Causa C-157/07
Finanzamt für Körperschaften III in Berlin
contro
Krankenheim Ruhesitz am Wannsee-Seniorenheimstatt GmbH
(domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Bundesfinanzhof)
«Libertà di stabilimento — Accordo sullo Spazio economico europeo (SEE) — Normativa tributaria — Trattamento fiscale delle perdite subite da una stabile organizzazione situata in uno Stato membro del SEE e appartenente ad una società la cui sede statutaria è situata in uno Stato membro dell’Unione europea»
Massime della sentenza
1. Accordi internazionali — Accordo che istituisce lo Spazio economico europeo — Libertà di stabilimento — Disposizioni del Trattato — Ambito di applicazione
(Art. 43 CE; accordo SEE, art. 31)
2. Accordi internazionali — Accordo che istituisce lo Spazio economico europeo — Libertà di stabilimento — Normativa tributaria — Imposta sulle società
(Accordo SEE, art. 31)
1. Le disposizioni del Trattato relative alla libertà di stabilimento vietano che lo Stato membro d’origine intralci lo stabilimento in un altro Stato membro di un proprio cittadino o di una società costituita secondo la propria normativa, e vanno considerate restrizioni tutte le misure che vietano, ostacolano o scoraggiano l’esercizio di tale libertà. Tali principi trovano applicazione qualora una società stabilita in uno Stato membro operi in un altro Stato membro tramite una stabile organizzazione.
(v. punti 29-31)
2. L’art. 31 dell’accordo sullo Spazio economico europeo (SEE) non osta ad un regime fiscale nazionale che, dopo aver consentito di prendere in considerazione le perdite subite da una stabile organizzazione situata in uno Stato diverso da quello in cui è stabilita la società dalla quale dipende la suddetta stabile organizzazione, ai fini del calcolo dell’imposta sul reddito di tale società, prevede una reintegrazione fiscale delle perdite stesse allorché la stabile organizzazione citata realizza un profitto, qualora lo Stato ove la stessa stabile organizzazione è situata non conceda alcun diritto al riporto delle perdite subite da una stabile organizzazione appartenente ad una società stabilita in un altro Stato e qualora, in forza di una convenzione diretta a prevenire la doppia imposizione conclusa tra i due Stati interessati, i redditi di detta stabile organizzazione siano esentati dalla tassazione nello Stato in cui la società dalla quale quest’ultima dipende ha la sua sede.
Siffatto regime fiscale realizza sicuramente una restrizione al diritto enunciato all’art. 31 dell’accordo SEE allorché la situazione fiscale di una società con sede statutaria in uno Stato membro e titolare di una stabile organizzazione in un altro Stato membro è meno favorevole di quella di cui godrebbe tale società se detta stabile organizzazione fosse situata nel primo Stato membro. Infatti, sebbene le perdite registrate dalla stabile organizzazione situata in un altro Stato membro siano state, in un primo momento, integralmente detratte dai profitti realizzati dalla società da cui essa dipendeva, nel contesto della tassazione della suddetta società nel primo Stato membro, e, in tal modo, detto Stato conceda un’agevolazione fiscale come sarebbe avvenuto se detta sede fosse stata situata sul territorio nazionale, tuttavia, in un secondo momento, procedendo alla reintegrazione delle perdite della summenzionata stabile organizzazione nella base imponibile della società da cui essa dipende allorché tale stabile organizzazione ha realizzato profitti, il regime fiscale nazionale revoca il beneficio, assoggettando le società residenti, titolari di sedi stabili in un altro Stato membro, ad un trattamento fiscale meno favorevole rispetto a quello di cui fruiscono le società residenti titolari di sedi stabili situate sul territorio nazionale. A causa di tale differenza di trattamento fiscale, una società residente potrebbe essere dissuasa dal continuare ad esercitare le proprie attività mediante una stabile organizzazione situata in un altro Stato membro.
Tuttavia, una restrizione del genere è giustificata dalla necessità di garantire la coerenza del regime fiscale. A tale proposito la reintegrazione delle perdite prevista dal regime fiscale di cui trattasi non può essere disgiunta dalla precedente presa in considerazione delle stesse. Detta reintegrazione, nel caso di una società titolare di una stabile organizzazione situata in uno Stato diverso, rispetto alla quale lo Stato di residenza della suddetta società non dispone di alcun diritto impositivo, riflette infatti una logica simmetrica. Pertanto sussiste un nesso diretto, personale e materiale tra i due elementi del meccanismo fiscale in questione, costituendo detta reintegrazione il complemento logico della deduzione precedentemente accordata. Inoltre, detta restrizione è adeguata al conseguimento di siffatto obiettivo giacché opera in modo perfettamente simmetrico, essendo state reintegrate solo le perdite dedotte. D’altro canto, detta restrizione è del tutto proporzionata all’obiettivo perseguito, dal momento che le perdite sono state reintegrate solo fino a concorrenza dell’importo dei profitti realizzati.
