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Causa C-434/03

P. Charles e T. S. Charles-Tijmens

contro

Staatssecretaris van Financiën

(domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dallo Hoge Raad der Nederlanden)

«Sesta direttiva IVA — Detrazione dell’imposta pagata a monte — Bene immobile utilizzato parzialmente per l’impresa e parzialmente a titolo privato»

Conclusioni dell’avvocato generale F.G. Jacobs, presentate il 20 gennaio 2005 

Sentenza della Corte (Grande Sezione) 14 luglio 2005 

Massime della sentenza

Disposizioni fiscali — Armonizzazione delle legislazioni — Imposte sulla cifra d’affari — Sistema comune di imposta sul valore aggiunto — Detrazione dell’imposta pagata a monte — Bene d’investimento utilizzato in parte per le necessità dell’impresa e in parte a titolo privato — Esclusione, ad opera di norme nazionali anteriori alla sesta direttiva, della destinazione dell’intero bene all’impresa e del diritto a detrazione dell’intera imposta dovuta per il suo acquisto — Inammissibilità

(Direttive del Consiglio 67/228/CEE, art. 11, e 77/388/CEE, artt. 6, n. 2, e 17, nn. 2 e 6)

Gli artt. 6, n. 2, e 17, nn. 2 e 6, della sesta direttiva 77/388, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari, come modificata dalla direttiva 95/7, devono essere interpretati nel senso che ostano ad una normativa nazionale, adottata prima dell’entrata in vigore di tale direttiva, che non consente ad un soggetto passivo di destinare interamente alla sua impresa un bene d’investimento utilizzato in parte per le necessità dell’impresa e in parte per fini estranei ad essa e, all’occorrenza, di detrarre integralmente e immediatamente l’imposta sul valore aggiunto dovuta sull’acquisto di siffatto bene.

Se è vero che l’art. 17, n. 6, della sesta direttiva consente ad uno Stato membro di mantenere una disciplina nazionale che esisteva prima dell’entrata in vigore di tale direttiva, tuttavia, tale disposizione presuppone che le esclusioni che gli Stati membri possono mantenere in vigore in forza di questa fossero legittime in forza della seconda direttiva 67/228, anteriore alla sesta direttiva. Al riguardo, l’art. 11 della seconda direttiva, prevedendo, al n. 4, che gli Stati membri potessero escludere dal sistema delle detrazioni «taluni beni e servizi, segnatamente quelli che sono suscettibili di essere utilizzati in tutto o in parte per soddisfare i bisogni privati del soggetto o del suo personale», non ha riconosciuto agli Stati membri un potere discrezionale assoluto di escludere tutti o quasi tutti i beni e servizi dal regime del diritto alla detrazione, in particolare tutti i beni nei limiti in cui sono utilizzati per le necessità private del soggetto passivo.

(v. punti 31-34, 36 e dispositivo)




SENTENZA DELLA CORTE (Grande Sezione)

14 luglio 2005 (*)

«Sesta direttiva IVA – Deduzione dell’imposta versata a monte – Bene immobile utilizzato parzialmente per l’impresa e parzialmente a titolo privato»

Nel procedimento C-434/03,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, dallo Hoge Raad der Nederlanden (Paesi Bassi) con decisione 10 ottobre 2003, pervenuta in cancelleria il 13 ottobre 2003, nella causa tra

P. Charles,

T. S. Charles-Tijmens

e

Staatssecretaris van Financiën,

LA CORTE (Grande Sezione),

composta dal sig. V. Skouris, presidente, dai sigg. P. Jann, C.W.A. Timmermans, A. Rosas, dalla sig.ra R. Silva de Lapuerta, dai sigg. K. Lenaerts e A. Borg Barthet, presidenti di sezione, dai sigg. S. von Bahr (relatore), J.N. Cunha Rodrigues, J. Makarczyk, P. Kūris, E. Juhász e G. Arestis, giudici,

avvocato generale: sig. F.G. Jacobs

cancelliere: sig.ra K. Sztranc, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito alla trattazione orale del 16 novembre 2004,

considerate le osservazioni presentate:

–       per il sig. Charles e la sig.ra Charles-Tijmens, dai sigg. E.H. van den Elsen, advisuer, e G. Volkerink, belastingsadviseur;

–       per il governo dei Paesi Bassi, dalle sig.re H.G. Sevenster e C. ten Dam, in qualità di agenti;

–       per il governo tedesco, dalla sig.ra A. Tiemann, in qualità di agente;

–       per la Commissione delle Comunità europee, dalla sig.ra L. Ström van Lier e dal sig. A. Weimar, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 20 gennaio 2005,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1       La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione degli artt. 6, n. 2, nonché 17, nn. 1, 2 e 6, della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (GU L 145, pag. 1), come modificata dalla direttiva del Consiglio 10 aprile 1995, 95/7/CE (GU L 102, pag. 18; in prosieguo: la «sesta direttiva»).

