Causa C-194/06
Staatssecretaris van Financiën
contro
Orange European Smallcap Fund NV
(domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dallo Hoge Raad der Nederlanden)
«Artt. 56 CE - 58 CE — Libera circolazione dei capitali — Imposizione dei dividendi — Compensazione concessa ad un organismo di investimento collettivo a carattere fiscale in ragione di prelievi tributari effettuati alla fonte da un altro Stato sui dividendi percepiti da tale organismo — Limitazione di tale compensazione all’importo che un azionista residente nello Stato membro di stabilimento del detto organismo, che abbia effettuato un investimento senza il tramite di un organismo siffatto, potrebbe imputare all’imposta sui redditi in virtù di una convenzione contro le doppie imposizioni — Limitazione della detta compensazione in funzione della partecipazione di azionisti non residenti nel capitale di tale organismo»
Massime della sentenza
1. Libera circolazione dei capitali — Restrizioni — Normativa tributaria — Imposta sulle società — Assoggettamento ad imposta dei dividendi versati agli organismi di investimento collettivo
(Artt. 56 CE e 58 CE)
2. Libera circolazione dei capitali — Restrizioni — Normativa tributaria — Imposta sulle società — Assoggettamento ad imposta dei dividendi versati agli organismi di investimento collettivo
(Artt. 56 CE e 58 CE)
3. Libera circolazione dei capitali — Restrizioni — Nozione – Interpretazione identica nei rapporti con i paesi terzi e all'interno della Comunità — Limiti
(Art. 56, n. 1, CE)
4. Libera circolazione dei capitali — Restrizioni ai movimenti di capitali diretti a paesi terzi o in provenienza da essi — Restrizioni ai movimenti di capitali implicanti investimenti diretti in vigore al 31 dicembre 1993 — Nozione di «investimenti diretti»
(Art. 57, n. 1, CE)
1. Gli artt. 56 CE e 58 CE non ostano alla normativa di uno Stato membro la quale, prevedendo a favore degli organismi di investimento collettivo a carattere fiscale stabiliti nel territorio di tale Stato una compensazione destinata a tener conto dei prelievi fiscali effettuati alla fonte da un altro Stato membro sui dividendi versati ai detti organismi, limiti tale compensazione all’importo che una persona fisica residente nel territorio del detto primo Stato membro avrebbe potuto imputare, in ragione di prelievi analoghi, in virtù di una convenzione diretta a prevenire le doppie imposizioni conclusa con l’altro Stato membro summenzionato.
Certo, escludendo dalla compensazione riguardante l’imposizione alla fonte sui dividendi percepiti all’estero quelli provenienti da taluni Stati membri, una normativa del genere rende l’investimento in tali Stati membri meno attraente rispetto a quello negli Stati membri in cui i prelievi fiscali sui dividendi danno luogo alla compensazione suddetta. Tale normativa è dunque idonea a dissuadere un organismo di investimento collettivo dall’effettuare investimenti negli Stati membri i cui prelievi sui dividendi non danno luogo a compensazione, cosicché essa costituisce una restrizione della libera circolazione dei capitali, vietata, in linea di principio, dall’art. 56 CE.
Tuttavia, detta normativa mira ad uniformare, quanto più possibile, il trattamento fiscale dei dividendi percepiti da un azionista che abbia effettuato un investimento diretto e quello dei dividendi percepiti da un azionista che abbia investito per il tramite di un organismo di investimento collettivo a carattere fiscale, al fine di evitare che l’investimento all’estero effettuato da un organismo siffatto venga considerato meno attraente rispetto ad un investimento diretto. Orbene, alla luce della citata normativa, la situazione di un organismo di investimento collettivo a carattere fiscale, allorché riceve dividendi provenienti dagli Stati membri con i quali lo Stato membro in cui è stabilito ha concluso una convenzione che prevede il diritto, per gli azionisti persone fisiche, di imputare l’imposta sui dividendi prelevata da tali Stati membri all’imposta sui redditi di cui essi sono debitori nello Stato membro di stabilimento, è differente da quella in cui si trova il detto organismo allorché riceve dividendi che provengono dagli Stati membri con i quali una convenzione di tal genere non sia stata conclusa, dividendi per i quali tale diritto non è dunque previsto. Infatti, il rischio che, in assenza della compensazione prevista, la scelta di effettuare un investimento per il tramite di un organismo di investimento collettivo a carattere fiscale risulti per un azionista persona fisica meno vantaggiosa rispetto alla scelta di un investimento diretto sussiste soltanto in relazione agli investimenti negli Stati membri con i quali una convenzione fiscale bilaterale del tipo suddetto è stata conclusa. Per contro, per quanto riguarda gli Stati membri con i quali lo Stato membro in cui è stabilito detto organismo non ha concluso una simile convenzione, la scelta, per una persona fisica, di effettuare un investimento per il tramite di un tale organismo non comporta alcun rischio di perdere un vantaggio di cui essa avrebbe beneficiato se avesse optato per un investimento diretto negli Stati membri suddetti. Di conseguenza, tale situazione non è obiettivamente paragonabile a quella in cui lo Stato membro di stabilimento del citato organismo abbia concluso una siffatta convenzione fiscale.
Ne consegue che, nel caso di una normativa con la quale – al fine di uniformare quanto più possibile il trattamento fiscale degli investimenti diretti e quello degli investimenti effettuati per il tramite degli organismi di investimento collettivo – uno Stato membro abbia deciso di concedere a tali organismi una compensazione per le ritenute fiscali operate alla fonte sui dividendi originari degli Stati membri nei confronti dei quali esso si sia impegnato, nell’ambito di convenzioni bilaterali, a consentire alle persone fisiche di imputare le dette ritenute all’imposta sui redditi da esse dovuta in virtù della sua normativa nazionale, gli artt. 56 CE e 58 CE non ostano a che tale Stato membro escluda tale compensazione per quanto riguarda i dividendi provenienti da altri Stati membri, con i quali esso non abbia concluso convenzioni bilaterali recanti disposizioni in tal senso, in quanto tali situazioni non sono oggettivamente paragonabili.
(v. punti 56, 60-65, dispositivo 1)
2. Gli artt. 56 CE e 58 CE ostano alla normativa di uno Stato membro la quale, prevedendo a favore degli organismi di investimento collettivo a carattere fiscale stabiliti nel territorio del medesimo Stato membro una compensazione destinata a tener conto dei prelievi fiscali effettuati alla fonte da un altro Stato membro o da un paese terzo sui dividendi versati a tali organismi, riduca la detta compensazione se e nella misura in cui l’azionariato di questi ultimi sia costituito da persone fisiche o giuridiche che risiedono o sono stabilite in altri Stati membri o in paesi terzi, atteso che una riduzione siffatta, avendo l’effetto di ridurre l’importo totale dell’utile da ripartire, penalizza indistintamente tutti gli azionisti di tali organismi.
Infatti, tale riduzione della compensazione in proporzione alla quota del capitale detenuta dagli azionisti residenti o stabiliti in un altro Stato membro crea una restrizione della libera circolazione dei capitali, vietata in linea di principio dall’art. 56 CE, in quanto è idonea a costituire un ostacolo alla raccolta, da parte di un organismo di investimento collettivo a carattere fiscale, di capitali in Stati membri diversi da quello in cui tale organismo è stabilito, ed è altresì di natura tale da dissuadere gli investitori di questi altri Stati membri dall’acquisire partecipazioni nel capitale dell’organismo di investimento stesso.
L’esercizio, da parte di uno Stato membro, della propria competenza tributaria sui dividendi versati dagli organismi di investimento collettivo a carattere fiscale stabiliti nel territorio di questo stesso Stato membro tanto agli azionisti residenti o stabiliti in quest’ultimo quanto agli azionisti residenti o stabiliti in altri Stati membri giustifica, nel caso in cui sia prevista una compensazione del genere, la necessità di estendere la compensazione stessa agli organismi di investimento collettivo a carattere fiscale comprendenti azionisti non residenti o non stabiliti in tale Stato membro.
Quand’anche siffatta normativa mirasse ad operare una distinzione tra gli azionisti degli organismi di investimento collettivo a seconda che essi siano residenti o meno, affinché la compensazione di cui costoro godono per effetto della distribuzione degli utili da parte dei detti organismi sia commisurata alle aliquote dell’imposta alla quale gli azionisti medesimi sono rispettivamente assoggettati nello Stato membro di stabilimento di tali organismi, occorre rilevare che una riduzione di tale compensazione in proporzione alla quota del capitale dei detti organismi detenuta da azionisti che risiedono o sono stabiliti in altri Stati membri non permette di conseguire tale obiettivo. Infatti, una riduzione siffatta penalizza indistintamente tutti gli azionisti degli organismi di investimento collettivo a carattere fiscale, in quanto ha come effetto di ridurre l’importo totale dell’utile da ripartire.
Quanto alla riduzione del gettito tributario relativo ai dividendi versati da società aventi sede in altri Stati membri, essa non può essere considerata una ragione imperativa di interesse generale che possa essere fatta valere per giustificare un provvedimento in contrasto con una libertà fondamentale.
La soluzione riguardo alle situazioni in cui taluni degli azionisti di un organismo di investimento collettivo a carattere fiscale risiedono o sono stabiliti in un altro Stato membro può applicarsi anche alle situazioni in cui alcuni degli azionisti di tale organismo risiedono o sono stabiliti in paesi terzi.
Qualora, da un lato, uno Stato membro tassi i dividendi che un organismo di investimento collettivo a carattere fiscale stabilito nel suo territorio distribuisce agli azionisti che risiedono o sono stabiliti in paesi terzi e, dall’altro lato, la compensazione accordata a tale organismo venga diminuita in proporzione alla quota del capitale di quest’ultimo detenuta da siffatti azionisti, senza che il trattamento fiscale di tali azionisti nei paesi terzi assuma rilievo al riguardo, la necessità di garantire l’efficacia dei controlli fiscali non può giustificare siffatta restrizione ai movimenti di capitali provenienti da paesi terzi o ad essi diretti.
Anche a supporre che l’intento di evitare la riduzione del gettito tributario possa essere invocato per giustificare una restrizione ai movimenti di capitali provenienti da paesi terzi o ad essi diretti, una giustificazione di questo tipo non può essere presa in considerazione, in quanto la detta riduzione produce effetti indistintamente nei confronti di tutti gli azionisti dell’organismo di investimento collettivo considerato, siano essi residenti o stabiliti negli Stati membri oppure residenti o stabiliti in paesi terzi.
Rispetto ad una normativa siffatta, nessun rilievo assume la circostanza che gli azionisti stranieri di un organismo di investimento collettivo a carattere fiscale risiedano o siano stabiliti in uno Stato con il quale lo Stato membro di stabilimento di tale organismo ha concluso una convenzione che prevede, su una base di reciprocità, l’imputazione delle ritenute fiscali operate alla fonte sui dividendi.
