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Causa C-502/07

K-1 sp. z o.o.

contro

Dyrektor Izby Skarbowej w Bydgoszczy

(domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Naczelny Sąd Administracyjny)

«IVA — Irregolarità nella dichiarazione del soggetto passivo — Tassa addizionale»

Massime della sentenza

1.        Disposizioni tributarie — Armonizzazione delle legislazioni — Imposte sulla cifra d’affari — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Normativa che prevede una sanzione amministrativa che può essere inflitta ai soggetti passivi, quale l’«onere fiscale supplementare» stabilito dalla legislazione polacca

[Direttive del Consiglio 67/227, art. 2, primo e secondo comma, e 77/388, artt. 2 e 10, nn. 1, lett. a), e 2]

2.        Disposizioni tributarie — Armonizzazione delle legislazioni — Imposte sulla cifra d’affari — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Direttiva 77/388 — Provvedimenti nazionali in deroga

(Direttiva del Consiglio 77/388, art. 27, n. 1)

3.        Disposizioni tributarie — Armonizzazione delle legislazioni — Imposte sulla cifra d’affari — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Divieto di riscuotere altre imposte interne che abbiano natura di imposte sulla cifra d’affari

(Direttiva del Consiglio 77/388, art. 33)

1.        Il sistema comune di imposta sul valore aggiunto, com’è stato definito all’art. 2, primo e secondo comma, della prima direttiva 67/227, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra d’affari, nonché agli artt. 2 e 10, nn. 1, lett. a), e 2, della sesta direttiva 77/388, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari, come modificata dalla direttiva 2004/66, non osta a che uno Stato membro preveda nella sua legislazione una sanzione amministrativa che possa essere inflitta ai soggetti passivi dell’imposta sul valore aggiunto, quale l’«onere fiscale supplementare» stabilito dalla legislazione polacca, che è dovuto quando si constata che il soggetto passivo ha indicato, nella dichiarazione dallo stesso depositata, un rimborso di credito di imposta sul valore aggiunto o di imposta pagata a monte il cui importo è superiore a quello dovutogli.

Infatti, un siffatto «onere fiscale supplementare» non soddisfa le caratteristiche essenziali dell’imposta sul valore aggiunto, dal momento che il suo fatto generatore è non già una qualsiasi transazione, ma un errore di dichiarazione e che il suo importo non è fissato proporzionalmente al prezzo percepito dal soggetto passivo. Non si tratta di un’imposta ma, in realtà, di una sanzione amministrativa inflitta quando si constata che il soggetto passivo ha dichiarato un rimborso di credito di imposta sul valore aggiunto o di imposta pagata a monte il cui importo è superiore a quello dovutogli.

Orbene, il principio di un sistema comune di imposta sul valore aggiunto non osta all’introduzione, da parte degli Stati membri, di misure che sanzionano le irregolarità commesse all’atto della dichiarazione dell’importo dell’imposta dovuta. Ben al contrario, l’art. 22, n. 8, della sesta direttiva afferma che gli Stati membri hanno la facoltà di stabilire altri obblighi che essi ritengano necessari ad assicurare l’esatta riscossione dell’imposta.

(v. punti 18-21, dispositivo 1)

2.        Disposizioni relative all’imposta sul valore aggiunto, che prevedono una sanzione amministrativa che può essere inflitta ai soggetti passivi quando si constata che questi ultimi hanno dichiarato un rimborso di credito di imposta sul valore aggiunto o di imposta pagata a monte il cui importo è superiore a quello dovuto, non costituiscono «misure particolari di deroga» dirette a evitare talune frodi o evasioni fiscali, ai sensi dell’art. 27, n. 1, della sesta direttiva 77/388, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari.

Una simile sanzione amministrativa non può rientrare nell’ambito di applicazione del suddetto art. 27, n. 1, dal momento che essa costituisce una misura contemplata all’art. 22, n. 8, della sesta direttiva, ai sensi del quale gli Stati membri hanno la facoltà di stabilire altri obblighi che essi ritengano necessari ad assicurare l’esatta riscossione dell’imposta e ad evitare le frodi.