2       Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra, da una parte, il sig. Charles e la sig.ra Charles-Tijmens e, dall’altra, lo Staatssecretaris van Financiën in ordine al rifiuto, da parte di quest’ultimo, di accogliere la loro domanda di rimborso integrale dell’imposta sul valore aggiunto (in prosieguo: l’«IVA») versata per un bungalow per le vacanze che viene dato in locazione per l’87,5 % del tempo di utilizzo e occupato a fini privati per il 12,5% di tale tempo.

 Contesto normativo

 La normativa comunitaria

3       L’art. 6, n. 2, della sesta direttiva così recita:

«Sono assimilati a prestazioni di servizi a titolo oneroso:

a)      l’uso di un bene destinato all’impresa per l’uso privato del soggetto passivo o per l’uso del suo personale o, più generalmente, a fini estranei alla sua impresa qualora detto bene abbia consentito una deduzione totale o parziale dell’imposta sul valore aggiunto;

b)      le prestazioni di servizi a titolo gratuito effettuate dal soggetto passivo per il proprio uso privato o ad uso del suo personale o, più generalmente, per fini estranei alla sua impresa.

Gli Stati membri hanno la facoltà di derogare alle disposizioni del presente paragrafo a condizione che tale deroga non dia luogo a distorsioni di concorrenza».

4       Ai sensi dell’art. 17, nn. 2 e 6, della sesta direttiva:

«2.      Nella misura in cui beni e servizi sono impiegati ai fini di sue operazioni soggette ad imposta, il soggetto passivo è autorizzato a dedurre dall’imposta di cui è debitore:

a)      l’imposta sul valore aggiunto dovuta o assolta all’interno del paese per i beni che gli sono o gli saranno ceduti e per i servizi che gli sono o gli saranno prestati da un altro soggetto passivo;

(…)

6.      Al più tardi entro un termine di quattro anni a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente direttiva, il Consiglio, con decisione all’unanimità adottata su proposta della Commissione, stabilisce le spese che non danno diritto a deduzione dell’imposta sul valore aggiunto. Saranno comunque escluse dal diritto a deduzione le spese non aventi un carattere strettamente professionale, quali le spese suntuarie, di divertimento o di rappresentanza.

Fino all’entrata in vigore delle norme di cui sopra, gli Stati membri possono mantenere tutte le esclusioni previste dalla loro legislazione nazionale al momento dell’entrata in vigore della presente direttiva».

 La normativa nazionale

5       L’art. 2 della legge del 1968, relativa all’imposta sul valore aggiunto (Wet op de omzetbelasting 1968; in prosieguo: la «legge relativa all’IVA»), dispone quanto segue:

«L’imposta che ha colpito le cessioni di beni e le prestazioni di servizi all’imprenditore, le acquisizioni intracomunitarie di beni da egli effettuate nonché le importazioni di merci ad esso destinate è dedotta dall’imposta da versare sulle cessioni di beni e le prestazioni di servizi».

6       Il diritto alla deduzione è specificato dall’art. 15 della legge relativa all’IVA nei seguenti termini:

«1.      L’imposta dedotta dall’imprenditore ai sensi dell’art. 2 è:

a)      l’imposta che altri imprenditori gli hanno fatturato mediante fattura redatta secondo le norme applicabili nel corso del periodo relativo alla dichiarazione per i beni ed i servizi che gli sono stati forniti;

(…)

nei limiti in cui l’imprenditore utilizzi tali beni e servizi nell’ambito della sua impresa (…)

(…)

4.      La deduzione dell’imposta è operata conformemente alla destinazione dei beni e dei servizi nel momento in cui l’imposta è fatturata all’imprenditore o nel momento in cui essa diviene esigibile. Se, nel momento in cui l’imprenditore si appresta ad utilizzare i beni ed i servizi, risulta che egli deduce la relativa imposta in proporzione superiore o inferiore a quella cui gli da diritto l’utilizzo dei beni o dei servizi, la parte eccedente dedotta è esigibile in tale momento. L’imposta divenuta esigibile è versata in conformità all’art. 14 [della legge relativa all’IVA].

