Causa C-409/04
The Queen, su istanza di:
Teleos plc e altri
contro
Commissioners of Customs & Excise
[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla High Court of Justice (England & Wales), Queen’s Bench Division]
«Sesta direttiva IVA — Artt. 28 bis, n. 3, primo comma, e 28 quater, parte A, lett. a), primo comma — Acquisto intracomunitario — Cessione intracomunitaria — Esenzione — Beni spediti o trasportati in un altro Stato membro — Prove — Misure nazionali dirette alla repressione delle frodi»
Conclusioni dell’avvocato generale J. Kokott, presentate l’11 gennaio 2007
Sentenza della Corte (Terza Sezione) 27 settembre 2007
Massime della sentenza
1. Disposizioni tributarie — Armonizzazione delle legislazioni — Imposte sulla cifra di affari — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Regime transitorio di tassazione degli scambi fra gli Stati membri
[Direttiva del Consiglio 77/388, artt. 28 bis, n. 3, primo comma, e 28 quater, parte A, lett. a), primo comma]
2. Disposizioni tributarie — Armonizzazione delle legislazioni — Imposte sulla cifra di affari — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Regime transitorio di tassazione degli scambi fra gli Stati membri
[Direttiva del Consiglio 77/388, art. 28 quater, parte A, lett. a), primo comma]
3. Disposizioni tributarie — Armonizzazione delle legislazioni — Imposte sulla cifra di affari — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Regime transitorio di tassazione degli scambi fra gli Stati membri
[Direttiva del Consiglio 77/388, art. 28 quater, parte A, lett. a), primo comma]
1. Gli artt. 28 bis, n. 3, primo comma, e 28 quater, parte A, lett. a), primo comma, della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari, come modificata dalla direttiva del Consiglio 2000/65, devono essere interpretati, in considerazione del termine «spedito(i)» contenuto in tali due disposizioni, nel senso che l’acquisto intracomunitario di un bene si perfeziona e l’esenzione della cessione intracomunitaria diviene applicabile solo quando il potere di disporre del bene come proprietario è stato trasmesso all’acquirente e quando il fornitore prova che tale bene è stato spedito o trasportato in un altro Stato membro e che, in seguito a tale spedizione o trasporto, esso ha lasciato fisicamente il territorio dello Stato membro di cessione.
La condizione preliminare per l’applicazione del regime transitorio previsto al titolo XVI bis della sesta direttiva è il carattere intracomunitario di un’operazione e, segnatamente, un movimento fisico di beni da uno Stato membro verso un altro. Infatti tale condizione relativa al passaggio di frontiere tra Stati membri è un elemento costitutivo di un’operazione intracomunitaria che la distingue da quella che avviene all’interno del paese.
Inoltre, al pari di altre nozioni che definiscono le operazioni imponibili ai sensi della sesta direttiva, le nozioni di cessione intracomunitaria e di acquisto intracomunitario hanno un carattere obiettivo e si applicano indipendentemente dagli scopi e dai risultati delle operazioni di cui trattasi. È quindi necessario che la qualificazione di una cessione o di un acquisto intracomunitari venga effettuata in base ad elementi oggettivi, quale l’esistenza di un movimento fisico dei beni di cui trattasi fra Stati membri.
(v. punti 37-38, 40, 42, dispositivo 1)
2. L’art. 28 quater, parte A, lett. a), primo comma, della sesta direttiva 77/388, come modificata dalla direttiva 2000/65, va interpretato nel senso che osta a che le autorità competenti dello Stato membro di cessione obblighino un fornitore, che ha agito in buona fede e ha presentato prove che giustificano prima facie il suo diritto all’esenzione di una cessione intracomunitaria di beni, ad assolvere successivamente l’imposta sul valore aggiunto su tali beni, quando tali prove si rivelano essere false senza che risulti tuttavia provata la partecipazione del fornitore medesimo alla frode fiscale, purché quest’ultimo abbia adottato tutte le misure ragionevoli in suo potere al fine di assicurarsi che la cessione intracomunitaria effettuata non lo conducesse a partecipare ad una frode siffatta.
In primo luogo, sarebbe contrario al principio di certezza del diritto che uno Stato membro, il quale ha stabilito i requisiti per l’applicazione dell’esenzione di una cessione intracomunitaria, fissando in particolare un elenco di documenti da presentare alle autorità competenti, ed ha accettato in un primo tempo i documenti presentati dal fornitore in quanto prove giustificative del diritto all’esenzione, possa successivamente obbligare il fornitore medesimo ad assolvere l’imposta sul valore aggiunto relativa a tale cessione allorché consti che, a causa di una frode commessa dall’acquirente di cui il fornitore non aveva e non poteva aver conoscenza, i beni in questione non hanno in realtà lasciato il territorio dello Stato membro di cessione.
In secondo luogo, qualsiasi ripartizione del rischio tra il fornitore e l’amministrazione finanziaria, in seguito ad una frode commessa da un terzo, dev’essere compatibile con il principio di proporzionalità. Un regime che faccia ricadere l’intera responsabilità del pagamento dell’imposta sul valore aggiunto sul fornitore, indipendentemente dal coinvolgimento o meno di quest’ultimo nella frode, non preserva necessariamente il sistema armonizzato dell’imposta sul valore aggiunto dalla frode e dall’abuso dell’acquirente. Quest’ultimo, se fosse esentato da qualsiasi responsabilità, potrebbe infatti essere indotto a non spedire o a non trasportare i beni fuori dallo Stato membro di cessione e a non dichiararli ai fini dell’imposta sul valore aggiunto negli Stati membri di destinazione previsti.
In terzo luogo, se i fornitori fossero tenuti ad assolvere essi stessi l’imposta sul valore aggiunto a posteriori, il principio di neutralità fiscale non sarebbe rispettato, poiché sui fornitori che effettuano le operazioni all’interno del paese non grava mai l’imposta a valle, trattandosi di un’imposta indiretta sui consumi. Conseguentemente, i soggetti passivi che effettuino un’operazione intracomunitaria si troverebbero in una posizione meno vantaggiosa rispetto ai soggetti passivi che effettuino un’operazione interna.
In quarto luogo, secondo una giurisprudenza della Corte applicabile in via analogica, non sarebbe contrario al diritto comunitario esigere che il fornitore adotti tutte le misure che gli si possono ragionevolmente richiedere al fine di assicurarsi che l’operazione effettuata non lo conduca a partecipare ad una frode fiscale. Pertanto, le circostanze che il fornitore abbia agito in buona fede, che abbia adottato tutte le misure ragionevoli in suo potere e che sia esclusa la sua partecipazione ad una frode costituiscono elementi importanti per determinare la possibilità di obbligare tale fornitore ad assolvere l’imposta sul valore aggiunto a posteriori. Viceversa, qualora il fornitore abbia adempiuto i suoi obblighi relativi alla prova di una cessione intracomunitaria, laddove l’obbligo contrattuale di spedire o trasportare i beni fuori dallo Stato membro di cessione non sia stato assolto dall’acquirente, è quest’ultimo che dovrebbe essere considerato debitore dell’imposta sul valore aggiunto in tale Stato membro.
(v. punti 50, 58, 60, 65-67, dispositivo 2)
3. Il fatto che l’acquirente abbia presentato alle autorità tributarie dello Stato membro di destinazione una dichiarazione relativa all’acquisto intracomunitario può costituire una prova supplementare diretta a dimostrare che i beni hanno effettivamente lasciato il territorio dello Stato membro di cessione, ma non costituisce una prova determinante ai fini dell’esenzione dall’imposta sul valore aggiunto di una cessione intracomunitaria.
