Causa C-318/05
Commissione delle Comunità europee
contro
Repubblica federale di Germania
«Inadempimento di uno Stato — Artt. 18 CE, 39 CE, 43 CE e 49 CE — Legislazione in materia d’imposta sul reddito — Rette scolastiche — Diritto alla deduzione limitato alle rette scolastiche versate a istituti privati nazionali»
Conclusioni dell’avvocato generale C. Stix-Hackl, presentate il 21 settembre 2006
Sentenza della Corte (Grande Sezione) 11 settembre 2007
Massime della sentenza
1. Libera prestazione dei servizi — Servizi — Nozione
(Art. 50 CE)
2. Libera prestazione dei servizi — Restrizioni — Normativa tributaria
(Art. 49 CE)
3. Libera circolazione delle persone — Lavoratori — Libertà di stabilimento — Normativa tributaria
(Artt. 39 CE e 43 CE)
4. Cittadinanza dell’Unione europea — Diritto di libera circolazione e di libero soggiorno nel territorio degli Stati membri — Normativa tributaria
(Art. 18 CE)
1. L’insegnamento impartito da istituti facenti parte di un sistema di istruzione pubblica e che sono interamente o principalmente finanziati da fondi pubblici è escluso dalla nozione di servizi ai sensi dell’art. 50 CE. Infatti, istituendo e mantenendo un tale sistema di istruzione pubblica, finanziato in generale dal bilancio pubblico e non dagli alunni o dai loro genitori, lo Stato non intende svolgere attività lucrative, bensì assolve i propri compiti in campo sociale, culturale ed educativo nei confronti dei propri cittadini
Per contro, i corsi impartiti da istituti scolastici finanziati essenzialmente da fondi privati, in particolare dagli alunni o dai loro genitori, costituiscono servizi ai sensi dell’art. 50 CE; lo scopo perseguito da tali istituti consiste, infatti, nell’offrire una prestazione in cambio di un corrispettivo. Non è necessario al riguardo che questo finanziamento privato sia garantito principalmente dagli alunni o dai loro genitori. Infatti, l’art. 50 CE non prescrive che il servizio sia pagato da coloro che ne fruiscono.
(v. punti 68-70)
2. Quando i contribuenti di uno Stato membro fanno frequentare ai propri figli una scuola situata in un altro Stato membro e finanziata essenzialmente mediante fondi privati, il primo Stato membro viene meno agli obblighi ad esso incombenti in forza dell’art. 49 CE escludendo in generale le rette scolastiche relative alla frequenza di una tale scuola dalla deduzione fiscale a titolo di spese straordinarie che danno diritto a una riduzione dell’imposta sul reddito.
Una tale normativa integra un ostacolo alla libera prestazione dei servizi garantita dall’art. 49 CE in quanto produce l’effetto di dissuadere i contribuenti residenti nello Stato membro interessato dal far frequentare ai propri figli scuole stabilite in un altro Stato membro. Peraltro, tale normativa osta anche all’offerta di formazione proveniente da istituti di insegnamento privati stabiliti in altri Stati membri e destinata ai figli di contribuenti residenti nel primo Stato membro.
Il rifiuto di concedere l’abbattimento fiscale controverso per quanto riguarda le rette scolastiche versate a scuole stabilite in un altro Stato membro, non può essere giustificato dall’obiettivo di garantire una copertura delle spese di gestione delle scuole private senza che ciò comporti un onere eccessivo per lo Stato, giacché tale obiettivo potrebbe essere ottenuto con mezzi meno restrittivi. Infatti, onde evitare un aggravio finanziario eccessivo, uno Stato membro può limitare l’importo deducibile a titolo di rette scolastiche ad un importo determinato, corrispondente all’abbattimento fiscale concesso da detto Stato, tenuto conto di certi valori ad esso propri, per la frequenza di scuole situate nel proprio territorio, il che costituirebbe un mezzo meno restrittivo del rifiuto di concedere l’abbattimento fiscale in questione. Appare ad ogni modo sproporzionato escludere totalmente da tale abbattimento le rette scolastiche versate a scuole stabilite in un altro Stato membro, indipendentemente dall’eventuale rispetto da parte di dette scuole di criteri oggettivi fissati sulla base di principi propri ad ogni Stato membro e che consentono di determinare quali tipi di rette scolastiche danno diritto a tale deduzione fiscale.
(v. punti 80-81, 97-100, 139, dispositivo 1)
3. Viene meno agli obblighi ad esso incombenti in forza degli artt. 39 CE e 43 CE uno Stato membro che esclude in generale le rette scolastiche relative alla frequenza di una scuola situata in un altro Stato membro dalla deduzione fiscale a titolo di spese straordinarie che danno diritto a una riduzione dell’imposta sul reddito.
Infatti, una normativa del genere sfavorisce in particolar modo i lavoratori dipendenti e autonomi che hanno trasferito il loro domicilio nello Stato membro interessato o che ivi lavorano e i cui figli continuano a frequentare una scuola privata situata in un altro Stato membro. Essa è anche idonea a produrre una situazione svantaggiosa per i cittadini dello Stato membro interessato, qualora trasferiscano il loro domicilio in un altro Stato membro nel quale i figli frequentano una scuola privata.
(v. punti 116, 118, 121, 139, dispositivo 1)
4. Qualora i figli dei contribuenti di uno Stato membro frequentino in un altro Stato membro una scuola le cui prestazioni non rientrano nella sfera di applicazione dell’art. 49 CE, il primo Stato membro viene meno agli obblighi ad esso incombenti in forza dell’art. 18 CE escludendo in generale le rette scolastiche relative alla frequenza di una scuola del genere dalla deduzione fiscale per spese straordinarie che danno diritto a una riduzione dell’imposta sul reddito.
Una normativa del genere produce l’effetto di sfavorire in maniera ingiustificata questi figli rispetto a quelli che non si sono avvalsi del loro diritto alla libera circolazione andando a frequentare una scuola stabilita in un altro Stato membro e reca pregiudizio ai diritti che sono loro conferiti dall’art. 18, n. 1, CE.
(v. punti 137, 139, dispositivo 1)
SENTENZA DELLA CORTE (Grande Sezione)
11 settembre 2007 (*)
«Inadempimento di uno Stato – Artt. 18 CE, 39 CE, 43 CE e 49 CE – Legislazione in materia d’imposta sul reddito – Rette scolastiche – Diritto alla deduzione limitato alle rette scolastiche versate a istituti privati nazionali»
Nella causa C-318/05,
avente ad oggetto un ricorso per inadempimento ai sensi dell’art. 226 CE, proposto il 17 agosto 2005,
Commissione delle Comunità europee, rappresentata dai sigg. K. Gross e R. Lyal, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo,
ricorrente,
contro
Repubblica federale di Germania, rappresentata dai sigg. M. Lumma e U. Forsthoff, in qualità di agenti,
convenuta,
LA CORTE (Grande Sezione),
composta dal sig. V. Skouris, presidente, dai sigg. P. Jann, C.W.A. Timmermans, A. Rosas (relatore) e K. Lenaerts, presidenti di sezione, nonché dal sig. J.N. Cunha Rodrigues, dalla sig.ra R. Silva de Lapuerta, dai sigg. K. Schiemann, J. Makarczyk, G. Arestis, A. Borg Barthet, M. Ilešič e J. Malenovský, giudici,
avvocato generale: sig.ra C. Stix-Hackl
cancelliere: sig. B. Fülöp, amministratore
vista la fase scritta del procedimento e in seguito alla trattazione orale del 2 maggio 2006,
sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 21 settembre 2006,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1 Con il suo ricorso, la Commissione delle Comunità europee chiede alla Corte di voler dichiarare che, per aver escluso senza prevedere deroga alcuna le rette scolastiche relative alla frequenza di una scuola stabilita in un altro Stato membro dalla deduzione fiscale per oneri straordinari, prevista all’art. 10, n. 1, punto 9, della legge relativa all’imposta sul reddito, nella versione pubblicata il 19 ottobre 2002 (Einkommensteuergesetz, BGBl. 2002 I, pag. 4210; in prosieguo: l’«EStG»), la Repubblica federale di Germania è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza degli artt. 18 CE, 39 CE, 43 CE e 49 CE.
La normativa nazionale in questione
2 In forza della normativa tedesca, le rette scolastiche relative alla frequenza di una scuola privata sono coperte dalle deduzioni fiscali per figli a carico e dagli assegni familiari. Nei limiti in cui spese supplementari relative all’istruzione sono occasionate dall’alloggio in un convitto, queste ultime danno diritto alla deduzione forfettaria per formazione prevista all’art. 33a, n. 2, dell’EStG. Lo stesso dicasi delle spese supplementari derivanti dalla frequenza di una scuola straniera.
3 Per quanto riguarda la deduzione delle rette scolastiche per oneri straordinari («Sonderausgaben»), l’art. 10, n. 1, punto 9, dell’EStG dispone:
«Costituiscono spese straordinarie [danti diritto a una deduzione in base all’imposta sul reddito] le spese seguenti, sempreché non si tratti di spese d’esercizio o di spese di acquisizione del reddito:
1. (…)
9. il 30% delle spese sostenute dal contribuente per consentire a un figlio, relativamente al quale ha beneficiato di un’esenzione per figlio a carico o di un assegno familiare, di frequentare una scuola parificata privata autorizzata dallo Stato o dalla legislazione del Land conformemente all’articolo 7, n. 4, della Legge fondamentale, nonché una scuola privata di formazione generale riconosciuta in base alla normativa del Land, ad esclusione delle spese di alloggio, vitto e assistenza».