(v. punti 72, 74, 79, 82, 84, 92-97, 108, 113-114, dispositivo 2)
3. La nozione di restrizione ai movimenti di capitali deve essere interpretata allo stesso modo nei rapporti tra gli Stati membri e i paesi terzi e in quelli tra Stati membri. Infatti, anche se la liberalizzazione dei movimenti di capitali con i paesi terzi può certamente perseguire obiettivi diversi da quello di realizzare il mercato interno, come in particolare quelli di garantire la credibilità della moneta unica comunitaria sui mercati finanziari mondiali e di conservare, negli Stati membri, centri finanziari di dimensione mondiale, quando il principio della libera circolazione dei capitali è stato esteso, dall’art. 56, n. 1, CE, ai movimenti di capitali tra i paesi terzi e gli Stati membri, questi ultimi hanno scelto di sancire tale principio nello stesso articolo e negli stessi termini per i movimenti di capitali che hanno luogo all’interno della Comunità e per quelli che riguardano rapporti con paesi terzi.
Tuttavia, i movimenti di capitali provenienti da paesi terzi o ad essi diretti si svolgono in un contesto giuridico diverso da quelli che hanno luogo in seno alla Comunità, atteso che, in ragione del grado di integrazione giuridica esistente tra gli Stati membri dell’Unione europea e, in particolare, dell’esistenza di atti legislativi comunitari in favore della cooperazione tra le autorità fiscali nazionali, l’assoggettamento ad imposta, da parte di uno Stato membro, di attività economiche con aspetti transfrontalieri che si collocano in seno alla Comunità non è sempre paragonabile a quello di attività economiche attinenti a relazioni tra gli Stati membri e i paesi terzi. Non si può neppure escludere che uno Stato membro possa dimostrare che una limitazione dei movimenti di capitali a destinazione di paesi terzi o in provenienza da essi è giustificata da un determinato motivo in circostanze in cui tale motivo non potrebbe costituire una giustificazione valida per una restrizione ai movimenti di capitali tra Stati membri.
(v. punti 87-90)
4. Una restrizione ricade sotto le previsioni dell’art. 57, n. 1, CE in quanto restrizione dei movimenti di capitali implicanti investimenti diretti qualora riguardi gli investimenti di qualsiasi tipo effettuati dalle persone fisiche o giuridiche ed aventi lo scopo di stabilire o mantenere legami durevoli e diretti tra il finanziatore e l’impresa cui tali fondi sono destinati per l’esercizio di un’attività economica.
(v. punto 102, dispositivo 3)
SENTENZA DELLA CORTE (Grande Sezione)
20 maggio 2008 (*)
«Artt. 56 CE - 58 CE – Libera circolazione dei capitali – Imposizione dei dividendi – Compensazione concessa ad un organismo di investimento collettivo a carattere fiscale in ragione di prelievi tributari effettuati alla fonte da un altro Stato sui dividendi percepiti da tale organismo – Limitazione di tale compensazione all’importo che un azionista residente nello Stato membro di stabilimento del detto organismo, che abbia effettuato un investimento senza il tramite di un organismo siffatto, potrebbe imputare all’imposta sui redditi in virtù di una convenzione contro le doppie imposizioni – Limitazione della detta compensazione in funzione della partecipazione di azionisti non residenti nel capitale di tale organismo»
Nel procedimento C-194/06,
avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, dallo Hoge Raad der Nederlanden (Paesi Bassi) con decisione 14 aprile 2006, pervenuta in cancelleria il 26 aprile 2006, nella causa tra
Staatssecretaris van Financiën
e
Orange European Smallcap Fund NV,
LA CORTE (Grande Sezione),
composta dal sig. V. Skouris, presidente, dai sigg. C.W.A. Timmermans, A. Rosas, K. Lenaerts, L. Bay Larsen, presidenti di sezione, dalla sig.ra R. Silva de Lapuerta, dai sigg. K. Schiemann, P. Kūris, E. Juhász, E. Levits (relatore), A. Ó Caoimh, dalla sig.ra P. Lindh e dal sig. J.-C. Bonichot, giudici,
avvocato generale: sig. Y. Bot
cancelliere: sig. J. Swedenborg, amministratore
vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 24 aprile 2007,
considerate le osservazioni presentate:
– per la Orange European Smallcap Fund NV, dai sigg. B.J. Kiekebeld, J. van Eijsden e D. Smit, belastingadviseurs;
– per il governo dei Paesi Bassi, dalla sig.ra H.G. Sevenster e dal sig. M. de Grave, in qualità di agenti;
– per la Commissione delle Comunità europee, dai sigg. R. Lyal e A. Weimar, in qualità di agenti,
sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 3 luglio 2007,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1 La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione degli artt. 56 CE - 58 CE.
2 Tale domanda è stata proposta nell’ambito di una controversia tra lo Staatssecretaris van Financiën (Segretario di Stato alle Finanze) e la Orange European Smallcap Fund NV (in prosieguo: la «OESF»), avente ad oggetto l’importo della compensazione da concedere, in virtù del regime fiscale particolare previsto dalla normativa olandese a favore degli organismi di investimento collettivo a carattere fiscale, per le imposte prelevate all’estero sui dividendi percepiti dalla OESF durante l’esercizio contabile 1997/1998.
Contesto normativo
3 Ai sensi dell’art. 28 della legge del 1969 disciplinante l’imposta sulle società (Wet op de vennootschapsbelasting 1969, Stb. 1969, n. 469; in prosieguo: la «legge sull’imposta sulle società»), per organismo di investimento collettivo a carattere fiscale si intende qualsiasi organismo in forma di società per azioni («naamloze vennootschap»), di società privata a responsabilità limitata («besloten vennootschap») o di fondo comune di investimento («fonds voor gemene rekening»), con sede nei Paesi Bassi, che abbia come finalità ed attività effettiva l’investimento e che soddisfi alcune altre condizioni.
4 Un organismo di questo tipo è assoggettato all’imposta sulle società, ma i suoi utili soggiacciono ad un’aliquota zero. A pena di perdere lo status di cui beneficia, esso è tenuto a mettere a disposizione dei suoi azionisti, entro un certo termine, tutti gli utili distribuibili, fatta eccezione per alcune riserve ammesse dalla legge.
5 Allorché un organismo siffatto percepisce dividendi distribuiti da una società stabilita nei Paesi Bassi, su tali dividendi viene prelevata una ritenuta alla fonte ai sensi dell’art. 1, n. 1, della legge del 1965 in materia di imposta sui dividendi (Wet op de dividendbelasting 1965, Stb. 1965, n. 621; in prosieguo: la «legge sull’imposta sui dividendi»).
6 Tuttavia, a norma dell’art. 10, n. 2, di tale legge, l’organismo suddetto può ottenere, dietro richiesta presentata entro il termine di sei mesi a decorrere dalla fine di un esercizio contabile, il rimborso dell’imposta trattenuta sui detti dividendi.
7 Per quanto riguarda i dividendi percepiti in altri Stati sui quali questi ultimi abbiano prelevato un’imposta, secondo le indicazioni del giudice del rinvio, la legislazione olandese riconosce la possibilità di imputare tale imposta estera all’imposta sulle società olandese soltanto entro i limiti dell’importo corrispondente alla parte di quest’ultima imposta proporzionalmente ascrivibile ai dividendi in questione. Secondo il detto giudice, considerato che un organismo di investimento collettivo a carattere fiscale è assoggettato ad un’aliquota zero, nessuna imposta sulle società è ascrivibile ai dividendi provenienti dall’estero, sicché risulta impossibile l’imputazione dell’imposta estera applicata su tali dividendi.
8 L’art. 28 della legge sull’imposta sulle società, nonché l’art. 6 del regio decreto 29 aprile 1970 riguardante gli organismi di investimento collettivo (Besluit beleggingsinstellingen, Stb. 1970, n. 190), come applicabile all’epoca dei fatti di cui alla causa principale (in prosieguo: il «regio decreto»), istituiscono un regime particolare a favore degli organismi di investimento collettivo a carattere fiscale. Tale regime mira a rendere l’onere fiscale gravante sui redditi da investimenti transitanti attraverso tali organismi simile a quello che colpisce gli investimenti diretti dei privati, prevedendo a tal fine un meccanismo di compensazione per tener conto dell’imposta estera trattenuta sui dividendi distribuiti ai detti organismi.
9 Infatti, l’art. 28, n. 1, lett. b), della legge sull’imposta sulle società, nella versione applicabile all’epoca dei fatti di cui alla causa principale, autorizzava il potere esecutivo a stabilire, mediante un provvedimento amministrativo a carattere generale, «le norme in base alle quali gli organismi di investimento collettivo beneficiano di una compensazione in ragione dell’imposta trattenuta al di fuori dei Paesi Bassi sui proventi derivanti da valori mobiliari e crediti spettanti ai detti organismi, compensazione che non può eccedere l’ammontare dell’imposta che, in caso di investimento diretto, potrebbe essere imputata all’imposta sui redditi, in forza della legge generale sui tributi del Regno [Belastingregeling voor het Koninkrijk] o di una convenzione diretta a prevenire le doppie imposizioni, da soggetti titolari di azioni o di partecipazioni residenti o stabiliti nei Paesi Bassi».
10 L’art. 6 del regio decreto è così formulato:
«1. Qualora, nel momento in cui viene effettuata una distribuzione relativa all’anno precedente a quello cui si riferisce la compensazione [prevista dall’art. 28, n. 1, lett. b), della legge sull’imposta sulle società], gli investitori che detengono il capitale di un organismo di investimento collettivo siano esclusivamente persone fisiche residenti nei Paesi Bassi o soggetti passivi dell’imposta sulle società stabiliti nei Paesi Bassi, [tale] compensazione (...) è uguale all’ammontare dell’imposta prevista [dall’art. 28, n. 1, lett. b), della legge sull’imposta sulle società] che sarebbe imputabile all’imposta sui redditi se i proventi di valori mobiliari e di crediti percepiti dall’organismo di investimento collettivo durante l’anno cui si riferisce la compensazione fossero stati esclusivamente percepiti da persone fisiche residenti nei Paesi Bassi. (…)
2. Qualora, alla data prevista al paragrafo 1, gli investitori detentori del capitale di un organismo di investimento collettivo non siano esclusivamente persone o soggetti di imposta menzionati al paragrafo suddetto, la compensazione viene calcolata in base alla formula
T = B x (7 Sr) / (10 S – 3 Sr),
nella quale
T rappresenta la compensazione;
B rappresenta l’importo dell’imposta di cui al paragrafo 1;
Sr rappresenta l’importo versato, alla data prevista al paragarafo 1, a titolo delle azioni o delle quote nell’organismo di investimento collettivo detenute, direttamente o tramite altri organismi di investimento collettivo, da persone fisiche residenti nei Paesi Bassi o da organismi stabiliti nei Paesi Bassi e assoggettati all’imposta sulle società, diversi dagli organismi di investimento collettivo;
S rappresenta l’importo versato, alla data prevista al paragrafo 1, a titolo di tutte le azioni o le quote circolanti dell’organismo di investimento collettivo.
(…)».