(v. punto 72, dispositivo 3)
SENTENZA DELLA CORTE (Terza Sezione)
27 settembre 2007 (*)
«Sesta direttiva IVA – Artt. 28 bis, n. 3, primo comma, e 28 quater, parte A, lett. a), primo comma – Acquisto intracomunitario – Cessione intracomunitaria – Esenzione – Beni spediti o trasportati in un altro Stato membro – Prove – Misure nazionali dirette alla repressione delle frodi»
Nel procedimento C-409/04,
avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, dalla High Court of Justice (England & Wales), Queen’s Bench Division (Administrative Court) (Regno Unito), con ordinanza 6 maggio 2004, pervenuta in cancelleria il 24 settembre 2004, nella causa tra
The Queen, su istanza di:
Teleos plc,
Unique Distribution Ltd,
Synectiv Ltd,
New Communications Ltd,
Quest Trading Company Ltd,
Phones International Ltd,
AGM Associates Ltd,
DVD Components Ltd,
Fonecomp Ltd,
Bulk GSM Ltd,
Libratech Ltd,
Rapid Marketing Services Ltd,
Earthshine Ltd,
Stardex (UK) Ltd
e
Commissioners of Customs & Excise,
LA CORTE (Terza Sezione),
composta dal sig. A. Rosas, presidente di sezione, dai sigg. A. Borg Barthet, J. Malenovský, U. Lõhmus (relatore) e A. Ó Caoimh, giudici,
avvocato generale: sig.ra J. Kokott
cancelliere: sig.ra L. Hewlett, amministratore principale
vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza orale del 15 giugno 2006,
considerate le osservazioni presentate:
– per le società Teleos plc, Unique Distribution Ltd, Synectiv Ltd, New Communications Ltd, Quest Trading Company Ltd, Phones International Ltd, AGM Associates Ltd, DVD Components Ltd, Fonecomp Ltd, Bulk GSM Ltd, Libratech Ltd, Rapid Marketing Services Ltd, Earthshine Ltd e Stardex (UK) Ltd, dai sigg. N. Pleming e M. Conlon nonché dalla sig.ra E. Sharpston, QC, dalla sig.ra P. Hamilton, dai sigg. P. Moser e A. Young, barristers, nonché dal sig. D. Waelbroeck, avocat;
– per il governo del Regno Unito, dalla sig.ra C. Jackson, in qualità di agente, assistita dal sig. R. Anderson e dalla sig.ra R. Haynes, barristers;
– per il governo greco, dai sigg. V. Kyriazopoulos, I. Bakopoulos e K. Georgiadis, nonché dalla sig.ra M. Tassopoulou, in qualità di agenti;
– per il governo francese, dal sig. G. de Bergues e dalla sig.ra C. Jurgensen-Mercier, in qualità di agenti;
– per l’Irlanda, dal sig. D. O’Hagan, in qualità di agente, assistito dai sigg. E. Fitzsimons, SC, e B. Conway, BL;
– per il governo italiano, dal sig. I.M. Braguglia, in qualità di agente, assistito dall’avv. G. De Bellis, avvocato dello Stato;
– per il governo portoghese, dal sig. L. Fernandes e dalla sig.ra C. Lança, in qualità di agenti;
– per la Commissione delle Comunità europee, dai sigg. R. Lyal e A. Weimar, in qualità di agenti,
sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza dell’11 gennaio 2007,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1 La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione degli artt. 28 bis, n. 3, primo comma, e 28 quater, parte A, lett. a), primo comma, della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto, base imponibile uniforme (GU L 145, pag. 1), come modificata dalla direttiva del Consiglio 17 ottobre 2000, 2000/65/CE (GU L 269, pag. 44; in prosieguo: la «sesta direttiva»).
2 Tale domanda è stata proposta nell’ambito di una controversia tra le società Teleos plc, Unique Distribution Ltd, Synectiv Ltd, New Communications Ltd, Quest Trading Company Ltd, Phones International Ltd, AGM Associates Ltd, DVD Components Ltd, Fonecomp Ltd, Bulk GSM Ltd, Libratech Ltd, Rapid Marketing Services Ltd, Earthshine Ltd, Stardex (UK) Ltd (in prosieguo: la «Teleos e a.») ed i Commissioners of Customs & Excise (in prosieguo: i «Commissioners»), autorità competente nel Regno Unito in materia di riscossione dell’imposta sul valore aggiunto (in prosieguo: l’«IVA»), riguardo all’esenzione di cessioni intracomunitarie.
Contesto normativo
Normativa comunitaria
3 L’art. 2, punto 1, della sesta direttiva assoggetta all’IVA le cessioni di beni nonché le prestazioni di servizi effettuate a titolo oneroso all’interno del paese da un soggetto passivo che agisce in quanto tale nonché le importazioni di beni.
4 La sesta direttiva comprende un titolo XVI bis, intitolato «Regime transitorio di tassazione degli scambi tra Stati membri», introdotto dalla direttiva del Consiglio 16 dicembre 1991, 91/680/CEE, che completa il sistema comune di imposta sul valore aggiunto e modifica, in vista della soppressione delle frontiere fiscali, la direttiva 77/388/CEE (GU L 376, pag. 1), il quale comprende gli artt. da 28 bis a 28 quindecies.
5 A norma dell’art. 28 bis della sesta direttiva:
«1. Sono parimenti soggetti all’IVA:
a) gli acquisti intracomunitari di beni effettuati a titolo oneroso all’interno del paese da un soggetto passivo che agisce in quanto tale o da un ente che non è soggetto passivo, quando il venditore è un soggetto passivo che agisce in quanto tale, che non beneficia della franchigia d’imposta prevista dall’articolo 24 e che non rientra nelle disposizioni previste all’articolo 8, paragrafo 1, lettera a), seconda frase o all’articolo 28 ter, punto B, paragrafo 1.
(...)
3. È considerata “acquisto intracomunitario di un bene” l’acquisizione del potere di disporre come proprietario di un bene mobile materiale spedito o trasportato, dal venditore o dall’acquirente o per loro conto, a destinazione dell’acquirente in uno Stato membro diverso dallo Stato di partenza della spedizione o del trasporto del bene.
Allorché i beni acquistati da un ente che non sia un soggetto passivo vengono spediti o trasportati dal territorio di un paese terzo e importati da detto ente in uno Stato membro diverso da quello di arrivo della spedizione o del trasporto, essi sono considerati spediti o trasportati a partire dallo Stato membro d’importazione dei beni stessi. Questo Stato membro concede all’importatore ai sensi dell’articolo 21, punto 2 il rimborso dell’imposta sul valore aggiunto pagata a titolo dell’importazione dei beni nella misura in cui l’importatore prova che il suo acquisto è stato assoggettato all’imposta sul valore aggiunto nello Stato membro d’arrivo della spedizione o del trasporto dei beni.
(...)
5. Sono assimilati ad una cessione di beni effettuata a titolo oneroso:
b) il trasferimento da parte di un soggetto passivo di un bene della sua impresa a destinazione di un altro Stato membro.
(...)».
6 L’art. 28 ter, parte A, della sesta direttiva prevede:
«1. È considerato luogo d’acquisto intracomunitario di beni il luogo in cui questi si trovano al momento dell’arrivo della spedizione o del trasporto a destinazione dell’acquirente».
2. Fatto salvo il paragrafo 1, il luogo di acquisto intracomunitario dei beni di cui all’articolo 28 bis, paragrafo 1, lettera a) si considera tuttavia situato nel territorio dello Stato membro che ha attribuito il numero di registrazione IVA con il quale l’acquirente ha effettuato l’acquisto, a meno che l’acquirente comprovi che tale acquisto è stato sottoposto all’imposta conformemente al paragrafo 1.
