Causa C-484/06
Fiscale eenheid Koninklijke Ahold NV
contro
Staatssecretaris van Financiën
(domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dallo Hoge Raad der Nederlanden)
«Rinvio pregiudiziale — Prima e sesta direttiva IVA — Principi di neutralità fiscale e di proporzionalità — Norme riguardanti l’arrotondamento degli importi dell’IVA — Arrotondamento per articolo per difetto»
Massime della sentenza
1. Disposizioni tributarie — Armonizzazione delle legislazioni — Imposte sulla cifra di affari — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Sesta direttiva — Disposizioni in materia di arrotondamento dell’importo dell’imposta
[Direttiva del Consiglio 77/388, artt. 11, parte A, n. 1, lett. a), e 22, n. 3, lett. b)]
2. Disposizioni tributarie — Armonizzazione delle legislazioni — Imposte sulla cifra di affari — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Sesta direttiva — Principi di neutralità fiscale e di proporzionalità
(Direttive del Consiglio 67/227, art. 2, primo comma, e 77/388)
1. In mancanza di una normativa comunitaria specifica, spetta agli Stati membri determinare i metodi e le norme per l’arrotondamento degli importi dell’imposta sul valore aggiunto e tali Stati, all’atto di siffatta determinazione, sono tenuti a rispettare i principi sui quali si fonda il sistema comune di tale imposta, in particolare i principi di neutralità fiscale e di proporzionalità.
(v. punto 33, dispositivo 1)
2. Il diritto comunitario, al suo stato attuale, ivi compresi i principi di neutralità fiscale e di proporzionalità, non prevede nessun obbligo specifico in base al quale gli Stati membri sono tenuti ad autorizzare i soggetti passivi ad arrotondare l’importo dell’imposta sul valore aggiunto per articolo per difetto.
Il principio di neutralità fiscale non comporta quindi nessun requisito quanto all’applicazione di un metodo particolare di arrotondamento, purché il metodo prescelto dallo Stato membro interessato garantisca che l’importo riscosso dall’amministrazione fiscale a titolo dell’imposta sul valore aggiunto corrisponda precisamente all’importo dichiarato nella fattura a titolo di tale imposta e versato dal consumatore finale al soggetto passivo.
Inoltre, pur se l’osservanza del principio di proporzionalità esige che, laddove sia necessario un arrotondamento, esso sia effettuato in modo tale che l’importo arrotondato corrisponda il più possibile a quello dell’imposta sul valore aggiunto risultante dall’applicazione dell’aliquota in vigore, nondimeno un’operazione del genere, per sua natura, mira a rendere più agevole il calcolo e deve quindi conciliare l’esigenza della proporzionalità il più possibile precisa con le necessità pratiche di un’efficace applicazione del sistema comune dell’imposta sul valore aggiunto, che è basato sul principio della dichiarazione ad opera del soggetto passivo.
