Causa C-281/06
Hans-Dieter Jundt e Hedwig Jundt
contro
Finanzamt Offenburg
(domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Bundesfinanzhof)
«Libera prestazione dei servizi — Attività d’insegnamento svolta in via accessoria — Nozione di retribuzione — Indennità a titolo di rimborso spese — Normativa in materia di esenzione fiscale — Presupposti — Retribuzione versata da un’università nazionale»
Conclusioni dell’avvocato generale M. Poiares Maduro, presentate il 10 ottobre 2007
Sentenza della Corte (Terza Sezione) 18 dicembre 2007
Massime della sentenza
1. Libera prestazione dei servizi — Disposizioni del Trattato — Ambito di applicazione
(Artt. 45, primo comma, CE, 49 CE e 50 CE)
2. Libera prestazione dei servizi — Restrizioni — Normativa tributaria
(Art. 49 CE)
1. Un’attività d’insegnamento svolta da un soggetto passivo di uno Stato membro al servizio di una persona giuridica di diritto pubblico, come un’università, situata in un altro Stato membro, rientra nell’ambito di applicazione dell’art. 49 CE anche se è esercitata in via accessoria e quasi gratuita.
Infatti, il fattore decisivo che riconduce un’attività nell’ambito di applicazione delle disposizioni del Trattato relative alla libera prestazione dei servizi è il suo carattere economico, ossia il fatto che l’attività non dev’essere prestata senza corrispettivo. Per contro, non occorre, a tale proposito, che il prestatore dei servizi persegua lo scopo di realizzare un guadagno. Inoltre, la circostanza che un’attività d’insegnamento retribuita sia esercitata per conto di un’università, persona giuridica di diritto pubblico, non ha per effetto la sottrazione del servizio reso all’ambito di applicazione dell’art. 49 CE, dato che le attività civili d’insegnamento all’università non rientrano nell’ambito di applicazione della deroga prevista dall’art. 45, primo comma, CE, in combinato disposto con l’art. 50 CE, essendo questa limitata alle attività che, considerate di per sé, costituiscono una partecipazione diretta e specifica all’esercizio dei pubblici poteri.
(v. punti 32-33, 35, 37-39, dispositivo 1)
2. La restrizione alla libera prestazione dei servizi consistente nella circostanza che una normativa nazionale riservi l’applicazione di un’esenzione dall’imposta sul reddito alle retribuzioni versate, come corrispettivo di un’attività d’insegnamento esercitata in via accessoria, da università, persone giuridiche di diritto pubblico, stabilite nel territorio nazionale, e la neghi allorché tali retribuzioni sono versate da un’università stabilita in un altro Stato membro, non è giustificata da motivi imperativi d’interesse generale.
Infatti, una normativa siffatta, che si applica allo stesso modo ai soggetti nazionali e stranieri che svolgono attività presso persone giuridiche di diritto pubblico nazionali, introduce un trattamento meno favorevole dei servizi forniti a destinatari che si trovano in altri Stati membri rispetto al trattamento riservato a quelli prestati nel territorio nazionale. Tale restrizione alla libera prestazione dei servizi non può essere giustificata dalla promozione dell’insegnamento, della ricerca e dello sviluppo nei limiti in cui arreca pregiudizio alla libertà degli insegnanti che svolgono la loro attività in via accessoria di scegliere il luogo delle loro prestazioni di servizi all’interno della Comunità senza che sia stato dimostrato che, per raggiungere l’asserito obiettivo di promozione dell’insegnamento, risulti necessario riservare il beneficio dell’esenzione fiscale di cui alla causa principale ai soli soggetti passivi che svolgono un’attività d’insegnamento in via accessoria in università situate nel territorio nazionale. Inoltre, tale restrizione non può essere giustificata con la necessità di garantire la coerenza del regime tributario, in quanto, dal punto di vista della disciplina fiscale, non esiste nesso diretto fra l’esenzione fiscale delle indennità a titolo di rimborso spese versate da università nazionali ed una compensazione di tale vantaggio con un determinato prelievo tributario.
Inoltre, la circostanza che gli Stati membri siano competenti a decidere autonomamente in merito all’organizzazione del loro sistema d’istruzione non è tale da rendere compatibile con il diritto comunitario la detta normativa, che riserva il beneficio di un’esenzione fiscale ai soggetti passivi che esercitano attività al servizio o per conto di università pubbliche nazionali. Tale normativa non è una misura vertente sul contenuto dell’insegnamento o relativa all’organizzazione del sistema di istruzione, bensì una misura tributaria di carattere generale, che concede un vantaggio fiscale nel caso in cui un singolo si dedichi ad attività a favore della collettività. Anche qualora una siffatta normativa costituisse una misura connessa all’organizzazione del sistema d’istruzione, essa resterebbe ciò non di meno incompatibile con il Trattato in quanto essa incide sulla scelta degli insegnanti che svolgono la loro attività in via accessoria relativamente al luogo delle loro prestazioni di servizi.
(v. punti 54, 56-57, 61, 69, 71, 73, 83-85, 88-89, dispositivo 2-3)
SENTENZA DELLA CORTE (Terza Sezione)
18 dicembre 2007 (*)
«Libera prestazione dei servizi – Attività d’insegnamento svolta in via accessoria – Nozione di retribuzione – Indennità a titolo di rimborso spese – Normativa in materia di esenzione fiscale – Presupposti – Retribuzione versata da un’università nazionale»
Nel procedimento C-281/06,
avente ad oggetto una domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, dal Bundesfinanzhof (Germania) con ordinanza 1° marzo 2006, pervenuta in cancelleria il 28 giugno 2006, nella causa tra
Hans-Dieter Jundt,
Hedwig Jundt
e
Finanzamt Offenburg,
LA CORTE (Terza Sezione),
composta dal sig. A. Rosas (relatore), presidente di sezione, dai sigg. J. N. Cunha Rodrigues, J. Klučka, dalla sig.ra P. Lindh e dal sig. A. Arabadjiev, giudici,
avvocato generale: sig. M. Poiares Maduro
cancelliere: sig. R. Grass
vista la fase scritta del procedimento,
considerate le osservazioni presentate:
– per il sig. e la sig.ra Jundt, dall’avv. H.-D. Jundt, Rechtsanwalt;
– per il governo tedesco, dal sig. M. Lumma, in qualità di agente;
– per Commissione delle Comunità europee, dai sigg. E. Traversa e W. Mölls, in qualità di agenti,
sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 10 ottobre 2007,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1 La domanda di pronuncia pregiudiziale riguarda l’interpretazione degli artt. 59 del Trattato CEE (divenuto art. 59 del Trattato CE, a sua volta divenuto, in seguito a modifica, art. 49 CE) e 128 del Trattato CEE (divenuto, in seguito a modifica, art. 126 del Trattato CE, a sua volta divenuto art. 149 CE).