(...)».
7 L’art. 28 quater, parte A, lett. a), primo comma, della sesta direttiva recita come segue:
«Fatte salve altre disposizioni comunitarie e alle condizioni da essi fissate per assicurare una corretta e semplice applicazione delle esenzioni previste qui di seguito e prevenire ogni possibile frode, evasione ed abuso, gli Stati membri esentano:
a) le cessioni di beni ai sensi dell’articolo 5, spediti o trasportati, dal venditore o dall’acquirente o per loro conto, fuori dal territorio di cui all’articolo 3 ma all’interno della Comunità, effettuate per un altro soggetto passivo o per un ente che non è soggetto passivo, che agisce in quanto tale in uno Stato membro diverso dallo Stato di partenza della spedizione o del trasporto dei beni».
8 A norma dell’art. 28 quinquies, n. 1, della sesta direttiva:
«Il fatto generatore dell’imposta si verifica al momento dell’effettuazione dell’acquisto intracomunitario di beni. L’acquisto intracomunitario di beni è considerato effettuato nel momento in cui è considerata effettuata la cessione all’interno del paese di beni analoghi».
9 L’art. 22 della sesta direttiva, nel testo risultante dall’art. 28 nonies della stessa direttiva, prevede per i debitori dell’imposta numerosi obblighi concernenti la contabilità, la fatturazione, la dichiarazione nonché l’elenco ricapitolativo che essi sono tenuti a presentare all’amministrazione finanziaria. Il n. 8 di tale articolo recita come segue:
«Gli Stati membri hanno la facoltà di stabilire, subordinatamente al rispetto del principio della parità di trattamento delle operazioni interne e delle operazioni effettuate tra Stati membri da soggetti passivi, altri obblighi che essi ritengano necessari ad assicurare l’esatta riscossione dell’imposta e ad evitare le frodi, a condizione che questi obblighi non diano luogo, negli scambi tra Stati membri, a formalità connesse con il passaggio di una frontiera».
Normativa nazionale
10 L’art. 30, n. 8, della legge del 1994 relativa all’imposta sul valore aggiunto (Value Added Tax Act 1994, in prosieguo: il «VATA 1994») recita come segue:
«Mediante regolamento può essere disposta l’esenzione dall’imposta per la cessione di beni o di determinati beni specificati nel regolamento stesso, nei casi in cui
a) i Commissioners dispongano di sufficiente prova che i beni siano stati o saranno esportati al di fuori del territorio degli Stati membri ovvero che la cessione stessa preveda cumulativamente
i) il trasferimento dei beni dal Regno Unito; e
ii) il loro acquisto in un altro Stato membro da parte di un soggetto tenuto al pagamento dell’IVA relativamente a tale acquisto, ai sensi delle disposizioni legislative di tale Stato membro (…)
b) sia conforme ad eventuali altri requisiti stabiliti dal regolamento o dai Commissioners».
11 L’art. 134 del regolamento del 1995 sull’imposta sul valore aggiunto (Value Added Tax Regulations 1995) dispone:
«Allorché i Commissioners dispongono di sufficiente prova che:
a) la cessione dei beni da parte di un soggetto passivo implichi che i beni stessi lascino il Regno Unito;
b) la cessione sia destinata ad un soggetto passivo in un altro Stato membro;
c) i beni siano stati trasferiti in un altro Stato membro e
d) tali beni non rientrino tra quelli per cui il soggetto passivo abbia optato, ai sensi dell’art. 50 A della [legge del 1994], per un assoggettamento all’IVA determinata in base all’utile realizzato con la cessione,
la cessione stessa, a condizione che soddisfi i requisiti che i Commissioners possono disporre, sarà imposta con l’aliquota zero».
12 Altre modalità di esenzione delle cessioni intracomunitarie sono enunciate nelle circolari nn. 725 e 703 che, secondo l’ordinanza di rinvio, hanno parzialmente forza di legge.
13 La circolare n. 703, destinata a tutti gli operatori economici attivi nel commercio intracomunitario, dispone in particolare:
«8.4 Condizioni di applicazione dell’aliquota zero alle cessioni a destinazione di altri Stati membri.
In caso di cessione di beni ad acquirenti registrati in qualità di soggetti passivi dell’IVA in un altro Stato membro dell’[Unione europea], la cessione potrà fruire nel Regno Unito di imposizione ad aliquota zero a condizione che
– il cedente abbia ottenuto ed iscritto sulle proprie fatture relative a vendite assoggettate all’IVA il numero di identificazione IVA intracomunitario, ivi compreso il codice del paese a due lettere dell’acquirente:
– i beni siano inviati o trasportati al di fuori del Regno Unito a destinazione di un altro Stato membro dell’[Unione], e
– nel termine di tre mesi a decorrere dalla data della cessione, il cedente ottenga e conservi validi documenti commerciali i quali provino che i beni hanno lasciato il Regno Unito.
(...)
Qualora l’acquirente comunitario ritiri egli stesso i beni o dia disposizioni per farli ritirare e trasferire dal Regno Unito, il cedente dovrà
– chiedere la conferma delle modalità secondo cui i beni lasceranno il Regno Unito e del genere di prova che sarà fornita al cedente, e
– prevedere di chiedere all’acquirente il versamento di una cauzione di importo equivalente a quello dell’IVA di cui verrà gravato il cedente in assenza della prova della partenza dei beni dal Regno Unito (la cauzione potrà essere restituita quando il cedente avrà ottenuto la prova che i beni hanno lasciato il Regno Unito)».
Controversia principale e questioni pregiudiziali
14 Nel 2002 la Teleos e a. vendevano telefoni cellulari ad una società spagnola, la Total Telecom España SA/Ercosys Mobil SA (in prosieguo: la «TT»). Secondo i contratti di vendita, il luogo di destinazione delle merci si trovava, in generale, in Francia e, in qualche caso, in Spagna. Nella quasi totalità dei casi i contratti erano conclusi conformemente ad una delle clausole del commercio internazionale redatte dalla Camera di commercio internazionale (clausole cosiddette «Incoterms 2000»), cioè «franco fabbrica» («ex-works» o EXW), il che significa che la Teleos e a. erano unicamente tenute a mettere i beni a disposizione della TT in un deposito situato nel Regno Unito, mentre quest’ultima società era responsabile del successivo trasporto verso lo Stato membro convenuto. Il deposito apparteneva alla Euro-Cellars Ltd, società di depositi doganali e di distribuzione.
15 Per ciascuna transazione la Teleos e a. ricevevano dalla TT, qualche giorno dopo la vendita, l’originale, vidimato e firmato, di una lettera di vettura CMR (lettera di spedizione redatta sul fondamento della Convenzione relativa al contratto di trasporto internazionale di merci su strada, firmata a Ginevra il 19 maggio 1956, come modificata dal protocollo del 5 luglio 1948), recante la descrizione dei beni e l’indirizzo di consegna, il nome del conducente ed il numero di immatricolazione del veicolo. Una lettera siffatta, recante la firma della TT, veniva considerata prova sufficiente del fatto che i telefoni cellulari fossero giunti alla destinazione prevista.
