Cause riunite C-95/07 e C-96/07
Ecotrade SpA
contro
Agenzia delle Entrate – Ufficio di Genova 3
(domande di pronuncia pregiudiziale proposte dalla Commissione tributaria provinciale di Genova)
«Sesta direttiva IVA — Inversione contabile — Diritto a detrazione — Termine di decadenza — Irregolarità contabile e di dichiarazione riguardante operazioni soggette al regime dell’inversione contabile»
Massime della sentenza
1. Disposizioni tributarie — Armonizzazione delle legislazioni — Imposte sulla cifra di affari — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Detrazione dell’imposta pagata a monte
[Direttiva del Consiglio 77/388, artt. 17, 18, nn. 2 e 3, e 21, n. 1, lett. b)]
2. Disposizioni tributarie — Armonizzazione delle legislazioni — Imposte sulla cifra di affari — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Detrazione dell’imposta pagata a monte
[Direttiva del Consiglio 77/388, artt. 18, n. 1, lett. d), e 22]
1. Gli artt. 17, 18, nn. 2 e 3, nonché 21, n. 1, lett. b), della sesta direttiva 77/388, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari, come modificata dalla direttiva 2000/17, non ostano ad una normativa nazionale che preveda un termine di decadenza per l’esercizio del diritto a detrazione da parte di un un soggetto passivo, purché siano osservati i principi di equivalenza, che esige che il termine si applichi allo stesso modo ai diritti analoghi in materia fiscale fondati sul diritto interno e a quelli fondati sul diritto comunitario, e di effettività, in forza del quale il termine di decadenza non può rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio del diritto a detrazione.
Il principio di effettività non è violato per il semplice fatto che l’amministrazione fiscale dispone, per procedere all’accertamento dell’imposta sul valore aggiunto non assolta, di un termine che eccede quello concesso ai soggetti passivi per l’esercizio del loro diritto a detrazione, atteso che la situazione dell’amministrazione fiscale non può essere paragonata a quella di un soggetto passivo e che il fatto che un termine di decadenza inizi a decorrere nei confronti dell’amministrazione fiscale da una data posteriore rispetto a quella in cui inizia a decorrere il termine di decadenza opponibile al soggetto passivo per l’esercizio del suo diritto a detrazione non è tale da ledere il principio di uguaglianza.
(v. punti 46, 51, 54, dispositivo 1)
2. Gli artt. 18, n. 1, lett. d), e 22 della sesta direttiva 77/388, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari, come modificata dalla direttiva 2000/17, ostano ad una prassi di rettifica delle dichiarazioni e di accertamento dell’imposta sul valore aggiunto la quale sanzioni un’inosservanza, per un verso, degli obblighi derivanti dalle formalità introdotte dalla normativa nazionale in applicazione di tale art. 18, n. 1, lett. d), e, per altro verso, degli obblighi contabili nonché di dichiarazione risultanti, rispettivamente, dal detto art. 22, nn. 2 e 4, con un diniego del diritto a detrazione in caso d’applicazione del regime dell’inversione contabile.
Infatti, l’inosservanza da parte di un soggetto passivo delle formalità imposte da uno Stato membro in applicazione dell’art. 18, n. 1, lett. d), della sesta direttiva non può privarlo del suo diritto a detrazione posto che, in forza del principio di neutralità fiscale, la detrazione dell’imposta sul valore aggiunto a monte dev’essere accordata se gli obblighi sostanziali sono soddisfatti, anche se taluni obblighi formali sono stati omessi dai soggetti passivi.
Inoltre, i provvedimenti adottati dagli Stati membri affinché i soggetti passivi assolvano gli obblighi di dichiarazione e di pagamento o gli altri obblighi che essi ritengano necessari ad assicurare l’esatta riscossione dell’imposta e ad evitare le frodi non possono essere utilizzati in modo tale da rimettere sistematicamente in questione il diritto alla detrazione dell’imposta sul valore aggiunto. Orbene, una prassi di rettifica e di accertamento che sanziona l’inosservanza, ad opera del soggetto passivo, degli obblighi contabili e di dichiarazione con un diniego del diritto a detrazione, eccede chiaramente quanto necessario per conseguire l’obiettivo di garantire il corretto adempimento di tali obblighi ai sensi dell’art. 22, n. 7, della sesta direttiva, posto che il diritto comunitario non vieta agli Stati membri di irrogare, se del caso, un’ammenda o una sanzione pecuniaria proporzionata alla gravità dell’infrazione, allo scopo di sanzionare l’inosservanza dei detti obblighi. La prassi in esame eccede inoltre quanto è necessario per assicurare l’esatta riscossione dell’imposta sul valore aggiunto ed evitare le frodi, poiché essa può addirittura comportare la perdita del diritto a detrazione qualora la rettifica della dichiarazione da parte dell’amministrazione fiscale intervenga solamente dopo la scadenza del termine di decadenza di cui dispone il soggetto passivo per effettuare la detrazione.
(v. punti 62-63, 65-68, 72, dispositivo 2)
SENTENZA DELLA CORTE (Terza Sezione)
8 maggio 2008(*)
«Sesta direttiva IVA – Inversione contabile – Diritto a detrazione – Termine di decadenza – Irregolarità contabile e di dichiarazione riguardante operazioni soggette al regime dell’inversione contabile»
Nei procedimenti riuniti C-95/07 e C-96/07,
aventi ad oggetto le domande di decisione pregiudiziale proposte alla Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, dalla Commissione tributaria provinciale di Genova, con decisioni 13 dicembre 2006, pervenute in cancelleria il 20 febbraio 2007, nelle cause
Ecotrade SpA
contro
Agenzia delle Entrate – Ufficio di Genova 3,
LA CORTE (Terza Sezione),
composta dal sig. A. Rosas, presidente di sezione, dai sigg. U. Lõhmus, A. Ó Caoimh, dalla sig.ra P. Lindh e dal sig. A. Arabadjiev (relatore), giudici,
avvocato generale: sig.ra E. Sharpston
cancelliere: sig.ra C. Strömholm, amministratore
vista la fase scritta del procedimento e in seguito alla trattazione orale del 16 gennaio 2008,
considerate le osservazioni presentate:
– per la Ecotrade SpA, dagli avv.ti A. Lovisolo e N. Raggi;
– per il governo italiano, dal sig. I.M. Braguglia, in qualità di agente, assistito sig. G. De Bellis, avvocato dello Stato;
– per il governo cipriota, dalla sig.ra A. Pantazi-Lambrou, in qualità di agente;
– per la Commissione delle Comunità europee, dal sig. A. Aresu e dalla sig.ra M. Afonso, in qualità di agenti,
sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 13 marzo 2008,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1 Le domande di pronuncia pregiudiziale vertono sull’interpretazione degli artt. 17, 18, n. 1, lett. d), 21, n. 1, e 22 della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari — Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (GU L 145, pag. 1), come modificata dalla direttiva del Consiglio 30 marzo 2000, 2000/17/CE (GU L 84, pag. 24; in prosieguo: la «sesta direttiva»).
