenza Commissione/Consiglio (cit., punti  44-45).


27 – Punto 33.


28 – Questa analisi è ulteriormente rafforzata dai motivi addotti dal rappresentante permanente del Belgio presso l'Unione europea a sostegno della domanda di autorizzazione delle misure in questione, esposti nelle sue lettere al Consiglio datate 28 marzo e 20 maggio 2003. Egli osserva, infatti, che il governo belga riteneva che la decisione della Commissione, non consentendo il rinnovo dell'autorizzazione di tali centri, violasse il loro legittimo affidamento e che il medesimo governo intendeva continuare ad applicare a favore di essi fino al 31 dicembre 2005 il regime fiscale dei centri di coordinamento.


29 – Punto 35.


30 – Ricorso del Regno del Belgio (punto 18).


31 – Punti 45 e 46.


32 – GU 2000, L 308, pag. 26.


33 – V., in tal senso, sentenza 15 giugno 1994, causa C-137/92 P, Commissione/BASF e a. (Racc. pag. I-2555, punto 68).


34 – Punto 36 della replica della Forum 187.


35 – Causa Forum 187/Commissione, che ha condotto all'ordinanza del Tribunale 2 giugno 2003 (Racc. pag. II-2075).


36 – Sentenza del Tribunale 11 febbraio 1999, causa T-86/96 (Racc. pag. II-179; in prosieguo: la «sentenza ADL»).


37 – Sentenza del Tribunale 12 dicembre 1996, causa T-380/94 (Racc. pag. II-2169).


38 – Sentenza 2 febbraio 1988, cause riunite 67/85, 68/85 e 70/85 (Racc. pag. 219).


39 – Sentenza 15 luglio 1963, causa 25/62 (Racc. pag. 195, in particolare pag. 220).


40 – Sentenza del Tribunale 29 settembre 2000, causa T-55/99 (Racc. pag. II-3207).


41 – Sentenza 19 ottobre 2000, cause riunite C-15/98 e C-105/99 (Racc. pag. I-8855).


42 – Sentenza 29 aprile 2004, causa C-298/00 P (Racc. pag. I-4087).


43 – Secondo la tabella di cui all'allegato A 4 al ricorso, le otto pratiche di rinnovo pendenti alla data d'adozione della decisione della Commissione sarebbero relative a due casi per i quali l'autorizzazione poteva decorrere a partire da luglio e da ottobre 2003, a cinque per i quali l'inizio poteva essere il 1° gennaio 2004 e ad uno per il quale poteva essere il 1° gennaio 2005.


44 – Sentenza 7 dicembre 1993, causa C-6/92, Federmineraria e a./Commissione (Racc. pag. I-6357, punto 17).


45 – Sentenze 24 marzo 1993, causa C-313/90, CIRFS e a./Commissione (Racc. pag. I-1125, punti 29 e 30), e AIUFFASS e AKT/Commissione (cit., punto 50).


46 – V., in particolare, sentenze 23 aprile 1986, causa 294/83, Parti écologiste «Les Verts»/Parlamento (Racc. pag. 1339, punto 19), CIRFS e a./Commissione (cit., punto 23), e Italia/Commissione (cit., punto 35).


47 – Sentenza 14 dicembre 1962, cause riunite 16/62 e 17/62, Confédération nationale des producteurs de fruits et légumes e a./Consiglio (Racc. pag. 877, in particolare pagg. 894 e 895), ordinanza 18 dicembre 1997, causa C-409/96 P, Sveriges Betodlares e Henrikson/Commissione (Racc. pag. I-7531, punto 45), ADL (cit., punto 55), e ordinanza del Tribunale 29 aprile 1999, causa T-78/98, Unione provinciale degli agricoltori di Firenze e a./Commissione (Racc. pag. II-1377, punto 36).


48 – Sentenze del Tribunale 6 luglio 1995, cause riunite da T-447/93 a T-449/93, AITEC e a./Commissione (Racc. pag. II-1971, punto 60), e ADL (cit., punto 65).


49 – Sentenza 13 dicembre 2005, causa C-78/03 P (non ancora pubblicata nella Raccolta).


50 – Punto 56. V. anche sentenza 23 maggio 2000, causa C-106/98 P, Comité d’entreprise de la Société française de production e a./Commissione (Racc. pag. I-3659, punti 42 e 45).


51 – V., in tal senso, sentenza ADL (cit., punto 62).


