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CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

JULIANE KOKOTT

presentate il 10 novembre 2005 1(1)

Causa C-245/04

EMAG Handel Eder OHG

contro

Finanzlandesdirektion für Kärnten

(domanda di pronuncia pregiudiziale, proposta dal Verwaltungsgerichtshof austriaco)

«Imposta sul valore aggiunto – Sesta direttiva – Acquisto intracomunitario – Contratto a catena»





I –    Introduzione

1.     Nel presente caso occorre risolvere alcune questioni relative all’interpretazione della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (2) (in prosieguo: la «sesta direttiva»), concernenti la tassazione dei cosiddetti contratti a catena. Con siffatti contratti più imprese di due o più Stati membri concludono in successione contratti di compravendita della medesima merce, i quali vengono poi adempiuti attraverso un unico spostamento della merce dal primo fornitore all’ultimo acquirente.

2.     Il procedimento principale, pendente dinanzi al Verwaltungsgerichtshof austriaco, ha per oggetto un contenzioso tra l’acquirente finale di un contratto a catena e l’amministrazione finanziaria in relazione al riconoscimento, ai fini della detrazione, dell’IVA versata all’intermediario. La detrazione dell’imposta pagata a monte viene concessa in caso di cessioni di beni effettuate all’interno di un solo Stato, che sono imponibili, ma non anche in caso di cessioni di beni intracomunitarie (transfrontaliere), che sono esenti dall’IVA. L’amministrazione finanziaria ritiene che le parti del contratto a catena abbiano indebitamente trattato la cessione di beni all’acquirente finale come cessione di beni effettuata all’interno di un solo Stato e quindi imponibile.

II – Contesto normativo

A –    La normativa comunitaria

3.     Ai sensi dell’art. 2 della sesta direttiva le cessioni di beni sono soggette all’IVA e soggetto passivo, ai sensi dell’art. 4, nn. 1 e 2, è in tal caso il commerciante autonomo che effettua la cessione.

4.     Per la determinazione del luogo dell’operazione imponibile l’art. 8 dispone quanto segue:

«1. Si considera come luogo di cessione di un bene:

a)      se il bene viene spedito o trasportato dal fornitore o dall’acquirente o da un terzo: il luogo in cui il bene si trova al momento iniziale della spedizione o del trasporto a destinazione dell’acquirente (…);

b)      se il bene non viene spedito o trasportato: il luogo dove il bene si trova al momento della cessione;

(…).

2. In deroga al paragrafo 1, lettera a), se il luogo di partenza della spedizione o del trasporto dei beni si trova sul territorio di un paese terzo, il luogo della cessione effettuata dall’importatore ai sensi dell’articolo 21, paragrafo 4 e quello delle eventuali cessioni successive si considera situato sul territorio dello Stato membro di importazione dei beni».

5.     Con la direttiva del Consiglio 16 dicembre 1991, 91/680/CEE (3), è stato inserito nella sesta direttiva il nuovo titolo XVI bis (regime transitorio di tassazione degli scambi tra Stati membri; articoli da 28 bis a 28 quaterdecies). Tali disposizioni sono tuttora in vigore, in quanto finora non è stato ancora predisposto il regime definitivo di tassazione degli scambi commerciali tra Stati membri.

6.     L’art. 28 bis della sesta direttiva dispone quanto segue:

«1.      Sono parimenti soggetti all’IVA:

a)      gli acquisti intracomunitari di beni effettuati a titolo oneroso all’interno del paese da un soggetto passivo che agisce in quanto tale o da un ente che non è soggetto passivo, quando il venditore è un soggetto passivo che agisce in quanto tale, che non beneficia della franchigia d’imposta prevista dall’articolo 24 e che non rientra nelle disposizioni previste all’articolo 8, paragrafo 1, lettera a), seconda frase o all’articolo 28 ter, punto B, paragrafo 1.

(…).

3.      È considerata “acquisto intracomunitario di un bene”, l’acquisizione del potere di disporre come proprietario di un bene mobile materiale spedito o trasportato, dal venditore o dall’acquirente o per loro conto, a destinazione dell’acquirente in uno Stato membro diverso dallo Stato di partenza della spedizione o del trasporto del bene».

7.     L’art. 28 ter, punto A, della sesta direttiva disciplina il luogo delle operazioni. La norma dispone quanto segue:

«1. È considerato luogo d’acquisto intracomunitario di beni il luogo in cui questi si trovano al momento dell’arrivo della spedizione o del trasporto a destinazione dell’acquirente.

2. Fatto salvo il paragrafo 1, il luogo di acquisto intracomunitario dei beni di cui all’articolo 28 bis, paragrafo 1, lettera a) si considera tuttavia situato nel territorio dello Stato membro che ha attribuito il numero di registrazione IVA con il quale l’acquirente ha effettuato l’acquisto, a meno che l’acquirente comprovi che tale acquisto è stato sottoposto all’imposta conformemente al paragrafo 1.

(…)».

