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Causa C-277/05

Société thermale d’Eugénie-les-Bains

contro

Ministère de l’Économie, des Finances et de l’Industrie

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Conseil d’État (Francia)]

«IVA — Ambito di applicazione — Caparre versate nell’ambito di contratti di prestazioni di servizi soggette ad IVA e trattenute dal prestatore in caso di disdetta — Qualificazione»

Massime della sentenza

Disposizioni tributarie — Armonizzazione delle legislazioni — Imposte sulla cifra di affari — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Base imponibile

(Direttiva del Consiglio 77/388, artt. 2, n. 1, e 6, n. 1)

Gli artt. 2, n. 1, e 6, n. 1, della sesta direttiva 77/388, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra d’affari, devono essere interpretati nel senso che le somme versate a titolo di caparra nell’ambito di contratti relativi a prestazioni alberghiere soggette ad imposta sul valore aggiunto devono essere considerate, qualora il cliente si avvalga della facoltà di disdetta consentitagli e le somme stesse siano trattenute dall’albergatore, quali indennità forfettarie di recesso versate ai fini del risarcimento del danno subito per effetto della rinuncia del cliente, senza che sussista un nesso diretto con un qualsivoglia servizio reso a titolo oneroso, e, in quanto tali, non soggette a tale imposta.

Infatti, il versamento di una caparra da parte di un cliente e l’obbligo per l’albergatore di non contrarre con terzi in misura tale da impedire il rispetto dell’obbligo assunto nei confronti del detto cliente non possono essere qualificati quali prestazioni sinallagmatiche, in quanto, in tale ipotesi, l’obbligo dell’albergatore discende direttamente dal contratto alberghiero e non dal versamento della caparra. In tal senso, in seguito ad una prenotazione, l’albergatore, qualora fornisca la prestazione convenuta, altro non farà se non adempiere al contratto concluso con il proprio cliente, conformemente al principio secondo cui i contratti devono essere adempiuti. Pertanto, il rispetto di tale obbligo non può essere qualificato quale corrispettivo della caparra versata.

(v. punti 23, 25, 36 e dispositivo)







SENTENZA DELLA CORTE (Prima Sezione)

18 luglio 2007 (*)

«IVA – Sfera di applicazione – Caparre versate nell’ambito di contratti di prestazioni di servizi soggette ad IVA e trattenute dal prestatore in caso di disdetta – Qualificazione»

Nel procedimento C-277/05,

avente ad oggetto una domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, dal Conseil d’État (Francia) con decisione 18 maggio 2005, pervenuta in cancelleria il 5 luglio 2005, nel procedimento

Société thermale d’Eugénie-les-Bains

contro

Ministère de l’Économie, des Finances et de l’Industrie,

LA CORTE (Prima Sezione),

composta dal sig. P. Jann, presidente di sezione, dai sigg. K. Lenaerts, E. Juhász (relatore), K. Schiemann ed E. Levits, giudici,

avvocato generale: sig. M. Poiares Maduro

cancelliere: sig.ra K. Sztranc-Sławiczek, amministratore

vista la fase scritta del procedimento ed in esito all’udienza del 4 luglio 2006,

viste le osservazioni presentate:

–        per la Société thermale d’Eugénie-les-Bains, dall’avv. X. Vuitton, avocat;

–        per il governo francese, dai sigg. G. de Bergues e J. Gracia, in qualità di agenti;

–        per l’Irlanda, dal sig. D. O’Hagan, in qualità di agente, assistito dagli avv.ti P. Mc Garry, BL, e E. Fitzsimons, SC;

–        per il governo portoghese, dal sig. L. Fernandes e dalla sig.ra C. Lança, in qualità di agenti;

–        per la Commissione delle Comunità europee, dal sig. R. Lyal e dalla sig.ra M. Afonso, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 13 settembre 2006,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione degli artt. 2, n. 1, e 6, n. 1, della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (GU L 145, pag. 1; in prosieguo: la «sesta direttiva»).

2        Tale domanda è stata sollevata nell’ambito di una controversia tra la Société thermale d’Eugénie-les-Bains (in prosieguo: la «Société thermale») ed il Ministère de l’Économie, des Finances et de l’Industrie (Ministero dell’Economia, delle Finanze e dell’Industria) in merito all’assoggettamento all’imposta sul valore aggiunto (in prosieguo: l’«IVA») delle caparre percepite dalla Société thermale in occasione della prenotazione di stanze e dalla medesima trattenute a seguito dell’annullamento delle prenotazioni.

