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Causa C-408/06

Landesanstalt für Landwirtschaft

contro

Franz Götz

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Bundesfinanzhof (Germania)]

«Sesta direttiva IVA — Attività economica — Soggetti passivi — Organismi di diritto pubblico — Punto vendita di quote latte — Operazioni degli organismi agricoli d’intervento e degli spacci — Distorsioni di concorrenza di una certa importanza — Mercato geografico»

Sentenza della Corte (Terza Sezione) 13 dicembre 2007 

Massime della sentenza

1.     Disposizioni tributarie — Armonizzazione delle legislazioni — Imposte sulla cifra di affari — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Attività economica ai sensi dell’art. 4 della sesta direttiva

(Direttiva del Consiglio 77/388, art. 4)

2.     Disposizioni tributarie — Armonizzazione delle legislazioni — Imposte sulla cifra di affari — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Soggetti passivi

(Direttiva del Consiglio 77/388, art. 4, n. 5)

3.     Disposizioni tributarie — Armonizzazione delle legislazioni — Imposte sulla cifra di affari — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Soggetti passivi

(Direttiva del Consiglio 77/388, art. 4, n. 5)

1.     L’attività di cessione a titolo oneroso di quantitativi di riferimento di consegna svolta da punti vendita di quote latte configura un’attività economica ai sensi dell’art. 4 della sesta direttiva 77/388, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari, quando presenta un carattere stabile ed è svolta a fronte di un corrispettivo percepito dall’autore della prestazione. Spetta al giudice nazionale verificare se l’attività di cui trattasi soddisfi tali due condizioni, nonché accertare, eventualmente, se l’attività sia svolta dai punti vendita di quote latte al fine di riscuotere tale corrispettivo, pur tenendo conto del fatto che la riscossione di un importo non è di per sé tale da conferire un carattere economico ad un’attività determinata.

(v. punti 18, 20-21)

2.     Un punto vendita di quote latte non è né un organismo agricolo di intervento ai sensi dell’art. 4, n. 5, terzo comma, della sesta direttiva 77/388, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari, come modificata dalla direttiva 2001/4, in combinato disposto con il punto 7 dell’allegato D di quest’ultima, né uno spaccio ai sensi del detto art. 4, n. 5, terzo comma, in combinato disposto con il punto 12 dell’allegato D della detta direttiva.

Infatti, il compito di un punto vendita di quote latte è sensibilmente diverso da quello di un organismo agricolo di intervento, che è caratterizzato dall’acquisto e dalla rivendita dei prodotti agricoli stessi, come potrebbe fare qualsiasi operatore economico, dato che tale esercizio comporta in particolare la costituzione di scorte, come accade, segnatamente, nel settore dei cereali. La logica del pieno assoggettamento che soggiace all’allegato D della sesta direttiva esclude quindi dalla sua sfera di applicazione un’attività di ripartizione delle quote latte tra i produttori, in quanto l’accentramento delle diverse pretese di questi ultimi non dipende da un operatore che procede ad acquisti e rivendite di prodotti agricoli sul mercato.

Inoltre, il raffronto tra le versioni in lingua tedesca, francese, inglese, spagnola e italiana del punto 12 dell’allegato D della sesta direttiva consente di determinare che lo spaccio, ai sensi di tale punto, riguarda gli organismi incaricati di vendere diversi prodotti e merci al personale dell’impresa o dell’amministrazione di cui fanno parte. Questo non è il compito di un punto vendita, che è incaricato di contribuire all’equilibrio dei quantitativi di riferimento di consegna, nell’ottica della loro limitazione, al meglio degli interessi di ciascun produttore.

(v. punti 26, 31, 33, dispositivo 1)

3.     Il mancato assoggettamento di un punto vendita di quote latte per le attività o le operazioni che esso svolga in quanto pubblica autorità, ai sensi dell’art. 4, n. 5, della sesta direttiva 77/388, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari, come modificata dalla direttiva 2001/4, non può dar luogo a distorsioni di concorrenza di una certa importanza, dato che esso non è confrontato a operatori privati che forniscono prestazioni in concorrenza con le prestazioni pubbliche. Poiché tale considerazione vale per tutti i punti vendita di quote latte presenti in un determinato ambito di cessione dei quantitativi di riferimento di consegna, definito dallo Stato membro di cui trattasi, tale ambito costituisce il mercato geografico rilevante per determinare l’esistenza di distorsioni di concorrenza di una certa importanza.