8.     Ai sensi dell’art. 28 quater, punto A, della sesta direttiva le cessioni di beni intracomunitarie tra due Stati membri sono esentate dall’imposta. La norma dispone quanto segue:

«Fatte salve altre disposizioni comunitarie e alle condizioni da essi fissate per assicurare una corretta e semplice applicazione delle esenzioni previste qui di seguito e prevenire ogni possibile frode, evasione ed abuso, gli Stati membri esentano:

a)      le cessioni di beni ai sensi dell’articolo 5, spediti o trasportati, dal venditore o dall’acquirente o per loro conto, fuori dal territorio di cui all’articolo 3 ma all’interno della Comunità, effettuate per un altro soggetto passivo o per un ente che non è soggetto passivo, che agisce in quanto tale in uno Stato membro diverso dallo Stato di partenza della spedizione o del trasporto dei beni.

(…)».

B –    La normativa nazionale

9.     Le disposizioni nazionali, rilevanti nel procedimento principale, si trovano nell’Umsatzsteuergesetz 1994 (legge austriaca relativa all’imposta sulla cifra d’affari del 1994), nella versione antecedente allo Steuerreformgesetz 2000 (legge di riforma fiscale del 2000) (4) (UStG).

10.   L’art. 3, nn. 1, 7 e 8, dell’UStG 1994 dispone quanto segue:

«1.      Le cessioni di beni sono prestazioni mediante le quali un imprenditore abilita l’acquirente o, su incarico di questo, un terzo a disporre di un bene in proprio nome. Il potere di disposizione sul bene può essere trasferito dall’imprenditore stesso o, su suo incarico, da un terzo.

(…).

7.      La cessione di un bene si considera effettuata nel luogo in cui si trova il bene al momento del trasferimento del potere di disposizione.

8.      Se il bene ceduto viene trasportato o spedito a destinazione dell’acquirente o, su incarico di questo, a destinazione di un terzo, la cessione si considera effettuata con l’inizio del trasporto o con la consegna del bene allo spedizioniere, al vettore o al trasportatore marittimo. Si ha spedizione quando l’imprenditore fa trasportare un bene a destinazione di un terzo da un vettore o da un trasportatore marittimo, oppure quando affida tale trasporto ad uno spedizioniere».

11.   Con la legge di riforma fiscale del 2000 l’art. 3, n. 8, dell’UStG 1994 è stato modificato – e stando alla relazione di accompagnamento del legislatore la modifica è intervenuta al fine di adeguare tale disposizione all’art. 8, n. 1, lett. a), della sesta direttiva – e da allora dispone quanto segue:

«Se il bene ceduto viene trasportato o spedito dal fornitore o dall’acquirente, la cessione si considera effettuata nel luogo dove ha inizio il trasporto o la spedizione a destinazione dell’acquirente o, su incarico di questo, a destinazione di un terzo. Si ha spedizione quando il bene è trasportato da un vettore o da un trasportatore marittimo, oppure quando tale trasporto viene affidato ad uno spedizioniere. La spedizione ha inizio nel momento in cui il bene viene consegnato allo spedizioniere, al vettore o al trasportatore marittimo».

12.   La norma che disciplina la detrazione dell’imposta pagata a monte è contenuta nell’art. 12 dell’UStG 1994 e dispone quanto segue:

«1.      L’imprenditore può detrarre i seguenti importi per l’imposta pagata a monte:

1.      l’imposta separatamente imputatagli in una fattura (art. 11) da altri imprenditori per cessioni di beni o altre prestazioni effettuate sul territorio nazionale a favore della sua impresa (…)».

III – Fatti e questioni pregiudiziali

13.   Negli anni 1996 e 1997 la K GmbH, società avente sede in Austria, nell’ambito di contratti annuali ogni mese vendeva alla ricorrente nel procedimento principale, la EMAG Handel Eder OHG, che ha, essa pure, sede in Austria, un determinato quantitativo di piombo dolce da fusione «franco Arnoldstein, sdoganato CE, già tassato, mediante camion». La K, da parte sua, acquistava il predetto piombo da società aventi sede in Italia e nei Paesi Bassi. La merce veniva di volta in volta depositata nei depositi doganali di Rotterdam o di Trieste. Da lì uno spedizioniere, su incarico della K, la trasportava al luogo di destinazione presso la EMAG o presso i clienti della EMAG. La K fatturava alla EMAG le varie cessioni con indicazione dell’IVA del 20%. Il Finanzamt (ufficio delle imposte) negava, tuttavia, alla EMAG la possibilità di detrarre l’imposta pagata a monte. A parere del Finanzamt, infatti, la K avrebbe indebitamente fatturato l’IVA alla EMAG, in quanto l’operazione, in virtù del trasporto della merce dall’Italia o dai Paesi Bassi alla EMAG, avrebbe dovuto essere considerata come cessione di beni esente da IVA in quanto intracomunitaria.

14.   Contro tale decisione la EMAG ha presentato ricorso sostenendo che la cessione di beni dai Paesi Bassi o dall’Italia verso l’Austria, effettuata tramite spedizioniere, sarebbe stata eseguita esclusivamente su incarico della K. Pertanto, soltanto tra la K e il suo fornitore sarebbe avvenuta una cessione di beni transfrontaliera. Per contro, la successiva cessione di beni dalla K alla EMAG costituirebbe una cessione di beni di rilievo meramente nazionale e, quindi, imponibile, con consequenziale riconoscimento della detrazione dell’imposta pagata a monte.