Tale valutazione non può essere rimessa in discussione dagli effetti congiunti del suddetto regime fiscale e della legislazione tributaria dello Stato dove è situata l’organizzazione stabile. In mancanza di disposizioni comunitarie di unificazione o di armonizzazione, gli Stati membri rimangono competenti a determinare i criteri di tassazione dei redditi e del patrimonio, onde eliminare, eventualmente mediante convenzioni, le doppie imposizioni. Tale competenza comporta altresì che uno Stato non possa essere tenuto a prendere in considerazione, ai fini dall’applicazione della propria normativa fiscale, le conseguenze eventualmente sfavorevoli dipendenti dalle specificità della normativa di un altro Stato applicabile ad una stabile organizzazione situata sul territorio di detto Stato ed appartenente ad una società la cui sede si trova sul territorio del primo Stato. Anche ammettendo che l’effetto congiunto della tassazione prevista nello Stato in cui è ubicata la sede della società da cui dipende la stabile organizzazione interessata e della tassazione imposta nello Stato ove è situata tale sede possa comportare una restrizione alla libertà di stabilimento, siffatta restrizione è imputabile esclusivamente al secondo di detti Stati, derivando suddetta restrizione non dal regime fiscale di cui trattasi, bensì dalla ripartizione delle competenze fiscali operata nel contesto della convenzione diretta a prevenire la doppia imposizione conclusa tra i due Stati interessati.
La valutazione in base alla quale la restrizione derivante dal summenzionato regime fiscale è giustificata dalla necessità di garantire la coerenza di quest’ultimo non può essere rimessa in discussione nemmeno dal fatto che la società da cui dipende la stabile organizzazione di cui trattasi abbia ceduto quest’ultima e che i profitti realizzati e le perdite subite da detta stabile organizzazione nel corso della sua esistenza diano luogo ad un saldo negativo. Infatti, la reintegrazione dell’importo delle perdite della stabile organizzazione nei risultati della società da cui essa dipende è il complemento inscindibile e logico della presa in considerazione delle stesse precedentemente operata.
(v. punti 34-39, 42-46, 48-49, 51-55 e dispositivo)
SENTENZA DELLA CORTE (Quarta Sezione)
23 ottobre 2008 (*)
«Libertà di stabilimento – Accordo sullo Spazio economico europeo (SEE) – Normativa tributaria – Trattamento fiscale delle perdite subite da una stabile organizzazione situata in uno Stato membro del SEE e appartenente ad una società la cui sede statutaria è situata in uno Stato membro dell’Unione europea»
Nel procedimento C-157/07,
avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, dal Bundesfinanzhof (Corte tributaria federale, Germania), con decisione 29 novembre 2006, pervenuta in cancelleria il 21 marzo 2007, nella causa
Finanzamt für Körperschaften III in Berlin
contro
Krankenheim Ruhesitz am Wannsee-Seniorenheimstatt GmbH,
LA CORTE (Quarta Sezione),
composta dal sig. K. Lenaerts, presidente di sezione, dalla sig.ra R. Silva de Lapuerta (relatore), dai sigg. E. Juhász, G. Arestis e J. Malenovský, giudici,
avvocato generale: sig.ra E. Sharpston
cancelliere: sig. B. Fülöp, amministratore
vista la fase scritta del procedimento e in seguito alla trattazione orale del 10 luglio 2008,
considerate le osservazioni presentate:
– per il Finanzamt für Körperschaften III in Berlin, dai sigg. J.-P. Panthen e P. Lamprecht, in qualità di agenti;
– per la Krankenheim Ruhesitz am Wannsee-Seniorenheimstatt GmbH, dall’avv. J. Schönfeld, Rechtsanwalt;
– per il governo tedesco, dai sigg. M. Lumma e C. Blaschke, in qualità di agenti;
– per il governo belga, dalla sig.ra A. Hubert, in qualità di agente;
– per il governo dei Paesi Bassi, dalle sig.re C. Wissels e C. ten Dam, in qualità di agenti;
– per il governo del Regno Unito, dalla sig.ra Z. Bryanston-Cross, in qualità di agente, assistita dal sig. R. Hill, barrister;
– per la Commissione delle Comunità europee, dai sigg. R. Lyal e W. Mölls, in qualità di agenti,
vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1 La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’art. 31 dell’accordo sullo Spazio economico europeo 2 maggio 1992 (GU 1994, L 1, pag. 3; in prosieguo: l’«accordo SEE»).
2 Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia che vede contrapposti il Finanzamt für Körperschaften III in Berlin (Ufficio tributario per le persone giuridiche di Berlino; in prosieguo: il «Finanzamt») e la società Krankenheim Ruhesitz am Wannsee-Seniorenheimstatt GmbH (in prosieguo: la «KR Wannsee») avente ad oggetto il trattamento fiscale, vigente in Germania, delle perdite subite da una stabile organizzazione situata in Austria e appartenente alla KR Wannsee.
Contesto normativo
Il diritto internazionale
3 L’art. 6 dell’accordo SEE dispone che:
«Fatti salvi futuri sviluppi legislativi, le disposizioni del presente accordo, nella misura in cui sono identiche nella sostanza alle corrispondenti norme del trattato che istituisce la Comunità economica europea e del trattato che istituisce la Comunità europea del carbone e dell’acciaio e degli atti adottati in applicazione di questi due trattati, devono essere interpretate, nella loro attuazione ed applicazione, in conformità delle pertinenti sentenze pronunciate dalla Corte di giustizia delle Comunità europee prima della data della firma del presente accordo».