4 L’art. 7, n. 4, della Legge fondamentale della Repubblica federale di Germania, del 23 maggio 1949 (Grundgesetz für die Bundesrepublik Deutschland; in prosieguo: la «Legge fondamentale»), alla quale è fatto riferimento, recita:
«(4) È garantito il diritto d’istituire scuole private. Le scuole private, laddove alternative alle scuole pubbliche, necessitano dell’autorizzazione dello Stato e sono sottoposte alle leggi dei Länder. L’autorizzazione deve essere accordata quando le scuole private non siano inferiori alle scuole pubbliche per quanto riguarda le finalità didattiche e i sistemi di organizzazione, nonché la formazione scientifica degli insegnanti, e quando non favoriscano una separazione degli scolari in base alle condizioni economiche dei genitori. L’autorizzazione deve essere negata quando la posizione giuridica ed economica degli insegnanti non è sufficientemente assicurata».
Fase precontenziosa
5 La Commissione ha avviato il procedimento per inadempimento previsto all’art. 226, n. 1, CE ritenendo che, per aver escluso senza prevedere deroga alcuna le rette relative alla frequenza di una scuola situata in un altro Stato membro dalla deduzione fiscale per oneri straordinari prevista all’art. 10, n. 1, punto 9, dell’EStG, la Repubblica federale di Germania fosse venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in virtù degli artt. 18 CE, 39 CE, 43 CE e 49 CE. In conformità a questa disposizione e dopo aver intimato, il 19 luglio 2002, alla Repubblica federale di Germania di presentare le sue osservazioni, la Commissione, il 7 gennaio 2004, ha emesso un parere motivato invitando tale Stato membro ad adottare le disposizioni necessarie per confermarsi a detti obblighi entro un termine di due mesi dalla sua ricezione.
6 Non soddisfatta della risposta fornita dalle autorità tedesche al detto parere motivato, la Commissione ha deciso di proporre il presente ricorso.
7 Nel frattempo, la questione della compatibilità con il diritto comunitario di un regime quale quello che emerge dall’art. 10, n. 1, punto 9, dell’EStG è stata oggetto di una domanda di pronuncia pregiudiziale (sentenza pronunciata in data odierna, causa C-76/05, Schwarz e Gootjes-Schwarz, Racc. pag. I-6849).
Sul ricorso
8 Nel suo ricorso, la Commissione sostiene che il regime previsto all’art. 10, n. 1, punto 9, dell’EStG, limitando la deducibilità delle rette scolastiche a quelle relative alla frequenza di certe scuole tedesche, comporta una fiscalità più favorevole per i contribuenti interessati, in quanto favorisce una riduzione dei redditi imponibili e, pertanto, una diminuzione degli oneri fiscali di questi ultimi. Le rette scolastiche che danno diritto alla deduzione fiscale sono quelle versate alle scuole alternative, destinate a sostituire un istituto scolastico pubblico esistente o previsto nel Land interessato, che sono parificate dallo Stato o autorizzate dalla normativa di tale Land e le scuole complementari, istituti tedeschi diversi dalle scuole alternative, che devono essere riconosciute dalla normativa del Land in quanto scuole complementari di formazione generale.
9 La Commissione fonda il suo ricorso sull’affermazione secondo cui il limite della deducibilità delle rette scolastiche a quelle relative alla frequenza di certe scuole tedesche, non è compatibile con il diritto comunitario. Un tale limite si porrebbe in contrasto, da una parte, con il diritto alla libera circolazione dei lavoratori e alla libertà di stabilimento (prima parte della prima censura) e, dall’altra, con il diritto generale alla libera circolazione dei cittadini tedeschi e degli altri cittadini dell’Unione (seconda parte della prima censura). Detto limite costituirebbe anche un ostacolo al diritto alla libera prestazione dei servizi delle scuole private stabilite in un altro Stato membro e a quello dei genitori interessati residenti in Germania (seconda censura). Infine, esso restringerebbe ingiustificatamente anche la libertà di stabilimento delle scuole private stabilite in un altro Stato membro (terza censura).
10 Nel suo controricorso, la Repubblica federale di Germania fa valere che il regime di cui all’art. 10, n. 1, punto 9, dell’EStG è compatibile con il diritto comunitario. Detto regime, che sarebbe applicabile solo alle scuole private che soddisfano certi requisiti previsti dalla Legge fondamentale e dalla normativa del Land interessato e che sono, per tale motivo, parificate, autorizzate o riconosciute, non arrecherebbe pregiudizio né al diritto alla libera prestazione dei servizi delle scuole private situate in un altro Stato membro né a quello dei genitori. Tale regime non violerebbe affatto il diritto alla libera circolazione dei lavoratori e neppure la libertà di stabilimento o il diritto generale alla libera circolazione dei genitori. Esso non pregiudicherebbe neppure la libertà di stabilimento delle scuole private stabilite in un altro Stato membro.
11 Nella sua replica, la Commissione mantiene integralmente le conclusioni formulate nel ricorso.
12 Essa rileva che il controricorso della Repubblica federale di Germania riguarda quasi esclusivamente l’eventuale violazione del principio della libera prestazione dei servizi. Riguardo alla libera circolazione dei lavoratori, alla libertà di stabilimento o al diritto generale alla libera circolazione dei genitori interessati, così come alla libertà di stabilimento delle scuole private situate in un altro Stato membro, l’eventualità di una violazione delle disposizione corrispondenti del Trattato CE sarebbe contestata senza fornire giustificazione alcuna. La Commissione, dopo aver fatto valere che la libera prestazione dei servizi costituisce, in conformità all’art. 50 CE, una libertà residuale rispetto alle altre libertà fondamentali, ritiene che una tale argomentazione sia inconcludente e rinvia ai punti del suo ricorso nei quali deduce in modo circostanziato la violazione degli altri diritti attinenti alla libera circolazione.
13 Riguardo alla libera prestazione dei servizi, la Commissione, nel suo ricorso, precisa di aver ammesso che l’ammontare delle rette scolastiche riscosse dalle scuole private parificate, riconosciute o autorizzate in Germania possa essere troppo basso per considerare i servizi forniti da tali scuole come retribuiti. La Commissione ha comunque evocato la possibilità che un organismo privato sopporti la totalità dei costi non coperti dalle rette scolastiche.
14 In tale contesto, la Commissione rileva che, in una sentenza del 12 agosto 1999 (BSTB1. 2000 II, pag. 65), il Bundesfinanzhof ha affermato che gli aiuti concessi dai genitori ad un’associazione di sostegno a favore di una scuola privata costituiscono il corrispettivo di una prestazione e non un contributo deducibile a titolo gratuito. Tale è il caso quando, dato l’importo ridotto delle rette scolastiche, la gestione della scuola può proseguire solo grazie agli aiuti concessi da un’associazione di sostegno. Pertanto, non sarebbe possibile stabilire una distinzione tra le rette scolastiche versate all’amministratore della scuola e le donazioni pervenute a tale associazione.
15 La Commissione ne deduce che se una tale associazione sostiene una scuola privata tedesca, la valutazione del carattere oneroso delle prestazioni offerte da questa scuola deve tenere conto, oltre che delle rette scolastiche propriamente dette, dei contributi versati a detta associazione. L’insegnamento impartito da questa scuola privata può effettivamente costituire un servizio fornito dietro compenso in ragione dell’importo cumulato delle rette scolastiche e degli aiuti versati all’associazione di sostegno, che possono rivelarsi considerevoli, poiché l’obbligo di evitare una selezione degli alunni basata sul patrimonio non è applicabile a questo tipo di scuole.
16 La Commissione sostiene poi che gli argomenti presentati dalla Repubblica federale di Germania per tentare di giustificare la normativa in questione non sono concludenti. In particolare, ritiene che le scuole private situate in un altro Stato membro e le scuole tedesche non siano a tal punto diverse da dover in generale riservare a queste ultime un trattamento fiscale diverso per le tasse scolastiche riscosse.
17 Nella sua controreplica, il governo tedesco mantiene l’argomentazione esposta nel suo controricorso. A suo parere, il punto centrale della controversia concerne la libera prestazione dei servizi. La Repubblica federale di Germania non potrebbe essere tenuta a sostenere finanziariamente scuole private situate fuori del suo territorio dato che uno Stato membro sarebbe abilitato a concedere un sostegno pubblico solo nell’ambito delle proprie responsabilità. Le scuole private stabilite in un altro Stato membro non sarebbero oggetto di discriminazione se uno Stato non estende il sostegno pubblico a livello europeo.
18 Si deve precisare che il governo tedesco ha, nei suoi atti e poi nel corso dell’udienza, evocato l’esistenza di specificità proprie alle rette scolastiche versate alle scuole tedesche e alle scuole che accolgono i figli dei dipendenti e degli agenti delle Comunità europee (in prosieguo: le «scuole europee»), stabilite in un altro Stato membro, alle quali si applica in pari misura l’art. 10, n. 1, punto 9, dell’EStG.
19 Pertanto, in una sentenza del 14 dicembre 2004 (XI R 32/03), il Bundesfinanzhof avrebbe riconosciuto che le rette scolastiche sostenute in una scuola tedesca stabilita in un altro Stato membro e riconosciuta dalla conferenza permanente dei ministri dell’Istruzione e della Cultura dei Länder sono deducibili come oneri straordinari ai sensi dell’art. 10, n. 1, punto 9, dell’EStG. Allo stesso modo, dalla sentenza 5 aprile 2006 del Bundesfinanzhof (XI R 1/04) risulterebbe che le scuole europee stabilite in un altro Stato membro possiedono uno statuto corrispondente a quello di scuola parificata dallo Stato tedesco, così che i contribuenti che abbiano versato rette scolastiche a tali scuole possono beneficiare della deduzione prevista da questa stessa disposizione dell’EStG, in deroga alla regola secondo cui le rette scolastiche versate a scuole private situate in altri Stati membri non devono essere considerate come oneri straordinari danti diritto ad una tale agevolazione fiscale.