2 Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra il sig. e la sig.ra Jundt (in prosieguo: i «coniugi Jundt»), residenti in Germania, da una parte, ed il Finanzamt Offenburg, dall’altra, in ordine al diniego di quest’ultimo di prendere in considerazione, a titolo di redditi esenti dall’imposta sul reddito per l’esercizio fiscale del 1991, indennità a titolo di rimborso spese percepite in occasione dello svolgimento di un’attività d’insegnamento svolta a titolo accessorio presso un’università stabilita in un altro Stato membro, in quanto la normativa nazionale in materia di imposta sul reddito consente l’applicazione di tale esenzione solamente alle remunerazioni provenienti da enti di diritto pubblico tedeschi.
Contesto normativo nazionale
3 L’art. 1, n. 1, prima frase, della legge relativa all’imposta sul reddito, nella versione applicabile alla data dei fatti della causa principale (Einkommensteuergesetz; in prosieguo: l’«EStG»), stabilisce che le persone fisiche che hanno il domicilio o la residenza abituale in Germania sono integralmente assoggettate all’imposta sul reddito.
4 Ai sensi dell’art. 2, n. 2, dell’EStG, costituiscono redditi o il guadagno, o l’eccedenza delle entrate rispetto alle spese professionali.
5 L’art. 3, punto 26, dell’EStG, collocato nella sezione di detta legge dedicata ai «redditi esenti», è così formulato:
«Sono esenti [da imposte]:
(...)
26. le indennità a titolo di rimborso spese per attività accessorie di esercitazione, formazione, insegnamento, ovvero per un’attività professionale accessoria analoga, per attività professionali accessorie a carattere artistico o per cure prestate a titolo accessorio ad anziani, malati o disabili al servizio o per conto di una persona giuridica di diritto pubblico nazionale o un’istituzione prevista all’art. 5, n. 1, punto 9, della legge sull’imposta sulle persone giuridiche (Körperschaftssteuergesetz) e diretta a promuovere finalità di utilità sociale, di beneficenza e religiose (artt. 52-54 del testo unico delle leggi tributarie tedesche [Abgabeordnung]). Vanno intese quali indennità a titolo di rimborso spese i redditi per le attività indicate alla prima frase, sino ad un importo complessivo annuale di DM 2 400 (…)».
Controversia nella causa principale e questioni pregiudiziali
6 I coniugi Jundt sono assoggettati congiuntamente all’imposta sul reddito in Germania. Esercitando la professione forense a titolo principale in Germania, ove risiede, il sig. Jundt, nel 1991, ha effettuato presso l’Università di Strasburgo 16 ore di lezione, per le quali ha ricevuto l’importo lordo di FRF 5 760 (pari, all’epoca, a DM 1 612).
7 Con l’avviso di accertamento d’imposta per l’esercizio fiscale 1991 il Finanzamt Offenburg ha sottoposto detto importo lordo all’imposta sul reddito.
8 I coniugi Jundt hanno sostenuto che l’importo in parola avrebbe dovuto essere esente dall’imposta sul reddito, conformemente all’art. 3, punto 26, dell’EStG. Essi ritengono contrario al diritto comunitario limitare l’applicazione dell’esenzione di cui trattasi alle retribuzioni versate da enti di diritto pubblico tedeschi.
9 Dal momento che la loro opposizione alla decisione del Finanzamt Offenburg ed il loro ricorso dinanzi al Finanzgericht erano rimasti infruttuosi, i coniugi Jundt hanno presentato ricorso per cassazione («Revision») dinanzi al Bundesfinanzhof.
10 Il Bundesfinanzhof osserva che il sig. Jundt avrebbe potuto beneficiare dell’esenzione di cui all’art. 3, punto 26, dell’EStG qualora egli avesse esercitato la sua attività presso un’università – persona giuridica di diritto pubblico – tedesca e non presso un’università di un altro Stato membro. Al fine di stabilire se la normativa di cui trattasi sia compatibile o meno con le disposizioni di diritto comunitario relative alla libera prestazione dei servizi, esso ritiene occorra formulare tre questioni pregiudiziali.
11 Innanzi tutto, esso si chiede se un’attività lavorativa svolta in via accessoria come insegnante presso un’università rientri nell’ambito di applicazione delle disposizioni in materia di libera prestazione dei servizi qualora non sia certo che gli importi eventualmente soggetti ad esenzione ai sensi dell’art. 3, punto 26, dell’EStG costituiscano una vera e propria retribuzione. Ai sensi di tale disposizione, i redditi esenti hanno natura di «indennità a titolo di rimborso spese», il che sembra implicare che si tratti di un mero rimborso delle spese connesse all’esercizio dell’attività considerata.
12 Il Bundesfinanzhof si chiede ancora se, eventualmente, la restrizione alla libera prestazione dei servizi che risulta dall’art. 3, punto 26, dell’EStG potrebbe essere giustificata. Esso considera che vi potrebbe essere un legittimo interesse a limitare il vantaggio fiscale solamente alle attività esercitate al servizio o per conto di persone giuridiche di diritto pubblico tedesche.
13 Secondo il Bundesfinanzhof, tale giustificazione potrebbe essere trovata nella coerenza del regime tributario nazionale, come riconosciuto dalla Corte nelle sentenze 28 gennaio 1992, cause C-204/90, Bachmann (Racc. pag. I-249), e C-300/90, Commissione/Belgio (Racc. pag. I-305). Esso ritiene che, nella causa principale, sussista un nesso diretto tra, da un lato, l’attività di insegnamento a favore di una persona giuridica di diritto pubblico tedesca e, dall’altro, l’esenzione dall’imposta sul reddito. Detto vantaggio fiscale sarebbe concesso solamente in base al fatto che il soggetto passivo svolge una determinata prestazione a titolo quasi gratuito a favore dello Stato che preleva l’imposta e che esso lo allevia così da taluni compiti. Se il soggetto passivo non effettuasse tale prestazione, l’amministrazione fiscale sarebbe teoricamente costretta ad aumentare le imposte al fine di poter far fronte agli oneri connessi all’insegnamento che sarebbero in tal caso maggiori. Secondo il Bundesfinanzhof, l’art. 3, punto 26, dell’EStG si basa su di un rapporto di reciprocità consistente nella rinuncia all’imposta in cambio del rendimento di una prestazione.