4 L’art. 31 dell’accordo SEE è redatto come segue:
«1. Nel quadro delle disposizioni del presente accordo, non sussistono restrizioni alla libertà di stabilimento dei cittadini di uno Stato membro della Comunità [europea] o di uno Stato [dell’Associazione europea di libero scambio (EFTA)] nel territorio di un altro di questi Stati. Parimenti non sussistono restrizioni all’apertura di agenzie, succursali o [controllate] da parte dei cittadini di uno Stato membro della Comunità [europea] o di uno Stato AELS (EFTA) stabiliti sul territorio di un altro di questi Stati.
La libertà di stabilimento comporta l’accesso ad attività di lavoro autonomo e il loro esercizio, nonché la costituzione e la gestione di imprese e in particolare di società ai sensi dell’art. 34, secondo comma, alle condizioni definite dalla legislazione del paese di stabilimento nei confronti dei propri cittadini, fatte salve le disposizioni del capo 4.
(…)».
5 L’art. 34, secondo comma, dell’accordo SEE prevede che:
«Per società si intendono le società di diritto civile o di diritto commerciale, ivi comprese le società cooperative, e le altre persone giuridiche contemplate dal diritto pubblico o privato, ad eccezione delle società che non si prefiggono scopi di lucro».
6 La convenzione stipulata tra la Repubblica federale di Germania e la Repubblica d’Austria il 4 ottobre 1954, diretta a evitare la doppia imposizione nel campo delle imposte sul reddito e sul patrimonio, nonché delle imposte professionali e delle imposte fondiarie (BGBl. 1955 II, pag. 749), nel testo di cui alla Convenzione 8 luglio 1992 (BGBl. 1994 II, pag. 122; in prosieguo: la «Convenzione tedesco-austriaca»), al suo art. 4 prevede che:
«1) Se una persona domiciliata in uno degli Stati contraenti percepisce redditi, in quanto titolare o co-titolare di un’impresa industriale o commerciale la cui attività è estesa al territorio dell’altro Stato contraente, tale altro Stato ha il diritto di tassare i suddetti redditi solo nei limiti in cui essi derivino da una stabile organizzazione situata sul suo territorio.
2) Nell’ambito di tale tassazione, a detta stabile organizzazione vengono imputati i redditi che la stessa avrebbe realizzato qualora fosse stata un’impresa indipendente che esercita un’attività identica o analoga in condizioni identiche o analoghe ed in modo del tutto autonomo dall’impresa di cui costituisce una stabile organizzazione.
3) Ai sensi della presente [c]onvenzione, l’espressione “stabile organizzazione” designa una sede fissa d’affari dell’impresa industriale o commerciale, presso la quale tale impresa esercita in tutto o in parte la propria attività».
7 L’art. 15 della Convenzione tedesco-austriaca dispone che:
«1) Lo Stato di residenza non ha diritto impositivo se quest’ultimo è stato assegnato all’altro Stato contraente dagli articoli precedenti.
(…)
3) Il punto 1 non preclude allo Stato di residenza di assoggettare ad imposizione fiscale i redditi e gli elementi del patrimonio di sua competenza, applicando l’aliquota d’imposta corrispondente al reddito complessivo o al patrimonio totale del soggetto passivo».
8 L’art. 12, lett. b), del protocollo 24 agosto 2000 della Convenzione stipulata tra la Repubblica federale di Germania e la Repubblica d’Austria il 4 ottobre 1954, diretta a prevenire la doppia imposizione nel campo delle imposte sul reddito e sul patrimonio, nonché delle imposte professionali e delle imposte fondiarie (BGBl. II 2002, pag. 734), dispone che le perdite insorte a partire dall’esercizio finanziario 1998 vanno prese in considerazione, in base al principio di reciprocità, nello Stato ove è situata la stabile organizzazione interessata. Tale disposizione è così formulata:
«Quando, a partire dall’esercizio finanziario 1990 (1989/1990), un soggetto residente in Germania subisce perdite presso stabili organizzazioni situate in Austria, le perdite insorte fino all’esercizio finanziario 1997 (1996/1997) incluso vengono prese in considerazione in conformità dell’art. 2a, n. 3, della legge tedesca relativa all’imposta sul reddito [(Einkommensteuergesetz, BGBl. 1988 I, pag. 1093; in prosieguo: l’“EStG”)]. A partire dall’anno fiscale 1994 non sono presi in considerazione gli importi inizialmente dedotti, in conformità dell’art. 2a, n. 3, terza frase, dell’[EStG]. Qualora in Germania non si possa procedere all’utilizzazione fiscale a norma delle disposizioni citate, tenuto conto del carattere definitivo dell’imposizione e dell’impossibilità di riavviare la procedura per scadenza del termine prescritto per la determinazione dell’imposta, è possibile prendere in considerazione le suddette perdite in Austria mediante deduzione delle perdite. Le perdite insorte a partire dall’esercizio finanziario 1998 (1997/1998) devono essere prese in considerazione nello Stato ove è situata la sede, secondo il principio di reciprocità. Le regole sopra enunciate si applicano solo nei limiti in cui non comportino una duplice presa in considerazione delle perdite».