20 Sarebbe quindi inesatto sostenere, come fa la Commissione, che le rette scolastiche relative alla frequenza di qualsiasi scuola stabilita in un altro Stato membro sono escluse dal beneficio della deducibilità degli oneri straordinari, in conformità all’art. 10, n. 1, punto 9, dell’EStG.
21 La Commissione prende atto delle eccezioni risultanti dalla giurisprudenza del Bundesfinanzhof fatte valere dal governo tedesco. Tale giurisprudenza consentirebbe di eliminare il pregiudizio subito dalle scuole tedesche ed europee in ragione del fatto che sono stabilite fuori del territorio tedesco, ma la discriminazione della quale sono oggetto le scuole private stabilite in un altro Stato membro sussisterebbe.
Osservazioni preliminari relative all’art. 18 CE e al diritto generale dei cittadini dell’Unione alla libera circolazione
Argomenti delle parti
22 Secondo la Commissione, il regime che emerge dall’art. 10, n. 1, punto 9, dell’EStG viola i diritti dei genitori interessati in materia di libera circolazione, in particolare, il diritto generale dei cittadini dell’Unione alla libera circolazione.
23 Questo regime sarebbe in grado, anzitutto, di recare pregiudizio al diritto dei genitori originari di altri Stati membri di stabilirsi per ragioni private in Germania. Infatti, il trattamento fiscale sfavorevole al quale rischierebbero di rimanere sottoposti se desiderano che i loro figli rimangano scolarizzati nel loro Stato di origine potrebbe dissuaderli dallo stabilirsi in Germania. Il loro stabilimento in detto Stato membro risulterebbe ad ogni modo più difficile.
24 In seguito, potrebbero anche subire tale trattamento sfavorevole dal momento che rimangono integralmente soggetti all’imposta in Germania, mentre sono stabiliti in un altro Stato membro, i cittadini tedeschi che hanno deciso di scolarizzare i propri figli in una scuola privata locale, una scuola tedesca oppure una scuola europea situata in quest’altro Stato.
25 Infine, i cittadini tedeschi residenti in Germania e che scolarizzano i propri figli in scuole private localizzate in altri Stati membri potrebbero anche far valere il diritto generale alla libera circolazione. La Commissione ritiene, infatti, che tali genitori si siano avvalsi di questo diritto mediante i loro figli senza che a ciò si opponga la circostanza che questi ultimi soggiornino regolarmente in un altro Stato membro al solo fine di frequentarvi una scuola.
26 Emergerebbe dal combinato disposto degli artt. 12, n. 1, CE e 18, n. 1, CE che, dal momento che si avvalgono almeno indirettamente, per il tramite dei loro figli, del loro diritto di circolare liberamente, i cittadini tedeschi interessati possono invocare il loro diritto di beneficiare di un trattamento identico a quello riservato agli altri cittadini nazionali.
27 Tali violazioni dell’art. 18 CE non sarebbero giustificate.
28 La Commissione sostiene, a questo proposito, che l’art. 10, n. 1, punto 9, dell’EStG non stabilisce un criterio oggettivo in grado di determinare i casi in cui le rette scolastiche versate alle scuole tedesche e a quelle situate in un altro Stato membro sono deducibili in base all’imposta sul reddito. Tale disposizione subordinerebbe la deducibilità al solo fatto che la scuola privata interessata sia parificata o riconosciuta in Germania. Il requisito determinante per la deducibilità dipenderebbe dalla circostanza che la scuola privata interessata sia situata in Germania. Qualsiasi scuola stabilita in un altro Stato membro sarebbe automaticamente esclusa dal beneficio della deduzione fiscale, indipendentemente dall’importo delle rette scolastiche richieste, vale a dire anche se le modalità di funzionamento rispecchiano largamente quelle di una scuola privata riconosciuta o parificata in Germania.
29 Non vi sarebbe alcun ragione oggettiva di subordinare la concessione di un’agevolazione fiscale alla frequenza di una scuola privata localizzata sul territorio della Repubblica federale di Germania, dato che tale Stato membro rimane libero, conformemente al diritto comunitario, di limitare la deducibilità delle rette scolastiche a taluni tipi di istituti o a un determinato importo. A tal fine, occorrerebbe semplicemente che tale deducibilità sia concessa in funzione di criteri oggettivi e che non dipenda dall’ubicazione della scuola.
30 La Commissione ne conclude che l’art. 10, n. 1, punto 9, dell’EStG reca pregiudizio al diritto generale alla libera circolazione attribuito dall’art. 18 CE ai cittadini tedeschi e agli altri cittadini dell’Unione.
31 Il governo tedesco contesta l’argomentazione secondo cui l’art. 10, n. 1, punto 9, dell’EStG infrange il diritto generale alla libera circolazione dei genitori interessati. Se l’ambito di applicazione di questo diritto dovesse essere colpito, tale pregiudizio sarebbe ad ogni modo giustificato in considerazione delle differenze oggettive esistenti tra le scuole private tedesche di cui alla detta disposizione dell’EStG e le scuole private stabilite in un altro Stato membro.
Giudizio della Corte
32 Per quanto riguarda la questione dell’applicabilità dell’art. 18 CE alla normativa nazionale in esame, si deve ricordare che secondo una giurisprudenza consolidata l’art. 18 CE, che sancisce in generale il diritto per ogni cittadino dell’Unione di circolare e di soggiornare liberamente sul territorio degli Stati membri, trova specifica espressione nelle disposizioni che garantiscono la libera prestazione dei servizi (sentenze 6 febbraio 2003, causa C-92/01, Stylianakis, Racc. pag. I-1291, punto 18, e 11 gennaio 2007, causa C-208/05, ITC, Racc. pag. I-181, punto 64).
33 Pertanto, se la normativa nazionale in questione rientra nell’ambito di applicazione dell’art. 49 CE, non sarà necessario che la Corte si pronunci sull’interpretazione dell’art. 18 CE (v. sentenze Stylianakis, cit., punto 20, e ITC, cit., punto 65).
34 Occorre quindi pronunciarsi sull’art. 18, n. 1, CE solo nei limiti in cui la normativa in esame non rientra nell’ambito di applicazione dell’art. 49 CE.
35 Allo stesso modo, l’art. 18 CE, che sancisce in generale il diritto per ogni cittadino dell’Unione di circolare e soggiornare liberamente sul territorio degli Stati membri, trova una concreta espressione negli artt. 43 CE, per quanto riguarda la libertà di stabilimento e 39 CE relativamente alla libera circolazione dei lavoratori (sentenze 26 ottobre 2006, causa C-345/05, Commissione/Portogallo, Racc. pag. I-10633, punto 13, e 18 gennaio 2007, causa C-104/06, Commissione/Svezia, Racc. pag. I-671, punto 15).
36 Pertanto, se la normativa nazionale in esame rientra nell’ambito di applicazione degli artt. 39 CE o 43 CE, non sarà necessario che la Corte si pronunci sull’interpretazione dell’art. 18 CE.
37 Di conseguenza, si deve in primo luogo esaminare se l’art. 49 CE, disposizione sulla quale le parti hanno esposto l’essenziale delle loro osservazioni, osta alla normativa nazionale di cui all’art.10, n. 1, punto 9, dell’EStG (seconda censura) e, in secondo luogo, se gli artt. 39 CE e/o 43 CE ostano ad una tale normativa (prima parte della prima censura e terza censura).
Sulla seconda censura, relativa a un ostacolo alla libera prestazione dei servizi
Argomenti delle parti
38 Secondo la Commissione, il regime derivante dall’art. 10, n. 1, punto 9, dell’EStG contravviene tanto alla libertà di prestazione dei servizi dei contribuenti residenti in Germania che intendono scolarizzare i loro figli in una scuola privata situata in un altro Stato membro, quanto a quella delle scuole private situate in un altro Stato membro che intendono offrire i loro servizi ai contribuenti domiciliati in Germania.
39 Il regime controverso osterebbe, anzitutto, alla libera prestazione dei servizi detta «passiva» (utilizzazione di servizi), riconosciuta da lungo tempo da parte della giurisprudenza. La situazione prevista corrisponderebbe a quella in cui i destinatari del servizio, ossia i figli dei contribuenti residenti in Germania, si recano presso il prestatore, nel caso specifico una scuola privata situata in un altro Stato membro.
40 Sarebbe anche interessato il diritto alla libera prestazione dei servizi detta «attiva», di cui beneficiano le scuole private stabilite in altri Stati membri. Data l’esistenza del regime di deduzione controverso, i contribuenti che scolarizzano i loro figli in una scuola privata stabilita in un altro Stato membro verrebbero sfavoriti rispetto a coloro che scelgono una scuola privata tedesca. Gli istituti privati stabiliti in un altro Stato membro avrebbero di conseguenza più difficoltà a offrire efficacemente i loro servizi a clienti tedeschi. Le prestazioni transfrontaliere di insegnamento e di istruzione risulterebbero quindi svantaggiate rispetto alle prestazioni puramente nazionali.
41 Secondo la Commissione, l’istruzione e la formazione dei giovani possono costituire prestazioni di servizi, come lo attesta la giurisprudenza della Corte.
42 Emerge dalle sentenze 27 settembre 1988, causa C-263/86, Humbel e Edel (Racc. pag. 5365, punto 18), e 7 dicembre 1993, causa C-109/92, Wirth (Racc. pag. I-6447, punto 17), che la caratteristica essenziale di una prestazione di servizi retribuita consiste nel pagamento da parte dell’alunno o di un terzo delle rette scolastiche che coprono una parte importante del costo di insegnamento. Se così fosse, l’offerta di servizi di istruzione costituirebbe un’attività commerciale.