15.   La Finanzlandesdirektion Kärnten (amministrazione finanziaria per la Carinzia) dichiarava infondato il ricorso della EMAG. A suo avviso il luogo in cui sono state effettuate le cessioni di beni intracomunitarie esenti da imposta si trova, ai sensi dell’art. 3, n. 8, dell’UStG del 1994, nei Paesi Bassi o in Italia, giacché la merce veniva di volta in volta consegnata a Rotterdam o a Trieste ai vettori che poi la trasportavano in Austria a destinazione dell’EMAG.

16.   La suddetta decisione della Finanzlandesdirektion Kärnten costituisce l’oggetto del procedimento attualmente pendente dinanzi al Verwaltungsgerichtshof (tribunale amministrativo austriaco). Il Verwaltungsgerichtshof ha sottoposto alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

1)      Se l’art. 8, n. 1, lett. a), prima frase, della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme, vada interpretato nel senso che il luogo in cui ha inizio la spedizione o il trasporto sia rilevante anche nell’ipotesi in cui più imprenditori concludano un contratto di cessione relativo al medesimo bene e i vari contratti in tal modo conclusi vengano adempiuti con un unico spostamento della merce.

2)      Se più cessioni di beni possano essere considerate come cessioni esenti intracomunitarie qualora più imprenditori concludano un contratto di cessione relativo al medesimo bene e i vari contratti in tal modo conclusi vengano adempiuti con un unico spostamento della merce.

3)      Se, in caso di soluzione positiva della prima questione, come luogo di inizio della seconda cessione vada considerato il luogo dal quale è effettivamente partito il bene, ovvero il luogo in cui la prima cessione finisce.

4)      Se per la soluzione delle prime tre questioni sia rilevante stabilire a chi spetta il potere di disposizione sul bene durante lo spostamento della merce.

IV – Argomenti dei soggetti che hanno presentato osservazioni alla Corte

17.   Nel procedimento dinanzi alla Corte hanno preso posizione la EMAG, i governi austriaco, britannico e italiano, nonché la Commissione. Tutti i predetti soggetti concordano nel ritenere che nel caso di contratti a catena soltanto una cessione possa essere considerata come cessione esente intracomunitaria. Parimenti, vi è sostanziale unanimità nel ritenere che nel presente caso tra i fornitori originari olandesi o italiani e la K avrebbe avuto luogo una cessione di beni intracomunitaria ai sensi della sesta direttiva, sicché nei confronti della EMAG non potrebbe più venire in rilievo una cessione di beni intracomunitaria.

18.   Tuttavia, tra i predetti soggetti vi è divergenza d’opinioni circa la soluzione da fornire in astratto alle questioni pregiudiziali. Mentre la EMAG e il governo britannico ritengono che in caso di contratti a catena la cessione di beni esente intracomunitaria sia sempre costituita dalla prima cessione, i governi austriaco e italiano, nonché la Commissione sono dell’avviso che per stabilire quale delle varie cessioni possa essere considerata, nel singolo caso, come cessione esente intracomunitaria, assumano un rilievo decisivo le circostanze del caso di specie.

V –    Valutazione giuridica

A –    Osservazione preliminare sulla disciplina della tassazione degli scambi tra gli Stati membri

19.   All’interno di uno Stato membro le cessioni di beni sono soggette all’IVA (art. 2, punto 1, della sesta direttiva). Nel caso, invece, di merci provenienti da Paesi terzi e destinate ad acquirenti che si trovano nella Comunità, il fatto generatore dell’imposta da prendere in considerazione non è la cessione del bene, bensì la sua importazione all’interno della Comunità (art. 2, punto 2, e art. 7 della sesta direttiva).

20.   Per gli scambi transfrontalieri intracomunitari, attraverso il regime transitorio di tassazione degli scambi tra Stati membri (titolo XVI bis), introdotto con la direttiva 91/680, è stato previsto un nuovo fatto generatore dell’imposta: l’acquisto intracomunitario. Per una migliore comprensione di tale regime, tuttora in vigore, risulta utile una breve analisi retrospettiva.

21.   Prima dell’introduzione dell’acquisto intracomunitario, le cessioni di beni transfrontaliere interne alla Comunità venivano tassate in modo analogo a tutti gli altri scambi internazionali. Una cessione di beni, in base alle regole generali, era imponibile nel luogo di cessione, determinato ai sensi dell’art. 8, n. 1, lett. a), della sesta direttiva, quindi nel luogo della spedizione, ma veniva esentata dall’imposta all’atto dell’esportazione. In tal modo l’IVA diveniva esigibile al momento dell’importazione nello Stato di destinazione. Per la riscossione dell’IVA all’importazione erano necessari controlli alle frontiere.