Il diritto tedesco
9 L’art. 2, n. 1, del Gesetz über steuerliche Maßnahmen bei Auslandsinvestitionen der deutschen Wirtschaft [legge relativa alle misure fiscali applicabili agli investimenti delle imprese tedesche all’estero (Auslandsinvestitionsgesetz)] 18 agosto 1969 (BGBl. 1969 I, pag. 1211; in prosieguo: l’«AIG»), in vigore all’epoca dei fatti di cui alla causa principale, era redatto come segue:
«Quando, in forza di una convenzione diretta a prevenire la doppia imposizione, un soggetto con obbligo fiscale illimitato è esentato dall’imposta sul reddito relativamente ai redditi prodotti dall’attività industriale o commerciale di una sede stabilita in uno Stato estero, una perdita insorta nell’ambito di tali redditi ai sensi delle disposizioni tributarie nazionali va dedotta, su domanda del soggetto passivo, nel calcolo dell’importo complessivo dei redditi, nei limiti in cui il soggetto passivo possa compensare o dedurre detta perdita, qualora i suddetti redditi non fossero oggetto di esenzione, e nei limiti in cui la perdita stessa ecceda i redditi positivi conseguenti ad un’attività industriale o commerciale di altre sedi stabilite in detto Stato estero ed esentati in forza della convenzione citata. Qualora ciò non comporti la compensazione della perdita, ne è ammessa la deduzione in presenza delle condizioni di cui all’art. 10d dell’[EStG]. L’importo dedotto, in conformità della prima e della seconda frase, deve essere nuovamente preso in considerazione nel calcolo dell’importo totale dei redditi per il relativo periodo d’imposta qualora, in uno dei periodi d’imposta successivi, venga realizzato complessivamente un reddito positivo prodotto dall’attività industriale e commerciale di sedi stabilite in detto Stato estero e il suddetto reddito positivo è oggetto di esenzione in conformità della presente convenzione. La terza frase non trova applicazione qualora il soggetto passivo dimostri che, in forza di disposizioni promulgate dallo Stato estero ad esso applicabili, non gli è consentito dedurre tali perdite da redditi diversi da quelli dell’anno nel corso del quale la perdita è insorta».
10 A partire dal 1990, le norme relative al diritto alla deduzione venivano enunciate dall’art. 2a, n. 3, dell’EStG.
Il diritto austriaco
11 Sino al 1988 il diritto tributario austriaco non contemplava il riporto delle perdite subite dalle società con limitato obbligo fiscale, vale a dire dalle sedi stabili di società situate sul territorio di uno Stato diverso dalla Repubblica d’Austria. La deduzione delle perdite subite da tali sedi stabili è stata introdotta in Austria soltanto a partire dal 1989, e ciò anche per quanto attiene alle perdite insorte prima del 31 dicembre 1988, durante i sette anni precedenti.
12 Tuttavia, per le perdite subite dalle sedi stabili situate sul territorio della Repubblica d’Austria e appartenenti a società stabilite in un altro Stato, ossia a soggetti passivi aventi un limitato obbligo fiscale, un siffatto riporto è stato ammesso solo qualora l’impresa interessata non abbia realizzato nel complesso alcun profitto, ossia rispetto ai suoi redditi a livello mondiale. Le perdite subite da una stabile organizzazione situata in Austria potevano essere pertanto prese in considerazione solo qualora eccedessero i profitti non soggetti al limitato obbligo fiscale. Inoltre, siffatta deduzione era possibile unicamente nei limiti in cui le perdite fossero state determinate in base ad una regolare contabilità e non fossero già state prese in considerazione nel contesto della tassazione relativa ad esercizi fiscali precedenti.
Causa principale e questioni pregiudiziali
13 La KR Wannsee, convenuta in cassazione («Revision»), è una società a responsabilità limitata stabilita in Germania, che ha mantenuto in esercizio una stabile organizzazione in Austria dal 1982 al 1994. Fino alla fine del 1990 essa ha subito perdite, in questa stabile organizzazione, pari complessivamente a DEM 2 467 407, di cui DEM 36 295 nel 1990.
14 Su richiesta della KR Wannsee il Finanzamt, ricorrente in cassazione, ha preso in considerazione tali perdite nel calcolo della base imponibile della suddetta società, ossia in relazione ai profitti realizzati da quest’ultima in Germania per i periodi d’imposta corrispondenti agli anni 1982-1990.
15 Tra il 1991 ed il 1994 la KR Wannsee ha realizzato, nella sua stabile organizzazione situata in Austria, profitti per un importo pari a DEM 1 191 672, di cui DEM 746 828 nel 1994, l’anno controverso. Nello stesso anno la KR Wannsee ha ceduto detta stabile organizzazione.
16 Conformemente alle norme del diritto tributario tedesco all’epoca in vigore, il Finanzamt ha cumulato i profitti realizzati dalla stabile organizzazione situata in Austria nel periodo corrispondente agli anni 1991-1994 all’importo totale dei redditi percepiti in Germania dalla KR Wannsee. Il Finanzamt ha pertanto tassato a posteriori gli importi che, nell’ambito dell’imposizione fiscale nazionale, erano stati precedentemente dedotti a motivo delle perdite subite dalla stabile organizzazione situata in Austria. Per il periodo d’imposta di cui alla causa principale, ossia il 1994, i redditi imponibili della KR Wannsee sono stati conseguentemente maggiorati in ragione dei profitti realizzati dalla suddetta stabile organizzazione nel corso di tale anno, vale a dire di un importo pari a DEM 746 828.
