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CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

M. POIARES MADURO

presentate il 10 ottobre 2007 1(1)

Causa C-281/06

Hans-Dieter Jundt

Hedwig Jundt

contro

Finanzamt Offenburg

(domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Bundesfinanzhof (Germania))

«Normativa in materia di esenzione fiscale – Retribuzione che può essere considerata come rimborso spese – Presupposti»





1.     Con il presente rinvio pregiudiziale il Bundesfinanzhof, in sostanza, interroga la Corte sull’ambito di applicazione dell’art. 49 CE, che garantisce la libera prestazione dei servizi, e sui motivi che uno Stato membro può addurre nelle controversie in cui le sue norme in materia di imposte sul reddito determinino una restrizione del diritto di un singolo ad esercitare tale libertà.

I –    Procedimento dinanzi al giudice nazionale e questioni sottoposte alla Corte

2.     I fatti di causa sono molto chiari. Il ricorrente nel procedimento principale (in prosieguo: il «sig. Jundt»), cittadino tedesco, è un professionista forense che vive e lavora in Germania. Ai fini dell’imposta sul reddito egli è soggetto a dichiarazione congiunta con la moglie, motivo per cui anche quest’ultima è parte del procedimento. Nel 1991, il ricorrente assumeva un incarico di insegnamento di sedici ore presso l’Università di Strasburgo, per il quale percepiva una retribuzione di FRF 5 760; previa deduzione dei contributi previdenziali francesi, egli percepiva una retribuzione netta di FRF 4 814,79.

3.     Allorché il Finanzamt (Ufficio delle imposte tedesco) assoggettava la retribuzione lorda all’imposta sul reddito, il sig. Jundt proponeva opposizione, sostenendo che occorresse applicare l’art. 3, punto 26, dell’Einkommensteuergesetz (legge relativa all’imposta sul reddito) (in prosieguo: l’«art. 3, n. 26, dell’EStG»). Tale disposizione esenta da imposta i redditi fino a DEM 2 400 (EUR 1 848) percepiti a titolo di «rimborso spese» per attività accessorie di esercitazione, formazione, insegnamento o per attività professionali accessorie analoghe, per attività professionali accessorie a carattere artistico o per cure prestate a titolo accessorio ad anziani, malati o disabili al servizio o per conto di una persona giuridica di diritto pubblico nazionale o un’istituzione diretta a promuovere finalità di utilità sociale, di beneficenza o religiose.

4.     L’opposizione veniva respinta e il sig. Jundt adiva il Finanzgericht (Sezione tributaria del Tribunale), che si pronunciava a favore dell’Ufficio delle Imposte. Il Bundesfinanzhof (Corte tributaria federale) lo autorizzava a proporre ricorso per cassazione. Il ricorrente deduceva in via principale che il rifiuto delle autorità tributarie di concedergli l’esenzione era incompatibile con il diritto comunitario, in quanto discriminatorio nei confronti di attività svolte per enti di diritto pubblico di altri Stati membri.

5.     Il Bundesfinanzhof ha sospeso il procedimento e ha sottoposto tre questioni alla Corte:

«1)       Se l’art. 59 del Trattato CE (…) vada interpretato nel senso che è ricompresa nel suo ambito di tutela anche l’attività professionale svolta a titolo accessorio come professore, al servizio o per conto di una persona giuridica di diritto pubblico (università), ove per tale attività, intesa come quasi gratuita, venga corrisposta solamente un’indennità a titolo di rimborso spese.

2)      Nell’ipotesi di soluzione affermativa alla questione sub 1), se la limitazione alla libera prestazione dei servizi consistente nella circostanza che il rimborso spese non è imponibile solo qualora venga corrisposto da una persona giuridica di diritto pubblico nazionale (nella specie: art. 3, punto 26, dell’EStg) trovi giustificazione nel fatto che il vantaggio fiscale di diritto interno si legittimi solamente per effetto di un’attività prestata a favore di una persona giuridica di diritto pubblico nazionale.