16 In un primo tempo, i Commissioners accettavano tali documenti quale prova dell’esportazione dei beni fuori del Regno Unito, di modo che le suddette cessioni venivano esentate dall’IVA, fruendo dell’applicazione dell’aliquota zero, e alla Teleos e a. veniva concesso il rimborso dell’imposta pagata a monte. Tuttavia, in occasione di successivi controlli, i Commissioners accertavano che, in taluni casi, la destinazione indicata nelle lettere di vettura CMR era falsa, che i trasportatori menzionati nelle lettere stesse non esistevano, ovvero non effettuavano trasporti di cellulari, e che i numeri di immatricolazione dei veicoli indicati corrispondevano a veicoli inesistenti o inadatti al trasporto di merci siffatte. I Commissioners ne concludevano che i telefoni cellulari non avevano mai lasciato il Regno Unito e disponevano, quindi il recupero dell’IVA afferente alle suddette cessioni per un importo di vari milioni di GBP, pur riconoscendo che la Teleos e a. non erano in alcun modo coinvolte nella frode.
17 Risulta dall’ordinanza di rinvio che esistono prove secondo cui la TT aveva presentato alle competenti autorità spagnole dichiarazioni fiscali relative all’acquisto intracomunitario di telefoni cellulari. Tale società aveva anche dichiarato una cessione ulteriore di tali beni quale cessione intracomunitaria esentata e sollecitato il rimborso dell’IVA assolta a monte.
18 Il giudice nazionale considera provato che per la Teleos e a. non sussisteva alcuna ragione di mettere in dubbio le indicazioni contenute nelle lettere di vettura CMR né l’autenticità di queste ultime, che tali società non hanno partecipato ad alcuna frode e non erano a conoscenza del fatto che i telefoni cellulari non avevano lasciato il Regno Unito. Tale giudice è inoltre pervenuto alla conclusione secondo cui la Teleos e a., dopo aver effettuato ricerche serie ed approfondite, riguardo sia alla TT sia alla Euro-Cellars Ltd, per sincerarsi dell’affidabilità dell’acquirente, non disponevano di nessun altro mezzo concreto per provare l’inesattezza delle dichiarazioni contenute nelle suddette lettere di vettura. Inoltre nessuna prova ulteriore, diversa dalle lettere di vettura CMR, avrebbe potuto ragionevolmente essere ottenuta, data la natura del commercio di cui trattasi.
19 La Teleos e a. hanno proposto ricorso dinanzi al giudice nazionale contro le decisioni dei Commissioners relative al recupero dell’IVA, per il motivo che queste ultime non trovavano alcun fondamento nella sesta direttiva.
20 Alla luce di quanto precede la High Court of Justice (England & Wales), Queen’s Bench Division (Administrative Court), ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:
«1) Se, nelle circostanze della fattispecie, il termine «spedito», di cui all’art. 28 bis, n. 3, della sesta direttiva (acquisti intracomunitari di beni) debba essere inteso nel senso che un acquisto intracomunitario si realizza quando:
a) il potere di disporre come proprietario dei beni viene trasferito all’acquirente ed i beni vengono messi a disposizione dell’acquirente (soggetto passivo registrato ai fini dell’IVA in un altro Stato membro) dal fornitore, presso un deposito protetto sito nello Stato membro del fornitore stesso, sulla base di un contratto con clausola “franco fabbrica”, per effetto del quale l’acquirente assume ogni responsabilità per il trasporto dei beni in uno Stato membro diverso da quello della cessione, laddove dai documenti contrattuali e/o da altra documentazione probatoria risulti che i beni stessi sono destinati ad essere successivamente trasportati in un altro Stato membro ancorché non abbiano ancora lasciato fisicamente il territorio dello Stato membro di cessione; ovvero quando
b) il potere di disporre dei beni come proprietario viene trasferito all’acquirente e i beni iniziano, ma non completano necessariamente, il trasferimento verso un altro Stato membro (in particolare, nel caso in cui i beni non abbiano ancora lasciato fisicamente il territorio dello Stato membro di cessione); ovvero quando
c) il potere di disporre dei beni come proprietario viene trasferito all’acquirente e i beni, nel loro trasferimento verso un altro Stato membro, hanno fisicamente lasciato il territorio dello Stato membro di cessione ed iniziato il loro percorso verso un altro Stato membro.
2) Se l’art. 28 quater, parte A, lett. a), debba essere interpretato nel senso che le cessioni di beni sono esenti da IVA quando:
– i beni vengono ceduti ad un acquirente registrato ai fini dell’IVA in un altro Stato membro; e
– a termini di contratto, l’acquirente si impegna ad acquistare i beni restando inteso che, dopo aver acquisito il potere di disporre dei beni come proprietario nello Stato membro del fornitore, sarà responsabile del trasporto dei beni dallo Stato membro del fornitore ad un secondo Stato membro; e:
a) il potere di disporre dei beni come proprietario è stato trasmesso all’acquirente e i beni ceduti sono stati messi a disposizione dell’acquirente dal fornitore presso un deposito protetto sito nello Stato membro del fornitore, sulla base di un contratto di compravendita con clausola “franco fabbrica”, a termini del quale l’acquirente assume la responsabilità per il trasferimento dei beni stessi verso uno Stato membro differente da quello della cessione, laddove dai documenti del contratto e/o da altra documentazione probatoria risulti che i beni stessi siano destinati ad essere successivamente trasportati in un altro Stato membro ancorché non abbiano ancora fisicamente lasciato il territorio dello Stato membro di cessione; ovvero quando
b) il potere di disporre dei beni come proprietario è stato trasmesso all’acquirente e i beni iniziano, ma non completano necessariamente, il loro percorso verso un altro Stato membro (in particolare, nel caso in cui i beni non abbiano fisicamente lasciato il territorio dello Stato membro di cessione); ovvero quando
c) il potere di disporre dei beni come proprietario è stato trasmesso all’acquirente e i beni hanno fisicamente lasciato il territorio dello Stato membro di cessione ed iniziato il loro percorso verso un secondo Stato membro; ovvero quando
d) il potere di disporre dei beni come proprietario è stato trasmesso all’acquirente e si può dimostrare che i beni sono effettivamente giunti nello Stato membro di destinazione.
3) Nelle circostanze della fattispecie [della causa principale], in cui un fornitore in buona fede ha presentato alle competenti autorità del proprio Stato membro, dopo aver presentato una domanda di rimborso, prove oggettive che al momento della presentazione della domanda stessa legittimavano manifestamente il beneficio dell’esenzione dei beni dall’imposta ai sensi dell’art. 28 quater, parte A, lett. a), quando le competenti autorità hanno inizialmente accettato tali prove ai fini dell’esenzione, se – e, in caso affermativo, in presenza di quali circostanze – le competenti autorità dello Stato membro di cessione possano tuttavia successivamente richiedere al fornitore di assolvere l’IVA sui beni medesimi qualora da nuovi elementi probatori siano emersi:
a) dubbi in ordine alla validità delle prove precedenti, o
b) la falsità materiale degli elementi probatori precedentemente forniti, peraltro senza conoscenza o coinvolgimento da parte del fornitore.
4) Se sulla soluzione della questione sub 3 incida la circostanza che sussistono prove secondo cui l’acquirente risulta aver effettuato dichiarazioni alle autorità tributarie dello Stato membro di destinazione, allorché tali dichiarazioni menzionavano, quali acquisti intracomunitari, gli acquisti oggetto del caso di specie, l’acquirente ha indicato un importo rappresentante l’imposta relativa all’acquisto e ha effettuato una detrazione dell’importo medesimo, ai sensi dell’art. 17, n. 2, lett. d), della sesta direttiva».
