Causa C-284/06
Finanzamt Hamburg-Am Tierpark
contro
Burda GmbH, già Burda Verlagsbeteiligungen GmbH
(domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Bundesfinanzhof)
«Normativa tributaria — Libertà di stabilimento — Direttiva 90/435/CEE — Imposta sulle società — Regime fiscale comune applicabile alle società controllanti e alle società controllate di Stati membri diversi — Società di capitali — Distribuzione di redditi e di incrementi patrimoniali — Ritenuta alla fonte — Credito d’imposta — Trattamento degli azionisti residenti e degli azionisti non residenti»
Massime della sentenza
1. Procedura — Fase orale del procedimento — Riapertura
(Art. 234 CE; regolamento di procedura della Corte, art. 61)
2. Ravvicinamento delle legislazioni — Regime fiscale comune applicabile alle società controllanti e controllate di Stati membri diversi — Direttiva 90/435
(Direttiva del Consiglio 90/435, art. 5, n. 1)
3. Libera circolazione delle persone — Libertà di stabilimento — Normativa tributaria — Imposta sulle società
[Trattato CE, art. 52 (divenuto, in seguito a modifica, art. 43 CE); direttiva del Consiglio 90/435, art. 4]
1. La Corte può d’ufficio o su proposta dell’avvocato generale, ovvero su domanda delle parti, riaprire la fase orale del procedimento, ai sensi dell’art. 61 del regolamento di procedura, qualora ritenga di non avere sufficienti chiarimenti o che la causa debba essere decisa sulla base di un argomento che non sia stato oggetto di discussione tra le parti. Tuttavia, l’affermazione secondo cui l’avvocato generale non ha tenuto in considerazione, nelle sue conclusioni, talune norme giuridiche nazionali non menzionate dal giudice del rinvio nella sua domanda pregiudiziale non può giustificare la riapertura della fase orale tenuto conto dei requisiti del suddetto articolo.
Infatti, nell’ambito di un procedimento introdotto ai sensi dell’art. 234 CE, non è compito della Corte precisare le disposizioni nazionali pertinenti applicabili nella causa principale. Tale compito spetta esclusivamente al giudice del rinvio che, nel definire il contesto giuridico interno, lascia alla Corte la possibilità di fornire tutti gli elementi di interpretazione rientranti nel diritto comunitario che consentano al giudice del rinvio di valutare la conformità di una normativa nazionale al diritto comunitario. Inoltre, né lo Statuto della Corte né il regolamento di procedura prevedono la facoltà per le parti di depositare osservazioni in risposta alle conclusioni presentate dall’avvocato generale.
Parimenti, è compito del solo giudice del rinvio definire il contesto di fatto in cui si inseriscono le questioni che ha sottoposto o, almeno, analizzare le ipotesi di fatto su cui tali questioni sono fondate. Pertanto, quando un giudice del rinvio non evidenzia alcuni elementi di fatto nella propria decisione di rinvio, una parte non può asserire che talune premesse di fatto su cui si fonda l’analisi dell’avvocato generale sono inesatte, se non addirittura lacunose, per giustificare la riapertura della fase orale del procedimento tenuto conto dei requisiti stabiliti dall’art. 61 del regolamento di procedura della Corte.
(v. punti 37-40, 42, 44-47)
2. Una disposizione del diritto nazionale che imponga, in caso di distribuzione di utili da parte di una società controllata alla propria società madre, la tassazione dei redditi e degli incrementi patrimoniali della società controllata che non sarebbero stati assoggettati a tassazione qualora quest’ultima li avesse tesorizzati anziché distribuirli alla società madre, non costituisce una ritenuta alla fonte ai sensi dell’art. 5, n. 1, della direttiva 90/435, concernente il regime fiscale comune applicabile alle società madri e figlie di Stati membri diversi.
Infatti, costituisce una ritenuta alla fonte ogni imposta sul reddito percepito nello Stato in cui i dividendi sono distribuiti e il cui fatto generatore è il versamento di dividendi o di ogni altro rendimento dei titoli, quando la base imponibile di tale imposta è il rendimento dei detti titoli e il soggetto passivo è il detentore di questi ultimi. Di conseguenza, ai fini dell’applicazione della norma citata, devono ricorrere tre condizioni cumulative. Dato che la terza condizione secondo cui il soggetto passivo è il possessore dei titoli non ricorre, l’art. 5, n. 1, della direttiva 90/435 non osta ad un meccanismo di correzione contabile come quello previsto dalla norma giuridica nazionale sopramenzionata.
(v. punti 52-53, 61, 63-64, dispositivo 1)
3. L’art. 52 del Trattato (divenuto, in seguito a modifica, art. 43 CE) deve essere interpretato nel senso che non osta all’applicazione di una norma nazionale in forza della quale la tassazione degli utili distribuiti da una società controllata residente di uno Stato membro alla sua società madre è assoggettata a un medesimo meccanismo correttore, indipendentemente dal fatto che la società madre risieda nello stesso o in un altro Stato membro, laddove, contrariamente ad una società madre residente, a una società madre non residente non viene riconosciuto un credito di imposta da parte dello Stato membro di residenza della sua società controllata.
Infatti, se l’applicazione del meccanismo di correzione di cui è causa non può modificare il carico fiscale della società controllata residente a seconda che la sua società madre sia stabilita nello stesso Stato membro o in un altro Stato membro, in modo tale che detta società controllata non si trovi in una posizione diversa rispetto alla normativa del suo Stato di residenza a seconda che distribuisca i suoi utili ad una società madre non residente o ad una società madre residente, l’applicazione del detto meccanismo non conduce, rispetto alla società controllata, ad un trattamento identico di situazioni diverse costituente un trattamento fiscale discriminatorio, in linea di principio vietato dall’art. 52 del Trattato.
Tale valutazione non può essere rimessa in discussione dalla circostanza che, per gli azionisti non residenti, la tassazione dell’impresa distributrice diventa definitiva, nel senso che l’aumento del carico fiscale della società distributrice non viene compensato dalla concessione di un credito d’imposta corrispondente. In mancanza di disposizioni comunitarie di unificazione o di armonizzazione, gli Stati membri rimangono competenti per definire, in via convenzionale o unilaterale, i criteri per ripartire il loro potere impositivo, in particolare al fine di eliminare la doppia imposizione. A tale titolo, il credito di imposta concesso alla società madre residente, in base a tale normativa nazionale, è diretto ad evitare una doppia imposizione economica degli utili distribuiti da una società controllata residente e tassati una prima volta in capo a quest’ultima. Orbene, nell’ambito di una distribuzione transfrontaliera degli utili, in linea di principio non è compito dello Stato membro di residenza della società controllata prevenire una doppia imposizione economica, ma dello Stato nel cui territorio è stabilita la società madre, come emerge dall’art. 4 della direttiva 90/435, concernente il regime fiscale comune applicabile alle società madri e figlie di Stati membri diversi. Di conseguenza, lo Stato membro di residenza della società madre è tenuto a concedere un trattamento fiscale che ha il medesimo scopo di quello del credito d’imposta concesso dallo Stato membro di residenza della società controllata alle società madri ivi stabilite, con il risultato che anche in questo caso viene evitata la doppia imposizione economica degli utili distribuiti sotto forma di dividendi. Così, esattamente come la società madre residente di una controllata residente beneficia di un credito d’imposta concesso dal suo Stato di residenza, che agisce altresì come Stato di residenza della controllata, la società madre non residente di una controllata residente è tutelata contro il rischio di una doppia imposizione economica degli utili distribuiti sotto forma di dividendi, ma attraverso lo Stato membro in cui risiede. La mancata concessione di un credito d’imposta da parte dello Stato membro della controllata a favore di una società madre non residente non può quindi distinguere la situazione di una società controllata residente di una società madre residente da quella della società controllata residente di una società madre non residente.