(v. punto 45, dispositivo 2)







SENTENZA DELLA CORTE (Terza Sezione)

13 dicembre 2007 (*)

«Sesta direttiva IVA – Attività economica – Soggetti passivi – Organismi di diritto pubblico – Punto vendita di quote latte – Operazioni degli organismi agricoli d’intervento e degli spacci – Distorsioni di concorrenza di una certa importanza – Mercato geografico»

Nel procedimento C-408/06,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, dal Bundesfinanzhof (Germania), con decisione 13 luglio 2006, pervenuta in cancelleria il 5 ottobre 2006, nella causa tra

Landesanstalt für Landwirtschaft

e

Franz Götz,

LA CORTE (Terza Sezione),

composta dal sig. A. Rosas, presidente di sezione, dai sigg. U. Lõhmus, J. Klučka, dalla sig.ra P. Lindh e dal sig. A. Arabadjiev (relatore), giudici,

avvocato generale: sig. M. Poiares Maduro

cancelliere: sig. B. Fülöp, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito alla trattazione orale del 19 settembre 2007,

considerate le osservazioni presentate:

–       per la Landesanstalt für Landwirtschaft, dai sigg. P. Gorski e N. Vogl, in qualità di agenti;

–       per il sig. Götz, dal sig. H. Zaisch, Steuerberater;

–       per il governo tedesco, dai sigg. M. Lumma e C. Blaschke, in qualità di agenti;

–       per il governo del Regno Unito, dalla sig.ra T. Harris, in qualità di agente, assistita dal sig. P. Harris, barrister;

–       per la Commissione delle Comunità europee, dal sig. D. Triantafyllou, in qualità di agente,

vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1       La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’art. 4, n. 5, della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (GU L 145, pag. 1), come modificata dalla direttiva del Consiglio 19 gennaio 2001, 2001/4/CE (GU L 22, pag. 17; in prosieguo: la «sesta direttiva»), nonché dei punti 7 e 12 dell’allegato D della medesima direttiva.

2       La domanda è stata proposta nell’ambito di una controversia tra la Landesanstalt für Landwirtschaft (ufficio regionale per l’agricoltura; in prosieguo: la «Landesanstalt») e il sig. Götz in ordine ad una fattura relativa alla vendita di un quantitativo di riferimento di consegna di latte vaccino (in prosieguo: il «quantitativo di riferimento di consegna»), emessa dalla Landesanstalt senza indicazione separata dell’imposta sul valore aggiunto (in prosieguo: l’«IVA»).

 Contesto normativo

 La normativa comunitaria

3       L’art. 4 della sesta direttiva così dispone:

«1.      Si considera soggetto passivo chiunque esercita in modo indipendente e in qualsiasi luogo una delle attività economiche di cui al paragrafo 2, indipendentemente dallo scopo o dai risultati di detta attività.

2.      Le attività economiche di cui al paragrafo 1 sono tutte le attività di produttore, di commerciante o di prestatore di servizi, comprese le attività estrattive, agricole, nonché quelle delle professioni liberali o assimilate. Si considera in particolare attività economica un’operazione che comporti lo sfruttamento di un bene materiale o immateriale per ricavarne introiti aventi un certo carattere di stabilità.

(…)

5.      Gli Stati, le regioni, le province, i comuni e gli altri organismi di diritto pubblico non sono considerati soggetti passivi per le attività od operazioni che esercitano in quanto pubbliche autorità, anche quando, in relazione a tali attività od operazioni, percepiscono diritti, canoni, contributi o retribuzioni.

Se però tali enti esercitano attività od operazioni di questo genere, essi devono essere considerati soggetti passivi per dette attività od operazioni quando il loro non assoggettamento provocherebbe distorsioni di concorrenza di una certa importanza.

In ogni caso, gli enti succitati sono sempre considerati come soggetti passivi per quanto riguarda le attività elencate nell’allegato D quando esse non sono trascurabili.

Gli Stati membri possono considerare come attività della pubblica amministrazione le attività dei suddetti enti le quali siano esenti a norma degli articoli 13 o 28».

4       Le operazioni di cui ai punti 7 e 12 dell’allegato D della sesta direttiva sono rispettivamente le «operazioni degli organismi agricoli d’intervento relative ai prodotti agricoli ed effettuate in applicazione dei regolamenti sull’organizzazione comune dei mercati di tali prodotti» e «gestione di spacci, cooperative, mense aziendali e simili».

5       Occorre infine notare che la causa principale si volge sullo sfondo del regolamento (CEE) del Consiglio 28 dicembre 1992, n. 3950, che istituisce un prelievo supplementare nel settore del latte e dei prodotti lattiero-caseari (GU L 405, pag. 1), come modificato dal regolamento (CE) del Consiglio 11 novembre 2002, n. 2028 (GU L 313, pag. 3; in prosieguo: il «regolamento n. 3950/92»).

 La normativa nazionale

 La legge sull’istituzione dell’organizzazione comune del mercato

6       La legge sull’istituzione dell’organizzazione comune del mercato (Gesetz zur Durchführung der gemeinsamen Marktorganisationen, BGBl. 1995 I, pag. 1147) autorizza, al suo art. 8, n. 1, a definire con regolamento, in particolare, le modalità di cessione di quantitativi di riferimento di consegna.