14 Infine, in quanto ad essere interessate siano attività d’insegnamento, il Bundesfinanzhof si chiede se una normativa quale quella controversa nella causa principale non rientri nel contesto di una libertà che il Trattato CE avrebbe esplicitamente lasciato agli Stati membri, nella fattispecie la libertà di organizzare il sistema di istruzione sotto la propria responsabilità. In quanto detta libertà comprenderebbe, a suo parere, non soltanto l’obbligo di prevedere il finanziamento del sistema d’istruzione nazionale, ma anche la possibilità di limitare alle attività «nazionali» le misure fiscali al dirette ad incentivare l’istruzione, esso sarebbe propenso a concludere per la mancanza di un pregiudizio alla libera prestazione dei servizi. La terza questione riguarda l’incidenza dell’art. 126 del Trattato CE sulla constatazione di una restrizione ingiustificata alla libera prestazione dei servizi.
15 In tale contesto il Bundesfinanzhof ha deciso di sospendere il giudizio e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:
«1) Se l’art. 59 del Trattato CE (…) vada interpretato nel senso che è ricompresa nel suo ambito di tutela anche l’attività professionale svolta a titolo accessorio come professore, al servizio o per conto di una persona giuridica di diritto pubblico (università), ove per tale attività, intesa come quasi gratuita, venga corrisposta solamente un’indennità a titolo di rimborso spese.
2) Nell’ipotesi di soluzione affermativa alla questione sub 1), se la limitazione alla libera prestazione dei servizi consistente nella circostanza che il rimborso spese non è imponibile solo qualora venga corrisposto da una persona giuridica di diritto pubblico nazionale (nella specie: art. 3, punto 26, dell’EStg) trovi giustificazione nel fatto che il vantaggio fiscale di diritto interno si legittimi solamente per effetto di un’attività prestata a favore di una persona giuridica di diritto pubblico nazionale.
3) Nell’ipotesi di soluzione negativa alla questione sub 2), se l’art. 126 del Trattato istitutivo delle Comunità europee (…) vada interpretato nel senso che una normativa fiscale integrativa del sistema di istruzione (come, nella specie, l’art. 3, punto 26, dell’EStg) sia ammissibile in considerazione della perdurante responsabilità degli Stati membri in materia».
Sulle questioni pregiudiziali
16 Occorre preliminarmente constatare che, poiché i fatti all’origine della causa principale si sono svolti prima del 1° novembre 1993, quindi in data anteriore all’entrata in vigore del Trattato sull’Unione europea, firmato a Maastricht il 7 febbraio 1992, l’interpretazione chiesta dal giudice del rinvio riguarda in realtà gli artt. 59 e 128 del Trattato CEE e non gli artt. 59 e 126 del Trattato CE.
17 Come correttamente indicato dalla Commissione delle Comunità europee nelle sue osservazioni scritte, detta circostanza non è determinante per la soluzione da fornire al giudice del rinvio.
18 Da un lato, infatti, la formulazione del principio della libera prestazione dei servizi non è stata in sostanza modificata dai Trattati di Maastricht e di Amsterdam.
19 D’altro lato, l’art. 128 del Trattato CEE concerne la formazione professionale, in cui rientra l’insegnamento universitario (v. sentenze 2 febbraio 1988, causa 24/86, Blaizot e a., Racc. pag. 379, punti 15-20; 30 maggio 1989, causa 242/87, Commissione/Consiglio, Racc. pag. 1425, punto 25; 7 luglio 2005, causa C-147/03, Commissione/Austria, Racc. pag. I-5969, punto 33, e 11 gennaio 2007, causa C-40/05, Lyyski, Racc. pag. I-99, punto 29). Nei limiti in cui l’art. 126 del Trattato CE è stato sostanzialmente fatto valere in ragione della competenza spettante agli Stati membri relativamente al contenuto dell’insegnamento e all’organizzazione del sistema di istruzione, nonché degli obiettivi della politica comunitaria nel settore dell’insegnamento, si deve rilevare che, alla data in cui si sono svolti i fatti della causa principale, gli Stati membri erano competenti per l’organizzazione dell’istruzione e la politica dell’insegnamento, come risulta dalla sentenza 13 febbraio 1985, causa 293/83, Gravier (Racc. pag. 593, punto 19), e che la politica comunitaria nel settore dell’insegnamento era già diretta a facilitare la mobilità degli insegnanti.
20 Ciò precisato, le disposizioni pertinenti del Trattato saranno indicate nella loro versione in vigore dopo il 1° maggio 1999.
Sulla prima questione
21 Con la prima questione, il giudice a quo chiede, in sostanza, se un’attività d’insegnamento svolte da un soggetto passivo di uno Stato membro al servizio di una persona giuridica di diritto pubblico, nel caso di specie un’università, situata in un altro Stato membro, rientri nell’ambito di applicazione dell’art. 49 CE anche quando essa sia esercitata in via accessoria e quasi gratuita.
Osservazioni sottoposte alla Corte
22 I coniugi Jundt, il governo tedesco e la Commissione considerano che le attività lavorative svolte accessoriamente come insegnante presso un’università costituiscono una prestazione di servizi ai sensi dell’art. 50 CE, vale a dire un’attività economica svolta di regola a fronte di una retribuzione.
23 I coniugi Jundt osservano che l’art. 3, punto 26, dell’EStG definisce esso stesso le «indennità a titolo di rimborso spese» come «redditi» e che, nella versione attuale di tale disposizione, non viene più menzionata la qualificazione d’«indennità a titolo di rimborso spese», ma quella di «redditi da attività professionali accessorie».
24 Secondo il governo tedesco, l’ambito di applicazione dell’art. 49 CE riguarda anche le attività svolte in via accessoria e quasi gratuita, come insegnante al servizio o per conto di una persona giuridica di diritto pubblico quale un’università, dietro corresponsione di un’indennità a titolo di rimborso spese. Dette attività economiche presenterebbero la particolarità di avere come scopo non la realizzazione di un guadagno, bensì il mero risarcimento delle spese sostenute.
25 La Commissione osserva che i dubbi del Bundesfinanzhof riguardo all’esistenza di una retribuzione si basano sull’utilizzo, da parte della disposizione nazionale controversa nella causa principale, dell’espressione «indennità a titolo di rimborso spese», che suggerisce un pagamento non eccedente l’importo delle spese sostenute e l’assenza di guadagno. Orbene, secondo la Commissione, un pagamento non perde il suo carattere di «retribuzione» unicamente in quanto non consente di realizzare un guadagno. La lettera dell’art. 50 CE esigerebbe soltanto, perché si configuri un’attività economica, il versamento di una retribuzione e non l’esistenza di un guadagno.