(v. punti 23-25, dispositivo 2)

3.        L’art. 33 della sesta direttiva 77/388, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari, come modificata, non osta al mantenimento di disposizioni come quelle figuranti nella legge polacca relativa all’imposta sulle merci e sui servizi, che prevedono una sanzione amministrativa che può essere inflitta ai soggetti passivi dell’imposta quando si constata che hanno dichiarato un rimborso di credito di imposta o di imposta pagata a monte il cui importo supera quello dovuto, poiché tali disposizioni non istituiscono imposte, diritti o tasse.

(v. punti 28-29, dispositivo 3)







SENTENZA DELLA CORTE (Seconda Sezione)

15 gennaio 2009 (*)

«IVA – Irregolarità nella dichiarazione del soggetto passivo – Tassa addizionale»

Nel procedimento C-502/07,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, dal Naczelny Sąd Administracyjny (Polonia), con decisione 31 ottobre 2007, pervenuta in cancelleria il 16 novembre 2007, nella causa

K-1 sp. z o.o.

contro

Dyrektor Izby Skarbowej w Bydgoszczy,

LA CORTE (Seconda Sezione),

composta dal sig. C.W.A. Timmermans, presidente di sezione, dai sigg. J.-C. Bonichot (relatore), K. Schiemann, J. Makarczyk e dalla sig.ra C. Toader, giudici,

avvocato generale: sig. J. Mazák

cancelliere: sig.ra K. Sztranc-Sławiczek, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito alla trattazione orale del 20 novembre 2008,

considerate le osservazioni presentate:

–        per la K-1 sp. z o.o., dagli avv.ti M. Łukasik e M. Złotopolska-Nowak, radcy prawni;

–        per il governo polacco, dai sigg. M. Dowgielewicz e M. Jarosz, nonché dalla sig.ra A. Rutkowska, in qualità di agenti;

–        per il governo greco, dai sigg. S. Spyropoulos e I. Bakopoulos, nonché dalla sig.ra M. Tassopoulou, in qualità di agenti;

–        per il governo cipriota, dalle sig.re I. Neofytou e E. Symeonidou, in qualità di agenti;

–        per il governo del Regno Unito, dal sig. L. Seeboruth e dalla sig.ra C. Gibbs, in qualità di agenti, assistiti dal sig. R. Hill, barrister;

–        per la Commissione delle Comunità europee, dal sig. D. Triantafyllou e dalla sig.ra K. Herrmann, in qualità di agenti,

vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’art. 2, primo e secondo comma, della prima direttiva del Consiglio 11 aprile 1967, 67/227/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra d’affari (GU 1967, 71, pag. 1301; in prosieguo: la «prima direttiva IVA»), e di vari articoli della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari - Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (GU L 145, pag. 1), come modificata dalla direttiva del Consiglio 26 aprile 2004, 2004/66/CE (GU L 168, pag. 35; in prosieguo: la «sesta direttiva IVA»).

2        Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra la K-1 sp. z o.o. (in prosieguo: la «K-1») ed il Dyrektor Izby Skarbowej w Bydgoszczy (direttore dell’amministrazione finanziaria di Bydgoszcz) con riguardo all’«onere fiscale supplementare» imposto al soggetto passivo quando quest’ultimo, nella sua dichiarazione, ha indicato un rimborso di credito di imposta sul valore aggiunto (in prosieguo: l’«IVA») o di imposta pagata a monte il cui importo supera quello che gli è dovuto.

 Contesto normativo

 La normativa comunitaria

3        A norma dell’art. 2, primo e secondo comma, della prima direttiva IVA:

«Il principio del sistema comune di [IVA] consiste nell’applicare ai beni ed ai servizi un’imposta generale sul consumo esattamente proporzionale al prezzo dei beni e dei servizi, qualunque sia il numero di transazioni intervenute nel processo di produzione e di distribuzione antecedente alla fase dell’imposizione.

