Causa C-288/07
Commissioners of Her Majesty’s Revenue & Customs
contro
Isle of Wight Council e altri
[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla High Court of Justice (England & Wales) (Chancery Division)]
«Sesta direttiva IVA — Art. 4, n. 5 — Attività svolte da un ente di diritto pubblico — Gestione di parcheggi a pagamento — Distorsioni di concorrenza — Significato delle espressioni “provocherebbe” e “di una certa importanza”»
Massime della sentenza
1. Disposizioni tributarie — Armonizzazione delle legislazioni — Imposte sulla cifra di affari — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Soggetti passivi — Enti pubblici
(Direttiva del Consiglio n. 77/388, art. 4, n. 5, secondo comma)
2. Disposizioni tributarie — Armonizzazione delle legislazioni — Imposte sulla cifra di affari — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Soggetti passivi — Enti pubblici
(Direttiva del Consiglio n. 77/388, art. 4, n. 5, secondo comma)
3. Disposizioni tributarie — Armonizzazione delle legislazioni — Imposte sulla cifra di affari — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Soggetti passivi — Enti pubblici
(Direttiva del Consiglio n. 77/388, art. 4, n. 5, secondo comma)
1. L’art. 4, n. 5, secondo comma, della sesta direttiva 77/388, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari, dev’essere interpretato nel senso che le distorsioni di concorrenza di una certa importanza che sarebbero provocate dal non assoggettamento degli enti di diritto pubblico operanti in quanto autorità pubbliche devono essere valutate con riferimento all’attività in questione, in quanto tale, senza che tale valutazione abbia per oggetto un mercato locale in particolare.
Infatti, un ente di diritto pubblico può essere incaricato, a norma del diritto nazionale, dell’esercizio di talune attività di natura essenzialmente economica nell’ambito di una disciplina giuridica che gli è propria e queste stesse attività possono del pari essere parallelamente esercitate da operatori privati, talché il non assoggettamento all’imposta sul valore aggiunto del suddetto ente può avere come risultato che si verifichino distorsioni di concorrenza.
L’art. 4, n. 5, terzo comma, della sesta direttiva, mira ad evitare tale indesiderabile risultato prevedendo che le attività precisamente elencate nell’allegato D della stessa direttiva siano, «in ogni caso», a meno che non siano trascurabili, assoggettate all’imposta sul valore aggiunto, quand’anche le stesse siano esercitate da enti di diritto pubblico in veste di autorità pubbliche. In altri termini si presume che il non assoggettamento all’imposta sul valore aggiunto degli enti di diritto pubblico per tali attività provochi distorsioni di concorrenza, a meno che le suddette attività non siano trascurabili. Emerge quindi dal tenore dell’art. 4, n. 5, terzo comma, della sesta direttiva che l’assoggettamento dei suddetti enti all’imposta risulta dall’esercizio delle attività elencate nell’allegato D della direttiva in parola in quanto tali, indipendentemente dalla questione se un dato ente di diritto pubblico si confronti o meno con la concorrenza a livello del mercato locale su cui esercita queste stesse attività.
Possono inoltre esistere, a livello nazionale, altre attività di natura essenzialmente economica, non elencate nell’allegato D della sesta direttiva, il cui elenco può variare da uno Stato membro all’altro o da un settore economico all’altro, le quali sono esercitate in parallelo sia da enti di diritto pubblico nella loro qualità di autorità pubbliche, sia da operatori privati. Proprio a tali attività è applicabile l’art. 4, n. 5, secondo comma, della sesta direttiva a norma del quale gli enti di diritto pubblico, anche quando operano in quanto autorità pubbliche, devono essere considerati come soggetti passivi qualora il loro non assoggettamento provochi distorsioni di concorrenza di una certa importanza.
Il secondo ed il terzo comma del suddetto art. 4, n. 5, sono di conseguenza strettamente collegati in quanto perseguono il medesimo obiettivo, cioè l’assoggettamento all’imposta sul valore aggiunto degli enti di diritto pubblico, anche quando questi ultimi operano in quanto autorità pubbliche. Tali commi rispondono quindi alla medesima logica con la quale il legislatore comunitario ha inteso limitare l’ambito di applicazione del non assoggettamento degli enti di diritto pubblico, affinché sia rispettata la regola generale, di cui agli artt. 2, punto 1, e 4, nn. 1 e 2, della direttiva, in base alla quale qualsiasi attività di natura economica è, in via di principio, soggetta all’imposta sul valore aggiunto. Occorre quindi interpretare il secondo ed il terzo comma dell’art. 4, n. 5, della sesta direttiva nel loro complesso. Ne consegue che l’assoggettamento degli enti di diritto pubblico all’imposta sul valore aggiunto, sul fondamento dell’art. 4, n. 5, secondo comma, della sesta direttiva o su quello del terzo comma di tale disposizione, risulta dall’esercizio di una data attività in quanto tale, a prescindere dalla questione se i suddetti enti si confrontino o meno con una concorrenza a livello del mercato locale sul quale esercitano la loro attività.
Il rispetto del principio di neutralità fiscale è dunque garantito, dato che tutti gli enti di diritto pubblico o sono assoggettati all’imposta sul valore aggiunto o non vi sono assoggettati, mentre l’unico strappo a tale principio riguarda solo i rapporti fra tali enti e gli operatori privati, e ciò sempreché le distorsioni di concorrenza rimangano di minore importanza. La valutazione dell’esistenza di distorsioni di concorrenza in rapporto a ciascuno dei mercati locali in cui le autorità locali esercitano le loro attività presupporrebbe un riesame sistematico, sulla base di analisi economiche sovente complesse, delle condizioni di concorrenza in moltissimi mercati locali la cui determinazione può rivelarsi particolarmente difficile in quanto la delimitazione di questi ultimi non coincide necessariamente con la competenza territoriale delle autorità locali. In tal caso, né le autorità locali né gli operatori privati sarebbero in grado di prevedere, con la certezza necessaria per gestire i loro affari, se, in un dato mercato locale, l’attività esercitata dalle autorità locali sarà o meno soggetta all’imposta sul valore aggiunto, il che rischierebbe di compromettere i principi di neutralità fiscale e certezza del diritto.
(v. punti 33-41, 46, 49, 51-53, dispositivo 1)
2. Il termine «provocherebbe», ai sensi dell’art. 4, n. 5, secondo comma, della sesta direttiva 77/388, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari, dev’essere interpretato nel senso che prende in considerazione non soltanto la concorrenza attuale, ma anche la concorrenza potenziale, purché la possibilità per un operatore privato di entrare sul mercato rilevante sia effettiva, e non meramente ipotetica.