La parte dell’imposta che poteva essere dedotta, ma non lo è stata, gli sarà restituita su sua richiesta.

(…)».

 Causa principale e questione pregiudiziale

7       Dalla decisione di rinvio risulta che il sig. Charles e la sig.ra Charles-Tijmens hanno acquistato congiuntamente, nel marzo 1997, un bungalow per le vacanze nei Paesi Bassi. Esso era destinato sia alla locazione sia all’uso privato, e nel periodo in esame nella causa principale, vale a dire dal 1° aprile al 30 giugno 1997 incluso, è stato dato in locazione per l’87,5% del tempo di utilizzo e occupato a scopi privati per il 12,5%.

8       Lo Hoge Raad der Nederlanden (Corte di cassazione dei Paesi Bassi) osserva che, in virtù di tale locazione, il sig. Charles e la sig.ra Charles-Tijmens sono soggetti passivi ai sensi della sesta direttiva e imprenditori ai sensi della legge relativa all’IVA. Dato che il detto bungalow è affittato a persone che vi soggiornano solo per brevi periodi e che la locazione è effettuata nel contesto di un’«impresa per le vacanze», siffatta locazione non rientra nell’esenzione dall’IVA di cui gode, nei Paesi Bassi, la locazione di beni immobili, ex art. 13, parte B, lett. b), punto 1, della sesta direttiva.

9       Nella loro dichiarazione relativa all’IVA per il secondo trimestre del 1997, il sig. Charles e la sig.ra Charles-Tijmens hanno dedotto l’87,5% dell’IVA posta a loro carico per il bungalow. Essi hanno quindi richiesto il rimborso dell’importo corrispondente a tale percentuale all’ispettorato delle imposte competente per tale domanda (in prosieguo: l’«ispettorato delle imposte»).

10     Con decisione 1° ottobre 1997, quest’ultimo ha riconosciuto al sig. Charles e alla sig.ra Charles-Tijmens la restituzione da essi richiesta. Tuttavia, ritenendo che l’IVA da loro versata potesse essere dedotta al 100%, essi hanno presentato una domanda di rimborso complementare per il 12,5% del tempo di utilizzo del bungalow a fini privati.

11     Poiché l’ispettorato delle imposte ha giudicato irricevibile tale domanda, il sig. Charles e la sig.ra Charles-Tijmens hanno proposto ricorso dinanzi al Gerechtshof te’s-Hertogenbosch (Corte d’appello di Hertogenbosch). Tale giudice ha annullato la decisione di irricevibilità, ma, per quanto riguarda il merito, ha confermato la decisione del detto ispettorato, precisando che, poiché il bungalow era occupato a fini privati per il 12,5% del tempo totale di utilizzo, gli interessati non avevano diritto a dedurre l’intera IVA versata per tale bungalow.

12     Il sig. Charles e la sig.ra Charles-Tijmens hanno impugnato la sentenza del Gerechtshof te’s-Hertogenbosch dinanzi allo Hoge Raad der Nederlanden. A sostegno della loro impugnazione essi fanno valere che dall’art. 6, n. 2, della sesta direttiva emerge che l’utilizzo privato del bungalow è un’operazione imponibile, dato che essi hanno deciso di destinare quest’ultimo interamente al patrimonio dell’impresa, il che, secondo l’art. 17, n. 2, della stessa direttiva, conferisce il diritto a dedurre l’intera IVA imputata a tal titolo (v., in particolare, sentenze 4 ottobre 1995, causa C-291/92, Armbrecht, Racc. pag. I-2775, e 8 marzo 2001, causa C-415/98, Bakcsi, Racc. pag. I-1831).

13     Il sig. Charles e la sig.ra Charles-Tijmens aggiungono che l’art. 17, n. 6, della sesta direttiva non modifica tale interpretazione in quanto, alla data di entrata in vigore della sesta direttiva, la normativa olandese non prevedeva alcuna esclusione dal diritto a deduzione ai sensi di tale disposizione, ad eccezione delle automobili destinate al trasporto delle persone.