11 Secondo i chiarimenti forniti dal giudice del rinvio, quando un organismo di investimento collettivo a carattere fiscale distribuisce ai propri azionisti, a titolo di utili, i dividendi percepiti nei Paesi Bassi o all’estero, tali azionisti vengono assoggettati ad un’imposta olandese sui dividendi che il detto organismo deve trattenere. Per quanto riguarda gli azionisti suddetti residenti o stabiliti nei Paesi Bassi, tale imposta costituisce un’imposta a credito. La ritenuta sui dividendi è infatti imputabile all’imposta sui redditi o all’imposta sulle società dovute dai detti azionisti e viene rimborsata nella misura in cui eccede l’ammontare dell’imposta in questione. Quanto agli altri azionisti, l’imposta trattenuta sui dividendi viene restituita soltanto qualora ciò sia previsto da una convenzione diretta a prevenire le doppie imposizioni o dalla legge generale sui tributi.
12 La convenzione in materia fiscale conclusa il 16 giugno 1959 tra la Repubblica federale di Germania ed il Regno dei Paesi Bassi, come modificata dai protocolli del 13 marzo 1980 e del 21 maggio 1991, non prevedeva, per l’esercizio contabile 1997/1998, alcun diritto all’imputazione dell’imposta tedesca trattenuta sui dividendi pagati in Germania ad un residente olandese. Nessuna convenzione contro le doppie imposizioni era in vigore tra il Regno dei Paesi Bassi e la Repubblica portoghese durante l’esercizio contabile 1997/1998.
Causa principale e questioni pregiudiziali
13 La OESF è una società a capitale variabile con sede in Amsterdam (Paesi Bassi) e avente come oggetto sociale l’investimento di fondi in valori mobiliari e in altre attività secondo il principio della ripartizione dei rischi, al fine di far beneficiare i propri azionisti dei proventi dei suoi investimenti. La detta società gestisce attivamente un portafoglio di titoli emessi da imprese europee quotate in borsa. Secondo il giudice del rinvio, al momento dell’esercizio contabile 1997/1998, le partecipazioni detenute dalla OESF in società stabilite al di fuori dei Paesi Bassi non le consentivano di decidere in merito alle attività di tali società.
14 Gli azionisti della OESF sono persone fisiche e giuridiche. Nel corso dell’esercizio contabile 1997/1998, la maggioranza di tali azionisti erano soggetti privati residenti nei Paesi Bassi nonché organismi stabiliti in tale paese, assoggettati o non assoggettati all’imposta olandese sulle società. Il resto del capitale era detenuto essenzialmente da soggetti privati stabiliti nelle Antille olandesi e in altri Stati membri (vale a dire il Regno del Belgio, la Repubblica federale di Germania, la Repubblica francese, il Granducato di Lussemburgo nonché il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord) nonché da organismi stabiliti in Belgio. Infine, la OESF annoverava tra i propri azionisti organismi e privati residenti in Svizzera nonché soggetti privati residenti negli Stati Uniti.
15 Per quel che riguarda l’esercizio contabile 1997/1998, la OESF ha percepito dividendi relativi a partecipazioni in società straniere per un ammontare pari a NLG 5 257 519,15. Essa è stata tassata all’estero su tali dividendi, mediante ritenuta alla fonte, per un importo corrispondente a NLG 735 320, dei quali NLG 132 339 per imposte in Germania e NLG 9 905 per imposte in Portogallo.
16 A motivo del pagamento di tali imposte estere, la OESF ha chiesto di poter beneficiare della compensazione prevista dall’art. 28, n. 1, lett. b), della legge sull’imposta sulle società, letto in combinato disposto con l’art. 6 del regio decreto. Tale compensazione ammonterebbe, secondo i calcoli della OESF, a NLG 518 270, assumendo come base di calcolo l’intero importo sopra menzionato di NLG 735 320 corrispondente al totale delle imposte estere.
17 L’autorità fiscale competente ha accolto tale domanda soltanto parzialmente, assumendo come base di calcolo un importo di NLG 593 076, vale a dire il suddetto importo di NLG 735 320 diminuito delle imposte tedesche (NLG 132 339) e portoghesi (NLG 9 905), ed ha fissato l’importo della compensazione in NLG 418 013. A seguito di un reclamo, la detta decisione è stata confermata.
18 Adito dalla OESF con ricorso giurisdizionale, il Gerechtshof te Amsterdam (Corte d’appello di Amsterdam) ha annullato la detta decisione elevando l’importo della compensazione controversa a NLG 622 006. Il detto giudice ha ritenuto che tanto l’esclusione delle imposte trattenute in Germania e in Portogallo dalla base di calcolo della compensazione, quanto la diminuzione di quest’ultima in proporzione alla partecipazione nel capitale della OESF di azionisti residenti o stabiliti al di fuori Paesi Bassi, costituissero un ostacolo ingiustificato alla libera circolazione dei capitali.
19 Lo Staatssecretaris van Financiën ha proposto ricorso per cassazione contro la decisione del Gerechtshof te Amsterdam dinanzi al giudice del rinvio, contestando tale pronuncia in riferimento, da un lato, alla presa in considerazione, ai fini del calcolo della compensazione, delle imposte prelevate in Germania e in Portogallo e, dall’altro, alla mancata riduzione della compensazione in funzione delle partecipazioni detenute nel capitale della OESF da azionisti non residenti o non stabiliti nei Paesi Bassi.
20 Ritenendo che la soluzione della controversia nella causa principale richiedesse l’interpretazione del diritto comunitario, lo Hoge Raad der Nederlanden ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:
«1) Se l’art. 56 CE, in combinato disposto con l’art. 58, n. 1, CE, debba essere interpretato nel senso che contrasta con il divieto di cui al detto art. 56 CE la normativa di uno Stato membro che (...) preveda, in riferimento alla compensazione fiscale riconosciuta agli organismi di investimento collettivo a carattere fiscale in ragione delle ritenute alla fonte effettuate in un altro Stato membro sui dividendi ricevuti da tali organismi,
a) una limitazione di tale compensazione all’importo che una persona fisica residente nei Paesi Bassi avrebbe potuto imputare in forza di una convenzione fiscale conclusa con tale altro Stato membro;
b) una limitazione di tale compensazione se e nella misura in cui gli azionisti dell’organismo di investimento collettivo a carattere fiscale siano persone fisiche non residenti nei Paesi Bassi o enti non assoggettati all’imposta sulle società nei Paesi Bassi.
2) Nell’eventualità che la prima questione sia risolta in tutto o in parte affermativamente:
a) se la nozione di “investimenti diretti” di cui all’art. 57, n. 1, CE comprenda anche la detenzione di un pacchetto azionario di una società, laddove il titolare lo detenga unicamente a fini di investimento e l’entità della partecipazione non gli consenta di esercitare un’influenza decisiva sull’amministrazione o sul controllo della società;
b) se ai sensi dell’art. 56 CE qualsiasi limitazione dei movimenti di capitali attinente al prelievo di imposte, che sarebbe ingiustificata laddove riguardasse la circolazione transfrontaliera di capitali all’interno della Comunità europea, sia del pari ingiustificata nel caso di uno stesso movimento di capitali – in circostanze per il resto uguali – provenienti da paesi terzi o ad essi diretti;
c) nell’ipotesi in cui la soluzione della questione 2 b) dovesse essere negativa, se l’art. 56 debba essere interpretato nel senso che è incompatibile con tale articolo la limitazione, da parte di uno Stato membro, di una compensazione a favore di un organismo di investimento collettivo a carattere fiscale destinata a tener conto delle ritenute alla fonte sui dividendi provenienti da un paese terzo, limitazione che sia fondata sulla circostanza che non tutti gli azionisti del detto organismo di investimento sono residenti nello Stato membro in questione.
3) Se per la soluzione delle precedenti questioni faccia differenza la circostanza:
a) che l’imposta trattenuta in un altro paese sui dividendi provenienti da tale paese sia più elevata rispetto all’imposta cui sono assoggettati, nello Stato membro di stabilimento dell’organismo di investimento collettivo a carattere fiscale, i dividendi ridistribuiti agli azionisti stranieri;
b) che gli azionisti dell’organismo di investimento collettivo a carattere fiscale, residenti al di fuori dello Stato membro di stabilimento dell’organismo fiscale di investimento, risiedano o siano stabiliti in un paese con il quale il detto Stato membro ha concluso una convenzione che prevede, su una base di reciprocità, la possibilità di imputare le ritenute alla fonte effettuate sui dividendi;
c) che gli azionisti stranieri dell’organismo di investimento collettivo a carattere fiscale, residenti al di fuori dello Stato membro di stabilimento dell’organismo fiscale di investimento, risiedano o siano stabiliti in un altro Stato membro della Comunità europea».
Sulle questioni pregiudiziali
Sulla prima questione, sub a)
21 Con la sua prima questione, sub a), il giudice rinvio chiede, in sostanza, se gli artt. 56 CE e 58 CE debbano essere interpretati nel senso che ostano ad una normativa di uno Stato membro, come quella oggetto della causa principale, la quale, prevedendo a favore degli organismi di investimento collettivo a carattere fiscale stabiliti nel territorio di tale Stato membro una compensazione destinata a tener conto dei prelievi fiscali effettuati alla fonte da un altro Stato membro sui dividendi versati a tali organismi, limiti tale compensazione all’importo che una persona fisica residente nel detto territorio avrebbe potuto imputare in virtù di una convenzione diretta a prevenire le doppie imposizioni conclusa con tale altro Stato membro.
22 Per quanto riguarda la causa principale, una normativa siffatta comporta che le imposte sui dividendi prelevate alla fonte in Germania e in Portogallo non vengono prese in considerazione nel calcolo della compensazione suddetta, dal momento che, all’epoca dei fatti della causa principale, la convenzione conclusa tra il Regno dei Paesi Bassi e la Repubblica federale di Germania non prevedeva un diritto all’imputazione dell’imposta prelevata in Germania all’imposta olandese sui redditi, mentre nessuna convenzione era stata conclusa tra il Regno dei Paesi Bassi e la Repubblica portoghese.
23 Risulta dalla decisione di rinvio che il giudice nazionale si interroga in merito alla compatibilità di una simile normativa con le disposizioni del Trattato CE in materia di libera circolazione dei capitali, in relazione al fatto che, ai sensi della legge olandese, un organismo di investimento collettivo a carattere fiscale stabilito nei Paesi Bassi che riceve dividendi da società stabilite in questo stesso Stato membro beneficia del rimborso integrale dell’imposta olandese sui dividendi trattenuta alla fonte da tali società.
24 A questo proposito, la OESF e la Commissione delle Comunità europee sostengono che il Regno di Paesi Bassi, poiché rimborsa integralmente l’imposta trattenuta sui dividendi distribuiti dalle società olandesi, deve compensare anche l’imposta trattenuta sui dividendi in Germania e in Portogallo.
25 In caso contrario, il Regno dei Paesi Bassi assoggetterebbe questi ultimi dividendi ad un trattamento meno vantaggioso rispetto a quello accordato ai dividendi versati da società olandesi.
26 Tale trattamento sfavorevole avrebbe l’effetto, da un lato, di dissuadere la OESF dall’investire in Germania e in Portogallo e, dall’altro, di rendere più difficile, per le imprese stabilite in tali Stati membri, la raccolta di capitali nei Paesi Bassi, sicché esso costituirebbe una restrizione della libera circolazione dei capitali, vietata, in linea di principio, dal Trattato.
