Causa C-291/03
MyTravel plc
contro
Commissioners of Customs & Excise
(domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal VAT and Duties Tribunal, Manchester)
«Sesta direttiva IVA — Regime delle agenzie di viaggi — Viaggi “tutto compreso” — Prestazioni acquisite presso terzi e prestazioni proprie — Metodo di calcolo dell’imposta»
Conclusioni dell’avvocato generale P. Léger, presentate il 12 maggio 2005
Sentenza della Corte (Terza Sezione) 6 ottobre 2005
Massime della sentenza
1. Diritto comunitario — Effetto diretto — Imposte nazionali incompatibili con il diritto comunitario — Restituzione — Modalità — Applicazione del diritto nazionale — Limiti — Rispetto dei principi di equivalenza e di effettività del diritto comunitario
2. Questioni pregiudiziali — Interpretazione — Effetti nel tempo delle sentenze d’interpretazione — Effetto retroattivo — Limitazioni da parte della Corte
(Art. 234 CE)
3. Disposizioni fiscali — Armonizzazione delle legislazioni — Imposte sulla cifra d’affari — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Regime particolare delle agenzie di viaggi — Ricalcolo del debito di imposta sul valore aggiunto secondo il metodo ritenuto conforme al diritto comunitario da parte della Corte — Ammissibilità — Condizioni
(Direttiva del Consiglio 77/388/CEE, art. 26)
4. Disposizioni fiscali — Armonizzazione delle legislazioni — Imposte sulla cifra d’affari — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Regime particolare delle agenzie di viaggi — Viaggi tutto compreso composti in parte da prestazioni proprie e in parte da prestazioni acquistate presso terzi — Calcolo dell’imposta — Applicazione del criterio del valore di mercato alle prestazioni proprie — Condizioni — Determinazione da parte del giudice nazionale del valore di mercato dei viaggi aerei
(Direttiva del Consiglio 77/388, art. 26)
1. In mancanza di disciplina comunitaria in materia di domande di rimborso di imposte indebitamente riscosse, spetta all’ordinamento giuridico interno di ciascuno Stato membro stabilire i requisiti al ricorrere dei quali tale diritto possa esercitarsi, purché essi rispettino i principi di equivalenza e di effettività, vale a dire, non siano meno favorevoli di quelli che riguardano casi analoghi di natura interna e non rendano praticamente impossibile l’esercizio dei diritti conferiti dall’ordinamento giuridico comunitario.
(v. punto 17)
2. Quando la Corte, nell’esercizio della competenza attribuitale dall’art. 234 CE, interpreta una norma di diritto comunitario, essa precisa il senso e la portata della norma stessa come avrebbe dovuto essere compresa e applicata dal momento della sua entrata in vigore. Infatti, una sentenza relativa a una questione pregiudiziale è destinata a produrre effetti su rapporti giuridici sorti prima della sentenza medesima. Ne consegue, segnatamente, che una norma di diritto comunitario in tal modo interpretata deve essere applicata da un organo amministrativo nell’ambito delle sue competenze anche a rapporti giuridici sorti e costituiti prima della pronunzia della sentenza della Corte che statuisce sulla questione pregiudiziale. Ciò può non verificarsi solo se, nella propria decisione, la Corte, in via eccezionale, limita nel tempo la portata della detta interpretazione.
(v. punti 16-17)
3. Un’agenzia di viaggi o un organizzatore di giri turistici che abbia compilato la propria dichiarazione relativa all’imposta sul valore aggiunto concernente un determinato esercizio in base al metodo contemplato dalla normativa nazionale che traspone nel diritto interno la sesta direttiva 77/388, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari, può ricalcolare il proprio debito di imposta sul valore aggiunto in base al metodo ritenuto dalla Corte conforme al diritto comunitario, secondo i requisiti previsti dal diritto nazionale, che devono rispettare i principi di equivalenza e di effettività.
(v. punto 18, dispositivo 1)
4. L’art. 26 della sesta direttiva 77/388, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra d’affari, deve essere interpretato nel senso che un’agenzia di viaggi o un organizzatore di giri turistici che fornisce ai viaggiatori, ad un prezzo forfettario, prestazioni acquisite presso terzi e prestazioni proprie, è tenuto, in linea di principio, ad isolare la frazione del viaggio “tutto compreso” corrispondente alle prestazioni proprie in base al loro valore di mercato, quando tale valore possa essere determinato. In tale ipotesi, il soggetto passivo può far ricorso al criterio dei costi reali solo qualora dimostri che tale criterio corrisponde fedelmente alla struttura effettiva del viaggio “tutto compreso”. L’applicazione del criterio del valore di mercato non è subordinata al requisito di una maggiore semplicità rispetto al metodo fondato sui costi reali né al requisito di sfociare in un debito dell’imposta sul valore aggiunto identico o analogo a quello che si sarebbe ottenuto sulla base del metodo fondato sui costi reali. Pertanto:
- un’agenzia di viaggi o un organizzatore di giri turistici non può utilizzare discrezionalmente il metodo basato sul valore di mercato e
- quest’ultimo metodo si applica alle prestazioni proprie il cui valore di mercato possa essere determinato, anche se, nell’ambito del medesimo periodo d’imposta, il valore di talune componenti proprie del pacchetto non può essere determinato in quanto il soggetto passivo non vende prestazioni analoghe al di fuori del viaggio “tutto compreso”.