Infatti, il non assoggettamento degli enti di diritto pubblico all’imposta sul valore aggiunto in forza dell’art. 4, n. 5, primo comma, della sesta direttiva costituisce una deroga alla regola generale dell’assoggettamento di qualsiasi attività di natura economica e, quindi, occorre interpretare tale disposizione in maniera restrittiva. Orbene, l’art. 4, n. 5, secondo comma, della direttiva in parola ripristina la suddetta regola generale per evitare che il non assoggettamento di tali enti provochi distorsioni di concorrenza di una certa importanza. Quest’ultima disposizione non può quindi essere interpretata restrittivamente.
Tuttavia la possibilità meramente teorica per un operatore privato di entrare sul mercato rilevante, che non sia corroborata da alcun elemento di fatto, alcun indizio obiettivo o alcuna analisi del mercato, non può essere assimilata all’esistenza di una concorrenza potenziale. Perché lo sia, tale possibilità dev’essere effettiva e non meramente ipotetica.
(v. punti 60, 64-65, dispositivo 2)
3. L’espressione «di una certa importanza», ai sensi dell’art. 4, n. 5, secondo comma, della sesta direttiva 77/388, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari, dev’essere intesa nel senso che le distorsioni di concorrenza attuali o potenziali devono essere più che trascurabili.
Infatti, tale espressione dev’essere intesa come mirante a restringere l’ambito di applicazione del non assoggettamento degli enti per le suddette attività, a norma dell’art. 4, n. 5, primo comma, della sesta direttiva Orbene, se tale espressione dovesse intendersi nel senso di notevole, addirittura eccezionale, l’ambito di applicazione del non assoggettamento degli enti di diritto pubblico sarebbe indebitamente ampliato. Invece, se il non assoggettamento di questi ultimi fosse ammesso unicamente nel caso in cui provochi solo distorsioni di concorrenza trascurabili, la sua portata verrebbe effettivamente circoscritta.
Inoltre, dall’art. 4, n. 5, terzo comma, della sesta direttiva, emerge che il non assoggettamento all’imposta sul valore aggiunto degli enti di diritto pubblico per le attività elencate nell’allegato D di tale direttiva è ammesso purché tali attività siano trascurabili, presumendo quindi che le distorsioni di concorrenza che ne deriverebbero sarebbero anch’esse trascurabili. Dal momento che il secondo ed il terzo comma dell’art. 4, n. 5, della sesta direttiva sono strettamente collegati in quanto perseguono il medesimo obiettivo e rispondono alla stessa logica, l’espressione «di una certa importanza» dev’essere interpretata nel senso che il non assoggettamento degli enti pubblici può essere ammesso unicamente qualora esso provochi solo distorsioni di concorrenza trascurabili.
Infine, il non assoggettamento dei suddetti enti all’imposta sul valore aggiunto, nelle ipotesi in cui non provocasse alcuna distorsione di concorrenza o provocasse distorsioni trascurabili, lederebbe il principio di neutralità fiscale nella maniera più limitata possibile.
(v. punti 72-76, 78-79, dispositivo 3)
SENTENZA DELLA CORTE (Grande Sezione)
16 settembre 2008 (*)
«Sesta direttiva IVA – Art. 4, n. 5 – Attività svolte da un ente di diritto pubblico – Gestione di parcheggi a pagamento – Distorsioni di concorrenza – Significato delle espressioni “provocherebbe” e “di una certa importanza”»
Nel procedimento C-288/07,
avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, dalla High Court of Justice (England & Wales) (Chancery Division) (Regno Unito) con decisione 6 marzo 2007, pervenuta in cancelleria il 14 giugno 2007, nella causa tra
Commissioners of Her Majesty’s Revenue & Customs
e
Isle of Wight Council,
Mid-Suffolk District Council,
South Tyneside Metropolitan Borough Council,
West Berkshire District Council,
LA CORTE (Grande Sezione),
composta dal sig. V. Skouris, presidente, dai sigg. P. Jann, C.W.A. Timmermans, A. Rosas e K. Lenaerts, presidenti di sezione, dai sigg. G. Arestis, U. Lõhmus, A. Borg Barthet, M. Ilešič, J. Malenovský, E. Levits, A. Ó Caoimh e A. Arabadjiev (relatore), giudici,
avvocato generale: sig. M. Poiares Maduro
cancelliere: sig.ra C. Strömholm, amministratore
vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 1° aprile 2008,
considerate le osservazioni presentate:
– per l’Isle of Wight Council, il Mid-Suffolk District Council, il South Tyneside Metropolitan Borough Council e il West Berkshire District Council, dai sigg. J. Ghosh, QC, J. Henderson, barrister, e R. Genn, solicitor, nonché dalla sig.ra L. Leach, adviser;
– per il governo del Regno Unito, dalla sig.ra Z. Bryanston-Cross, in qualità di agente, assistita dai sigg. C. Vajda, QC, e B. Rayment, barrister;
– per l’Irlanda, dal sig. D. O’Hagan, in qualità di agente, assistito dai sigg. A. Aston, SC, e N. Travers, BL;
– per il governo italiano, dal sig. I.M. Braguglia, in qualità di agente, assistito dal sig. G. De Bellis, avvocato dello Stato;
– per la Commissione delle Comunità europee, dal sig. R. Lyal e dalla sig.ra M. Afonso, in qualità di agenti,
sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 12 giugno 2008,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1 La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’art. 4, n. 5, secondo comma, della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (GU L 145, pag. 1; in prosieguo: la «sesta direttiva»).
2 Tale domanda è stata presentata nell’ambito di controversie tra i Commissioners of Her Majesty’s Revenue & Customs (in prosieguo: i «Commissioners») e quattro autorità locali, cioè l’Isle of Wight Council, il Mid-Suffolk District Council, il South Tyneside Metropolitan Borough Council e il West Berkshire District Council (complessivamente, in prosieguo: le «autorità locali interessate»), riguardo all’assoggettamento all’imposta sul valore aggiunto (in prosieguo: l’«IVA») di tali autorità per le attività di gestione di aree di parcheggio chiuse per autoveicoli («offstreet parking»; in prosieguo: i «parcheggi»).