 Il regolamento sui prelievi supplementari

7       Il regolamento sui prelievi supplementari (Zusatzabgabenverordnung) del 12 gennaio 2000 (BGBl. 2000 I, pag. 27; in prosieguo: la «ZAV») contiene in particolare, nella sua versione applicabile alla causa principale, le seguenti disposizioni.

«Articolo 7 – Riorganizzazione dei sistemi di cessione

1.      (…) I quantitativi di riferimento di consegna possono essere ceduti indipendentemente dai terreni in forza dei nn. 2 e 3, nonché degli artt. 8-11 (…)

Articolo 8 – Cessione a titolo oneroso regolamentata di quantitativi di riferimento di consegna

1.      Salvo nei casi di cui all’art. 7, nn. 2 e 3, nei casi di successione ai sensi dell’art. 7, n. 1, secondo comma, nonché nei casi di cui all’art. 12, n. 3, la cessione di quantitativi di riferimento di consegna ai sensi dell’art. 7, n. 1, secondo comma, avrà luogo attraverso punti vendita secondo quanto stabilito al n. 3 e agli artt. 9-11, in data 1° aprile, 1° luglio o 30 ottobre di ogni anno civile (…).

2.      I Länder istituiscono i punti vendita. Per ogni Land è competente almeno un punto vendita; l’attività di un punto vendita potrà estendersi al territorio di vari Länder. Dopo un’attenta valutazione della situazione, dei privati potranno essere autorizzati come gestori di punti vendita, qualora

1)      essi o le loro istituzioni siano associazioni professionali o organizzazioni agricole rappresentative e

2)      la loro affidabilità e competenza siano fuori dubbio.

(…)

3.      Dei quantitativi di riferimento di consegna possono essere ceduti solo nelle aree elencate in allegato (…)».

 La legge relativa all’imposta sulla cifra d’affari

8       La legge del 1999 relativa all’imposta sulla cifra d’affari (Umsatzsteuergesetz 1999, BGBl. 1999 I, pag. 1270; in prosieguo: l’«UStG»), nella versione applicabile alla causa principale, stabilisce all’art. 14, n. 1, che quando «l’imprenditore effettua cessioni di beni o prestazioni di servizi imponibili ai sensi dell’art. 1, n. 1, il soggetto passivo può e, nella misura in cui effettua queste operazioni a favore di un altro soggetto passivo che abbia la qualità di imprenditore, deve, su richiesta di quest’ultimo, emettere fatture dalle quali risulti chiaramente l’ammontare dell’imposta». L’art. 2, n. 3, della medesima legge riserva la possibilità, per talune persone giuridiche di diritto pubblico, di svolgere un’attività industriale, commerciale o professionale unicamente agli operatori industriali o commerciali ovvero alle aziende agricole o silvicole dipendenti da questi ultimi.

 Il regime giuridico della Landesanstalt

9       La Landesanstalt, avente causa della Landesanstalt für Ernährung (ufficio regionale per l’alimentazione), è stata istituita nell’ambito dell’art. 8, n. 2, della ZAV. Essa gestisce l’unico punto vendita di quote latte creato nel Land della Baviera, con lo status di organismo di diritto pubblico collegato a tale Land.

 Causa principale e questioni pregiudiziali

10     La causa principale è pendente tra un agricoltore bavarese, il sig. Götz, e la Landesanstalt. Al fine di ridurre le quote eccedentarie di latte vaccino, la Landesanstalt ha centralizzato le domande dei diversi produttori per determinare, tra loro, quelli che intendevano vendere quantitativi di riferimento di consegna e quelli che intendevano acquistarne. Tale politica si fondava sul regolamento n. 3950/92, che istituisce un prelievo supplementare a carico dei produttori i cui quantitativi di latte consegnati eccedevano una certa soglia.

11     Il meccanismo creato dalla Landesanstalt per il 2001 era il seguente: i produttori «venditori» comunicavano al punto vendita di quote latte, per talune date, un’offerta scritta al fine della cessione di un quantitativo di riferimento di consegna, precisandone il prezzo. Nelle stesse date, i produttori «acquirenti» seguivano un procedimento simmetrico, depositando un’offerta scritta al fine di acquistare un determinato quantitativo di riferimento di consegna ad un prezzo di loro scelta. Il punto vendita di quote latte doveva, in un primo momento, confrontare le offerte e le domande e determinare un prezzo di equilibrio che consentisse di far incontrare approssimativamente i prezzi delle due parti. Eventualmente tutte le pretese venivano ridotte. In un secondo momento, esso procedeva ad un’assegnazione del 5% dei quantitativi di riferimento di consegna offerti a favore della riserva nazionale, poi, secondo modalità descritte dal giudice del rinvio, dalle quali emerge in particolare che i bonifici erano inviati allo stesso punto vendita di quote latte, quest’ultimo procedeva alla riassegnazione e al pagamento dei quantitativi di riferimento di consegna rimanenti.