Sulle questioni pregiudiziali
Osservazioni preliminari
21 Va preliminarmente ricordato che le questioni sollevate dal giudice nazionale si collocano nel contesto del regime transitorio dell’VA applicabile al commercio intracomunitario istituito, ai fini dell’abolizione delle frontiere interne il 1° gennaio 1993, dalla direttiva 91/680. A partire da tale data le tassazioni all’importazione e le detassazioni all’esportazione negli scambi fra gli Stati membri sono state soppresse definitivamente (secondo e terzo ‘considerando’ della suddetta direttiva).
22 Infatti, avendo rilevato che non sussistevano ancora le condizioni che avrebbero consentito di mettere in pratica il principio dell’imposizione nello Stato membro di origine dei beni ceduti senza compromettere il principio dell’attribuzione del gettito fiscale allo Stato membro in cui ha luogo il consumo finale, il legislatore comunitario ha introdotto, con il titolo XVI bis della sesta direttiva, un regime transitorio di tassazione degli scambi tra Stati membri fondato sulla determinazione di un nuovo fatto generatore dell’imposta, ovvero l’acquisto intracomunitario di beni (‘considerando’ dal settimo al decimo della direttiva 91/680).
23 Occorre constatare al riguardo che la cessione intracomunitaria di un bene e l’acquisto intracomunitario di quest’ultimo costituiscono in realtà un’unica e medesima operazione economica benché quest’ultima crei diritti ed obblighi diversi sia per le parti della transazione, sia per le autorità tributarie degli Stati membri interessati.
24 Ogni acquisto intracomunitario tassato nello Stato membro di destinazione della spedizione o del trasporto intracomunitario di beni, ai sensi dell’art. 28 bis, n. 1, lett. a), primo comma, della sesta direttiva comporta come corollario una cessione esente nello Stato membro di partenza di detta spedizione o di detto trasporto, ai sensi dell’art. 28 quater, parte A, lett. a), primo comma, della medesima direttiva (sentenza 6 aprile 2006, causa C-245/04, EMAG Handel Eder, Racc. pag. I-3227, punto 29).
25 Ne consegue che l’esenzione di una cessione intracomunitaria correlata ad un acquisto intracomunitario permette di evitare la doppia imposizione e, pertanto, la violazione del principio della neutralità fiscale inerente al sistema comune dell’IVA.
Sulla prima e sulla seconda questione
26 Con le prime due questioni, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice nazionale chiede, in sostanza, se gli artt. 28 bis, n. 3, primo comma, e 28 quater, parte A, lett. a), primo comma, della sesta direttiva vadano interpretati, riguardo al termine «spedito(i)» figurante in tali due disposizioni, nel senso che l’acquisto intracomunitario viene effettuato e l’esenzione della cessione intracomunitaria diviene applicabile solo quando il potere di disporre del bene quale proprietario è stato trasmesso all’acquirente ed il fornitore prova che tale bene è stato spedito o trasportato in un altro Stato membro e che, in seguito a tale spedizione o trasporto, ha lasciato fisicamente il territorio dello Stato membro di cessione.
27 I requisiti necessari affinché un’operazione possa essere definita acquisto intracomunitario soggetto all’IVA sono indicati all’art. 28 bis della sesta direttiva. Oltre ai requisiti relativi allo status del venditore e dell’acquirente, fissati al n. 1, lett. a), di tale articolo, il successivo n. 3, primo comma, subordina l’acquisto intracomunitario a due condizioni, vale a dire, da un lato, il trasferimento all’acquirente del potere di disporre come proprietario di un bene mobile materiale e, dall’altro, la spedizione o il trasporto di tale bene a destinazione dell’acquirente da parte del venditore o dell’acquirente o per loro conto «in uno Stato membro diverso dallo Stato di partenza della spedizione o del trasporto del bene».
28 L’operazione costituente il corollario dell’acquisto intracomunitario, vale a dire la cessione intracomunitaria, è esente dall’IVA se soddisfa i requisiti fissati all’art. 28 quater, parte A, lett. a), della sesta direttiva. Diversamente dalle condizioni fissate per l’acquisto intracomunitario, tale disposizione prevede che, al fine di fruire di un’esenzione a seguito della cessione intracomunitaria, i beni vanno spediti o trasportati «fuori dal territorio di cui all’art. 3 ma all’interno della Comunità», cioè che la spedizione o il trasporto devono essere effettuati da uno Stato membro facente parte della Comunità, ove il sistema comune dell’IVA è in vigore, ad un altro Stato membro della medesima.
29 Dagli atti inviati alla Corte risulta che il primo requisito afferente all’acquisto intracomunitario, cioè il trasferimento del potere di disporre del bene come proprietario, è ritenuto soddisfatto dal giudice nazionale. Tra le parti della causa principale è tuttavia controverso il secondo requisito cui è subordinato un acquisto siffatto. Il contrasto concerne segnatamente l’interpretazione che occorre dare alla nozione di «spedizione» di cui agli artt. 28 bis, n. 3, primo comma, e 28 quater, parte A, lett. a), primo comma, della sesta direttiva.
30 La Teleos e a. sostengono che il termine «spedito(i)» significa che i beni in questione sono inviati verso una destinazione particolare o ad un destinatario. Esse si fondano su un’interpretazione letterale di tale termine e fanno valere che un raffronto fra tutte le versioni linguistiche dimostra che il termine rispettivamente utilizzato in queste ultime pone l’accento sull’inizio del processo di spedizione e non implica il trasporto fisico completo dei beni fuori dello Stato membro del fornitore.
31 La Teleos e a. considerano quindi che una cessione intracomunitaria di beni viene operata allorché il fornitore ha messo i beni a disposizione dell’acquirente in forza della clausola «franco fabbrica», con cui quest’ultimo si impegna a trasportarli in un altro Stato membro e sussistono prove da cui emerga l’intenzione delle parti di trasportare in seguito i beni verso una destinazione situata in un altro Stato membro, anche se i beni stessi non abbiano ancora lasciato fisicamente il territorio dello Stato membro di cessione.
32 Gli Stati membri che hanno presentato osservazioni alla Corte e alla Commissione delle Comunità europee fanno invece valere che l’impiego del termine «spedito(i)» implica che i beni abbiano fisicamente lasciato il territorio dello Stato membro di spedizione o siano giunti nello Stato membro di destinazione.
33 Se è pur vero che, stando ad un’interpretazione letterale, l’espressione «spedito o trasportato (...) in uno Stato membro», contenuta nell’art. 28 bis, n. 3, primo comma, della sesta direttiva sembra porre l’accento sull’inizio del processo di spedizione o di trasporto, come sostengono la Teleos e a., ciò non toglie tuttavia che, come fanno valere la maggior parte degli Stati membri che hanno presentato osservazioni alla Corte, l’espressione «spediti o trasportati (...) fuori dal territorio [dello Stato membro]», di cui all’art. 28 quater, parte A, lett. a), primo comma, della stessa direttiva, implica che i beni abbiano effettivamente lasciato lo Stato membro di cessione.
34 Alla luce di quanto precede, tenuto conto della correlazione esistente tra la cessione e l’acquisto intracomunitari, occorre dare alle due disposizioni menzionate al punto precedente un’interpretazione che conferisca ad esse un significato ed una portata identici.
35 Orbene, in presenza di molteplici possibili interpretazioni letterali di una nozione, occorre, per determinare la portata di quest’ultima, ricorrere al contesto in cui essa si inserisce, tenendo conto delle finalità e del sistema della sesta direttiva (v., in tal senso, sentenza 26 giugno 1990, causa C-185/89, Velker International Oil Company, Racc. pag. I-2561, punti 16 e 17; 5 giugno 1997, causa C-2/95, SDC, Racc. pag. I-3017, punto 22, e 19 aprile 2007, causa C-455/05, Velvet & Steel Immobilien, Racc. pag. I-3225, punto 20).