3)      Nell’ipotesi di soluzione negativa alla questione sub 2), se l’art. 126 del Trattato istitutivo delle Comunità europee (…) vada interpretato nel senso che una normativa fiscale integrativa del sistema di istruzione (come, nella specie, l’art. 3, punto 26, dell’EStg) sia ammissibile in considerazione della perdurante responsabilità degli Stati membri in materia».

II – Sulla prima questione: l’ambito di applicazione dell’art. 49 CE

6.     È pacifico tra le parti che la disposizione nazionale controversa limita la libertà del sig. Jundt, garantita dall’art. 49 CE, di prestare i propri servizi in un altro Stato membro, dato che lo priva di un vantaggio fiscale di cui egli avrebbe goduto se avesse offerto gli stessi servizi a destinatari stabiliti nel suo paese. È evidente che, se il sig. Jundt avesse percepito la stessa somma come docente a tempo parziale presso un’università pubblica tedesca, avrebbe trovato applicazione l’art. 3, n. 26, dell’EStG ed egli avrebbe beneficiato dell’esenzione fiscale.

7.     Il Bundesfinanzhof dubita che l’attività del sig. Jundt rientri nell’ambito di tutela dell’art. 49 CE, in quanto l’art. 3, n. 26, dell’EStG fa riferimento a «rimborsi spese». Ai sensi dell’art. 50 CE, «sono considerate come servizi le prestazioni fornite normalmente dietro retribuzione (…)». Pertanto, affinché un’attività sia considerata un «servizio» e benefici della tutela dell’art. 49 CE, il singolo che fornisce tale servizio deve percepire una retribuzione. Il Bundesfinanzhof chiede se, qualora il prestatore del servizio percepisca solo un rimborso a copertura delle «spese» correlate alle sue attività ma non consegua alcun profitto, tale situazione rientri ancora nell’ambito della nozione di «servizi» ai sensi del Trattato o, in altre parole, se un «rimborso spese» costituisca una «retribuzione» e l’attività considerata rientri quindi nell’ambito di applicazione degli artt. 49 CE e 50 CE.

8.     In primo luogo, la Corte ha adottato un’intepretazione estensiva di ciò che costituisce «retribuzione» ai sensi del Trattato, concentrando l’attenzione sul carattere economico dell’attività considerata. Nella sentenza Bond van Adverteerders (2), che riguardava la trasmissione transfrontaliera di programmi radiotelevisivi, la Corte ha dichiarato che il fatto che le emittenti dello Stato di trasmissione non pagassero i gestori delle reti di distribuzione via cavo dello Stato di ricezione per la trasmissione dei loro programmi non significava che il servizio non venisse prestato dietro «retribuzione», in quanto i suddetti gestori erano pagati dai loro abbonati e l’art. 60 del Trattato CEE (divenuto art. 50 CE) non prescrive che il servizio sia pagato da coloro che ne fruiscono.

9.     Nella causa Steymann (3), il ricorrente effettuava vari lavori manuali, quali lavori di idraulica e generici lavori domestici, per la comunità religiosa di cui era membro, la quale, in cambio, provvedeva al suo fabbisogno materiale. La Corte ha dichiarato che i lavori del ricorrente, che rappresentavano un elemento essenziale della partecipazione a detta comunità, potevano costituire un’«attività economica», e le prestazioni fornitegli dal gruppo potevano costituire un’«indiretta contropartita» dei suoi lavori. Tale sentenza ha chiarito che la retribuzione non deve assumere la forma di un pagamento in denaro, ma può essere in natura e presentare solo un nesso indiretto con il servizio prestato.