12     Il sig. Götz, produttore di latte e proprietario di un’azienda agricola in Baviera, intendeva acquistare, per il 2001, un quantitativo di riferimento di consegna pari a 16 500 kg, per un prezzo non superiore a 2 DEM/kg. Il 3 aprile 2001 la Landesanstalt ha informato l’interessato che la sua offerta di acquisto era stata accolta con effetto al 1° aprile 2001, al prezzo di equilibrio pari a 1,58 DEM/kg. Essa ha emesso una fattura intestata al sig. Götz, senza indicazione separata dell’IVA. L’interessato, le cui operazioni erano tassate ai sensi dell’UStG, ha proposto un ricorso amministrativo presso la Landesanstalt, diretto a far redigere una fattura che menzionasse separatamente la detta imposta. La Landesanstalt ha respinto tale ricorso con decisione 29 agosto 2001, basandosi sulla sua qualità di pubblica autorità e sul suo ruolo di mero intermediario.

13     Il sig. Götz ha proposto un ricorso dinanzi al Finanzgericht München, che lo ha accolto considerando, sulla base dell’UStG, che la Landesanstalt aveva agito in qualità di imprenditore e in nome proprio. La Landesanstalt ha impugnato dinanzi al Bundesfinanzhof, che ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se un cosiddetto “punto vendita di quote latte” (“Milchquoten-Verkaufsstelle”) istituito da un Land, il quale, dietro pagamento, cede quantitativi di riferimento di consegna a produttori di latte costituisca:

a)      un organismo agricolo d’intervento ai sensi dell’art. 4, n. 5, terzo comma [della sesta direttiva] in combinato disposto con [il punto 7 dell’allegato D], che effettua transazioni riguardanti prodotti agricoli, applicando i regolamenti relativi all’organizzazione comune del mercato di tali prodotti, oppure

b)      uno spaccio (“Verkaufsstelle”) ai sensi dell’art. 4, n. 5, terzo comma [della sesta direttiva] in combinato disposto con [íl punto 12 dell’allegato D].

2)      In caso di soluzione negativa della questione sub 1):

a)      In un caso come quello di cui alla causa principale, in cui in uno Stato membro esistono contemporaneamente “punti vendita di quote latte” statali e privati, i quali cedono, dietro pagamento, quantitativi di riferimento di consegna, se l’ambito di cessione definito dallo Stato membro costituisca il mercato geografico rilevante ai fini dell’esame della questione se il fatto di non considerare soggetto passivo un “punto vendita di quote latte” di un organismo di diritto pubblico, provochi “distorsioni di concorrenza di una certa importanza” ai sensi dell’art. 4, n. 5, secondo comma, della sesta direttiva.

b)      Nell’esaminare la questione se il fatto di non considerare soggetto passivo un punto vendita statale provocherebbe le summenzionate “distorsioni di concorrenza di una certa importanza”, se si debba esclusivamente considerare il caso generale di cessione – indipendentemente dai terreni – (da parte di un punto vendita), oppure se si debbano anche considerare altri tipi di cessione – indipendentemente dai terreni – (da parte di agricoltori che sono soggetti passivi), anche se si tratta solo di casi eccezionali».

 Sulle questioni pregiudiziali

 Osservazioni preliminari

14     Occorre subito rilevare che entrambe le questioni proposte dal Bundesfinanzhof si fondano sul presupposto che l’attività di cessione a titolo oneroso di quantitativi di riferimento di consegna rientri nella sfera di applicazione della sesta direttiva. Infatti, tanto la prima questione, relativa all’eventuale totale assoggettamento della convenuta nella causa principale ai sensi dell’allegato D della sesta direttiva, quanto le due parti della seconda questione, relative alla determinazione delle «distorsioni di concorrenza di una certa importanza» che possono essere causate dal presunto mancato assoggettamento della Landesanstalt in qualità di organismo di diritto pubblico, in applicazione dell’art. 4, n. 5, della sesta direttiva, presuppongono che l’attività svolta da un punto vendita di quote latte, che abbia lo status di organismo di diritto pubblico o di un’entità di diritto privato, rientri nell’ambito di applicazione della sesta direttiva.

15     Orbene, se è vero che l’art. 4 della sesta direttiva assegna all’IVA un ambito di applicazione molto ampio, tale disposizione riguarda però solo le attività a carattere economico (v., in tal senso, sentenze 11 luglio 1996, causa C-306/94, Régie dauphinoise, Racc. pag. I-3695, punto 15, e 26 maggio 2005, causa C-465/03, Kretztechnik, Racc. pag. I-4357, punto 18). Più in particolare, l’applicazione dell’art. 4, n. 5, della sesta direttiva implica la previa constatazione del carattere economico dell’attività considerata (sentenza 26 giugno 2007, causa C-284/04, causa T-Mobile Austria e a., Racc. pag. I-5189, punto 48).