2 Tali domande sono state proposte nell’ambito di due controversie tra la Ecotrade SpA (in prosieguo: la «Ecotrade») e l’Agenzia delle Entrate – Ufficio di Genova 3 (in prosieguo: l’«Agenzia»), in ordine a diversi avvisi di accertamento emessi da quest’ultima e relativi alla rettifica, ai fini dell’imposta sul valore aggiunto (in prosieguo: l’«IVA»), delle dichiarazioni fiscali rilasciate da detta società per gli esercizi 2000 e 2001.
Contesto normativo
La normativa comunitaria
3 Per quanto riguarda il diritto a detrazione, l’art. 17, nn. 1 e 2, lett. a), della sesta direttiva, nella redazione risultante dall’art. 28 septies, n. 1, della medesima, dispone quanto segue:
«1. Il diritto a deduzione nasce quando l’imposta deducibile diventa esigibile.
2. Nella misura in cui i beni e servizi sono impiegati ai fini di sue operazioni soggette ad imposta, il soggetto passivo è autorizzato a dedurre dall’imposta di cui è debitore:
a) l’imposta sul valore aggiunto dovuta o assolta per i beni che gli sono o gli saranno ceduti e per i servizi che gli sono o gli saranno prestati da un altro soggetto passivo».
4 Ai sensi del n. 6 del medesimo art. 17, finché il Consiglio non avrà stabilito le spese che non danno diritto a detrazione dell’IVA, gli Stati membri possono mantenere tutte le esclusioni previste dalla loro legislazione nazionale al momento dell’entrata in vigore della sesta direttiva, con la precisazione che saranno comunque escluse dal diritto a detrazione le spese non aventi un carattere strettamente professionale, quali le spese suntuarie, di divertimento o di rappresentanza. Il n. 7 del medesimo articolo consente agli Stati membri, fatta salva la procedura di consultazione prevista dall’art. 29 della stessa direttiva, di escludere totalmente o in parte dal regime delle detrazioni, per motivi congiunturali, la totalità o parte dei beni di investimento o altri beni.
5 A norma dell’art. 21, n. 1, lett. b), della sesta direttiva, nella redazione risultante dall’art. 28 octies della medesima, l’IVA è dovuta, in regime interno, dal destinatario di un servizio di cui, in particolare, all’art. 28 ter, parte C, della medesima direttiva se il servizio è prestato da un soggetto passivo stabilito all’estero. L’art. 28 ter, parte C, cui si fa così riferimento, riguarda le «prestazioni di servizi di trasporto intracomunitario di beni». Tale regime, che si applica del resto ad altri servizi, è ampiamente noto con la denominazione usuale di «inversione contabile» («reverse charge»).
6 Per quanto riguarda le modalità di esercizio del diritto a detrazione in un contesto come quello descritto al punto precedente, l’art. 18, n 1, lett. d), della sesta direttiva, nella redazione risultante dall’art. 28 septies, n. 2, della medesima, prevede che, per poter esercitare tale diritto, il soggetto passivo deve assolvere le formalità fissate da ogni Stato membro.
7 L’art. 18, nn. 2 e 3, della sesta direttiva così recita:
«2. Il soggetto passivo opera la deduzione sottraendo dall’importo totale dell’imposta sul valore aggiunto dovuta per un dato periodo fiscale l’ammontare dell’imposta per la quale, nello stesso periodo, è sorto e può essere esercitato in virtù delle disposizioni del paragrafo 1 il diritto a deduzione.
(...)
3. Gli Stati membri fissano le condizioni e le modalità secondo le quali un soggetto passivo può essere autorizzato ad operare una deduzione cui non ha proceduto conformemente alle disposizioni dei paragrafi 1 e 2».
8 Peraltro, l’art. 22 della sesta direttiva, nella sua versione risultante dall’art. 28 nonies della stessa, prevede un certo numero di obblighi a carico del soggetto passivo. Tra questi ultimi vi è quello di cui al n. 2, lett. a), del citato art. 22, secondo il quale ogni soggetto passivo deve tenere una contabilità che sia sufficientemente particolareggiata così da consentire l’applicazione dell’IVA ed i relativi controlli da parte dell’amministrazione fiscale, nonché quello contemplato dal n. 4, lett. a) e b), dello stesso articolo, secondo cui il soggetto passivo è tenuto a presentare, entro il termine stabilito, una dichiarazione nella quale devono figurare tutti i dati necessari ad accertare l’importo dell’imposta esigibile e quello delle detrazioni da operare.
9 Infine, i nn. 7 e 8 dell’art. 22 sono del seguente tenore:
«7. Gli Stati membri adottano le misure necessarie affinché le persone che, a norma dell’articolo 21, paragrafo 1, lettere a) e b), sono considerate debitori dell’imposta in luogo del soggetto passivo, non residente nel territorio del paese, assolvano gli obblighi di dichiarazione e di pagamento (…).
8. Gli Stati membri hanno la facoltà di stabilire, subordinatamente al rispetto del principio della parità di trattamento delle operazioni interne e delle operazioni effettuate tra Stati membri da soggetti passivi, altri obblighi che essi ritengano necessari ad assicurare l’esatta riscossione dell’imposta e ad evitare le frodi, a condizione che questi obblighi non diano luogo, negli scambi tra Stati membri, a formalità connesse con il passaggio di una frontiera».