22.   Nell’ambito della realizzazione del mercato interno occorreva sopprimere questa forma di tassazione e con essa anche i controlli a scopi fiscali alle frontiere interne (5). Tuttavia, la riforma non si spinse fino al punto di estendere il regime valido per le cessioni di beni interne ad uno Stato membro anche agli scambi tra due Stati membri. Ciò avrebbe, infatti, comportato che l’IVA sarebbe spettata – diversamente da quanto previsto fino a quel momento – non allo Stato nel quale la merce veniva importata, bensì allo Stato dal quale la merce veniva spedita. In effetti, per gli scambi interni ad uno Stato membro, l’operazione imponibile è di regola costituita dalla cessione del bene (art. 2, punto 1, della sesta direttiva). Il luogo dell’operazione imponibile è in tal caso il luogo in cui il bene si trova al momento iniziale del trasporto a destinazione dell’acquirente (art. 8, n. 1, lett. a), della sesta direttiva).

23.   Il regime transitorio intende conservare immutata l’attuale suddivisione, tra gli Stati membri, della sovranità in materia fiscale. L’IVA, in quanto imposta al consumo, deve continuare ad essere pagata nello Stato membro in cui avviene il consumo finale. Per garantire tale risultato, la direttiva 91/680 ha introdotto per gli scambi tra gli Stati membri, come nuovo fatto generatore dell’imposta, l’acquisto intracomunitario (art. 28 bis, n. 1, lett. a). In questo caso viene, invero, tassata la ricezione della merce da parte dell’acquirente nello Stato membro d’importazione. Questo fatto generatore dell’imposta ha sostituito la precedente tassazione all’importazione.

24.   In tale ipotesi – come ha già esposto l’avvocato generale Ruiz-Jarabo Colomer nella causa Lipjes – per evitare una doppia tassazione le competenze fiscali sono state coordinate in modo tale che, nel caso di un’operazione interna alla Comunità, una competenza comincia solo là dove termina l’altra (6).

25.   Poiché in base al regime transitorio vigente l’acquisto intracomunitario viene tassato nel paese di destinazione della merce, la corrispondente cessione intracomunitaria nel paese d’origine deve essere esentata (art. 28 quater, punto A, lett. a), della sesta direttiva). Pertanto, mentre l’acquisto intracomunitario ha preso il posto della tassazione dell’importazione, l’esenzione della cessione intracomunitaria sostituisce l’esenzione all’atto dell’esportazione.

B –    Sulla seconda questione pregiudiziale

26.   Le prime due questioni pregiudiziali sono tra loro strettamente connesse. In particolare, la seconda questione ha natura prioritaria e deve, pertanto, essere risolta per prima. La sua portata può essere compresa solo se si tiene presente in che modo l’amministrazione finanziaria austriaca intende manifestamente qualificare le operazioni in cui si articola il contratto a catena.

27.   Essa considera esenti entrambe le operazioni di cui si compone il contratto a catena in quanto cessioni di beni intracomunitarie. La prima cessione esente intracomunitaria sarebbe costituita dalla transazione intervenuta tra le imprese olandesi o italiane e la K in Austria; la seconda, invece, dalla transazione intervenuta tra l’austriaca K e l’austriaca EMAG. A queste due cessioni – che dal punto di vista giuridico sono autonome – corrisponde, tuttavia, un solo spostamento di merci dai Paesi Bassi o dall’Italia verso l’Austria. Per poter qualificare come cessione esente intracomunitaria – cioè transfrontaliera – anche la transazione intervenuta tra la K e la EMAG (entrambe aventi sede in Austria), l’amministrazione finanziaria è costretta ad imputare il trasporto della merce dai Paesi Bassi o dall’Italia, di fatto eseguito dalla K, anche alla seconda cessione.

28.   Ciò considerato, il Verwaltungsgerichtshof desidera sapere, con la sua seconda questione, se nel caso di contratto a catena sussistano effettivamente due cessioni di beni esenti intracomunitarie, benché sia avvenuto un solo spostamento di merce.

29.   La ricostruzione delle operazioni del contratto a catena, fornita dall’amministrazione finanziaria, non risulta in linea con gli obiettivi della disciplina speciale prevista nel titolo XVI bis della sesta direttiva per la tassazione delle cessioni di beni intracomunitarie. Tale disciplina si propone di coordinare le competenze degli Stati membri in ordine alla tassazione dei contratti intracomunitari di cessione di beni. Le cessioni di beni transfrontaliere devono, infatti, essere tassate solo una volta e segnatamente – in deroga a quanto previsto per le operazioni che si svolgono all’interno di un solo paese – nel paese di destinazione.

30.   Tale obiettivo può essere raggiunto solo se, in un caso del tipo in esame, si tratta come cessione esente intracomunitaria soltanto una delle cessioni di beni, e precisamente soltanto quella che ha condotto ad un acquisto intracomunitario. Tutte le operazioni intervenute prima o dopo sono, invece, cessioni di beni avvenute all’interno di un solo paese le quali, in base alle regole generali, sono soggette all’imposta nello Stato in cui sono state effettuate.