(v. punti 37, 39, 43, dispositivo 2)
SENTENZA DELLA CORTE (Quarta Sezione)
10 luglio 2008 (*)
«Rinvio pregiudiziale – Prima e sesta direttiva IVA – Principi di neutralità fiscale e di proporzionalità – Norme riguardanti l’arrotondamento degli importi dell’IVA – Arrotondamento per articolo per difetto»
Nel procedimento C-484/06,
avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, dallo Hoge Raad der Nederlanden (Paesi Bassi) con decisione 24 novembre 2006, pervenuta in cancelleria il 27 novembre 2006, nella causa
Fiscale eenheid Koninklijke Ahold NV
contro
Staatssecretaris van Financiën,
LA CORTE (Quarta Sezione),
composta dal sig. K. Lenaerts, presidente di sezione, dal sig. G. Arestis, dalla sig.ra R. Silva de Lapuerta, dai sigg. E. Juhász e T. von Danwitz (relatore), giudici,
avvocato generale: sig.ra E. Sharpston
cancelliere: sig.ra C. Strömholm, amministratore
vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 13 dicembre 2007,
considerate le osservazioni presentate:
– per la Fiscale eenheid Koninklijke Ahold NV, dal sig. G.C. Bulk, adviseur, e dall’avv. M. Hamer, advocaat;
– per il governo dei Paesi Bassi, dalla sig.ra H.G. Sevenster e dal sig. M. de Grave, in qualità di agenti;
– per il governo ellenico, dalle sig.re O. Patsopoulou, M. Tassopoulou e G. Skiani, in qualità di agenti;
– per il governo polacco, dalla sig.ra E. Ośniecka-Tamecka, in qualità di agente;
– per il governo del Regno Unito, dalla sig.ra V. Jackson, in qualità di agente, assistita dal sig. I. Hutton, barrister;
– per la Commissione delle Comunità europee, dai sigg. D. Triantafyllou, A. Weimar e P. van Nuffel, in qualità di agenti,
sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 24 gennaio 2008,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1 La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione degli artt. 22, nn. 3, lett. b), primo comma, e 5; nonché 11, parte A, della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (GU L 145, pag. 1), come modificata dalla direttiva del Consiglio 16 dicembre 1991, 91/680/CEE (GU L 376, pag. 1; in prosieguo: la «sesta direttiva»).
2 Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia che vede opposti la Fiscale eenheid Koninklijke Ahold NV, soggetto fiscale al quale appartiene la società Albert Heijn BV, e lo Staatssecretaris van Financiën (Segretario di Stato alle finanze) in seguito al rigetto, da parte dell’Inspecteur van de Belastingdienst (ispettore delle imposte; in prosieguo: l’«Inspecteur»), del reclamo che essa aveva introdotto per ottenere il rimborso dell’importo di EUR 1 414 a titolo dell’imposta sul valore aggiunto (in prosieguo: l’«IVA»).
Contesto normativo
La normativa comunitaria
3 L’art. 2 della prima direttiva del Consiglio 11 aprile 1967, 67/227/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra d’affari (GU 1967, n. 71, pag. 1301; in prosieguo: la «prima direttiva»), così enuncia:
«Il principio del sistema comune di imposta sul valore aggiunto consiste nell’applicare ai beni ed ai servizi un’imposta generale sul consumo esattamente proporzionale al prezzo dei beni e dei servizi, qualunque sia il numero di transazioni intervenute nel processo di produzione e di distribuzione antecedente alla fase dell’imposizione.
A ciascuna transazione, l’imposta sul valore aggiunto, calcolata sul prezzo del bene o del servizio all’aliquota applicabile al suddetto bene o servizio, è esigibile, previa deduzione dell’ammontare dell’imposta sul valore aggiunto che ha gravato direttamente sul costo dei diversi elementi costitutivi del prezzo.
Il sistema comune d’imposta sul valore aggiunto è applicato fino allo stadio del commercio al minuto incluso.
(...)».
4 L’art. 11, parte A, n. 1, lett. a), della sesta direttiva prevede quanto segue:
«La base imponibile è costituita:
a) per le forniture di beni e le prestazioni di servizi diverse da quelle di cui alle lettere b), c) e d), da tutto ciò che costituisce il corrispettivo versato o da versare al fornitore o al prestatore per tali operazioni da parte dell’acquirente, del destinatario o di un terzo, comprese le sovvenzioni direttamente connesse con il prezzo di tali operazioni».
5 L’art. 22, nn. 3, lett. a) e b), 4, lett. b), e 5, della sesta direttiva è del seguente tenore:
«3. a) Ogni soggetto passivo deve emettere fattura, o altro documento equivalente, per le cessioni di beni e le prestazioni di servizi che effettua per conto di un altro soggetto passivo o di un ente che non è soggetto passivo. (...) Il soggetto passivo deve conservare copia di tutti i documenti rilasciati.
(...)
b) La fattura deve indicare distintamente il prezzo al netto dell’imposta e l’imposta corrispondente per ogni aliquota diversa nonché, se del caso, l’esenzione.
(...)