17 In Austria la KR Wannsee è stata assoggettata all’imposta sulle società nel 1992 e nel 1993, esercizi finanziari durante i quali la sua stabile organizzazione ha realizzato profitti. In tale occasione non sono state prese in considerazione le perdite subite precedentemente dalla società in discorso in tale stabile organizzazione. In considerazione del fatto che la Repubblica d’Austria consentiva la deduzione delle perdite, a titolo sussidiario, soltanto nel caso in cui non fosse possibile tener conto delle stesse nello Stato ove era stabilita la società dalla quale dipendeva la stabile organizzazione e dal momento che la KR Wannsee aveva realizzato profitti in Germania tra il 1982 e il 1990, in Austria è stata negata la compensazione delle perdite subite negli anni 1992 e 1993 alla suddetta società.
18 Per quanto riguarda il 1994, la stabile organizzazione della KR Wannsee avrebbe dovuto essere assoggettata, in conformità delle disposizioni tributarie austriache, ad una tassazione dei profitti realizzati nel corso di tale anno. Tuttavia, in Austria non le è stata imposta alcuna tassa sulle società rispetto a detto anno, diversamente da quanto accaduto per gli anni 1992 e 1993.
19 In seguito alla decisione del Finanzamt di calcolare l’importo totale dei redditi percepiti dalla KR Wannsee in Germania tenendo conto dei profitti realizzati dalla sua stabile organizzazione situata in Austria, la società in parola ha presentato ricorso avverso gli avvisi di accertamento relativi agli anni 1992-1994, chiedendo la deduzione degli importi reintegrati nella base di calcolo dell’imposta dovuta in Germania. La KR Wannsee ha motivato il proprio ricorso adducendo che la reintegrazione dei suddetti importi nell’imponibile a norma delle disposizioni dell’AIG non era conforme al diritto, a causa della limitazione a sette anni del riporto delle perdite previsto in Austria.
20 Il Finanzgericht Berlin (Sezione tributaria del Tribunale di Berlino) ha respinto il ricorso presentato dalla KR Wannsee avverso gli avvisi di accertamento relativi agli anni 1992 e 1993. Per contro detto giudice ha accolto il ricorso proposto contro l’avviso di accertamento per l’anno 1994.
21 Adito della controversia in ultima istanza dal Finanzamt in merito alla reintegrazione nell’imponibile per l’esercizio fiscale 1994, il Bundesfinanzhof ha avanzato talune riserve quanto alla conformità della normativa nazionale con il diritto comunitario.
22 In tale contesto, il Bundesfinanzhof ha deciso di sospendere il giudizio e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:
«1) Se l’art. 31 dell’[accordo SEE] osti alla normativa di uno Stato membro in base alla quale un soggetto, stabilito nello stesso Stato membro e ivi tenuto ad un obbligo fiscale illimitato, possa, a determinate condizioni, dedurre, in sede di determinazione dell’importo complessivo dei redditi, perdite esentate dall’imposta sul reddito realizzate da una stabile organizzazione sita in un altro Stato membro a norma di una convenzione in materia di doppia imposizione,
– a norma della quale, però, l’importo dedotto, nella misura in cui risulti complessivamente, in uno dei successivi periodi d’imposta, un importo positivo relativamente ai redditi da attività commerciale realizzati dalla stabile organizzazione sita in un altro Stato membro, soggetti ad esenzione ai sensi della convenzione in materia di doppia imposizione, debba essere nuovamente sommato in sede di determinazione dell’importo complessivo dei redditi nel periodo di imposta in questione,
– ma ciò non valga ove il soggetto passivo dimostri che, a norma delle disposizioni dell’altro Stato membro a lui applicabili, non può ottenere “in linea generale” una deduzione delle perdite in anni diversi dall’anno in cui la perdita è stata realizzata, cosa che non si verifica quando una deduzione delle perdite è sì concessa in linea generale nell’altro Stato membro in base alla normativa ivi vigente, ma non già nel caso concreto in cui versa il soggetto passivo;
2) In caso di risposta affermativa alla prima questione, se vi siano delle conseguenze per lo Stato di stabilimento qualora le limitazioni alla deduzione delle perdite nell’altro Stato membro (diverso dallo Stato di origine) costituiscano a loro volta una violazione dell’art. 31 dell’[accordo SEE], in quanto esse pongono in una situazione di svantaggio il soggetto passivo ivi tenuto ad un obbligo fiscale limitato relativamente alle imposte sui redditi della propria stabile organizzazione rispetto al soggetto passivo ivi tenuto ad un obbligo fiscale illimitato.
3) In caso di risposta affermativa anche alla seconda questione, se lo Stato di stabilimento debba rinunciare al riporto dello sgravio per le perdite subite dalla stabile organizzazione straniera ove queste non possano essere dedotte in altro modo in nessuno Stato membro, poiché la stabile organizzazione nell’altro Stato membro è stata ceduta».
Sulle questioni pregiudiziali
Sull’applicabilità dell’art. 31 dell’accordo SEE
23 In via preliminare si deve osservare che le prescrizioni dell’accordo SEE relative alla libertà di stabilimento si applicavano ai rapporti tra la Repubblica federale di Germania e la Repubblica d’Austria nel periodo dal 1° gennaio al 31 dicembre 1994, dato che il secondo di tali Stati membri ha aderito all’Unione europea il 1° gennaio 1995.