43 Al contrario, secondo questa istituzione, non può essere qualificata come prestazione di servizi retribuiti un’istruzione pubblica rientrante nell’ambito dei compiti in campo sociale e politico dello Stato, la maggior parte del costo dei quali è sostenuto da quest’ultimo. Il fatto che l’allievo partecipi eventualmente alle spese versando rette scolastiche non basta a giustificare una tale qualifica.
44 La Commissione ritiene che la valutazione del carattere oneroso dei servizi forniti non possa essere fondata esclusivamente sull’esame delle scuole private avvantaggiate dalla normativa tedesca e che occorra anche tenere conto della situazione delle scuole private stabilite in un altro Stato membro che sono escluse dall’agevolazione prevista all’art. 10, n. 1, punto 9, dell’EStG.
45 Negli altri Stati membri, l’organizzazione delle scuole private talvolta differisce sensibilmente dal modello tedesco. Esistono pertanto scuole private che provvedono alle loro necessità senza ricorrere all’aiuto dello Stato o sono gestite come imprese commerciali. Tali istituti fornirebbero innegabilmente servizi retribuiti. Secondo la Commissione, poiché il regime emergente dall’art. 10, n. 1, punto 9, dell’EStG esclude in generale le scuole stabilite in un altro Stato membro dall’agevolazione fiscale da esso prevista, il medesimo può ostacolare l’offerta transfrontaliera di servizi da parte di queste scuole a vocazione commerciale stabilite in un altro Stato membro.
46 È inutile accertare se una scuola privata stabilita in un altro Stato membro soddisfi o meno i requisiti imposti dalla normativa tedesca. Posto che nessuna di tali scuole private può soddisfare i requisiti prescritti all’art. 10, n. 1, punto 9, dell’EStG, la Commissione ritiene che sia inutile stabilire una distinzione tra gli istituti privati situati in un altro Stato membro, a seconda che siano assimilabili o meno, in teoria, alle scuole private tedesche, per determinare se siano o meno oggetto di discriminazione.
47 Tra le scuole sfavorite dal regime controverso figurerebbero ad ogni modo gli istituti il cui finanziamento si basa esclusivamente sulle rette scolastiche e le attività economiche connesse e che, pertanto, forniscono innegabilmente prestazioni retribuite. La discriminazione della quale sono oggetto costituirebbe una violazione della libertà di prestazione dei servizi.
48 Secondo la Commissione, la violazione del diritto alla libera prestazione dei servizi non si giustifica. Tale istituzione rinvia, a questo proposito, all’argomentazione che ha dedotto per quanto riguarda la libertà di circolazione in generale. Essa aggiunge che l’inadempimento degli obblighi derivanti dall’art. 49 CE è tanto più grave in quanto la diffusione delle lingue degli Stati membri e la promozione della mobilità degli studenti figurano espressamente, ai sensi dell’art. 149, n. 2, primo e secondo trattino, CE, tra gli obiettivi della Comunità europea.
49 In via principale, il governo tedesco fa valere che, nella fattispecie, non esiste ostacolo alla libera prestazione dei servizi dato che le condizioni di tale libera prestazione dei servizi non si sono verificate. In subordine, fa valere che un eventuale ostacolo alla libera prestazione dei servizi sarebbe comunque giustificato.
50 In primo luogo, secondo detto governo, le condizioni della libera prestazione dei servizi non si sono verificate poiché le scuole che rispondono ai requisiti previsti all’art. 10, n. 1, punto 9, dell’EStG non fornirebbero prestazioni di servizi ai sensi del Trattato.
51 La libera prestazione dei servizi presupporrebbe l’esistenza di un’attività economica, così come emerge dai termini «dietro retribuzione» di cui all’art. 50 CE. Orbene, nella citata sentenza Humbel e Edel, la Corte ha ritenuto che la caratteristica essenziale della retribuzione, ravvisata nella circostanza che quest’ultima rappresenta il corrispettivo economico della prestazione considerata, non si riscontra nel caso dell’insegnamento impartito nell’ambito della pubblica istruzione nazionale.
52 Secondo il governo tedesco, dal solo carattere privato di una scuola non può dedursi che essa svolge un’attività economica e fornisca prestazioni di servizi a norma degli artt. 49 CE e 50 CE. Dalla giurisprudenza della Corte risulterebbe che il fatto che i genitori versino rette scolastiche al fine di contribuire, in una certa misura, ai costi di gestione del sistema è ininfluente sulla qualifica dell’attività svolta con riferimento alla nozione di prestazione di servizi (v., in tal senso, sentenze Humbel e Hedel, cit., punto 19, e Wirth, cit., punto 15).
53 Secondo tale governo, riguardo ai principi espressi dalla giurisprudenza della Corte, occorrerebbe dichiarare che le scuole tedesche di cui all’art. 10, n. 1, punto 9, dell’EStG non forniscono prestazioni di servizi a norma degli artt. 49 CE e 50 CE e che neppure l’insegnamento impartito dalle scuole stabilite in un altro Stato membro che corrispondono alle dette scuole, costituisce una prestazione di servizi a norma di questi stessi articoli.
54 Il governo tedesco fa valere, in secondo luogo, che un ostacolo alla libera prestazione dei servizi è ad ogni modo giustificato sotto diversi profili.
55 Secondo questo governo, la libera prestazione dei servizi non può generare un obbligo di finanziare istituti scolastici che dipendono dal sistema di istruzione di un altro Stato membro. La politica in materia di istruzione rientra nei compiti essenziali di ogni Stato e la struttura di tali compiti differisce notevolmente da uno Stato membro all’altro.
56 Posto che la Repubblica federale di Germania non esercita influenza alcuna sull’organizzazione delle scuole private stabilite in un altro Stato membro, in particolare sui programmi scolastici seguiti da queste ultime, non potrebbe essere tenuta a sovvenzionare il funzionamento di tali scuole rinunciando a entrate fiscali che le spettano.
57 Questo governo fa anche valere che il principio della libera prestazione dei servizi non obbliga la Repubblica federale di Germania a estendere alle rette scolastiche versate alle scuole private situate in un altro Stato membro l’agevolazione fiscale concessa a norma dell’art. 10, n. 1, punto 9, dell’EStG. La differenza di trattamento fiscale che emerge da tale assenza di obbligo sarebbe giustificata in quanto le scuole stabilite in un altro Stato membro, che forniscono una prestazione di servizi ai sensi degli artt. 49 CE e 50 CE, si distinguerebbero oggettivamente dalle scuole tedesche, per le quali la frequenza dà diritto all’agevolazione fiscale prevista all’art. 10, n. 1, punto 9, dell’EStG.
58 In primo luogo, tali scuole non funzionerebbero come società commerciali, al contrario di quanto accade alle scuole private situate in un altro Stato membro se beneficiano della libera prestazione dei servizi. Tali scuole private situate in un altro Stato membro corrisponderebbero precisamente alle scuole private tedesche che non sono agevolate a norma dell’art. 10, n. 1, punto 9, dell’EStG. La decisione della Repubblica federale di Germania che consiste a sostenere, in virtù di tale disposizione, solo le scuole che mediante la loro offerta formativa concretizzano i compiti di istruzione affidati allo Stato, sono integrate nella pubblica istruzione e non operano quindi in un contesto commerciale, non può essere aggirata con un ricorso al principio della libera prestazione dei servizi.
59 In secondo luogo, il governo tedesco ritiene che il regime che deriva dall’art. 10, n. 1, punto 9, dell’EStG, corrisponde ad un aiuto statale diretto in parte a compensare gli oneri sostenuti dalle scuole oggetto di questa disposizione. La Legge fondamentale impone allo Stato l’obbligo di sostenere finanziariamente dette scuole per compensare gli obblighi loro imposti. Questo aiuto interviene in larga parte sotto forma di sovvenzioni dirette. Le scuole in questione ricevono, quindi, circa l’80% dell’importo versato ad una scuola pubblica del medesimo tipo. L’art. 10, n. 1, punto 9, del l’EStG specifica questo obbligo costituzionale di assistenza consentendo allo Stato tedesco di sostenere indirettamente tali scuole mediante agevolazioni fiscali concesse in relazione a rette scolastiche.
60 Un nesso fra i requisiti imposti da tale Stato e il sostegno pubblico corrispondente non esisterebbe nel caso di scuole private stabilite in un altro Stato membro che forniscono prestazioni di servizi ai sensi degli artt. 49 CE e 50 CE. Poiché lo Stato tedesco non impone alcun onere a tali scuole, non graverebbe sul medesimo Stato alcun obbligo di sostegno finanziario nei loro confronti.
61 In terzo luogo, se la Repubblica federale di Germania fosse tenuta a concedere l’agevolazione fiscale prevista all’art. 10, n. 1, punto 9, dell’EStG a prescindere dall’importo delle rette scolastiche richieste, essa favorirebbe delle scuole che, in ragione di rette scolastiche elevate, selezionano gli alunni in funzione del patrimonio dei genitori. Dovrebbe inoltre concedere a tali scuole un sostegno maggiore rispetto a quello attribuito alle scuole la cui frequenza dà diritto a tale agevolazione fiscale, in quanto le loro rette scolastiche sarebbero notevolmente più elevate di quelle richieste da queste ultime scuole.
62 In quarto luogo, un obbligo di concedere un’agevolazione fiscale per rette scolastiche versate a scuole private stabilite in un altro Stato membro implicherebbe un netto aumento dell’importo globale della deduzione prevista all’art. 10, n. 1, punto 9, dell’EStG.
63 Orbene, nella sentenza 15 marzo 2005, causa C-209/03, Bidar (Racc. pag. I-2119, punto 56), la Corte ha ritenuto che è opportuno che ciascuno Stato membro vigili affinché la concessione di aiuti a copertura delle spese di mantenimento di studenti provenienti da altri Stati membri non diventi un onere irragionevole che potrebbe produrre conseguenze sul livello globale dell’aiuto che può essere concesso da tale Stato. Il governo tedesco ritiene, allo stesso modo, che sia legittimo per uno Stato membro subordinare la concessione di un’agevolazione fiscale a criteri che permettono di evitare che detta agevolazione sia ricondotta entro un margine che lo Stato membro reputa necessario.