Spetta al giudice del rinvio determinare, alla luce delle circostanze oggetto della causa principale, il valore di mercato dei viaggi aerei venduti nella causa principale nell’ambito di vacanze a prezzi forfettari. Il detto giudice può determinare tale valore di mercato sulla base di valori medi. In tale contesto, il mercato relativo ai posti venduti agli altri organizzatori di giri turistici può costituire il mercato più idoneo.
(v. punti 41, 45, dispositivo 2-3)
SENTENZA DELLA CORTE (Terza Sezione)
6 ottobre 2005(*)
«Sesta direttiva IVA – Regime delle agenzie di viaggi – Viaggi “tutto compreso” – Prestazioni acquisite presso terzi e prestazioni proprie – Metodo di calcolo dell’imposta»
Nel procedimento C-291/03,
avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, dal VAT and Duties Tribunal, Manchester (Regno Unito) con decisione 30 giugno 2003, pervenuta in cancelleria il 4 luglio 2003, nella causa
MyTravel plc
contro
Commissioners of Customs & Excise,
LA CORTE (Terza Sezione),
composta dal sig. A. Rosas, presidente di sezione, dai sigg. A. Borg Barthet (relatore), J.-P. Puissochet, S. von Bahr e U. Lõhmus, giudici,
avvocato generale: sig. P. Léger
cancelliere: sig.ra M. M. Ferreira, amministratore principale
vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 25 novembre 2004,
considerate le osservazioni presentate:
– per la MyTravel plc, dagli avv.ti N. Gibbon, solicitor, e J. Woolf, barrister,
– per il governo del Regno Unito, dal sig. K. Manji, in qualità di agente, assistito dal sig. N. Paines, Q.C.;
– per la Commissione delle Comunità europee, dal sig. R. Lyal, in qualità di agente,
sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 12 maggio 2005,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1 La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’art. 26 della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (GU L 145, pag. 1; in prosieguo: la «sesta direttiva»).
2 Tale questione è stata sottoposta alla Corte nell’ambito di una controversia tra la società MyTravel plc (in prosieguo: la «MyTravel») e i Commissioners of Customs & Excise riguardo all’applicabilità alla detta società del regime previsto dall’art. 26 della sesta direttiva, successivamente alla sentenza 22 ottobre 1998, cause riunite C-308/96 e C-94/97, Madgett e Baldwin (Racc. pag. I-6229).
Contesto normativo
3 L’art. 11, parte A, n. 1, lett. a), della sesta direttiva prevede che la base imponibile dell’imposta sul valore aggiunto (in prosieguo: l’«IVA») è formata da «tutto ciò che costituisce il corrispettivo versato o da versare al fornitore o al prestatore per tali operazioni da parte dell’acquirente, del destinatario o di un terzo (…)».
4 L’art. 26 della detta direttiva, che istituisce un regime particolare per le operazioni delle agenzie di viaggi e degli organizzatori di giri turistici, prevede quanto segue:
«1. Gli Stati membri applicano l’imposta sul valore aggiunto alle operazioni delle agenzie di viaggi conformemente al presente articolo, nella misura in cui tali agenzie agiscano in nome proprio nei confronti del viaggiatore o utilizzino, per l’esecuzione del viaggi, cessioni e prestazioni di servizi di altri soggetti passivi. Il presente articolo non è applicabile alle agenzie di viaggi che agiscono unicamente quali intermediari e alle quali è applicabile l’articolo 11, parte A, paragrafo 3, lettera c). Ai sensi del presente articolo sono considerati come agenzie di viaggi anche gli organizzatori di giri turistici.
2. Le operazioni effettuate dall’agenzia di viaggi per la realizzazione del viaggio sono considerate come una prestazione di servizio unica fornita dall’agenzia di viaggi al viaggiatore. Essa è assoggettata all’imposta nello Stato membro in cui l’agenzia di viaggi ha la sede della sua attività economica o uno stabilimento permanente a partire dal quale essa ha fornito la prestazione di servizi. Per questa prestazione di servizi è considerata come base imponibile e come prezzo al netto dell’imposta, ai sensi dell’articolo 22, paragrafo 3, lettera b), il margine dell’agenzia di viaggi, cioè la differenza tra l’importo totale a carico del viaggiatore, al netto dell’imposta sul valore aggiunto, ed il costo effettivo sostenuto dall’agenzia di viaggi per le cessioni e le prestazioni di servizi di altri soggetti passivi, nella misura in cui da tali operazioni il viaggiatore tragga direttamente vantaggio.
3. Se le operazioni per le quali l’agenzia di viaggi ha fatto ricorso ad altri soggetti passivi sono effettuate da questi ultimi al di fuori della Comunità, la prestazione di servizi dell’agenzia è assimilata ad un’attività di intermediario, esente ai sensi dell’articolo 15, punto 14. Se tali operazioni sono effettuate sia all’interno che all’esterno della Comunità, deve essere considerata esente solo la parte della prestazione di servizi dell’agenzia di viaggi che concerne le operazioni effettuate al di fuori della Comunità.
4. Gli importi dell’imposta sul valore aggiunto imputati all’agenzia di viaggi da altri soggetti passivi per le operazioni di cui al paragrafo 2 e dalle quali il viaggiatore trae direttamente vantaggio non sono né deducibili né rimborsabili in alcuno Stato membro».