4. a) (...)
b) Nella dichiarazione devono figurare tutti i dati necessari ad accertare l’importo dell’imposta esigibile e quello delle deduzioni da operare, compresi, se del caso, qualora risulti necessario per fissare la base imponibile, l’importo complessivo delle operazioni relative a tale imposta e a tali deduzioni, nonché l’importo delle operazioni esenti.
(...)
5. Ogni soggetto passivo deve pagare l’importo netto dell’imposta sul valore aggiunto al momento della presentazione della dichiarazione periodica. Gli Stati membri possono tuttavia stabilire un’altra scadenza per il pagamento di questo importo o riscuotere acconti provvisori».
6 La direttiva del Consiglio 20 dicembre 2001, 2001/115/CE, che modifica la direttiva 77/388/CEE al fine di semplificare, modernizzare e armonizzare le modalità di fatturazione previste in materia di imposta sul valore aggiunto (GU 2002, L 15, pag. 24), che gli Stati membri dovevano mettere in vigore a decorrere dal 1° gennaio 2004, ha modificato l’art. 22, n. 3, lett. b), della sesta direttiva, e tale disposizione contiene in particolare un decimo trattino del seguente tenore:
«Salve le disposizioni speciali previste dalla presente direttiva, nelle fatture emesse a norma della lettera a), primo, secondo e terzo comma sono obbligatorie ai fini dell’imposta sul valore aggiunto soltanto le indicazioni seguenti:
(...)
– importo dell’imposta da pagare, tranne in caso di applicazione di un regime specifico per il quale la presente direttiva escluda tale indicazione,
(...)».
La normativa nazionale
7 L’art. 35 de la legge sull’imposta sulla cifra d’affari (Wet op de omzetbelasting) 28 giugno 1968 (Stb. 1968, n. 329), nella versione applicabile alla causa principale, è formulato nei termini seguenti:
«1. Per le cessioni che effettua e per i servizi che presta ad un altro imprenditore o ad una persona giuridica diversa da un imprenditore, l’imprenditore è tenuto ad emettere una fattura numerata e datata che precisi chiaramente e inequivocabilmente:
(...)
i. Il corrispettivo.
j. L’importo dell’imposta dovuta per la cessione o il servizio. Non è consentito di menzionare un altro importo di imposta.
(...)».
Causa principale e questioni pregiudiziali
8 La società Albert Heijn BV, appartenente alla Fiscale eenheid Koninklijke Ahold NV, che costituisce un soggetto fiscale ai fini della riscossione dell’imposta sul fatturato, gestisce diversi supermercati in cui fornisce un assortimento classico di generi alimentari o non alimentari.
9 Nel periodo in esame nella causa principale, vale a dire il mese di ottobre 2003, la ricorrente nella causa principale ha calcolato e dichiarato l’IVA relativa alle vendite dei suoi supermercati secondo la sua prassi abituale consistente nel basarsi sull’importo totale, corrispondente a ciascuno scontrino (o «cestello della spesa»), pagato da un cliente in caso di acquisto simultaneo di diversi articoli.
10 Ciascuno degli importi che comparivano sui detti scontrini è stato arrotondato aritmeticamente al centesimo di euro. Tale operazione di arrotondamento aritmetico comporta che sono arrotondati al centesimo immediatamente superiore gli importi nei quali la terza cifra decimale è uguale o superiore a 5 e sono arrotondati al centesimo immediatamente inferiore quelli nei quali la terza cifra decimale è inferiore a 5. La ricorrente nella causa principale ha proceduto in tal senso per tutte le sue filiali.
11 Per due filiali, tuttavia, essa ha inoltre applicato, per quanto riguarda il periodo in esame, un metodo diverso, consistente nel calcolare l’importo dell’IVA dovuta non per scontrino, bensì separatamente, per ciascun articolo venduto al cliente, arrotondando l’importo così ottenuto per articolo al centesimo di euro immediatamente inferiore.