31.   Nel caso di contratti transfrontalieri relativi a merci, la cessione intracomunitaria, esente ai sensi dell’art. 28 quater, punto A, lett. a), della sesta direttiva, va considerata specularmente all’acquisto intracomunitario imponibile. Se è avvenuto un solo spostamento di merce oltre la frontiera di uno Stato membro, allora può esserci soltanto una cessione esente da un lato e un acquisto imponibile dall’altro. In tal modo si garantisce che il coordinamento delle competenze degli Stati membri coinvolti – coordinamento cui mira la disciplina contenuta nel titolo XVI bis della sesta direttiva – funzioni armoniosamente senza dar luogo né ad una tassazione multipla, né ad una mancata tassazione delle cessioni intracomunitarie (neutralità della tassazione). In casi come quello in esame, nei quali più soggetti risultano coinvolti in qualità di acquirenti, per delimitare la sfera di sovranità fiscale degli Stati membri è quindi necessario imputare con precisione lo spostamento transfrontaliero della merce ad un’operazione di cessione o di acquisto.

32.   Le seguenti considerazioni dimostrano quali discrasie si produrrebbero qualora, in un caso come quello oggetto della causa principale, si ritenessero sussistenti due cessioni esenti intracomunitarie. In tale ipotesi ci troveremmo prima di tutto di fronte ad una cessione esente intracomunitaria del fornitore originario, olandese o italiano, alla K. Ad essa si contrapporrebbe un acquisto imponibile intracomunitario della K in Austria. Ai sensi dell’art. 28 ter, punto A, n. 1, della sesta direttiva, infatti, è considerato luogo di tale operazione il luogo in cui i beni si trovano al momento dell’arrivo della spedizione o del trasporto a destinazione dell’acquirente.

33.   A questo punto, per poter qualificare anche la cessione di beni dalla K alla EMAG come cessione esente intracomunitaria, il luogo di tale cessione dovrebbe necessariamente essere di nuovo situato in uno Stato membro diverso dall’Austria. A tal fine potrebbero venire in rilievo solo i Paesi Bassi o l’Italia. In questa catena di cessioni, quindi, la K si troverebbe nella situazione di fornire gli stessi beni ancora una volta dai Paesi Bassi o dall’Italia verso l’Austria, benché abbia già prima effettuato l’acquisto intracomunitario di tali beni in Austria ai sensi della sesta direttiva.

34.   Si consideri, infine, che alla seconda cessione intracomunitaria così ricostruita si accompagnerebbe, ai sensi dell’art. 28 bis, n. 1, lett. a), della sesta direttiva, un ulteriore acquisto imponibile intracomunitario effettuato dalla EMAG in Austria. Questa fittizia duplicazione dell’operazione di trasporto, quindi, non solo è artificiosa, ma produce anche una doppia tassazione, in quanto gli stessi beni generano due volte un acquisto intracomunitario imponibile in Austria.

35.   La seconda questione pregiudiziale deve, pertanto, essere risolta nel senso che, in caso di più cessioni di beni, solo una di esse può essere considerata come cessione esente intracomunitaria qualora più imprenditori concludano contratti di cessione relativi al medesimo bene e tali contratti vengano adempiuti con un unico spostamento della merce; la cessione intracomunitaria è, in tal caso, quella cessione che corrisponde all’acquisto intracomunitario ai sensi dell’art. 28 bis, n. 1, lett. a), della sesta direttiva.

C –    Sulla prima questione pregiudiziale

36.   La prima questione pregiudiziale è diretta ad individuare il luogo delle due cessioni di beni ai sensi dell’art. 8, n. 1, lett. a), della sesta direttiva. Considerati i fatti della causa principale, la questione deve essere restrittivamente intesa come riferita alla sola ipotesi di un contratto a catena con coinvolgimento di due Stati membri.

37.   In base all’impostazione seguita dall’amministrazione finanziaria, quale luogo di cessione dovrebbe essere di volta in volta considerato il luogo da cui parte effettivamente la spedizione, situato nei Paesi Bassi o in Italia. Seguendo tale impostazione ne deriva che entrambe le cessioni costituiscono cessioni esenti intracomunitarie. Tale risultato dovrebbe essere in definitiva desunto da un’interpretazione dell’art. 8 della sesta direttiva.

38.   Tuttavia, come si è già constatato risolvendo la seconda questione, nel caso di spostamento transfrontaliero della merce del tipo in esame si è in presenza di una sola cessione di beni esente intracomunitaria. Ai fini della soluzione della prima questione ne deriva che il luogo in cui il bene si trova al momento iniziale del trasporto, di cui all’art. 8, n. 1, lett. a), della sesta direttiva, non viene in rilievo per la valutazione di entrambi i rapporti di cessione, qualora più imprenditori concludano un contratto di cessione relativo al medesimo bene e i vari contratti di cessione in tal modo conclusi vengano adempiuti con un unico spostamento transfrontaliero della merce.

39.   Vero è che, stando alla lettera dell’art. 8, n. 1, lett. a), della sesta direttiva, tanto per il rapporto contrattuale esistente tra il fornitore originario olandese o italiano e la K, quanto per quello esistente tra la K e la EMAG, sarebbe possibile considerare, come luogo di cessione, i Paesi Bassi o l’Italia, giacché la merce, al momento iniziale del trasporto, in effetti si trovava in tali Stati membri. Tuttavia, tale ricostruzione sarebbe inconciliabile con la disciplina dell’acquisto intracomunitario di cui al titolo XVI bis della sesta direttiva.