5 L’art. 26 della sesta direttiva è stato trasposto nel diritto interno per mezzo dell’art. 53 della legge del 1994 relativa all’imposta sul valore aggiunto (Value Added Tax Act 1994), nonché del regolamento del 1987 relativo all’imposta sul valore aggiunto applicabile agli organizzatori di giri turistici [Value Added Tax (Tour Operators) Order 1987]. Le disposizioni della normativa nazionale sono state precisate con circolare 709/5/88, successivamente con circolare 709/5/96 dei Commissioners of Customs & Excise, relativa al regime degli utili applicabile agli organizzatori di giri turistici (Tour Operators’ Margin Scheme VAT Notice; in prosieguo: il «regime TOMS»). Il detto regime prevede che l’importo totale percepito dall’organizzatore di un viaggio o di giro turistico sia ripartito tra prestazioni acquisite presso terzi e prestazioni proprie, in base al costo effettivo di ogni componente.
Causa principale e questioni pregiudiziali
6 La MyTravel organizza vacanze “tutto compreso” in paesi stranieri. La detta società acquista sistematicamente l’alloggio presso terzi. Tuttavia, poiché possiede una propria compagnia aerea, garantisce in genere il trasporto dei viaggiatori verso la loro destinazione di vacanze. Essa vende al pubblico anche singoli biglietti aerei, qualificati come biglietti di solo volo («seat only»), corrispondenti a posti a bordo dei propri apparecchi o a posti acquistati presso altre società, nonché vende posti ad altri organizzatori di giri turistici, detti «posti venduti in qualità di intermediario» («broked seats»). La società ha dichiarato l’IVA relativa agli anni dal 1995 al 1999 applicando il regime TOMS. A seguito della citata sentenza Madgett e Baldwin, essa ha ricalcolato il proprio debito IVA per gli anni dal 1995 al 1997 sulla base del valore di mercato dei posti venduti nell’ambito delle vacanze “tutto compreso”.
7 Per determinare tale valore di mercato la MyTravel ha utilizzato due metodi. Per il 1995 e, apparentemente, per il 1996, ha assunto come base il costo dei biglietti aerei venduti nell’ambito dei pacchetti, al quale ha aggiunto una percentuale detta «di accrescimento» pari a quella che afferma di aver realizzato nello stesso periodo sulle vendite di singoli biglietti aerei. Nel corso del 1995 la MyTravel ha venduto anche pacchetti vacanze a prezzo forfettario comprensivi di crociere, di viaggi aerei con noleggio di autoveicolo e di alloggi in campeggio. Tuttavia, essa ha ricalcolato il suo debito applicando il metodo del valore di mercato solo per quanto riguarda i viaggi aerei, ritenendo di non avere termini di confronto adeguati per le altre prestazioni proprie.
8 Per il 1997 la MyTravel, basandosi su un documento interno chiamato «Relazione sulla redditività degli itinerari» («Route Profitability Report»), ha stimato in GBP 153 il ricavo medio lineare da essa ottenuto sui biglietti aerei venduti al pubblico al di fuori del pacchetto. Secondo la MyTravel, tale importo si applica a tutti i biglietti venduti.
9 Dopo avere ricalcolato su tali basi il costo dei biglietti aerei venduti nell’ambito delle vacanze “tutto compreso”, la MyTravel ha chiesto ai Commissioners of Customs & Excise il rimborso della somma di GBP 212 000, GBP 2 004 857 e GBP 711 051, rispettivamente per gli anni dal 1995 al 1997. L’entità di tali importi deriva, in particolare, dal fatto che il metodo impiegato dalla MyTravel produce l’effetto di aumentare la percentuale del prezzo forfettario imputata al trasporto e dal fatto che questo, in forza del diritto nazionale vigente, è assoggettato ad imposta ad aliquota zero.
10 I Commissioners of Customs & Excise hanno respinto le domande della MyTravel. Come sostenuto dinanzi al giudice del rinvio, dalla citata sentenza Madgett e Baldwin emerge, a loro avviso, che, al fine di individuare la quota del pacchetto relativa alle prestazioni proprie, il metodo fondato sul valore di mercato non può essere utilizzato qualora, come nel caso della MyTravel, esso non offra il vantaggio della semplicità, produca un importo artificioso quanto all’utile realizzato sulle prestazioni acquisite presso terzi e modifichi sensibilmente il debito IVA. Secondo i Commissioners, inoltre, tale sentenza non consente di applicare il detto metodo selettivamente e la somma di GBP 153 non rappresenta il valore di mercato dei posti aerei venduti nell’ambito dei viaggi “tutto compreso”.
11 La MyTravel, al contrario, ha sostenuto che nella menzionata sentenza la Corte ha respinto l’argomento secondo cui il criterio dei costi effettivi rappresenterebbe un indicatore più affidabile del valore delle diverse componenti di un viaggio “tutto compreso”. Essa ha parimenti dedotto che dai due metodi non possono conseguire debiti IVA identici, perché ciò imporrebbe agli operatori di effettuare i calcoli corrispondenti a ciascuno di essi. Quanto alla motivazione accolta in tale sentenza, attinente alla maggiore semplicità del metodo basato sul valore di mercato, esso costituirebbe solo uno dei fattori presi in considerazione per giungere alla soluzione accolta, e non un requisito al quale sarebbe subordinata l’applicazione di detto metodo.