64 In quinto luogo, l’agevolazione fiscale concessa in base a rette scolastiche versate a certe scuole private situate in Germania sarebbe giustificata dal fatto che tali scuole sono parificate, autorizzate o riconosciute. Orbene, in linea di principio, non esiste autorizzazione, parificazione o riconoscimento corrispondenti per quanto riguarda le scuole private situate in un altro Stato membro (fatto salvo il caso specifico delle scuole tedesche e delle scuole europee situate in un altro Stato membro). Il controllo svolto dalle autorità scolastiche tedesche si limita in linea di principio alle sole scuole situate sul territorio tedesco.
Giudizio della Corte
65 Riguardo all’applicabilità delle disposizioni del Trattato relative alla libera prestazione dei servizi alla normativa tributaria controversa, si deve anzitutto ricordare che se l’art. 50, terzo comma, CE cita soltanto la libera prestazione dei servizi attiva nell’ambito della quale il prestatore si sposta verso il destinatario, emerge da una giurisprudenza consolidata che la libera prestazione dei servizi comprende la libertà dei destinatari di servizi di recarsi in un altro Stato membro nel quale è stabilito il prestatore per fruire ivi di detti servizi (v. sentenza 31 gennaio 1984, cause riunite 286/82 e 26/83, Luisi e Carbone, Racc. pag. 377, punti 10 e 16). Nella fattispecie, l’applicazione della normativa nazionale in esame induce lo Stato membro interessato a rifiutare una deduzione fiscale in ragione della frequenza di una scuola privata stabilita in un altro Stato membro. La possibilità di ricorrere a offerte di formazione provenienti da una scuola privata stabilita in un altro Stato membro attiene, di conseguenza, al principio della libera prestazione dei servizi.
66 Occorre comunque esaminare se tali offerte di formazione riguardano la fornitura di prestazioni di servizi. A tal fine, si deve verificare se l’insegnamento impartito da una scuola privata stabilita in un altro Stato membro costituisca, in conformità all’art. 50, primo comma, CE, «prestazioni fornite normalmente dietro retribuzione».
67 Orbene, è stato già affermato che, ai sensi di tale disposizione, la caratteristica essenziale della retribuzione va rintracciata nella circostanza che essa costituisce il corrispettivo della prestazione considerata (v. sentenze Humbel e Edel, cit., punto 17; 12 luglio 2001, causa C-157/99, Smits e Peerbooms, Racc. pag. I-5473, punto 58; 3 ottobre 2002, causa C-136/00, Danner, Racc. pag. I-8147, punto 26; 22 maggio 2003, causa C-355/00, Freskot, Racc. pag. I-5263, punto 55 e 26 giugno 2003, causa C-422/01, Skandia e Ramstedt, Racc. pag. I-6817, punto 23).
68 La Corte ha perciò escluso dalla nozione di «servizi», ai sensi dell’art. 50 CE, l’insegnamento impartito da certi istituti parte di un sistema di pubblica istruzione e che erano interamente o principalmente finanziati da fondi pubblici (v., in tal senso, sentenze Humbel e Edel, cit., punti 17 e 18, e Wirth, cit., punti 15 e 16). La Corte ha pertanto precisato che, istituendo e mantenendo un tale sistema di pubblica istruzione, finanziato in generale dal bilancio pubblico e non dagli alunni o dai loro genitori, lo Stato non intendeva svolgere attività lucrative, bensì assolveva i propri compiti in campo sociale, culturale ed educativo nei confronti dei propri cittadini.
69 Per contro, la Corte ha dichiarato che i corsi impartiti da istituti scolastici finanziati essenzialmente da fondi privati, in particolare dagli alunni o dai loro genitori, costituiscono servizi ai sensi dell’art. 50 CE; lo scopo perseguito da tali istituti consiste, infatti, nell’offrire una prestazione in cambio di un corrispettivo (sentenza Wirth, cit., punto 17).
70 Si deve in tale contesto precisare che non è necessario che questo finanziamento privato sia garantito principalmente dagli alunni o dai loro genitori. Infatti, secondo una giurisprudenza costante, l’art. 50 CE non prescrive che il servizio sia pagato da coloro che ne fruiscono (v., segnatamente, sentenze 26 aprile 1988, causa 352/85, Bond van Adverteerders e a., Racc. pag. 2085, punto 16; 11 aprile 2000, cause riunite C-51/96 e C-191/97, Deliège, Racc. pag. I-2549, punto 56; Smits e Peerbooms, cit., punto 57, e Skandia e Ramstedt, cit., punto 24).
71 È pacifico che parallelamente alle scuole che appartengono ad un sistema di pubblica istruzione, nell’ambito del quale lo Stato adempie il suo compito nel campo sociale, educativo e culturale e il cui finanziamento è garantito essenzialmente da fondi pubblici, esistono, in certi Stati membri, scuole che non appartengono a un tale sistema di pubblica istruzione e che sono essenzialmente finanziate da fondi privati.
72 L’insegnamento impartito da tali scuole deve essere considerato come un servizio fornito dietro retribuzione.
73 Occorre aggiungere che, per determinare se l’art. 49 CE sia applicabile alla normativa nazionale in esame, è irrilevante accertare se le scuole stabilite nello Stato membro del destinatario della prestazione, nella fattispecie la Repubblica federale di Germania, che sono parificate, autorizzate o riconosciute in questo Stato ai sensi di detta normativa, forniscono o meno prestazioni di servizi ai sensi dell’art. 50, primo comma, CE. L’unica circostanza rilevante è che la scuola privata stabilita in un altro Stato membro possa essere considerata come in grado di fornire prestazioni retribuite di servizi.
74 Infatti, nella sentenza 16 maggio 2006, causa C-372/04, Watts (Racc. pag. I-4325, punto 90), riguardante prestazioni mediche che costituiscono prestazioni di servizi, la Corte ha ritenuto che l’art. 49 CE si applichi alla situazione di una paziente residente nel Regno Unito, il cui stato di salute necessitava cure ospedaliere e che, essendosi recata in un altro Stato membro per ricevervi le cure in questione dietro corrispettivo, ne sollecitava poi il rimborso presso il servizio sanitario nazionale, proprio mentre le prestazioni della stessa natura erano fornite a titolo gratuito dal sistema sanitario nazionale del Regno Unito.
75 Al punto 91 di tale sentenza, la Corte ha affermato che, senza che ci sia bisogno nella fattispecie di determinare se le prestazioni di cure ospedaliere fornite nell’ambito di un servizio sanitario nazionale, come quello in questione nella causa all’origine di tale sentenza, costituiscono esse stesse servizi nel senso delle disposizioni del Trattato sulla libera prestazione dei servizi, occorreva ritenere che una situazione nella quale una persona il cui stato di salute necessita cure ospedaliere, si reca in un altro Stato membro e ivi riceve le cure di cui trattasi dietro corrispettivo, rientra nel campo di applicazione delle dette disposizioni.
76 Ne consegue che l’art. 49 CE è applicabile alla normativa nazionale in causa dal momento che la scuola privata, nella quale i contribuenti di uno Stato membro considerato scolarizzano i propri figli, è stabilita in un altro Stato membro e può essere considerata come in grado di fornire prestazioni di servizi retribuiti, ossia è finanziata essenzialmente da fondi privati.
77 Occorre verificare se, in tali circostanze, la normativa tributaria in esame costituisce, come sostiene la Commissione, un ostacolo alla libera prestazione dei servizi.
78 Si deve rilevare, a tale proposito, che tale normativa fa dipendere la concessione di un abbattimento fiscale alla condizione che le rette scolastiche siano versate a scuole private parificate dallo Stato tedesco ovvero autorizzate o riconosciute dalla normativa del Land applicabile, il che presuppone che siano già stabilite in Germania.
79 Detta normativa esclude in generale la possibilità per i contribuenti soggetti all’imposta in Germania di dedurre dai loro redditi imponibili una parte delle rette scolastiche relative alla frequenza, da parte dei loro figli, di una scuola privata stabilita fuori dal territorio tedesco, ad eccezione delle rette scolastiche versate in un altro Stato membro a scuole tedesche riconosciute dalla conferenza permanente dei ministri dell’Istruzione e della Cultura dei Länder o a scuole europee, mentre questa possibilità esiste relativamente alle rette scolastiche versate a certe scuole private tedesche. Tale normativa implica quindi, per questi contribuenti, un aggravio fiscale dal momento che scolarizzano i loro figli in una scuola privata situata in un altro Stato membro e non in una scuola privata stabilita nel territorio nazionale.
80 La normativa risultante dall’art. 10, n. 1, punto 9, dell’EStG produce l’effetto di dissuadere i contribuenti residenti in Germania dal far frequentare ai propri figli scuole stabilite in un altro Stato membro. Peraltro, tale normativa osta anche all’offerta di formazione proveniente da istituti di insegnamento privati, stabiliti in altri Stati membri e destinata ai figli di contribuenti residenti in Germania.
81 Una tale normativa integra un ostacolo alla libera prestazione dei servizi garantita dall’art. 49 CE. Questo articolo si oppone, infatti, all’applicazione di qualsiasi normativa nazionale che abbia l’effetto di rendere la prestazione di servizi tra Stati membri più difficile della prestazione di servizi puramente interna ad uno Stato membro (v., segnatamente, sentenze 28 aprile 1998, causa C-118/96, Safir, Racc. pag. I-1897, punto 23; Smits e Peerbooms, cit., punto 61; Danner, cit., punto 29; 4 marzo 2004, causa C-334/02, Commissione/Francia, Racc. pag. I-2229, punto 23; Watts, cit., punto 94, e 19 aprile 2007, causa C-444/05, Stamatelaki, Racc. pag. I-3185, punto 25).