26 La Commissione sostiene che, in ogni caso, la causa principale e la normativa controversa nella causa principale non riguardano una retribuzione limitata alla rifusione delle spese sostenute. Qualora, infatti, il pagamento effettuato dall’Università di Strasburgo fosse stato limitato alla rifusione delle spese sostenute dal sig. Jundt per portare a termine le sue attività d’insegnamento, quest’ultimo non si sarebbe avvalso dell’art. 3, punto 26, dell’EStG per chiedere l’esenzione degli importi percepiti, dal momento che l’applicazione delle norme usuali dell’EStG avrebbe già escluso dall’imposizione la sua attività.
27 Secondo la Commissione, l’art. 3, punto 26, dell’EStG attribuisce appunto un vantaggio fiscale al soggetto passivo allorché le entrate sono superiori alle spese e a quest’ultimo resta quindi un reddito netto, vale a dire un «guadagno».
Soluzione della Corte
28 Al fine di stabilire se un’attività come quella controversa nella causa principale rientri nell’ambito di applicazione dell’art. 49 CE, occorre, in primo luogo, ricordare che la nozione di «servizi» ai sensi dell’art. 50, primo comma, CE implica che si tratti di «prestazioni fornite normalmente dietro retribuzione» (sentenza 22 maggio 2003, causa C-355/00, Freskot, Racc. pag. I-5263, punto 54).
29 A tale riguardo è stato già dichiarato che, ai sensi di quest’ultima disposizione, la caratteristica essenziale della retribuzione va ravvisata nella circostanza che essa costituisce il corrispettivo economico della prestazione considerata (v., in particolare, sentenze 27 settembre 1988, causa 263/86, Humbel et Edel, Racc. pag. 5365, punto 17; 26 giugno 2003, causa C-422/01, Skandia et Ramstedt, Racc. pag. I-6817, punto 23; 11 settembre 2007, causa C-76/05, Schwarz e Gootjes-Schwarz, Racc. pag. I-6849, punto 38, nonché causa C-318/05, Commissione/Germania, Racc. pag. I-6957, punto 67).
30 In secondo luogo, si deve rilevare che la Corte ha escluso dalla nozione di «servizi», ai sensi dell’art. 50 CE, l’insegnamento impartito da taluni istituti parte di un sistema di pubblica istruzione e interamente o principalmente finanziati da fondi pubblici (v., in tal senso, sentenze Humbel, cit., punto 18, nonché 7 dicembre 1993, causa C-109/92, Wirth, Racc. pag. I-6447, punti 15 e 16). La Corte ha pertanto precisato che, istituendo e mantenendo un tale sistema di pubblica istruzione, finanziato in generale dal bilancio pubblico e non dagli alunni o dai loro genitori, lo Stato non intendeva svolgere attività lucrative, bensì assolvere i propri compiti in campo sociale, culturale ed educativo nei confronti dei propri cittadini (v. sentenza Schwarz e Gootjes-Schwarz, cit., punto 39).
31 La causa principale, tuttavia, non verte sull’attività d’insegnamento delle università stesse, finanziate dal bilancio pubblico. Al contrario, detta causa, così come la normativa nazionale controversa nella causa principale, riguarda prestazioni fornite in via accessoria da persone fisiche cui le università si rivolgono per adempiere ai propri compiti istituzionali. Il pagamento di tali prestazioni può rappresentare una retribuzione da parte dell’università interessata.
32 Come osservato dall’avvocato generale al paragrafo 12 delle sue conclusioni, il fattore decisivo che riconduce un’attività nell’ambito di applicazione delle disposizioni del Trattato relative alla libera prestazione dei servizi è il suo carattere economico, ossia il fatto che l’attività non dev’essere prestata senza corrispettivo.
33 Per contro, contrariamente a quanto sembra ritenere il giudice a quo, non occorre, a tale proposito, che il prestatore persegua lo scopo di realizzare un guadagno (v., in particolare, sentenza 12 luglio 2001, causa C-157/99, Smits e Peerbooms, Racc. pag. I-5473, punti 50 e 52).
34 Da ciò che precede risulta che la causa principale, così come l’art. 3, punto 26, dell’EStG, riguarda servizi forniti a fronte di una «retribuzione». La somma che il sig. Jundt ha ricevuto dall’università, per la sua attività di insegnante, anche ammettendo che quest’ultima sia stata svolta in via quasi gratuita, costituisce una retribuzione ai sensi dell’art. 50 CE, ossia un corrispettivo della prestazione da lui fornita.
35 In ultimo luogo, la circostanza che l’attività d’insegnamento sia esercitata per conto di un’università, persona giuridica di diritto pubblico, non ha per effetto la sottrazione del servizio reso all’ambito di applicazione dell’art. 49 CE.
36 Il giudice a quo esprime dubbi a questo riguardo, chiedendosi se prestazioni rese al servizio o per conto di un ente di diritto pubblico e che possono rientrare nell’ambito di applicazione dell’art. 45 CE, il quale va anch’esso preso in considerazione nel contesto della libera prestazione dei servizi, costituiscano prestazioni di servizi. A parere del giudice del rinvio, le prestazioni di cui trattasi sarebbero da considerare come «semi-pubbliche» e rientrerebbero fra le attività di diritto pubblico dello Stato.
37 A tale riguardo è importante indicare che se, ai sensi dell’art. 45, primo comma, CE, in combinato disposto con l’art. 50 CE, la libera prestazione dei servizi non si estende alle attività che partecipano in un Stato membro, sia pure occasionalmente, all’esercizio dei pubblici poteri, tale deroga deve tuttavia essere limitata alle attività che, considerate di per sé, costituiscono una partecipazione diretta e specifica all’esercizio di pubblici poteri (v., in particolare, sentenze 21 giugno 1974, causa 2/74, Reyners, Racc. pag. 631, punto 45; 31 maggio 2001, causa C-283/99, Commissione/Italia, Racc. pag. I-4363, punto 20, e 30 marzo 2006, causa C-451/03, Servizi Ausiliari Dottori Commercialisti, Racc. pag. I-2941, punto 46).
38 Orbene, dalla giurisprudenza della Corte relativa all’art. 39, n. 4, CE risulta che le attività civili d’insegnamento all’università non rientrano nell’ambito di applicazione di tale deroga (v., in questo senso, sentenze 30 maggio 1989, causa 33/88, Allué e Coonan, Racc. pag. 1591, punto 7, nonché 2 luglio 1996, causa C-290/94, Commissione/Grecia, Racc. pag. I-3285, punto 34).