A ciascuna transazione, l’[IVA], calcolata sul prezzo del bene o del servizio all’aliquota applicabile al suddetto bene o servizio, è esigibile, previa deduzione dell’ammontare dell’[IVA] che ha gravato direttamente sul costo dei diversi elementi costitutivi del prezzo».

4        Dal canto suo l’art. 2 della sesta direttiva IVA prevede:

«Sono soggette all’[IVA]:

1.       le cessioni di beni e le prestazioni di servizi, effettuate a titolo oneroso all’interno del paese da un soggetto passivo che agisce in quanto tale;

2.       le importazioni di beni».

5        L’art. 10, n. 1, lett. a), della stessa direttiva definisce il «fatto generatore» dell’imposta nei termini seguenti, cioè: «il fatto per cui si realizzano le condizioni di legge necessarie per l’esigibilità dell’imposta». Il medesimo art. 10, n. 2, dispone in particolare che:

«Il fatto generatore dell’imposta si verifica e l’imposta diventa esigibile all’atto della cessione di beni o della prestazione di servizi. Le cessioni di beni diverse da quelle di cui all’art. 5, paragrafo 4, lett. b), e le prestazioni di servizi che comportano successivi versamenti di acconti o pagamenti, si considerano effettuate all’atto della scadenza dei periodi cui si riferiscono tali acconti o pagamenti. (...)».

6        L’art. 22, n. 8, della sesta direttiva IVA prevede:

«Fatte salve le disposizioni da adottare ai sensi dell’art. 17, paragrafo 4, gli Stati membri hanno la facoltà di stabilire altri obblighi che essi ritengano necessari ad assicurare l’esatta riscossione dell’imposta e ad evitare le frodi».

7        Conformemente all’art. 27, n. 1, della sesta direttiva IVA:

«1.      Il Consiglio, deliberando all’unanimità su proposta della Commissione, può autorizzare ogni Stato membro a mantenere o introdurre misure particolari di deroga alla presente direttiva, allo scopo di semplificare la riscossione dell’imposta o di evitare talune frodi o evasioni fiscali. Le misure aventi lo scopo di semplificare la riscossione dell’imposta non devono influire, se non in misura trascurabile, sull’importo dell’imposta da versare allo stadio del consumo finale».

8        L’art. 33, n. 1, della sesta direttiva IVA dispone:

«Fatte salve le altre disposizioni comunitarie, in particolare quelle previste dalle vigenti disposizioni comunitarie relative al regime generale per la detenzione, la circolazione e i controlli dei prodotti soggetti ad accise, le disposizioni della presente direttiva non vietano ad uno Stato membro di mantenere o introdurre imposte sui contratti di assicurazione, imposte sui giochi e sulle scommesse, accise, imposte di registro e, più in generale, qualsiasi imposta, diritto e tassa che non abbia il carattere di imposta sulla cifra d’affari, sempreché tuttavia tale imposta, diritto e tassa non dia luogo, negli scambi fra Stati membri, a formalità connesse con il passaggio di una frontiera».

 Diritto nazionale

9        A norma dell’art. 109, nn. 5 e 6, della legge 11 marzo 2004, relativa all’imposta sulle merci e sui servizi (ustawa o podatku od towarów i usług) (in prosieguo la «legge sull’IVA»):

«5.      Qualora si constati che il soggetto passivo ha indicato nella dichiarazione fiscale presentata un importo del rimborso del credito d’imposta o dell’imposta a monte superiore all’importo dovuto, il direttore dell’amministrazione finanziaria o l’autorità di controllo finanziario determina nella misura corretta l’importo del rimborso nonché fissa un onere fiscale supplementare di entità pari al 30% del rialzo.

6.      Il n. 5 è applicabile mutatis mutandis al credito d’imposta di cui all’art. 87, n. 1».

10      L’art. 87, n. 1, della stessa legge dispone:

«Qualora l’importo dell’imposta a monte di cui all’art. 86, n. 2, sia superiore, nel periodo fiscale, all’importo dell’imposta dovuta, il soggetto passivo ha diritto alla riduzione dell’imposta dovuta pari a un importo corrispondente a tale differenza per il periodo successivo o al rimborso di quest’ultima tramite versamento sul suo conto bancario».