16     Prima di risolvere le questioni proposte, occorre quindi determinare se l’attività di cessione a titolo oneroso di quantitativi di riferimento di consegna costituisca effettivamente un’attività economica.

17     Si deve rammentare, al riguardo, che secondo una giurisprudenza costante la nozione di attività economica presenta un carattere oggettivo, nel senso che l’attività viene considerata di per sé, indipendentemente dai suoi scopi o dai suoi risultati (sentenze 26 marzo 1987, causa 235/85, Commissione/Paesi Bassi, Racc. pag. 1471, punto 8, e 21 febbraio 2006, causa C-223/03, University of Huddersfield, Racc. pag. I-1751, punto 47).

18     L’attività economica è definita all’art. 4, n. 2, della sesta direttiva come comprendente tutte le attività di produttore, di commerciante o di prestatore di servizi, in particolare le operazioni che comportino lo sfruttamento di un bene materiale o immateriale per ricavarne introiti aventi un certo carattere di stabilità (sentenze citate Régie dauphinoise, punto 15, e T-Mobile Austria e a., punto 33). Questi ultimi criteri, relativi alla stabilità dell’attività e agli introiti che ne derivano, sono stati considerati validi dalla giurisprudenza non solo rispetto allo sfruttamento di un bene bensì per l’insieme delle operazioni menzionate all’art. 4, n. 2, della sesta direttiva. Pertanto, un’attività è considerata economica quando presenta un carattere stabile ed è svolta a fronte di un corrispettivo percepito dall’autore della prestazione (v., in tal senso, sentenza Commissione/Paesi Bassi, cit., punti 9 e 15).

19     Al riguardo, si deve rilevare che l’attività di cui trattasi nella causa principale consiste nel raccogliere, per una determinata campagna lattiera, le intenzioni dei produttori di latte per consentire, a coloro che intendano produrre al di sotto della soglia ad essi applicabile, di vendere i quantitativi di riferimento di consegna che pensano di non utilizzare, e a coloro che invece intendono superare la detta soglia di acquistare i corrispondenti quantitativi di riferimento di consegna senza sopportare il prelievo supplementare previsto dal regolamento n. 3950/92. Essa consente altresì di far incontrare l’offerta e la domanda fissando un prezzo di equilibrio, di ricevere i quantitativi di riferimento di consegna venduti e di attribuirli agli acquirenti, nonché di procedere alla riscossione e al versamento degli importi pattuiti per la cessione dei detti quantitativi di riferimento. Ne consegue che l’attività di cui trattasi deve essere esaminata, ai fini della sesta direttiva, come una prestazione di servizi grazie alla quale sono confrontate le offerte e le domande dei produttori di latte, il che consente di giungere ad un prezzo di equilibrio. Di conseguenza, a differenza dell’attività oggetto della causa che ha condotto alla citata sentenza T-Mobile Austria e a. (punto 43), l’attività di cui trattasi nella causa principale non sembra essere tale da non poter essere esercitata, in linea di principio, dagli operatori economici.

20     Pertanto, spetterà al giudice del rinvio verificare se l’attività di cui trattasi nella causa principale, alla luce delle modalità secondo cui essa era organizzata in Germania nel 2001, presenti un carattere stabile e sia svolta a fronte di un corrispettivo, come rammentato al punto 18 della presente sentenza.

21     Gli spetterà altresì accertare, eventualmente, se l’attività sia svolta dai punti vendita di quote latte al fine di riscuotere tale corrispettivo (v., in tal senso, sentenza Régie dauphinoise, cit., punto 15), pur tenendo conto del fatto che la riscossione di un importo non è di per sé tale da conferire un carattere economico ad un’attività determinata (v., in tal senso, sentenza T-Mobile Austria e a., cit., punto 45, e giurisprudenza citata).

22     Qualora il giudice del rinvio accertasse che i due criteri costitutivi di un’attività economica, vale a dire il suo carattere stabile e la riscossione di un corrispettivo per l’attività, non sono soddisfatti, l’attività di cui trattasi nella causa principale, nelle circostanze in cui essa si svolgeva in Germania nel 2001, non dovrebbe essere considerata un’attività economica e, quindi, non rientrerebbe nell’ambito di applicazione della sesta direttiva.

23     Occorre tuttavia risolvere nel modo seguente le due questioni pregiudiziali proposte dal giudice del rinvio, nel caso in cui esso accertasse la sussistenza dei due criteri rammentati al punto precedente.