(v. punti 82-85, 87-92, 94-96, dispositivo 2)
SENTENZA DELLA CORTE (Quarta Sezione)
26 giugno 2008 (*)
«Normativa tributaria – Libertà di stabilimento – Direttiva 90/435/CEE – Imposta sulle società – Regime fiscale comune applicabile alle società controllanti e alle società controllate di Stati membri diversi – Società di capitali – Distribuzione di redditi e di incrementi patrimoniali – Ritenuta alla fonte – Credito d’imposta – Trattamento degli azionisti residenti e degli azionisti non residenti»
Nel procedimento C-284/06,
avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, dal Bundesfinanzhof (Germania), con decisione 22 febbraio 2006, pervenuta in cancelleria il 29 giugno 2006, nella causa
Finanzamt Hamburg-Am Tierpark
contro
Burda GmbH, già Burda Verlagsbeteiligungen GmbH,
LA CORTE (Quarta Sezione),
composta dal sig. K. Lenaerts, presidente di sezione, dal sig. G. Arestis (relatore), dalla sig.ra R. Silva de Lapuerta, dai sigg. E. Juhász e T. von Danwitz, giudici,
avvocato generale: sig. P. Mengozzi
cancelliere: sig. J. Swedenborg, amministratore
vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 13 giugno 2007,
considerate le osservazioni presentate:
– per la Burda GmbH, già Burda Verlagsbeteiligungen GmbH, dagli avv.ti H. Geißler, B. von Winterfeld e J. Lüdicke, Rechtsanwälte,
– per il governo tedesco, dai sigg. M. Lumma e C. Blaschke, in qualità di agenti,
– per la Commissione delle Comunità europee, dai sigg. R. Lyal e W. Mölls, in qualità di agenti,
sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 31 gennaio 2008,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1 La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione della direttiva del Consiglio 23 luglio 1990, 90/435/CEE, concernente il regime fiscale comune applicabile alle società madri e figlie di Stati membri diversi (GU L 225, pag. 6, in prosieguo: la «direttiva»), e degli artt. 52 del Trattato CE (divenuto, in seguito a modifica, art. 43 CE), nonché degli artt. 73 B e 73 D del Trattato CE (divenuti, rispettivamente, artt. 56 CE e 58 CE).
2 Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia che oppone la società Burda GmbH, già Burda Verlagsbeteiligungen GmbH (in prosieguo: la «Burda») al Finanzamt Hamburg-Am Tierpark (in prosieguo: il «Finanzamt»), relativamente alla tassazione degli utili che tale società ha distribuito nel 1998 per gli esercizi 1996 e 1997 a una delle sue società madri, vale a dire la RCS International Services BV (in prosieguo: la «RCS»), stabilita nei Paesi Bassi.
Contesto normativo
Normativa comunitaria
3 In conformità del suo primo ‘considerando’ la direttiva 90/435 è diretta ad instaurare «norme fiscali che siano neutre nei riguardi della concorrenza al fine di permettere alle imprese di adeguarsi alle esigenze del mercato comune, di accrescere la loro produttività e di rafforzare la loro posizione concorrenziale sul piano internazionale».
4 In base alla formulazione del suo terzo ‘considerando’ tale direttiva intende, in particolare, eliminare lo svantaggio fiscale subito dai gruppi di società di Stati membri diversi rispetto ai gruppi di società di uno stesso Stato membro.
5 Gli artt. 1-7 della direttiva 90/435 prevedono quanto segue:
«Articolo 1
1. Ogni Stato membro applica la presente direttiva:
– alla distribuzione degli utili percepita da società di questo Stato membro e provenienti dalle loro filiali di altri Stati membri;
– alla distribuzione degli utili effettuata da società di questo Stato a società di altri Stati membri di cui esse sono filiali.
(…)
Articolo 2
Ai fini dell’applicazione della presente direttiva, il termine “società di uno Stato membro” designa qualsiasi società:
a) che abbia una delle forme enumerate nell’allegato;
b) che, secondo la legislazione fiscale di uno Stato membro, sia considerata come avente il domicilio fiscale in tale Stato e, ai sensi di una convenzione in materia di doppia imposizione conclusa con uno Stato terzo, non sia considerata come avente tale domicilio fuori della Comunità;
c) che, inoltre, sia assoggettata, senza possibilità di opzione e senza esserne esentata, a una delle seguenti imposte:
(…)
– Körperschaftsteuer in Germania,
(...)
o a qualsiasi altra imposta che venga a sostituire una delle imposte sopraindicate.
Articolo 3
Ai fini dell’applicazione della presente direttiva:
a) la qualità di società madre è riconosciuta almeno ad ogni società di uno Stato membro che soddisfi alle condizioni di cui all’articolo 2 e che detenga nel capitale di una società di un altro Stato membro che soddisfi alle medesime condizioni una partecipazione minima del 25%;
b) si intende per «società figlia» la società nel cui capitale è detenuta la partecipazione indicata alla lettera a).
(…)
Articolo 4
1. Quando una società madre, in veste di socio, riceve dalla società figlia utili distribuiti in occasione diversa dalla liquidazione di quest’ultima, lo Stato della società madre:
– si astiene dal sottoporre tali utili a imposizione;
– o li sottopone a imposizione, autorizzando però detta società madre a dedurre dalla sua imposta la frazione dell’imposta pagata dalla società figlia a fronte dei suddetti utili e, eventualmente, l’importo della ritenuta alla fonte prelevata dallo Stato membro in cui è residente la società figlia in applicazione delle disposizioni derogatorie dell’articolo 5, nel limite dell’importo dell’imposta nazionale corrispondente.
2. Ogni Stato membro ha tuttavia la facoltà di stipulare che oneri relativi alla partecipazione e minusvalenze risultanti dalla distribuzione degli utili della società figlia non siano deducibili dall’utile imponibile della società madre (…).
Articolo 5
1. Gli utili distribuiti da una società figlia alla sua società madre, almeno quando quest’ultima detiene una partecipazione minima del 25% nel capitale della società figlia, sono esenti dalla ritenuta alla fonte.