La normativa nazionale
10 Nel diritto italiano, le disposizioni in materia di IVA sono principalmente contenute, per un verso, nel decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, che istituisce e disciplina l’imposta sul valore aggiunto (Supplemento ordinario alla GURI n. 292 dell’11 novembre 1972) più volte emendato (in prosieguo: il «DPR n. 633/72»), e, per altro verso, nel decreto legge 30 agosto 1993, n. 331, (GURI n. 203 del 30 agosto 1993; in prosieguo: il «decreto legge n. 331/93»).
11 L’art. 17, terzo comma, prima frase, del DPR n. 633/72 dispone quanto segue:
«Gli obblighi relativi (…) alle prestazioni di servizi effettuate nel territorio dello Stato da soggetti non residenti (…) sono adempiuti dai cessionari o committenti, residenti nel territorio dello Stato, che (…) utilizzano i servizi nell’esercizio di imprese, arti o professioni».
12 L’art. 19, primo comma, del DPR n. 633/72 prevede:
«(…) Il diritto alla detrazione dell’imposta relativa ai beni e servizi acquistati o importati sorge nel momento in cui l’imposta diviene esigibile e può essere esercitato, al più tardi, con la dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui il diritto alla detrazione è sorto ed alle condizioni esistenti al momento della nascita del diritto medesimo».
13 Ai sensi dell’art. 23, dal titolo «Registrazione delle fatture», commi primo e secondo, del DPR n. 633/72, il contribuente deve annotare entro quindici giorni, in apposito registro, le fatture emesse indicando per ciascuna fattura il numero progressivo e la data di emissione, l’ammontare imponibile dell’operazione e l’ammontare dell’IVA, distinti secondo l’aliquota applicata, nonché la ditta, denominazione o ragione sociale del cessionario del bene o del committente del servizio, ovvero, nelle ipotesi di cui al terzo comma dell’art. 17 dello stesso decreto, il nome del cedente o del prestatore.
14 L’art. 25, primo comma, del DPR n. 633/72, recante il titolo «Registrazione degli acquisti», impone ai contribuenti l’obbligo di numerare in ordine progressivo le fatture e le bollette doganali relative ai beni e ai servizi acquistati o importati nell’esercizio dell’impresa, arte o professione, comprese quelle emesse a norma del terzo comma dell’art. 17 del detto decreto e di annotarle in un registro anteriormente alla liquidazione periodica, ovvero alla dichiarazione annuale, nella quale è esercitato il diritto alla detrazione dell’IVA relativa a tali fatture.
15 Ai sensi dell’art. 47, n. 1, del decreto legge n. 331/93, dal titolo «Registrazione delle operazioni intracomunitarie», le fatture relative, segnatamente, alle prestazioni di trasporto intracomunitario di beni e le prestazioni ad esse afferenti devono essere annotate, entro il mese di ricevimento o anche successivamente, ma comunque entro quindici giorni dal ricevimento, distintamente nel registro delle fatture emesse di cui all’art. 23, commi primo e secondo, del DPR n. 633/72, nonché nel registro degli acquisti di cui all’art. 25, primo comma, dello stesso decreto, con riferimento, rispettivamente, al mese di ricevimento ovvero al mese di emissione.
16 Infine, l’art. 57, primo comma, prima frase, del DPR 633/72 prevede quanto segue:
«Gli avvisi relativi alle rettifiche e agli accertamenti (…) devono essere notificati, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del quarto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione».
Causa principale e questioni pregiudiziali
17 La Ecotrade è una società per azioni italiana specializzata nel commercio della loppa granulata d’altoforno e di altri additivi, in particolare gesso sintetico e ceneri, utilizzati per la produzione del cemento.
18 Nel corso degli esercizi 2000 e 2001, la Ecotrade ha affidato a taluni operatori non aventi sede in Italia il trasporto dei detti materiali dall’Italia verso altri Stati membri della Comunità europea. Nelle fatture che tali operatori hanno rilasciato per i servizi forniti alla Ecotrade, essi hanno descritto i servizi stessi come «noli di navi» o come «trasporti» (in prosieguo: le «operazioni controverse»). Dette fatture non indicavano tuttavia l’importo dell’IVA, mentre in talune di esse si dichiarava che tali operazioni ne erano esenti.
19 L’Ecotrade ha quindi ritenuto che le operazioni controverse non fossero soggette ad IVA. Essa ha pertanto annotato le fatture relative a dette operazioni unicamente nel registro degli acquisti e non in quello delle fatture emesse, e ciò in esenzione IVA. L’IVA afferente a tali operazioni non risultava quindi nelle dichiarazioni fiscali compilate dalla Ecotrade per gli esercizi 2000 e 2001.
20 In occasione di una verifica effettuata nel corso del 2004, l’Agenzia ha ritenuto che le operazioni controverse rappresentassero servizi di trasporto intracomunitario di beni, soggetti ad IVA, e che ad essi fosse applicabile il regime dell’inversione contabile, il che non è stato contestato dalla Ecotrade, fatta eccezione per una fattura. L’Agenzia ha del pari rilevato che tale società non aveva osservato gli obblighi contabili relativi al citato regime dell’inversione contabile, poiché le fatture di cui trattasi erano state annotate esclusivamente nel registro degli acquisti e non in quello delle fatture emesse.
21 Pertanto l’Agenzia procedeva, con distinti avvisi di accertamento, a rettificare ai fini dell’IVA le dichiarazioni fiscali compilate dalla Ecotrade per gli esercizi 2000 e 2001, richiamandosi agli importi d’imposta non dichiarati per un totale di EUR 321 000 circa e applicandovi sanzioni amministrative per un totale di EUR 361 000 circa.
22 L’Agenzia ha poi considerato che la Ecotrade era decaduta dal suo diritto a detrazione dell’IVA, non avendo esercitato il medesimo entro il termine biennale decorrente dal momento in cui tale imposta era divenuta esigibile, come previsto dall’art. 19, primo comma, seconda frase, del DPR n. 633/72, mentre l’amministrazione fiscale beneficiava ancora dei termini per accertare l’IVA afferente ai servizi in questione, in quanto, in forza dell’art. 57, primo comma, del decreto citato, gli avvisi di rettifica ed accertamento possono essere notificati entro un termine quadriennale decorrente dalla presentazione delle dichiarazioni fiscali relative alle imposte contestate.