82 Poiché è stata verificata l’esistenza di una restrizione alla libera prestazione dei servizi, si deve esaminare se questa possa essere oggettivamente giustificata.
83 Il governo tedesco deduce numerosi argomenti per giustificare tale restrizione.
84 In primo luogo, secondo questo governo, un eventuale ostacolo alla libera prestazione dei servizi è giustificato dal fatto che non può scaturire dal principio della libera prestazione dei servizi un obbligo di estendere il trattamento fiscale privilegiato, concesso a certe scuole dipendenti dal sistema di istruzione di uno Stato membro, a quelle dipendenti da un altro Stato membro (v. punto 55 della presente sentenza).
85 Occorre rilevare, a questo proposito, che l’art. 10, n. 1, punto 9, dell’EStG concerne il trattamento fiscale delle rette scolastiche. Secondo una giurisprudenza consolidata, se la materia delle imposte dirette rientra nella competenza degli Stati membri, questi ultimi devono tuttavia esercitarla nel rispetto del diritto comunitario (v., segnatamente, sentenze Danner, cit., punto 28; 12 dicembre 2006, causa C-374/04, Test Claimants in Class IV of the ACT Group Litigation, Racc. pag. I-11673, punto 36, e 13 marzo 2007, causa C-524/04, Test Claimants in the Thin Cap Group Litigation, Racc. pag. I-2107, punto 25).
86 Allo stesso modo, se è pacifico che il diritto comunitario non reca pregiudizio alla competenza degli Stati membri relativamente, da una parte, al contenuto dell’insegnamento e all’organizzazione del sistema di istruzione, nonché alle loro diversità culturali e linguistiche (art. 149, n. 1, CE) e, dall’altra, al contenuto e all’organizzazione della formazione professionale (art. 150, n. 1, CE), è pur vero che nell’esercizio di tale potere gli Stati membri devono rispettare il diritto comunitario, in particolare le disposizioni relative alla libera prestazione dei servizi (v., per analogia, sentenza Watts, cit., punti 92 e 147).
87 Peraltro, per ciò che concerne l’argomento del governo tedesco, secondo cui uno Stato membro non può essere tenuto a sovvenzionare scuole dipendenti dal sistema di istruzione di un altro Stato membro, è sufficiente constatare che l’art. 10, n. 1, punto 9, dell’EStG prevede non già l’attribuzione di una sovvenzione diretta da parte dello Stato tedesco alle scuole di cui trattasi, bensì la concessione di un’agevolazione fiscale ai genitori in base alle rette scolastiche versate alle dette scuole.
88 In secondo luogo, secondo il governo tedesco, il rifiuto di estendere l’agevolazione fiscale prevista all’art. 10, n. 1, punto 9, dell’EStG alle rette scolastiche versate alle scuole private stabilite in un altro Stato membro è giustificato dal fatto che le scuole tedesche di cui al detto articolo e le scuole private stabilite in un altro Stato membro che forniscono una prestazione di servizi ai sensi degli artt. 49 CE e 50 CE non si trovano in una situazione oggettivamente assimilabile (v. punto 57 della presente sentenza).
89 Pertanto, le scuole di cui all’art 10, n. 1, punto 9, dell’EStG sarebbero sottoposte all’obbligo di evitare una selezione degli alunni fondata sul patrimonio dei loro genitori, previsto all’art. 7, n. 4, della Legge fondamentale, in modo che le rette scolastiche siano fissate ad un livello che non consente di coprire le spese di tali scuole e che esista un obbligo corrispondente per lo Stato tedesco di sostenere finanziariamente tali scuole. Questo vincolo tra i requisiti imposti dallo Stato e il sostegno pubblico corrispondente non sussisterebbe nel caso di scuole private stabilite in un altro Stato membro che forniscono prestazioni di servizi ai sensi degli artt. 49 CE e 50 CE (v. punto 60 della presente sentenza). L’estensione dell’agevolazione fiscale alle rette scolastiche relative alla frequenza di scuole che non soddisfano le prescrizioni dell’art. 10, n. 1, punto 9, dell’EStG, sarebbe contraria all’esigenza, prevista all’art. 7, n. 4, della Legge fondamentale, di evitare una selezione degli alunni fondata sul patrimonio dei loro genitori (v. punto 61 della presente sentenza).
90 Tali argomenti non possono essere accolti. Infatti, si deve rilevare che l’art. 10, n. 1, punto 9, dell’EStG subordina la deducibilità di una parte delle rette scolastiche alla parificazione, all’autorizzazione o al riconoscimento della scuola privata interessata in Germania, senza stabilire un criterio oggettivo in grado di determinare quali tipi di rette scolastiche richieste dalle scuole tedesche sono deducibili.
91 Ne consegue che qualsiasi scuola privata stabilita in un altro Stato membro, solo per non essere stabilita in Germania, è automaticamente esclusa dall’agevolazione fiscale in esame, indipendentemente dal rispetto o meno dei criteri quali la riscossione di rette scolastiche di un importo non idoneo a selezionare gli alunni sulla base del patrimonio dei loro genitori.
92 Per giustificare l’ostacolo alla libera prestazione dei servizi costituito dalla normativa nazionale in questione, il governo tedesco fa anche valere, riferendosi alla citata sentenza Bidar, che è legittimo per uno Stato membro vincolare la concessione di un aiuto o di un’agevolazione fiscale a criteri destinati ad evitare che tali aiuti o tali agevolazioni siano ricondotti entro un margine che lo Stato membro reputa necessario (v. punti 62 e 63 della presente sentenza).
93 Secondo tale governo, gli argomenti sviluppati nella detta sentenza, relativa alla concessione di aiuti a copertura delle spese di mantenimento di studenti e alla libera circolazione dei cittadini dell’Unione, devono essere collocati in un contesto generale nel senso che, qualora i fondi pubblici siano limitati, l’estensione del beneficio di una deduzione fiscale implicherebbe necessariamente una diminuzione dell’importo delle singole deduzioni concesse ai privati per realizzare un’operazione fiscalmente neutra. Il governo tedesco fa valere, a tale proposito, che dall’estensione dell’applicazione dell’art. 10, n. 1, punto 9, dell’EStG al versamento di rette scolastiche a certe scuole situate in un altro Stato membro sorgerebbero oneri supplementari per il bilancio dello Stato.
94 Tale argomento non può però essere accolto per i seguenti motivi.
95 Anzitutto, secondo una giurisprudenza costante della Corte, il prevenire una riduzione del gettito fiscale non figura nel novero dei motivi enunciati all’art. 46 CE, nel combinato disposto con l’art. 55 CE, né può essere considerato come motivo imperativo di interesse pubblico.
96 Con riguardo poi all’argomento del governo tedesco secondo cui ogni Stato membro sarebbe libero di vigilare affinché la concessione di aiuti relativi alle rette scolastiche non diventi un onere eccessivo che potrebbe produrre conseguenze sul livello globale dell’aiuto che può essere concesso da tale Stato, dalle indicazioni fornite da detto governo emerge che l’aggravio finanziario rappresentato, a suo parere, dall’estensione dell’abbattimento fiscale alle rette scolastiche versate a talune scuole situate in un altro Stato membro, risulterebbe dal fatto che gli aiuti indirettamente concessi per tali scuole ammonterebbero ad un importo molto più elevato rispetto a quelli versati agli istituti scolastici parificati, autorizzati o riconosciuti in Germania, dato che tali scuole stabilite in un altro Stato membro dovrebbero autofinanziarsi mediante l’imposizione di rette scolastiche elevate.
97 Supponendo anche che un ragionamento identico a quello seguito nella citata sentenza Bidar trovi applicazione riguardo alla concessione di un’agevolazione fiscale relativa a rette scolastiche, occorre rilevare a tal proposito che, come ha sostenuto la Commissione, l’obiettivo perseguito dal rifiuto di concedere l’abbattimento fiscale in causa trattandosi delle rette scolastiche versate a scuole stabilite in un altro Stato membro, cioè quello di garantire una copertura delle spese di gestione delle scuole private senza che ciò comporti un onere eccessivo per lo Stato, conformemente all’analisi effettuata nella detta sentenza Bidar, può essere ottenuto attraverso mezzi meno restrittivi.
98 Infatti, così come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 62 delle sue conclusioni, onde evitare un aggravio finanziario, uno Stato membro può limitare l’importo deducibile per rette scolastiche ad un importo determinato, corrispondente all’abbattimento fiscale concesso da detto Stato, tenuto conto di certi valori ad esso propri, per la frequenza di scuole situate sul proprio territorio, ciò che costituirebbe un mezzo meno restrittivo del rifiuto di concedere l’abbattimento fiscale in questione.
99 Infine, appare ad ogni modo sproporzionato escludere totalmente dall’abbattimento fiscale previsto all’art. 10, n. 1, punto 9, dell’EStG le rette scolastiche versate dai contribuenti soggetti all’imposta sul reddito in Germania a scuole stabilite in uno Stato membro diverso dalla Repubblica federale di Germania. In siffatto modo, infatti, sono escluse dalla deduzione fiscale in causa le rette scolastiche versate dai detti contribuenti a scuole stabilite in un altro Stato membro, indipendentemente dall’eventuale rispetto da parte di dette scuole dei criteri oggettivi fissati sulla base di principi propri ad ogni Stato membro e che consentono di determinare quali tipi di rette scolastiche danno diritto a tale deduzione fiscale.