27 Il governo olandese sostiene invece che non si può censurare il Regno dei Paesi Bassi per il fatto di accordare ai dividendi provenienti da società tedesche o portoghesi un trattamento diverso rispetto a quello riservato ai dividendi provenienti da società olandesi, in quanto la legge fiscale olandese, non prelevando alcuna imposta sui dividendi percepiti dalla OESF, quale che sia l’origine di questi ultimi, riserva un trattamento identico a tali dividendi.
28 Inoltre, il regime di rimborso in questione nella causa principale non mirerebbe ad esonerare in via generale un organismo di investimento collettivo a carattere fiscale da un prelievo sui dividendi che gli vengono versati. Infatti, nelle situazioni a carattere interno, l’imposta sui dividendi opererebbe come un meccanismo di imposta a credito ai fini dell’imposta sulle società. Dato che gli organismi di investimento collettivo a carattere fiscale stabiliti nei Paesi Bassi sono assoggettati all’imposta sulle società ad un’aliquota zero e che, di conseguenza, l’imposta olandese sui dividendi non è dovuta sui dividendi percepiti da tali organismi, l’imposta prelevata alla fonte sui dividendi versati ai detti organismi verrebbe loro rimborsata.
29 Occorre dunque verificare se, alla luce del fatto che un organismo di investimento collettivo a carattere fiscale stabilito nei Paesi Bassi che riceve dividendi da società stabilite in questo stesso Stato membro beneficia del rimborso integrale dell’imposta olandese sui dividendi trattenuta alla fonte da tali società, una normativa nazionale quale quella in questione nella causa principale costituisca una restrizione della libera circolazione dei capitali vietata dagli artt. 56 CE e 58 CE.
30 Occorre preliminarmente ricordare che spetta a ciascuno Stato membro organizzare, nel rispetto del diritto comunitario, il proprio sistema di imposizione sugli utili distribuiti e, in tale contesto, definire la base imponibile nonché l’aliquota d’imposta applicabili nei confronti dell’azionista beneficiario (v., in tal senso, sentenze 12 dicembre 2006, causa C-374/04, Test Claimants in Class IV of the ACT Group Litigation, Racc. pag. I-11673, punto 50, e causa C-446/04, Test Claimants in the FII Group Litigation, Racc. pag. I-11753, punto 47).
31 Pertanto, i dividendi distribuiti da una società stabilita in uno Stato membro ad una società stabilita in un altro Stato membro possono essere assoggettati ad imposizione a vari livelli. In primo luogo, tali dividendi possono costituire l’oggetto di un’imposizione a catena nello Stato membro di stabilimento della società distributrice, la quale si realizza allorché gli utili distribuiti vengono assoggettati, in un primo momento, all’imposta sulle società dovuta dalla detta società distributrice e, in un secondo momento, ad un’imposta prelevata sui dividendi corrisposti alla società beneficiaria. In secondo luogo, tali dividendi possono costituire l’oggetto di una doppia imposizione giuridica, che sussiste allorché essi vengono di nuovo tassati in capo alla società beneficiaria nello Stato in cui quest’ultima è stabilita. In terzo luogo, l’imposizione, nello Stato membro in cui è stabilita la società beneficiaria, dei dividendi percepiti da quest’ultima, malgrado che la società distributrice di tali dividendi si sia vista tassare gli utili distribuiti, può dare luogo ad un’imposizione a catena anche nel detto Stato membro di stabilimento della società beneficiaria.
32 Inoltre, in mancanza di disposizioni di unificazione o di armonizzazione comunitaria, gli Stati membri rimangono competenti a definire, in via convenzionale o unilaterale, i criteri di ripartizione del loro potere impositivo, in particolare al fine di eliminare le doppie imposizioni (sentenze 12 maggio 1998, causa C-336/96, Gilly, Racc. pag. I-2793, punti 24 e 30; 21 settembre 1999, causa C-307/97, Saint-Gobain ZN, Racc. pag. I-6161, punto 57, nonché 8 novembre 2007, causa C-379/05, Amurta, Racc. pag. I-9569, punto 17). Orbene, fatta eccezione per la direttiva del Consiglio 23 luglio 1990, 90/435/CEE, concernente il regime fiscale comune applicabile alle società madri e figlie di Stati membri diversi (GU L 225, pag. 6), per la convenzione del 23 luglio 1990 relativa all’eliminazione delle doppie imposizioni in caso di rettifica degli utili di imprese associate (GU L 225, pag. 10), e per la direttiva del Consiglio 3 giugno 2003, 2003/48/CE, in materia di tassazione dei redditi da risparmio sotto forma di pagamenti di interessi (GU L 157, pag. 38), di cui non è stata invocata l’applicazione nella causa principale, nessuna misura di unificazione o di armonizzazione intesa ad eliminare le situazioni di doppia imposizione è stata adottata, a tutt’oggi, nell’ambito del diritto comunitario.
33 Per quanto riguarda la normativa in questione nella causa principale, il Regno dei Paesi Bassi ha deciso di assoggettare gli organismi di investimento collettivo a carattere fiscale all’imposta sulle società, ma ad aliquota zero, a condizione che la totalità degli utili di tali organismi, fatta eccezione per alcune riserve ammesse dalla legge, venga distribuita agli azionisti degli organismi stessi.
34 Ne consegue che, come rilevato dall’avvocato generale ai paragrafi 85-87 delle sue conclusioni, quale che sia l’origine dei dividendi, il diritto olandese non assoggetta questi ultimi ad imposta in capo ad organismi come la OESF. Infatti, per quanto riguarda, da un lato, i dividendi provenienti da una società stabilita nei Paesi Bassi, l’imposta inizialmente trattenuta su tali dividendi – che costituisce, secondo i chiarimenti forniti dal governo olandese, un’imposta a credito deducibile dall’imposta sulle società – viene rimborsata, dato che nessun importo a titolo di tale imposta è dovuto da un organismo di investimento collettivo a carattere fiscale. Quanto, dall’altro lato, ai dividendi provenienti da società stabilite in Germania e in Portogallo, nessuna imposta viene prelevata nei Paesi Bassi in capo ad un organismo di investimento siffatto.
35 Di conseguenza, non assoggettando ad imposizione, in capo agli organismi di investimento collettivo a carattere fiscale, i dividendi provenienti dalla Germania e dal Portogallo, il Regno dei Paesi Bassi applica a tali dividendi un trattamento equivalente a quello applicato ai dividendi provenienti da società olandesi, considerato che neppure questi ultimi vengono tassati in capo ai detti organismi. Inoltre, astenendosi dal tassare i dividendi provenienti dagli altri Stati membri, il Regno dei Paesi Bassi previene, esattamente come per i dividendi pagati dalle società olandesi, l’imposizione a catena risultante dall’esercizio della propria competenza tributaria.
36 Pertanto, contrariamente a quanto affermano la OESF e la Commissione, la normativa olandese in questione nella causa principale non riserva ai dividendi provenienti dalla Germania e dal Portogallo un trattamento diverso da quello accordato ai dividendi distribuiti da società olandesi.
37 Se, alla luce di tali fatti, i dividendi provenienti dalla Germania e dal Portogallo risultano assoggettati ad un onere tributario più pesante rispetto a quello gravante sui dividendi distribuiti da società olandesi, tale svantaggio non è imputabile alla normativa olandese in questione nella causa principale, bensì deriva dall’esercizio parallelo, da parte degli Stati membri in cui sono stabilite le società distributrici e dello Stato membro in cui è stabilita la società beneficiaria, della loro competenza tributaria, caratterizzato dalla scelta dei primi di assoggettare i dividendi distribuiti ad un’imposizione a catena nonché dalla scelta dei Paesi Bassi di astenersi da qualsiasi imposizione sui dividendi in capo agli organismi di investimento collettivo a carattere fiscale (v., in tal senso, sentenza 14 novembre 2006, causa C-513/04, Kerckhaert e Morres, Racc. pag. I-10967, punto 20).
38 La Commissione fa tuttavia valere che spetta al Regno dei Paesi Bassi, nella sua qualità di Stato membro di residenza della società beneficiaria dei dividendi, compensare la pressione fiscale estera esercitata su questi ultimi allo stesso modo in cui esso compensa la pressione fiscale interna subita da tali dividendi.
39 Tale tesi non può essere accolta. Risulta certo dalla giurisprudenza che uno Stato membro, qualora adotti un sistema per prevenire o attenuare l’imposizione a catena o la doppia imposizione economica nel caso di dividendi versati a residenti da società residenti, deve concedere un trattamento equivalente ai dividendi versati a residenti da società non residenti (sentenza Test Claimants in Class IV of the ACT Group Litigation, cit., punto 55, e giurisprudenza ivi citata).
40 Nell’ambito di tali sistemi, la situazione di azionisti residenti in uno Stato membro che percepiscano dividendi da una società stabilita in questo stesso Stato è analoga a quella di azionisti residenti nel detto Stato che percepiscano dividendi da una società stabilita in un altro Stato membro, in quanto sia i dividendi di origine nazionale sia quelli di origine estera possono costituire l’oggetto di un’imposizione a catena (v. sentenza Test Claimants in Class IV of the ACT Group Litigation, cit., punto 56).
41 Tuttavia, la qualità di Stato membro di residenza della società beneficiaria dei dividendi non può comportare l’obbligo, per tale Stato membro, di compensare uno svantaggio fiscale derivante da un’imposizione a catena interamente effettuata dallo Stato membro nel cui territorio è stabilita la società distributrice di tali dividendi, atteso che il primo Stato membro non tassa né prende in considerazione in modo differente, in capo agli organismi di investimento collettivo stabiliti nel suo territorio, i dividendi percepiti.
42 Pertanto, in una situazione in cui l’onere tributario applicato sui dividendi distribuiti da società stabilite in Germania e in Portogallo ad un organismo di investimento collettivo a carattere fiscale stabilito nei Paesi Bassi, più elevato rispetto a quello gravante sui dividendi distribuiti a questo stesso organismo da società anch’esse stabilite in quest’ultimo Stato membro, non deriva da una differenza di trattamento imputabile al regime fiscale olandese, bensì consegue, da un lato, dalla scelta della Repubblica federale di Germania e della Repubblica portoghese di applicare una ritenuta alla fonte su tali dividendi e, dall’altro, dalla scelta del Regno dei Paesi Bassi di non tassare i detti dividendi, la circostanza che quest’ultimo Stato membro non preveda una compensazione per la ritenuta alla fonte decisa dai due primi Stati non costituisce una restrizione della libera circolazione dei capitali.
43 Tuttavia, la OESF sottolinea anche che i suoi investimenti in Germania e in Portogallo ricevono un trattamento diverso rispetto a quello riservato agli investimenti effettuati in altri Stati membri per i quali è possibile beneficiare della compensazione prevista dall’art. 28, n. 1, lett. b), della legge sull’imposta sulle società, letto in combinato disposto con l’art. 6 del regio decreto, al fine di prevenire l’imposizione a catena che si verifica in tali Stati membri. Secondo la OESF, gli artt. 56 CE e 58 CE vietano una simile diversità di trattamento basata sulla sede della società distributrice dei dividendi.