12 La MyTravel ritiene di poter legittimamente applicare il metodo basato sul valore di mercato, disponendo di un elemento di confronto soddisfacente, come avverrebbe per i trasporti aerei, e l’art. 26 della sesta direttiva non osterebbe, a suo avviso, alla contemporanea applicazione di detto metodo e di quello basato sui costi effettivi. Quanto all’importo di GBP 153, esso rappresenterebbe il valore medio dei biglietti aerei venduti separatamente e potrebbe costituire la base di valutazione dei viaggi forniti nell’ambito dei pacchetti dal momento che, nella citata sentenza Madgett e Baldwin, la Corte non ha richiesto che l’operatore determini il valore di mercato delle prestazioni proprie in base a prestazioni identiche, ma con riferimento a prestazioni analoghe.
13 Ciò premesso, il VAT and Duties Tribunal, Manchester, decideva di sospendere il giudizio e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:
«1) In quali circostanze, sempreché sia possibile, un organizzatore di giri turistici che ha compilato la propria dichiarazione [IVA] concernente un determinato esercizio in base al metodo dei costi effettivi, unico metodo contemplato dalla normativa nazionale di recepimento della direttiva, possa successivamente ricalcolare il debito IVA applicando parzialmente il metodo del valore di mercato descritto al punto 46 della [sentenza Madgett e Baldwin].
a) In particolare, se tale organizzatore di giri turistici possa applicare selettivamente il metodo del valore di mercato in relazione a esercizi diversi e, in caso affermativo, in quali circostanze.
b) Se un organizzatore di giri turistici che vende al pubblico singolarmente, al di fuori di un viaggio “tutto compreso”, talune prestazioni proprie incluse in detti viaggi (nella fattispecie, trasporti aerei), ma non vende al pubblico singolarmente altre prestazioni proprie incluse nei suoi viaggi “tutto compreso” (nella fattispecie, crociere e servizi di campeggio), possa:
– utilizzare il metodo del valore di mercato per tali viaggi (che costituiscono la grande maggioranza) nel caso in cui possa stabilire il valore di tutte le prestazioni proprie (nella fattispecie, i trasporti aerei) sulla base delle vendite al pubblico effettuate al di fuori dei viaggi “tutto compreso”;
– possa utilizzare, qualora il viaggio “tutto compreso” comprenda prestazioni proprie che detto organizzatore di giri turistici non vende singolarmente al pubblico (nella fattispecie, crociere e servizi di campeggio), il metodo del valore di mercato per stabilire il valore delle prestazioni proprie offerte al pubblico (nella fattispecie, trasporti aerei) nel caso in cui non sia stato possibile stabilire il valore di mercato delle altre componenti dei viaggi “tutto compreso”.
c) Se il ricorso ad una combinazione dei metodi debba essere a) più semplice, b) notevolmente più semplice o c) non notevolmente più complessa.
d) Se il metodo del valore di mercato debba condurre ad un debito IVA identico o molto simile a quello determinato applicando il metodo basato sui costi.
2) Se, nelle circostanze del caso di specie, la percentuale di prestazioni proprie relative al trasporto aereo venduta come componente di un viaggio “tutto compreso” consista: a) nel costo medio di un posto aereo aumentato dell’utile medio realizzato dall’organizzatore di giri turistici sulle vendite di posti di solo volo nell’esercizio considerato; ovvero: b) nel ricavo medio dal medesimo ottenuto sulle vendite di posti di solo volo nell’esercizio considerato».
Sulle questioni pregiudiziali
Sulla prima questione
14 Con la prima questione, che si articola in più capi, il VAT and Duties Tribunal, Manchester, chiede in sostanza se, ed al ricorrere di quali presupposti, un organizzatore di giri turistici quale la MyTravel possa ricalcolare l’utile imponibile ai sensi dell’art. 26 della sesta direttiva secondo il metodo del valore di mercato descritto nella citata sentenza Madgett e Baldwin.
Sul primo capo della prima questione
15 Occorre esaminare se un organizzatore di giri turistici che ha compilato la propria dichiarazione IVA per un periodo d’imposta applicando il metodo previsto dalla normativa nazionale di trasposizione della sesta direttiva possa legittimamente ricalcolare il proprio debito IVA in applicazione di una sentenza della Corte secondo il metodo ritenuto, in tale sentenza, conforme alla detta direttiva.
16 A tale riguardo, si deve ricordare che, quando la Corte, nell’esercizio della competenza attribuitale dall’art. 234 CE, interpreta una norma di diritto comunitario, essa precisa il senso e la portata della norma stessa come avrebbe dovuto essere compresa e applicata dal momento della sua entrata in vigore (v., in tal senso, sentenze 27 marzo 1980, causa 61/79, Denkavit italiana, Racc. pag. 1205, punto 16; 6 luglio 1995, causa C-62/93, BP Soupergaz, Racc. pag. I-1883, punto 39, e 13 gennaio 2004, causa C-453/00, Kühne & Heitz, Racc. pag. I-837, punto 21). Ciò può non verificarsi solo se, nella propria decisione, la Corte, in via eccezionale, limita nel tempo la portata della detta interpretazione (v., in tal senso, sentenze Denkavit Italiana, cit., punto 17; 29 novembre 2001, causa C-366/99, Griesmar, Racc. pag. I-9383, punto 74, e, per una recente applicazione di tali principi in materia di IVA, 17 febbraio 2005, cause riunite C-453/02 e C-462/02, Linneweber e Akritidis, Racc. pag. I-1131, punti 41-45).