39 Occorre pertanto risolvere la prima questione posta nel senso che un’attività d’insegnamento svolta da un soggetto passivo di uno Stato membro al servizio di una persona giuridica di diritto pubblico, nel caso di specie un’università, situata in un altro Stato membro, rientra nell’ambito di applicazione dell’art. 49 CE anche se è esercitata in via accessoria e quasi gratuita.
Sulla seconda questione
40 Con la sua seconda questione, il giudice del rinvio chiede in sostanza se la restrizione alla libera prestazione dei servizi consistente nella circostanza che una normativa nazionale riservi l’applicazione di un’esenzione dall’imposta sul reddito alle retribuzioni versate, come corrispettivo di un’attività d’insegnamento esercitata in via accessoria, da università, persone giuridiche di diritto pubblico, stabilite nel territorio nazionale, e la neghi allorché tali retribuzioni sono versate da un’università stabilita in un altro Stato membro, sia giustificata da motivi imperativi d’interesse generale. Il giudice del rinvio considera specificamente a tale riguardo il fatto che detto vantaggio fiscale si legittima solamente per effetto di un’attività prestata a favore di una persona giuridica di diritto pubblico nazionale.
Osservazioni sottoposte alla Corte
41 Secondo i coniugi Jundt e la Commissione, la circostanza che le retribuzioni in parola siano esenti solamente qualora esse siano versate da università pubbliche situate nel territorio nazionale e non godano di tale esenzione qualora esse siano versate da università pubbliche stabilite in altri Stati membri costituisce una restrizione alla libera prestazione dei servizi non giustificata da un legittimo interesse pubblico.
42 In primo luogo, la restrizione apportata dalla normativa controversa nella causa principale non potrebbe giustificarsi per il suo scopo, che sarebbe quello di assicurare la disponibilità degli insegnanti ad esercitare la loro attività in via accessoria e di incoraggiare in tal modo il settore della formazione e dell’insegnamento.
43 I coniugi Jundt ritengono pertinente al riguardo la sentenza 10 marzo 2005, causa C-39/04, Laboratoires Fournier (Racc. pag. I-2057). Al punto 23 di detta sentenza, la Corte ha dichiarato che la promozione della ricerca e dello sviluppo non può giustificare un provvedimento nazionale che nega il beneficio di un vantaggio fiscale a qualsiasi attività di ricerca non svolta nello Stato membro interessato. Un tale provvedimento, infatti, sarebbe direttamente contrario allo scopo della politica comunitaria nel settore della ricerca e dello sviluppo tecnologico, definito dall’art. 163, n. 2, CE.
44 Allo stesso modo, sarebbe contrario agli obiettivi della Comunità europea in materia di formazione rifiutare di concedere ad un insegnante che esercita la sua attività in via accessoria vantaggi fiscali che potrebbero promuovere la sua disponibilità. Ai sensi dell’art. 149 CE, infatti, la cooperazione tra gli Stati membri per quanto riguarda la formazione e la mobilità degli studenti e degli insegnanti va incoraggiata. In modo indiretto, il rifiuto di concedere l’esenzione fiscale controversa nella causa principale spingerebbe un insegnante che svolge la sua attività in via accessoria ad insegnare solamente in università nazionali.
45 In secondo luogo, una normativa come quella controversa nella causa principale, contrariamente a quanto sembra ritenere il giudice del rinvio, non potrebbe essere giustificata, in base alla coerenza del regime tributario tedesco, dalla circostanza che il vantaggio fiscale di cui trattasi avrebbe effetti positivi sull’offerta d’insegnamento delle università nazionali.
46 In realtà, la giurisprudenza della Corte confermerebbe che la giustificazione relativa alla necessità di salvaguardare la coerenza del regime tributario nazionale, ammessa nelle citate sentenze Bachmann e Commissione/Belgio, va interpretata restrittivamente. Orbene, le condizioni fissate dalla giurisprudenza derivante dalla menzionata sentenza Bachmann non sarebbero presenti nel caso di specie, poiché il vantaggio fiscale di cui alla causa principale, ossia l’esenzione dell’«indennità a titolo di rimborso spese», non sarebbe compensato da un prelievo fiscale determinato. La circostanza che l’esenzione delle indennità a titolo di rimborso spese possa attribuire indirettamente vantaggi allo Stato tedesco non consentirebbe di provare una coerenza del sistema fiscale nazionale e quindi non potrebbe giustificare una normativa come quella controversa nella causa principale.
47 Secondo il governo tedesco, è vero che una restrizione alla libera prestazione dei servizi può risultare dalla circostanza che un insegnante che svolge la sua attività in via accessoria presso un’università stabilita in un altro Stato membro ricevendo come corrispettivo un’indennità a titolo di rimborso spese non fruisce del vantaggio fiscale controverso nella causa principale. Tuttavia, siffatta restrizione sarebbe giustificata da motivi imperativi di interesse generale connessi alla promozione dell’insegnamento, della ricerca e dello sviluppo.
48 Detto governo fa valere in proposito che l’art. 3, punto 26, dell’EStG incoraggia gli insegnanti che esercitano la loro attività in via accessoria ad offrire i loro servizi in maniera quasi gratuita presso le istituzioni menzionate da tale disposizione a fronte di una retribuzione modica sotto forma di indennità a titolo di rimborso spese.
49 La disposizione in parola si proporrebbe quindi di sostenere, attraverso esenzioni fiscali a favore dei cittadini che svolgono attività extraprofessionali, le persone giuridiche di diritto pubblico da essa elencate, nel caso di specie le università. Essa avrebbe lo scopo e l’effetto di porre a disposizione delle università insegnanti ad un costo vantaggioso. Essa sarebbe giustificata da un motivo imperativo di interesse generale, ossia la promozione dell’insegnamento, della ricerca e dello sviluppo. Essa sarebbe appropriata e necessaria per raggiungere lo scopo perseguito.
50 In ogni caso, il governo tedesco considera che per la Repubblica federale di Germania non esiste alcun obbligo di sostenere università di altri Stati membri. Poiché l’organizzazione dell’insegnamento, così come la materia delle imposte dirette, permane nella sfera di competenza degli Stati membri, ogni Stato membro, in tali ambiti, dovrebbe poter conservare un potere discrezionale relativamente al contenuto delle proprie norme nazionali.
51 L’art. 149, n. 1, CE esprimerebbe chiaramente il fatto che la Comunità svolge la sua azione nell’ambito dell’istruzione «nel pieno rispetto della responsabilità degli Stati membri per quanto riguarda il contenuto dell’insegnamento e l’organizzazione del sistema di istruzione». Il governo tedesco ne deduce che gli Stati membri possono disciplinare autonomamente nel loro territorio l’organizzazione del loro sistema d’istruzione e, di conseguenza, l’organizzazione delle attività d’insegnamento nelle loro università. Avendo scarsa influenza sull’organizzazione delle istituzioni educative degli altri Stati membri, la Repubblica federale di Germania non potrebbe essere tenuta a sovvenzionare il loro funzionamento rinunciando a quanto il soggetto passivo è tenuto a versarle.