 Contesto normativo

 Il diritto comunitario

3        Ai termini dell’art. 2, n. 1, della sesta direttiva, sono soggette all’IVA «le cessioni di beni e le prestazioni di servizi, effettuate a titolo oneroso all’interno del paese da un soggetto passivo che agisce in quanto tale».

4        L’art. 6, n. 1, della direttiva medesima così recita:

«1. Si considera “prestazione di servizi” ogni operazione che non costituisce cessione di un bene ai sensi dell’articolo 5.

Tale operazione può consistere tra l’altro:

(…)

–        in un obbligo di non fare o di tollerare un atto o una situazione;

(…)».

5        Ai termini del successivo art. 11, parte A, n. 1, lett. a), la base imponibile è costituita, per le prestazioni di servizi, «da tutto ciò che costituisce il corrispettivo versato o da versare (…) al prestatore per tali operazioni da parte (…) del destinatario o di un terzo (…)».

 La normativa nazionale

6        Ai termini dell’art. 256-I del code général des impôts (codice generale delle imposte), sono soggette ad IVA le cessioni di beni mobili e le prestazioni di servizi effettuate a titolo oneroso da un soggetto passivo agente in quanto tale.

7        Il successivo art. 256-IV-1° prevede che le operazioni diverse dalle cessioni di beni siano considerate quali prestazioni di servizi.

8        L’art. L. 114-1 del code de la consommation (codice del consumo), introdotto dall’art. 3-1 della legge 18 gennaio 1992, n. 92-60, che ha rafforzato la tutela del consumatore, così dispone:

«Salvo diversa disposizione contrattuale, le somme versate a titolo di acconto costituiscono caparre, con la conseguenza che ognuno dei contraenti può sottrarsi ai propri obblighi contrattuali, il consumatore perdendo la caparra versata, la controparte restituendo il doppio della caparra ricevuta».

9        Ai sensi dell’art. 1590 del code civil, qualora un contratto preliminare di vendita sia stato accompagnato dal versamento di una caparra, ognuno dei contraenti è libero di sottrarsi ai relativi obblighi: se l’inadempiente è colui che ha versato la caparra, questi la perderà, se l’inadempiente è colui che l’ha ricevuta, questi sarà tenuto a restituire il doppio.

 La causa principale e la questione pregiudiziale

10      La Société thermale, con sede a Eugénie-les-Bains (Francia), svolge attività di gestione di stabilimenti termali, il che implica parimenti attività alberghiere e di ristorazione. La detta società percepisce acconti, versati, a titolo di caparra, in occasione della prenotazione di soggiorni da parte dei clienti. Tali acconti vengono poi dedotti dal successivo pagamento delle prestazioni di soggiorno, ovvero vengono trattenuti dalla società medesima in caso di rinuncia del cliente al soggiorno.

11      Nel 1992, la Société thermale veniva assoggettata a verifica contabile per il periodo compreso tra il 1° gennaio 1989 ed il 30 aprile 1992. A seguito di tale verifica, l’Amministrazione finanziaria riteneva che dovessero essere assoggettate all’IVA le caparre percepite dalla Société thermale al momento della prenotazione dei soggiorni e dalla medesima trattenute a seguito dell’annullamento della prenotazione da parte dei relativi clienti. In data 8 dicembre 1994 venivano notificati alla Société thermale avvisi d’accertamento d’imposta per un importo di 84 054 FRF (12 814 EUR) concernenti il detto periodo. La Société thermale proponeva reclamo dinanzi all’Amministrazione finanziaria, che lo respingeva in data 14 febbraio 1995

12      Avverso tale decisione la Société thermale proponeva ricorso dinanzi al Tribunal administratif di Pau. Il ricorso veniva respinto con decisione 18 novembre 1999. Il detto Tribunal rilevava infatti che, nel caso in cui la Société trattenga le caparre versate in caso di rinuncia del cliente, queste costituirebbero il corrispettivo della prestazione consistente nella ricezione della prenotazione, nella creazione di una relativa posizione contabile e nell’impegno a mantenere la prenotazione del soggiorno.