23 Con distinti ricorsi proposti il 13 febbraio 2005 dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di Genova, la Ecotrade ha impugnato gli avvisi di accertamento in questione, chiedendone l’annullamento. Per giustificare la prassi contabile da essa seguita, tale società ha sostenuto che le fatture relative alle operazioni controverse erano state regolarmente annotate nel registro degli acquisti, ma che, avendo essa erroneamente considerato tali operazioni come esenti da IVA, le relative fatture non erano state annotate nel registro delle fatture emesse. Tale irregolarità, tuttavia, non avrebbe dovuto compromettere l’esercizio del diritto a detrazione, dato che non era sorto alcun debito nei confronti dell’amministrazione fiscale. Di conseguenza, sarebbe inapplicabile nel caso di specie qualsivoglia limitazione temporale del diritto a detrazione.
24 L’Agenzia ha replicato, dinanzi al giudice del rinvio, che la Ecotrade avrebbe dovuto emettere un’«autofattura» delle operazioni controverse, calcolare l’IVA dovuta, annotarla nel registro delle fatture emesse nonché nel registro degli acquisti, con conseguente accredito di IVA ai fini della detrazione dell’imposta calcolata a monte. Secondo questo sistema, l’IVA iscritta a debito non è materialmente versata dal committente in quanto viene neutralizzata dalla corrispondente IVA iscritta a credito. Orbene, il diritto a detrazione dovrebbe essere esercitato entro il termine stabilito a pena di decadenza. Pertanto, la Ecotrade, che non ha seguito la procedura contabile prevista dalla disciplina nazionale, avrebbe l’obbligo di versare l’IVA dovuta, mentre avrebbe perduto il diritto a detrazione della stessa per intervenuta decadenza.
25 Di conseguenza, la Commissione tributaria provinciale di Genova ha deciso di sospendere il giudizio e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali, che sono formulate in termini identici nelle due cause C-95/07 e C-96/07:
«1) Se la corretta interpretazione dell’art. 17, dell’art. 21, par. 1, e dell’art. 22 della sesta Direttiva (…) osti ad una normativa nazionale (in ispecie l’art. 19 D.P.R. 26/10/72 n. 633) che subordini l’esercizio del diritto a detrarre l’imposta sull’[IVA], dovuta da un soggetto passivo nell’esercizio della sua attività di impresa, al rispetto di un termine (biennale), sanzionandone l’omessa osservanza con la perenzione del diritto stesso; in modo particolare in riferimento ai casi in cui l’assoggettabilità ad IVA dell’acquisto del bene o del servizio avvenga in applicazione di un meccanismo del reverse charge, che consenta all’Amministrazione di esigere il pagamento del tributo usufruendo di un termine (quadriennale, di cui all’art. 57 D.P.R. 633/72) superiore a quello previsto a favore dell’imprenditore per la sua detrazione, che ne è invece decaduto per il suo trascorrere.
2) Se la corretta interpretazione dell’art. 18, par. 1, lett. d) della sesta Direttiva (…) osti ad una normativa nazionale che nel regolamentare le “formalità” indicate da tale articolo attraverso il meccanismo del reverse charge, disciplinato dal combinato disposto dell’art. 17, terzo comma, con gli artt. 23 e 25 D.P.R. 633/72, possa inserire (a danno del solo contribuente) il rispetto di un limite temporale – come previsto dall’art. 19 D.P.R. 633/72 – per l’esercizio del diritto alla detrazione sancito dall’art. 17 della stessa Direttiva».
26 Con ordinanza del Presidente della Corte 27 aprile 2007, le cause C-95/07 e C-96/07 sono state riunite ai fini delle fasi scritta e orale del procedimento nonché della sentenza.
Sulle questioni pregiudiziali
Osservazioni presentate alla Corte
27 La Ecotrade afferma che la sesta direttiva non appone alcuna limitazione temporale al diritto a detrazione, posto che l’intero regime IVA, fondandosi sul principio di neutralità, è inteso ad assicurare comunque, al soggetto passivo, questo fondamentale diritto, strutturale all’intero sistema impositivo dell’IVA. Inoltre, la disciplina nazionale di cui trattasi nelle cause principali non potrebbe essere giustificata facendo valere gli artt. 17, nn. 6 e 7, e 22, nn. 7 e 8, della citata direttiva, i quali non sarebbero applicabili nelle cause principali.
28 Per quanto riguarda le «formalità» previste dagli Stati membri, in applicazione dell’art. 18, n. 1, lett. d), della sesta direttiva, che devono essere assolte dal soggetto passivo per poter esercitare il diritto a detrazione nell’ambito del regime dell’inversione contabile, la Ecotrade sostiene che dette formalità non possono essere sproporzionate o incompatibili con il sistema generale dell’IVA. Pertanto, l’osservanza di dette formalità non potrebbe comportare per il soggetto passivo la perdita definitiva del diritto a detrazione. In ogni caso, la limitazione del diritto a detrazione nel diritto italiano sarebbe sproporzionata in quanto l’amministrazione fiscale dispone, per la rettifica delle dichiarazioni erronee, di un termine maggiore rispetto a quello concesso al soggetto passivo per esercitare la detrazione.
29 I governi italiano e cipriota sottolineano che il termine previsto per l’esercizio del diritto a detrazione rappresenta una formalità che gli Stati membri possono stabilire in forza degli artt. 18, nn. 1, lett. d), e 3, nonché 22, n. 8, della sesta direttiva. Tale art. 18 non conterrebbe alcuna disposizione che contrasti col potere discrezionale cui dispongono gli Stati membri per fissare i limiti temporali della detrazione. Ai sensi del n. 2 del citato art. 18, che fa riferimento allo «stesso periodo», l’esercizio del diritto a detrazione dovrebbe essere il più possibile immediato, cosicché, se il soggetto passivo non esercita il proprio diritto a detrazione nel corso di tale periodo, la sua possibilità di esercitarlo in un periodo successivo possa essere subordinata alle condizioni eventualmente imposte dagli Stati membri in forza del n. 3 del medesimo art. 18.