12 La ricorrente nella causa principale ha in tal modo calcolato che, per tali due filiali e per il periodo in esame, secondo il detto metodo di arrotondamento per articolo per difetto, essa avrebbe dovuto pagare EUR 1 414 in meno rispetto all’importo indicato nella sua dichiarazione ed effettivamente versato in base alla sua prassi abituale di arrotondamento per scontrino.
13 La ricorrente nella causa principale ha chiesto il rimborso dell’importo di EUR 1 414 che, a suo dire, essa ha indebitamente versato a titolo dell’IVA per le due filiali in questione. Poiché tale domanda è stata respinta, essa ha presentato reclamo dinanzi all’Inspecteur, sostenendo che l’«arrotondamento per cestello» non è corretto e che l’importo dell’imposta calcolato per articolo dovrebbe essere, eventualmente, arrotondato all’importo immediatamente inferiore.
14 L’Inspecteur ha respinto il detto reclamo. La ricorrente nella causa principale ha presentato ricorso diretto all’annullamento di tale decisione di rigetto dinanzi al Gerechtshof te Amsterdam (Corte d’appello di Amsterdam). Quest’ultimo ha dichiarato infondato tale ricorso con sentenza 16 agosto 2004. La ricorrente ha quindi adito lo Hoge Raad der Nederlanden (Corte di cassazione olandese) con un ricorso per cassazione avverso la detta sentenza.
15 Nella decisione di rinvio lo Hoge Raad der Nederlanden ricorda che, secondo il Gerechtshof te Amsterdam, anche nel caso in cui l’applicazione del metodo aritmetico comporti un arrotondamento al centesimo superiore, il detto metodo soddisfa meglio, per saldo, il principio secondo il quale l’imposta deve essere strettamente proporzionale al prezzo rispetto ad un metodo che prevede un arrotondamento al centesimo inferiore.
16 Il detto giudice aggiunge che, nel calcolare l’IVA, è consentito procedere ad un arrotondamento aritmetico dell’imposta per ciascuna cessione di beni o per ciascuna prestazione di servizi oppure applicare l’arrotondamento sull’importo complessivo di un certo numero di cessioni o di prestazioni considerate tutte insieme, come avviene nella causa principale, per cestello. A suo parere, tali due metodi sono previsti, a partire dal 1º luglio 2004, nell’art. 5 a del decreto d’attuazione sull’imposta del 1968 sulla cifra d’affari (Uitvoeringsbesluit omzetbelasting 1968).
17 La controversia principale solleverebbe le questioni di sapere se la prima e la sesta direttiva prescrivano che debba essere ammesso il metodo di arrotondamento per articolo per difetto e, più in particolare, se le disposizioni dell’art. 2, primo e secondo comma, della prima direttiva nonché degli artt. 11, parte A, n. 1, lett. a), e 22, nn. 3, lett. b), primo comma – nella sua versione applicabile fino al 1º gennaio 2004 –, e 5, della sesta direttiva si basino sul metodo secondo cui l’importo dell’IVA deve essere calcolato con riferimento a ciascuna operazione, anche se diverse operazioni sono menzionate in un’unica fattura o sono contenute in una stessa dichiarazione.
18 Lo Hoge Raad der Nederlanden ha deciso pertanto di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:
«1) Se l’arrotondamento degli importi IVA sia assoggettato esclusivamente al diritto nazionale o se si tratti invece di una questione di diritto comunitario – segnatamente in considerazione delle disposizioni [degli artt. 22, nn. 3, lett. b), decimo trattino, e 5, nonché 11, parte A, della sesta direttiva].
2) In quest’ultimo caso: se dalle citate disposizioni delle direttive consegua che gli Stati membri sono tenuti a consentire un arrotondamento per articolo per difetto, anche nel caso in cui diverse operazioni vengano indicate in un’unica fattura e/o vengano contenute in un’unica dichiarazione».