13      Avverso tale decisione la Société thermale proponeva appello dinanzi alla Cour administrative d’appel di Bordeaux che, con sentenza 18 novembre 2003, respingeva il ricorso stesso. Nell’affermare che le caparre versate dai clienti alla detta Société e dalla medesima trattenute in caso di annullamento della prenotazione dovevano essere assoggettate all’IVA, il detto giudice rilevava che tali caparre dovevano essere considerate, in tale ipotesi, quale contropartita diretta e corrispettivo di una prestazione di servizi individuabile consistente nella creazione della posizione contabile del cliente e nella prenotazione del soggiorno del medesimo.

14      La Société thermale adiva quindi il Conseil d’Etat chiedendo l’annullamento della sentenza in base al rilievo che le caparre di cui trattasi costituirebbero indennità versate a titolo di risarcimento del danno dalla medesima subìto per effetto delle rinunce dei propri clienti e, come tali, non soggette ad IVA.

15      Il Conseil d’État decideva di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se le somme versate a titolo di caparra nell’ambito di contratti di acquisto di prestazioni di servizi soggette [ad IVA] debbano essere considerate, laddove l’acquirente si avvalga della facoltà di disdetta consentitagli e tali somme vengano trattenute dal venditore, quali corrispettivi della prestazione di prenotazione e, come tali, assoggettate all’[IVA], ovvero quali indennità di risoluzione versate a titolo di risarcimento del danno subìto, a seguito dell’inadempimento del cliente, senza alcun nesso diretto con un qualsiasi servizio reso a titolo oneroso e, come tali, non assoggettate all’imposta medesima».

 La questione pregiudiziale

16      Con tale questione pregiudiziale il giudice del rinvio chiede, sostanzialmente, se le somme versate a titolo di caparra da un cliente ad un albergatore debbano essere considerate, qualora il cliente si avvalga della facoltà di disdetta consentitagli e le somme medesime vengano trattenute dall’albergatore stesso, quale corrispettivo di una prestazione di prenotazione, soggetta ad IVA, ovvero quale indennità forfetaria di recesso, non soggetta alla detta imposta.

17      In limine si deve sottolineare, da un canto, che la definizione della nozione di caparra può variare da uno Stato membro all’altro e, d’altro canto, che l’esercizio della facoltà di recesso connessa alla caparra può comportare conseguenze differenti a seconda della legge nazionale applicabile. In tale senso, dalle osservazioni del governo francese risulta che, nel diritto francese, l’esercizio della facoltà collegata alla caparra esonera, in linea di principio completamente, la fonte inadempiente dalle conseguenze connesse con la mancata esecuzione del contratto, laddove, in vari Stati membri, in una fattispecie di tal genere permane la possibilità di richiedere il risarcimento del danno per la parte eccedente la caparra trattenuta.

18      Nella fattispecie in esame viene esaminata quella caparra che concede la facoltà alla parte che l’ha versata di sottrarsi ai propri obblighi contrattuali dietro perdita della caparra stessa e alla controparte la facoltà di sottrarsi ai rispettivi obblighi restituendo il doppio di quanto ricevuto, senza che l’esame si estenda ai diritti che le singole parti possono fare valere anche successivamente all’esercizio di tale facoltà ad opera della controparte.

19      Dalla giurisprudenza della Corte emerge che la prima ipotesi alternativa indicata nella questione pregiudiziale può essere risolta in senso affermativo solamente qualora sussista un nesso diretto tra il servizio reso e il controvalore ricevuto, ove le somme versate costituiscano l’effettivo corrispettivo di un servizio individuabile fornito nell’ambito di un rapporto giuridico caratterizzato da prestazioni sinallagmatiche [v., in tal senso, sentenze 8 marzo 1988, causa C-102/86, Apple and Pear Development Council (Racc. pag. 1443, punti 11, 12 e 16); 3 marzo 1994, causa C-16/93, Tolsma (Racc. pag. I-743, punto 14); causa 21 marzo 2002, causa C-174/00, Kennemer Golf (Racc. pag. I-3293, punto 39), e 23 marzo 2006, causa C-210/04, FCE Bank (Racc. pag. I-2803, punto 34).