52 – Sentenza 18 maggio 1994, causa C-309/89 (Racc. pag. I-1853, punto 19).


53 – V., in particolare, sentenza 5 maggio 1998, causa C-386/96 P, Dreyfus/Commissione (Racc. pag. I-2309, punto 43 e giurisprudenza ivi citata).


54 – V., in particolare, sentenza 1 aprile 2004, causa C-263/02 P, Commissione/Jégo-Quéré (Racc. pag. I-3425, punto 45).


55 – Citate sentenze Van der Kooy e a./Commissione (punto 15), Federmineraria e a./Commissione (punto 14), e Italia e Sardegna Lines/Commissione (punto 33).


56 – Sentenze 1 luglio 1965, cause riunite 106/63 e 107/63, Toepfer e Getreide-Import/Commissione (Racc. pag. 497, in particolare pagg. 505 e 506), 17 gennaio 1985, causa 11/82, Piraiki-Patraiki e a./Commissione (Racc. pag. 207, punto 31), 26 giugno 1990, causa C-152/88, Sofrimport/Commissione (Racc. pag. I-2477, punto 11), e 11 febbraio 1999, causa C-390/95 P, Antillean Rice Mills e a./Commissione (Racc. pag. I-769, punti 25-30). Sentenze del Tribunale 14 settembre 1995, cause riunite T-480/93 e T-483/93, Antillean Rice Mills e a./Commissione (Racc. pag. II-2305, punto 67), e 17 gennaio 2002, causa T-47/00, Rica Foods/Commissione (Racc. pag. II-113, punto 41).


57 – La Corte ha dichiarato ricevibile il ricorso proposto da due società importatrici di cereali in Germania contro la decisione della Commissione, che autorizzava retroattivamente tale Stato membro ad adottare misure di salvaguardia in base alle quali le loro domande di licenze d'importazione erano state respinte.


58 – Sentenza 23 novembre 1971, causa 62/70 (Racc. pag. 897). In tale sentenza la Corte ha dichiarato ricevibile il ricorso proposto da una società importatrice di generi alimentari contro una decisione della Commissione che autorizzava la Repubblica federale di Germania ad escludere dal trattamento comunitario determinati prodotti originari della Cina e messi in libera pratica nei paesi del Benelux, nella parte in cui riguardava anche le importazioni di prodotti per le quali tali domande di licenza erano pendenti presso l'amministrazione tedesca alla data della sua entrata in vigore. In data 4 settembre 1970 la ricorrente aveva chiesto all'autorità tedesca competente una licenza d'importazione per un lotto di funghi cinesi posti in libera pratica nei Paesi Bassi. Il successivo 11 settembre, detta autorità l'aveva informata che avrebbe respinto la domanda una volta autorizzata a ciò dalla Commissione. Con decisione 15 settembre 1970, la Commissione ha autorizzato la Repubblica federale di Germania ad escludere dal trattamento comunitario non soltanto le domande di importazione future di funghi neri originari della Cina, ma anche le domande pendenti.


59 – Sentenze 27 novembre 1984, rispettivamente causa 232/81 (Racc. pag. 3881) e causa 264/81 (Racc. pag. 3915). Si trattava di ricorsi proposti da imprese aggiudicatarie nei confronti di un regolamento della Commissione abrogante un regolamento precedente, in base al quale l'ente di intervento italiano aveva posto in vendita un certo quantitativo di olio d'oliva. La Corte ha osservato che, essendo il negozio già perfezionato tra le parti della vendita, «qualsiasi intervento da parte delle istituzioni comunitarie, nel senso di impedire all'[ente di intervento italiano] di adempiere i propri obblighi nei confronti degli offerenti designati dall'estrazione a sorte, costituiva necessariamente un atto riguardante questi ultimi direttamente e individualmente» (punto 11 delle due sentenze).


60 – Sentenza 18 novembre 1975, causa 100/74 (Racc. pag. 1393).