44 Il governo olandese ricorda che, poiché un organismo di investimento collettivo a carattere fiscale subisce un’imposizione ad aliquota zero, nessuna imposta sulle società è ascrivibile ai dividendi provenienti da un altro Stato membro, il che rende impossibile per il detto organismo l’imputazione della ritenuta alla fonte applicata su tali dividendi. Al fine di evitare che un investimento all’estero effettuato mediante un organismo siffatto venga considerato meno attraente di un investimento diretto, l’obiettivo della detta compensazione sarebbe di avvicinare l’onere fiscale sui redditi da investimenti che passano per gli organismi di investimento collettivo a carattere fiscale a quello gravante sugli investimenti diretti effettuati dai privati.
45 Di conseguenza, il legislatore avrebbe preso come riferimento, per il calcolo dell’importo della detta compensazione, la situazione nella quale gli investimenti vengono realizzati senza l’intermediazione di un organismo del tipo suddetto. Per tale motivo, in caso di dividendi percepiti all’estero, tale compensazione sarebbe limitata alle ipotesi in cui esista, in forza di una convenzione in materia fiscale, un diritto di imputare il prelievo fiscale estero all’imposta olandese.
46 Inoltre, risulterebbe dalla sentenza 5 luglio 2005, causa C-376/03, D. (Racc. pag. I-5821), che la situazione nella quale un investitore riceve un dividendo proveniente dalla Germania o dal Portogallo differisce da quella in cui il dividendo affluisce da uno Stato membro con il quale il Regno dei Paesi Bassi ha concluso una convenzione di questo tipo, come la Repubblica italiana. Considerato che la compensazione prevista è indissolubilmente correlata al diritto dell’azionista di un organismo di investimento collettivo a carattere fiscale di imputare, a norma di una convenzione di questo tipo, l’imposta estera prelevata alla fonte, tale compensazione dovrebbe, al pari del diritto di imputazione, essere considerata come parte integrante della detta convenzione, e non come un vantaggio scindibile dalla stessa.
47 Come risulta dal punto 42 della presente sentenza, il diritto comunitario non impone ad uno Stato membro di procedere ad una compensazione dello svantaggio derivante da un’imposizione a catena scaturente esclusivamente dall’esercizio parallelo delle competenze tributarie di cui dispongono i vari Stati membri. Tuttavia, una volta che tale Stato membro abbia deciso di prevedere una compensazione siffatta, tale facoltà deve essere esercitata conformemente al diritto comunitario.
48 A questo riguardo occorre rilevare che, come ricordato ai punti 30 e 32 della presente sentenza, spetta agli Stati membri organizzare il proprio sistema di imposizione sugli utili distribuiti e, in tale contesto, definire la base imponibile nonché le aliquota d’imposta applicabili nei confronti dell’azionista beneficiario, e che, in mancanza di disposizioni di unificazione o di armonizzazione comunitaria, gli Stati membri rimangono competenti a definire, in via convenzionale o unilaterale, i criteri di ripartizione del loro potere impositivo.
49 Di conseguenza, ove sussistano disparità tra le normative tributarie dei diversi Stati membri derivanti da tale situazione, uno Stato membro può essere indotto, in forza di convenzioni o di una decisione unilaterale, ad applicare ai dividendi provenienti dai vari Stati membri un trattamento differenziato che tenga conto di tali disparità.
50 Per quanto riguarda le convenzioni fiscali bilaterali concluse dagli Stati membri, la Corte ha in passato ricordato che la sfera di applicazione di una convenzione di questo tipo è limitata alle persone fisiche o giuridiche in essa menzionate (v. sentenze D., cit., punto 54, e Test Claimants in Class IV of the ACT Group Litigation, cit., punto 84).
51 In tali sentenze la Corte ha statuito che, qualora un vantaggio previsto da una convenzione fiscale bilaterale non possa essere considerato scindibile da tale convenzione, bensì contribuisca al suo equilibrio generale, e tenendo altresì presente che il fatto che i diritti e gli obblighi reciproci derivanti dalla convenzione di cui trattasi si applichino soltanto a soggetti residenti in uno dei due Stati membri contraenti è una conseguenza inerente alle convenzioni bilaterali, il diritto comunitario non osta a che il vantaggio in questione non venga riconosciuto ad un residente di un terzo Stato membro, in quanto quest’ultimo non si trova in una situazione assimilabile a quella dei residenti contemplati dalla detta convenzione (v., in tal senso, sentenze D., cit., punti 59-63, e Test Claimants in Class IV of the ACT Group Litigation, cit., punti 88-93).
52 Nel caso di specie, per quanto riguarda la concessione di una compensazione per una ritenuta operata alla fonte in un altro Stato membro sui dividendi percepiti da un organismo di investimento collettivo a carattere fiscale stabilito nei Paesi Bassi, l’applicazione dell’art. 28, n. 1, lett. b), della legge sull’imposta sulle società porta ad un trattamento differenziato dei dividendi provenienti dai diversi Stati membri.
53 È pacifico, nel contesto normativo che caratterizza la causa principale, che le situazioni nelle quali una compensazione viene concessa sono quelle in cui il Regno dei Paesi Bassi si è impegnato, nell’ambito di una convenzione fiscale conclusa con lo Stato membro autore della ritenuta alla fonte, a consentire alle persone fisiche di imputare tale ritenuta all’imposta olandese sui redditi da esse dovuta.
54 Tuttavia, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 107 delle sue conclusioni, il versamento della compensazione prevista dall’art. 28, n. 1, lett. b), della legge sull’imposta sulle società, letto in combinato disposto con l’art. 6 del regio decreto, non consegue dall’applicazione automatica di una simile convenzione fiscale bilaterale, bensì dalla decisione unilaterale del Regno dei Paesi Bassi di estendere il beneficio di tali convenzioni agli organismi di investimento collettivo a carattere fiscale.
55 Sebbene, per le ragioni indicate ai punti 48 e 49 della presente sentenza, una decisione unilaterale di questo tipo non possa di per sé essere considerata contraria al diritto comunitario, occorre verificare se il trattamento differenziato che ne deriva non determini una restrizione della libera circolazione dei capitali.
56 Orbene, a questo proposito occorre rilevare che, escludendo dalla compensazione riguardante l’imposizione alla fonte sui dividendi percepiti all’estero quelli provenienti da taluni Stati membri, una normativa quale quella in questione nella causa principale rende l’investimento in tali Stati membri meno attraente rispetto a quello negli Stati membri i cui prelievi fiscali sui dividendi danno luogo alla compensazione suddetta. Una normativa siffatta è dunque idonea a dissuadere un organismo di investimento collettivo dall’effettuare investimenti negli Stati membri i cui prelievi sui dividendi non danno luogo a compensazione, cosicché essa costituisce una restrizione della libera circolazione dei capitali, vietata, in linea di principio, dall’art. 56 CE.
57 Tuttavia, ai sensi dell’art. 58, n. 1, lett. a), CE, «[l]e disposizioni dell’articolo 56 non pregiudicano il diritto degli Stati membri (...) di applicare le pertinenti disposizioni della loro legislazione tributaria in cui si opera una distinzione tra i contribuenti che non si trovano nella medesima situazione per quanto riguarda (...) il luogo di collocamento del loro capitale».
58 È importante altresì rilevare che la deroga prevista dall’art. 58, n. 1, lett. a), CE incontra a sua volta un limite nell’art. 58, n. 3, CE, il quale stabilisce che le disposizioni nazionali di cui al paragrafo 1 di tale articolo «non devono costituire un mezzo di discriminazione arbitraria, né una restrizione dissimulata al libero movimento dei capitali e dei pagamenti di cui all’articolo 56 [CE]» (v. sentenza 7 settembre 2004, causa C-319/02, Manninen, Racc. pag. I-7477, punto 28).
59 Occorre dunque distinguere i trattamenti disuguali consentiti ai sensi dell’art. 58, n. 1, lett. a), CE dalle discriminazioni vietate dal paragrafo 3 di questo stesso articolo. Orbene, dalla giurisprudenza risulta che, perché una normativa tributaria nazionale operante una distinzione tra i contribuenti a seconda del luogo di investimento dei loro capitali possa considerarsi compatibile con le disposizioni del Trattato relative alla libera circolazione dei capitali, occorre che la differenza di trattamento riguardi situazioni non oggettivamente paragonabili o sia giustificata da ragioni imperative di interesse generale (v., in tal senso, sentenze 6 giugno 2000, causa C-35/98, Verkooijen, Racc. pag. I-4071, punto 43; Manninen, cit., punto 29, e 8 settembre 2005, causa C-512/03, Blanckaert, Racc. pag. I-7685, punto 42).
60 Come chiarito dal governo dei Paesi Bassi, attraverso la compensazione da essa prevista, la normativa olandese controversa mira ad uniformare, quanto più possibile, il trattamento fiscale dei dividendi percepiti da un azionista che abbia effettuato un investimento diretto e quello dei dividendi percepiti da un azionista che abbia investito per il tramite di un organismo di investimento collettivo a carattere fiscale, al fine di evitare che l’investimento all’estero effettuato da un organismo siffatto venga considerato meno attraente rispetto ad un investimento diretto.
61 Orbene, alla luce di tale legislazione, la situazione di un organismo di investimento collettivo a carattere fiscale, allorché riceve dividendi provenienti dagli Stati membri con i quali il Regno dei Paesi Bassi ha concluso una convenzione che prevede il diritto, per gli azionisti persone fisiche, di imputare l’imposta sui dividendi prelevata da tali Stati membri all’imposta sui redditi di cui essi sono debitori nei Paesi Bassi, è differente da quella in cui si trova il detto organismo allorché riceve dividendi che provengono dagli Stati membri con i quali il Regno dei Paesi Bassi non ha concluso una convenzione di tal genere, dividendi per i quali tale diritto non è dunque previsto.
62 Infatti, il rischio che, in assenza della compensazione prevista dalle disposizioni in questione nella causa principale, la scelta di effettuare un investimento per il tramite di un organismo di investimento collettivo a carattere fiscale risulti per un azionista persona fisica meno vantaggiosa rispetto ad un investimento diretto sussiste soltanto in relazione agli investimenti negli Stati membri con i quali il Regno dei Paesi Bassi ha concluso una convenzione fiscale bilaterale del tipo suddetto.
63 Per contro, per quanto riguarda gli Stati membri con i quali il Regno dei Paesi Bassi non ha concluso una simile convenzione, la scelta, per una persona fisica, di effettuare un investimento per il tramite di un tale organismo non comporta alcun rischio di perdere un vantaggio di cui essa avrebbe beneficiato se avesse optato per un investimento diretto negli Stati suddetti. Di conseguenza, tale situazione non è obiettivamente paragonabile a quella in cui il Regno dei Paesi Bassi abbia concluso una siffatta convenzione fiscale.