Soluzione della Corte
52 Secondo una costante giurisprudenza, l’art. 49 CE osta all’applicazione di qualsiasi normativa nazionale che abbia l’effetto di rendere la prestazione di servizi tra gli Stati membri più difficile della prestazione di servizi puramente interna ad uno Stato membro (sentenze 5 ottobre 1994, causa C-381/93, Commissione/Francia, Racc. pag. I-5145, punto 17; 28 aprile 1998, causa C-158/96, Kohll, Racc. pag. I-1931 punto 33; Smits e Peerbooms, cit., punto 61; 3 ottobre 2002, causa C-136/00, Danner, Racc. pag. I-8147, punto 29, nonché 8 settembre 2005, cause riunite C-544/03 e C-545/03, Mobistar e Belgacom Mobile, Racc. pag. I-7723, punto 30).
53 A tale riguardo, è risultato pacifico dinanzi la Corte che, se un’attività d’insegnamento esercitata in via accessoria, come quella di cui alla causa principale, rientra nell’ambito di applicazione delle disposizioni del Trattato relative alla libera prestazione dei servizi, una disciplina nazionale quale l’art. 3, punto 26, dell’EStG restringe la libertà del sig. Jundt, così come garantita dall’art. 49 CE, di fornire i suoi servizi in un altro Stato membro in quanto lo priva di un vantaggio fiscale di cui godrebbe qualora offrisse i medesimi servizi nel suo Stato membro di appartenenza.
54 Del resto, lo stesso giudice del rinvio afferma che la normativa nazionale controversa nella causa principale, che si applica allo stesso modo ai soggetti nazionali e stranieri che svolgono attività presso persone giuridiche di diritto pubblico nazionali, introduce un trattamento meno favorevole dei servizi forniti a destinatari che si trovano in altri Stati membri rispetto al trattamento riservato a quelli prestati nel territorio nazionale e costituisce una restrizione alla libera prestazione dei servizi.
55 Si deve esaminare la questione se una siffatta restrizione alla libera prestazione dei servizi possa essere oggettivamente giustificata.
56 In tale contesto, occorre, in primo luogo, verificare se, come sostenuto dal governo tedesco, la restrizione prevista dalla normativa nazionale sia giustificata dal motivo imperativo di interesse generale che sarebbe rappresentato dalla promozione dell’insegnamento, della ricerca e dello sviluppo.
57 Siffatto argomento non può essere accolto.
58 Anche supponendo che lo scopo di promozione dell’insegnamento costituisca un motivo imperativo di interesse generale, affinché una misura restrittiva sia giustificata essa deve ciò non di meno rispettare il principio di proporzionalità, nel senso che dev’essere intesa a garantire la realizzazione dell’obiettivo che essa persegue e che non vada al di là di quanto è necessario per conseguirlo (sentenze 26 settembre 2000, causa C-478/98, Commissione/Belgio, Racc. pag. I-7587, punto 41, e 4 marzo 2004, causa C-334/02, Commissione/Francia, Racc. pag. I-2229, punto 28).
59 È vero che al punto 23 della citata sentenza Laboratoires Fournier, la Corte ha dichiarato che non si poteva escludere che la promozione della ricerca e dello sviluppo costituisse un motivo imperativo d’interesse generale. Essa ha, tuttavia, respinto l’argomento secondo cui uno Stato membro non può essere tenuto a promuovere la ricerca in un altro Stato membro e ha considerato che una normativa nazionale che riserva il vantaggio di un credito d’imposta alle sole attività di ricerca svolte nello Stato membro interessato costituisce una restrizione alla libera prestazione dei servizi. La Corte ha dichiarato una tale normativa direttamente contraria allo scopo della politica comunitaria nel settore della ricerca e dello sviluppo tecnologico, che, ai sensi dell’art. 163, n. 2, CE, mira segnatamente all’eliminazione degli ostacoli fiscali alla cooperazione nell’ambito della ricerca.
60 Nel contesto della causa principale è importante ricordare che l’art. 149, n. 1, CE, stabilisce che «la Comunità contribuisce allo sviluppo di un’istruzione di qualità incentivando la cooperazione tra Stati membri e, se necessario, sostenendo ed integrando la loro azione (…)» mentre, ai sensi dell’art. 149, n. 2, CE, «l’azione della Comunità è intesa (...) a favorire la mobilità degli studenti e degli insegnanti (…)».
61 Una normativa di uno Stato membro come quella controversa nella causa principale è contraria a detti obiettivi dal momento che scoraggia gli insegnanti che svolgono la loro attività in via accessoria dal fruire delle loro libertà fondamentali per offrire i loro servizi in un altro Stato membro negando loro un vantaggio fiscale di cui avrebbero beneficiato qualora avessero prestato i medesimi servizi nel territorio nazionale.
62 La Corte ha già sottolineato l’importanza di tali obiettivi nel contesto dell’art. 18 CE. Dopo avere ricordato che le facilitazioni previste dal Trattato in materia di circolazione dei cittadini dell’Unione non potrebbero dispiegare pienamente i loro effetti se un cittadino di uno Stato membro potesse essere dissuaso dall’avvalersene dagli ostacoli posti al suo soggiorno in un altro Stato membro a causa di una normativa del suo Stato d’origine che lo penalizzi per il solo fatto che egli ne abbia usufruito, la Corte ha, infatti, affermato che tale considerazione è particolarmente importante nel settore dell’istruzione, tenuto conto degli obiettivi perseguiti dagli artt. 3, n. 1, lett. q), CE e 149, n. 2, secondo trattino, CE, ovverosia, in particolare, favorire la mobilità degli studenti e degli insegnanti (v., sentenza 23 ottobre 2007, cause riunite C-11/06 e C-12/06, Morgan e Bucher, Racc. pag. I-9161, punti 26 e 27 nonché giurisprudenza ivi citata).
63 Una normativa come quella controversa nella causa principale, esercitando un’influenza analoga a quella della normativa nazionale controversa nella causa in cui è stata pronunciata la citata sentenza Laboratoires Fournier, arreca pregiudizio alla libertà degli insegnanti che svolgono la loro attività in via accessoria di scegliere il luogo delle loro prestazioni di servizi all’interno della Comunità senza che sia stato dimostrato che, per raggiungere l’asserito obiettivo di promozione dell’insegnamento, risulti necessario riservare il beneficio dell’esenzione fiscale di cui alla causa principale ai soli soggetti passivi che svolgono un’attività in via accessoria d’insegnamento in università situate nel territorio nazionale.