40.   Ai fini dell’individuazione della cessione esente intracomunitaria, pertanto, non ha importanza stabilire qual era il luogo da cui è effettivamente iniziato il trasporto e che quindi costituisce il luogo di cessione ai sensi dell’art. 8, n. 1, lett. a), della sesta direttiva. Occorre, invece, verificare quale cessione ha generato un acquisto intracomunitario ai sensi dell’art. 28 bis, n. 1, lett. a). È questa, infatti, la cessione esente intracomunitaria.

41.   Per contro, le altre cessioni che nella catena delle cessioni intervengono prima o dopo l’acquisto intracomunitario, sono cessioni interne allo Stato di spedizione o allo Stato di destinazione, il cui luogo di effettuazione va determinato ai sensi dell’art. 8 della sesta direttiva.

42.   In conformità a quanto sopra esposto, la Corte nella sentenza nella causa Lipjes (7) ha stabilito che in caso di negozio intracomunitario l’operazione determinante è costituita dall’acquisto intracomunitario. Il luogo di tale operazione – prosegue la Corte – è disciplinato dall’art. 28 ter, punti A e B, in deroga, quindi, alla disciplina generale di cui all’art. 8, prevista per la cessione di beni interna ad uno Stato membro.

43.   La prima questione pregiudiziale deve, pertanto, essere risolta nel senso che il luogo di inizio della spedizione, di cui all’art. 8, n. 1, lett. a), della sesta direttiva, non è decisivo al fine di stabilire se una cessione di beni, intervenuta nell’ambito di un contratto a catena del tipo in esame, possa essere considerata come cessione esente intracomunitaria.

D –    Sulla terza questione pregiudiziale

44.   La terza questione pregiudiziale viene posta solo per l’ipotesi di soluzione positiva della prima questione pregiudiziale. Dalla soluzione della prima questione è emerso che l’art. 8, n. 1, lett. a), della sesta direttiva non può essere interpretato nel senso che più cessioni di beni inerenti ad un unico contratto a catena transfrontaliero possano essere considerate come cessioni di beni intracomunitarie soltanto in forza dell’effettivo luogo di cessione, da determinarsi in base alla citata norma.

45.   Tale constatazione, tuttavia, non priva la soluzione della terza questione di ogni rilevanza per la causa principale. L’art. 8, infatti, rimane in via di principio applicabile alle cessioni di beni avvenute all’interno di un solo paese, prima o dopo la cessione intracomunitaria.

46.   In relazione alle cessioni di beni, intervenute prima dell’acquisto intracomunitario all’interno del solo Stato di spedizione, non viene in rilievo alcuna peculiarità nell’applicazione dell’art. 8.

47.   La situazione è, invece, diversa in caso di cessione di beni, interna ad un paese, che interviene dopo l’acquisto intracomunitario. Se il bene viene ceduto da colui in capo al quale è venuto in essere l’acquisto intracomunitario (nella specie, la K) ad un terzo nel medesimo Stato membro (nella specie, la EMAG), allora come luogo di cessione – in deroga a quanto previsto dall’art. 8, n. 1, lett. a), della sesta direttiva – non può essere considerato il luogo in cui il bene effettivamente si trova al momento iniziale della spedizione o del trasporto (nella specie, i Paesi Bassi o l’Italia).

48.   In tal caso occorre, invece, tener conto del fatto che nel paese di destinazione della merce (nella specie, l’Austria) si è già perfezionato un acquisto intracomunitario. Conseguentemente, come luogo della cessione, intervenuta successivamente a tale acquisto, deve essere parimenti considerato il paese di destinazione.

49.   A tale risultato si può giungere in due modi. In primo luogo, si potrebbe ritenere che la cessione interna, intervenuta dopo tale acquisto, rientri nella previsione dell’art. 8, n. 1, lett. b), della sesta direttiva (cosiddetta cessione statica). Tale soluzione risulta congrua in quanto il trasporto transfrontaliero è stato comunque già imputato alla precedente cessione intracomunitaria e non può più essere imputato ad un’ulteriore cessione.

50.   In secondo luogo, si potrebbe procedere ad un’applicazione analogica dell’art. 8, n. 2, della sesta direttiva. Tale disposizione detta una disciplina speciale per la determinazione del luogo di cessione nel caso in cui un bene, su iniziativa dell’importatore, venga spedito da un paese terzo nella Comunità. In tal caso il luogo di cessione non è il luogo effettivo di spedizione, situato nel paese terzo, bensì lo Stato membro in cui il bene viene importato. Poiché in pratica l’acquisto intracomunitario sostituisce l’importazione, anche questa soluzione risulta adeguata.

51.   Poiché alla fin fine entrambe le soluzioni conducono al risultato di considerare il luogo di cessione come situato sul territorio dello Stato membro in cui si è perfezionato il precedente acquisto intracomunitario, non è necessario stabilire quale delle due debba essere preferita.