36 Risulta dall’obiettivo perseguito dal regime transitorio previsto al titolo XVI bis della sesta direttiva, cioè il trasferimento del gettito fiscale allo Stato membro in cui avviene il consumo finale dei beni ceduti (v. citata sentenza EMAG Handel Eder, punto 40), che tale regime è stato istituito per disciplinare, segnatamente, il movimento intracomunitario dei beni.
37 Tale regime, avendo sostituito il sistema delle importazioni e delle esportazioni tra gli Stati membri, come già ricordato al punto 21 della presente sentenza, si distingue chiaramente da quello che disciplina le operazioni effettuate all’interno del paese. Condizione preliminare per l’applicazione di un regime siffatto è il carattere intracomunitario di un’operazione e, segnatamente, un movimento fisico di beni da uno Stato membro verso un altro. Infatti tale condizione relativa al passaggio di frontiere tra Stati membri è un elemento costitutivo di un’operazione intracomunitaria che la distingue da quella che avviene all’interno del paese.
38 Inoltre, al pari di altre nozioni che definiscono le operazioni imponibili ai sensi della sesta direttiva (v. sentenze 12 gennaio 2006, cause riunite C-354/03, C-355/03 e C-484/03, Optigen e a., Racc. pag. I-483, punto 44, nonché 6 luglio 2006, cause riunite C-439/04 e C-440/04, Kittel e Recolta Recycling, Racc. pag. I-6161, punto 41), le nozioni di cessione intracomunitaria e di acquisto intracomunitario hanno un carattere obiettivo e si applicano indipendentemente dagli scopi e dai risultati delle operazioni di cui trattasi.
39 Contrariamente all’argomentazione della Teleos e a. secondo cui l’intenzione del fornitore e dell’acquirente di effettuare un’operazione intracomunitaria è sufficiente perché sia qualificata come tale, va rilevato come dalla giurisprudenza della Corte emerga che l’obbligo, per l’amministrazione finanziaria, di effettuare indagini al fine di accertare la volontà del soggetto passivo sarebbe contrario agli scopi del sistema comune dell’IVA di garantire la certezza del diritto e di agevolare le operazioni inerenti all’applicazione dell’imposta dando rilevanza, salvo in casi eccezionali, alla natura oggettiva dell’operazione di cui trattasi (v. sentenza 6 aprile 1995, causa C-4/94, BLP Group, Racc. pag. I-983, punto 24, e citate sentenze Optigen e a., punto 45, nonché Kittel e Recolta Recycling, punto 42).
40 È quindi necessario che la qualificazione di una cessione o di un acquisto intracomunitari venga effettuata in base ad elementi oggettivi, quale l’esistenza di un movimento fisico dei beni di cui trattasi fra Stati membri.
41 Un’interpretazione siffatta è del pari corroborata dal contesto in cui si collocano la cessione e l’acquisto intracomunitario di beni. Infatti, già dal tenore letterale del titolo XVI bis della sesta direttiva emerge che il regime transitorio è applicabile agli scambi tra gli Stati membri. Peraltro le disposizioni relative a tale regime utilizzano molteplici espressioni di frodi che evidenziano che vi sono almeno due Stati membri coinvolti in un’operazione consistente in una cessione nonché in un acquisto intracomunitario e che fra tali Stati deve avvenire un trasferimento di merci. Tali espressioni particolari, come «in uno Stato membro diverso da quello di partenza della spedizione o del trasporto del bene», «in uno Stato membro diverso da quello di arrivo della spedizione o del trasporto del bene» e «trasferimento da parte di un soggetto passivo di un bene della sua impresa a destinazione di un altro Stato membro», figurano, segnatamente, all’art. 28 bis, nn. 3 e 5, della sesta direttiva.
42 Date le precedenti considerazioni occorre risolvere la prima e la seconda delle questioni sollevate dichiarando che gli artt. 28 bis, n. 3, primo comma, e 28 quater, parte A, lett. a), primo comma, della sesta direttiva devono essere interpretati, in considerazione del termine «spedito(i)», contenuto in tali due disposizioni, nel senso che l’acquisto intracomunitario di un bene si perfeziona e l’esenzione della cessione intracomunitaria diviene applicabile solo quando il potere di disporre del bene come proprietario è stato trasmesso all’acquirente e quando il fornitore prova che tale bene è stato spedito o trasportato in un altro Stato membro e che, in seguito a tale spedizione o trasporto, esso ha lasciato fisicamente il territorio dello Stato membro di cessione.
Sulla terza questione
43 Con la terza questione il giudice nazionale chiede, in sostanza, se l’art. 28 quater, parte A, lett. a), primo comma, della sesta direttiva vada interpretato nel senso che osta a che le competenti autorità dello Stato membro di cessione obblighino un fornitore, il quale ha agito in buona fede e presentato prove giustificanti prima facie il suo diritto all’esenzione di una cessione intracomunitaria di beni, ad assolvere successivamente l’IVA su tali beni, quando tali prove si rivelano false, senza che risulti tuttavia provata la partecipazione del fornitore medesimo alla frode fiscale.
44 Occorre preliminarmente rilevare che, sebbene la cessione e l’acquisto intracomunitari di beni siano subordinati alla condizione oggettiva del trasferimento fisico dei beni fuori dallo Stato membro di cessione, come risulta dalla soluzione data alle prime due questioni, risulta difficile per l’amministrazione finanziaria, a seguito dell’abolizione del controllo alle frontiere tra gli Stati membri, verificare se le merci abbiano o meno lasciato fisicamente il territorio del suddetto Stato membro. Pertanto le autorità tributarie procedono ad una siffatta verifica principalmente in base alle prove fornite dai soggetti passivi e alle dichiarazioni di questi ultimi.
45 Come risulta dal primo periodo, initio, dell’art. 28 quater, parte A, della sesta direttiva, spetta agli Stati membri fissare le condizioni di applicazione dell’esenzione di una cessione intracomunitaria. Va tuttavia ricordato che, nell’esercizio dei poteri che le direttive comunitarie conferiscono agli Stati membri, questi devono rispettare i principi generali del diritto che fanno parte dell’ordinamento giuridico comunitario, quali, in particolare, i principi di certezza del diritto e di proporzionalità (v., in tal senso, sentenze 18 dicembre 1997, cause riunite C-286/94, C-340/95, C-401/95 e C-47/96, Molenheide e a., Racc. pag. I-7281, punto 48, nonché 11 maggio 2006, causa C-384/04, Federation of Technological Industries e a., Racc. pag. I-4191, punti 29 e 30).
46 Risulta del pari dalla giurisprudenza della Corte relativa al recupero a posteriori dell’IVA che i provvedimenti che gli Stati membri possono adottare per assicurare l’esatta riscossione dell’imposta ed evitare frodi non possono essere utilizzati in modo tale da mettere in discussione la neutralità dell’IVA (v., in tal senso, sentenze 21 marzo 2000, cause riunite da C-110/98 a C-147/98, Gabalfrisa e a., Racc. pag. I-1577, punto 52; 19 settembre 2000, causa C-454/98, Schmeink & Cofreth e Strobel, Racc. pag. I-6973, punto 59, nonché 21 febbraio 2006, causa C-255/02, Halifax e a., Racc. pag. I-1609, punto 92).