Sulla domanda di riapertura della trattazione orale
19 Con istanza depositata presso la cancelleria della Corte il 10 marzo 2008, la ricorrente nella causa principale ha chiesto la riapertura della trattazione orale, in quanto la causa non può essere decisa in base ad un argomento che non è stato oggetto di dibattito tra le parti, e dunque le conclusioni dell’avvocato generale si fondano su un’erronea rappresentazione dei fatti.
20 In proposito si deve rammentare che la Corte può disporre d’ufficio o su proposta dell’avvocato generale, ovvero su domanda delle parti, la riapertura della trattazione orale del procedimento ai sensi dell’art. 61 del regolamento di procedura, se ritiene necessari ulteriori chiarimenti o se la causa deve essere decisa sulla base di un argomento che non è stato dibattuto dalle parti (v. ordinanza 4 febbraio 2000, causa C-17/98, Emesa Sugar, Racc. pag. I-665, punto 18; sentenze 14 dicembre 2004, causa C-210/03, Swedish Match, Racc. pag. I-11893, punto 25; 28 giugno 2007, causa C-466/03, Albert Reiss Beteiligungsgesellschaft, Racc. pag. I-5357, punto 29, nonché 8 maggio 2008, causa C-491/06, Danske Svineproducenter, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 21).
21 Orbene, nella sua istanza di riapertura della trattazione orale, la ricorrente nella causa principale sottolinea che, varie volte nel corso dell’udienza, essa ha indicato in particolare quali erano i fatti, a suo parere, esatti riguardo agli effetti dell’arrotondamento.
22 Nel caso di specie, la Corte, sentito l’avvocato generale, considera di disporre di tutti gli elementi necessari per risolvere le questioni sollevate e che pertanto non sia necessario ordinare la riapertura della fase orale.
23 Di conseguenza, la domanda diretta a fare ordinare siffatta riapertura dev’essere respinta.
Sulle questioni pregiudiziali
Sulla prima questione
24 In risposta alla prima questione, va constatato che le disposizioni della prima e della sesta direttiva non contengono alcuna norma espressa riguardante l’arrotondamento dell’importi dell’IVA. La sesta direttiva, in particolare, tace in proposito.
25 Le disposizioni dell’art. 22, n. 3, lett. b), della sesta direttiva, tanto nella versione applicabile all’epoca dei fatti della controversia principale quanto nella versione risultante dalla direttiva 2001/115, entrata in vigore il 1° gennaio 2004 e che, per tale fatto, non è applicabile alla detta controversia, nonché le disposizioni del n. 5 dello stesso articolo, sono certamente atte a riferirsi, in ultima analisi, ad importi di IVA arrotondati, come sostiene il giudice del rinvio. Nondimeno è pacifico che tali disposizioni non prevedono alcuna norma espressa riguardante il modo in cui tale arrotondamento deve essere effettuato.
26 Lo stesso ragionamento vale per quanto riguarda l’art. 11, parte A, n. 1, lett. a), della sesta direttiva. Tale disposizione si limita, infatti, a determinare la base imponibile e si riferisce unicamente al prezzo dei beni ceduti e dei servizi prestati quale corrispettivo di questo.
27 Questa considerazione non è in alcun modo rimessa in discussione dalla finalità e dall’economia di ciascuna delle disposizioni menzionate nei due punti precedenti, finalità ed economia che occorre prendere in considerazione ai fini della loro interpretazione [v., in particolare, sentenze 10 dicembre 2002, causa C-491/01, British American Tobacco (Investments) e Imperial Tobacco, Racc. pag. I-11453, punto 203 e giurisprudenza citata; 16 gennaio 2003, causa C-12/00, Commission/Spagna, Racc. pag. I-459, punto 55, nonché 13 marzo 2008, causa C-437/06, Securenta, Racc. pag. I-1597, punto 35].