14     Lo Hoge Raad der Nederlanden osserva che la normativa olandese relativa ai beni e ai servizi destinati a fini misti, come quelli di cui alla causa principale, è stata introdotta nei Paesi Bassi nel 1969, in applicazione dell’art. 11, n. 1, della seconda direttiva del Consiglio 11 aprile 1967, 67/228/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra d’affari – Struttura e modalità d’applicazione del sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (GU 1967, n. 71, pag. 1303; in prosieguo: la «seconda direttiva»).

15     Tale normativa implicherebbe conseguenze diverse da quelle della sesta direttiva, in taluni casi più favorevoli al soggetto passivo e in altri casi meno favorevoli. La detta direttiva conferirebbe infatti al soggetto passivo un diritto a deduzione immediata e totale, in quanto la correzione per l’utilizzo di un bene al di fuori dell’impresa ha luogo solo quando tale utilizzo avviene. Diversamente, nel sistema istituito dalla legge relativa all’IVA, si dovrebbe stabilire direttamente, almeno nel corso del primo anno, in che misura il bene sarà utilizzato in futuro al di fuori dell’impresa.

16     Lo Hoge Raad der Nederlanden precisa, in proposito, che l’art. 12, n. 3, del regolamento del 1968, recante attuazione dell’imposta sulla cifra d’affari (Uitvoeringsbeschikking omzetbelasting 1968, Stcrt. 1968, n. 169), adottato in applicazione dell’art. 15, n. 6, della legge relativa all’IVA, prevede che, nel momento in cui è effettuata la dichiarazione relativa all’ultimo periodo di imposta di un determinato esercizio fiscale, l’IVA dedotta dev’essere ricalcolata sulla base dei dati relativi all’intero anno fiscale. Dopo tale esercizio fiscale, non sarebbero ammessi nuovi calcoli o revisioni della deduzione.

17     È in tale contesto che lo Hoge Raad der Nederlanden ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se sia compatibile con la sesta direttiva – in particolare con l’art. 17, nn. 1, 2 e 6, e l’art. 6, n. 2 – una disciplina di legge (…) preesistente all’introduzione della sesta direttiva e che:

–       non consente di far rientrare interamente nel patrimonio di un’impresa un bene di investimento o assimilato o un servizio assimilato qualora l’acquirente utilizzi tale bene o tale servizio tanto nell’ambito dell’impresa quanto per fini ad essa estranei (in particolare per fini privati);

–       di conseguenza, non consente di dedurre integralmente e immediatamente l’imposta fatturata al momento dell’acquisto di tale bene o servizio;

–       non prevede un prelievo dell’IVA come inteso all’art. 6, n. 2, lett. a), della sesta direttiva».

 Sulla questione pregiudiziale

18     Con la questione in esame, il giudice del rinvio chiede in sostanza se gli artt. 6, n. 2, e 17, nn. 2 e 6, della sesta direttiva vadano interpretati nel senso che ostano ad una normativa nazionale, come quella di cui alla causa principale, adottata prima dell’entrata in vigore di tale direttiva, che non consente ad un soggetto passivo di destinare interamente alla sua impresa un bene d’investimento utilizzato in parte per l’impresa e in parte per fini ad essa estranei e che, in una tale situazione, non autorizza la deduzione integrale e immediata dell’IVA dovuta sull’acquisto di tale bene e non prevede che l’utilizzo di questo a fini estranei all’impresa sia assimilato a prestazioni di servizi effettuate a titolo oneroso.

 Osservazioni presentate alla Corte

19     Il sig. Charles e la sig.ra Charles-Tijmens ritengono che una normativa nazionale come quella di cui alla causa principale sia in contrasto con la giurisprudenza della Corte in materia di IVA, in particolare con la sentenza 8 maggio 2003, causa C-269/00, Seeling (Racc. pag. I-4101).

20     I governi olandese e tedesco affermano che l’art. 17, n. 2, della sesta direttiva consente ad uno Stato membro di escludere dal diritto a deduzione dell’IVA un bene d’investimento o assimilato o un servizio assimilato nella misura in cui il soggetto passivo utilizzi tale bene o servizio per fini estranei alla sua impresa, in particolare per fini privati, qualora tale Stato membro, avvalendosi della possibilità di deroga prevista dall’art. 6, n. 2, secondo comma, della stessa direttiva, consideri che siffatto utilizzo non costituisce un’operazione imponibile.