30 Inoltre, i citati governi ritengono che il termine impartito all’amministrazione per l’accertamento dell’imposta non possa essere uguale a quello concesso al soggetto passivo per esercitare il suo diritto a detrazione per ragioni oggettive e pratiche, posto che è necessario per l’amministrazione un certo tempo, dopo la presentazione della dichiarazione fiscale, per effettuare il controllo e verificare il contenuto di quest’ultima.
31 Peraltro, il governo italiano ammette che gli Stati membri devono rispettare il principio di effettività, in modo da non rendere impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio del diritto a detrazione. Tuttavia, esso sostiene che il termine biennale è, al riguardo, più che adeguato.
32 La Commissione delle Comunità europee afferma che la detrazione dovrebbe essere esercitata rispettando le normali scadenze fiscali. Il suo esercizio non potrebbe quindi essere differito sine die. Essa ne deduce che la fissazione di termini di decadenza per l’esercizio del diritto a detrazione non sarebbe incompatibile con gli obiettivi perseguiti dalla sesta direttiva, a condizione che tali termini non siano meno favorevoli rispetto a quelli previsti per l’esercizio di analoghi diritti in materia fiscale (principio di equivalenza) e che essi non siano tali da rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti dall’ordinamento giuridico comunitario (principio di effettività). Essa ne conclude che il principio di equivalenza non è rispettato, in quanto la normativa controversa nelle cause principali concede all’amministrazione fiscale un termine quadriennale per effettuare rettifiche e accertamenti, mentre prevede un termine di soli due anni per la detrazione dell’IVA assolta. Quanto al rispetto del principio di effettività, la Commissione sottolinea che un termine di decadenza biennale per l’esercizio del diritto a detrazione rischierebbe, per questi stessi motivi, di rendere eccessivamente difficile l’esercizio di tale diritto.
33 Inoltre, la Commissione ritiene che sarebbe oltremodo eccessivo e sproporzionato che lo Stato membro interessato pretenda di arricchirsi indebitamente fondandosi sul mancato compimento di semplici formalità contabili, pur dovendosi riconoscere allo Stato stesso la possibilità di sanzionare in modo appropriato le irregolarità in questione.
34 Nell’ipotesi in cui la Corte dovesse decidere che l’art. 19 del DPR n. 633/72 non è compatibile con la sesta direttiva, il governo cipriota propone di limitare l’efficacia temporale della sentenza da pronunciarsi, in modo tale che essa si applichi solamente al periodo successivo alla pronuncia stessa.
Risposta della Corte
35 Occorre preliminarmente rilevare che, con le questioni proposte, il giudice del rinvio mira a stabilire se gli artt. 17, 18, n. 1, lett. d), 21, n. 1, e 22 della sesta direttiva ostino ad una disciplina nazionale quale quella di cui trattasi nelle cause principali la quale, in caso di applicazione del regime dell’inversione contabile, subordina l’esercizio del diritto a detrazione dell’IVA all’osservanza di un termine di decadenza inferiore a quello di cui dispone l’amministrazione fiscale per procedere all’accertamento dell’imposta.
36 Emerge tuttavia dall’ordinanza di rinvio che l’aspetto principale della controversia di cui alle cause principali trae origine dall’irregolarità contabile commessa dalla Ecotrade, vale a dire l’erronea annotazione delle operazioni controverse nel solo registro degli acquisti in esenzione IVA, poiché una tale irregolarità ha inciso altresì sulle dichiarazioni fiscali di detta società relative all’IVA, il che ha spinto l’Agenzia ad operare una rettifica delle dichiarazioni stesse. Tale fattispecie si distingue chiaramente dall’ipotesi in cui il contribuente, essendo a conoscenza della natura imponibile di una fornitura, ometta, per tardività o per negligenza, di richiedere la detrazione dell’IVA a monte entro il termine previsto dalla normativa nazionale.
37 Si deve a tal proposito ricordare che, secondo costante giurisprudenza, spetta alla Corte fornire al giudice nazionale tutti gli elementi interpretativi di diritto comunitario che possono essere utili ai fini della sentenza che dovrà pronunciare, che esso vi abbia fatto o meno riferimento nel formulare le questioni [v., in particolare, sentenze 2 febbraio 1994, causa C-315/92, Verband Sozialer Wettbewerb, detta «Clinique», Racc. pag. I-317, punto 7; 4 marzo 1999, causa C-87/97, Consorzio per la tutela del formaggio Gorgonzola, Racc. pag. I-1301, punto 16; 7 settembre 2004, causa C-456/02, Trojani, Racc. pag. I-7573, punto 38, nonché 12 maggio 2005, causa C-452/03, RAL (Channel Islands) e a., Racc. pag. I-3947, punto 25].
38 Pertanto, le questioni proposte dal giudice del rinvio, da esaminarsi congiuntamente, devono essere riformulate nel senso che quest’ultimo chiede, in primo luogo, se gli artt.17, 18, nn. 2 e 3, e 21, n. 1, lett. b), della sesta direttiva ostino all’introduzione di un termine di decadenza per l’esercizio del diritto a detrazione dell’IVA, quale quello previsto dalla normativa nazionale di cui trattasi nelle cause principali, in caso di applicazione del regime dell’inversione contabile (in prosieguo: il «termine di decadenza»), e se, in secondo luogo, gli artt. 18, n. 1, lett. d), e 22 di questa stessa direttiva ostino ad una prassi di rettifica delle dichiarazioni e di accertamento dell’IVA la quale sanzioni un’irregolarità contabile e di dichiarazione, quale quella controversa nelle cause principali, negando il diritto a detrazione in caso d’applicazione del citato regime dell’inversione contabile (in prosieguo: la «prassi di rettifica e di accertamento»).