20      Orbene, si deve rilevare che, nella specie, tali requisiti non ricorrono.

21      La conclusione del contratto e, conseguentemente, la sussistenza del rapporto giuridico tra le parti non sono subordinati, di regola, al versamento della caparra. Quest’ultima, non rappresentando un elemento costitutivo del contratto alberghiero, sembra essere solamente un elemento facoltativo rientrante nell’autonomia contrattuale delle parti.

22      In tal senso, un cliente può far pervenire per iscritto o anche oralmente una richiesta di prenotazione di un soggiorno, la cui accettazione da parte dell’albergatore può essere effettuata, a seconda della prassi contrattuale dal medesimo seguita, per iscritto o anche oralmente, senza richiesta di caparre. Un’accettazione operata con tali modalità implicherà tuttavia la realizzazione, inter partes, di un rapporto giuridico comportante l’obbligo, per l’albergatore di cui trattasi, di costituire una posizione contabile a nome di tale cliente e di prenotare il soggiorno del medesimo.

23      Il versamento di una caparra da parte di un cliente e l’obbligo per l’albergatore di non contrarre con terzi in misura tale da impedire il rispetto dell’obbligo assunto nei confronti del detto cliente non possono essere invece qualificati, contrariamente a quanto sostenuto dal governo francese, quali prestazioni sinallagmatiche, in quanto, in tale ipotesi, l’obbligo dell’albergatore discende direttamente dal contratto alberghiero e non dal versamento della caparra.

24      Infatti, conformemente ai principi generali del diritto civile, ognuna delle parti contraenti è tenuta ad adempiere al contratto ed a fornire la prestazione ivi prevista. L’obbligo di rispettare il contratto non risulta quindi dalla conclusione, specificamente a tal fine, di un diverso accordo. L’obbligo di esecuzione effettiva del contratto stesso non dipende nemmeno da un’eventuale indennità o penalità di mora, da un pegno o da una caparra, ma risulta dal contratto medesimo.

25      In tal senso, in seguito ad una prenotazione, l’albergatore, qualora fornisca la prestazione convenuta, altro non farà se non adempiere al contratto concluso con il proprio cliente, conformemente al principio secondo cui i contratti devono essere adempiuti. Pertanto, il rispetto di tale obbligo non può essere qualificato quale corrispettivo della caparra versata.

26      Atteso che l’obbligo di prenotazione risulta dal contratto alberghiero stesso e non dalla caparra versata, non sussiste un nesso diretto tra il servizio prestato e il corrispettivo ricevuto (v. le menzionate sentenze Apple and Pear Development Council, punti 11 e 12, nonché Tolsma, punto 13, e Kennemer Golf, punto 39). La circostanza che, in caso di regolare occupazione della camera prenotata, l’importo della caparra venga imputato sul prezzo della camera stessa conferma che la caparra non può costituire il corrispettivo di una prestazione autonoma e identificabile.

27      Atteso che le caparre non costituiscono il corrispettivo di una prestazione autonoma e individuabile, occorre esaminare, ai fini della soluzione della questione pregiudiziale, se le caparre medesime costituiscano indennità di recesso versate a titolo di risarcimento del danno subìto a seguito della disdetta da parte del cliente.

28      A tal riguardo si deve rammentare che le parti contraenti sono libere di definire, nel rispetto delle disposizioni imperative di ordine pubblico, il contenuto dei rispettivi rapporti giuridici, ivi comprese le conseguenze risultanti da un’eventuale disdetta o dal mancato rispetto dei rispettivi obblighi. Tuttavia, invece di definire in dettaglio i rispettivi obblighi, le parti hanno la possibilità di fare rinvio ai singoli strumenti predisposti dal diritto civile.

29      In tal senso, le parti possono prevedere, in caso di mancata esecuzione degli obblighi risultanti dal contratto da esse concluso, clausole relative ad un’indennità o penalità di mora, alla costituzione di un pegno o a caparre. Tali strumenti, mentre sono tutti diretti a rafforzare gli obblighi contrattuali inter partes e talune loro funzioni sono identiche, presentano caratteristiche specifiche.

30      Per quanto attiene, in particolare, alla caparra, si deve ricordare, in primo luogo, che essa costituisce l’indizio della conclusione di un contratto, nel senso che il suo versamento implica la presunzione dell’esistenza del contratto stesso. In secondo luogo, la caparra incita le parti a dare esecuzione al contratto, atteso che colui che l’ha versata potrà perdere la relativa somma e la controparte potrà essere, eventualmente, tenuta a restituire il doppio di quanto ricevuto in caso di inadempimento ad essa imputabile. In terzo luogo, la caparra costituisce un risarcimento forfetario, atteso che il suo versamento dispensa le singole parti dalla prova del quantum del danno subìto in caso di inadempimento della controparte.