100 Alla luce di quanto precede, occorre ritenere fondata la seconda censura invocata dalla Commissione a sostegno del suo ricorso e dichiarare che, nelle situazioni in cui contribuenti soggetti all’imposta sul reddito in Germania fanno frequentare ai loro figli una scuola situata in un altro Stato membro e finanziata essenzialmente attraverso fondi privati, la Repubblica federale di Germania è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza dell’art. 49 CE per aver escluso in generale le rette scolastiche relative alla frequenza di una tale scuola dalla deduzione fiscale per oneri straordinari previsti dall’art. 10, n. 1, punto 9, dell’EStG.
Sulla prima parte della prima censura e sulla terza censura, relative rispettivamente ad un ostacolo alla libera circolazione dei lavoratori e ad una restrizione alla libertà di stabilimento
Argomenti delle parti
101 Secondo la Commissione, il regime emergente dall’art. 10, n. 1, punto 9, dell’EStG reca pregiudizio ai diritti dei contribuenti interessati, relativi alla libertà di circolazione dei lavoratori e alla libertà di stabilimento (prima parte della prima censura).
102 Da una parte, il detto regime sarebbe suscettibile di ostacolare il diritto dei genitori originari di altri Stati membri di occupare un impiego retribuito in Germania (art. 39 CE) e di stabilirvisi in qualità di lavoratori autonomi (art. 43 CE). Il trattamento fiscale meno favorevole al quale rischiano di essere assoggettati se desiderano che i loro figli rimangano scolarizzati nel loro Stato di origine potrebbe, infatti, dissuaderli dallo stabilirsi in Germania o dall’esercitarvi un’attività in qualità di lavoratori frontalieri. Risulterebbe ad ogni modo più difficile per tali genitori stabilirsi o lavorare in Germania.
103 D’altra parte, i cittadini tedeschi che restano integralmente soggetti all’imposta in Germania, mentre si sono stabiliti in un altro Stato membro, risulterebbero allo stesso modo sfavoriti se decidessero di scolarizzare i loro figli in una scuola privata locale, situata in quest’altro Stato membro.
104 Queste violazioni agli artt. 39 CE e 43 CE non sarebbero giustificate.
105 La Commissione sostiene, a questo proposito, che l’art. 10, n. 1, punto 9, dell’EStG non stabilisce criteri oggettivi in grado di determinare i casi in cui sono deducibili le rette scolastiche versate alle scuole tedesche e a quelle stabilite in un altro Stato membro. Questa disposizione subordinerebbe la deducibilità di tali rette al solo fatto che la scuola privata interessata sia parificata o riconosciuta in Germania. La condizione determinante della deducibilità sarebbe quindi attinente alla circostanza che la scuola privata interessata sia localizzata in Germania. Qualsiasi scuola stabilita in un altro Stato membro verrebbe automaticamente esclusa dalla deduzione fiscale indipendentemente dall’ammontare delle rette scolastiche richieste, ossia, anche se le sue modalità di funzionamento rispecchiano largamente quelle di una scuola privata riconosciuta o parificata in Germania.
106 Non vi sarebbe alcuna ragione oggettiva di subordinare la concessione di un’agevolazione fiscale alla frequenza di una scuola privata situata sul territorio delle Repubblica federale di Germania, dato che questo Stato membro resta libero, conformemente al diritto comunitario, di limitare la deducibilità fiscale delle rette scolastiche a certi tipi di istituti o a un determinato importo. A tal fine, occorrerebbe semplicemente che tale deducibilità sia concessa in funzione di criteri oggettivi e che non dipenda dalla localizzazione della scuola.
107 Nello stesso senso, la Commissione sostiene, nell’ambito della sua terza censura, che il regime emergente dall’art. 10, n. 1, punto 9, dell’EStG limita la libertà di stabilimento delle scuole private stabilite in un altro Stato membro. A suo parere, tale regime costringe queste scuole a stabilirsi in Germania quanto meno creando una succursale in detto Stato membro. Tali scuole potrebbero infatti ottenere la qualifica di scuola alternativa, parificata dallo Stato o autorizzata dalla normativa del Land interessato, o quella di istituto complementare di formazione generale riconosciuto dal Land solo se offrono i loro servizi dal territorio tedesco. Per non essere danneggiate in termini di concorrenza, rispetto agli istituti privati tedeschi, tali scuole dovrebbero essere stabilite in questo territorio.
108 Questa restrizione quanto alla scelta del luogo di stabilimento costituisce, secondo la Commissione, una differenza di trattamento contraria all’art. 43 CE e non è giustificata.
109 Detta istituzione conclude che l’art. 10, n. 1, punto 9, dell’EStG costituisce un ostacolo alla libera circolazione dei lavoratori prevista all’art. 39 CE e alla libertà di stabilimento prevista all’art. 43 CE.
110 Il governo tedesco, da parte sua, contesta che l’art. 10, n. 1, punto 9, dell’EStG rechi pregiudizio al diritto alla libera circolazione dei lavoratori e alla libertà di stabilimento. Se l’ambito di applicazione di tali libertà dovesse essere compromesso, tale pregiudizio sarebbe ad ogni modo obiettivamente giustificato riguardo alle differenze oggettive esistenti tra le scuole private tedesche oggetto di questa disposizione dell’EStG e le scuole private situate in un altro Stato membro, differenze che sono state in precedenza esposte.
111 Allo stesso modo, tale governo contesta l’esistenza di una violazione della libertà di stabilimento delle scuole situate in un altro Stato membro. Non coglie in che modo tale libertà sarebbe colpita dal regime di deduzione controverso. Se comunque l’esistenza di una lesione a tale libertà dovesse essere accertata, risulterebbe ad ogni modo oggettivamente giustificata in considerazione delle differenze, citate in precedenza, tra le scuole private tedesche di cui all’art. 10, n. 1, punto 9, dell’EStG e le scuole private situate in un altro Stato membro.
Giudizio della Corte
112 Occorre esaminare se gli artt. 39 CE e 43 CE si oppongono alla normativa che risulta dall’art. 10, n. 1, punto 9, dell’EStG.
113 Con la prima parte della sua prima censura, la Commissione sostiene che tale normativa, che sfavorisce fiscalmente i contribuenti interessati, colpisce tanto i lavoratori dipendenti provenienti da un altro Stato membro o i contribuenti che esercitano un’attività indipendente, che si sono stabiliti in Germania per motivi di natura privata e che desiderano che la formazione scolastica dei loro figli continui nel loro Stato di origine, quanto i contribuenti tedeschi che, dato il trasferimento del loro domicilio in un altro Stato membro, hanno ivi iscritto i loro figli in una scuola privata. Tale normativa sarebbe, a questo proposito, in contrasto con gli artt. 39 CE e 43 CE.
114 L’insieme delle disposizioni del Trattato relative alla libera circolazione delle persone sono volte a facilitare, ai cittadini comunitari, l’esercizio di attività lavorative di qualsivoglia natura in tutto il territorio della Comunità ed ostano ai provvedimenti che potrebbero sfavorirli qualora intendano svolgere un’attività economica sul territorio di un altro Stato membro (v. sentenze 15 settembre 2005, causa C-464/02, Commissione/Danimarca, Racc. pag. I-7929, punto 34 e giurisprudenza citata; Commissione/Portogallo, cit., punto 15 e Commissione/Svezia, cit., punto 17).
115 Disposizioni che impediscano ad un cittadino di uno Stato membro di lasciare il suo Stato d’origine per esercitare il suo diritto di libera circolazione, o che lo dissuadano dal farlo, sono, di conseguenza, in grado di costituire ostacoli a tale libertà anche se si applicano indipendentemente dalla cittadinanza dei lavoratori interessati (sentenze Commissione/Danimarca, cit., punto 35; Commissione/Portogallo, cit., punto 16, e Commissione/Svezia, cit., punto 18).
116 Nella fattispecie, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 83 delle sue conclusioni, l’art. 10, n. 1, punto 9, dell’EStG sfavorisce in particolar modo i lavoratori dipendenti e autonomi che hanno trasferito il loro domicilio in Germania o che ivi lavorano e i cui figli continuano a frequentare una scuola privata situata in un altro Stato membro. Ai sensi dell’art. 1, n. 1, prima frase, dell’EStG, i lavoratori residenti sul territorio tedesco sono integralmente soggetti all’imposta sul reddito. In conformità all’art. 1, n. 3, dell’EStG, i lavoratori frontalieri che svolgono la loro attività in Germania senza risiedervi sono, a loro richiesta, parimenti soggetti all’imposta sul reddito senza limitazioni. L’art. 10, n. 1, punto 9, dell’EStG nega a tutti questi lavoratori di usufruire dell’abbattimento straordinario per una parte delle rette scolastiche versate, mentre ciò sarebbe loro concesso se i loro figli frequentassero una scuola situata in Germania.
117 Tale differenza di trattamento è idonea a rendere più difficile per detti lavoratori l’esercizio dei diritti derivanti dagli artt. 39 CE o 43 CE.
118 L’art. 10, n. 1, punto 9, de l’EStG, è anche idoneo a produrre una situazione svantaggiosa per i cittadini tedeschi, qualora trasferiscano il loro domicilio in un altro Stato membro nel quale i figli frequentano una scuola privata.
119 Certamente, in generale tali cittadini tedeschi non sono più soggetti all’imposta in Germania una volta abbandonato tale Stato membro, cosicché è escluso che la normativa fiscale in esame si applichi a loro detrimento. Tuttavia, in forza dell’art. 1, n. 2, dell’EStG, questa disposizione non si applica ai dipendenti pubblici che lavorano in un altro Stato membro e, ai sensi dell’art. 14 del Protocollo dell’8 aprile 1965 sui privilegi e immunità delle Comunità europee (GU 1967, 152, pag. 13), non si applica neppure ai dipendenti delle Comunità europee. Se tali dipendenti di nazionalità tedesca scolarizzano i loro figli in scuole private situate in un altro Stato membro, fatte salve comunque le scuole tedesche all’estero e le scuole europee, l’art. 10, n. 1, punto 9, dell’EStG non consente loro di dedurre dai loro redditi imponibili una parte delle rette scolastiche versate.