10.   Più recentemente, la nozione di retribuzione è stata esaminata dalla Corte nella sentenza Geraets-Smits e Peerbooms (4) relativamente alla prestazione di servizi medici. Diversi Stati membri sostenevano che non esiste alcuna retribuzione quando il paziente benefici di cure mediche prestate in una struttura ospedaliera senza dover pagare egli stesso il corrispettivo o riceva un rimborso in forza di un regime di assicurazione malattia. La Corte, tuttavia, ha respinto tale parere e ha dichiarato che la circostanza che le cure mediche fossero pagate direttamente dalla cassa malattia, e forfettariamente, non implicava che le stesse esulassero dall’ambito di applicazione del diritto comunitario. Spiegando il corretto approccio alla nozione di retribuzione, la Corte ha ribadito il principio secondo cui «la caratteristica essenziale della retribuzione va rintracciata nella circostanza che essa costituisce il corrispettivo economico della prestazione considerata» e ha concluso che «i pagamenti effettuati dalle casse malattia (…), ancorché forfettari, costituiscono sicuramente il corrispettivo delle prestazioni ospedaliere e presentano indubitabilmente un carattere retributivo per l’istituto ospedaliero che ne beneficia e che svolge un’attività di tipo economico» (il corsivo è mio) (5).

11.   Inoltre non risulta – né dal Trattato né dalla giurisprudenza della Corte – che un singolo debba conseguire un profitto per poter fruire della garanzia del Trattato relativa alla libera prestazione dei servizi. La Commissione rileva giustamente nelle sue osservazioni che «retribuzione» e «profitto» sono due concetti diversi e che l’art. 50 CE menziona solo la prima quale indicatore dell’esistenza di un’attività economica. In realtà, nella causa Geraets-Smits e Peerbooms alcuni Stati membri avevano sostenuto che un servizio può rientrare nell’ambito di applicazione dell’art. 50 CE solo se il prestatore lo fornisce per conseguire un profitto, ma tale argomento è stato respinto dalla Corte. Come ha dichiarato l’avvocato generale Jacobs, «un’attività non perde necessariamente il carattere commerciale per il semplice fatto che manchi il fine lucrativo» (6). La mancanza di fine lucrativo, di per sé, non comporta l’esclusione di un’attività dal campo di applicazione dell’art. 50 CE.

12.   Il fattore decisivo che riconduce un’attività nell’ambito di tutela delle disposizioni del Trattato relative alla libera prestazione dei servizi è il suo carattere economico: l’attività non dev’essere prestata senza contropartita, ma non occorre che il prestatore intenda realizzare un profitto.

13.   Infine, la Commissione osserva che, nel caso di specie, i pagamenti effettuati dall’Università di Strasburgo a favore del sig. Jundt non erano assolutamente commisurati alle sue spese effettive. Si tratta di una questione di fatto che va risolta dal giudice nazionale. In ogni caso, data la precedente analisi della nozione di «retribuzione», non occorre esaminare tale questione separatamente.

14.   Propongo alla Corte di risolvere la prima questione come segue: «L’attività lavorativa part-time di professore, esercitata a titolo di lavoro subordinato o autonomo per una persona giuridica di diritto pubblico, per la quale l’interessato riceva un’indennità, rientra nell’ambito di tutela dell’art. 49 CE».

III – Sulla seconda questione: giustificazioni della restrizione alla libera prestazione dei servizi

15.   Uno Stato membro può adottare misure che limitino la libera prestazione dei servizi, se tali misure sono giustificate da motivi di interesse generale e sono proporzionate allo scopo legittimo perseguito (7). Il Bundesfinanzhof chiede se costituisca un motivo di questo tipo il fatto che l’esenzione fiscale controversa si applichi solo quando l’attività viene svolta a vantaggio di un persona giuridica di diritto pubblico. L’elemento centrale della sua analisi è l’esigenza di preservare la coerenza del sistema fiscale. Inoltre, il governo tedesco sostiene che la normativa nazionale pertinente può essere giustificata in quanto misura diretta a promuovere l’istruzione, la ricerca e lo sviluppo nelle università pubbliche tedesche.