(…)
3. In deroga al paragrafo 1, la Repubblica federale di Germania può, fino a quando applica agli utili distribuiti un’aliquota d’imposta sulle società inferiore di almeno 11 punti a quella applicata agli utili non distribuiti e comunque non oltre la metà del 1996, prelevare, a titolo d’imposta compensativa, una ritenuta alla fonte pari al 5% sugli utili distribuiti dalle sue società figlie.
(…)
Articolo 6
Lo Stato membro da cui dipende la società madre non può riscuotere ritenute alla fonte sugli utili che questa società riceve dalla sua società figlia.
Articolo 7
1. L’espressione “ritenuta alla fonte” utilizzata nella presente direttiva non comprende il pagamento anticipato o preliminare (ritenuta) dell’imposta sulle società allo Stato membro in cui ha sede la società figlia, effettuato in concomitanza con la distribuzione degli utili alla società madre.
2. La presente direttiva lascia impregiudicata l’applicazione di disposizioni nazionali o convenzionali intese a sopprimere o ad attenuare la doppia imposizione economica dei dividendi, in particolare delle disposizioni relative al pagamento di crediti di imposta ai beneficiari dei dividendi».
6 Come prevede l’allegato alla direttiva 90/435, quest’ultima riguarda le società di diritto tedesco denominate «Aktiengesellschaft», «Kommanditgesellschaft auf Aktien», «Gesellschaft mit beschränkter Haftung» e «bergrechtliche Gewerkschaft».
Normativa nazionale
Il KStG 1996
7 L’art. 1 della legge del 1996 relativa all’imposta sulle società (Körperschaftsteuergesetz), nella versione applicabile ai fatti della controversia principale (BGBl. 1996 I, pag. 340; in prosieguo: il «KStG 1996»), prevede, in particolare, che le società di capitali aventi gli uffici direttivi o la sede in Germania siano integralmente assoggettate all’imposta sulle società.
8 Ai sensi dell’art. 2 del KstG 1996, gli enti, le associazioni di persone e le masse patrimoniali che non hanno né gli uffici direttivi né la sede in Germania sono parzialmente assoggettate all’imposta sulle società per i redditi prodotti in Germania.
9 In forza dell’art. 23 del KStG 1996, l’aliquota normale dell’imposta sulle società è pari al 45% del reddito imponibile.
10 L’art. 27, n. 1, del KStG 1996 prevede che «se una società di capitali integralmente assoggettata all’imposta [sulle società] distribuisce utili, l’imposta aumenta o si riduce, di conseguenza, in ragione dell’importo differenziale fra la tassazione del capitale proprio della società di capitali (tassazione della tesorizzazione) che si considera utilizzato, ai sensi dell’art. 28, per la distribuzione di dividendi, e la tassazione risultante dall’applicazione dell’aliquota del 30% sugli utili al lordo dell’imposta sulle società (tassazione della distribuzione)».
11 L’art. 28, nn. 3 e 4, del KStG 1996 dispone:
«3. Gli elementi del capitale proprio utilizzabile si considerano utilizzati ai fini di una distribuzione secondo la sequenza di cui all’art. 30, fatti salvi i nn. 4, 5 e 7. L’importo a concorrenza del quale un elemento si considera utilizzato dev’essere determinato in funzione della sua imposizione ordinaria.
4. Qualora l’elemento o gli elementi del capitale, ai sensi dell’art. 30, n. 1, terzo periodo, punti 1 o 2, inizialmente considerati utilizzati ai sensi del n. 3, risultino successivamente insufficienti a compensare una distribuzione di utili, tale distribuzione dev’essere imputata all’elemento del capitale di cui all’art. 30, n. 2, punto 2, anche qualora detto elemento divenga negativo a seguito di tale imputazione».
12 L’art. 29, secondo comma, del KStG 1996 prevede che il capitale proprio è suddiviso, al termine di ogni esercizio contabile, in capitale proprio distribuibile e in capitale proprio residuo; il capitale proprio distribuibile costituisce la quota di capitale proprio eccedente il capitale sociale.
13 L’art. 30, nn. 1 e 2, del KStG dispone quanto segue:
«(1). Al termine di ogni esercizio contabile, il capitale proprio distribuibile è suddiviso in funzione del regime impositivo. Ciascuna frazione dipende dalla suddivisione nel corso dell’esercizio contabile precedente. Nella suddivisione si devono presentare separatamente le frazioni corrispondenti:
1. ad elementi di reddito che, a decorrere dal 31 dicembre 1993, siano soggetti all’aliquota piena dell’imposta sulle società;
(…)
3. ad incrementi patrimoniali non assoggettati all’imposta sulle società o che abbiano determinato un incremento del capitale proprio delle società di capitali nel corso degli esercizi contabili anteriori al 1° gennaio 1977.
(2). L’importo di cui al n. 1, punto 3, è suddiviso in:
1. capitale proprio costituito da redditi esteri prodotti nel corso degli esercizi contabili successivi al 31 dicembre 1976 (…),
2. incrementi patrimoniali diversi non assoggettabili all’imposta sulle società e non rientranti nelle categorie 3 e 4;
3. capitale proprio distribuibile costituito prima della fine dell’esercizio fiscale precedente al 1°gennaio 1977;
4. conferimenti agli azionisti che abbiano incrementato il capitale proprio nel corso degli esercizi contabili successivi al 31 dicembre 1976».
14 La quota dei redditi menzionati all’art. 30, n. 1, punto 1, del KStG 1996, assoggettati all’aliquota piena dell’imposta sulle società, ossia il 45%, è indicata con la denominazione EK 45.
15 Gli incrementi patrimoniali di cui all’art. 30, n. 1, punto 3, del KStG, non soggetti all’imposta sulle società, sono indicati con la denominazione «EK 0», e in funzione delle quattro categorie di cui all’art. 30, n. 2, del KStG 1996, con le denominazioni da EK 01 a EK 04.
16 L’art. 40 del KStG 1996 prevede:
«Ai sensi dell’art. 27, l’imposta sulle società non è aumentata:
1. per le distribuzioni delle frazioni rientranti nell’ambito di applicazione delle disposizioni dell’art. 30, n. 2, punto 1 [EK 01];
2. per le distribuzioni delle frazioni rientranti nell’ambito di applicazione dell’art. 30, n. 2, punto 4 [EK 04]».