31      La ratio della caparra, nel settore alberghiero, corrisponde, in linea di principio, alle suddette caratteristiche ed è quindi diretta a costituire l’indizio della conclusione di un contratto, ad incitare le parti a dare esecuzione al contratto stesso ed a costituire l’eventuale risarcimento forfetario.

32      Mentre, nell’ipotesi di un normale svolgimento del contratto, la caparra viene imputata sul prezzo dei servizi forniti dall’albergatore e viene quindi assoggettata ad IVA, il trattenimento della caparra, oggetto della causa principale, è conseguenza, per contro, della disdetta da parte del cliente conformemente alla facoltà consentitagli e serve a risarcire l’albergatore a seguito di tale disdetta. Tale risarcimento non costituisce il corrispettivo di una prestazione e non fa parte della base imponibile dell’IVA [v., in tal senso, per quanto attiene agli interessi di mora, la sentenza 1° luglio 1982, causa 222/81, BAZ Bausystem (Racc. pag. 2527, punti 8-11)].

33      Tale rilievo non è contraddetto, contrariamente a quanto sostenuto dal governo portoghese, né dal fatto che nella maggior parte dei casi l’importo del danno e quello della caparra trattenuta non coincidano né dall’eventualità che le camere liberatesi a seguito della rinuncia possano essere occupate da nuovi clienti. Infatti, trattandosi di un risarcimento forfetario, è normale che l’importo del danno subìto possa superare quello della caparra trattenuta dall’albergatore ovvero essere inferiore a tale somma.

34      Inoltre, la regola secondo cui, in caso di mancata esecuzione del contratto imputabile all’albergatore, l’importo restituito è il doppio delle somme versate a titolo di caparra, avvalora la qualificazione della caparra stessa quale indennità forfetaria di recesso e non quella di corrispettivo di una prestazione. Infatti, in tale ipotesi, il cliente dell’albergatore non fornisce manifestamente alcuna prestazione a quest’ultimo.

35      Atteso che, da un lato, il versamento della caparra non costituisce la remunerazione percepita dall’albergatore a titolo di effettivo corrispettivo di un servizio autonomo ed individuabile fornito al proprio cliente e che, dall’altro, il trattenimento della caparra in caso di rinuncia del cliente stesso è diretto a risarcire le conseguenze derivanti dalla mancata esecuzione del contratto, si deve ritenere che né il versamento, né il trattenimento della caparra, né la sua restituzione al doppio ricadano nell’ambito dell’art. 2, n. 1, della sesta direttiva.

36      Alla luce delle suesposte considerazioni la questione pregiudiziale dev’essere risolta affermando che gli artt. 2, n. 1, e 6, n. 1, della sesta direttiva devono essere interpretati nel senso che le somme versate a titolo di caparra nell’ambito di contratti relativi a prestazioni alberghiere soggette ad IVA devono essere considerate, qualora il cliente si avvalga della facoltà di disdetta consentitagli e le somme stesse siano trattenute dall’albergatore, quali indennità forfetarie di recesso versate ai fini del risarcimento del danno subìto per effetto della rinuncia del cliente, senza che sussista un nesso diretto con un qualsivoglia servizio reso a titolo oneroso, e, in quanto tali, non soggette a tale imposta.

 Sulle spese

37      Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Prima Sezione) dichiara:

Gli artt. 2, n. 1, e 6, n. 1, della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra d’affari – Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme, devono essere interpretati nel senso che le somme versate a titolo di caparra nell’ambito di contratti relativi a prestazioni alberghiere soggette ad imposta sul valore aggiunto devono essere considerate, qualora il cliente si avvalga della facoltà di disdetta consentitagli e le somme stesse siano trattenute dall’albergatore, quali indennità forfetarie di recesso versate ai fini del risarcimento del danno subìto per effetto della rinuncia del cliente, senza che sussista un nesso diretto con un qualsivoglia servizio reso a titolo oneroso, e, in quanto tali, non soggette a tale imposta.

Firme


* Lingua processuale: il francese.