61 – Si trattava di una società che aveva ottenuto, in data 19 luglio 1974, una licenza d'esportazione per 10 000 tonnellate d'orzo, valida fino al 16 ottobre 1974. Ai sensi di un regolamento del Consiglio, i prezzi di riferimento e di intervento applicabili in particolare ai cereali dovevano beneficiare di un aumento del 5% a partire dal 7 ottobre 1974. Tuttavia la Commissione, con regolamento 4 ottobre 1974, aveva previsto che tale provvedimento non si applicasse alle licenze di esportazione concesse prima del 7 ottobre, privando così la ricorrente del beneficio dell'aumento previsto dal Consiglio per le 3 978 tonnellate d'orzo che essa doveva ancora esportare tra il 7 e il 16 ottobre. La Corte ha ammesso la ricevibilità del ricorso proposto dalla ricorrente contro il regolamento della Commissione. Essa ha affermato che tale regolamento, negando ad un certo gruppo di operatori economici e con riferimento a specifiche esportazioni il beneficio dell'aumento dell'importo della restituzione, riguardava un numero determinato e noto di esportatori di cereali, e che tale provvedimento, anche se parte di un atto a carattere normativo, interessava tali esportatori a causa di una situazione di fatto che li contraddistingueva rispetto ad ogni altro soggetto.


62 – Citate sentenze Italia e Sardegna Lines/Commissione (punto 34), e Italia/Commissione (punto 39).


63 – Sentenza del Tribunale 28 settembre 2004, causa T-310/00, MCI/Commissione (non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 44 e giurisprudenza ivi citata).


64 – Ibidem (punto 45 e giurisprudenza ivi citata).


65 – Il ricorso del Regno del Belgio, in quanto proposto da un ricorrente privilegiato, è ricevibile; secondo la giurisprudenza, inoltre, uno Stato membro ha un interesse giuridicamente rilevante ad impugnare un atto di un'istituzione in quanto esso lede gli interessi di taluni operatori economici (sentenza 19 novembre 1998, causa C-284/94, Spagna/Consiglio, Racc. pag. I-7309, punto 42 e giurisprudenza ivi citata).


66 – Così, nella citata sentenza Piraiki-Patraiki e a./Commissione, talune imprese esportatrici di cotone sono state considerate individualmente interessate dalla decisione della Commissione, che aveva autorizzato la Repubblica francese a disporre misure di salvaguardia contro le importazioni di cotone provenienti dalla Grecia, in quanto dette ricorrenti avevano già concluso contratti la cui esecuzione era impedita da tale decisione e inoltre poiché la Commissione era tenuta, ai sensi dell'art. 130 dell'Atto relativo alle condizioni di adesione della Repubblica ellenica ed agli adattamenti dei trattati (GU 1979, L 291, pag. 17), in applicazione del quale tale decisione era stata presa, ad informarsi sulle ripercussioni negative che essa avrebbe potuto avere per le imprese interessate. Ugualmente, nella citata sentenza Sofrimport/Commissione, la società Sofrimport è stata ritenuta individualmente interessata da due regolamenti della Commissione che avevano sospeso il rilascio di licenze di importazione nella Comunità europea di mele di provenienza cilena, in quanto essa era importatrice di prodotti in corso di spedizione, e il testo sulla base del quale i regolamenti contestati erano stati adottati imponeva alla Commissione di tener conto, al momento di adottare provvedimenti di sospensione delle licenze di importazione, della situazione particolare di tali prodotti.


67 – Punto 12.


68 – Punto 28.


69 – V., in tal senso, sentenza Parti écologiste «Les Verts»/Parlamento, cit., nella quale la Corte ha affermato la ricevibilità del ricorso proposto da tale partito politico contro gli atti dell'Ufficio di presidenza del Parlamento europeo relativi alla ripartizione degli stanziamenti, in quanto dichiarare il ricorso irricevibile avrebbe creato una disparità di tutela giurisdizionale tra formazioni concorrenti (punto 36).


70 – Sentenze della Corte 3 marzo 1982, causa 14/81, Alpha Steel/Commissione (Racc. pag. 749, punto 10), 26 febbraio 1987, causa 15/85, Consorzio Cooperative d’Abruzzo/Commissione (Racc. pag. 1005, punto 12), 20 giugno 1991, causa C-248/89, Cargill/Commissione (Racc. pag. I-2987, punto 20), 17 aprile 1997, causa C-90/95 P, De Compte/Parlamento (Racc. pag. I-1999, punto 35), e del Tribunale 20 novembre 2002, causa T-251/00, Lagardère e Canal+/Commissione (Racc. pag. II-4825, punto 140).


71 – Sentenza 15 dicembre 1987, causa 325/85, Irlanda/Commissione (Racc. pag. 5041, punto 18).


72 – Sentenza 15 febbraio 1996, causa C-63/93, Duff e a. (Racc. pag. I-569, punto 20).