64 Ne consegue che, nel caso di una normativa come quella in questione nella causa principale, con la quale – al fine di uniformare quanto più possibile il trattamento fiscale degli investimenti diretti e quello degli investimenti effettuati per il tramite degli organismi di investimento collettivo – uno Stato membro abbia deciso di concedere a tali organismi una compensazione per le ritenute fiscali operate alla fonte sui dividendi originari degli Stati membri nei confronti dei quali esso si sia impegnato, nell’ambito di convenzioni bilaterali, a consentire alle persone fisiche di imputare le dette ritenute all’imposta sui redditi da esse dovuta in virtù della sua normativa nazionale, gli artt. 56 CE e 58 CE non ostano a che tale Stato membro escluda tale compensazione per quanto riguarda i dividendi provenienti da altri Stati membri, con i quali esso non abbia concluso convenzioni bilaterali recanti disposizioni in tal senso, in quanto tali situazioni non sono oggettivamente paragonabili.
65 Alla luce di quanto precede, occorre risolvere la prima questione, sub a), dichiarando che gli artt. 56 CE e 58 CE non ostano ad una normativa di uno Stato membro, come quella in questione nella causa principale, la quale, prevedendo a favore degli organismi di investimento collettivo a carattere fiscale stabiliti nel territorio di tale Stato membro una compensazione destinata a tener conto dei prelievi fiscali effettuati alla fonte da un altro Stato membro sui dividendi versati ai detti organismi, limiti tale compensazione all’importo che una persona fisica residente nel territorio del detto primo Stato membro avrebbe potuto imputare, in ragione di prelievi analoghi, in virtù di una convenzione diretta a prevenire le doppie imposizioni conclusa con l’altro Stato membro summenzionato.
Sulla prima questione, sub b)
66 Con la sua prima questione, sub b), il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se gli artt. 56 CE e 58 CE debbano essere interpretati nel senso che ostano ad una normativa di uno Stato membro la quale, prevedendo – come la normativa oggetto della causa principale – a favore degli organismi di investimento collettivo una compensazione destinata a tener conto dei prelievi fiscali effettuati alla fonte da un altro Stato membro sui dividendi versati a tali organismi, riduca la detta compensazione se e nella misura in cui l’azionariato di questi ultimi sia costituito da persone fisiche non residenti nel primo Stato membro o da organismi non assoggettati all’imposta sulle società in tale Stato.
67 Se certo dalla soluzione fornita alla prima questione, sub a), risulta che, in circostanze come quelle di cui alla causa principale, il diritto comunitario non impone ad uno Stato membro di prevedere a favore di un organismo di investimento collettivo a carattere fiscale una compensazione destinata a tener conto dei prelievi fiscali effettuati alla fonte da un altro Stato membro sui dividendi versati al detto organismo, nondimeno, qualora il primo Stato membro abbia deciso di prevedere una compensazione siffatta, tale facoltà deve essere esercitata in conformità del diritto comunitario.
68 Come risulta dalla decisione di rinvio, la OESF annovera tra i propri azionisti persone fisiche e giuridiche che risiedono o sono stabilite in altri Stati membri nonché in paesi terzi.
69 Pertanto, occorre esaminare, in primo luogo, se il fatto di ridurre la compensazione in proporzione alla quota del capitale dell’organismo di investimento collettivo a carattere fiscale detenuta da azionisti residenti o stabiliti in altri Stati membri costituisca una restrizione della libera circolazione dei capitali e, in caso affermativo, se tale restrizione possa essere giustificata. In secondo luogo, va verificato se la risposta fornita riguardo alle situazioni in cui gli azionisti di un organismo siffatto risiedono o sono stabiliti in altri Stati membri si applichi anche alle situazioni in cui i detti azionisti risiedono o sono stabiliti in paesi terzi.
70 Occorre necessariamente constatare che, per quanto riguarda il calcolo dell’importo della compensazione accordata conformemente alle disposizioni oggetto della causa principale al fine di tener conto delle ritenute fiscali operate alla fonte sui dividendi originari degli altri Stati membri, la normativa olandese istituisce una differenza di trattamento tra gli organismi di investimento collettivo a carattere fiscale i cui azionisti sono tutti residenti o stabiliti nei Paesi Bassi e gli organismi, come la OESF, una parte dei cui azionisti risiede od è stabilita in un altro Stato membro. Nel primo caso, la detta compensazione corrisponde, a norma dell’art. 6, n. 1, del regio decreto, all’importo che una persona fisica residente nei Paesi Bassi avrebbe potuto imputare, a titolo delle suddette ritenute, all’imposta sui redditi che essa è tenuta a versare in tale Stato membro. Nel secondo caso, ai sensi dell’art. 6, n. 2, del regio decreto, tale importo viene ridotto in proporzione alla partecipazione degli azionisti degli altri Stati membri nel capitale degli organismi interessati.
71 La compensazione così concessa per le ritenute fiscali alla fonte effettuate sui dividendi originari di altri Stati membri fa parte dell’importo degli utili da distribuire agli azionisti dell’organismo di investimento collettivo a carattere fiscale di cui trattasi, che viene ripartito tra questi ultimi in base alla loro rispettiva partecipazione nel capitale di tale organismo.
72 Come sottolineato dall’avvocato generale al paragrafo 118 delle sue conclusioni, ne consegue che la riduzione della compensazione riguardante l’imposta estera in proporzione alla partecipazione di azionisti residenti o stabiliti in un altro Stato membro al capitale di un organismo siffatto penalizza indistintamente tutti gli azionisti di quest’ultimo, in quanto ha l’effetto di ridurre l’importo totale dell’utile da ripartire.
73 Pertanto, in un contesto normativo come quello della causa principale è più vantaggioso per un organismo di investimento collettivo a carattere fiscale attirare gli azionisti che risiedono o sono stabiliti nello Stato membro in cui l’organismo stesso è stabilito, dal momento che quanto più ridotta è la partecipazione nel suo capitale di azionisti che risiedono o sono stabiliti in altri Stati membri, tanto più elevato è l’utile distribuibile agli azionisti.
74 Una riduzione siffatta crea dunque una restrizione della libera circolazione dei capitali, vietata in linea di principio dall’art. 56 CE, in quanto è idonea a costituire un ostacolo alla raccolta, da parte di un organismo di investimento collettivo a carattere fiscale, di capitali in Stati membri diversi da quello in cui tale organismo è stabilito, ed è altresì di natura tale da dissuadere gli investitori di questi altri Stati membri dall’acquisire partecipazioni nel capitale dell’organismo di investimento stesso.
75 Il governo dei Paesi Bassi ricorda tuttavia che, per quanto riguarda il calcolo dell’importo della compensazione da concedere ad un organismo di investimento collettivo a carattere fiscale, l’art. 28, n. 1, lett. b), della legge sull’imposta sulle società fa riferimento alla situazione in cui si troverebbe un azionista che effettui un investimento diretto all’estero.
76 Secondo il detto governo, per quanto riguarda la possibilità di imputare i prelievi effettuati alla fonte su dividendi percepiti all’estero, la situazione di un residente olandese, assoggettato all’imposta olandese sui redditi o all’imposta olandese sulle società, differisce da quella di un non residente, non assoggettato a tali imposte, in quanto solo gli azionisti tenuti a pagare l’imposta sui redditi o l’imposta sulle società nei Paesi Bassi possono procedere all’imputazione dei detti prelievi.
77 Pertanto, risulterebbe compatibile con l’art. 56 CE, letto in combinato disposto con l’art. 58, n. 1, lett. a), CE – tenuto conto che quest’ultima disposizione autorizza gli Stati membri a operare una distinzione tra i contribuenti che non si trovino nella medesima situazione per quanto riguarda la loro residenza –, il fatto di procedere ad una distinzione, riguardo all’ammontare della detta compensazione concessa ad un organismo di investimento collettivo a carattere fiscale, a seconda che gli azionisti di quest’ultimo siano, relativamente ai dividendi percepiti, tenuti o meno a pagare l’imposta sui redditi o l’imposta sulle società nei Paesi Bassi.
78 A questo proposito occorre rilevare che, come indicato dallo stesso governo olandese, il Regno dei Paesi Bassi tassa i dividendi che un organismo di investimento collettivo a carattere fiscale distribuisce tanto in capo ai propri azionisti che risiedono o sono stabiliti nei Paesi Bassi quanto in capo a quelli che risiedono o sono stabiliti in un altro Stato membro. Pertanto, non può ritenersi che un organismo di investimento siffatto il cui capitale sia parzialmente detenuto da azionisti residenti o stabiliti in altri Stati membri si trovi in una situazione differente da quella dell’organismo del quale tutti gli azionisti risiedano o siano stabiliti nei Paesi Bassi.
79 Di conseguenza, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 121 delle sue conclusioni, a partire dal momento in cui il Regno dei Paesi Bassi ha deciso di concedere agli organismi di investimento collettivo a carattere fiscale stabiliti nel suo territorio una compensazione a titolo delle ritenute fiscali operate all’estero e di esercitare la propria competenza tributaria sull’insieme dei dividendi distribuiti da tali organismi ai loro azionisti, a prescindere dal fatto che costoro risiedano o siano stabiliti in tale Stato membro o in altri Stati membri, esso deve estendere il beneficio di tale compensazione agli organismi di investimento collettivo a carattere fiscale comprendenti azionisti che non risiedono o non sono stabiliti nel detto Stato membro (v., in tal senso, sentenza 14 dicembre 2006, causa C-170/05, Denkavit Internationaal e Denkavit France, Racc. pag. I-11949, punto 37 e giurisprudenza ivi citata).
80 Il governo olandese fa inoltre valere che, poiché la compensazione accordata ai detti organismi viene distribuita agli azionisti di questi ultimi e inclusa nei redditi di costoro ai fini della riscossione dell’imposta, i fattori che intervengono nella formula di calcolo di tale compensazione sarebbero in rapporto con le aliquote dell’imposta prelevata nei Paesi Bassi sui dividendi distribuiti da tali organismi ai propri azionisti.
81 Secondo il detto governo, le aliquote che il Regno dei Paesi Bassi applica sulle distribuzioni di utili delle società in capo agli azionisti di queste ultime che risiedono o sono stabiliti nel detto Stato membro e che ivi sono assoggettati all’imposta sui redditi o all’imposta sulle società sono più elevate rispetto alle aliquote previste per la tassazione degli azionisti residenti o stabiliti all’estero. Infatti, questi ultimi pagherebbero ai Paesi Bassi soltanto l’imposta sui dividendi ad un’aliquota ridotta, corrispondente generalmente, in virtù delle convenzioni in materia fiscale, al 15%. Tale circostanza spiegherebbe la riduzione dell’importo della compensazione riconosciuta ad un organismo di investimento collettivo a carattere fiscale in proporzione alla quota del capitale di quest’ultimo detenuta da azionisti residenti o stabiliti in altri Stati membri.
82 A questo proposito, quand’anche la normativa in questione nella causa principale mirasse ad operare una distinzione tra gli azionisti degli organismi di investimento collettivo a seconda che essi siano residenti o meno, affinché la compensazione di cui costoro godono per effetto della distribuzione degli utili da parte dei detti organismi sia commisurata alle aliquote dell’imposta alla quale gli azionisti medesimi sono rispettivamente assoggettati nei Paesi Bassi, occorre rilevare che una riduzione della compensazione in proporzione alla quota del capitale dei detti organismi detenuta da azionisti che risiedono o sono stabiliti in altri Stati membri non permette di conseguire tale obiettivo. Infatti, come rilevato al punto 72 della presente sentenza, una riduzione siffatta penalizza indistintamente tutti gli azionisti degli organismi di investimento collettivo a carattere fiscale, in quanto ha come effetto di ridurre l’importo totale dell’utile da ripartire.