21     Nel caso in cui la Corte decidesse che gli artt. 17, n. 2, e 6, n. 2, della sesta direttiva non autorizzano un’esclusione del diritto a deduzione dell’IVA come quella di cui alla causa principale, il governo olandese sostiene che il n. 6 del detto art. 17 consente ad uno Stato membro di mantenere una disciplina nazionale che esisteva prima dell’entrata in vigore di tale direttiva e che esclude dal diritto a deduzione dell’IVA un bene d’investimento o assimilato, o un servizio assimilato, quando il soggetto passivo utilizza tale bene o servizio per fini estranei alla sua impresa, in particolare per fini privati.

22     La Commissione ritiene che una disciplina di legge la quale, conformemente alla facoltà di deroga prevista all’art. 6, n. 2, secondo comma, della sesta direttiva, non assoggetta ad imposta l’utilizzo per fini privati di un bene di investimento o di un bene o servizio assimilato e che, di conseguenza, non autorizza alcuna deduzione per questo tipo di bene o di servizio, nella misura in cui esso sia utilizzato a fini privati, è compatibile con la detta direttiva.

 Giudizio della Corte

23     Occorre innanzi tutto ricordare che, per costante giurisprudenza, in caso di utilizzo di un bene di investimento per fini tanto privati quanto professionali, l’interessato ha la possibilità di scegliere, ai fini dell’IVA, o di inserire il bene medesimo integralmente nel patrimonio della propria impresa, o di conservarlo integralmente nel proprio patrimonio privato escludendolo in tal modo completamente dal sistema dell’IVA, oppure di inserirlo nella propria impresa solamente a concorrenza dell’utilizzo professionale effettivo (v. in tal senso, in particolare, le citate sentenze Armbrecht, punto 20; Bakcsi, punti 25 e 26; Seeling, punto 40, e 21 aprile 2005, causa C-25/03, HE, Racc. pag. I-3123, punto 46).

24     Se il soggetto passivo decide di trattare beni d’investimento utilizzati tanto per fini professionali quanto per fini privati come beni d’impresa, l’IVA dovuta a monte sull’acquisto di questi beni è in via di principio integralmente e immediatamente detraibile (v., in particolare, sentenza 11 luglio 1991, causa C-97/90, Lennartz, Racc. pag. I-3795, punto 26, nonché le citate sentenze Bakcsi, punti 25 e 26, e Seeling, punto 41).

25     Dall’art. 6, n. 2, primo comma, lett. a), della sesta direttiva risulta che, qualora un bene destinato all’impresa abbia consentito una deduzione integrale o parziale dell’IVA versata a monte, il suo impiego per le esigenze private del soggetto passivo o del suo personale o per finalità estranee alla sua impresa è assimilato ad una prestazione di servizi fornita a titolo oneroso. Tale impiego, che costituisce quindi un’operazione tassata ai sensi dell’art. 17, n. 2, della stessa direttiva, è, in conformità all’art. 11, parte A, n. 1, lett. c), di essa, tassato in base all’entità delle spese sostenute per prestare il servizio (v., in questo senso, le citate sentenze Lennartz, punto 26; Bakcsi, punto 30, e Seeling, punto 42).

26     Per quanto riguarda l’art. 6, n. 2, secondo comma, della sesta direttiva, occorre innanzi tutto ricordare che le eccezioni all’armonizzazione devono essere definite restrittivamente. Ogni ricorso a regimi di deroga dell’IVA determina infatti differenze della portata del carico fiscale tra gli Stati membri.

27     Inoltre, il detto art. 6, n. 2, secondo comma, della sesta direttiva dev’essere interpretato, in via di principio, nel senso che gli Stati membri possono non assimilare talune prestazioni o usi a prestazioni di servizi a titolo oneroso, in particolare, per semplificare le procedure amministrative relative alla percezione dell’IVA (v., in questo senso, sentenza 11 settembre 2003, causa C-155/01, Cookies World, Racc. pag. I-8785, punto 59).

28     Tuttavia, l’art. 6, n. 2, secondo comma, della sesta direttiva non può avere come conseguenza di consentire agli Stati membri di rifiutare ai soggetti passivi che hanno scelto di trattare beni d’investimento utilizzati tanto per fini professionali quanto per fini privati come beni d’impresa la deduzione integrale e immediata dell’IVA dovuta a monte sull’acquisto di questi beni, cui hanno diritto in conformità alla giurisprudenza di cui al punto 24 di questa sentenza. Siffatta limitazione del diritto a deduzione sarebbe in contrasto con la detta disposizione.