28 Così, risulta dalla seconda direttiva del Consiglio 11 aprile 1967, 67/228/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra d’affari – Struttura e modalità d’applicazione del sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (GU 1967, n. 71, pag. 1303), che l’imposta sulla cifra d’affari mira a conseguire lo scopo dell’uguaglianza impositiva di una stessa operazione, indipendentemente dallo Stato membro nel quale viene effettuata (sentenza 3 ottobre 2006, causa C-475/03, Banca Popolare di Cremona, Racc. pag. I-9373, punti 20 e 23). In tale contesto, l’art. 11, parte A, n. 1, lett. a), della sesta direttiva ha lo scopo di garantire l’uniformità, negli Stati membri, della base su cui si fonda l’imposizione.
29 Lo stesso vale per l’art. 22, n. 3, lett. b), della sesta direttiva, a proposito del quale, dal quarto ‘considerando’ della direttiva 2001/115, risulta che le indicazioni, che devono figurare obbligatoriamente sulle fatture, mirano a garantire il buon funzionamento del mercato interno. Infine l’art. 22, nn. 4 e 5, della sesta direttiva ha lo scopo di garantire che siano messe a disposizione dell’amministrazione fiscale tutte le informazioni per l’accertamento e la riscossione dell’importo esatto dell’imposta esigibile.
30 Ne consegue che né la formulazione delle dette disposizioni, né la loro finalità consentono di concludere che sia stato previsto dal diritto comunitario un metodo specifico di arrotondamento.
31 Pertanto, in mancanza di una normativa comunitaria, spetta all’ordinamento giuridico degli Stati membri stabilire, entro i limiti del diritto comunitario, il metodo e le norme applicabili all’arrotondamento di un importo dichiarato a titolo dell’IVA.
32 Quindi, nello stabilire o nell’ammettere un metodo preciso di arrotondamento, gli Stati membri sono tenuti a rispettare i principi che regolano il sistema comune dell’IVA, quali il principio di neutralità fiscale e il principio di proporzionalità. L’osservanza di tali principi riconosciuti dall’ordinamento giuridico comunitario non ha tuttavia l’effetto di far rientrare nell’ambito del diritto comunitario la questione stessa del metodo specifico di arrotondamento da applicare.
33 Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, occorre risolvere la prima questione dichiarando che, in mancanza di una normativa comunitaria, spetta agli Stati membri determinare i metodi e le norme per l’arrotondamento degli importi dell’IVA e che gli Stati membri, all’atto di siffatta determinazione, sono tenuti a rispettare i principi sui quali si fonda il sistema comune di tale imposta, in particolare i principi di neutralità fiscale e di proporzionalità.
Sulla seconda questione
34 Con la sua seconda questione, il giudice del rinvio chiede in sostanza se le direttive contengano un obbligo specifico in base al quale gli Stati membri sono tenuti ad autorizzare i soggetti passivi ad arrotondare l’importo dell’IVA per articolo per difetto.
35 Tenuto conto della risposta fornita per la prima questione pregiudiziale nella presente sentenza, al fine di fornire una risposta utile al giudice del rinvio nell’ambito della seconda questione, è importante verificare se il diritto comunitario, quale risulta dai principi sui quali si basa il sistema comune dell’IVA, in particolare dai principi di neutralità fiscale e di proporzionalità, imponga ad uno Stato membro di autorizzare i soggetti passivi ad arrotondare per articolo per difetto l’importo dell’IVA dovuta all’amministrazione fiscale. Un obbligo siffatto presuppone che un unico metodo di arrotondamento – vale a dire quello consistente nell’arrotondare l’importo dell’imposta per articolo per difetto – sarebbe idoneo a soddisfare tali criteri.
36 Rispecchiando il principio della parità di trattamento in materia di IVA, il principio di neutralità fiscale, in particolare, ha la conseguenza che i soggetti passivi non devono essere trattati in modo diverso, con riferimento al metodo di arrotondamento applicato al momento di calcolare l’IVA, per prestazioni simili che si trovano quindi in concorrenza le une con le altre (v., in questo senso, sentenza 27 aprile 2006, cause riunite C-443/04 e C-444, Solleveld e van den Hout-van Eijnsbergen, Racc. pag. I-3617, punto 35 e giurisprudenza citata). Secondo questo stesso principio, l’importo riscosso dall’amministrazione fiscale a titolo dell’IVA deve corrispondere esattamente all’importo dichiarato nella fattura a titolo di tale imposta e versato dal consumatore finale al soggetto passivo (v., in questo senso, sentenza 24 ottobre 1996, causa C-317/94, Racc. pag. I-5339, punto 24).