Contesto normativo
3 L’art. 2 della sesta direttiva, figurante nel capo II di quest’ultima intitolato «Campo di applicazione», dispone:
«Sono soggette all’imposta sul valore aggiunto:
1. le cessioni di beni e le prestazioni di servizi, effettuate a titolo oneroso all’interno del paese da un soggetto passivo che agisce in quanto tale;
(…)».
4 L’art. 4 della sesta direttiva, figurante nel capo IV di quest’ultima intitolato «Soggetti passivi», prevede:
«1. Si considera soggetto passivo chiunque esercita in modo indipendente e in qualsiasi luogo una delle attività economiche di cui al paragrafo 2, indipendentemente dallo scopo o dai risultati di detta attività.
2. Le attività economiche di cui al paragrafo 1 sono tutte le attività di produttore, di commerciante o di prestatore di servizi, comprese le attività estrattive, agricole, nonché quelle delle professioni liberali o assimilate. Si considera in particolare attività economica un’operazione che comporti lo sfruttamento di un bene materiale o immateriale per ricavarne introiti aventi un certo carattere di stabilità.
(…)
5. Gli Stati, le regioni, le province, i comuni e gli altri organismi di diritto pubblico non sono considerati soggetti passivi per le attività o operazioni che esercitano in quanto pubbliche autorità, anche quando, in relazione a tali attività od operazioni percepiscono diritti, canoni, contributi o retribuzioni.
Se però tali enti esercitano attività od operazioni di questo genere, essi devono essere considerati soggetti passivi per dette attività od operazioni quando il loro non assoggettamento provocherebbe distorsioni di concorrenza di una certa importanza.
In ogni caso, gli enti succitati sono sempre considerati come soggetti passivi per quanto riguarda le attività elencate nell’allegato D quando esse non sono trascurabili.
Gli Stati membri possono considerare come attività della pubblica amministrazione le attività dei suddetti enti le quali siano esenti a norma degli articoli 13 o 28».
5 L’allegato D della sesta direttiva cui si riferisce l’art. 4, n. 5, terzo comma, della medesima elenca tredici categorie di operazioni. Tuttavia la gestione di parcheggi non figura fra queste ultime.
6 L’art. 4, n. 5, della sesta direttiva, la cui efficacia diretta è stata riconosciuta dalla Corte nella sentenza 17 ottobre 1989, cause riunite 231/87 e 129/88, Comune di Carpaneto Piacentino e a. (Racc. pag. 3233, punto 33), non è stato oggetto di trasposizione nel diritto del Regno Unito.
Causa principale e questioni pregiudiziali
7 Le autorità locali interessate offrono in locazione posti in aree di parcheggio. Il settore privato fornisce anch’esso tale servizio.
8 Storicamente, nel Regno Unito, gli enti territoriali si considerano essere soggetti passivi dell’IVA per gli introiti ad essi derivanti dalla gestione di aree di parcheggio. Tuttavia, in seguito alla pronuncia della sentenza 14 dicembre 2000, causa C-446/98, Fazenda Pública (Racc. pag. I-11435), circa 127 enti territoriali hanno presentato domanda di rimborso dell’IVA da essi precedentemente assolta, ritenendo che, a norma dell’art. 4, n. 5, primo comma, della sesta direttiva, non avrebbero dovuto essere assoggettati a tale imposta. L’importo totale delle domande di rimborso presentate ammonta a GBP 129 milioni. Quanto all’importo che rappresenta l’insieme dei reclami che possono essere presentati, nella decisione di rinvio viene indicato che il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord conta circa 468 enti territoriali.
9 Nelle controversie di cui alla causa principale, le somme reclamate ammontano a GBP 1,6 milioni. Il giudice nazionale rileva che tali controversie sono casi pilota, dato che le autorità locali interessate costituiscono un campione rappresentativo dell’insieme degli enti territoriali. Infatti l’Isle of Wight Council, il Mid-Suffolk District Council, il South Tyneside Metropolitan Bourough Council e il West Berkshire District Council provvedono ad amministrare, rispettivamente, un’isola, una zona rurale, una zona urbana e una regione.
10 Le autorità locali interessate, considerando che, secondo un’interpretazione corretta del diritto comunitario, non erano debitrici dell’IVA per l’attività in questione, hanno chiesto il rimborso dell’IVA precedentemente assolta. Tuttavia i Commissioners hanno rifiutato di procedere ad un siffatto rimborso. Di conseguenza le stesse autorità locali hanno presentato un ricorso avverso la decisione dei Commissioners dinanzi al VAT and Duties Tribunal, London. Detto giudice, considerando che la questione del non assoggettamento degli enti di diritto pubblico, in forza dell’art. 4, n. 5, secondo comma, della sesta direttiva, dovesse essere oggetto di un esame distinto per ognuna delle autorità locali interessate, cioè «soggetto passivo per soggetto passivo», è pervenuto alla conclusione che il non assoggettamento di tali autorità all’IVA non provocherebbe distorsioni di concorrenza di una certa importanza. Ciascuna delle suddette autorità è stata quindi esentata dall’IVA per gli introiti ottenuti dalla gestione di parcheggi.
11 I Commissioners hanno interposto appello avverso la decisione del VAT and Duties Tribunal, London, dinanzi alla High Court of Justice (England & Wales) (Chancery Division). Il loro principale argomento si fonda sul fatto che l’art. 4, n. 5, della sesta direttiva avrebbe portata nazionale, la quale richiederebbe di effettuare una valutazione globale, relativa all’impatto sul settore privato nel suo complesso, dell’esenzione IVA accordata alle autorità locali per la gestione di parcheggi. L’appello in questione verte anche sul significato dei termini «provocherebbe» e «di una certa importanza» contenuti nella parte della frase «quando il loro non assoggettamento provocherebbe distorsioni di concorrenza di una certa importanza», figurante all’art. 4, n. 5, secondo comma, della sesta direttiva.
12 Alla luce di tali circostanze la High Court of Justice (England & Wales) (Chancery Division) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:
«1) Se l’espressione “distorsioni di concorrenza” debba essere valutata per ogni ente di diritto pubblico talché, nell’ambito della presente causa, essa debba essere interpretata con riferimento all’area o alle aree in cui il suddetto ente gestisce parcheggi o con riferimento all’insieme del territorio nazionale dello Stato membro.
2) Che cosa significhi il termine “provocherebbe”. In particolare, quale sia il grado di probabilità o il livello di certezza richiesto per soddisfare tale condizione.