Sul termine di decadenza
39 Occorre anzitutto sottolineare che un soggetto passivo debitore dell’IVA quale destinatario di servizi può far valere il diritto a detrazione di cui all’art. 17, n. 2, lett. a), della sesta direttiva (v. sentenza 1° aprile 2004, causa C-90/02, Bockemühl, Racc. pag. I-3303, punto 37). Secondo una giurisprudenza costante, il diritto a detrazione previsto da tale art. 17 costituisce parte integrante del meccanismo dell’IVA e, in linea di principio, non può essere soggetto a limitazioni (v. sentenze 21 marzo 2000, cause riunite da C-110/98 a C-147/98, Gabalfrisa e a., Racc. pag. I-1577, punto 43, nonchè Bockemühl, cit., punto 38).
40 Risulta, del pari, da giurisprudenza costante che il diritto a detrazione va esercitato immediatamente per tutte le imposte che hanno gravato sulle operazioni effettuate a monte (v., in particolare, sentenze 21 settembre 1988, causa 50/87, Commissione/Francia, Racc. pag. 4797, punti 15-17; 15 gennaio 1998, causa C-37/95, Ghent Coal Terminal, Racc. pag. I-1, punto 15; Gabalfrisa e a., cit., punto 43, nonché Bockemühl, cit., punto 38).
41 Infatti, come risulta dal tenore letterale dell’art. 18, n. 2, della sesta direttiva, il diritto a detrazione si esercita, in linea di principio, «nello stesso periodo» in cui tale diritto è sorto.
42 Un soggetto passivo può, ciononostante, essere autorizzato ad operare la detrazione, ai sensi dell’art. 18, n. 3, della sesta direttiva, anche se non ha esercitato il proprio diritto nel periodo in cui tale diritto è sorto. In tale ipotesi, tuttavia, il suo diritto a detrazione è assoggettato a talune condizioni e modalità fissate dagli Stati membri.
43 Ne discende che gli Stati membri possono pretendere che il diritto a detrazione sia esercitato nel corso del periodo in cui il diritto stesso è sorto, ovvero nel corso di un periodo più lungo, fatta salva l’osservanza di talune condizioni e modalità fissate dalle rispettive normative nazionali.
44 Inoltre, la possibilità di esercitare il diritto a detrazione senza alcuna limitazione temporale contrasterebbe col principio della certezza del diritto, il quale esige che la situazione fiscale del soggetto passivo, con riferimento ai diritti e agli obblighi dello stesso nei confronti dell’amministrazione fiscale, non possa essere indefinitamente rimessa in discussione.
45 Di conseguenza, la tesi secondo cui il diritto a detrazione non potrebbe essere assoggettato ad alcun termine di decadenza non può essere accolta.
46 Si deve aggiungere che un termine di decadenza la cui scadenza porti a sanzionare il contribuente non sufficientemente diligente, il quale abbia omesso di richiedere la detrazione dell’IVA a monte, privandolo del diritto a detrazione, non può essere considerato incompatibile col regime instaurato dalla sesta direttiva, purché, per un verso, detto termine si applichi allo stesso modo ai diritti analoghi in materia fiscale fondati sul diritto interno e a quelli fondati sul diritto comunitario (principio di equivalenza,) e, per altro verso, esso non renda praticamente impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio del diritto a detrazione (principio di effettività), (v. sentenze 27 febbraio 2003, causa C-327/00, Santex, Racc. pag. I-1877, punto 55, e 11 ottobre 2007, causa C-241/06, Lämmerzahl, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 52).
47 Quanto al principio di equivalenza, non emerge dagli atti di causa, né, del resto, è mai stato sostenuto dinanzi alla Corte che il termine di decadenza previsto dall’art. 19, primo comma, del DPR n. 633/72 violi tale principio.
48 Per quanto riguarda il principio di effettività, si deve sottolineare che un termine di decadenza biennale, quale quello di cui trattasi nelle cause principali, non può, di per sé stesso, rendere l’esercizio del diritto a detrazione praticamente impossibile o eccessivamente difficile, posto che l’art. 18, n. 2, della sesta direttiva consente agli Stati membri di esigere che il soggetto passivo eserciti il proprio diritto a detrazione nello stesso periodo in cui tale diritto è sorto.
49 Occorre del pari verificare se tale conclusione non sia smentita dal fatto che, secondo la normativa nazionale, l’amministrazione fiscale dispone, ai fini dell’accertamento dell’IVA dovuta, di un termine più ampio rispetto a quello concesso ai soggetti passivi per chiedere la detrazione di quest’ultima.
50 È necessario in proposito sottolineare che l’amministrazione fiscale giunge a conoscenza dei dati necessari per fissare l’importo dell’IVA esigibile e quello delle detrazioni da operare solamente a partire dal momento in cui le perviene la dichiarazione fiscale del soggetto passivo. In caso di inesattezza della dichiarazione o qualora essa risulti incompleta, è solamente a decorrere da tale momento che l’amministrazione può procedere alla rettifica della dichiarazione stessa e, se del caso, al recupero dell’imposta non assolta (v., in tal senso, sentenza 19 novembre 1998, causa C-85/97, SFI, Racc. pag. I-7447, punto 32).
51 Pertanto, la situazione dell’amministrazione fiscale non può essere paragonata a quella di un soggetto passivo (sentenza SFI, cit., punto 32). Orbene, come la Corte ha già dichiarato, il fatto che un termine di decadenza inizi a decorrere nei confronti dell’amministrazione fiscale da una data posteriore rispetto a quella in cui inizia a decorrere il termine di decadenza opponibile al soggetto passivo per l’esercizio del suo diritto a detrazione non è tale da ledere il principio di uguaglianza (v., in tal senso, sentenza SFI, cit., punto 33).
52 Di conseguenza, un termine di decadenza quale quello di cui trattasi nelle cause principali non rende impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio del diritto a detrazione per il semplice fatto che l’amministrazione fiscale dispone, ai fini dell’accertamento dell’IVA non assolta, di un termine che eccede quello concesso al soggetto passivo per l’esercizio di un tale diritto.
53 Tale conclusione rimane valida nel caso in cui, come nelle cause principali, trovi applicazione il regime dell’inversione contabile. Infatti, l’art. 18, nn. 2 e 3, della sesta direttiva si applica anche ad un regime siffatto. Ciò emerge inequivocabilmente dal tenore letterale di tali disposizioni, che rinviano entrambe espressamente al n. 1 di questo stesso articolo, il quale contempla, alla lett. d), l’ipotesi dell’inversione contabile.