120 Per le ragioni esposte ai punti 85-99 della presente sentenza, tali disparità di trattamento non sono giustificate dagli argomenti presentati dal governo tedesco per giustificare un ostacolo a una libertà fondamentale.
121 Si deve quindi ritenere fondata la prima parte della prima censura fatta valere dalla Commissione e dichiarare che, per aver in generale escluso le rette scolastiche versate a scuole stabilite in un altro Stato membro dalla deduzione fiscale prevista all’art. 10, n. 1, punto 9, dell’EStG, la Repubblica federale di Germania è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza degli artt. 39 CE e 43 CE.
122 Per quanto riguarda la terza censura, relativa alla violazione della libertà di stabilimento delle scuole private situate in altri Stati membri, si deve rilevare, come l’avvocato generale al paragrafo 85 delle sue conclusioni, che l’art. 10, n. 1, punto 9, dell’EStG, facendo dipendere la possibilità di beneficiare di un abbattimento fiscale per rette scolastiche dalla sede della scuola, non arreca un pregiudizio diretto alla libertà di stabilimento delle scuole private situate in altri Stati membri. Questa circostanza, in quanto tale, non rende più difficile lo stabilimento di tali scuole in Germania.
123 Pertanto, la terza censura della Commissione deve essere respinta.
Sulla seconda parte del primo motivo, relativo a un pregiudizio al diritto generale dei cittadini dell’Unione alla libera circolazione
124 Rimane da esaminare la normativa nazionale in questione riguardo all’art. 18, n. 1, CE, rispetto a tutte le situazioni che non rientrano nell’ambito di applicazione degli artt. 39 CE, 43 CE e 49 CE.
125 Come emerge dalla giurisprudenza della Corte, lo status di cittadino dell’Unione è destinato ad essere lo status fondamentale dei cittadini degli Stati membri che consente a chi tra di essi si trovi nella medesima situazione di ottenere, nell’ambito di applicazione ratione materiae del Trattato, indipendentemente dalla loro cittadinanza e fatte salve le eccezioni a tal riguardo espressamente previste, il medesimo trattamento giuridico (v., segnatamente, sentenze 20 settembre 2001, causa C-184/99, Grzelczyk, Racc. pag. I-6193, punto 31; 11 luglio 2002, causa C-224/98, D’Hoop, Racc. pag. I-6191, punto 28; 2 ottobre 2003, causa C-148/02, Garcia Avello, Racc. pag. I-11613, punti 22 e 23, e 29 aprile 2004, causa C-224/02, Pusa, Racc. pag. I-5763, punto 16).
126 Tra le situazioni che rientrano nel campo di applicazione del diritto comunitario figurano quelle riguardanti l’esercizio delle libertà fondamentali garantite dal Trattato, in particolare della libertà di circolare e di soggiornare sul territorio degli Stati membri, quale conferita dall’art. 18 CE (v., segnatamente, sentenze Grzelczyk, cit., punto 33; D’Hoop, cit., punto 29; Garcia Avello, cit., punto 24, e Pusa, cit., punto 17).
127 Poiché un cittadino dell’Unione ha diritto a che gli venga riconosciuto in tutti gli Stati membri il medesimo trattamento giuridico accordato ai cittadini di tali Stati membri che si trovino nella medesima situazione, sarebbe incompatibile con il diritto alla libera circolazione che gli si possa applicare, nello Stato membro di cui è cittadino, un trattamento meno favorevole di quello di cui beneficerebbe se non avesse usufruito delle facilitazioni concesse dal Trattato in materia di circolazione (sentenze D’Hoop, cit., punto 30, e Pusa, cit., punto 18).
128 Tali facilitazioni non potrebbero infatti dispiegare pienamente i propri effetti se un cittadino di uno Stato membro potesse essere dissuaso dal farne uso da ostacoli posti da una normativa che lo penalizza per il solo fatto che egli ne abbia usufruito (v., in tal senso, sentenze 7 luglio 1992, causa C-370/90, Singh, Racc. pag. I-4265, punto 23; D’Hoop, cit, punto 31, e Pusa, cit., punto 19).
129 Recandosi in un altro Stato membro per seguirvi un’istruzione scolastica, i figli dei cittadini tedeschi interessati esercitano il proprio diritto a circolare liberamente. Risulta, infatti, dalla sentenza 19 ottobre 2004, causa C-200/02, Zhu e Chen (Racc. pag. I-9925, punto 20), che anche un bambino in tenera età può avvalersi dei diritti di libera circolazione e di soggiorno garantiti dal diritto comunitario.
130 La normativa nazionale in causa introduce una differenza di trattamento tra i contribuenti soggetti all’imposta sul reddito in Germania che hanno scolarizzato i loro figli in una scuola situata in questo Stato membro e coloro che hanno mandato i loro figli a seguire la loro formazione in una scuola situata in un altro Stato membro.
131 La normativa nazionale in questione, vincolando la concessione di un abbattimento fiscale previsto per rette scolastiche alla condizione che queste ultime siano state versate ad una scuola privata che risponde a taluni requisiti in Germania e negando tale abbattimento ai genitori di figli che frequentano una scuola stabilita in un altro Stato membro, sfavorisce i figli di taluni cittadini di uno Stato per il solo fatto che hanno esercitato la loro libertà di circolazione recandosi in un altro Stato membro per seguirvi un’istruzione scolastica.
132 Orbene, secondo una giurisprudenza consolidata, una normativa nazionale che svantaggia certi cittadini di uno Stato per il solo fatto che hanno esercitato la loro libertà di circolare in un altro Stato membro, rappresenta una restrizione delle libertà riconosciute dall’art. 18, n. 1, CE a tutti i cittadini dell’Unione (sentenze 18 luglio 2006, causa C-406/04, De Cuyper, Racc. pag. I-6947, punto 39, e 26 ottobre 2006, causa C-192/05, Tas-Hagen e Tas, Racc. pag. I-10451, punto 31).
133 Una restrizione del genere può essere giustificata, con riferimento al diritto comunitario, solo se è basata su considerazioni oggettive, indipendenti dalla cittadinanza delle persone interessate ed è adeguatamente commisurata allo scopo legittimamente perseguito dal diritto nazionale (sentenze D’Hoop, cit., punto 36; De Cuyper, cit., punto 40 e Tas-Hagen e Tas, cit., punto 33).
134 Si deve rilevare che, per tentare di giustificare l’ostacolo alla libera prestazione dei servizi che integra la normativa in esame, il governo tedesco ha presentato gli argomenti esposti ai punti 55-64 della presente sentenza. Si è riferito, in particolare, alla posizione adottata dalla Corte nella citata sentenza Bidar, relativa all’interpretazione dell’art. 18 CE.
135 Al punto 56 di tale sentenza, la Corte ha affermato che è opportuno che ciascuno Stato membro vigili affinché la concessione di aiuti a copertura delle spese di mantenimento di studenti provenienti da altri Stati membri non diventi un onere irragionevole che potrebbe produrre conseguenze sul livello globale dell’aiuto che può essere concesso da tale Stato.
136 Tuttavia, supponendo anche che un ragionamento identico trovi applicazione riguardo a un’agevolazione fiscale relativa a rette scolastiche, resta fermo che la normativa risultante dall’art. 10, n. 1, punto 9, dell’EStG appare ad ogni modo sproporzionata rispetto agli obiettivi che persegue, per le stesse ragioni esposte al punto 99 della presente sentenza, nell’ambito dell’esame di tale normativa rispetto al principio della libera prestazione dei servizi.
137 Ne consegue che, qualora i figli dei contribuenti di uno Stato membro frequentino in un altro Stato membro una scuola le cui prestazioni non rientrano nella sfera di applicazione dell’art. 49 CE, l’art. 10, n. 1, punto 9, dell’EStG produce l’effetto di sfavorire in maniera ingiustificata i detti figli rispetto a coloro che non si sono avvalsi del loro diritto alla libera circolazione andando a frequentare una scuola stabilita in un altro Stato membro e reca pregiudizio ai diritti conferiti a tali allievi dall’art. 18, n. 1, CE.
138 Stanti tali condizioni, occorre ritenere fondata anche la seconda parte della prima censura dedotta dalla Commissione.
139 Alla luce dell’insieme delle considerazioni che precedono, si deve dichiarare che, per aver in generale escluso le rette scolastiche relative alla frequenza di una scuola situata in un altro Stato membro dalla deduzione fiscale per spese straordinarie previste all’art. 10, n. 1, punto 9, dell’EStG, la Repubblica federale di Germania è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza degli artt. 18 CE, 39 CE, 43 CE e 49 CE. Per il resto, ossia la censura relativa alla pretesa violazione della libertà di stabilimento delle scuole stabilite in un altro Stato membro, si deve respingere il ricorso.
Sulle spese
140 A norma dell’art. 69, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la Commissione ne ha fatto domanda, la Repubblica federale di Germania rimasta sostanzialmente soccombente, deve essere condannata alle spese.
Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione) dichiara e statuisce:
1) Per aver in generale escluso le rette scolastiche relative alla frequenza di una scuola situata in un altro Stato membro dalla deduzione fiscale a titolo di spese straordinarie previste all’art. 10, n. 1, punto 9, della legge sull’imposta sul reddito (Einkommensteuergesetz), nella versione pubblicata il 19 ottobre 2002, la Repubblica federale di Germania è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza degli artt. 18 CE, 39 CE, 43 CE e 49 CE.
2) Il ricorso è respinto per il resto.
3) La Repubblica federale di Germania è condannata alle spese.
Firme
* Lingua processuale: il tedesco.