A –    Promozione dell’istruzione, della ricerca e dello sviluppo

16.   L’argomentazione del governo tedesco mira in sostanza a dimostrare che lo scopo dell’art. 3, n. 26, dell’EStG consiste nel promuovere l’istruzione e la ricerca, il che, secondo la Corte, può costituire una ragione imperativa di interesse generale (8). Tale disposizione consente alle università pubbliche di attrarre docenti che accettino di svolgere attività di insegnamento a tempo parziale in cambio di un compenso modesto, esente dall’imposta sul reddito. Pertanto, detta disposizione costituisce un incentivo per le persone qualificate affinché partecipino ad attività, quali l’insegnamento e la ricerca nelle università, a beneficio del pubblico, ricevendo in contropartita per i loro servizi un compenso a copertura delle spese professionali. Le università possono così svolgere le loro funzioni senza dovere competere tra loro per attrarre docenti adeguatamente qualificati destinando le proprie limitate risorse all’offerta di incentivi finanziari. La Germania, sempre secondo tale argomento, ha il diritto di utilizzare il suo sistema fiscale per sostenere le università nazionali, ma non è tenuta ad offrire un analogo sostegno alle università di altri Stati membri esentando dall’imposta sul reddito gli emolumenti corrisposti dalle stesse a docenti soggetti ad imposta in Germania. Ciò discende dal fatto che sia l’imposizione diretta che l’organizzazione del sistema di istruzione sono settori tuttora disciplinati in via principale dall’ordinamento nazionale, rispetto ai quali gli Stati membri dispongono di un ampio potere discrezionale ai fini dell’adozione delle pertinenti disposizioni interne.

17.   Tale argomento va disatteso. Se pure gli Stati membri possono adottare politiche e provvedimenti per promuovere l’istruzione e la ricerca nelle loro istituzioni accademiche, tuttavia devono farlo in modo compatibile con il diritto comunitario. L’art. 149, n. 1, CE dispone che «la Comunità contribuisce allo sviluppo di un’istruzione di qualità incentivando la cooperazione tra Stati membri e, se necessario, sostenendo ed integrando la loro azione» e l’art. 149, n. 2, CE enuncia che «l’azione della Comunità è intesa (…) a favorire la mobilità degli studenti e degli insegnanti». La normativa nazionale controversa è chiaramente in contrasto con tali obiettivi e scoraggia gli insegnanti dall’esercitare la libertà fondamentale di offrire i propri servizi in uno Stato membro diverso da quello di appartenenza, negando loro un’agevolazione fiscale di cui avrebbero goduto se fossero rimasti nel loro paese d’origine. Ovviamente, se un docente soggetto ad imposta in Germania dovesse scegliere se restare in Germania e percepire un compenso esente da imposta o recarsi in Francia e pagare le imposte sul medesimo compenso, sarebbe incline a rimanere in Germania. Nella causa Commissione/Austria (9), che verteva sulla mobilità degli studenti e sull’accesso all’istruzione superiore, la Corte ha espresso la sua disapprovazione per questo tipo di provvedimento nazionale nei seguenti termini: «Le facilitazioni concesse dal Trattato in materia di libera circolazione non dispiegano pienamente i propri effetti se una persona si trova penalizzata per il semplice fatto di esercitarle. Tale considerazione è particolarmente importante nel settore dell’istruzione, tenuto conto degli obiettivi perseguiti dall’art. 3, n. 1, lett. q), CE e dall’art. 149, n. 2, secondo trattino, CE, ovverosia favorire la mobilità degli studenti e degli insegnanti» (punto 44). Nel caso di specie, la disposizione di diritto nazionale controversa sarebbe giustificabile solo per ragioni di assoluta necessità, che rendano tale specifica misura indispensabile alla promozione dell’istruzione e della ricerca nelle università tedesche. Tuttavia, sembra possibile conseguire tale obiettivo facendo ricorso a strumenti alternativi che non alterino artificialmente la scelta, da parte dei docenti, del luogo in cui offrire i propri servizi, e il governo tedesco non ha fornito argomenti per dimostrare che, se la misura fiscale controversa non fosse consentita, il legittimo scopo da essa perseguito non verrebbe raggiunto.