83 Per contro, la riduzione della compensazione in proporzione alla quota del capitale dell’organismo di investimento collettivo a carattere fiscale detenuta da azionisti residenti o stabiliti in altri Stati membri permette di prevenire una diminuzione delle entrate tributarie relative ai dividendi distribuiti dagli organismi di investimento collettivo a carattere fiscale, quale si determinerebbe, per il Regno dei Paesi Bassi, se la detta compensazione venisse concessa senza tener conto della presenza, nell’azionariato di tali organismi, di azionisti non residenti, i quali vengono tassati, relativamente ai dividendi distribuiti dagli organismi in questione, ad un’aliquota inferiore a quella alla quale sono assoggettati gli azionisti residenti.
84 Tuttavia, risulta da una costante giurisprudenza che la riduzione delle entrate tributarie non può essere considerata una ragione imperativa di interesse generale che possa essere fatta valere per giustificare un provvedimento che sia, in linea di principio, in contrasto con una libertà fondamentale (v., in particolare, sentenza Manninen, cit., punto 49 e la giurisprudenza citata).
85 Ne consegue che gli artt. 56 CE e 58 CE ostano ad una normativa di uno Stato membro, come quella di cui alla causa principale, la quale, prevedendo a favore degli organismi di investimento collettivo a carattere fiscale stabiliti nel territorio di tale Stato membro una compensazione destinata a tener conto dei prelievi fiscali effettuati alla fonte da un altro Stato membro sui dividendi versati a tali organismi, riduca tale compensazione se e nella misura in cui l’azionariato di questi ultimi sia costituito da persone fisiche o giuridiche che risiedono o sono stabilite in altri Stati membri, in quanto una riduzione siffatta penalizza indistintamente tutti gli azionisti di tali organismi.
86 Quanto alla questione di stabilire se la soluzione fornita al punto precedente della presente sentenza possa essere estesa alla fattispecie in cui gli azionisti stranieri di un organismo di investimento collettivo risiedono o sono stabiliti in un paese terzo, il governo dei Paesi Bassi ritiene che uno Stato membro possa operare una distinzione tra tale situazione e quella in cui gli azionisti risiedono o sono stabiliti in un altro Stato membro.
87 Al riguardo, come rilevato dalla Corte al punto 31 della sentenza 18 dicembre 2007, causa C-101/05, A (Racc. pag. I-11531), anche se la liberalizzazione dei movimenti di capitali con i paesi terzi può certamente perseguire obiettivi diversi da quello di realizzare il mercato interno, come in particolare quelli di garantire la credibilità della moneta unica comunitaria sui mercati finanziari mondiali e di conservare, negli Stati membri, centri finanziari di dimensione mondiale, è giocoforza constatare che, quando il principio della libera circolazione dei capitali è stato esteso, dall’art. 56, n. 1, CE, ai movimenti di capitali tra i paesi terzi e gli Stati membri, questi ultimi hanno scelto di sancire tale principio nello stesso articolo e negli stessi termini per i movimenti di capitali che hanno luogo all’interno della Comunità e per quelli che riguardano rapporti con paesi terzi.
88 La Corte ha altresì statuito che non può ritenersi determinante l’argomento secondo cui, qualora la nozione di restrizione ai movimenti di capitali venisse interpretata allo stesso modo nei rapporti tra gli Stati membri e i paesi terzi e in quelli tra Stati membri, la Comunità aprirebbe il mercato comunitario in modo unilaterale ai paesi terzi senza conservare i mezzi di trattativa necessari per ottenere tale liberalizzazione da parte di questi ultimi (v. sentenza A, cit., punto 38).
89 Tuttavia, la Corte ha constatato che i movimenti di capitali provenienti da paesi terzi o ad essi diretti si svolgono in un contesto giuridico diverso da quelli che hanno luogo in seno alla Comunità (v. sentenza A, cit., punto 36). Infatti, in ragione del grado di integrazione giuridica esistente tra gli Stati membri dell’Unione europea e, in particolare, dell’esistenza di atti legislativi comunitari in favore della cooperazione tra autorità fiscali nazionali, quali la direttiva del Consiglio 19 dicembre 1977, 77/799/CEE, relativa alla reciproca assistenza fra le autorità competenti degli Stati membri nel settore delle imposte dirette (GU L 336, pag. 15), l’assoggettamento ad imposta da parte di uno Stato membro di attività economiche con aspetti transfrontalieri che si collocano in seno alla Comunità non è sempre paragonabile a quello di attività economiche attinenti a relazioni tra gli Stati membri e i paesi terzi (v. sentenze Test Claimants in the FII Group Litigation, cit., punto 170, e A, cit., punto 37).
90 Non si può neppure escludere che uno Stato membro possa dimostrare che una limitazione dei movimenti di capitali a destinazione di paesi terzi o in provenienza da essi è giustificata da un determinato motivo in circostanze in cui tale motivo non potrebbe costituire una giustificazione valida per una restrizione ai movimenti di capitali tra Stati membri (sentenze Test Claimants in the FII Group Litigation, cit., punto 171, e A, cit., punto 37).
91 Nella presente causa, il governo dei Paesi Bassi e la Commissione hanno sostenuto in particolare che gli Stati membri debbono poter invocare la necessità di garantire l’efficacia dei controlli fiscali quale ragione imperativa di interesse generale, la quale giustifica una restrizione dei movimenti di capitali provenienti da paesi terzi o ad essi diretti.
92 A questo proposito, occorre rilevare, da un lato, che il Regno dei Paesi Bassi assoggetta all’imposta sui dividendi i dividendi che un organismo di investimento collettivo a carattere fiscale stabilito nel suo territorio distribuisce agli azionisti che risiedono o sono stabiliti nei paesi terzi. Dall’altro lato, occorre constatare che la compensazione accordata a tale organismo viene diminuita in proporzione alla quota del capitale di quest’ultimo detenuta da azionisti residenti o stabiliti in paesi terzi, senza che il trattamento fiscale di tali azionisti nei paesi terzi assuma rilievo al riguardo. Pertanto, non può invocarsi nella fattispecie la necessità di garantire l’efficacia dei controlli fiscali.
93 Il governo olandese ritiene altresì che la necessità di prevenire la riduzione delle entrate fiscali debba poter essere invocata per giustificare una restrizione dei movimenti di capitali provenienti da paesi terzi o ad essi diretti. Infatti, quand’anche i problemi connessi segnatamente alla diminuzione della base imponibile potessero essere risolti procedendo, a livello comunitario, ad un’armonizzazione rafforzata della normativa fiscale degli Stati membri, non sussisterebbe un’analoga possibilità di armonizzare le legislazioni fiscali nelle relazioni con i paesi terzi.
94 Occorre tuttavia ricordare che la riduzione della compensazione in proporzione alla quota del capitale di un organismo di investimento collettivo a carattere fiscale detenuta da azionisti residenti o stabiliti in paesi terzi produce l’effetto di ridurre l’importo totale dell’utile da distribuire agli azionisti dell’organismo medesimo.
95 Di conseguenza, anche a supporre che un motivo siffatto possa essere invocato per giustificare una restrizione ai movimenti di capitali provenienti da paesi terzi o ad essi diretti, una giustificazione di questo tipo non può essere presa in considerazione nel caso di specie, in quanto la detta riduzione produce effetti indistintamente nei confronti di tutti gli azionisti dell’organismo di investimento collettivo considerato, siano essi residenti o stabiliti negli Stati membri oppure residenti o stabiliti in paesi terzi.
96 Ne consegue che, in un contesto normativo quale quello di cui alla causa principale, la soluzione fornita riguardo alle situazioni in cui taluni degli azionisti di un organismo di investimento collettivo a carattere fiscale risiedono o sono stabiliti in un altro Stato membro si applica anche alle situazioni in cui alcuni degli azionisti di tale organismo risiedono o sono stabiliti in paesi terzi.
97 Alla luce delle considerazioni che precedono, occorre risolvere la prima questione, sub b), dichiarando che gli artt. 56 CE e 58 CE ostano ad una normativa di uno Stato membro, come quella oggetto della causa principale, la quale, prevedendo a favore degli organismi di investimento collettivo a carattere fiscale stabiliti nel territorio di tale Stato una compensazione destinata a tener conto dei prelievi fiscali effettuati alla fonte da un altro Stato membro sui dividendi versati a tali organismi, riduca la detta compensazione se e nella misura in cui l’azionariato di questi ultimi sia costituito da persone fisiche o giuridiche che risiedono o sono stabilite in altri Stati membri o in paesi terzi, in quanto una riduzione siffatta penalizza indistintamente tutti gli azionisti di tali organismi.
Sulla seconda questione, sub a)
98 Con la sua seconda questione, sub a), il giudice del rinvio chiede se la nozione di «investimenti diretti» ai sensi dell’art. 57, n. 1, CE comprenda la detenzione di un pacchetto di azioni di una società il quale non consenta di esercitare un’influenza decisiva sulla gestione o sul controllo di quest’ultima.
99 Ai sensi dell’art. 57, n. 1, CE, le disposizioni di cui all’art. 56 CE lasciano impregiudicata l’applicazione ai paesi terzi delle restrizioni in vigore alla data del 31 dicembre 1993 in virtù delle legislazioni nazionali o della legislazione comunitaria per quanto concerne i movimenti di capitali provenienti da paesi terzi o ad essi diretti, che implichino investimenti diretti, inclusi gli investimenti immobiliari, lo stabilimento, la prestazione di servizi finanziari o l’ammissione di valori mobiliari sui mercati finanziari.
100 In assenza di definizione, nell’ambito del Trattato, della nozione di «movimenti di capitali» di cui all’art. 56, n. 1, CE, la Corte ha in precedenza riconosciuto un valore indicativo alla nomenclatura allegata alla direttiva del Consiglio 24 giugno 1988, 88/361/CEE, per l’attuazione dell’art. 67 del Trattato [articolo abrogato dal Trattato di Amsterdam] (GU L 178, pag. 5). Costituiscono quindi movimenti di capitali ai sensi dell’art. 56, n. 1, CE, segnatamente, gli investimenti diretti, vale a dire, come emerge dalla detta nomenclatura e dalle relative note esplicative, gli investimenti di qualsiasi tipo effettuati dalle persone fisiche o giuridiche e aventi lo scopo di stabilire o mantenere legami durevoli e diretti tra il finanziatore e l’impresa cui tali fondi sono destinati per l’esercizio di un’attività economica (v., in questo senso, sentenze Test Claimants in the FII Group Litigation, cit., punti 179-181; 23 ottobre 2007, causa C-112/05, Commissione/Germania, Racc. pag. I-8995, punto 18, e A, cit., punto 46).