17 Una sentenza relativa ad una questione pregiudiziale è destinata a produrre effetti su rapporti giuridici sorti prima della sentenza medesima. Ne consegue, segnatamente, che una norma di diritto comunitario in tal modo interpretata deve essere applicata da un organo amministrativo nell’ambito delle sue competenze anche a rapporti giuridici sorti e costituiti prima della pronunzia della sentenza della Corte che statuisce sulla questione pregiudiziale (v., in tal senso, sentenza Kühne & Heitz, cit., punto 22). In mancanza di disciplina comunitaria in materia di domande di rimborso di imposte, spetta all’ordinamento giuridico interno di ciascuno Stato membro stabilire i requisiti al ricorrere dei quali tale diritto possa esercitarsi, purché essi rispettino i principi di equivalenza e di effettività, vale a dire, non siano meno favorevoli di quelli che riguardano casi analoghi di natura interna e non rendano praticamente impossibile l’esercizio dei diritti conferiti dall’ordinamento giuridico comunitario (v., in tal senso, sentenze 9 novembre 1983, causa 199/82, San Giorgio, Racc. pag. 3595, punto 12, e 2 ottobre 2003, causa C-147/01, Weber’s Wine World e a., Racc. pag. I-11365, punto 103).
18 Ciò premesso, la prima parte della prima questione deve essere risolta nel senso che un’agenzia di viaggi o un organizzatore di giri turistici che abbia compilato la propria dichiarazione IVA concernente un determinato esercizio in base al metodo contemplato dalla normativa nazionale che traspone nel diritto interno la sesta direttiva può ricalcolare il proprio debito IVA in base al metodo ritenuto dalla Corte conforme al diritto comunitario, secondo i requisiti previsti dal diritto nazionale, che devono rispettare i principi di equivalenza e di effettività.
Sugli altri capi della prima questione
19 Si deve esaminare, in primo luogo, se la ripartizione del prezzo forfettario da parte di un soggetto passivo, ai sensi dell’art. 26 della sesta direttiva, in base al criterio del valore di mercato per prestazioni proprie sia subordinata al requisito che tale uso sia effettivamente più semplice nella specifica situazione del detto soggetto passivo e che sfoci in un debito IVA analogo a quello che si sarebbe ottenuto sulla base del criterio dei costi reali.
20 Riguardo, anzitutto, al criterio della semplicità, la MyTravel osserva che il fatto di subordinare l’uso del detto metodo per determinare l’IVA dovuta da un’agenzia di viaggi o da un organizzatore di giri turistici alla condizione che, nella situazione specifica di ogni soggetto passivo, il detto metodo sia effettivamente più semplice di quello fondato sui costi reali si risolverebbe nel far dipendere la determinazione della base imponibile, che costituisce un elemento essenziale del sistema dell’IVA, da una valutazione caratterizzata da incertezza e da un certo margine di soggettività.
21 Il governo del Regno Unito sostiene, invece, che un soggetto passivo quale la MyTravel non possa modificare le proprie dichiarazioni IVA applicando il criterio del valore di mercato, sulla base del rilievo che il soggetto medesimo è stato in grado di effettuarle senza particolare difficoltà utilizzando il criterio dei costi reali e che da tale modifica consegue una rilevante riduzione del suo debito fiscale.
22 Orbene, come sottolineato dall’avvocato generale al paragrafo 51 delle conclusioni, dall’esame del punto 45 della citata sentenza Madgett e Baldwin emerge che i motivi per i quali la Corte ha ritenuto che il metodo basato sul valore di mercato presenti il vantaggio della semplicità non si ricollegano alle circostanze particolari di tale causa.
23 Ciò premesso, il ricorso al criterio del valore di mercato non è subordinato al requisito che esso sia più semplice di quello del metodo fondato sui costi reali.
24 Riguardo, inoltre, all’importo del debito IVA, si deve esaminare se il ricorso al metodo fondato sul valore di mercato sia subordinato alla condizione di sfociare in un debito IVA identico o analogo rispetto a quello che sarebbe stato ottenuto con il metodo fondato sul costo reale delle prestazioni.
25 Secondo il governo del Regno Unito, ai punti 45 e 46 della citata sentenza Madgett e Baldwin, la Corte, autorizzando l’uso del metodo fondato sul valore di mercato, è stata influenzata dalla previsione che tale metodo sfociasse in un debito IVA comparabile a quello calcolato sulla base del metodo fondato sui costi reali.
26 Si deve rilevare che la circostanza che il ricorso a tali due metodi porti a calcolare un debito fiscale analogo appare, come descritta in un inciso al punto 46 della citata sentenza Madgett e Baldwin, un elemento ad abundantiam.