54 Alla luce di quanto precede, si deve rispondere al giudice del rinvio nel senso che gli artt. 17, 18, nn. 2 e 3, nonché 21, n. 1, lett. b), della sesta direttiva non ostano ad una normativa nazionale che preveda un termine di decadenza per l’esercizio del diritto a detrazione, quale quello di cui trattasi nelle cause principali, purché siano osservati i principi di equivalenza e di effettività. Il principio di effettività non è violato per il semplice fatto che l’amministrazione fiscale disponga, per procedere all’accertamento dell’IVA non assolta, di un termine che eccede quello concesso ai soggetti passivi per l’esercizio del loro diritto a detrazione.
Sulla prassi di rettifica e di accertamento
55 Occorre esaminare la questione se la sesta direttiva osti ad una prassi di rettifica e di accertamento che sanziona un’irregolarità contabile - consistente, come ricordato al punto 36 di questa sentenza, nell’erronea iscrizione delle operazioni controverse nel solo registro degli acquisti in esenzione IVA, irregolarità che ha viziato anche le dichiarazioni fiscali compilate dalla Ecotrade - con il diniego del diritto a detrazione in caso di applicazione del regime dell’inversione contabile.
56 Occorre precisare a questo proposito che, in conformità al regime dell’inversione contabile introdotto dall’art. 21, n. 1, lett. b), della sesta direttiva, la Ecotrade, quale destinataria di prestazioni di servizi fornite da soggetti passivi residenti all’estero, era debitrice dell’IVA sulle operazioni effettuate, vale a dire l’IVA a monte, pur potendo detrarre, in linea di principio, esattamente questa stessa imposta, in modo tale che nulla fosse dovuto all’erario.
57 Laddove tuttavia, come nelle cause principali, si applichi il regime dell’inversione contabile, l’art. 18, n. 1, lett. d), della sesta direttiva autorizza gli Stati membri a fissare talune formalità che il soggetto passivo deve assolvere per poter esercitare il suo diritto a detrazione.
58 Risulta dall’applicazione di una tale formalità, introdotta nel diritto italiano, in particolare, dall’art. 47, n. 1, del decreto legge n. 331/93, che la Ecotrade avrebbe dovuto emettere un’«autofattura» relativa alle operazioni controverse e annotare in maniera distinta tale autofattura, nonché la fattura emessa dal prestatore dei servizi in questione, nel registro delle fatture emesse e in quello degli acquisti, di modo che essa avrebbe avuto un credito IVA esattamente corrispondente all’imposta dovuta.
59 Inoltre, ai sensi dell’art. 22, nn. 2 e 4, della sesta direttiva, ogni soggetto passivo deve tenere una contabilità che sia sufficientemente particolareggiata così da consentire l’applicazione dell’IVA ed i relativi controlli da parte dell’amministrazione fiscale, e presentare una dichiarazione nella quale devono figurare tutti i dati necessari ad accertare l’importo dell’imposta esigibile e quello delle detrazioni da operare. Per far sì che ogni soggetto passivo adempia tali obblighi, il n. 7 dello stesso art. 22 autorizza gli Stati membri ad adottare le misure a tal fine necessarie, e ciò anche nel caso dell’inversione contabile.
60 Orbene, nelle cause principali, la lite verte sull’inosservanza, da parte della Ecotrade, per un verso, degli obblighi che le derivano dalle formalità fissate dalla normativa nazionale in applicazione dell’art. 18, n. 1, lett. d), della sesta direttiva, e, per altro verso, dei propri obblighi contabili nonché di dichiarazione risultanti, rispettivamente, dall’art. 22, nn. 2 e 4, di questa stessa direttiva (in prosieguo: l’«inosservanza di obblighi contabili»).
61 Occorre pertanto verificare se una siffatta violazione possa essere validamente sanzionata col diniego del diritto a detrazione in caso di applicazione del regime dell’inversione contabile.
62 Per quanto riguarda gli obblighi derivanti dall’art. 18, n. 1, lett. d), della sesta direttiva, se è vero che tale disposizione consente agli Stati membri di fissare le formalità riguardanti l’esercizio del diritto a detrazione nel caso dell’inversione contabile, l’inosservanza di queste ultime da parte del soggetto passivo non può privarlo del suo diritto a detrazione.
63 Infatti, poiché il regime dell’inversione contabile è incontestabilmente applicabile alle cause principali, il principio di neutralità fiscale esige che la detrazione dell’IVA a monte sia accordata se gli obblighi sostanziali sono soddisfatti, anche se taluni obblighi formali sono stati omessi dai soggetti passivi (v., per analogia, sentenza 27 settembre 2007, causa C-146/05, Collée, Racc. pag. I-7861, punto 31).
64 Di conseguenza, poiché l’amministrazione fiscale dispone delle informazioni necessarie per dimostrare che il soggetto passivo, in quanto destinatario della prestazione di servizi di cui trattasi, è debitore dell’IVA, essa non può imporre, riguardo al diritto di quest’ultimo di detrarre l’imposta in questione, condizioni supplementari che possono avere l’effetto di vanificare l’esercizio dello stesso (v. sentenza Bockemühl, cit., punto 51).
65 Lo stesso dicasi per l’art. 22, nn. 7 e 8, della sesta direttiva, in forza del quale gli Stati membri adottano le misure necessarie affinché i soggetti passivi assolvano gli obblighi di dichiarazione e di pagamento o stabiliscono altri obblighi che essi ritengano necessari ad assicurare l’esatta riscossione dell’imposta e ad evitare le frodi.
66 Infatti, se è vero che tali disposizioni consentono agli Stati membri di adottare talune misure, esse non devono tuttavia eccedere quanto è necessario per conseguire gli obiettivi indicati al punto precedente. Simili misure non possono quindi essere utilizzate in modo tale da rimettere sistematicamente in questione il diritto alla detrazione dell’IVA, il quale è un principio fondamentale del sistema comune dell’IVA istituito dalla normativa comunitaria in materia (v. sentenze 18 dicembre 1997, cause riunite C-286/94, C-340/95, C-401/95 e C-47/96, Molenheide e a., Racc. pag. I-7281, punto 47, nonché Gabalfrisa e a., cit., punto 52).