18.   La Corte ha recentemente avuto modo di esaminare l’effetto di tale giustificazione con riferimento ad istituti di ricerca nella sentenza Laboratoires Fournier (10). La normativa nazionale pertinente concedeva un credito d’imposta alle imprese industriali e commerciali per spese di ricerca, ma solo se la ricerca veniva svolta in Francia. Una delle giustificazioni addotte dal governo francese era l’esigenza di promuovere la ricerca e lo sviluppo. La Corte, pur ammettendo che ciò poteva costituire un legittimo motivo di interesse pubblico, ha dichiarato che tale motivo non poteva giustificare la misura controversa, essendo quest’ultima incompatibile con gli obiettivi della politica comunitaria enunciati all’art. 163 CE che, al pari dell’art. 149 CE in materia di istruzione, sottolinea l’esigenza di una cooperazione tra gli Stati membri per sfruttare appieno le potenzialità del mercato interno (11). Il governo tedesco ha affermato che il caso ora in esame va distinto dalla causa Laboratoires Fournier, perché in quest’ultima il diritto nazionale influiva sulle decisioni relative agli investimenti delle imprese, mentre in questo caso l’effetto dell’art. 3, n. 26, dell’EStG consiste nell’offrire un vantaggio alle università tedesche senza incidere in alcun modo sul funzionamento delle università straniere che intendano assumere docenti tedeschi. A mio parere, ciò rispecchia un’errata comprensione dell’oggetto della presente controversia. Come ho già rilevato, il problema della disposizione nazionale controversa consiste nel fatto che essa persegue un obiettivo in linea di principio legittimo alterando le scelte dei docenti in un modo inconciliabile con il Trattato. L’art. 3, n. 26, dell’EStG, esercitando un’influenza analoga a quella della normativa in discussione nella causa Laboratoires Fournier, incide sulla decisioni degli insegnanti riguardanti il luogo all’interno della Comunità europea in cui fornire i propri servizi.

19.   Occorre infine rilevare che è esatta l’affermazione del governo tedesco secondo cui nessuno Stato membro è tenuto a sovvenzionare le università o altri istituti di istruzione di un altro Stato membro. Tuttavia, ciò non costituisce un valido motivo per interferire con l’esercizio di libertà fondamentali garantite dal Trattato. Una cosa è che uno Stato membro non sia tenuto a sovvenzionare talune attività in un altro Stato membro; tutt’altra cosa è negare determinate agevolazioni fiscali ai propri cittadini o ai cittadini di un altro Stato membro solo in ragione del fatto che hanno esercitato il loro diritto alla libera circolazione. In un progetto quale l’Unione europea e, in particolare, in conseguenza dell’esercizio di diritti sanciti dalle disposizioni del Trattato relative alla libera circolazione, è inevitabile che una parte delle risorse degli Stati membri vada a beneficio anche di privati o istituzioni di altri Stati membri. Come ha spiegato la Corte nella sentenza Grzelczyk, deve sussistere «una certa solidarietà finanziaria dei cittadini di tale Stato con quelli degli altri Stati membri» (12). Il concetto alla base di tale approccio è che gli Stati membri, pur conservando la competenza esclusiva a disciplinare settori quali la previdenza sociale e la politica in materia di istruzione, non possono limitare l’esercizio dei diritti garantiti dal Trattato per assicurare che i fondi e le risorse in questione vengano utilizzati solo a favore dei loro cittadini (13).

B –    Sulla coerenza del sistema fiscale

20.   Nella sentenza Bachmann (14) la Corte ha esaminato la compatibilità con le disposizioni sulla libera circolazione dei lavoratori di una normativa nazionale che consentiva la detrazione dal reddito imponibile dei contributi di assicurazione contro la vecchiaia e la morte se tali contributi erano stati versati in Belgio, ma non se erano stati pagati in un altro Stato membro. La Corte ha dichiarato che la disposizione poteva essere giustificata con l’esigenza di garantire la coerenza del sistema fiscale, dato che esisteva un nesso diretto tra la deducibilità dei contributi e l’assoggettamento ad imposta degli importi dovuti dagli assicuratori, in quanto la perdita di gettito fiscale dovuta alla detrazione dei contributi di assicurazione dal reddito totale imponibile era compensata dall’imposta applicata sulle pensioni, le rendite e i capitali dovuti dagli assicuratori.