73 – Idem.


74 – Sentenza 22 marzo 1961, cause riunite 42/59 e 49/59, Snupat/Alta Autorità (Racc. pag. 97, in particolare pag.  153).


75 – Sentenza Italia/Commissione (cit., punto 42 e giurisprudenza ivi citata).


76 – Sentenza 25 luglio 2002, causa C-50/00 P (Racc. pag. I-6677, punto 40).


77 – Sentenza 16 maggio 2000, causa C-83/98 P, Francia/Ladbroke Racing e Commissione (Racc. pag. I-3271, punto 25). V. anche sentenza del Tribunale 16 settembre 2004, causa T-274/01, Valmont/Commissione (non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 37).


78 – Sentenza Italia e Sardegna Lines/Commissione (cit., punto 51), e 29 aprile 2004, causa C-278/00, Grecia/Commissione (Racc. pag. I-3997, punto 24).


79 – Sentenze 16 maggio 2002, causa C-482/99, Francia/Commissione (Racc. pag. I-4397, punto 68), 24 luglio 2003, causa C-280/00, Altmark Trans e Regierungspräsidium Magdeburg (Racc. pag. I-7747, punto 74), e 20 novembre 2003, causa C-126/01, GEMO (Racc. pag. I-13769, punto 21).


80 – Citate sentenze Francia/Ladbroke Racing e Commissione (punto 25), e Valmont/Commissione (punto 37).


81 – V., in particolare, sentenze 12 dicembre 2002, causa C-5/01, Belgio/Commissione (Racc. pag. I-11991, punto 32 e giurisprudenza ivi citata), e GEMO (cit., punto 28 e giurisprudenza ivi citata).


82 – Sentenze 15 marzo 1994, causa C-387/92, Banco Exterior de España (Racc. pag. I-877, punto 14), e 19 maggio 1999, causa C-6/97, Italia/Commissione (Racc. pag. I-2981, punto 16).


83 – Sono considerate, in particolare: le retribuzioni e i benefici sociali diretti dei membri della direzione e del personale, i contributi previdenziali a carico del datore di lavoro, i premi pagati dal datore di lavoro per assicurazioni volontarie, nonché le pensioni di anzianità e di reversibilità (circolare 29 novembre 1993, n. Ci.RH.421/439.244, capo III, lett.  F, punto 42).


84 – Il concetto di «oneri finanziari» è definito al medesimo punto 42 della circolare sopra citata come comprendente interessi, commissioni e spese relativi ai debiti; la riduzione del valore contabile di crediti extracommerciali, di investimenti a breve termine e di mezzi liquidi; le minusvalenze sulla realizzazione di attivo circolante diverse dai crediti commerciali, dagli investimenti a breve termine e dai mezzi liquidi; lo sconto a carico del centro interessato sulla negoziazione dei crediti; le differenze di cambio e le fluttuazioni delle monete, nonché tutte le altre spese che, conformemente alla normativa contabile, si devono considerare oneri finanziari.


85 – - V. Principes applicables en matière de prix de transfert à l’intention des entreprises multinationales et des administrations fiscales, Parigi, Éditions de l’OCDE, 2001, pagg. II-12 e VII-1.


86 – V. in proposito l'esempio di calcolo contenuto al punto 50 della circolare 29 novembre 1993, n. Ci.RH.421/439.244.


87 – Direttiva del Consiglio 17 luglio 1969, concernente le imposte indirette sulla raccolta di capitali (GU L 249, pag. 25), come modificata dalla direttiva del Consiglio 10 giugno 1985, 85/303/CEE (GU L 156, pag. 23; in prosieguo: la «direttiva 69/335»).


88 – L'art. 7, n. 1, della direttiva 69/335 è del seguente tenore:


«Gli Stati membri esentano dall'imposta sui conferimenti le operazioni diverse da quelle di cui all'articolo 9 e che, alla data del 1° luglio 1984, erano esentate o assoggettate ad un'aliquota pari o inferiore a 0,50%.


L'esenzione è sottoposta alle condizioni che a tale data erano applicabili per la concessione dell'esenzione o, se del caso, per l'assoggettamento ad un'aliquota pari o inferiore a 0,50%.


(…)»


89 – Direttiva del Consiglio 23 luglio 1990, concernente il regime fiscale comune applicabile alle società madri e figlie di Stati membri diversi (GU L 225, pag. 6).