 Sulla prima questione

24     Con la sua prima questione, il giudice del rinvio chiede se un punto vendita di quote latte sia un organismo agricolo di intervento ai sensi dell’art. 4, n. 5, terzo comma, della sesta direttiva, letto in combinato disposto con il punto 7 dell’allegato D di quest’ultima, o uno spaccio ai sensi del detto art. 4, n. 5, terzo comma, letto in combinato disposto con il punto 12 dell’allegato D della detta direttiva.

 Sulla qualifica come organismo agricolo di intervento

25     Per quanto riguarda il problema di sapere se un punto vendita di quote latte sia o meno un organismo agricolo di intervento che effettua operazioni imponibili in forza del punto 7 dell’allegato D della sesta direttiva, occorre rammentare che tali operazioni sono quelle degli organismi agricoli d’intervento relative ai prodotti agricoli ed effettuate in applicazione dei regolamenti sull’organizzazione comune dei mercati di tali prodotti; tali tre criteri sono cumulativi.

26     Se è pacifico, nel caso di specie, che il punto vendita di quote latte istituito dalla Landesanstalt interviene nel settore lattiero in applicazione di un regolamento sull’organizzazione comune dei mercati, è giocoforza constatare che la sua azione non riguarda il latte, ma i quantitativi di riferimento di consegna. Non si tratta quindi di prodotti agricoli ai sensi del punto 7 dell’allegato D della sesta direttiva. Inoltre, il compito di un punto vendita di quote latte è sensibilmente diverso da quello di un organismo agricolo di intervento, che è caratterizzato dall’acquisto e dalla rivendita dei prodotti agricoli stessi, come potrebbe fare qualsiasi operatore economico, dato che tale esercizio comporta in particolare la costituzione di scorte, come accade, segnatamente, nel settore dei cereali (v. sentenza 26 giugno 2003, causa C-334/01, Glencore Grain Rotterdam, Racc. pag. I-6769). La logica del pieno assoggettamento che soggiace all’allegato D della sesta direttiva esclude quindi dalla sua sfera di applicazione un’attività di ripartizione delle quote latte tra i produttori, in quanto l’accentramento delle diverse pretese di questi ultimi non dipende da un operatore che procede ad acquisti e rivendite di prodotti agricoli sul mercato.

27     Il punto vendita di quote latte gestito dalla Landesanstalt non è quindi un organismo agricolo di intervento.

 Sulla qualifica come spaccio

28     Considerata la presenza dell’espressione «Verkaufsstelle» nel nome del punto vendita di cui trattasi nella causa principale, si pone il problema se tale punto vendita non sia uno spaccio («Verkaufsstelle») ai sensi del punto 12 dell’allegato D della sesta direttiva.

29     Va ricordato a questo proposito che le norme comunitarie devono essere interpretate ed applicate in modo uniforme alla luce delle versioni vigenti in tutte le lingue della Comunità europea (v. sentenze 7 dicembre 1995, causa C-449/93, Rockfon, Racc. pag. I-4291, punto 28; 2 aprile 1998, causa C-296/95, EMU Tabac e a., Racc. pag. I-1605, punto 36, e 8 dicembre 2005, causa C-280/04, Jyske Finans, Racc. pag. I-10683, punto 31).

30     Secondo una giurisprudenza consolidata, la formulazione utilizzata in una delle versioni linguistiche di una disposizione comunitaria non può essere l’unico elemento a sostegno dell’interpretazione di questa disposizione né si può attribuire ad essa a tal riguardo un carattere prioritario rispetto alle altre versioni linguistiche. Infatti, tale modo di procedere sarebbe in contrasto con la necessità di applicare in modo uniforme il diritto comunitario (v. sentenza 12 novembre 1998, causa C-149/97, Institute of the Motor Industry, Racc. pag. I-7053, punto 16).

31     In caso di difformità tra le diverse versioni linguistiche di un testo comunitario, la disposizione di cui è causa deve essere intesa in funzione del sistema e della finalità della normativa di cui essa fa parte (sentenze 9 marzo 2000, causa C-437/97, EKW e Wein & Co., Racc. pag. I-1157, punto 42, nonché 1° aprile 2004, causa C-1/02, Borgmann, Racc. pag. I-3219, punto 25).

32     Orbene, da un punto di vista sistematico, l’espressione tedesca «Verkaufsstelle» (punto vendita) non è determinante, ad esempio, nella versione francese del punto 12 dell’allegato D della sesta direttiva, che ricorre alla parola «économat», come nelle versioni inglese («staff shops»), spagnola («economatos») o italiana («spacci») di detto punto. Tale paragone indicativo consente di determinare che lo spaccio, ai sensi del punto 12 dell’allegato D, riguarda gli organismi incaricati di vendere diversi prodotti e merci al personale dell’impresa o dell’amministrazione di cui fa parte. Questo non è il compito del punto vendita di cui trattasi nella causa principale, poiché esso è incaricato di contribuire all’equilibrio dei quantitativi di riferimento di consegna, nell’ottica della loro limitazione, al meglio degli interessi di ciascun produttore.