64 Infatti è giocoforza constatare che il governo tedesco non ha fornito alcun argomento che consenta di dimostrare che l’obiettivo menzionato al punto precedente non potrebbe essere raggiunto senza la normativa controversa e che non potrebbe esserlo utilizzando mezzi alternativi che non incidano sulla scelta, da parte degli insegnanti che svolgono la loro attività in via accessoria, del luogo ove potrebbero fornire i loro servizi.
65 In secondo luogo, occorre verificare se la restrizione di cui trattasi nella causa principale possa essere giustificata dalla necessità di garantire la coerenza del regime tributario tedesco, così come prospettato dal giudice del rinvio.
66 Secondo il giudice del rinvio, l’art. 3, punto 26, dell’EStG mira a sollevare lo Stato tedesco da alcune responsabilità ad esso incombenti per mezzo di una misura fiscale in quanto, da un lato, gli insegnanti che svolgono la loro attività in via accessoria godono di un’esenzione fiscale se insegnano in università pubbliche nazionali e, dall’altro, lo Stato tedesco ne trae un beneficio corrispondente, potendo provvedere ai compiti di insegnamento e di ricerca di tali università ad un prezzo modico. Il giudice del rinvio si chiede pertanto se, nella causa principale, non sussista un nesso diretto fra l’esenzione fiscale concessa al soggetto passivo in relazione alla sua attività d’insegnamento in via accessoria e la circostanza che detta attività d’insegnamento sia prestata a favore di una persona giuridica di diritto pubblico nazionale. In questa prospettiva si suppone, da un lato, che la prestazione del soggetto passivo, favorita dal vantaggio fiscale, giovi all’interesse comune e, dall’altro, che tale «vantaggio» di cui beneficerebbe l’interesse comune compensi lo svantaggio che rappresenterebbe la rinuncia all’imposta.
67 Al riguardo, si deve rammentare che, ai punti 28 e 21, rispettivamente, delle citate sentenze Bachmann e 28 gennaio 1992, Commissione/Belgio, la Corte ha riconosciuto che l’esigenza di salvaguardare la coerenza di un regime fiscale può giustificare una restrizione all’esercizio delle libertà fondamentali garantite dal Trattato.
68 Tuttavia, secondo una costante giurisprudenza, affinché un argomento fondato su una siffatta giustificazione possa essere accolto, occorre che sia dimostrata l’esistenza di un nesso diretto tra il beneficio tributario di cui trattasi e la compensazione di tale beneficio con un determinato prelievo fiscale (v., in questo senso, sentenze 23 febbraio 2006, causa C-471/04, Keller Holding, Racc. pag. I-2107, punto 40; 29 marzo 2007, causa C-347/04, Rewe Zentralfinanz, Racc. pag. I-2647, punto 62, e 11 ottobre 2007, causa C-443/06, Hollmann, Racc. pag. I-8491, punto 56).
69 Orbene, dal punto di vista della disciplina fiscale non esiste nesso diretto fra l’esenzione fiscale delle indennità a titolo di rimborso spese versate da università tedesche ed una compensazione di tale vantaggio con un determinato prelievo fiscale.
70 Come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 23 delle sue conclusioni, nella causa principale viene semplicemente asserito che l’esenzione dall’imposta sul reddito è compensata dal vantaggio che lo Stato tedesco trae dalla circostanza che le attività d’insegnamento e di ricerca siano svolte da insegnanti in via accessoria. L’esistenza di un nesso così generico e indiretto fra il vantaggio fiscale per il soggetto passivo e il preteso beneficio per lo Stato membro non è sufficiente alla luce di quanto richiesto dalla giurisprudenza derivante dalla citata sentenza Bachmann.
71 L’argomento diretto a giustificare la restrizione al principio della libera prestazione dei servizi con la necessità di garantire la coerenza del regime tributario tedesco non può pertanto essere accolto.
72 Alla luce delle considerazioni che precedono, la circostanza che un vantaggio fiscale nazionale si applichi solamente qualora l’attività in parola sia prestata a favore di una persona giuridica di diritto pubblico nazionale non può giustificare la restrizione alla libera prestazione dei servizi.
73 Occorre pertanto risolvere la seconda questione posta nel senso che la restrizione alla libera prestazione dei servizi consistente nella circostanza che una normativa nazionale riservi l’applicazione di un’esenzione dall’imposta sul reddito alle retribuzioni versate, come corrispettivo di un’attività d’insegnamento esercitata in via accessoria, da università, persone giuridiche di diritto pubblico, stabilite nel territorio nazionale, e la neghi allorché tali retribuzioni sono versate da un’università stabilita in un altro Stato membro, non è giustificata da motivi imperativi d’interesse generale.
Sulla terza questione
Osservazioni sottoposte alla Corte
74 Poiché il giudice del rinvio ha posto la sua terza questione nell’ipotesi di una soluzione in senso negativo della seconda questione e quest’ultima richiede a suo avviso una soluzione in senso positivo, il governo tedesco asserisce che non occorre risolvere la terza questione.
75 Secondo i coniugi Jundt, non può essere sostenuto che una restrizione ingiustificata alla libera prestazione dei servizi sia ciò non di meno compatibile con il diritto comunitario considerata la responsabilità che permane in capo agli Stati membri in materia di organizzazione del sistema di istruzione in base all’art. 149 CE. Lo Stato tedesco sarebbe tenuto ad incentivare la cooperazione tra gli Stati membri e non ad ostacolarla attraverso normative adottate a proprio vantaggio.
76 Per la Commissione, l’art. 3, punto 26, dell’EStG non si troverebbe al di fuori dell’ambito di applicazione della libera circolazione dei servizi a causa della competenza che gli Stati membri hanno conservato relativamente all’assetto dei loro sistemi di istruzione. L’art. 149 CE non esclude un siffatto regime fiscale, applicato all’attività d’insegnamento universitario, dall’ambito di applicazione della libera prestazione dei servizi.
77 La Commissione considera del resto che l’art. 3, punto 26, dell’EStG non concerne né l’organizzazione dell’istruzione né la politica dell’insegnamento. Esso introdurrebbe semplicemente una deroga fiscale destinata ad agevolare, in modo generale, le attività professionali accessorie nell’interesse comune, senza avere un nesso specifico con il sistema di istruzione.