24 Per quanto attiene alla portata di tali prescrizioni, la Corte ha stabilito che le norme che vietano le restrizioni alla libertà di stabilimento di cui all’art. 31 dell’accordo SEE sono identiche a quelle sancite dall’art. 43 CE (v. sentenza 23 febbraio 2006, causa C-471/04, Keller Holding, Racc. pag. I-2107, punto 49). La Corte ha del pari precisato che, nel settore considerato, le norme dell’accordo SEE e quelle del Trattato CE devono essere oggetto di un’interpretazione uniforme (v. sentenze 23 settembre 2003, causa C-452/01, Ospelt e Schlössle Weissenberg, Racc. pag. I-9743, punto 29, e 1° aprile 2004, causa C-286/02, Bellio F.lli, Racc. pag. I-3465, punto 34).
25 Quanto all’applicabilità dell’art. 31 dell’accordo SEE ai fatti in esame, il governo tedesco fa valere che, tenuto conto del fatto che l’accordo SEE non era ancora in vigore negli anni interessati dalla deduzione delle perdite, vale a dire gli anni 1982-1990, il meccanismo fiscale di cui alla causa principale non può essere analizzato alla luce di tale disposto, dato che il momento rilevante al fine di determinare la legislazione applicabile corrisponde al momento della deduzione delle perdite inizialmente effettuata.
26 Nonostante la circostanza di fatto così evidenziata, va rilevato a tal riguardo che non è la deduzione delle perdite, ma la reintegrazione a livello fiscale l’elemento che la Corte deve valutare e che tale reintegrazione è stata operata nel 1994. Orbene, dal momento che l’accordo SEE era entrato in vigore il 1° gennaio 1994, il meccanismo fiscale di cui trattasi nella causa principale può essere esaminato alla luce dell’art. 31 di quest’ultimo.
Sull’esistenza di una restrizione al diritto sancito dall’art. 31 dell’accordo SEE
27 Con le sue questioni pregiudiziali, che è d’uopo analizzare insieme, il giudice a quo chiede, in sostanza, se l’art. 31 dell’accordo SEE osti ad un regime fiscale nazionale che, dopo aver consentito di prendere in considerazione le perdite subite da una stabile organizzazione situata in uno Stato diverso da quello in cui è stabilita la società dalla quale dipende la suddetta stabile organizzazione, ai fini del calcolo dell’imposta sul reddito di tale società, prevede una reintegrazione fiscale delle perdite stesse allorché la stabile organizzazione citata realizza un profitto, qualora lo Stato ove la stessa stabile organizzazione è situata non conceda alcun diritto al riporto delle perdite subite da una stabile organizzazione appartenente ad una società stabilita in un altro Stato e qualora, in forza di una convenzione diretta a prevenire la doppia imposizione conclusa tra i due Stati interessati, i redditi di detta stabile organizzazione siano esentati dalla tassazione nello Stato in cui la società dalla quale quest’ultima dipende ha la sua sede.
28 Occorre rammentare che la libertà di stabilimento comprende, per le società costituite a norma delle leggi di uno Stato membro e che abbiano la sede sociale, l’amministrazione centrale o la sede principale nel territorio della Comunità, il diritto di svolgere la loro attività in altri Stati membri mediante una controllata, una succursale o un’agenzia (v. sentenze 21 settembre 1999, causa C-307/97, Saint-Gobain ZN, Racc. pag. I-6161, punto 35; 14 dicembre 2000, causa C-141/99, AMID, Racc. pag. I-11619, punto 20, e Keller Holding, cit., punto 29).
29 La Corte ha altresì sottolineato che anche se, alla lettera, le disposizioni del Trattato relative alla libertà di stabilimento intendono assicurare il beneficio del trattamento nazionale nello Stato ospitante, esse vietano parimenti che lo Stato d’origine intralci lo stabilimento in un altro Stato membro di un proprio cittadino o di una società costituita secondo la propria normativa (v. sentenze 16 luglio 1998, causa C-264/96, ICI, Racc. pag. I-4695, punto 21, nonché 6 dicembre 2007, causa C-298/05, Columbus Container Services, Racc. pag. I-10451, punto 33).
30 Inoltre, da costante giurisprudenza risulta che vanno considerate restrizioni a tale libertà tutte le misure che ne vietano, ostacolano o scoraggiano l’esercizio (v. sentenze 30 novembre 1995, causa C-55/94, Gebhard, Racc. pag. I-4165, punto 37, e 5 ottobre 2004, causa C-442/02, CaixaBank France, Racc. pag. I-8961, punto 11).
31 Tali principi trovano applicazione qualora una società stabilita in uno Stato membro operi in un altro Stato membro tramite una stabile organizzazione (v. sentenza 15 maggio 2008, causa C-414/06, Lidl Belgium, causa C-414/06, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 20).
32 Per quanto attiene agli effetti del regime fiscale tedesco rispetto al diritto comunitario, dal punto 23 della sentenza Lidl Belgio citata si evince che le disposizioni che consentono di prendere in considerazione le perdite subite da una stabile organizzazione ai fini della determinazione dei profitti e del calcolo del reddito imponibile della società principale configurano un’agevolazione fiscale. La concessione o il diniego di siffatta agevolazione riguardo ad una stabile organizzazione situata in uno Stato membro diverso da quello ove la suddetta società è stabilita deve pertanto essere considerato quale elemento atto a mettere a repentaglio la libertà di stabilimento.
33 Certo, diversamente dalla normativa oggetto della citata sentenza Lidl Belgium, il regime fiscale tedesco in esame nella causa principale prevede la presa in considerazione delle perdite subite dalla stabile organizzazione situata in Austria nell’ambito dei redditi della società stabilita in Germania e da cui dipende detta stabile organizzazione.