17 L’art. 44, n. 1, primo periodo, del KStG 1996 dispone:
«Qualora un soggetto integralmente assoggettato all’imposta fornisca prestazioni per conto proprio, equivalenti, per gli azionisti, a redditi ai sensi dell’art. 20, n. 1, punti 1 e 2, della legge relativa all’imposta sui redditi, tale soggetto è tenuto, salvo quanto previsto al n. 2, a fornire agli azionisti, su loro domanda, un certificato redatto sull’apposito modulo amministrativo ufficiale, recante le seguenti indicazioni:
1. il nome e l’indirizzo dell’azionista;
2. l’importo delle prestazioni;
3. la data del pagamento;
4. l’importo dell’imposta sulle società detraibile in forza dell’art. 36, n. 2, punto 3, primo periodo, della legge relativa all’imposta sui redditi;
5. l’importo dell’imposta sulle società da rimborsare ai sensi dell’art. 52; è sufficiente che l’indicazione sia riferita a un’unica azione, a un’unica quota o a un unico diritto di godimento;
6. l’importo della prestazione per la quale si considera utilizzato l’elemento del capitale ai sensi dell’art. 30, n. 2, punto 1;
7. l’importo della prestazione per la quale si considera utilizzato l’elemento del capitale ai sensi dell’art. 30, n. 2, punto 4».
18 L’art. 50, n. 1, punto 2, del KStG 1996 prevede, in particolare, che l’imposta sulle società dovuta per i redditi soggetti a ritenuta alla fonte è assolta mediante ritenuta alla fonte, qualora il beneficiario sia solo parzialmente soggetto ad imposta e i redditi non derivino da un’attività commerciale, agricola o di silvicoltura, situata sul territorio nazionale.
19 L’art. 51 del KStG 1996 dispone che «qualora l’azionista non sia assoggettato all’imposta sui redditi ai sensi dell’art. 20, n. 1, punti 1-3, o n. 2, punto 2, lett. a), della legge relativa all’imposta sui redditi, o qualora tali redditi non vengano presi in considerazione ai fini del calcolo della base imponibile ai sensi dell’art. 50, n. 1, punto 1 o 2, sono esclusi la detrazione o il rimborso dell’imposta sulle società dovuta ai sensi dell’art. 36, n. 2, punto 3, della legge relativa all’imposta sui redditi».
20 L’art. 52, n. 1, del KStG 1996 così recita:
«L’imposta sulle società che non possa essere detratta conformemente all’art. 51 è rimborsata agli azionisti integralmente soggetti ma esentati dall’imposta sulle società, alle persone giuridiche di diritto pubblico e agli azionisti parzialmente assoggettati all’imposta sulle società ai sensi dell’art. 2, punto 1, su loro richiesta, nella misura in cui tale imposta aumenti, conformemente all’art. 27, a causa del fatto che il capitale proprio ai sensi dell’art. 30, n. 2, punto 3, si considera utilizzato ai fini della distribuzione o di una prestazione analoga».
L’EstG 1990
21 L’art. 20, n. 1, della legge del 1990 relativa all’imposta sui redditi (Einkommensteuergesetz 1990, BGBl. 1990 I, pag. 1898; in prosieguo: l’«EStG 1990») dispone:
«I redditi da capitale comprendono:
l. le distribuzioni di dividendi;
2. (…)
3. l’importo dell’imposta sulle società detraibile in forza dell’art. 36, n. 2, punto 3».
22 L’art. 36, n. 2, dell’EStG 1990 prevede quanto segue:
«(…)
Le somme seguenti saranno detratte dall’importo dell’imposta sul reddito:
(…)
3. l’imposta sulle società pagata da un ente o da una associazione di persone integralmente assoggettata all’imposta sulle società, nella misura dei tre settimi dei redditi ai sensi dell’art. 20, n. 1, punto 1 (dividendi) o 2, sempreché tali redditi non derivino da distribuzioni per le quali sia stato utilizzato capitale proprio ai sensi dell’art. 30, n. 2, punto 1, della legge relativa all’imposta sulle società».
23 L’art. 43, n. 1, dell’EStG 1990 recita:
«I seguenti redditi da capitale percepiti in Germania sono assoggettati all’imposta sul reddito mediante prelievo sui redditi da capitale (imposta sui redditi da capitale):
1. i redditi da capitale ai sensi dell’art. 20, n. 1, punti 1 e 2 (…)».
Fatti all’origine della causa principale, questioni pregiudiziali e procedimento dinanzi alla Corte
24 Come risulta dalla decisione di rinvio, la Burda è una società a responsabilità limitata di diritto tedesco avente la sede e gli uffici direttivi in Germania. Essa è stata controllata, negli anni rilevanti per la causa principale, in parti uguali dalla RCS, stabilita nei Paesi Bassi, e dalla società di capitali Burda International Holding GmbH (in prosieguo: la «Burda International»), con sede in Germania.
25 Nel 1998, la Burda decideva di distribuire gli utili relativi agli esercizi 1996 e 1997 in parti uguali alla RCS e alla Burda International. La distribuzione di tali utili veniva tassata, ai sensi dell’art. 27, n. 1, del KStG 1996, all’aliquota del 30%.
26 Dalla decisione di rinvio risulta che, conformemente all’art. 44 del KStG 1996, solo la Burda International ha ricevuto un certificato di detraibilità dell’imposta sulle società per la distribuzione degli utili effettuata dalla Burda.
27 Dalla stessa decisione di rinvio risulta altresì che, in seguito ad un controllo fiscale si è accertato che la Burda aveva distribuito utili per un importo superiore a quello dei redditi imponibili. Il Finanzamt riduceva quindi da DEM 6 049 925 a DEM 4 915 490 i diversi elementi del capitale proprio distribuibile soggetti all’imposta sulle società all’aliquota piena (EK 45) e, ai sensi dell’art. 28, n. 4, del KStG 1996, procedeva alla compensazione degli utili distribuiti che non erano più coperti, a seguito della riduzione effettuata, da capitale proprio distribuibile soggetto ad imposta con il capitale proprio ai sensi dell’art. 30, n. 2, punto 2, del KStG 1996 (EK02).
28 Tale compensazione determinava un aumento dell’imposta sulle società per i due esercizi di cui alla causa principale e, pertanto, la predisposizione, in particolare, di due cartelle esattoriali modificate.
29 La Burda proponeva ricorso dinanzi al Finanzgericht Hamburg contro tali cartelle, contestando l’applicazione dell’art. 28, n. 4, del KStG 1996, in ragione del fatto che la compensazione con l’EK 02 delle distribuzioni degli utili alla RCS era errata.
30 In proposito, la Burda sosteneva di disporre di conferimenti in contanti rientranti nella categoria EK 04 che sarebbero stati sufficienti a finanziare la distribuzione degli utili e, in ogni caso, di non disporre di incrementi patrimoniali rientranti nel suo EK 02.
31 Con sentenza 29 aprile 2005, il Finanzgerich Hamburg accoglieva il ricorso della Burda, ritenendo, in sostanza, che occorresse applicare le disposizioni dell’art. 28, n. 3, del KStG 1996 nel senso che la quota di utili distribuiti alla RCS avrebbe dovuto essere imputata all’EK 04.
32 Il Finanzamt presentava ricorso per cassazione contro detta sentenza dinanzi al Bundesfinanzhof.
33 Quest’ultimo ha ritenuto che occorresse respingere l’interpretazione data dal Finanzgericht Hamburg all’art. 28, n. 4, del KStG 1996. Secondo il Bundesfinanzhof, l’ambito di applicazione di tale disposizione non può essere limitato agli azionisti aventi diritto alla detrazione e quindi non possono essere esclusi gli azionisti, quali la RCS, che non hanno diritto al credito d’imposta.