78 Per la Commissione, l’art. 128 del Trattato CEE e le disposizioni di diritto derivato adottate su tale base confutano indirettamente l’opinione del Bundesfinanzhof secondo cui nella causa principale sarebbe in discussione una deroga alle norme della libera prestazione dei servizi giustificata dall’aspetto «politico dell’insegnamento». Dette disposizioni, infatti, dimostrerebbero che gli ostacoli artificiali alla mobilità degli insegnanti sono contrari agli obiettivi della politica comunitaria nell’ambito dell’insegnamento professionale e che ciò valeva già all’epoca della causa principale. Del resto, «favorire la mobilità degli studenti e degli insegnanti» farebbe ormai esplicitamente parte degli obiettivi della Comunità sanciti nel Trattato così come risulta dall’art. 149 CE.
Soluzione della Corte
79 Con la sua terza questione, il giudice del rinvio chiede in sostanza se la circostanza che gli Stati membri sono competenti per decidere autonomamente in merito all’organizzazione dei loro sistemi d’istruzione sia tale da rendere compatibile con il diritto comunitario una normativa nazionale che riserva il beneficio di un’esenzione fiscale ai soggetti passivi che esercitino attività al servizio o per conto di università pubbliche nazionali.
80 Secondo tale giudice, l’art. 3, punto 26, dell’EStG può essere inteso quale espressione del potere degli Stati membri di decidere autonomamente come debba essere organizzato il loro sistema di istruzione, il che implicherebbe la libertà di limitare il beneficio di un’esenzione fiscale ai soggetti passivi che svolgono attività esercitate al servizio o per conto di un’università pubblica nazionale.
81 A tale riguardo occorre rilevare che, certamente, dall’art. 149, n. 1, CE risulta che «la Comunità contribuisce allo sviluppo di un’istruzione di qualità incentivando la cooperazione tra Stati membri e, se necessario, sostenendo ed integrando la loro azione nel pieno rispetto della responsabilità degli Stati membri per quanto riguarda il contenuto dell’insegnamento e l’organizzazione del sistema di istruzione, nonché delle loro diversità culturali e linguistiche».
82 Benché la competenza e la responsabilità degli Stati membri in detti ambiti non siano citate nell’art. 128 del Trattato CEE, che era la disposizione pertinente al momento dei fatti della causa principale, dal punto 19 della citata sentenza Gravier risulta che, all’epoca dei fatti della causa principale, il settore dell’istruzione e la politica dell’insegnamento non rientravano, di per sé, fra le materie che il Trattato CEE aveva sottoposto alla competenza delle istituzioni comunitarie.
83 Ciò considerato, come giustamente afferma la Commissione, una disposizione quale l’art. 3, punto 26, dell’EStG non è una misura vertente sul contenuto dell’insegnamento o relativa all’organizzazione del sistema di istruzione. Si tratta di una misura tributaria di carattere generale, che concede un vantaggio fiscale nel caso in cui un singolo si dedichi ad attività a favore della collettività.
84 Infatti, rientrano nell’ambito di applicazione della normativa controversa nella causa principale non solamente le indennità a titolo di rimborso spese versate per attività d’insegnamento da istituzioni pubbliche d’insegnamento e di ricerca, ma anche quelle versate in base ad altre attività e da altre istituzioni. Una siffatta normativa non è quindi di per sé espressione del potere di uno Stato membro di organizzare il proprio sistema di istruzione.
85 In ogni caso, indipendentemente dai suoi nessi effettivi o pretesi con gli ambiti di competenze riservate agli Stati membri, una normativa nazionale come quella controversa nella causa principale non sfugge all’applicazione del principio di libera prestazione dei servizi.
86 Gli Stati membri, infatti, sono tenuti ad utilizzare le competenze loro riservate nel rispetto del diritto comunitario e, segnatamente, delle disposizioni relative alla libera prestazione dei servizi. La Corte si è pronunciata in tal senso con riferimento a vari ambiti, fra i quali la fiscalità diretta e l’insegnamento (v., in particolare, citate sentenze Schwarz e Gootjes-Schwarz, punti 69 e 70, nonché Commissione/Germania, punti 85 e 86).
87 Di conseguenza, la competenza e la responsabilità di cui dispongono gli Stati membri relativamente all’organizzazione del loro sistema d’istruzione non possono avere l’effetto di sottrarre una disciplina fiscale come quella controversa nella causa principale dall’ambito di applicazione delle disposizioni del Trattato concernenti la libera prestazione dei servizi, né di rendere compatibile con il diritto comunitario il rifiuto di concedere i vantaggi fiscali pertinenti agli insegnanti che offrono i loro servizi presso le università di altri Stati membri.
88 Come risulta dai punti 61-63 della presente sentenza relativi alla mancanza di giustificazione di una normativa come quella controversa nella causa principale in base ad un motivo imperativo di interesse generale, anche qualora una siffatta normativa costituisse una misura connessa all’organizzazione del sistema d’istruzione, essa resterebbe ciò non di meno incompatibile con il Trattato in quanto essa incide sulla scelta degli insegnanti che svolgono la loro attività in via accessoria relativamente al luogo delle loro prestazioni di servizi.
89 Occorre pertanto risolvere la terza questione posta nel senso che la circostanza che gli Stati membri sono competenti per decidere autonomamente in merito all’organizzazione del loro sistema d’istruzione non è tale da rendere compatibile con il diritto comunitario una normativa nazionale che riserva il vantaggio di un’esenzione fiscale ai soggetti passivi che esercitano attività al servizio o per conto di università pubbliche nazionali.
Sulle spese
90 Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.
Per questi motivi, la Corte (Terza Sezione) dichiara:
1) Un’attività d’insegnamento svolta da un soggetto passivo di uno Stato membro al servizio di una persona giuridica di diritto pubblico, nel caso di specie un’università, situata in un altro Stato membro, rientra nell’ambito di applicazione dell’art. 49 CE anche se è esercitata in via accessoria e quasi gratuita.
2) La restrizione alla libera prestazione dei servizi consistente nella circostanza che una normativa nazionale riservi l’applicazione di un’esenzione dall’imposta sul reddito alle retribuzioni versate, come corrispettivo di un’attività d’insegnamento esercitata in via accessoria, da università, persone giuridiche di diritto pubblico, stabilite nel territorio nazionale, e la neghi allorché tali retribuzioni sono versate da un’università stabilita in un altro Stato membro, non è giustificata da motivi imperativi d’interesse generale.
3) La circostanza che gli Stati membri sono competenti per decidere autonomamente in merito all’organizzazione del loro sistema d’istruzione non è tale da rendere compatibile con il diritto comunitario una normativa nazionale che riserva il beneficio di un’esenzione fiscale ai soggetti passivi che esercitano attività al servizio o per conto di università pubbliche nazionali.
Firme
* Lingua processuale: il tedesco.