34 Infatti, come evidenziato al punto 14 della presente sentenza, in un primo momento le perdite registrate dalla stabile organizzazione situata in Austria sono state integralmente detratte dai profitti realizzati dalla società da cui essa dipendeva, nel contesto della tassazione della suddetta società in Germania.
35 In tal modo, la Repubblica federale di Germania ha concesso un’agevolazione fiscale alla società residente da cui dipendeva la stabile organizzazione situata in Austria, come sarebbe avvenuto se detta sede fosse stata situata in Germania.
36 Tuttavia, in un secondo momento, procedendo alla reintegrazione delle perdite della summenzionata stabile organizzazione nella base imponibile della società da cui essa dipendeva allorché tale stabile organizzazione aveva realizzato profitti, il regime fiscale tedesco ha revocato il beneficio costituito da detta agevolazione fiscale.
37 Sebbene la suddetta reintegrazione nell’imponibile sia stata effettuata solo fino a concorrenza dell’importo dei profitti realizzati dalla stessa stabile organizzazione, resta tuttavia il fatto che, in tal modo, la normativa tedesca ha assoggettato le società residenti, titolari di sedi stabili in Austria, ad un trattamento fiscale meno favorevole rispetto a quello di cui fruiscono le società residenti titolari di sedi stabili situate in Germania.
38 In tale contesto, la situazione fiscale di una società con sede statutaria in Germania e titolare di una stabile organizzazione in Austria è meno favorevole di quella di cui godrebbe tale società se detta stabile organizzazione fosse situata in Germania. A causa della differenza di trattamento fiscale descritta, una società tedesca potrebbe essere dissuasa dal continuare ad esercitare le proprie attività mediante una stabile organizzazione situata in Austria (v., in tale senso, sentenza Lidl Belgium, cit., punto 25).
39 È giocoforza concludere che il regime fiscale di cui trattasi nella causa principale comporta una restrizione al diritto sancito dall’art. 31 dell’accordo SEE.
Sull’esistenza di una giustificazione
40 Dalla giurisprudenza della Corte emerge che una restrizione alla libertà di stabilimento può essere ammessa solo per ragioni imperative di interesse generale. Anche in tale ipotesi, però, la sua applicazione deve essere idonea a garantire il conseguimento dello scopo in tal modo perseguito e non eccedere quanto necessario per raggiungerlo (v. sentenza Lidl Belgium, cit., punto 27, e giurisprudenza ivi citata).
41 A tal riguardo il giudice a quo sottolinea il fatto che i redditi prodotti dalla stabile organizzazione situata in Austria sono assoggettati ad imposta non in Germania, ossia nello Stato membro di residenza della società alla quale essa appartiene, bensì in Austria, a norma delle disposizioni della Convenzione tedesco-austriaca.
42 A tale proposito occorre rilevare che la reintegrazione delle perdite nella base imponibile, prevista dal regime fiscale tedesco, di cui alla causa principale non può essere disgiunta dalla precedente presa in considerazione delle stesse. Detta reintegrazione, nel caso di una società titolare di una stabile organizzazione situata in uno Stato diverso, rispetto alla quale lo Stato di residenza della suddetta società non dispone di alcun diritto impositivo, riflette infatti una logica simmetrica, come osservato dal giudice del rinvio. Pertanto sussisteva un nesso diretto, personale e materiale tra i due elementi del meccanismo fiscale di cui alla causa principale, e di conseguenza la reintegrazione costituiva il complemento logico della deduzione precedentemente accordata.
43 È giocoforza concludere che la restrizione derivante dalla reintegrazione delle perdite nella base imponibile così prevista è giustificata dalla necessità di garantire la coerenza del regime fiscale tedesco.
44 A tal riguardo si deve aggiungere che detta restrizione è adeguata al conseguimento di siffatto obiettivo giacché opera in modo perfettamente simmetrico, essendo state reintegrate nell’imponibile solo le perdite dedotte.
45 D’altro canto, detta restrizione è del tutto proporzionata all’obiettivo perseguito, dal momento che le perdite sono state reintegrate nell’imponibile solo fino a concorrenza dell’importo dei profitti realizzati.
46 Tale valutazione non può essere rimessa in discussione dagli effetti congiunti, che il giudice del rinvio evidenzia dell’ambito delle sue questioni prima e seconda, del regime fiscale tedesco e della legislazione tributaria austriaca in esame nella causa principale.
47 A tal proposito il giudice a quo precisa che la normativa tributaria tedesca non prevedeva una reintegrazione delle perdite nell’imponibile, come quella oggetto della causa principale, allorché il soggetto passivo dimostrava che le disposizioni applicabili nei suoi confronti in uno Stato diverso da quello in cui era stabilito non consentivano, in via generale, di fruire di una deduzione delle perdite nel corso di anni diversi da quelli nei quali esse erano insorte, ipotesi che non si sarebbe verificata qualora tale Stato avesse previsto in via di principio una siffatta possibilità di deduzione delle perdite, ma tale facoltà non potesse essere attuata nella situazione concreta in cui si trovava il suddetto soggetto passivo. Orbene, nella causa principale, la KR Wannsee si sarebbe trovata nell’impossibilità di ottenere che le autorità fiscali austriache prendessero in considerazione le perdite subite tra il 1982 ed il 1990.