21.   Le sentenze successive hanno chiarito che il requisito del nesso diretto tra il credito d’imposta in questione e la sua compensazione attraverso uno specifico prelievo fiscale rappresenta una condizione piuttosto onerosa che non può essere soddisfatta facilmente. Gli Stati membri hanno invocato in varie occasioni l’esigenza di preservare la coerenza fiscale, ma la Corte ha respinto questo argomento accertando che tale nesso diretto non sussisteva (15). Anche nei rari casi in cui ha dichiarato che, in linea di principio, poteva sussistere un nesso, la Corte ha respinto la giustificazione addotta in quanto i governi convenuti non avevano dimostrato che la misura nazionale fosse necessaria (16).

22.   Nell’ordinanza di rinvio pregiudiziale nella presente causa, il Bundesfinanzhof afferma che lo scopo dell’art. 3, n. 26, dell’EStG è sollevare lo Stato tedesco da alcune responsabilità ad esso incombenti per mezzo di una misura fiscale: da un lato, i docenti fruiscono di un’esenzione fiscale qualora insegnino presso università pubbliche e, dall’altro, lo Stato tedesco beneficia di un vantaggio corrispondente, potendo soddisfare le esigenze di insegnamento e ricerca ad un prezzo modesto. Pertanto, conclude il giudice a quo, esiste un nesso diretto tra l’esenzione fiscale e l’attività di insegnamento a favore di un’istituzione pubblica.

23.   Tuttavia, non vedo come ciò sia possibile alla luce della giurisprudenza successiva alla sentenza Bachmann. Esaminando le normative nazionali che interferivano con l’esercizio di libertà fondamentali, la Corte ha costantemente dichiarato che deve sussistere un nesso chiaro e inequivocabile tra l’agevolazione fiscale e lo specifico prelievo compensativo. Nel caso in esame, si afferma che l’esenzione dall’imposta sul reddito è compensata dal vantaggio che lo Stato tedesco trae dall’attività di insegnamento e ricerca dei docenti a tempo parziale. Tuttavia, un nesso così generico, vago e remoto tra l’agevolazione concessa al singolo e il beneficio per lo Stato si colloca ben al di sotto della soglia Bachmann (17).

24.   Pertanto, ritengo che non si possa giustificare l’art. 3, n. 26, dell’EStG con l’esigenza di garantire la coerenza del sistema fiscale.

25.   Propongo alla Corte di risolvere la seconda questione come segue: «La circostanza che l’agevolazione fiscale di diritto interno si legittimi solamente per effetto di un’attività prestata a favore di una persona giuridica di diritto pubblico nazionale non può giustificare la restrizione alla libera prestazione dei servizi».

IV – Sulla terza questione: l’organizzazione del sistema di istruzione

26.   L’art. 149, n. 1, CE dispone che «[l]a Comunità contribuisce allo sviluppo di un’istruzione di qualità incentivando la cooperazione tra Stati membri e, se necessario, sostenendo ed integrando la loro azione nel pieno rispetto della responsabilità degli Stati membri per quanto riguarda il contenuto dell’insegnamento e l’organizzazione del sistema di istruzione, nonché delle loro diversità culturali e linguistiche». Il Bundesfinanzhof chiede se l’art. 3, n. 26, dell’EStG possa essere mantenuto in quanto espressione del potere degli Stati membri di decidere essi stessi come debba essere organizzato il loro sistema di istruzione. Il Bundesfinanzhof ritiene che tale potere implichi la libertà di riservare un’agevolazione fiscale alle attività esercitate a titolo di lavoro subordinato o autonomo per un’università pubblica nazionale. Secondo il Bundesfinanzhof, lo scopo dell’art. 3, n. 26, dell’EStG non è limitare la libera prestazione dei servizi, bensì incentivare la disponibilità a contribuire a titolo onorario all’offerta di insegnamento degli istituti pubblici.