27 Inoltre, dall’interpretazione opposta, sostenuta dal governo del Regno Unito, conseguirebbe l’obbligo dei soggetti d’imposta, dopo aver compilato la propria dichiarazione fiscale conformemente al metodo fondato sul valore di mercato, di effettuare in ogni modo le operazioni necessarie per il calcolo del debito IVA secondo il metodo basato sui costi reali, limitando in tal modo l’utilità del metodo fondato sul valore di mercato.
28 Ciò premesso, il fatto che un soggetto passivo ai sensi dell’art. 26 della sesta direttiva, che fornisce ai viaggiatori, ad un prezzo forfettario, prestazioni acquisite presso terzi e prestazioni proprie, ricorra al criterio del valore di mercato per ripartire il detto prezzo forfettario non è pertanto subordinato al requisito che il criterio medesimo conduca a un debito IVA analogo a quello che si otterrebbe facendo uso del criterio dei costi reali.
29 Si deve esaminare se l’uso del criterio del valore di mercato, quando tale valore sia determinabile, debba essere lasciato alla discrezionalità del soggetto passivo.
30 Si deve ricordare che il principio di base sul quale si fonda il sistema dell’IVA risiede nel fatto che il sistema di tale imposta al consumo mira a gravare unicamente sul consumatore finale. L’IVA è esattamente proporzionale al prezzo dei beni e dei servizi e viene riscossa dai soggetti passivi ad ogni fase del processo di produzione o di distribuzione per conto dell’amministrazione tributaria alla quale essi sono tenuti a versarla. Secondo il principio di base di tale sistema e le sue modalità di funzionamento, l’IVA da riscuotere da parte delle autorità fiscali deve essere pari all’imposta effettivamente pagata dal consumatore finale (v., in tal senso, sentenza 24 ottobre 1996, causa C-317/94, Elida Gibbs, Racc. pag. I-5339, punti 18-24). I requisiti di applicazione del regime particolare previsto dall’art. 26 della sesta direttiva a favore delle agenzie di viaggi e degli organizzatori di giri turistici, quando il soggetto passivo fornisce al viaggiatore a un prezzo forfettario, al contempo, prestazioni acquisite presso terzi e prestazioni proprie, non dovrebbero mettere in discussione tale principio di base del sistema dell’IVA.
31 Orbene, dalla citata sentenza Madgett e Baldwin risulta che il metodo fondato sul valore di mercato può essere accolto quando sia possibile isolare la parte del forfait corrispondente alla prestazione propria sulla base del valore di mercato delle prestazioni analoghe a quelle che fanno parte del forfait medesimo. Tuttavia, ciò non deve indurre a riconoscere a un soggetto passivo la facoltà di ricorrere discrezionalmente a tale metodo, a seconda che ciò abbia o meno l’effetto di ridurre il debito fiscale del soggetto passivo stesso rispetto al debito fiscale che risulterebbe dal ricorso al metodo fondato sui costi reali.
32 Il fatto di riconoscere una siffatta facoltà ai soggetti passivi potrebbe produrre la conseguenza di consentire loro di aumentare artificialmente la base imponibile assoggettata al tasso meno elevato, creando in tal modo una disparità concorrenziale tra operatori economici, favorendo quelli che hanno posto la sede della loro attività o uno stabilimento fisso in uno Stato membro che tassa talune operazioni con aliquote estremamente ridotte o addirittura a tasso zero, come nel Regno Unito per quanto riguarda il trasporto di persone. Una siffatta interpretazione potrebbe, conseguentemente, porsi in contrasto con il principio di neutralità dell’IVA.
33 Orbene, si deve ricordare, a tal riguardo, che il legislatore comunitario, come emerge dal nono ‘considerando’ della sesta direttiva, ha voluto che la base imponibile fosse armonizzata «affinché l’applicazione alle operazioni imponibili dell’aliquota comunitaria conduca a risultati comparabili in tutti gli Stati membri». Tale armonizzazione, pertanto, tende a garantire che situazioni analoghe da un punto di vista economico o commerciale siano assoggettate ad un trattamento identico riguardo all’applicazione del sistema dell’IVA. Tale armonizzazione contribuisce, in tal modo, a garantire la neutralità del sistema.
34 Come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 68 delle conclusioni, è corretta la posizione della Commissione delle Comunità europee, secondo la quale la ripartizione del prezzo forfettario tra le prestazioni acquisite presso terzi e le prestazioni proprie dovrebbe essere effettuata sulla base del valore di mercato di queste ultime prestazioni, ogni volta che tale valore possa essere determinato. Per contro, come parimenti rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 69 delle conclusioni medesime, è difficile escludere totalmente una deroga a tale principio. Pertanto, è possibile ammettere che un’agenzia di viaggi o un organizzatore di giri turistici che sia in grado di dimostrare che il metodo basato sui costi effettivi rende fedelmente conto della struttura reale del viaggio “tutto compreso” possa procedere alla ripartizione dei propri prezzi forfettari applicando tale metodo al posto di quello basato sul valore di mercato.
35 Alla luce delle suesposte considerazioni, un’agenzia di viaggi o un organizzatore di giri turistici che fornisca ai viaggiatori, ad un prezzo forfettario, prestazioni acquisite presso terzi e prestazioni proprie, è tenuto, in linea di principio, ad individuare la frazione del viaggio “tutto compreso” corrispondente alle prestazioni proprie sulla base del loro valore di mercato, quando tale valore possa essere determinato, a meno di non poter dimostrare che, per il periodo d’imposta di cui trattasi, il metodo fondato sul criterio dei costi reali corrisponde fedelmente alla struttura effettiva del viaggio “tutto compreso”.