33     Dal contesto, dalle finalità e dall’economia della sesta direttiva emerge quindi che il punto vendita di quote latte gestito dalla Landesanstalt non può essere assimilato ad uno spaccio ai sensi del punto 12 dell’allegato D della sesta direttiva.

34     La prima questione proposta deve essere quindi risolta nel senso che un punto vendita di quote latte non è né un organismo agricolo di intervento ai sensi dell’art. 4, n. 5, terzo comma, della sesta direttiva, in combinato disposto con il punto 7 dell’allegato D di quest’ultima, né uno spaccio ai sensi del detto art. 4, n. 5, terzo comma, in combinato disposto con il punto 12 dell’allegato D della detta direttiva.

 Sulla seconda questione

35     Con la seconda questione, il giudice del rinvio chiede alla Corte se l’ambito di cessione dei quantitativi di riferimento di consegna (in prosieguo: l’«ambito di cessione») definito dallo Stato membro costituisca il mercato geografico rilevante ai fini dell’esame della questione se il fatto di non considerare soggetto passivo un punto vendita di quote latte che fa parte di un organismo di diritto pubblico, provochi «distorsioni di concorrenza di una certa importanza» ai sensi dell’art. 4, n. 5, secondo comma, della sesta direttiva e nell’esaminare tale questione, se si debba considerare solo il caso generale di cessione di quantitativi di riferimento di consegna, ovvero se occorra prendere in considerazione l’insieme degli altri casi di cessione, indipendentemente dai terreni.

 Osservazioni presentate alla Corte

36     La Landesanstalt ritiene che il mercato geografico rilevante ai sensi dell’art. 4, n. 5, secondo comma, della sesta direttiva, sia rappresentato dall’ambito di cessione, come definito dallo Stato membro. Essa considera che deve essere preso in considerazione solo il caso generale di cessione di quantitativi di riferimento di consegna, indipendentemente dai terreni.

37     Secondo il sig. Götz, il mercato geografico rilevante non è l’ambito di cessione proprio dell’organismo di diritto pubblico di cui trattasi nella causa principale, bensì l’insieme degli ambiti di cessione definiti dallo Stato membro. Inoltre, occorrerebbe prendere in considerazione non solo il caso generale di cessione di quantitativi di riferimento di consegna, ma anche gli altri casi di cessione, indipendentemente dai terreni.

38     Il governo tedesco sostiene, in primo luogo, che i punti vendita statali di quote latte non sono soggetti IVA, in secondo luogo che il mercato geografico rilevante è l’ambito di cessione definito dallo Stato membro e, in terzo luogo, che non sussiste alcuna situazione di potenziale concorrenza tra i diversi punti vendita di quote latte. Il detto governo esprime una posizione identica a quella della Landesanstalt quanto alla seconda parte della seconda questione pregiudiziale.

39     Il governo del Regno Unito rileva che, in circostanze come quelle di specie, non può sussistere alcuna domanda o fornitura che ecceda i limiti geografici di un determinato ambito di cessione e che possa incidere all’interno di tale zona. Pertanto, ciascun ambito di cessione sarebbe un distinto mercato geografico. Esso non formula osservazioni circa la seconda parte della seconda questione proposta.

40     Infine, la Commissione considera che il mercato geografico rilevante corrisponde all’ambito di cessione definito dallo Stato membro. Essa ritiene inoltre che occorra prendere in considerazione non solo l’ipotesi di una cessione di quantitativi di riferimento di consegna, indipendentemente dai terreni, da parte di un punto vendita pubblico di quote latte, bensì l’insieme dei casi di cessione alla luce della possibilità, per gli acquirenti di prestazioni concorrenziali tra loro, di dedurre l’IVA versata a monte.

 Giudizio della Corte

41     Occorre sottolineare anzitutto che l’art. 4, n. 5, della sesta direttiva prevede l’esenzione a favore degli enti di diritto pubblico che agiscono in veste di pubbliche autorità e che queste due condizioni devono essere soddisfatte congiuntamente (v., in tal senso, sentenze 11 luglio 1985, causa 107/84, Commissione/Germania, Racc. pag. 2655, e Commissione/Paesi Bassi, cit., punti 20 e 21).

42     Ne discende che solo nel caso in cui l’ente pubblico intervenga nell’ambito di una prerogativa di pubblico imperio occorrerà determinare se il mancato assoggettamento sia tale da comportare «distorsioni di concorrenza di una certa importanza», per preservare la neutralità fiscale dell’IVA.

43     Supponendo che la Landesanstalt agisca nell’ambito di prerogative di pubblico imperio, si deve constatare che, dal fascicolo sottoposto alla Corte nonché dalle osservazioni presentate in udienza, emerga che le cessioni di quantitativi di riferimento di consegna non possono essere effettuate da operatori diversi dai punti vendita.