27.   Su tale questione occorre svolgere solo due osservazioni. In primo luogo, come afferma giustamente la Commissione, l’art. 3, n. 26, dell’EStG non è una misura concernente il contenuto dell’insegnamento o l’organizzazione del sistema di istruzione. Si tratta semmai di una misura tributaria di carattere generale che prevede un’agevolazione fiscale nel caso in cui un singolo svolga attività a favore del pubblico. Ovviamente, l’insegnamento e la ricerca, i cui beneficiari sono istituti di istruzione pubblici, rientrano nel suo ambito di applicazione; lo stesso vale tuttavia per una serie di altre attività (dalla partecipazione a progetti artistici all’assistenza agli anziani) e istituzioni (dagli enti assistenziali alle organizzazioni religiose). È evidente che tale disposizione non è espressione del potere di uno Stato membro di organizzare il proprio sistema di istruzione; in caso contrario, qualunque norma nazionale in qualche modo ricollegabile all’istruzione rientrerebbe nell’ambito di tutela dell’art. 149 CE.

28.   In secondo luogo, è noto che uno Stato membro, anche quando disciplina un settore rientrante nella sua competenza esclusiva, deve farlo in modo compatibile con il Trattato e, soprattutto, con le libertà fondamentali (18). La Corte ha recentemente avuto la possibilità di ribadire tale principio in relazione all’organizzazione delle attività di insegnamento nella sentenza Commissione/Austria (19). Ho già spiegato nella mia analisi della seconda questione che la disposizione di diritto nazionale controversa frappone ostacoli artificiosi alla scelta da parte dei docenti del luogo in cui offrire i loro servizi. Pertanto tale disposizione, quand’anche fosse una misura concernente l’organizzazione del sistema di istruzione, sarebbe comunque incompatibile con il Trattato.

29.   Propongo alla Corte di risolvere la terza questione come segue: «L’art. 149 CE, secondo cui gli Stati membri conservano la responsabilità di organizzare il loro sistema di istruzione, non può essere interpretato nel senso che l’art. 3, n. 26, dell’EStG esula dall’ambito di applicazione delle disposizioni del Trattato relative alla libera prestazione dei servizi o nel senso che è legittimo il diniego dell’agevolazione fiscale pertinente, opposto ai docenti che insegnino nelle università di altri Stati membri».

V –    Conclusione

30.   Pertanto, propongo alla Corte di risolvere le questioni proposte dal Bundesfinanzhof come segue:

1)       L’attività professionale svolta a titolo accessorio come professore, al servizio o per conto di una persona giuridica di diritto pubblico, per la quale l’interessato riceva un’indennità a titolo di rimborso spese, rientra nell’ambito di tutela dell’art. 49 CE.

2)       La circostanza che l’agevolazione fiscale di diritto interno si legittimi solamente per effetto di un’attività prestata a favore di una persona giuridica di diritto pubblico nazionale non può giustificare la restrizione alla libera prestazione dei servizi.

3)       L’art. 149 CE, secondo cui gli Stati membri conservano la responsabilità di organizzare il loro sistema di istruzione, non può essere interpretato nel senso che l’art. 3, punto 26, dell’Einkommensteuergesetz esula dall’ambito di applicazione delle disposizioni del Trattato relative alla libera prestazione dei servizi o nel senso che è legittimo il diniego dell’agevolazione fiscale pertinente, opposto ai docenti che insegnino nelle università di altri Stati membri.


1 – Lingua originale: l'inglese.


2 – Sentenza 26 aprile 1988, causa 352/85 (Racc. pag. 2085, punto 16). V. anche sentenza 11 aprile 2000, cause riunite C-51/96 e C-191/97, Deliège (Racc. pag. I-2549).


3 – Sentenza 5 ottobre 1988, causa C-196/87 (Racc. pag. 6159).


4 – Sentenza 12 luglio 2001, causa C-157/99 (Racc. pag. I-5473).


5 – Ibidem, punto 58.


6 – Conclusioni nella causa C-5/05, Joustra, decisa con sentenza 23 novembre 2006 (Racc. pag. I-11075, paragrafo 84). Ho esaminato la questione anche nelle mie conclusioni nella causa C-205/03, FENIN/Commissione, decisa con sentenza 11 luglio 2006 (Racc. pag. I-6295), che riguardava la definizione della nozione di «impresa» ai sensi del diritto della concorrenza. Come ho rilevato in quella sede, «anche se non viene perseguito alcuno scopo di lucro, può esservi una partecipazione al mercato suscettibile di mettere in discussione gli obiettivi del diritto della concorrenza».