34 Tuttavia, il Bundesfinanzhof ha espresso dubbi sulla questione se la determinazione dell’imposta sulle distribuzioni effettuate per la categoria EK 02 sia compatibile con la direttiva 90/435 in quanto costituisce una ritenuta alla fonte e, eventualmente, con le disposizioni del Trattato CE relative alla libera circolazione dei capitali e alla libertà di stabilimento.
35 Pertanto, tale giudice ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:
«1) Se sussista una ritenuta alla fonte, ai sensi dell’art. 5, n. 1, della direttiva 90/435 (…), divenuto art. 5 nel testo [risultante dalla] direttiva del Consiglio 22 dicembre 2003, 2003/123/CE (GU 2004, L 7, pag. 41), nell’ipotesi in cui la normativa nazionale imponga, nella distribuzione di utili da parte di una società controllata alla propria società madre, la tassazione dei redditi e degli incrementi patrimoniali della società di capitali che, in base alla legge nazionale, non sarebbero stati assoggettati a tassazione qualora fossero rimasti nella società controllata senza distribuzione alla società madre.
2) In caso di soluzione negativa della prima questione: se sia compatibile con [gli artt. 52, 73 B e 73 D del Trattato CE] una normativa nazionale che preveda, in deroga, la compensazione della distribuzione degli utili di una società di capitali con quote di capitale proprio della società medesima, con conseguente imposizione fiscale, anche nei casi in cui tale società dimostri di aver distribuito dividendi ad azionisti non residenti sul territorio nazionale, ancorché per tali azionisti sia esclusa, in base alla legge nazionale – ed a differenza che per un’azionista residente sul territorio nazionale – la possibilità di detrarre dalle imposte a proprio carico l’imposta sulle società determinata nei loro confronti».
36 Con atto depositato presso la cancelleria della Corte il 18 febbraio 2008, la Burda chiedeva alla Corte di ordinare la riapertura della fase orale del procedimento, in applicazione dell’art. 61 del regolamento di procedura, per adottare «misure di organizzazione del procedimento».
Sulla domanda diretta alla riapertura della fase orale e all’adozione di misure di organizzazione del procedimento
37 Dalla giurisprudenza della Corte risulta che essa può, d’ufficio o su proposta dell’avvocato generale, ovvero su domanda delle parti, riaprire la fase orale del procedimento, ai sensi dell’art. 61 del regolamento di procedura, qualora ritenga di non avere sufficienti chiarimenti o che la causa debba essere decisa sulla base di un argomento che non sia stato oggetto di discussione tra le parti (v., sentenze 14 dicembre 2004, causa C-210/03, Swedish Match, Racc. pag. I-11893, punto 25; 7 dicembre 2006, causa C-306/05, SGAE, Racc. pag. I-11519, punto 27, e 28 giugno 2007, causa C-466/03, Albert Reiss Beteiligungsgesellschaft, Racc. pag. I-5357, punto 29).
38 A sostegno della sua domanda, la Burda afferma anzitutto che l’avvocato generale non prende in considerazione nelle sue conclusioni le disposizioni dell’art. 78, n. 5, della circolare tedesca relativa all’imposta sulle società (Körperschaftsteuerrichtlinien; in prosieguo: il «KStR»).
39 A tale proposito, occorre rilevare che, nell’ambito di un procedimento introdotto ai sensi dell’art. 234 CE, non è compito della Corte precisare le disposizioni nazionali pertinenti applicabili nella causa principale. Tale compito spetta esclusivamente al giudice del rinvio che, nel definire il contesto giuridico interno, lascia alla Corte la possibilità di fornire tutti gli elementi di interpretazione rientranti nel diritto comunitario che consentano al giudice del rinvio di valutare la conformità di una normativa nazionale al diritto comunitario.
40 Orbene, è fuori discussione il fatto che il giudice del rinvio non menziona nella sua domanda pregiudiziale le disposizioni dell’art. 78, n. 5, del KStR.
41 In realtà, con le sue affermazioni la Burda critica la posizione assunta dall’avvocato generale in merito all’interpretazione dell’art. 28, n. 4, del KStG 1996 e il fatto che egli non accolga la sua analisi.
42 Orbene, dalla giurisprudenza risulta che né lo Statuto della Corte di giustizia né il suo regolamento di procedura prevedono la facoltà per le parti di depositare osservazioni in risposta alle conclusioni presentate dall’avvocato generale (v., in particolare, sentenza SGAE, cit., punto 26 e giurisprudenza ivi citata).
43 In secondo luogo la Burda sostiene che, contrariamente a quanto ritiene l’avvocato generale, essa non disponeva di un utile distribuibile che potesse essere tassato con un’aliquota del 30% e che i dividendi rappresentavano nient’altro che un rimborso, esente da imposte, di conferimenti in contanti effettuati dai soci.
44 Con tali affermazioni la Burda fa valere in sostanza che talune premesse di fatto su cui si fonda l’analisi dell’avvocato generale sono inesatte, se non addirittura lacunose.
45 A tale proposito, occorre rilevare che è compito del solo giudice del rinvio definire il contesto di fatto in cui si inseriscono le questioni che ha sottoposto o, almeno, analizzare le ipotesi di fatto su cui tali questioni sono fondate.
46 Orbene, dalla questione pregiudiziale risulta che gli elementi di fatto esposti dalla Burda nell’ambito della sua domanda non sono stati messi in evidenza dal giudice del rinvio.
47 Ne consegue che le affermazioni menzionate al punto 43 della presente sentenza non possono più giustificare la riapertura della fase orale tenuto conto dei requisiti stabiliti dall’art. 61 del regolamento di procedura della Corte.
48 Ciò premesso, la Corte, sentito l’avvocato generale, ritiene di avere a disposizione tutti gli elementi necessari per rispondere alle questioni proposte dal giudice del rinvio.
49 Pertanto, non occorre disporre la riapertura della fase orale del procedimento e, di conseguenza, è necessario anche respingere la domanda connessa di disporre misure di organizzazione del procedimento.
Sulle questioni pregiudiziali
Sulla prima questione
50 Con la sua prima questione, il giudice del rinvio, in sostanza, chiede alla Corte se una disposizione nazionale che prevede, in caso di distribuzione di utili da parte di una società controllata alla sua società madre, la tassazione dei redditi e degli incrementi patrimoniali della società controllata che non sarebbero stati assoggettati a tassazione qualora fossero stati tesorizzati dalla società controllata invece di essere distribuiti alla società madre, costituisca una ritenuta alla fonte ai sensi dell’art. 5, n. 1, della direttiva 90/435.