52.   La terza questione preliminare deve, pertanto, essere risolta nel senso che, nell’ambito di un contratto a catena del tipo in esame, come luogo della cessione intervenuta dopo un acquisto intracomunitario non può essere considerato il luogo dal quale è effettivamente partita la spedizione del bene. Il luogo della cessione si considera, invece, situato sul territorio dello Stato membro in cui è avvenuto l’acquisto intracomunitario.

E –    Sulla quarta questione pregiudiziale

53.   Con la quarta questione, che il Verwaltungsgerichtshof sottopone alla Corte a prescindere dalla soluzione che si voglia dare alle precedenti tre questioni, esso desidera sapere se per la soluzione di tali questioni sia rilevante stabilire a chi spetta il potere di disposizione sul bene durante il suo spostamento.

54.   Come sopra esposto, nell’ipotesi di un contratto a catena del tipo in esame, quale cessione di beni esente intracomunitaria deve essere considerata quella cessione che direttamente conduce ad un acquisto intracomunitario.

55.   Ai sensi dell’art. 28 bis, n. 3, della sesta direttiva, è considerata «acquisto intracomunitario» l’acquisizione del potere di disporre come proprietario di un bene mobile materiale spedito o trasportato, dal venditore o dall’acquirente o per loro conto, a destinazione dell’acquirente in uno Stato membro diverso dallo Stato di partenza del trasporto del bene.

56.   Poiché in tale definizione si dà rilievo ad un elemento fattuale, vale a dire l’acquisizione del potere di disporre, è impossibile fornire una soluzione schematica. Invero, non può essere determinante sempre il primo rapporto di cessione, né può esserlo sempre l’ultimo rapporto di cessione. Occorre, invece, prendere in esame le circostanze del singolo caso.

57.   Il «trasferimento del potere di disporre di un bene materiale come proprietario» costituisce l’elemento centrale anche della definizione di cessione di un bene di cui all’art. 5, n. 1, della sesta direttiva. A tal proposito la Corte nella sentenza Shipping and Forwarding Enterprise Safe ha già stabilito che non deve trattarsi del trasferimento della proprietà così come intesa dal diritto nazionale (8). È, invece, sufficiente il potere dell’acquirente di disporre di fatto di tale bene come se ne fosse il proprietario. Tali considerazioni valgono corrispondentemente per la definizione di acquisto intracomunitario.

58.   Tipica espressione delle facoltà del proprietario è il diritto di disporre liberamente del bene, e in particolare di esercitare la signoria di fatto su di esso e di alienarlo.

59.   Accanto all’acquisizione delle facoltà del proprietario, elemento caratterizzante dell’acquisto intracomunitario è il passaggio transfrontaliero della merce. Risulta, pertanto, possibile attribuire una particolare importanza al trasporto della merce o comunque all’ordine di trasportarla. Chi ordina il trasporto di una merce, decide, in linea di massima, dove questa si deve trovare ad un determinato momento. Se egli incarica del trasporto terze persone, il potere che costoro esercitano sul bene va fatto in definitiva risalire a chi ha dato loro l’incarico. La decisione relativa ai movimenti della merce è espressione delle facoltà del proprietario, le quali sono rilevanti al fine di dar vita ad un acquisto intracomunitario.

60.   Ne deriva che – in mancanza di elementi di segno contrario (9) – l’acquisto intracomunitario è effettuato da colui che ordina il trasporto in tal modo esercitando, direttamente o indirettamente, il potere di disposizione sul bene durante il suo trasferimento transfrontaliero. Un ulteriore presupposto è inoltre che colui che ordina il trasporto non sia stabilito nello Stato di spedizione ovvero che non agisca presentando un numero IVA rilasciato dallo Stato di spedizione.

61.   Il riferimento alla responsabilità per il trasporto risulta corretto anche per il motivo che colui su incarico del quale la merce viene trasportata e al quale spetta il potere di disporne durante il trasporto, di tutti gli imprenditori coinvolti nella catena delle cessioni è quello meglio informato sul luogo di partenza e di destinazione della merce stessa. In capo a questo imprenditore sorge, nell’ambito di un’operazione di cessione transfrontaliera, una responsabilità di particolare rilievo per il corretto trattamento fiscale dell’operazione transfrontaliera stessa.

62.   Il criterio dell’ordine di trasporto, tuttavia, non può essere eccezionalmente impiegato nel caso in cui la merce venga trasportata, direttamente o su suo incarico, dal primo fornitore della catena (nella specie, il fornitore originario, olandese o italiano, della K). È evidente, infatti, che il fornitore/alienante non può essere al tempo stesso anche acquirente. Il primo fornitore, del resto, non acquista, per effetto dell’ordine di trasporto, alcuna (nuova) facoltà di proprietario, ma esercita solamente le sue facoltà già esistenti.

63.   In una ipotesi siffatta l’acquisto intracomunitario può perfezionarsi soltanto in capo ad uno dei successivi acquirenti. Per garantire l’effettività della tassazione, in siffatta ipotesi occorre considerare il diretto acquirente del primo fornitore come debitore dell’imposta dovuta per l’acquisto intracomunitario, anche se la merce non viene effettivamente spedita a lui, bensì all’ultimo acquirente della catena.