47 La Teleos e a. fanno valere che il fatto che le autorità tributarie di uno Stato membro pongano integralmente l’onere della prova, nonché la responsabilità di assolvere l’IVA, a carico del fornitore di un bene venduto in base al regime della cessione intracomunitaria, qualora, successivamente all’acquisto, risulti che l’acquirente abbia commesso una frode e che i beni non abbiano effettivamente lasciato il territorio dello Stato membro di cessione, è incompatibile con i principi di certezza del diritto e di neutralità fiscale. Esse sostengono parimenti che i provvedimenti adottati nei loro confronti dalle autorità tributarie compromettono il buon funzionamento del mercato unico ed ostacolano la libera circolazione delle merci.
48 Per quanto riguarda, in primo luogo il principio di certezza del diritto, va ricordato che esso s’impone con rigore particolare quando si tratta di una normativa idonea a comportare oneri finanziari, al fine di consentire agli interessati di conoscere con esattezza l’estensione degli obblighi che essa impone loro (v., sentenze 15 dicembre 1987, causa 326/85, Paesi Bassi/Commissione, Racc. pag. 5091, punto 24, e la citata sentenza Halifax e a., punto 72). Ne consegue che è necessario, come fondatamente rilevano la Teleos e a. nonché la Commissione, che i soggetti passivi abbiano conoscenza dei loro obblighi fiscali prima di concludere un’operazione.
49 Nella causa principale risulta sia dagli atti, sia dalle osservazioni presentate alla Corte che manifestamente non esiste alcuna prova tangibile che permetta, da un lato, di ritenere che i beni di cui trattasi sono stati trasferiti al di fuori del territorio dello Stato membro di cessione e, dall’altro, di escludere che siano state commesse frodi e manipolazioni. È tuttavia necessario, al fine di assicurare la semplice e corretta applicazione delle esenzioni, che le autorità nazionali fissino i requisiti ai fini dell’esenzione delle cessioni intracomunitarie.
50 Sarebbe quindi contrario al principio di certezza del diritto che uno Stato membro, il quale ha stabilito i requisiti ai fini dell’applicazione dell’esenzione di una cessione intracomunitaria, fissando in particolare un elenco di documenti da presentare alle autorità competenti, ed ha accettato in un primo tempo i documenti presentati dal fornitore in quanto prove giustificative del diritto all’esenzione, possa successivamente obbligare il fornitore medesimo ad assolvere l’IVA relativa a tale cessione allorché consti che, a causa di una frode commessa dall’acquirente di cui il fornitore non aveva e non poteva aver conoscenza, i beni in questione non hanno in realtà lasciato il territorio dello Stato membro di cessione.
51 Orbene, obbligare il soggetto passivo a fornire una prova concludente che i beni hanno fisicamente lasciato lo Stato membro di cessione non garantisce la corretta e semplice applicazione delle esenzioni. Al contrario, un obbligo siffatto lo pone in una situazione di incertezza circa la possibilità di applicare l’esenzione sulla sua cessione intracomunitaria o circa la necessità di includere l’IVA nel prezzo di vendita.
52 In secondo luogo, quanto al principio di proporzionalità, occorre ricordare che la Corte ha già avuto modo di dichiarare, al punto 46 della citata sentenza Molenheide e a., che, conformemente a tale principio, gli Stati membri devono avere ricorso a mezzi che, pur consentendo di raggiungere efficacemente l’obiettivo perseguito dal diritto interno, portino il minor pregiudizio possibile agli obiettivi e ai principi stabiliti dalla normativa comunitaria controversa.
53 Così, se è legittimo che i provvedimenti adottati dagli Stati membri tendano a preservare il più efficacemente possibile i diritti dell’Erario, essi non devono eccedere quanto è necessario a tal fine (v. citate sentenze Molenheide e a., punto 47, nonché Federation of Technological Industries e a., punto 30).
54 I governi del Regno Unito e italiano sostengono, in proposito, che è trasponibile alla causa principale la giurisprudenza secondo cui l’imposizione all’importatore in buona fede del pagamento di dazi doganali dovuti per l’importazione di una merce rispetto alla quale l’esportatore ha commesso un illecito doganale, cui l’importatore non ha partecipato a nessun titolo, non è sproporzionata né in contrasto con i principi generali del diritto di cui la Corte garantisce il rispetto (v. sentenze 14 maggio 1996, cause riunite C-153/94 e C-204/94, Faroe Seafood e a., Racc. pag. I-2465, punto 114, e 17 luglio 1997, causa C-97/95, Pascoal & Filhos, Racc. pag. I-4209, punto 61).
55 Tale argomento non può essere accolto.
56 Come fanno giustamente valere la Teleos e a. nonché la Commissione e come ha rilevato l’avvocato generale ai paragrafi 78-82 delle conclusioni, l’applicazione di dazi doganali relativi ad importazioni provenienti dall’esterno dell’Unione europea e l’assoggettamento all’IVA di un acquisto intracomunitario non costituiscono operazioni comparabili.
57 Infatti il regime applicabile agli scambi intracomunitari fissa la suddivisione delle competenze in materia tributaria nel mercato interno e permette all’amministrazione finanziaria di rivalersi sia sul fornitore sia sull’acquirente per ottenere il pagamento dell’IVA, mentre nel regime doganale comune i dazi sono recuperabili solo presso l’importatore. Ne risulta che la giurisprudenza citata al punto 54 della presente sentenza non è trasponibile alla causa sottoposta al giudice nazionale.
58 Certo, l’obiettivo di prevenire la frode fiscale giustifica talvolta obblighi severi per il fornitore. Tuttavia qualsiasi ripartizione del rischio tra il fornitore e l’amministrazione finanziaria, in seguito ad una frode commessa da un terzo, dev’essere compatibile con il principio di proporzionalità. Inoltre, invece di prevenire la frode fiscale, un regime che faccia ricadere l’intera responsabilità del pagamento dell’IVA sul fornitore, indipendentemente dal coinvolgimento o meno di quest’ultimo nella frode, non preserva necessariamente il sistema armonizzato dell’IVA dalla frode e dall’abuso dell’acquirente. Quest’ultimo, se fosse esentato da qualsiasi responsabilità, potrebbe infatti essere indotto a non spedire o a non trasportare i beni fuori dallo Stato membro di cessione e a non dichiararli ai fini dell’IVA negli Stati membri di destinazione previsti.
59 Infine, per quanto attiene, in terzo luogo, al principio di neutralità fiscale, si deve rammentare che tale principio osta, in particolare, a che prestazioni analoghe, che si trovano quindi in concorrenza tra di loro, siano trattate in maniera diversa sotto il profilo dell’IVA (v. sentenza 7 dicembre 2006, causa C-240/05, Eurodental, Racc. pag. I-11479, punto 46).
60 Orbene, se i fornitori di cui trattasi nella causa principale fossero tenuti ad assolvere essi stessi l’IVA a posteriori, il suddetto principio non sarebbe rispettato, poiché sui fornitori che effettuano le operazioni all’interno del paese non grava mai l’imposta avalle , trattandosi di un’imposta indiretta sui consumi. Conseguentemente, i soggetti passivi che effettuino un’operazione intracomunitaria, in condizioni come quelle della causa principale, si troverebbero in una posizione meno vantaggiosa rispetto ai soggetti passivi che effettuino un’operazione interna (v. in tal senso quanto al diritto a detrazione, citata sentenza Eurodental, punto 47).
61 In quarto luogo, quanto all’argomento della Teleos e a. secondo cui i provvedimenti presi dal Regno Unito ostacolano la libera circolazione delle merci, si deve rilevare, da un lato, che, secondo la giurisprudenza della Corte, la lotta contro ogni possibile frode, evasione ed abuso è un obiettivo riconosciuto e promosso dalla sesta direttiva (v. sentenza 29 aprile 2004, cause riunite C-487/01 e C-7/02, Gemeente Leusden e Holin Groep, Racc. pag. I-5337, punto 76, e citata sentenza Kittel e Recolta Recycling, punto 54), il quale può giustificare, a determinate condizioni, l’esistenza di restrizioni alla libera circolazione delle merci.