51 Al riguardo, secondo costante giurisprudenza, tale direttiva che, come risulta dai punti 5 e 24 della presente sentenza, si applica nella causa principale, mira ad eliminare, instaurando un regime fiscale comune, qualsiasi penalizzazione della cooperazione tra società di Stati membri diversi rispetto alla cooperazione tra società di uno stesso Stato membro ed a facilitare così il raggruppamento di società su scala comunitaria. Così l’art. 5, n. 1, della direttiva 90/435 prevede, per evitare la doppia imposizione, l’esenzione dalla ritenuta alla fonte nello Stato della società controllata al momento della distribuzione degli utili (v. sentenze 17 ottobre 1996, cause riunite C-283/94, C-291/94 e C-292/94, Denkavit e a., Racc. pag. I-5063 punto 22; 8 giugno 2000, causa C-375/98, Epson Europe, Racc. pag. I-4243, punto 20; 4 ottobre 2001, causa C-294/99, Athinaïki Zythopoiïa, Racc. pag. I-6797, punto 25; 25 settembre 2003, causa C-58/01, Océ Van der Grinten, Racc. pag. I-9809, punto 45, e 12 dicembre 2006, causa C-446/04, Test Claimants in the FII Group Litigation, Racc. pag. I-11753, punto 103).
52 In particolare, con riferimento al divieto posto agli Stati membri, nell’art. 5 della direttiva 90/435, di prelevare una ritenuta alla fonte sugli utili distribuiti da una controllata residente alla sua società madre residente in un altro Stato membro, la Corte ha già dichiarato che costituisce una ritenuta alla fonte ogni imposta sul reddito percepito nello Stato in cui i dividendi sono distribuiti e il cui fatto generatore è il versamento di dividendi o di ogni altro rendimento dei titoli, quando la base imponibile di tale imposta è il rendimento dei detti titoli e il soggetto passivo è il detentore di questi ultimi (v. sentenze cit., Epson Europe, punto 23; Athinaïki Zythopoiïa, punti 28 e 29; Océ van der Grinten, punto 47, nonché Test Claimants in the FII Group Litigation, punto 108).
53 Da tale giurisprudenza risulta che, ai fini dell’applicazione dell’art. 5, n. 1, della direttiva 90/435, devono ricorrere tre condizioni cumulative.
54 A tale proposito è stato sostenuto dal governo tedesco che la terza condizione di cui al punto 52 della presente sentenza, vale a dire che il soggetto passivo deve essere il «detentore dei titoli», non sussiste nella causa principale.
55 Orbene, occorre constatare che la Burda è tenuta a pagare l’imposta sulle società al momento della distribuzione degli utili, mentre la Burda International e la RCS sono i detentori dei titoli.
56 Pertanto, la terza condizione relativa all’esistenza di una ritenuta alla fonte ai sensi dell’art. 5, n. 1, della direttiva 90/435 non ricorre nella causa principale.
57 Tale valutazione non può essere rimessa in discussione dagli argomenti che la Commissione e la Burda traggono dalla citata sentenza Athinaïki Zythopoiïa, per sostenere che la Corte non applica in realtà la condizione summenzionata e privilegia un’analisi fondata su valutazioni di ordine economico.
58 In particolare, secondo la Commissione, l’interpretazione delle condizioni di applicazione dell’art. 5, n. 1, della direttiva 90/435 deve tener conto della funzione economica particolare del meccanismo della ritenuta alla fonte che tale direttiva prevede. In caso contrario, l’applicazione di tale disposizione risulterebbe compromessa nei casi più frequenti, e cioè ogniqualvolta una società controllata distribuisca dividendi alle sue società madre quando queste ultime sono stabilite in uno Stato membro diverso da quello della controllata.
59 A tale titolo, la Commissione aggiunge che l’effetto economico della tassazione della società controllata corrisponde alla tassazione della società madre, poiché l’imposta è prelevata dalla società che distribuisce gli utili ed è direttamente versata all’amministrazione tributaria.
60 Le affermazioni che precedono non possono essere accolte.
61 Anzitutto occorre constatare che, dalla giurisprudenza successiva alla sentenza Athinaïki Zythopoiïa, risulta che la Corte continua a considerare come condizione riguardante la nozione di ritenuta alla fonte ai sensi dell’art. 5, n. 1, della direttiva 90/435 quella secondo cui il soggetto passivo è il possessore dei titoli (v., sentenze cit., Océ Van der Grinten, punto 47, e Test Claimants in the FII Group Litigation, punto 108).
62 D’altra parte, tale constatazione non può essere respinta sulla base di presunte considerazioni economiche inerenti al meccanismo della ritenuta alla fonte, come quelle invocate dalla Commissione. Infatti, tali considerazioni, anche se fossero pertinenti, sottendono l’applicazione dell’art. 5, n. 1, della direttiva 90/435 solo se ricorrono tutte le condizioni enunciate dalla giurisprudenza citata al punto 52 della presente sentenza.
63 Poiché la terza condizione necessaria perché vi sia una ritenuta alla fonte ai sensi dell’art. 5, n. 1, della direttiva 90/435 non ricorre nella presente causa, tale disposizione non osta ad un meccanismo di correzione contabile come quello previsto dall’art. 28, n. 4, del KStG 1996.
64 Di conseguenza, occorre risolvere la prima questione dichiarando che una disposizione del diritto nazionale che imponga, in caso di distribuzione di utili da parte di una società controllata alla propria società madre, la tassazione dei redditi e degli incrementi patrimoniali della società controllata che non sarebbero stati assoggettati a tassazione qualora quest’ultima li avesse tesorizzati anziché distribuirli alla società madre, non costituisce una ritenuta alla fonte ai sensi dell’art. 5, n. 1, della direttiva 90/435.
Sulla seconda questione
65 Con la sua seconda questione il giudice del rinvio chiede, in sostanza, alla Corte se gli artt. 52, 73 B e 73 D del Trattato debbano essere interpretati nel senso che ostano ad una norma nazionale, come l’art. 28, n. 4, del KStG 1996, in forza della quale la tassazione degli utili distribuiti da una società controllata residente di uno Stato membro alla sua società madre è assoggettata a un medesimo meccanismo correttore, indipendentemente dal fatto che la società madre risieda nello stesso Stato membro o in un altro Stato membro, laddove, contrariamente ad una società madre residente, a una società madre non residente non viene riconosciuto un credito di imposta da parte dello Stato membro di residenza della sua controllata.
66 In via preliminare, occorre ricordare che, secondo una giurisprudenza costante, se è vero che la materia delle imposte dirette rientra nella competenza degli Stati membri, questi ultimi devono tuttavia esercitare tale competenza nel rispetto del diritto comunitario (v., in particolare, sentenze 12 settembre 2006, causa C-196/04, Cadbury Schweppes e Cadbury Schweppes Overseas, Racc. pag. I-7995, punto 40; 12 dicembre 2006, causa C-374/04, Test Claimants in Class IV of the ACT Group Litigation, Racc. pag. I-11673, punto 36, e 18 luglio 2007, causa C-231/05, Oy AA, Racc. pag. I-6373, punto 20).