36 Inoltre, spetta all’amministrazione tributaria nazionale e, se del caso, al giudice nazionale valutare se sia possibile individuare la frazione del viaggio “tutto compreso” corrispondente alle prestazioni proprie sulla base del loro valore di mercato e, in tale contesto, determinare il mercato più idoneo.
37 Infine, il giudice del rinvio chiede, sostanzialmente, come procedere alla ripartizione del prezzo forfettario quando il soggetto passivo non sia in grado di determinare il valore di mercato di talune prestazioni proprie, non vendendo prestazioni analoghe singolarmente al di fuori del viaggio “tutto compreso”. Lo stesso giudice chiede pertanto se, in tale situazione, il detto criterio si applichi, comunque, alle prestazioni proprie il cui valore di mercato possa essere determinato.
38 A tale riguardo, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 77 delle conclusioni, la circostanza che il valore di mercato non possa essere determinato per tutte le prestazioni proprie fornite dal soggetto passivo non può giustificare la deroga all’applicazione di tale criterio per valutare prestazioni il cui valore possa essere determinato. In una tale fattispecie, è vero che il soggetto passivo si trova costretto a ripartire il prezzo forfettario utilizzando i due metodi di calcolo per le prestazioni proprie. Tuttavia, tale applicazione combinata dei due metodi non dovrebbe scontrarsi con difficoltà di ordine pratico insormontabili.
39 Inoltre, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 79 delle medesime conclusioni, benché l’art. 26 della sesta direttiva sia diretto ad adeguare le norme applicabili in materia di IVA alle specificità dell’attività di un’agenzia di viaggi e a ridurre così le difficoltà pratiche che potrebbero intralciare detta attività, il regime stabilito da tale articolo, contrariamente a quello instaurato a favore delle piccole imprese e dei produttori agricoli, non mira a semplificare gli obblighi contabili che implica il sistema normale dell’IVA. Infatti, il n. 3 del detto articolo prevede che, nel caso in cui le operazioni per le quali tali operatori economici hanno fatto ricorso ad altri soggetti passivi vengano effettuate tanto all’interno quanto all’esterno della Comunità europea, sia esentata solo la frazione del prezzo forfettario concernente le operazioni svolte fuori della Comunità. L’applicazione di tale disposizione può del pari obbligare le agenzie di viaggi a procedere ad operazioni relativamente tecniche di ripartizione dei loro prezzi forfettari.
40 Ciò premesso, in un’ipotesi come quella oggetto della causa principale, non vi sono motivi sufficienti per escludere l’applicazione del criterio del valore di mercato. Un soggetto passivo, nell’ambito del medesimo periodo d’imposta, può pertanto applicare il criterio del valore di mercato a talune prestazioni e non ad altre quando non sia in grado di determinare il valore di mercato di tali altre prestazioni.
41 Gli altri capi della prima questione devono essere pertanto risolti nel senso che l’art. 26 della sesta direttiva deve essere interpretato nel senso che un’agenzia di viaggi o un organizzatore di giri turistici che fornisce ai viaggiatori, ad un prezzo forfettario, prestazioni acquisite presso terzi e prestazioni proprie, è tenuto, in linea di principio, ad isolare la frazione del viaggio “tutto compreso” corrispondente alle prestazioni proprie in base al loro valore di mercato, quando tale valore possa essere determinato. In tale ipotesi, il soggetto passivo può far ricorso al criterio dei costi reali solo qualora dimostri che tale criterio corrisponde fedelmente alla struttura effettiva del viaggio “tutto compreso”. L’applicazione del criterio del valore di mercato non è subordinata al requisito di una maggiore semplicità rispetto al metodo fondato sui costi reali né al requisito di sfociare in un debito IVA identico o analogo a quello che si sarebbe ottenuto sulla base del metodo fondato sui costi reali. Pertanto:
– un’agenzia di viaggi o un organizzatore di giri turistici non può utilizzare discrezionalmente il metodo basato sul valore di mercato e
– quest’ultimo metodo si applica alle prestazioni proprie il cui valore di mercato possa essere determinato, anche se, nell’ambito del medesimo periodo d’imposta, il valore di talune componenti proprie del pacchetto non può essere determinato in quanto il soggetto passivo non vende prestazioni analoghe singolarmente al di fuori del viaggio “tutto compreso”.
Sulla seconda questione
42 Con la seconda questione, il giudice del rinvio chiede se, nella fattispecie oggetto della causa principale, la frazione delle prestazioni proprie relative al trasporto aereo venduta come componente di un viaggio “tutto compreso” sia individuabile con riferimento al costo medio di un posto aereo aumentato dell’utile medio ottenuto dall’organizzatore di giri turistici sulle vendite di posti di solo volo nell’esercizio finanziario di cui trattasi, ovvero se tale frazione sia individuabile con riferimento al ricavo medio ottenuto dall’organizzatore di giri turistici sulle vendite di posti di solo volo nel medesimo esercizio finanziario.