62 Daltro canto, è anche importante assicurare, come fondatamente sostiene la Commissione, che la situazione degli operatori economici non sia meno favorevole di quella esistente prima dell’abolizione dei controlli alle frontiere tra gli Stati membri, poiché un risultato siffatto andrebbe contro la finalità del mercato interno, volta a facilitare gli scambi fra questi ultimi.
63 Dato che i soggetti passivi non possono più basarsi sui documenti rilasciati dalle autorità doganali, la prova di una cessione e di un acquisto intracomunitari dev’essere fornita con altri mezzi. Se è vero che il regime degli scambi intracomunitari è divenuto più aperto alla frode, ciò non toglie che i requisiti probatori stabiliti dagli Stati membri devono rispettare le libertà fondamentali istituite dal Trattato CE quale, segnatamente, la libera circolazione delle merci.
64 In proposito, è anche importante rammentare che, a norma dell’art. 22, n. 8, della sesta direttiva, gli Stati membri hanno la facoltà di stabilire gli obblighi che essi riterrebbero necessari ad assicurare l’esatta riscossione dell’imposta e ad evitare le frodi senza che gli stessi possano dar luogo, negli scambi tra Stati membri, a formalità connesse con il passaggio di una frontiera.
65 Peraltro, secondo una giurisprudenza della Corte applicabile in via analogica alla causa principale, non sarebbe contrario al diritto comunitario esigere che il fornitore adotti tutte le misure che gli si possono ragionevolmente richiedere al fine di assicurarsi che l’operazione effettuata non lo conduca a partecipare ad una frode fiscale (v., quanto alla frode di tipo «carrousel», citate sentenze Federation of Technological Industries e a., punto 33, nonché Kittel e Recolta Recycling, punto 51).
66 Pertanto, le circostanze che il fornitore abbia agito in buona fede, che abbia adottato tutte le misure ragionevoli in suo potere e che sia esclusa la sua partecipazione ad una frode costituiscono elementi importanti per determinare la possibilità di obbligare tale fornitore ad assolvere l’IVA a posteriori.
67 Viceversa, come rilevato dalla Commissione, qualora il fornitore abbia adempiuto i suoi obblighi relativi alla prova di una cessione intracomunitaria, laddove l’obbligo contrattuale di spedire o trasportare i beni fuori dallo Stato membro di cessione non sia stato assolto dall’acquirente, è quest’ultimo che dovrebbe essere considerato debitore dell’IVA in tale Stato membro.
68 La terza questione sollevata va quindi risolta dichiarando che l’art. 28 quater, parte A, lett. a), primo comma, della sesta direttiva va interpretato nel senso che osta a che le autorità competenti dello Stato membro di cessione obblighino un fornitore, che ha agito in buona fede e ha presentato prove che giustificano prima facie il suo diritto all’esenzione di una cessione intracomunitaria di beni, ad assolvere successivamente l’IVA su tali beni, allorché tali prove si rivelano essere false senza che risulti tuttavia provata la partecipazione del fornitore medesimo alla frode fiscale, purché quest’ultimo abbia adottato tutte le misure ragionevoli in suo potere al fine di assicurarsi che la cessione intracomunitaria effettuata non lo conducesse a partecipare ad una frode siffatta.
Sulla quarta questione
69 Con la quarta questione il giudice nazionale chiede, in sostanza, se il fatto che l’acquirente abbia presentato una dichiarazione alle autorità tributarie dello Stato membro di destinazione relativa all’acquisto intracomunitario, come quella della causa principale, possa considerarsi quale prova determinante ai fini dell’esenzione dall’IVA di una cessione intracomunitaria.
70 Alla luce della soluzione data alle prime due questioni, occorre rilevare che, eccezion fatta per i requisiti relativi allo status dei soggetti passivi, al trasferimento del potere di disporre di un bene come proprietario e allo spostamento fisico dei beni da uno Stato membro ad un altro, nessun altro requisito può essere imposto per qualificare un’operazione come cessione o acquisto intracomunitari di beni.
71 Nell’ambito del regime transitorio di acquisto e cessione intracomunitari, è necessario, al fine di assicurare una regolare riscossione dell’IVA, che le competenti autorità tributarie verifichino, le une indipendentemente dalle altre, se siano soddisfatti i requisiti di cui all’acquisto intracomunitario nonché ai fini dell’esenzione della corrispondente cessione. Pertanto, anche se la presentazione da parte dell’acquirente di una dichiarazione fiscale relativa all’acquisto intracomunitario può costituire un indizio del trasferimento effettivo dei beni fuori dallo Stato membro di cessione, una dichiarazione siffatta non riveste tuttavia un significato determinante ai fini della prova di una cessione intracomunitaria esentata.
72 Ne consegue che la quarta questione sollevata va risolta nel senso che il fatto che l’acquirente abbia presentato alle autorità tributarie dello Stato membro di destinazione una dichiarazione relativa all’acquisto intracomunitario, come quella della causa principale, può costituire una prova supplementare diretta a dimostrare che i beni hanno effettivamente lasciato il territorio dello Stato membro di cessione, ma non costituisce una prova determinante ai fini dell’esenzione dall’IVA di una cessione intracomunitaria.
Sulle spese
73 Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.
Per questi motivi, la Corte (Terza Sezione) dichiara:
1) Gli artt. 28 bis, n. 3, primo comma, e 28 quater, parte A, lett. a), primo comma, della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (GU L 145, pag. 1), come modificata dalla direttiva del Consiglio 17 ottobre 2000, 2000/65/CE, devono essere interpretati, in considerazione del termine «spedito(i)» contenuto in tali due disposizioni, nel senso che l’acquisto intracomunitario di un bene si perfeziona e l’esenzione della cessione intracomunitaria diviene applicabile solo quando il potere di disporre del bene come proprietario è stato trasmesso all’acquirente e quando il fornitore prova che tale bene è stato spedito o trasportato in un altro Stato membro e che, in seguito a tale spedizione o trasporto, esso ha lasciato fisicamente il territorio dello Stato membro di cessione.
2) L’art. 28 quater, parte A, lett. a), primo comma, della sesta direttiva 77/388, come modificata dalla direttiva 2000/65, va interpretato nel senso che osta a che le autorità competenti dello Stato membro di cessione obblighino un fornitore, che ha agito in buona fede e ha presentato prove giustificanti prima facie il suo diritto all’esenzione di una cessione intracomunitaria di beni, ad assolvere successivamente l’IVA su tali beni, quando tali prove si rivelano essere false senza che risulti tuttavia provata la partecipazione del fornitore medesimo alla frode fiscale, purché quest’ultimo abbia adottato tutte le misure ragionevoli in suo potere al fine di assicurarsi che la cessione intracomunitaria effettuata non lo conducesse a partecipare ad una frode siffatta.
3) Il fatto che l’acquirente abbia presentato alle autorità tributarie dello Stato membro di destinazione una dichiarazione relativa all’acquisto intracomunitario, come quella della causa principale, può costituire una prova supplementare diretta a dimostrare che i beni hanno effettivamente lasciato il territorio dello Stato membro di cessione, ma non costituisce una prova determinante ai fini dell’esenzione dall’IVA di una cessione intracomunitaria.
Firme
* Lingua processuale: l'inglese.