90 – Sentenza del Tribunale 27 gennaio 1998, causa T-67/94, Ladbroke Racing/Commissione (Racc. pag. II-1, punto 52).


91 – Sentenze 1 dicembre 1998, causa C-200/97, Ecotrade (Racc. pag. I-7907, punto 40); 17 giugno 1999, causa C-75/97, Belgio/Commissione (Racc. pag. I-3671, punto 26), e causa C-295/97, Piaggio (Racc. pag. I-3735, punto 39); 13 febbraio 2003, causa C-409/00, Spagna/Commissione (Racc. pag. I-1487, punto 47), e 3 marzo 2005, causa C-172/03, Heiser (Racc. pag. I-1627, punto 40 e giurisprudenza ivi citata).


92 – Citate sentenze Spagna/Commissione (punto 47) e Heiser (punto 40).


93 – Sentenza 17 marzo 1993, cause riunite C-72/91 e C-73/91 (Racc. pag. I-887).


94 – Tale attività, come descritta dalle parti della controversia, consiste nella centralizzazione quotidiana, da parte di un centro di coordinamento, delle eccedenze di cassa di talune società del gruppo a cui il centro appartiene, e nel prestito di tali eccedenze ad altre società del medesimo gruppo.


95 – Sentenza 29 aprile 2004, causa C-308/01, GIL Insurance e a. (Racc. pag. I-4777, punto 72 e giurisprudenza ivi citata). V., per un'applicazione recente, sentenza 14 aprile 2005, cause riunite C-128/03 e C-129/03, AEM e AEM Torino (Racc. pag. I-2861, punto 39).


96 – Sentenza 29 aprile 2004, causa C-159/01, Paesi Bassi/Commissione (Racc. pag. I-4461, punto 43).


97 – V., in particolare, le citate sentenze Francia/Commissione (punto 24 e giurisprudenza ivi citata) e GEMO (punto 24).


98 – Keppenne, J.-P., Guide des aides d’État en droit communautaire - Réglementation, jurisprudence et pratique de la Commission, Bruxelles, Bruylant, 1999, pag. 112, punto 141.


99 – V., in tal senso, sentenze Banco Exterior de España (cit., punti 13 e 14), 19 maggio 1999, Italia/Commissione (cit., punto 16), e 19 settembre 2000, causa C-156/98, Germania/Commissione (Racc. pag. I-6857, punti 25 e 26).


100 – Sentenze 17 settembre 1980, causa 730/79, Philip Morris/Commissione (Racc. pag. 2671, punto 11), e 11 novembre 1987, causa 259/85, Francia/Commissione (Racc. pag. 4393, punto 24).


101 – Citate sentenze Philip Morris/Commissione (punto 11) e Germania/Commissione (punto 33).


102 – Sentenza del Tribunale 17 febbraio 2000, causa T-241/97 (Racc. pag. II-309).


103 – V., in particolare, sentenze 9 luglio 1969, causa 1/69, Italia/Commissione (Racc. pag. 277, punto 9), e 7 marzo 2002, causa C-310/99, Italia/Commissione (Racc. pag. I-2289, punto 48).


104 – Sentenze 14 maggio 1975, causa 74/74, CNTA/Commissione (Racc. pag. 533, punto 44), e Sofrimport/Commissione (cit., punto 26).


105 – Sentenze 14 ottobre 1999, causa C-104/97 P, Atlanta/Comunità europea (Racc. pag. I-6983, punto 52), e 7 giugno 2005, causa C-17/03, VEMW e a. (Racc. pag. I-4983, punto 73).


106 – Sentenze 19 maggio 1992, cause riunite C-104/89 e C-37/90, Mulder e a./Consiglio e Commissione (Racc. pag. I-3061, punto 15), e 4 ottobre 2001, causa C-403/99, Italia/Commissione (Racc. pag. I-6883, punto 35).


107 – V., in tal senso, sentenze Duff e a. (cit., punto 20), e 18 maggio 2000, causa C-107/97, Rombi e Arkopharma (Racc. pag. I-3367, punto 66).


108 – Sentenze 19 maggio 1983, causa 289/81, Mavridis/Parlamento (Racc. pag. 1731, punto 21), 10 gennaio 1992, causa C-177/90, Kühn (Racc. pag. I-35, punto 14), Rombi e Arkopharma (cit., punto 67), nonché 15 luglio 2004, causa C-459/02, Gerekens e Procola (Racc. pag. I-7315, punto 29).