48 A tal proposito va ricordato che, secondo costante giurisprudenza, in mancanza di disposizioni comunitarie di unificazione o di armonizzazione, gli Stati membri rimangono competenti a determinare i criteri di tassazione dei redditi e del patrimonio, onde eliminare, eventualmente mediante convenzioni, le doppie imposizioni (v. sentenze 3 ottobre 2006, causa C-290/04, FKP Scorpio Konzertproduktionen, Racc. pag. I-9461, punto 54; 12 dicembre 2006, causa C-374/04, Test Claimants in Class IV of the ACT Group Litigation, Racc. pag. I-11673, punto 52, e 18 luglio 2007, causa C-231/05, Oy AA, Racc. pag. I-6373, punto 52).
49 Tale competenza comporta altresì che uno Stato non possa essere tenuto a prendere in considerazione, ai fini dall’applicazione della propria normativa fiscale, le conseguenze eventualmente sfavorevoli dipendenti dalle specificità della normativa di un altro Stato applicabile ad una stabile organizzazione situata sul territorio di detto Stato ed appartenente ad una società la cui sede si trova sul territorio del primo Stato (v., in tal senso, sentenze Columbus Container Services, cit., punto 51, e 28 febbraio 2008, causa C-293/06, Deutsche Shell, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 42).
50 Infatti, la Corte ha giudicato che la libertà di stabilimento non può essere intesa nel senso che uno Stato membro è obbligato a determinare le proprie norme tributarie in funzione di quelle di un altro Stato membro, al fine di garantire, in ogni situazione, una tassazione che elimini qualsivoglia disparità derivante dalle normative tributarie nazionali, in quanto le decisioni adottate da una società riguardo allo stabilimento di strutture commerciali all’estero possono essere, a seconda dei casi, più o meno sfavorevoli per tale società (v. sentenza Deutsche Shell, cit., punto 43).
51 Anche ammettendo che l’effetto congiunto della tassazione prevista nello Stato in cui è ubicata la sede della società da cui dipende la stabile organizzazione interessata e della tassazione imposta nello Stato ove è situata tale sede possa comportare una restrizione alla libertà di stabilimento, siffatta restrizione è imputabile esclusivamente al secondo di detti Stati.
52 In tale ipotesi la suddetta restrizione deriverebbe non dal regime fiscale di cui alla causa principale, bensì dalla ripartizione delle competenze fiscali operata nel contesto della Convenzione tedesco-austriaca.
53 La valutazione in base alla quale la restrizione derivante dal summenzionato regime fiscale è giustificata dalla necessità di garantire la coerenza di quest’ultimo non può essere rimessa in discussione nemmeno dal fatto, rilevato dal giudice di rinvio nell’ambito della sua terza questione, che la società da cui dipende la stabile organizzazione di cui trattasi abbia ceduto quest’ultima e che i profitti realizzati e le perdite subite da detta stabile organizzazione nel corso della sua esistenza diano luogo ad un saldo negativo.
54 Infatti, come ricordato al punto 42 della presente sentenza, la reintegrazione dell’importo delle perdite della stabile organizzazione nei risultati della società da cui essa dipende è il complemento inscindibile e logico della presa in considerazione delle stesse precedentemente operata.
55 Dall’insieme delle considerazioni che precedono discende che occorre risolvere le questioni pregiudiziali dichiarando che l’art. 31 dell’accordo SEE non osta ad un regime fiscale nazionale che, dopo aver consentito di prendere in considerazione le perdite subite da una stabile organizzazione situata in uno Stato diverso da quello in cui è stabilita la società dalla quale dipende la suddetta stabile organizzazione, ai fini del calcolo dell’imposta sul reddito di tale società, prevede una reintegrazione fiscale delle perdite stesse allorché la stabile organizzazione citata realizza un profitto, qualora lo Stato ove la stessa stabile organizzazione è situata non conceda alcun diritto al riporto delle perdite subite da una stabile organizzazione appartenente ad una società stabilita in un altro Stato e qualora, in forza di una convenzione diretta a prevenire la doppia imposizione conclusa tra i due Stati interessati, i redditi di detta stabile organizzazione siano esentati dalla tassazione nello Stato in cui la società dalla quale quest’ultima dipende ha la sua sede.
Sulle spese
56 Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.
Per questi motivi, la Corte (Quarta Sezione) dichiara:
L’art. 31 dell’accordo sullo Spazio economico europeo 2 maggio 1992 non osta ad un regime fiscale nazionale che, dopo aver consentito di prendere in considerazione le perdite subite da una stabile organizzazione situata in uno Stato diverso da quello in cui è stabilita la società dalla quale dipende la suddetta stabile organizzazione, ai fini del calcolo dell’imposta sul reddito di tale società, prevede una reintegrazione fiscale delle perdite stesse allorché la stabile organizzazione citata realizza un profitto, qualora lo Stato ove la stessa stabile organizzazione è situata non conceda alcun diritto al riporto delle perdite subite da una stabile organizzazione appartenente ad una società stabilita in un altro Stato e qualora, in forza di una convenzione diretta a prevenire la doppia imposizione conclusa tra i due Stati interessati, i redditi di detta stabile organizzazione siano esentati dalla tassazione nello Stato in cui la società dalla quale quest’ultima dipende ha la sua sede.
Firme
* Lingua processuale: il tedesco.