64.   In effetti, soltanto il primo fornitore può sapere – già in virtù del trasporto che egli stesso ha ordinato – che si è in presenza di una cessione esente intracomunitaria. Pertanto, egli – previo rinvio a questa circostanza – non fattura l’IVA al suo acquirente (nella specie, la K); da ciò sorge necessariamente a carico di questo primo acquirente l’obbligo di pagare l’imposta sull’acquisto intracomunitario. Per contro, in tutti i successivi rapporti di cessione l’IVA può essere tranquillamente indicata e può essere presa in considerazione con il meccanismo della detrazione.

65.   Che la soluzione qui proposta sia coerente con la sistematica del titolo XVI bis della sesta direttiva, risulta da un confronto con le disposizioni speciali previste per le cosiddette operazioni triangolari all’art. 28 quater, punto E, n. 3, della sesta direttiva. Un’operazione triangolare è in definitiva una particolare forma di contratto a catena in cui, tuttavia, la catena delle cessioni è costituita da imprese provenienti da almeno tre Stati membri.

66.   In termini semplificati, questa disciplina speciale stabilisce che un intermediario che di per sé compie un acquisto di merce soggetto ad imposta nel paese di destinazione in quanto ne ordina il trasporto, può essere esentato dall’obbligo fiscale se non risiede in tale paese di destinazione e se al suo posto è stato designato come debitore d’imposta l’acquirente finale ivi residente (10). Questa disciplina speciale conferma la qualificazione qui sostenuta per i contratti a catena (semplici), e cioè che di regola compie l’acquisto intracomunitario colui che ordina il trasporto.

VI – Conclusione

67.   In conclusione propongo alla Corte di risolvere le questioni pregiudiziali sottoposte dal Verwaltungsgerichtshof nei seguenti termini:

1)      Qualora più imprenditori concludano contratti di cessione relativi al medesimo bene e tali contratti vengano adempiuti con un unico spostamento della merce, solo una delle varie cessioni può essere considerata come cessione esente intracomunitaria; la cessione intracomunitaria è, in tale ipotesi, quella che corrisponde all’acquisto intracomunitario ai sensi dell’art. 28 bis, n. 1, lett. a), della sesta direttiva.

2)      Il luogo di inizio della spedizione, di cui all’art. 8, n. 1, lett. a), della sesta direttiva, non è decisivo al fine di stabilire se una cessione di beni, intervenuta nell’ambito di un contratto a catena del tipo in esame, può essere considerata come cessione esente intracomunitaria.

3)      In una situazione come quella della causa principale, come luogo della cessione intervenuta dopo un acquisto intracomunitario non può essere considerato il luogo dal quale è effettivamente partita la spedizione del bene. Il luogo della cessione si considera, invece, situato sul territorio dello Stato membro in cui è avvenuto l’acquisto intracomunitario.

4)      Per individuare il soggetto in capo al quale si perfeziona, nell’ambito dei contratti a catena di tal tipo, l’acquisto intracomunitario, in mancanza di elementi di segno contrario risulta fondamentale verificare chi trasporta il bene o comunque ha dato l’incarico di trasportarlo e chi ha il potere di disposizione sul bene durante il trasporto dello stesso.


1 – Lingua originale: il tedesco.


2  – GU L 145, pag. 1.


3  – GU L 376, pag. 1 e segg.


4  – BGBl. I, n. 106/1999.


5 – V. il secondo ‘considerando’ della direttiva 91/680.


6  – Conclusioni dell’avvocato generale Dámaso Ruiz-Jarabo Colomer, presentate il 13 gennaio 2004 nella causa C-68/03, Staatssecretaris van Financiën/D. Lipjes (Racc. pag. I-5879, par. 35).


7  – Sentenza 27 maggio 2004, causa C-68/03, Lipjes (Racc. pag. I-5879, punto 25).


8 – Sentenza 8 febbraio 1990, causa C-320/88, Shipping and Forwarding Enterprise Safe (Racc. pag. I-285, punti 7 e 8). V. anche sentenza 6 febbraio 2003, causa C-185/01, Auto Lease Holland (Racc. pag. I-1317, punto 32).


9 – Si potrebbe pensare all’ipotesi che le parti contrattuali designino come soggetto passivo d’imposta un soggetto diverso da colui che ha ordinato il trasporto. Ad esempio la K e la EMAG potrebbero concordare che la EMAG sia il soggetto passivo d’imposta per l’acquisto intracomunitario in Austria. Siffatte pattuizioni vengono espressamente menzionate ad esempio all’art. 28 quater, punto E, n. 3, quinto trattino, della sesta direttiva (come modificata dalla direttiva del Consiglio 14 dicembre 1992, 92/111 (GU L 384, pag. 47), a proposito delle cosiddette operazioni triangolari (per ulteriori ragguagli sulle operazioni triangolari v. infra, par. 65 e segg.).


10 – In tal modo si evitano difficoltà di ordine pratico in fase di riscossione dell’imposta, giacché di regola il non-residente nel paese di destinazione non risulta ivi registrato come soggetto passivo dell’IVA.