44     Infatti, dagli elementi forniti dal giudice del rinvio risulta che, nel caso in cui la cessione sia una cessione a titolo oneroso regolamentata, ai sensi dell’art. 8 della ZAV, essa può essere effettuata solo da un punto vendita di quote latte, pubblico o privato. Il fatto che l’art. 8, n. 2, della ZAV preveda che un punto vendita di quote latte può coprire il territorio di più Länder e, al contrario, che un Land può comprendere più punti vendita di quote latte, è diretto solo a tener conto della disparità esistente tra i Länder, per quanto riguarda tanto la loro estensione territoriale quanto il numero di produttori di latte presenti sui loro rispettivi territori. Ciò non toglie che, in un determinato ambito di cessione, la cessione di quantitativi di riferimento di consegna non può essere effettuata da operatori privati assoggettati all’IVA. Inoltre, dall’art. 8, n. 3, della ZAV risulta che quantitativi di riferimento di consegna possono essere ceduti solo all’interno degli ambiti di cessione. Non sussistono quindi, ai sensi dell’art. 4, n. 5, della sesta direttiva, situazioni di concorrenza in un determinato ambito di cessione ed è quindi quest’ultimo che costituisce il mercato geografico rilevante per determinare l’esistenza di distorsioni di concorrenza di una certa importanza.

45     Per quanto riguarda gli altri casi di cessione, menzionati all’art. 8, n. 1, della ZAV, effettuati senza ricorrere ai punti vendita di quote latte, occorre rilevare, come ricordato in udienza, che essi si verificano in circostanze molto particolari. Si tratta, in particolare, delle cessioni sopravvenute in occasione di una successione, di un matrimonio, o della cessione di un’azienda, che non corrispondono ad ipotesi commerciali, ma trovano la loro origine in un fatto giuridico che implica solo secondariamente la cessione dei quantitativi di riferimento di consegna. Non vi è quindi concorrenza possibile, ai sensi dell’art. 4, n. 5, della sesta direttiva, tra i punti vendita di quote latte e i produttori che effettuano una cessione di quantitativi di riferimento di consegna che rientrano tra i casi previsti all’art. 8, n. 1, della ZAV, i quali sono talmente specifici che appare molto inverosimile che un produttore di latte decida di soddisfare i requisiti per una tale cessione, ad esempio procedendo all’acquisto di un’azienda semplicemente per acquistare quantitativi di riferimento di consegna al di fuori dei punti vendita di quote latte.

46     La seconda questione proposta deve quindi essere risolta dichiarando che il mancato assoggettamento di un punto vendita di quote latte per le attività o le operazioni che esso svolga in quanto pubblica autorità, ai sensi dell’art. 4, n. 5, della sesta direttiva, non può dar luogo a distorsioni di concorrenza di una certa importanza, dato che esso non è confrontato, in una situazione come quella di cui trattasi nella causa principale, a operatori privati che forniscono prestazioni in concorrenza con le prestazioni pubbliche. Poiché tale considerazione vale per tutti i punti vendita di quote latte presenti in un determinato ambito di cessione, definito dallo Stato membro di cui trattasi, va rilevato che tale ambito costituisce il mercato geografico rilevante per determinare l’esistenza di distorsioni di concorrenza di una certa importanza.

 Sulle spese

47     Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Terza Sezione) dichiara:

1)      Un punto vendita di quote latte non è né un organismo agricolo di intervento ai sensi dell’art. 4, n. 5, terzo comma, della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme, come modificata dalla direttiva del Consiglio 19 gennaio 2001, 2001/4/CE, in combinato disposto con il punto 7 dell’allegato D di quest’ultima, né uno spaccio ai sensi del detto art. 4, n. 5, terzo comma, in combinato disposto con il punto 12 dell’allegato D della detta direttiva.

2)      Il mancato assoggettamento di un punto vendita di quote latte per le attività o le operazioni che esso svolga in quanto pubblica autorità, ai sensi dell’art. 4, n. 5, della sesta direttiva 77/388, come modificata dalla direttiva 2001/4, non può dar luogo a distorsioni di concorrenza di una certa importanza, dato che esso non è confrontato, in una situazione come quella di cui trattasi nella causa principale, a operatori privati che forniscono prestazioni in concorrenza con le prestazioni pubbliche. Poiché tale considerazione vale per tutti i punti vendita di quote latte presenti in un determinato ambito di cessione dei quantitativi di riferimento di consegna, definito dallo Stato membro di cui trattasi, va rilevato che tale ambito costituisce il mercato geografico rilevante per determinare l’esistenza di distorsioni di concorrenza di una certa importanza.

Firme


* Lingua processuale: il tedesco.