3) Che cosa significhi l’espressione “di una certa importanza”. In particolare, se l’espressione “di una certa importanza” si riferisca ad un effetto sulla concorrenza che sia più che trascurabile o de minimis, ad un effetto “importante”, ovvero ad un effetto “eccezionale”».
Sulle questioni pregiudiziali
Sulla prima questione
Osservazioni presentate alla Corte
13 Le autorità locali interessate ritengono che l’espressione «distorsione di concorrenza» debba essere valutata per ciascun ente pubblico di modo che, nell’ambito della presente causa, essa vada interpretata facendo riferimento al territorio o ai territori su cui il suddetto ente offre in locazione posti di stazionamento in parcheggi, e non già facendo riferimento al mercato ipotetico che copre la totalità del territorio nazionale di un dato Stato membro. Un approccio contrario sarebbe incoerente rispetto alla nozione stessa di concorrenza. Secondo le medesime autorità locali, l’esenzione dall’IVA accordata ad ognuna di esse non provocherebbe in alcun modo distorsioni di concorrenza rispetto ai fornitori privati o alle autorità locali situate, ad esempio, a Glasgow, e, ancor meno, a distorsioni «di una certa importanza». Parimenti una persona che desiderasse fare acquisti sull’isola di Wight non parcheggerebbe il suo veicolo a Manchester.
14 Il governo del Regno Unito, fondandosi soprattutto sui principi fondamentali di neutralità fiscale e certezza del diritto, ritiene che, in linea di principio, un approccio «attività per attività», cioè un approccio che tenga conto dell’insieme del mercato nazionale e non di ciascun mercato locale, sia il più ragionevole ai fini dell’interpretazione dell’art. 4, n. 5, secondo comma, della sesta direttiva. Il carattere locale della domanda comporterebbe che, persino nella zona facente capo ad una data autorità locale, possono esistere più mercati locali di cui alcuni sono idonei a provocare concorrenza, mentre altri non lo sono.
15 Secondo l’Irlanda, dalla giurisprudenza della Corte emerge che gli Stati membri sono liberi di scegliere il metodo più appropriato per trasporre nel diritto nazionale l’art. 4, n. 5, secondo e terzo comma, della sesta direttiva. Spetterebbe a ciascuno Stato membro determinare quali siano le attività esercitate dallo Stato e dagli enti pubblici che, se non fossero assoggettate all’IVA, provocherebbero distorsioni di concorrenza di una certa importanza. Gli Stati membri potrebbero quindi adottare approcci locali, regionali o nazionali.
16 Il governo italiano propone di applicare principi propri del settore della concorrenza. In proposito esso fa riferimento alla comunicazione della Commissione sulla definizione del mercato rilevante ai fini del diritto comunitario della concorrenza (GU 1997, C 372, pag. 5) e considera, su tale base, che il mercato geografico pertinente, nelle controversie di cui alla causa principale, non può in alcun caso essere costituito dalla totalità del mercato nazionale. In materia di locazione di posti di stazionamento in parcheggi, sarebbe inconcepibile che sussista una qualsiasi concorrenza tra i servizi proposti da varie città.
17 La Commissione delle Comunità europee è del parere che occorra prendere in considerazione la natura dell’attività e non le condizioni locali di concorrenza per valutare il rischio di distorsioni di concorrenza. La fondatezza di un approccio del genere potrebbe essere desunta dal fatto che l’art. 4, n. 5, terzo comma, della sesta direttiva prevede che le operazioni elencate nell’allegato D di quest’ultima debbano comunque essere assoggettate all’IVA, a meno che esse non siano trascurabili. Così disponendo,la sesta direttiva partirebbe chiaramente dall’ipotesi che il rapporto concorrenziale ed il rischio di distorsioni che ne risulta dovrebbero essere determinati in maniera astratta, in funzione della natura stessa dell’attività e senza riferimento a condizioni locali.
Soluzione della Corte
18 Va preliminarmente ricordato che, conformemente all’art. 4, n. 5, primo comma, della sesta direttiva, gli Stati, le regioni, i dipartimenti, i comuni e gli altri enti di diritto pubblico non sono considerati soggetti passivi per le attività od operazioni che esercitano in quanto pubbliche autorità.
19 Come la Corte ha dichiarato a più riprese, affinché tale disposizione sia applicabile devono essere congiuntamente soddisfatte due condizioni, vale a dire l’esercizio di attività da parte di un ente pubblico e l’esercizio di attività in veste di pubblica autorità (v. in tal senso, segnatamente, sentenze 25 luglio 1991, causa C-202/90, Ayuntamiento de Sevilla, Racc. pag. I-4247, punto 18, e Fazenda Pública, cit., punto 15).
20 Quanto alla prima di tali condizioni è assodato che le autorità locali interessate sono enti di diritto pubblico ai sensi dell’art. 4, n. 5, della sesta direttiva.
21 Circa la seconda condizione, occorre ricordare che le attività esercitate in quanto pubbliche autorità, ai sensi di quest’ultima disposizione, sono quelle svolte dagli enti pubblici nell’ambito del regime giuridico loro proprio, escluse le attività da essi svolte in base allo stesso regime cui sono sottoposti gli operatori economici privati (v., segnatamente, sentenza Fazenda Pública, cit., punto 17 e giurisprudenza citata).
22 Tenuto conto della natura dell’analisi da effettuare, spetta al giudice nazionale qualificare l’attività controversa nella causa principale in base al criterio individuato supra (sentenze 17 ottobre 1989, Comune di Carpaneto Piacentino e a., cit., punto 16; 15 maggio 1990, causa C-4/89, Comune di Carpaneto Piacentino e a., Racc. pag. I-1869, punto 11, e Fazenda Pública, cit., punto 23).
23 Poiché la questione se, nelle controversie di cui alla causa principale, le autorità locali interessate operassero in quanto autorità pubbliche non è stata sottoposta alla Corte attraverso il rinvio pregiudiziale, occorre prendere le mosse, con riserva di verifica da parte del giudice del rinvio, dall’ipotesi secondo cui l’attività in questione nella causa principale va considerata, ai fini della presente domanda di pronuncia pregiudiziale, rientrare nell’art. 4, n. 5, della sesta direttiva.