29     Peraltro, neppure una rinuncia generale, fondata sull’art. 6, n. 2, secondo comma, della sesta direttiva, alla tassazione dell’uso di una parte di un bene di investimento utilizzato da un soggetto passivo per i fini privati, allorché esso ha potuto dedurre integralmente l’IVA dovuta a monte sull’acquisto del bene in questione, sarebbe conforme alla detta disposizione, in quanto condurrebbe, inevitabilmente ad una distorsione di concorrenza.

30     Pertanto, un soggetto passivo ha, da una parte, il diritto di scegliere di destinare interamente alla sua impresa un bene di investimento che utilizza in parte per l’impresa e in parte a fini estranei ad essa nonché, all’occorrenza, il diritto di dedurre integralmente e immediatamente l’IVA dovuta sull’acquisto di tale bene e, dall’altra, in linea di principio, l’obbligo corrispondente a tale diritto di versare l’IVA sull’importo delle spese sostenute per l’utilizzo del detto bene a fini estranei all’impresa (v., in questo senso, sentenza Seeling, cit., punto 43).

31     Quanto all’art. 17, n. 6, della sesta direttiva, è vero che esso consente, come sostiene il governo olandese, ad uno Stato membro di mantenere una disciplina nazionale che esisteva prima dell’entrata in vigore di tale direttiva. Tuttavia, tale disposizione presuppone che le esclusioni che gli Stati membri possono mantenere in vigore in forza di questa fossero legittime in forza della seconda direttiva, anteriore alla sesta direttiva (v. sentenza 5 ottobre 1999, causa C-305/97, Royscot e a., Racc. pag. I-6671, punto 21).

32     L’art. 11 della seconda direttiva, pur introducendo, al n. 1, il diritto a deduzione, prevedeva, al n. 4, che gli Stati membri potessero escludere dal sistema delle deduzioni «taluni beni e servizi, segnatamente quelli che sono suscettibili di essere utilizzati in tutto o in parte per soddisfare i bisogni privati del soggetto o del suo personale».

33     Quest’ultima disposizione non ha quindi riconosciuto agli Stati membri un potere discrezionale assoluto di escludere tutti o quasi tutti i beni e servizi dal regime del diritto alla deduzione e di rendere in tal modo praticamente inoperante la disciplina introdotta dall’art. 11, n. 1, della seconda direttiva (v. sentenza Royscot e a., cit., punto 24).

34     Pertanto, nonostante l’art. 11, n. 4, della seconda direttiva abbia autorizzato gli Stati membri a escludere dal regime delle deduzioni taluni beni, come le automobili, tale disposizione non permetteva loro di escludere da siffatto regime tutti i beni nella misura in cui sono utilizzati per le necessità private del soggetto passivo.

35     Ne consegue che l’art. 17, n. 6, della sesta direttiva, letto in combinato disposto con l’art. 11, n. 4, della seconda direttiva, non autorizza gli Stati membri a mantenere un’esclusione generale dal regime delle deduzioni di tutti i beni del soggetto passivo nei limiti in cui sono utilizzati per le necessità private di quest’ultimo.

36     Pertanto, occorre risolvere la questione sottoposta dichiarando che gli artt. 6, n. 2, e 17, nn. 2 e 6, della sesta direttiva devono essere interpretati nel senso che ostano ad una normativa nazionale, come quella di cui alla causa principale, adottata prima dell’entrata in vigore di tale direttiva, che non consente ad un soggetto passivo di destinare interamente alla sua impresa un bene d’investimento utilizzato in parte per le necessità dell’impresa e in parte per fini estranei ad essa e, all’occorrenza, di dedurre integralmente e immediatamente l’IVA dovuta sull’acquisto di siffatto bene.

 Sulle spese

37     Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione) dichiara:

Gli artt. 6, n. 2, e 17, nn. 2 e 6, della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme, come modificata dalla direttiva del Consiglio 10 aprile 1995, 95/7/CE, devono essere interpretati nel senso che ostano ad una normativa nazionale, come quella di cui alla causa principale, adottata prima dell’entrata in vigore di tale direttiva, che non consente ad un soggetto passivo di destinare interamente alla sua impresa un bene d’investimento utilizzato in parte per le necessità dell’impresa e in parte per fini estranei ad essa e, all’occorrenza, di dedurre integralmente e immediatamente l’imposta sul valore aggiunto dovuta sull’acquisto di siffatto bene.

Firme


* Lingua processuale: l’olandese.