 Controversia nella causa principale e questioni pregiudiziali

11      Con decisione 17 agosto 2005 il direttore del Pierwszy Urząd Skarbowy w Toruniu (primo ufficio finanziario di Toruń) ha accertato, nei confronti della K-1, un importo di IVA dichiarata come pagata a monte superiore a quello dell’imposta percepita a valle per il mese di maggio 2005 ed ha fissato un onere fiscale supplementare per tale stesso mese. L’amministrazione ha infatti rimesso in questione la detrazione dell’IVA figurante su una fattura datata 29 aprile 2005 e relativa all’acquisto di un immobile costruito a Toruń. Poiché tale immobile costituiva un bene usato, il suo acquisto fruiva di un’esenzione dall’IVA e la fattura corrispondente non poteva quindi servire di base né ad una riduzione dell’imposta dovuta, né al rimborso di un credito di IVA o di un importo di imposta pagata a monte. In ragione della sopravvalutazione dell’importo dell’imposta pagata a monte, la società è stata gravata da un onere fiscale supplementare sul fondamento dell’art. 109, nn. 5 e 6, della legge sull’IVA.

12      Avverso tale decisione la K-1 ha opposto un ricorso dinanzi al Dyrektor Izby Skarbowej w Bydgoszczy. Nel ricorso essa ha fatto valere che l’onere fiscale supplementare imposto attraverso la suddetta decisione non era compatibile con l’art. 27 della sesta direttiva IVA. Con decisione 9 novembre 2005, il Dyrektor Izby Skarbowej w Bydgoszczy ha disatteso l’argomento della società e confermato la decisione controversa.

13      La K-1 ha quindi adito il Wojewódzki Sąd Administracyjny w Bydgoszczy (Tribunale amministrativo del voivodato di Bygodszcz) con un ricorso avverso tale decisione. Con sentenza 31 maggio 2006 tale giudice ha dichiarato che l’art. 33, n. 1, della sesta direttiva IVA non escludeva l’applicazione dell’onere fiscale supplementare a norma dei principi iscritti nella legge sull’IVA ed ha respinto il ricorso della K-1. Esso ha considerato che tale onere non presentava le caratteristiche essenziali dell’IVA e non dava luogo, negli scambi fra Stati membri, a formalità connesse con il passaggio di una frontiera. Il Wojewódzki Sąd Administracyjny w Bydgoszczy non ha neppure accolto la tesi secondo cui l’onere fiscale supplementare costituirebbe una misura particolare ai sensi della sesta direttiva IVA. Di conseguenza esso ha ritenuto che non fosse necessario avviare il procedimento previsto all’art. 27 di tale direttiva.

14      La K-1 ha presentato un ricorso per cassazione avverso tale sentenza. A sostegno di detto ricorso essa sostiene che l’applicazione obbligatoria dell’onere fiscale supplementare, quale prevista all’art. 109, n. 5, della legge sull’IVA, è incompatibile con le disposizioni del diritto comunitario e più precisamente con le regole enunciate nella sesta direttiva IVA.

15      Alla luce di quanto precede il Naczelny Sąd Administracyjny (Tribunale amministrativo superiore) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se l’art. 2, primo e secondo comma, della prima direttiva [IVA], letto in combinato disposto con gli artt. 2 nonché 10, nn. 1, lett. a), e 2, della sesta direttiva [IVA], escluda la possibilità per gli Stati membri di imporre al soggetto passivo dell’IVA un obbligo di pagare l’onere fiscale supplementare di cui all’art. 109, nn. 5 e 6, della [legge sull’IVA] qualora sia accertato che il soggetto passivo dell’IVA ha indicato nella dichiarazione presentata al fisco un importo del rimborso del credito d’imposta o dell’imposta a monte superiore all’importo dovutogli.