24 Occorre anche ricordare che le autorità locali, anche quando esercitano un’attività siffatta in quanto autorità pubbliche, devono essere considerate soggetti passivi, conformemente all’art. 4, n. 5, secondo comma, della sesta direttiva, quando il loro non assoggettamento provocherebbe distorsioni di concorrenza di una certa importanza. Il giudice del rinvio si pone al riguardo un interrogativo sul punto se tali distorsioni debbano essere valutate facendo riferimento ai mercati locali sui quali agisce ognuna delle autorità locali interessate o all’attività in quanto esercitata sull’insieme del territorio nazionale.
25 Per rispondere a tale questione, è necessario, in assenza di indicazioni nel testo medesimo dell’art. 4, n. 5, secondo comma, della sesta direttiva, prendere in considerazione l’economia e la finalità di tale direttiva, nonché il ruolo dell’art. 4, n. 5, nel sistema comune di IVA stabilito dalla suddetta direttiva.
26 Occorre sottolineare in proposito che sono soggette all’IVA come regola generale e in conformità dell’art. 2, punto 1, della stessa direttiva le prestazioni di servizi effettuate a titolo oneroso.
27 Peraltro, a norma dell’art. 4, n. 1, della sesta direttiva, si considera soggetto passivo chiunque esercita in modo indipendente e in qualsiasi luogo una delle attività economiche di cui al n. 2 dello stesso articolo, indipendentemente dallo scopo o dai risultati di detta attività. Tale nozione di «attività economiche» è definita al suddetto n. 2 come comprendente tutte le attività di produttore, di commerciante o di prestatore di servizi (sentenza 26 giugno 2007, causa C-284/04, T-Mobile Austria e a., Racc. pag. I-5189, punto 33).
28 L’art. 4 della sesta direttiva prevede quindi per l’IVA una sfera di applicazione molto ampia (v. sentenze 26 marzo 1987, causa 235/85, Commissione/Paesi Bassi, Racc. pag. 1471, punto 7, e 4 dicembre 1990, causa C-186/89, van Tiem, Racc. pag. I-4363, punto 17).
29 Va però precisato al riguardo che tale disposizione concerne esclusivamente le attività aventi carattere economico (v., in tal senso, sentenze 11 luglio 1996, causa C-306/94, Régie dauphinoise, Racc. pag. I-3695, punto 15; 29 aprile 2004, causa C-77/01, EDM, Racc. pag. I-4295, punto 47; 26 maggio 2005, causa C-465/03, Kretztechnik, Racc. pag. I-4357, punto 18, nonché T-Mobile Austria e a., cit., punto 34).
30 Solamente in deroga a tale regola generale talune attività di natura economica non sono soggette all’IVA. Una siffatta deroga è prevista all’art. 4, n. 5, primo comma, della sesta direttiva, a norma del quale le attività esercitate da un ente di diritto pubblico in veste di autorità pubblica non sono soggette alla tassa in parola.
31 Tale deroga concerne principalmente le attività esercitate dagli enti di diritto pubblico in quanto autorità pubbliche che, pur essendo di natura economica, sono strettamente connesse all’uso di prerogative di pubblico potere. Dati tali elementi, il non assoggettamento all’IVA dei suddetti enti per tali attività non ha potenzialmente effetti anticoncorrenziali, in quanto queste ultime sono generalmente esercitate dal settore pubblico in via esclusiva o quasi esclusiva.
32 Tuttavia tali enti, anche quando esercitano le attività in questione in quanto autorità pubbliche, devono essere considerati soggetti passivi, conformemente all’art. 4, n. 5, secondo e terzo comma, della sesta direttiva, qualora il loro non assoggettamento provochi distorsioni di concorrenza di una certa importanza oppure qualora le suddette attività, non essendo trascurabili, siano elencate nell’allegato D della medesima direttiva.
33 Un ente di diritto pubblico può quindi essere incaricato, a norma del diritto nazionale, dell’esercizio di talune attività di natura essenzialmente economica nell’ambito di una disciplina giuridica che gli è propria e queste stesse attività possono del pari essere parallelamente esercitate da operatori privati, talché il non assoggettamento all’IVA del suddetto ente può avere come risultato che si verifichino distorsioni di concorrenza.
34 Il legislatore comunitario ha cercato di evitare proprio tale indesiderabile risultato prevedendo, all’art. 4, n. 5, terzo comma, della sesta direttiva, che le attività precisamente elencate nell’allegato D della stessa direttiva (cioè le telecomunicazioni, l’erogazione di acqua, gas, energia elettrica e vapore, il trasporto di merci, le prestazioni di servizi portuali ed aeroportuali, il trasporto di persone ecc.) sono, «in ogni caso», a meno che non siano trascurabili, assoggettate all’IVA, quand’anche le stesse siano esercitate da enti di diritto pubblico in veste di autorità pubbliche.
35 In altri termini si presume che il non assoggettamento all’IVA degli enti di diritto pubblico per tali attività provochi distorsioni di concorrenza, a meno che le suddette attività non siano trascurabili. Emerge quindi chiaramente dal tenore dell’art. 4, n. 5, terzo comma, della sesta direttiva che l’assoggettamento dei suddetti enti all’IVA risulta dall’esercizio delle attività elencate nell’allegato D della direttiva in parola in quanto tali, indipendentemente dalla questione se un dato ente di diritto pubblico si confronti o meno con la concorrenza a livello del mercato locale su cui esercita queste stesse attività.
36 Possono inoltre esistere, a livello nazionale, altre attività di natura essenzialmente economica, non elencate nell’allegato D della sesta direttiva, il cui elenco può variare da uno Stato membro all’altro o da un settore economico all’altro, le quali sono esercitate in parallelo sia da enti di diritto pubblico nella loro qualità di autorità pubbliche, sia da operatori privati.
37 Proprio a tali attività è applicabile l’art. 4, n. 5, secondo comma, della sesta direttiva a norma del quale gli enti di diritto pubblico, anche quando operano in quanto autorità pubbliche, devono essere considerati come soggetti passivi qualora il loro non assoggettamento provochi distorsioni di concorrenza di una certa importanza.
38 Il secondo ed il terzo comma del suddetto art. 4, n. 5, sono di conseguenza strettamente collegati in quanto perseguono il medesimo obiettivo, cioè l’assoggettamento all’IVA degli enti di diritto pubblico, anche quando questi ultimi operano in quanto autorità pubbliche. Tali commi rispondono quindi alla medesima logica con la quale il legislatore comunitario ha inteso limitare l’ambito di applicazione del non assoggettamento degli enti di diritto pubblico, affinché sia rispettata la regola generale, di cui agli artt. 2, punto 1, e 4, nn. 1 e 2, della direttiva, in base alla quale qualsiasi attività di natura economica è, in via di principio, soggetta all’IVA.