67 Nelle circostanze di cui alla causa principale, occorre stabilire preliminarmente se, e in quale misura, una normativa nazionale come quella di cui alla causa principale possa violare le libertà previste dagli artt. 52, 73 B e 73 D del Trattato.
Sulla libertà applicabile
68 Da giurisprudenza costante risulta che, se una normativa riguarda solo relazioni nell’ambito di uno stesso gruppo societario, essa incide prevalentemente sulla libertà di stabilimento (v., in particolare, in tal senso, le citate sentenze Test Claimants in the FII Group Litigation, punto 118; Test Claimants in Class IV of the ACT Group Litigation, punto 33, e Oy AA, punto 23).
69 Inoltre, occorre ricordare che, secondo costante giurisprudenza, quando una società detiene una partecipazione all’interno di un’altra società che le conferisce una sicura influenza sulle decisioni di essa e le consente di indirizzarne le attività, si applicano le disposizioni del Trattato relative alla libertà di stabilimento (v., in particolare, sentenze Cadbury Schweppes e Cadbury Schweppes Overseas, cit., punto 31; Test Claimants in Class IV of the ACT Group Litigation, cit., punto 39; 13 marzo 2007, Test Claimants in the Thin Cap Group Litigation, causa C-524/04, Racc. pag. I-2107, punto 27; Oy AA, cit., punto 20; 23 ottobre 2007, causa C-112/05, Commissione/Germania, causa C-112/05, Racc. pag. I-8995, punto 13, nonché 6 dicembre 2007, causa C-298/05, Columbus Container Services, Racc. pag. I-10451, punto 29).
70 Dalla decisione di rinvio risulta che la Burda, stabilita sul territorio tedesco, è detenuta al 50% da una società non residente, nel caso di specie la RCS. Una tale percentuale di partecipazione al capitale sociale della Burda da parte della RCS, in linea di principio, attribuisce a quest’ultima il diritto di esercitare un’influenza sicura e decisiva sull’attività della società controllata, nel senso della giurisprudenza citata al punto precedente della presente sentenza.
71 Al riguardo si deve anche rilevare che una normativa nazionale, come quella di cui alla causa principale, la cui applicazione non dipende dall’entità della partecipazione ai dividendi detenuta dalla società beneficiaria nella società distributrice, rientra nell’ambito di applicazione sia dell’art. 43 CE relativo alla libertà di stabilimento sia dell’art. 56 CE relativo alla libera circolazione dei capitali (v., in tal senso, Test Claimants in the FII Group Litigation, cit., punto 36).
72 A tale proposito, occorre tuttavia rilevare che la causa principale riguarda esclusivamente l’impatto della normativa nazionale controversa nella causa principale sulla situazione di società residenti che abbiano percepito dividendi in base ad una partecipazione che conferisce loro una sicura influenza sulle decisioni della società distributrice e che consente loro di indirizzarne le attività (v., in tal senso, Test Claimants in the FII Group Litigation, cit., punto 38).
73 In tale contesto, ad una fattispecie come quella di cui alla causa principale si applicano le disposizioni del Trattato relative alla libertà di stabilimento.
74 In ogni caso, ammesso che l’applicazione delle disposizioni del KStG 1996 abbia effetti restrittivi sulla libera circolazione dei capitali, emerge dalla giurisprudenza che tali effetti sarebbero l’inevitabile conseguenza di un eventuale ostacolo alla libertà di stabilimento e non giustificherebbero pertanto un esame autonomo della suddetta legislazione sulla base dell’art. 73 B del Trattato (sentenza Oy AA, cit., punto 24 e la giurisprudenza ivi citata).
75 Da quanto precede risulta che occorre risolvere la presente questione alla luce delle sole disposizioni del Trattato relative alla libertà di stabilimento.
Sull’esistenza di una limitazione della libertà di stabilimento
76 La libertà di stabilimento, che l’art. 52 del Trattato attribuisce ai cittadini comunitari e che implica per essi l’accesso alle attività non subordinate ed il loro esercizio, nonché la costituzione e la gestione di imprese, alle stesse condizioni previste dalle leggi dello Stato membro di residenza per i propri cittadini, comprende, ai sensi dell’art. 58 del Trattato CE (divenuto art. 48 CE), per le società costituite a norma delle leggi di uno Stato membro e che abbiano la sede sociale, l’amministrazione centrale o la sede principale nel territorio della Comunità europea, il diritto di svolgere la loro attività nello Stato membro di cui trattasi mediante una controllata, una succursale o un’agenzia (v., in particolare, sentenze Cadbury Schweppes e Cadbury Schweppes Overseas, punto 41, nonché Test Claimants in Class IV of the ACT Group Litigation, punto 42).
77 Per quanto riguarda le società, occorre rilevare che la loro sede ai sensi dell’art. 58 CE serve per determinare, come la cittadinanza delle persone fisiche, il loro collegamento all’ordinamento giuridico di uno Stato membro. Ammettere che lo Stato membro di residenza possa liberamente riservare un trattamento diverso per il solo fatto che la sede di una società si trova in un altro Stato membro svuoterebbe quindi di contenuto l’art. 52 del Trattato. La libertà di stabilimento mira dunque ad assicurare il beneficio del trattamento nazionale nello Stato membro ospitante, vietando ogni discriminazione fondata sul luogo della sede delle società (v., in particolare, in tal senso, sentenze Test Claimants in Class IV of the ACT Group Litigation, cit., punto 43, e la giurisprudenza ivi citata).
78 Dalla decisione di rinvio risulta che il meccanismo correttore controverso nella causa principale è diretto a garantire che l’importo dell’imposta pagata dalla società che distribuisce gli utili corrisponda, successivamente alla correzione, all’importo del credito di imposta erroneamente concesso all’azionista. Per ottenere tale risultato, il meccanismo correttore prevede che il capitale proprio, rientrante nella categoria EK 02, è preso in considerazione ai fini della tassazione per garantire che l’imposta e il credito d’imposta siano conformi ai dati fiscali forniti agli azionisti.
79 Occorre rilevare che, in applicazione del detto meccanismo correttore che è diretto ad evitare che un credito d’imposta sia concesso per un’imposta non pagata, la correzione non riguarda l’importo del credito d’imposta, ma l’importo dell’imposta pagata dalla società che distribuisce gli utili.
80 Inoltre, è pacifico che il meccanismo correttore previsto dall’art. 28, n. 4, della KStG 1996 trova applicazione per una società residente in Germania, indipendentemente dal fatto che essa sia la società controllata di una società madre anch’essa residente in Germania o di una società madre residente in un altro Stato membro.
81 In tale contesto, la Burda ritiene che il trattamento discriminatorio nella causa principale consista proprio nell’applicazione dello stesso meccanismo correttore a situazioni diverse, in quanto, contrariamente alle società madri residenti, le società madri non residenti non beneficiano di un credito di imposta per compensare l’imposta sulle società pagata dalla società distributrice.