7 – V., ad esempio, sentenza 9 novembre 2006, causa C-433/04, Commissione/Belgio (Racc. pag. I-10653, punto 33 e giurisprudenza ivi citata).


8 – Sentenza 10 marzo 2005, causa C-39/04, Laboratoires Fournier (Racc. pag. I-2057, punto 23).


9 – Sentenza 7 luglio 2005, causa C-147/03 (Racc. pag. I-5969).


10 – Citata alla nota 8.


11 – L’art. 163, n. 1, CE, enuncia che «[la] Comunità si propone l’obiettivo di rafforzare le basi scientifiche e tecnologiche dell’industria della Comunità» e l’art. 163, n. 2, CE dispone che «[a] tal fine essa incoraggia nell’insieme della Comunità le imprese (…), i centri di ricerca e le università nei loro sforzi di ricerca e di sviluppo tecnologico di alta qualità; essa sostiene i loro sforzi di cooperazione, mirando soprattutto a permettere alle imprese di sfruttare appieno le potenzialità del mercato interno grazie, in particolare, (…) all’eliminazione degli ostacoli giuridici e fiscali a detta cooperazione».


12 – Sentenza 20 settembre 2001, causa C-184/99 (Racc. pag. I-6193, punto 44). V. anche sentenza 15 marzo 2005, causa C-209/03, Bidar (Racc. pag. I-2119, punto 56), e conclusioni dell’avvocato generale Jacobs nella causa Commissione/Austria, citata alla nota 9 (paragrafo 53).


13 – V. S. Giubboni, «Free Movement of Persons and European Solidarity», European Law Journal, Vol. 13 (2007), n. 3, pagg. 360-379.


14 – Sentenza 28 gennaio 1992, causa C-204/90 (Racc. pag. I-249). V. anche sentenza 28 gennaio 1992, causa C-300/90, Commissione/Belgio (Racc. pag. I-305).


15 – V., ad esempio, sentenze 29 marzo 2007, causa C-347/04, Rewe Zentralfinanz (Racc. pag. I-2647, punti 62-64), e 14 settembre 2006, causa C-386/04, Centro di Musicologia Walter Stauffer (Racc. pag. I-8203, punto 53 e giurisprudenza ivi citata).


16 – Sentenze 14 febbraio 1994, causa C-279/93, Schumacker (Racc. pag. I-225); 7 settembre 2004, causa C-319/02, Manninen (Racc. pag. I-7477), e 6 marzo 2007, causa C-292/04, Meilicke e a. (Racc. pag. I-1835).


17 – Nella causa C-446/03, Marks & Spencer (Racc. pag. I-10837), ho osservato che il criterio Bachmann è eccessivamente restrittivo e andrebbe mitigato, assumendo il criterio dello scopo della normativa controversa quale criterio di ammissibilità della giustificazione relativa alla coerenza fiscale. Anche l’avvocato generale Kokott ha svolto osservazioni analoghe nelle conclusioni relative alla citata causa Manninen. La Corte, tuttavia, non si è discostata dall’orientamento adottato alla causa Bachmann. In ogni caso, l’art. 3, n. 26, dell’EStG non rispetta neanche tale criterio meno restrittivo dato che, anche ammettendo in linea di principio che il suo obiettivo e la sua logica siano compatibili con il diritto comunitario, non si è dimostrato che l’interferenza con il diritto del sig. Jundt di prestare i suoi servizi in un altro Stato membro sia necessaria al conseguimento dell’obiettivo perseguito.


18 – V., ad es., sentenze Manninen, citata alla nota 16 (imposizione diretta); 15 gennaio 2002, causa C-55/00, Gottardo (Racc. pag. I-413) (previdenza sociale); 7 dicembre 2000, causa C-324/98, Teleaustria (Racc. pag. I-10745) (appalti pubblici esclusi dall’ambito di applicazione delle direttive sugli appalti).


19 – Citata alla nota 9.