39 Occorre quindi interpretare nel loro complesso il secondo ed il terzo comma dell’art. 4, n. 5, della sesta direttiva.
40 Ne consegue che l’assoggettamento degli enti di diritto pubblico all’IVA, sul fondamento dell’art. 4, n. 5, secondo comma, della sesta direttiva o su quello del terzo comma di tale disposizione, risulta dall’esercizio di una data attività in quanto tale, a prescindere dalla questione se i suddetti enti si confrontino o meno con una concorrenza a livello del mercato locale sul quale esercitano la loro attività.
41 Tale conclusione è peraltro corroborata dai principi generali di diritto comunitario applicabili in materia fiscale, quali i principi di neutralità fiscale e certezza del diritto.
42 Infatti, il principio di neutralità fiscale, principio fondamentale del sistema comune dell’IVA (v., segnatamente, sentenza 21 febbraio 2006, causa C-255/02, Halifax e a., Racc. pag. I-1609, punto 92), osta a che operatori economici che effettuano le stesse operazioni subiscano un trattamento differenziato in materia di riscossione dell’IVA (v., in particolare, sentenza 7 settembre 1999, causa C-216/97, Gregg, Racc. pag. I-4947, punto 20).
43 Va in proposito ricordato che l’art. 4, n. 5, secondo comma, della sesta direttiva mira a garantire il rispetto del principio della neutralità fiscale (sentenza 8 giugno 2006, causa C-430/04, Feuerbestattungsverein Halle, Racc. pag. I-4999, punto 24).
44 Se è vero che la sesta direttiva prevede talune deroghe che possono compromettere in certa misura l’applicazione del principio di neutralità fiscale, come la deroga prevista all’art. 4, n. 5, secondo comma, della sesta direttiva (v., in tal senso, sentenza 2 giugno 2005, causa C-378/02, Waterschap Zeeuws Vlaanderen, Racc. pag. I-4685, punto 43), poiché tale disposizione permette il non assoggettamento all’IVA degli enti di diritto pubblico nei limiti in cui quest’ultimo provocherebbe solo distorsioni di concorrenza minori, ciò non toglie che tale deroga dev’essere interpretata di modo che si attenti a tale principio nella maniera più ridotta possibile.
45 Orbene, la tesi sostenuta dalle autorità locali interessate equivale ad assoggettare all’IVA solo talune autorità locali ad eccezione delle altre, in funzione delle distorsioni di concorrenza che si sarebbero o meno verificate su ciascuno dei mercati locali in cui operano le medesime autorità locali, sebbene la prestazione di servizi in questione, cioè la gestione di parcheggi, sia essenzialmente la stessa. Tale tesi implica dunque non soltanto che gli operatori privati vengano trattati in maniera diversa dagli enti di diritto pubblico, nell’ipotesi in cui il non assoggettamento di questi ultimi provocherebbe solo distorsioni di concorrenza minori, ma anche che si instauri un trattamento differenziato tra gli stessi enti di diritto pubblico.
46 Invece, se le suddette distorsioni sono esaminate facendo riferimento all’attività in quanto tale, a prescindere dalle condizioni della concorrenza prevalenti in un dato mercato locale, il rispetto del principio di neutralità fiscale è garantito, dato che tutti gli enti di diritto pubblico sono o assoggettati all’IVA o non vi sono assoggettati, mentre l’unico strappo a tale principio riguarda solo i rapporti fra tali enti e gli operatori privati, e ciò sempreché le distorsioni di concorrenza rimangano di minore. importanza
47 Inoltre, come la Corte ha più volte dichiarato, la normativa comunitaria dev’essere certa e la sua applicazione prevedibile per coloro che vi sono sottoposti (v., segnatamente, sentenza 22 novembre 2001, causa C-301/97, Paesi Bassi/Consiglio, Racc. pag. I-8853, punto 43, nonché Halifax e a., cit., punto 72). Tale necessità di certezza del diritto s’impone con rigore particolare quando si tratta di una normativa idonea a comportare oneri finanziari, al fine di consentire agli interessati di conoscere con esattezza l’estensione degli obblighi che essa impone loro (v., segnatamente, sentenza 15 dicembre 1987, causa 326/85, Paesi Bassi/Commissione, Racc. pag. 5091, punto 24, e 29 aprile 2004, causa C-17/01, Sudholz, Racc. pag. I-4243, punto 34).
48 Orbene il principio di certezza del diritto, che fa parte dell’ordinamento comunitario, dev’essere rispettato sia dalle istituzioni comunitarie sia dagli Stati membri nell’esercizio dei poteri loro conferiti dalle direttive comunitarie (v. sentenza 26 aprile 2005, causa C-376/02, «Goed Wonen», Racc. pag. I-3445, punto 32).
49 Quindi la tesi secondo cui le distorsioni di concorrenza, ai sensi dell’art. 4, n. 5, secondo comma, della sesta direttiva, devono essere valutate in rapporto a ciascuno dei mercati locali in cui le autorità locali propongono in locazione posti di stazionamento in parcheggi presuppone un riesame sistematico, sulla base di analisi economiche sovente complesse, delle condizioni di concorrenza in moltissimi mercati locali la cui determinazione può rivelarsi particolarmente difficile in quanto la delimitazione di questi ultimi non coincide necessariamente con la competenza territoriale delle autorità locali. Inoltre, nel territorio di una stessa autorità locale, possono trovarsi più mercati locali.
50 Una siffatta situazione può quindi dar luogo a numerosi contenziosi in seguito a qualsiasi cambiamento che influisca sulle condizioni di concorrenza prevalenti in un dato mercato locale.
51 Così, né le autorità locali né gli operatori privati saranno in grado di prevedere, con la certezza necessaria per gestire i loro affari, se, in un dato mercato locale, l’esercizio da parte delle autorità locali di parcheggi a pagamento sarà o meno soggetto all’IVA.
52 Questa situazione rischierebbe quindi di compromettere i principi di neutralità fiscale e certezza del diritto.
53 La prima questione va quindi risolta dichiarando che l’art. 4, n. 5, secondo comma, della sesta direttiva dev’essere interpretato nel senso che le distorsioni di concorrenza di una certa importanza che sarebbero provocate dal non assoggettamento degli enti di diritto pubblico operanti in quanto autorità pubbliche devono essere valutate con riferimento all’attività in questione, in quanto tale, senza che tale valutazione abbia per oggetto un mercato locale in particolare.