82 Poiché una discriminazione può consistere nell’applicazione della stessa regola a situazioni diverse - al fine di accertare, nella causa principale, l’esistenza di un trattamento fiscale discriminatorio e quindi, in linea di principio, vietato dall’art. 52 del Trattato – occorre accertare se, con riferimento alla norma nazionale di cui trattasi, le società controllate residenti si trovino in una situazione diversa a seconda che la società madre sia o meno residente e, di conseguenza, se esse beneficino o meno di un credito di imposta.
83 A tale riguardo, occorre ricordare che dalla decisione di rinvio risulta che l’applicazione del meccanismo di correzione contabile previsto all’art. 28, n. 4, del KStG 1996 non può modificare il carico fiscale della Burda a seconda che la sua società madre sia stabilita in Germania o in un altro Stato membro.
84 Non si può quindi affermare che l’applicazione dell’art. 28, n. 4, della KStG 1996 conduca, rispetto alla società controllata, ad un trattamento identico di situazioni diverse, poiché la società controllata non si trova in una posizione diversa rispetto alla normativa del suo Stato di residenza, nel caso specifico la Repubblica federale di Germania, a seconda che distribuisca i suoi utili ad una società madre non residente o ad una società madre residente.
85 Tale valutazione non può essere rimessa in discussione dalla circostanza, sottolineata dal giudice del rinvio, che, per gli azionisti non residenti, la tassazione dell’impresa distributrice diventa definitiva, nel senso che l’aumento del carico fiscale della società distributrice non viene compensato dalla concessione di un credito d’imposta corrispondente.
86 A tale riguardo, occorre precisare che, come emerge dalla giurisprudenza, spetta ad ogni Stato membro organizzare, in osservanza del diritto comunitario, il proprio sistema d’imposizione di utili distribuiti e definire, in tale ambito, la base imponibile nonché il tasso d’imposizione che vengono applicati, in capo alla società distributrice e/o in capo all’azionista beneficiario, purché siano assoggettati all’imposta nel detto Stato (sentenza Test Claimants in Class IV of the ACT Group Litigation, cit., punto 50).
87 Secondo la medesima giurisprudenza, in mancanza di disposizioni comunitarie di unificazione o di armonizzazione, gli Stati membri rimangono competenti per definire, in via convenzionale o unilaterale, i criteri per ripartire il loro potere impositivo, in particolare al fine di eliminare la doppia imposizione (sentenza Test Claimants in Class IV of the ACT Group Litigation, cit., punto 52).
88 A tale titolo, il credito di imposta concesso alla società madre residente, in base alla normativa nazionale applicabile nella causa principale, è diretto ad evitare una doppia imposizione economica degli utili distribuiti da una società controllata residente e tassati una prima volta in capo a quest’ultima.
89 Orbene, nella causa principale, che riguarda una distribuzione transfrontaliera degli utili, in linea di principio non è compito dello Stato membro di residenza della società controllata prevenire la doppia imposizione economica, ma dello Stato nel cui territorio è stabilita la società madre.
90 Infatti, in conformità dell’art. 4 della direttiva 90/435, lo Stato membro di residenza della società madre deve esentare gli utili che essa ha ricevuto da una società controllata residente in un altro Stato membro, o autorizzarla a detrarre dall’importo della sua imposta la frazione dell’imposta della società controllata riguardante tali utili.
91 Di conseguenza, in queste due ipotesi lo Stato membro di residenza della società madre è tenuto a concedere un trattamento fiscale che ha il medesimo scopo di quello del credito d’imposta concesso dallo Stato membro di residenza della società controllata alle società madri ivi stabilite, con il risultato che anche in questo caso viene evitata la doppia imposizione economica degli utili distribuiti sotto forma di dividendi.
92 Così, esattamente come la società madre residente di una controllata residente beneficia di un credito d’imposta concesso dal suo Stato di residenza, che agisce altresì come Stato di residenza della controllata, la società madre non residente di una controllata residente è tutelata contro il rischio di una doppia imposizione economica degli utili distribuiti sotto forma di dividendi, ma attraverso lo Stato membro in cui risiede.
93 La tassazione degli utili distribuiti, come gli utili rientranti nell’EK 02 nelle circostanze della fattispecie di cui alla causa principale, è, di conseguenza, compensata, comunque, dallo Stato membro di residenza della società madre.
94 La mancata concessione di un credito d’imposta da parte dello Stato membro della controllata a favore di una società madre non residente non può quindi distinguere la situazione di una società controllata residente di una società madre residente da quella della società controllata residente di una società madre non residente.
95 Da ciò consegue che la situazione della società controllata residente di una società madre residente non è diversa da quella della società controllata residente di una società madre non residente in relazione all’applicazione della normativa di cui trattasi nella causa principale, cosicché, per quanto riguarda tale aspetto, non è possibile dimostrare l’esistenza di alcun trattamento discriminatorio in capo alla società controllata residente.
96 Da quanto precede risulta che occorre risolvere la seconda questione dichiarando che l’art. 52 del Trattato deve essere interpretato nel senso che non osta all’applicazione di una norma nazionale, come l’art. 28, n. 4, del KStG 1996, in forza della quale la tassazione degli utili distribuiti da una società controllata residente di uno Stato membro alla sua società madre è assoggettata al medesimo meccanismo correttore, indipendentemente dal fatto che la società madre risieda nello stesso o in un altro Stato membro, laddove, contrariamente ad una società madre residente, a una società madre non residente non viene riconosciuto un credito di imposta da parte dello Stato membro di residenza della sua società controllata.
Sulle spese
97 Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.
Per questi motivi, la Corte (Quarta Sezione) dichiara:
1) Una disposizione del diritto nazionale che imponga, in caso di distribuzione di utili da parte di una società controllata alla propria società madre, la tassazione dei redditi e degli incrementi patrimoniali della società controllata che non sarebbero stati assoggettati a tassazione qualora quest’ultima li avesse tesorizzati anziché distribuirli alla società madre, non costituisce una ritenuta alla fonte ai sensi dell’art. 5, n. 1, della direttiva del Consiglio 23 luglio 1990, 90/435/CEE, concernente il regime fiscale comune applicabile alle società madri e figlie di Stati membri diversi.
2) L’art. 52 del Trattato CE (divenuto, in seguito a modifica, art. 43 CE) deve essere interpretato nel senso che non osta all’applicazione di una norma nazionale, come l’art. 28, n. 4, della legge del 1996 relativa all’imposta sulle società (Körperschaftsteuergesetz 1996), nella sua versione applicabile alla causa principale, in forza della quale la tassazione degli utili distribuiti da una società controllata residente di uno Stato membro alla sua società madre è assoggettata a un medesimo meccanismo correttore, indipendentemente dal fatto che la società madre risieda nello stesso o in un altro Stato membro, laddove, contrariamente ad una società madre residente, a una società madre non residente non viene riconosciuto un credito di imposta da parte dello Stato membro di residenza della sua società controllata.
Firme
* Lingua processuale: il tedesco.