67 Orbene, una prassi di rettifica e di accertamento, quale quella di cui alle cause principali, che sanziona l’inosservanza, ad opera del soggetto passivo, degli obblighi contabili e di dichiarazione con un diniego del diritto a detrazione, eccede chiaramente quanto necessario per conseguire l’obiettivo di garantire il corretto adempimento di tali obblighi ai sensi dell’art. 22, n. 7, della sesta direttiva, posto che il diritto comunitario non vieta agli Stati membri di irrogare, se del caso, un’ammenda o una sanzione pecuniaria proporzionata alla gravità dell’infrazione, allo scopo di sanzionare l’inosservanza dei detti obblighi.
68 La prassi in esame eccede inoltre quanto è necessario per assicurare l’esatta riscossione dell’IVA ed evitare le frodi, ai sensi dell’art. 22, n. 8, della sesta direttiva, poiché essa può addirittura comportare la perdita del diritto a detrazione qualora la rettifica della dichiarazione da parte dell’amministrazione fiscale intervenga solamente dopo la scadenza del termine di decadenza di cui dispone il soggetto passivo per effettuare la detrazione (v., per analogia, sentenza Gabalfrisa e a., cit., punti 53 e 54).
69 Una simile prassi di rettifica e di accertamento non può neppure essere giustificata alla luce dell’art. 17, nn. 6 e 7, della sesta direttiva. Infatti, le due disposizioni citate non trovano applicazione in una situazione quale quella di cui alle cause principali, posto che esse disciplinano l’esistenza stessa del diritto a detrazione e non le modalità di esercizio di quest’ultimo. Del resto, il detto n. 6 si applica esclusivamente alle spese non aventi un carattere strettamente professionale, quali le spese suntuarie, di divertimento o di rappresentanza, mentre è pacifico che nelle cause principali spese siffatte non vengono in rilievo. Quanto alla facoltà di cui dispongono gli Stati membri in forza del detto n. 7, è sufficiente sottolineare che questi ultimi possono avvalersene solo a condizione di avere preliminarmente esperito la consultazione prevista dall’art. 29 della stessa direttiva (v., in tal senso, sentenze 8 gennaio 2002, causa C-409/99, Metropol e Stadler, Racc. pag. I-81, punti 61-63, nonché 14 settembre 2006, causa C-228/05, Stradasfalti, Racc. pag. I-8391, punto 29), il che, stando agli atti, non corrisponde al caso della Repubblica italiana.
70 Peraltro, non emerge dalle decisioni di rinvio, né, del resto, è mai stato sostenuto dinanzi alla Corte che l’inosservanza da parte della Ecotrade dei suoi obblighi contabili sia il risultato della mala fede o di una frode di tale società.
71 In ogni caso, ai fini della risposta da fornire al giudice del rinvio la buona fede del soggetto passivo è rilevante solo laddove sussista, a seguito del comportamento dello stesso, il rischio di perdite di entrate fiscali per lo Stato membro interessato (v., in tal senso, sentenza Collée, cit., punti 35 e 36). Tuttavia, non può ritenersi che un’inosservanza di obblighi contabili come quella di cui alle cause principali implichi un rischio di perdite di entrate fiscali, posto che, come si è ricordato al punto 56 di questa sentenza, nell’ambito dell’applicazione del regime dell’inversione contabile nulla è dovuto, in linea di principio, all’erario. Per tali ragioni, una simile inosservanza non può neppure essere assimilata ad un’operazione inficiata da frode fiscale o ad un uso abusivo delle norme comunitarie, in quanto non è stata effettuata per ottenere un indebito vantaggio fiscale (v., in tal senso, sentenza Collée, cit., punto 39).
72 Si deve quindi rispondere al giudice del rinvio nel senso che gli artt. 18, n. 1, lett. d), e 22 della sesta direttiva ostano ad una prassi di rettifica e di accertamento la quale sanzioni un’inosservanza, come quella commessa nelle cause principali, per un verso, degli obblighi derivanti dalle formalità introdotte dalla normativa nazionale in applicazione di tale art. 18, n. 1, lett. d), e, per altro verso, degli obblighi contabili nonché di dichiarazione risultanti, rispettivamente, dal detto art. 22, nn. 2 e 4, con un diniego del diritto a detrazione in caso d’applicazione del regime dell’inversione contabile.
73 Alla luce della soluzione fornita al punto 54 di questa sentenza, non occorre statuire in merito alla proposta del governo cipriota di limitare nel tempo l’efficacia di questa sentenza.
Sulle spese
74 Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.
Per questi motivi, la Corte (Terza Sezione) dichiara:
1) Gli artt. 17, 18, nn. 2 e 3, nonché 21, n. 1, lett. b), della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari — Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme, come modificata dalla direttiva del Consiglio 30 marzo 2000, 2000/17/CE, non ostano ad una normativa nazionale che preveda un termine di decadenza per l’esercizio del diritto a detrazione, quale quello di cui trattasi nelle cause principali, purché siano osservati i principi di equivalenza e di effettività. Il principio di effettività non è violato per il semplice fatto che l’amministrazione fiscale disponga, per procedere all’accertamento dell’imposta sul valore aggiunto non assolta, di un termine che eccede quello concesso ai soggetti passivi per l’esercizio del loro diritto a detrazione.
2) Tuttavia, gli artt. 18, n. 1, lett. d), e 22 della sesta direttiva 77/388, come modificata dalla direttiva 2000/17, ostano ad una prassi di rettifica delle dichiarazioni e di accertamento dell’imposta sul valore aggiunto la quale sanzioni un’inosservanza, come quella commessa nelle cause principali, per un verso, degli obblighi derivanti dalle formalità introdotte dalla normativa nazionale in applicazione di tale art. 18, n. 1, lett. d), e, per altro verso, degli obblighi contabili nonché di dichiarazione risultanti, rispettivamente, dal detto art. 22, nn. 2 e 4, con un diniego del diritto a detrazione in caso d’applicazione del regime dell’inversione contabile.
Firme
* Lingua processuale: l’italiano.