Sulla seconda questione
54 Con la sua seconda questione il giudice nazionale chiede in sostanza se il termine «provocherebbe» distorsioni di concorrenza di una certa importanza, ai sensi dell’art. 4, n. 5, secondo comma, della sesta direttiva, debba essere interpretato nel senso che prende in considerazione unicamente la concorrenza effettiva o nel senso che va esteso anche alla concorrenza potenziale. Il giudice nazionale chiede anche di precisare quale sia il grado di probabilità necessario a soddisfare tale condizione.
Osservazioni presentate alla Corte
55 Fondandosi sul paragrafo 139 delle conclusioni dell’avvocato generale Kokott nella causa all’origine della sentenza Hutchison 3G e a. (sentenza 26 giugno 2007, causa C-369/04, Racc. pag. I-5249), le autorità locali interessate ritengono che il termine «provocherebbe» vada interpretato nel senso che esso impone l’esistenza di un rischio reale e serio di distorsioni di concorrenza.
56 Il governo del Regno Unito ritiene che il termine «provocherebbe» («conduirait à», «would lead to») possa essere sostituito con l’espressione «potrebbe dar luogo a» («est susceptible de donner lieu à», «could lead to») che la Corte impiega nelle citate sentenze Comune di Carpaneto Piacentino e a., il che sarebbe del pari compatibile con l’esame condotto dall’avvocato generale Kokott ai paragrafi 127 e 131 delle sue conclusioni nella causa all’origine della citata sentenza Hutchison 3G e a. Esso aggiunge che sussiste già, da un lato, una concorrenza attuale tra le imprese private e le autorità locali in numerose regioni del Regno Unito nonché, dall’altro, una concorrenza potenziale in altre regioni ove, a tutt’oggi, non è presente alcun operatore privato.
57 Secondo l’Irlanda il termine «provocherebbe» impone alle competenti autorità nazionali incaricate di applicare l’art. 4, n. 5, della sesta direttiva di accertarsi che il rischio di distorsioni di concorrenza presenti un carattere di probabilità e non soltanto che esso possa concretizzarsi.
58 Il governo italiano considera che, se è vero che in materia non è necessaria la certezza assoluta, il termine «provocherebbe» vada inteso nel senso che i rischi di distorsione di concorrenza risultanti dall’esercizio di un’attività non soggetta all’IVA rappresentano una buona probabilità e non una semplice possibilità.
59 La Commissione sottolinea che, al fine di garantire che gli enti pubblici e gli operatori privati siano posti su un piede di parità quanto alle condizioni di concorrenza, si impone l’assenza di ostacoli all’ingresso di operatori privati sul mercato in questione nella causa principale. Essa considera pertanto che il termine «provocherebbe» includa la concorrenza potenziale. Al riguardo, sarebbe sufficiente che esista un’effettiva possibilità di ingresso sul suddetto mercato di operatori privati che si trovino in concorrenza con gli enti di diritto pubblico interessati.
Soluzione della Corte
60 Va ricordato, come risulta dal punto 30 della presente sentenza, che il non assoggettamento degli enti di diritto pubblico all’IVA in forza dell’art. 4, n. 5, primo comma, della sesta direttiva costituisce una deroga alla regola generale dell’assoggettamento di qualsiasi attività di natura economica e che occorre quindi interpretare tale disposizione in maniera restrittiva. Orbene, quanto all’art. 4, n. 5, secondo comma, della direttiva in parola, va constatato che quest’ultimo ripristina la suddetta regola generale per evitare che il non assoggettamento di tali enti provochi distorsioni di concorrenza di una certa importanza. Quest’ultima disposizione non può quindi essere interpretata restrittivamente.
61 Orbene, la portata dell’art. 4, n. 5, primo comma, della sesta direttiva sarebbe indebitamente estesa se l’assoggettamento di tali enti, ai sensi dell’art. 4, n. 5, secondo comma, della direttiva, dovesse essere limitato ai soli casi concreti di distorsione di concorrenza, il che permetterebbe il non assoggettamento dei suddetti enti laddove essi dovessero confrontarsi con la concorrenza solo potenzialmente.
62 Inoltre il non assoggettamento all’IVA di questi stessi enti può da solo dissuadere i potenziali concorrenti dall’ingresso sul mercato della locazione di posti di stazionamento in parcheggi.
63 Ne consegue che il termine «provocherebbe», ai sensi dell’art. 4, n. 5, secondo comma, della sesta direttiva, prende in considerazione non soltanto la concorrenza attuale, ma anche la concorrenza potenziale.
64 Tuttavia la possibilità meramente teorica per un operatore privato di entrare sul mercato rilevante, che non sia corroborata da alcun elemento di fatto, alcun indizio obiettivo o alcuna analisi del mercato, non può essere assimilata all’esistenza di una concorrenza potenziale. Perché lo sia, tale possibilità dev’essere effettiva e non meramente ipotetica.
65 Occorre quindi risolvere la seconda questione nel senso che il termine «provocherebbe», ai sensi dell’art. 4, n. 5, secondo comma, della sesta direttiva, dev’essere interpretato nel senso che esso prende in considerazione non soltanto la concorrenza attuale, ma anche la concorrenza potenziale, purché la possibilità per un operatore privato di entrare sul mercato rilevante sia effettiva, e non meramente ipotetica.
Sulla terza questione
66 La terza questione verte sull’interpretazione da dare all’espressione «di una certa importanza», ai sensi dell’art. 4, n. 5, secondo comma, della sesta direttiva e, in particolare, sulla questione se quest’ultima vada interpretata come «più che trascurabile o de minimis», «considerevole» o ancora «eccezionale».
Osservazioni presentate alla Corte
67 Secondo le autorità locali interessate, l’espressione «di una certa importanza» implica l’esistenza di un «effetto sfavorevole importante» o di un «effetto eccezionale» sui concorrenti dell’ente di diritto pubblico o di un effetto diverso da quello risultante dal semplice fatto che l’ente pubblico non fattura l’IVA, mentre quest’ultima è fatturata dai concorrenti aventi la qualità di privati. Esse si fondano al riguardo sul paragrafo 41 delle conclusioni dell’avvocato generale Jacobs nella causa all’origine della citata sentenza 2 giugno 2005, Waterschap Zeeuws Vlaanderen, secondo cui i termini «di una certa importanza» sarebbero sinonimi di «eccezionale».