37 Tale principio non comporta quindi nessun requisito quanto all’applicazione di un metodo particolare di arrotondamento, purché il metodo prescelto dallo Stato membro interessato garantisca che l’importo riscosso dall’amministrazione fiscale a titolo dell’IVA corrisponda precisamente all’importo dichiarato nella fattura a titolo di tale imposta e versato dal consumatore finale al soggetto passivo.
38 Per quanto riguarda il principio di proporzionalità, dall’art. 2, primo comma, della prima direttiva risulta che l’IVA è un’imposta generale sul consumo esattamente proporzionale al prezzo dei beni e dei servizi (v., in particolare, sentenze Banca Popolare di Cremona, cit., punto 21, e 11 ottobre 2007, cause riunite C-283/06 e C-312/06, KÖGÁZ e a., Racc. pag. I-8463, punto 29).
39 Pur se l’osservanza di quest’ultimo principio esige che, laddove sia necessario un arrotondamento, esso sia effettuato in modo tale che l’importo arrotondato corrisponda il più possibile a quello dell’IVA risultante dall’applicazione dell’aliquota in vigore, nondimeno un’operazione del genere, per sua natura, mira a rendere più agevole il calcolo e deve quindi conciliare l’esigenza della proporzionalità il più possibile precisa con le necessità pratiche di un’efficace applicazione del sistema comune dell’IVA, che è basato sul principio della dichiarazione ad opera del soggetto passivo.
40 In ogni caso, senza che sia necessario per la Corte pronunciarsi sulla questione se il metodo di arrotondamento per articolo per difetto sia atto a soddisfare le esigenze del principio di proporzionalità ai sensi dell’art. 2, primo comma, della prima direttiva, risulta segnatamente dagli esempi di calcolo forniti nelle osservazioni presentate alla Corte e riassunti dall’avvocato generale, al paragrafo 47 delle sue conclusioni, che esistono modalità di calcolo idonee a soddisfare tali esigenze.
41 Pertanto, in considerazione della tecnicità della questione dell’arrotondamento, neppure il principio di proporzionalità è tale da contenere criteri che consentano di concludere che un solo metodo di arrotondamento, in particolare quello consistente nell’arrotondare l’importo dell’IVA per articolo per difetto, possa soddisfare il principio di proporzionalità.
42 Risulta da quel che precede che il diritto comunitario, in particolare le disposizioni della prima e della sesta direttiva e i principi di neutralità fiscale e di proporzionalità, non contiene nessun obbligo specifico per gli Stati membri di autorizzare i soggetti passivi ad arrotondare gli importi dell’IVA per articolo per difetto.
43 Di conseguenza, occorre risolvere la seconda questione dichiarando che il diritto comunitario, al suo stato attuale, non prevede nessun obbligo specifico in base al quale gli Stati membri sono tenuti ad autorizzare i soggetti passivi ad arrotondare l’importo dell’IVA per articolo per difetto.
Sulle spese
44 Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.
Per questi motivi, la Corte (Quarta Sezione) dichiara:
1) In mancanza di una normativa comunitaria, spetta agli Stati membri determinare i metodi e le norme per l’arrotondamento degli importi dell’imposta sul valore aggiunto e gli Stati membri, all’atto di siffatta determinazione, sono tenuti a rispettare i principi sui quali si fonda il sistema comune di tale imposta, in particolare i principi di neutralità fiscale e di proporzionalità.
2) Il diritto comunitario, al suo stato attuale, non prevede nessun obbligo specifico in base al quale gli Stati membri sono tenuti ad autorizzare i soggetti passivi ad arrotondare l’importo dell’imposta sul valore aggiunto per articolo per difetto.
Firme
* Lingua processuale: l’olandese.