2)      Se le “misure particolari” ai sensi dell’art. 27, n. 1, della sesta direttiva [IVA] possano, in considerazione del loro carattere e della loro finalità, consistere nella possibilità di imporre al soggetto passivo dell’IVA un onere fiscale supplementare, fissato con decisione dell’autorità tributaria, qualora si constati il fatto obiettivo della dichiarazione da parte del soggetto passivo di un importo sopravvalutato del rimborso del credito d’imposta o dell’imposta pagata a monte.

3)      Se la facoltà prevista all’art. 33 della sesta direttiva [IVA] includa il diritto di introdurre l’onere fiscale supplementare previsto all’art. 109, nn. 5 e 6, della [legge sull’IVA]».

 Sulle questioni pregiudiziali

 Sulla prima questione

16      Con la prima questione il giudice nazionale intende accertare in sostanza se il sistema comune di IVA, quale definito all’art. 2, primo e secondo comma, della prima direttiva IVA ed agli artt. 2 e 10, nn. 1, lett. a), e 2, della sesta direttiva IVA, permetta ad uno Stato membro di imporre ai soggetti passivi dell’IVA un «onere fiscale supplementare» come quello previsto all’art. 109, nn. 5 e 6, della legge sull’IVA.

17      La Corte ha ricordato quali siano le caratteristiche essenziali dell’IVA. Esse sono quattro: l’IVA si applica in modo generale alle operazioni aventi ad oggetto beni o servizi; è proporzionale al prezzo percepito dal soggetto passivo quale contropartita dei beni e servizi forniti; viene riscossa in ciascuna fase del procedimento di produzione e di distribuzione, compresa quella della vendita al minuto, a prescindere dal numero di operazioni effettuate in precedenza; gli importi pagati in occasione delle precedenti fasi del processo sono detratti dall’imposta dovuta, cosicché il tributo si applica, in ciascuna fase, solo al valore aggiunto della fase stessa, e in definitiva il peso dell’imposta va a carico del consumatore finale (v. sentenza 3 ottobre 2006, causa C-475/03, Banca popolare di Cremona, Racc. pag. I-9373, punto 28).

18      Un «onere fiscale supplementare» come quello previsto dalla legislazione nazionale in parola nella causa principale non soddisfa tali caratteristiche. È sufficiente constatare al riguardo che il suo fatto generatore è non già una qualsiasi transazione, ma un errore di dichiarazione e che, peraltro, il suo importo non è fissato proporzionalmente al prezzo percepito dal soggetto passivo.

19      Si tratta non di un’imposta, ma, in realtà, di una sanzione amministrativa inflitta quando si constata che il soggetto passivo ha dichiarato un rimborso di credito di IVA o di imposta pagata a monte il cui importo è superiore a quello dovutogli.

20      Il principio di un sistema comune di IVA non osta all’introduzione, da parte degli Stati membri, di misure che sanzionano le irregolarità commesse all’atto della dichiarazione dell’importo dell’IVA dovuta. Ben al contrario, l’art. 22, n. 8, della sesta direttiva IVA afferma che gli Stati membri hanno la facoltà di stabilire altri obblighi che essi ritengano necessari ad assicurare l’esatta riscossione dell’imposta.

21      Dati tali elementi occorre risolvere la prima questione nel senso che il sistema comune di IVA, com’è stato definito all’art. 2, primo e secondo comma, della prima direttiva IVA nonché agli artt. 2 e 10, nn. 1, lett. a), e 2, della sesta direttiva IVA, non osta a che uno Stato membro preveda nella sua legislazione una sanzione amministrativa che possa essere inflitta ai soggetti passivi dell’IVA quale l’«onere fiscale supplementare» di cui all’art. 109, nn. 5 e 6, della legge sull’IVA.

 Sulla seconda questione

22      Con la seconda questione il giudice nazionale si pone in sostanza l’interrogativo se le disposizioni figuranti all’art. 109, nn. 5 e 6, della legge sull’IVA possano considerarsi quali «misure particolari di deroga» dirette a evitare talune frodi o evasioni fiscali, ai sensi dell’art. 27, n. 1, della sesta direttiva IVA.