68 Il governo del Regno Unito ritiene che l’espressione «di una certa importanza» riguardi qualsiasi distorsione di concorrenza che non sia trascurabile o de minimis. Esso aggiunge, per quanto concerne l’impiego del termine «eccezionale» da parte dell’avvocato generale Jacobs al paragrafo 41 delle sue conclusioni nella causa all’origine della citata causa Waterschap Zeeuws Vlaanderen, che la Corte non ha seguito queste ultime e neppure ripreso tale termine.
69 Secondo l’Irlanda l’espressione «di una certa importanza» significa che le distorsioni di concorrenza devono essere significative e sensibili, nel senso che devono rischiare di compromettere considerevolmente le condizioni di concorrenza che sarebbero altrimenti prevalenti sul mercato in questione, arrecando con ciò un pregiudizio manifesto agli operatori privati interessati.
70 Il governo italiano ritiene che l’espressione «di una certa importanza» vada intesa nel senso «di rilevanza almeno considerevole, e non invece semplicemente minima».
71 La Commissione è del parere che l’espressione «di una certa importanza» rinvia ad una distorsione che non è insignificante o trascurabile. Essa si fonda in proposito sull’art. 4, n. 5, terzo comma, della sesta direttiva in combinato disposto con l’allegato D di quest’ultima, a norma del quale le attività elencate nello stesso allegato D devono essere assoggettate all’IVA quando «non sono trascurabili». Il ruolo del suddetto terzo comma sarebbe, in ogni caso, quello di assoggettare all’IVA talune categorie di attività che, altrimenti, occorrerebbe apprezzare alla luce del secondo comma del medesimo art. 4, n. 5. Questi due commi obbedirebbero alla stessa logica e se ne potrebbe inferire che, impiegando il termine «trascurabile», il legislatore abbia voluto descrivere le attività che non provocano distorsioni di concorrenza «di una certa importanza».
Soluzione della Corte
72 Si deve anzitutto sottolineare che, come risulta dal punto 60 della presente sentenza, l’assoggettamento degli enti di diritto pubblico per le attività di natura economica che esercitano in quanto autorità pubbliche, previsto all’art. 4, n. 5, secondo comma, della sesta direttiva, ripristina la regola generale dell’assoggettamento di qualsiasi attività di natura economica per evitare che il non assoggettamento di tali enti provochi distorsioni di concorrenza di una certa importanza e che quindi tale disposizione non può essere interpretata restrittivamente.
73 Pertanto l’espressione «di una certa importanza» dev’essere intesa come mirante a restringere l’ambito di applicazione del non assoggettamento degli enti di diritto pubblico per le suddette attività, a norma dell’art. 4, n. 5, primo comma, della sesta direttiva.
74 Orbene, se tale espressione dovesse intendersi nel senso di notevole, addirittura eccezionale, l’ambito di applicazione del non assoggettamento degli enti di diritto pubblico sarebbe indebitamente ampliato. Invece, se il non assoggettamento di questi ultimi fosse ammesso unicamente nel caso in cui provochi solo distorsioni di concorrenza trascurabili, la sua portata verrebbe effettivamente circoscritta.
75 Occorre ricordare, in secondo luogo, che, conformemente all’art. 4, n. 5, terzo comma, della sesta direttiva, gli enti di diritto pubblico hanno la qualità di soggetti passivi per le attività elencate nell’allegato D di quest’ultima, quando esse non sono «trascurabili». In altri termini il non assoggettamento all’IVA di tali enti è ammesso purché tali attività siano trascurabili, presumendo quindi che le distorsioni di concorrenza che ne deriverebbero sarebbero anch’esse trascurabili.
76 Orbene, dal momento che, come risulta dal punto 38 della presente sentenza, il secondo ed il terzo comma dell’art. 4, n. 5, della sesta direttiva sono strettamente collegati in quanto perseguono il medesimo obiettivo e rispondono alla stessa logica, occorre interpretare l’espressione «di una certa importanza» nel senso che il non assoggettamento degli enti pubblici può essere ammesso unicamente qualora esso provochi solo distorsioni di concorrenza trascurabili.
77 Infine il rispetto del principio di neutralità fiscale conforta tale interpretazione. Infatti la tesi difesa dalle autorità locali interessate secondo cui gli enti di diritto pubblico dovrebbero essere assoggettati all’IVA solo quando le distorsioni di concorrenza che derivano dal non assoggettamento sono importanti, addirittura eccezionali, creerebbe una situazione fiscale in cui un gruppo significativo di operatori privati che effettuano le stesse operazioni di quelle realizzate da tali enti sarebbe trattato diversamente da questi ultimi in materia di riscossione dell’IVA, il che costituirebbe una lesione considerevole del principio di neutralià fiscale.
78 Invece il non assoggettamento dei suddetti enti all’IVA, nelle ipotesi in cui non provocasse alcuna distorsione di concorrenza o provocasse distorsioni trascurabili, lederebbe il principio di neutralità fiscale nella maniera più limitata possibile.
79 Occorre quindi risolvere la terza questione dichiarando che l’espressione «di una certa importanza», ai sensi dell’art. 4, n. 5, secondo comma, della sesta direttiva, dev’essere intesa nel senso che le distorsioni di concorrenza attuali o potenziali devono essere più che trascurabili.
Sulle spese
80 Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.
Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione) dichiara:
1) L’art. 4, n. 5, secondo comma, della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme, dev’essere interpretato nel senso che le distorsioni di concorrenza di una certa importanza che sarebbero provocate dal non assoggettamento degli enti di diritto pubblico operanti in quanto autorità pubbliche devono essere valutate con riferimento all’attività in questione, in quanto tale, senza che tale valutazione abbia per oggetto un mercato locale in particolare.
2) Il termine «provocherebbe», ai sensi dell’art. 4, n. 5, secondo comma, della sesta direttiva 77/388, dev’essere interpretato nel senso che prende in considerazione non soltanto la concorrenza attuale, ma anche la concorrenza potenziale, purché la possibilità per un operatore privato di entrare sul mercato rilevante sia effettiva, e non meramente ipotetica.
3) L’espressione «di una certa importanza», ai sensi dell’art. 4, n. 5, secondo comma, della sesta direttiva 77/388, dev’essere intesa nel senso che le distorsioni di concorrenza attuali o potenziali devono essere più che trascurabili.
Firme
* Lingua processuale: l’inglese.