43 Si deve ricordare che, nell’ambito dell’art. 234 CE, la Corte non è competente ad applicare le norme comunitarie ad una fattispecie concreta, ma unicamente a pronunciarsi sull’interpretazione del Trattato CE e degli atti emanati dagli organi della Comunità (v., segnatamente, sentenze 15 luglio 1964, causa 100/63, Van der Veen, Racc. pag. 1091, in particolare pag. 1106; 2 dicembre 1964, causa 24/64, Dingemans, Racc. pag. 1241, in particolare pag. 1255; 22 ottobre 1998, cause riunite C-9/97 e C-118/97, Jokela e Pitkäranta, Racc. pag. I-6267, punto 30; 25 febbraio 1999, causa C-86/97, Trans-Ex-Import, Racc. pag. I-1041, punto 15; 7 settembre 1999, causa C-61/98, De Haan, Racc. pag. I-5003, punto 29, e 10 maggio 2001, causa C-203/99, Veedfald, Racc. pag. I-3569, punto 31). Tuttavia, nell’ambito dell’interpretazione dell’art. 26 della sesta direttiva ed alla luce delle informazioni già comunicate riguardo alle modalità della ripartizione del prezzo forfettario quando il soggetto passivo fornisca prestazioni acquisite presso terzi e prestazioni proprie, occorre procedere alla soluzione della seconda questione nella parte in cui in essa si chiede se sia possibile basarsi, per determinare il valore di mercato, su valori medi.
44 A tale riguardo, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 86 delle sue conclusioni, niente impedisce una tale pratica. Un valore medio può rivelarsi più rappresentativo quando, come nella causa principale, i prezzi di prestazioni analoghe vendute al di fuori del viaggio “tutto compreso” presentino variazioni rilevanti. Il giudice del rinvio, che deve determinare, in ogni caso specifico, il valore che meglio corrisponde alla ratio della sesta direttiva, può dunque legittimamente determinare il valore di mercato dei viaggi aerei venduti dalla MyTravel nell’ambito di vacanze “tutto compreso” in base al prezzo medio di vendita dei biglietti aerei venduti da tale soggetto passivo per la stessa destinazione o per una destinazione comparabile. Spetterà al detto giudice apportare a tali medie le correzioni necessarie per tenere conto del fatto che, ad esempio, nell’ambito dei viaggi “tutto compreso”, alcuni posti aerei sono offerti ai figli dei viaggiatori gratuitamente o a prezzi ridotti.
45 Alla luce delle suesposte considerazioni, la seconda questione deve essere risolta nel senso che spetta al giudice del rinvio determinare, alla luce delle circostanze oggetto della causa principale, il valore di mercato di viaggi aerei venduti nella causa principale a prezzi forfettari. Il detto giudice può determinare tale valore di mercato sulla base di valori medi. In tale contesto, il mercato relativo ai posti venduti agli altri organizzatori di giri turistici può costituire il mercato più idoneo.
Sulle spese
46 Nei confronti delle parti della causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.
Per questi motivi, la Corte (Terza Sezione) dichiara:
1) Un’agenzia di viaggi o un organizzatore di giri turistici che abbia compilato la propria dichiarazione relativa all’imposta sul valore aggiunto concernente un determinato esercizio in base al metodo contemplato dalla normativa nazionale che traspone nel diritto interno la sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme, può ricalcolare il proprio debito di imposta sul valore aggiunto in base al metodo ritenuto dalla Corte conforme al diritto comunitario, secondo i requisiti previsti dal diritto nazionale, che devono rispettare i principi di equivalenza e di effettività.
2) L’art. 26 della sesta direttiva 77/388 deve essere interpretato nel senso che un’agenzia di viaggi o un organizzatore di giri turistici che fornisce ai viaggiatori, ad un prezzo forfettario, prestazioni acquisite presso terzi e prestazioni proprie, è tenuto, in linea di principio, ad isolare la frazione del viaggio “tutto compreso” corrispondente alle prestazioni proprie in base al loro valore di mercato, quando tale valore possa essere determinato. In tale ipotesi, il soggetto passivo può far ricorso al criterio dei costi reali solo qualora dimostri che tale criterio corrisponde fedelmente alla struttura effettiva del viaggio “tutto compreso”. L’applicazione del criterio del valore di mercato non è subordinata al requisito di una maggiore semplicità rispetto al metodo fondato sui costi reali né al requisito di sfociare in un debito dell’imposta sul valore aggiunto identico o analogo a quello che si sarebbe ottenuto sulla base del metodo fondato sui costi reali. Pertanto:
– un’agenzia di viaggi o un organizzatore di giri turistici non può utilizzare discrezionalmente il metodo basato sul valore di mercato e
– quest’ultimo metodo si applica alle prestazioni proprie il cui valore di mercato possa essere determinato, anche se, nell’ambito del medesimo periodo d’imposta, il valore di talune componenti proprie del pacchetto non può essere determinato in quanto il soggetto passivo non vende prestazioni analoghe al di fuori del viaggio “tutto compreso”.
3) Spetta al giudice del rinvio determinare, alla luce delle circostanze oggetto della causa principale, il valore di mercato di viaggi aerei venduti nella causa principale a prezzi forfettari. Il detto giudice può determinare tale valore di mercato sulla base di valori medi. In tale contesto, il mercato relativo ai posti venduti agli altri organizzatori di giri turistici può costituire il mercato più idoneo.
Firme
* Lingua processuale: l'inglese.