23      È sufficiente rilevare in proposito che una sanzione amministrativa inflitta quando si constata che il soggetto passivo ha dichiarato un rimborso di credito di IVA o di imposta pagata a monte il cui importo è superiore a quello dovutogli, come quella prevista all’art. 109, nn. 5 e 6, della legge sull’IVA, non può costituire una misura particolare di deroga dello stesso carattere di quelle previste all’art. 27, n. 1, della sesta direttiva IVA, ma costituisce, come già precedentemente dichiarato, una misura contemplata all’art. 22, n. 8, della sesta direttiva IVA.

24      Pertanto disposizioni come quelle di cui all’art. 109, nn. 5 e 6, della legge sull’IVA non possono rientrare nell’ambito di applicazione del suddetto art. 27, n. 1.

25      Occorre quindi risolvere la seconda questione nel senso che disposizioni, come quelle figuranti all’art. 109, nn. 5 e 6, della legge sull’IVA, non costituiscono «misure particolari di deroga» dirette a evitare talune frodi o evasioni fiscali, ai sensi dell’art. 27, n. 1, della sesta direttiva IVA.

 Sulla terza questione

26      Con la sua questione il giudice nazionale chiede in sostanza se l’art. 33 della sesta direttiva IVA osti al mantenimento di disposizioni come quelle figuranti all’art. 109, nn. 5 e 6, della legge sull’IVA.

27      L’art. 33 della sesta direttiva IVA consente il mantenimento o l’istituzione da parte di uno Stato membro di imposte, diritti e tasse gravanti sulle forniture di beni, sulle prestazioni di servizi o sulle importazioni solo se non hanno natura di imposte sulla cifra d’affari (v. sentenza Banca popolare di Cremona, cit., punto 24).

28      Non occorre però ricercare se disposizioni come quelle controverse nella causa principale prevedano un’imposta, un diritto o una tassa avente natura di imposta sulla cifra d’affari ai sensi dell’art. 33 della sesta direttiva IVA. Come risulta dalla soluzione data alla prima questione, tali disposizioni non istituiscono affatto imposte, diritti o tasse, ma prevedono una sanzione amministrativa che può essere inflitta ai soggetti passivi dell’IVA quando si constata che hanno dichiarato un rimborso di credito di IVA o di imposta pagata a monte il cui importo supera quello loro dovuto.

29      Alla luce di quanto precede occorre risolvere la terza questione nel senso che l’art. 33 della sesta direttiva IVA non osta al mantenimento di disposizioni come quelle figuranti all’art. 109, nn. 5 e 6, della legge sull’IVA.

 Sulle spese

30      Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Seconda Sezione) dichiara:

1)      Il sistema comune di imposta sul valore aggiunto, com’è stato definito all’art. 2, primo e secondo comma, della prima direttiva del Consiglio 11 aprile 1967, 67/227/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra d’affari, nonché agli artt. 2 e 10, nn. 1, lett. a), e 2, della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme, come modificata dalla direttiva del Consiglio 26 aprile 2004, 2004/66/CE, non osta a che uno Stato membro preveda nella sua legislazione una sanzione amministrativa che possa essere inflitta ai soggetti passivi dell’IVA quale l’«onere fiscale supplementare» di cui all’art. 109, nn. 5 e 6, della legge 11 marzo 2004, relativa all’imposta sulle merci e sui servizi (ustawa o podatku od towarów i usług).

2)      Disposizioni, come quelle figuranti all’art. 109, nn. 5 e 6, della legge 11 marzo 2004, relativa all’imposta sulle merci e sui servizi, non costituiscono «misure particolari di deroga» dirette a evitare talune frodi o evasioni fiscali, ai sensi dell’art. 27, n. 1, della sesta direttiva 77/388, come modificata.

3)      L’art. 33 della sesta direttiva 77/388, come modificata, non osta al mantenimento di disposizioni come quelle figuranti all’art. 109, nn. 5 e 6, della legge 11 marzo 2004, relativa all’imposta sulle merci e sui servizi.

Firme


* Lingua processuale: il polacco.