101 Con riferimento a partecipazioni in imprese nuove o esistenti, come confermano tali note esplicative, l’obiettivo di creare o mantenere legami economici durevoli presuppone che le azioni detenute dall’azionista conferiscano a quest’ultimo, a norma delle disposizioni di legge nazionali sulle società per azioni o altrimenti, la possibilità di partecipare effettivamente alla gestione di tale società o al suo controllo (sentenza Commissione/Germania, cit., punto 18 e giurisprudenza citata).
102 Occorre pertanto risolvere la seconda questione, sub a), dichiarando che una restrizione ricade sotto le previsioni dell’art. 57, n. 1, CE in quanto restrizione dei movimenti di capitali implicanti investimenti diretti qualora riguardi gli investimenti di qualsiasi tipo effettuati dalle persone fisiche o giuridiche ed aventi lo scopo di stabilire o mantenere legami durevoli e diretti tra il finanziatore e l’impresa cui tali fondi sono destinati per l’esercizio di un’attività economica.
Sulla seconda questione, sub b) e c)
103 Il giudice del rinvio chiede in sostanza, con la sua seconda questione, sub b), se l’art. 56 CE abbia la medesima portata in relazione ai movimenti di capitali provenienti dai paesi terzi o ad essi diretti ed ai movimenti di capitali realizzati in ambito intracomunitario e, con la sua seconda questione, sub c), se costituisca una restrizione della libera circolazione dei capitali il fatto che uno Stato membro riduca la compensazione prevista a favore degli organismi di investimento collettivo a carattere fiscale stabiliti nel suo territorio e destinata a tener conto delle ritenute fiscali operate alla fonte sui dividendi originari di un paese terzo, in funzione della partecipazione nel capitale di tali organismi detenuta da azionisti che non risiedono o non sono stabiliti nel detto Stato membro.
104 Tali questioni, che vanno trattate congiuntamente, mirano ad appurare se la soluzione fornita alla prima questione, sub b), vari in considerazione del fatto che i dividendi provengono non da un altro Stato membro, bensì da un paese terzo.
105 A questo proposito, risulta dai punti 79 e 96 della presente sentenza che, a partire dal momento in cui il Regno dei Paesi Bassi ha deciso di concedere agli organismi di investimento collettivo a carattere fiscale stabiliti nel suo territorio una compensazione a titolo delle ritenute fiscali operate all’estero e di esercitare la propria competenza tributaria sull’insieme dei dividendi distribuiti da tali organismi ai loro azionisti, a prescindere dal fatto che costoro risiedano o siano stabiliti in tale Stato membro, in altri Stati membri oppure in paesi terzi, esso deve estendere il beneficio di tale compensazione agli organismi di investimento collettivo a carattere fiscale comprendenti azionisti non residenti o non stabiliti nei Paesi Bassi.
106 Infatti, come rilevato ai punti 70-96 della presente sentenza, una norma in forza della quale una compensazione siffatta viene ridotta in proporzione alla quota del capitale di un organismo di investimento collettivo detenuta da azionisti residenti o stabiliti in un altro Stato membro o in un paese terzo istituisce una differenza di trattamento tra gli organismi di questo tipo i cui azionisti siano tutti residenti o stabiliti nei Paesi Bassi e gli organismi una parte dei cui azionisti sia residente o stabilita in un altro Stato membro o in un paese terzo, la quale non risulta giustificata né dal fatto che i detti organismi si troverebbero in una situazione diversa, né dagli obiettivi di politica fiscale come quelli addotti dal governo olandese.
107 È giocoforza constatare che una norma di questo tipo è contraria agli artt. 56 CE e 58 CE indipendentemente dalla questione se le ritenute fiscali che danno luogo alla compensazione siano state prelevate in un altro Stato membro o in un paese terzo, dato che, in entrambi i casi, sussiste una diversità di trattamento tra gli organismi i cui azionisti siano tutti residenti o stabiliti nei Paesi Bassi e gli organismi una parte dei cui azionisti sia residente o stabilita in un altro Stato membro o in un paese terzo, e che le giustificazioni addotte non attengono allo Stato di origine dei dividendi percepiti dagli organismi di cui trattasi.
108 Occorre dunque risolvere la seconda questione, sub b) e c), dichiarando che gli artt. 56 CE e 58 CE ostano ad una normativa di uno Stato membro, come quella oggetto della causa principale, la quale, prevedendo a favore degli organismi di investimento collettivo stabiliti nel territorio di tale Stato membro una compensazione destinata a tener conto dei prelievi fiscali effettuati alla fonte da un paese terzo sui dividendi versati a tali organismi, riduca la detta compensazione se e nella misura in cui l’azionariato di questi ultimi sia costituito da persone fisiche o giuridiche che risiedono o sono stabilite in altri Stati membri o in paesi terzi, in quanto una riduzione siffatta penalizza indistintamente tutti gli azionisti di tali organismi.
Sulla terza questione, sub a)
109 Con la sua terza questione, sub a), il giudice del rinvio chiede se il fatto che la ritenuta fiscale operata in uno Stato membro sui dividendi percepiti in quest’ultimo da un organismo di investimento collettivo stabilito in un altro Stato membro sia più elevata rispetto alla ritenuta fiscale applicata, in quest’ultimo Stato membro, sui dividendi ridistribuiti agli azionisti stranieri influisca sulla soluzione dei primi due quesiti pregiudiziali.
110 Come risulta dalla decisione di rinvio, tale questione è motivata dal fatto che, nel corso dell’esercizio contabile di cui trattasi, l’aliquota della ritenuta alla fonte applicata in Portogallo sui dividendi versati alla OESF in tale Stato membro è stata del 17,5%, mentre quella della ritenuta alla fonte effettuata nei Paesi Bassi sui dividendi distribuiti agli azionisti della OESF è ammontata al 15%.
111 Tuttavia, considerato che i dividendi provenienti dal Portogallo non sono stati presi in considerazione ai fini del calcolo della compensazione concessa all’organismo di investimento collettivo a carattere fiscale in questione nella causa principale, e alla luce della soluzione fornita alla prima questione, sub a), non occorre risolvere la terza questione, sub a).
Sulla terza questione, sub b)
112 Con la sua terza questione, sub b), il giudice del rinvio chiede se occorra tener conto, per la soluzione dei primi due quesiti, del fatto che gli azionisti stranieri di un organismo di investimento collettivo risiedano o siano stabiliti in uno Stato con il quale lo Stato membro di stabilimento del detto organismo ha concluso una convenzione che prevede, su una base di reciprocità, l’imputazione delle ritenute fiscali operate alla fonte sui dividendi. Tuttavia, considerato che il luogo di residenza o di stabilimento degli azionisti di tale organismo viene preso in considerazione soltanto per la riduzione della compensazione in proporzione alla partecipazione nel capitale di quest’ultimo di azionisti non residenti o non stabiliti nello Stato membro di stabilimento dell’organismo stesso, occorre considerare la presente questione come correlata unicamente alla prima questione, sub b).
113 Occorre constatare al riguardo che il fatto che lo Stato di residenza o di stabilimento degli azionisti dell’organismo di investimento collettivo a carattere fiscale e il Regno dei Paesi Bassi si siano accordati in merito alla possibilità di imputare l’imposta che quest’ultimo Stato preleva sui dividendi distribuiti dal detto organismo a tali azionisti non incide minimamente sulla circostanza che il Regno dei Paesi Bassi esercita la propria competenza tributaria tassando tali dividendi. Orbene, come risulta dai punti 79 e 96 della presente sentenza, è appunto l’esercizio, da parte di uno Stato membro, della propria competenza tributaria sui dividendi versati dagli organismi di investimento collettivo a carattere fiscale stabiliti nel territorio di questo stesso Stato tanto agli azionisti residenti o stabiliti in quest’ultimo quanto agli azionisti residenti o stabiliti in altri Stati membri o in paesi terzi la circostanza che giustifica, nel caso in cui sia prevista una compensazione quale quella in questione nella causa principale, la necessità di estendere la compensazione stessa agli organismi di investimento collettivo a carattere fiscale comprendenti azionisti non residenti o non stabiliti in tale Stato membro.
114 Occorre pertanto risolvere la terza questione, sub b), dichiarando che il fatto che gli azionisti stranieri di un organismo di investimento collettivo a carattere fiscale risiedano o siano stabiliti in uno Stato con il quale lo Stato membro di stabilimento di tale organismo ha concluso una convenzione che prevede, su una base di reciprocità, l’imputazione delle ritenute fiscali operate alla fonte sui dividendi, non ha alcuna influenza sulla soluzione fornita alla prima questione, sub b).
Sulla terza questione, sub c)
115 Con la sua terza questione, sub c), il giudice del rinvio intende sapere se occorra tener conto, per la risposta ai due primi quesiti, del fatto che gli azionisti stranieri dell’organismo di investimento collettivo a carattere fiscale risiedano o siano stabiliti in un altro Stato membro della Comunità.
116 Tenuto conto della soluzione fornita alla prima questione, sub b), non è necessario risolvere tale quesito.
Sulle spese
117 Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.
Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione) dichiara:
1) Gli artt. 56 CE e 58 CE non ostano ad una normativa di uno Stato membro, come quella in questione nella causa principale, la quale, prevedendo a favore degli organismi di investimento collettivo a carattere fiscale stabiliti nel territorio di tale Stato una compensazione destinata a tener conto dei prelievi fiscali effettuati alla fonte da un altro Stato membro sui dividendi versati ai detti organismi, limiti tale compensazione all’importo che una persona fisica residente nel territorio del detto primo Stato membro avrebbe potuto imputare, in ragione di prelievi analoghi, in virtù di una convenzione diretta a prevenire le doppie imposizioni conclusa con l’altro Stato membro summenzionato.
2) Gli artt. 56 CE e 58 CE ostano ad una normativa di uno Stato membro, come quella in questione nella causa principale, la quale, prevedendo a favore degli organismi di investimento collettivo a carattere fiscale stabiliti nel territorio di tale Stato una compensazione destinata a tener conto dei prelievi fiscali effettuati alla fonte da un altro Stato membro o da un paese terzo sui dividendi versati a tali organismi, riduca la detta compensazione se e nella misura in cui l’azionariato di questi ultimi sia costituito da persone fisiche o giuridiche che risiedono o sono stabilite in altri Stati membri o in paesi terzi, in quanto una riduzione siffatta penalizza indistintamente tutti gli azionisti di tali organismi.
Nessun rilievo assume al riguardo il fatto che gli azionisti stranieri di un organismo di investimento collettivo a carattere fiscale risiedano o siano stabiliti in uno Stato con il quale lo Stato membro di stabilimento di tale organismo ha concluso una convenzione che prevede, su una base di reciprocità, l’imputazione delle ritenute fiscali operate alla fonte sui dividendi.
3) Una restrizione ricade sotto le previsioni dell’art. 57, n. 1, CE in quanto restrizione dei movimenti di capitali implicanti investimenti diretti qualora riguardi gli investimenti di qualsiasi tipo effettuati dalle persone fisiche o giuridiche ed aventi lo scopo di stabilire o mantenere legami durevoli e diretti tra il finanziatore e l’impresa cui tali fondi sono destinati per l’esercizio di un’attività economica.
Firme
* Lingua processuale: l’olandese.