109 – Sentenza 25 maggio 2000, causa C-82/98 P, Kögler/Corte di giustizia (Racc. pag. I-3855, punto 33), ordinanza 13 dicembre 2000, causa C-44/00 P, Sodima/Commissione (Racc. pag. I-11231, punti 50-52), e sentenza 6 marzo 2001, causa C-274/99 P, Connolly/Commissione (Racc. pag. I-1611, punto 113).


110 – Sentenze 11 marzo 1987, causa 265/85, Van den Bergh en Jurgens e Van Dijk Food Products/Commissione (Racc. pag. 1155, punto 44), 15 aprile 1997, causa C-22/94, Irish Farmers Association e a. (Racc. pag. I-1809, punto 25), 15 luglio 2004, cause riunite C-37/02 e C-38/02, Di Lenardo e Dilexport (Racc. pag. I-6911, punto 70), e VEMW e a. (cit., punto 74).


111 – V., per alcuni esempi di tale ponderazione degli interessi in gioco, sentenze De Compte/Parlamento (cit., punto 39), e 17 luglio 1997, causa C-183/95, Affish (Racc. pag. I-4315, punto 57).


112 – Tale legittimo affidamento, come si è visto, è esplicitamente riconosciuto dalla Commissione al punto 122 della sua decisione.


113 – Allegato 36 al ricorso del Regno del Belgio (pag. 9).


114 – V. anche, in tal senso, sentenza 11 luglio 1985, cause riunite 87/77, 130/77, 22/83, 9/84 e 10/84, Salerno e a./Commissione e Consiglio (Racc. pag. 2523, punto 59).


115 – Sentenza 20 marzo 1997, causa C-24/95, Alcan Deutschland (Racc. pag. I-1591, punto 25 e giurisprudenza ivi citata).


116 – Allegato 17 al ricorso del Regno del Belgio.


117 – Allegato 39 al ricorso del Regno del Belgio.


118 – Punto 150. Il fatto che tale punto della decisione 17 febbraio 2003 faccia parte dell'analisi del carattere selettivo del regime, e non della valutazione del legittimo affidamento, come ha rilevato la Commissione al punto 172 del suo controricorso, non intacca il senso di tale affermazione né la sua rilevanza per valutare il legittimo affidamento.


119 – Punto 119.


120 – Punto 98.


121 – Sentenza 15 febbraio 2001, causa C-99/98, Austria/Commissione (Racc. pag. I-1101, punti 73 e 85).


122 – Ibidem (punto 73).


123 – Sentenze 5 ottobre 1994, causa C-47/91, Italia/Commissione (Racc. pag. I-4635, punto 21), e 10 maggio 2005, causa C-400/99, Italia/Commissione (Racc. pag. I-3657, punto 57). Secondo la Corte, «se non procedesse in tal modo, la Commissione potrebbe, in occasione dell'esame di ciascun aiuto individuale, modificare la sua decisione di approvazione del regime di aiuti, la quale presupponeva già un esame alla luce dell'art. [87 CE]. I principi del legittimo affidamento e della certezza del diritto in tal caso sarebbero posti a repentaglio tanto per gli Stati membri quanto per gli operatori economici, poiché aiuti individuali rigorosamente conformi alla decisione di approvazione del regime di aiuti in qualsiasi momento potrebbero essere rimessi in discussione dalla Commissione» (sentenza 5 ottobre 1994, Italia/Commissione, cit., punto 24).


124 – V., in particolare, sentenza Atlanta/Comunità europea (cit., punto 52).


125 – V. punto 2 di tale comunicazione.


126 – Punto 119.


127 – V. comunicati stampa dell'11 luglio 2001 e del 27 febbraio 2002, contenuti rispettivamente negli allegati B3 e B5 al controricorso della Commissione nella causa C-182/03.


128 – Punto 199.


129 – Sentenze 27 marzo 1980, cause riunite 66/79, 127/79 e 128/79, Salumi e a. (Racc. pag. 1237, punto 14), e 6 marzo 2003, causa C-14/01, Niemann (Racc. pag. I-2279, punto 49 e giurisprudenza ivi citata).


130 – L'art. 7, n. 6, del regolamento n. 659/1999 prevede che la Commissione «si adopera» per adottare una decisione entro 18 mesi dall'avvio del procedimento, anche se tale termine può essere prorogato di comune accordo tra la Commissione e lo Stato membro interessato.