Causa C-262/08
CopyGene A/S
contro
Skatteministeriet
(domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dall’Østre Landsret)
«Sesta direttiva IVA — Esenzioni — Art. 13, parte A, n. 1, lett. b) — Ospedalizzazione e cure mediche — Operazioni ad esse strettamente connesse — Istituti debitamente riconosciuti aventi la stessa natura degli istituti ospedalieri e dei centri medici e diagnostici — Banca privata di cellule staminali — Servizi di prelievo, trasporto, analisi e stoccaggio di sangue del cordone ombelicale dei neonati — Eventuale applicazione autologa o allogenica delle cellule staminali»
Massime della sentenza
1. Disposizioni tributarie — Armonizzazione delle legislazioni — Imposte sulla cifra d’affari — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Esenzioni previste dalla sesta direttiva — Esenzione dell’ospedalizzazione e delle cure mediche nonché delle operazioni ad esse strettamente connesse
[Direttiva del Consiglio 77/388, art. 13, parte A, n. 1, lett. b)]
2. Disposizioni tributarie — Armonizzazione delle legislazioni — Imposte sulla cifra d’affari — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Esenzioni previste dalla sesta direttiva — Esenzione dell’ospedalizzazione e delle cure mediche nonché delle operazioni ad esse strettamente connesse
[Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 2004/23; direttiva del Consiglio 77/388, art. 13, parte A, n. 1, lett. b)]
1. La nozione di operazioni «strettamente connesse» «all’ospedalizzazione e [alle] cure mediche» ai sensi dell’art. 13, parte A, n. 1, lett. b), della sesta direttiva 77/388, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari, deve essere interpretata nel senso che essa non include attività consistenti nel prelievo, nel trasporto, nell’analisi del sangue cordonale, nonché nello stoccaggio delle cellule staminali contenute in tale sangue, se le cure mediche prestate in ambito ospedaliero, con cui tali attività sono soltanto eventualmente connesse, non sono ancora esistenti, né iniziate o programmate.
Infatti, è pacifico che, indipendentemente dalle cifre esatte derivanti dallo stato attuale delle conoscenze scientifiche, per la maggior parte dei destinatari delle attività di cui trattasi non c’è né ci sarà mai, probabilmente, una prestazione principale rientrante nella nozione di «ospedalizzazione o [di] cure mediche» ai sensi dell’art. 13, parte A, n. 1, lett. b), della sesta direttiva. Si avrebbe un nesso sufficientemente stretto tra, da un lato, l’ospedalizzazione e le cure mediche costituenti la prestazione principale e, dall’altro, le attività summenzionate soltanto nella doppia eventualità in cui, in primo luogo, lo stato della scienza medica consenta o richieda un utilizzo delle cellule staminali cordonali per il trattamento o la prevenzione di una determinata malattia e, in secondo luogo, tale malattia si presenti o rischi di presentarsi in un caso specifico. Ciò considerato, anche ammettendo che dette attività non possano avere una finalità diversa dall’utilizzo delle cellule staminali cordonali così conservate in occasione delle cure mediche prestate in ambito ospedaliero e non possano essere impiegate per uno scopo diverso, non si può ritenere che tali attività siano effettivamente fornite quali prestazioni accessorie all’ospedalizzazione dei destinatari o alle cure mediche ricevute da questi ultimi e che costituiscono la prestazione principale.
(v. punti 47-49, 52, dispositivo 1)
2. Quando le prestazioni delle banche di cellule staminali sono effettuate da personale medico autorizzato, allorché tali banche di cellule staminali, benché autorizzate dalle autorità sanitarie competenti di uno Stato membro, nell’ambito della direttiva 2004/23, sulla definizione di norme di qualità e di sicurezza per la donazione, l’approvvigionamento, il controllo, la lavorazione, la conservazione, lo stoccaggio e la distribuzione di tessuti e cellule umani, a trattare tessuti e cellule umani, non fruiscano di alcun aiuto del regime pubblico di previdenza sociale e la retribuzione ad esse versata non sia presa a carico da detto regime, l’art. 13, parte A, n. 1, lett. b), della sesta direttiva 77/388, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari, non osta a che le autorità nazionali considerino che una simile banca di cellule staminali non sia un «altro istituto della stessa natura [degli istituti ospedalieri, centri medici e diagnostici] (...) debitamente riconosciuto» ai sensi dell’art. 13, parte A, n. 1, lett. b), della sesta direttiva 77/388. Tuttavia, tale disposizione non può neppure essere interpretata nel senso che essa impone, di per sé, che le autorità competenti rifiutino di equiparare una banca privata di cellule staminali a un istituto «debitamente riconosciuto» ai fini dell’esenzione di cui trattasi. Spetta, se necessario, al giudice del rinvio verificare che il diniego del riconoscimento ai fini dell’esenzione di cui all’art. 13, parte A, n. 1, lett. b), della sesta direttiva 77/388 sia conforme al diritto dell’Unione, e in particolare al principio di neutralità fiscale.
Spetta infatti, in via di principio, al diritto nazionale di ogni Stato membro fissare le norme in base alle quali gli istituti che lo richiedono possono ottenere il riconoscimento previsto dall’art. 13, parte A, n. 1, lett. b), della sesta direttiva 77/388. Quando un soggetto passivo chiede di ottenere la qualifica di istituto debitamente riconosciuto di tale articolo, le autorità competenti devono rispettare i limiti del potere discrezionale riconosciuto da tale disposizione applicando i principi del diritto dell’Unione, in particolare il principio di parità di trattamento, il quale, in materia di imposta sul valore aggiunto, si traduce nel principio di neutralità fiscale. A tal riguardo, per determinare gli istituti che devono essere «riconosciuti» ai sensi di detta disposizione, spetta alle autorità nazionali, in conformità al diritto dell’Unione e sotto il controllo dei giudici nazionali, prendere in considerazione vari elementi, tra i quali rientrano il carattere di interesse generale delle attività del soggetto passivo in questione, il fatto che altri soggetti passivi che svolgono le stesse attività beneficino già di un simile riconoscimento, nonché il fatto che i costi delle prestazioni in esame siano eventualmente presi a carico in gran parte da casse di malattia o da altri enti previdenziali.
A tale riguardo, il semplice fatto che le prestazioni del soggetto passivo siano fornite da professionisti qualificati del settore sanitario non osta, di per sé, a che le autorità nazionali neghino a detto soggetto passivo il riconoscimento che gli consentirebbe di beneficiare dell’esenzione di cui all’art. 13, parte A, n. 1, lett. b), della sesta direttiva. Inoltre, le autorità nazionali possono prendere in considerazione il fatto che le attività del soggetto passivo non fruiscano di alcun aiuto del regime pubblico di assicurazione malattia e non siano prese a carico da detto regime al fine di stabilire se un ente deve essere riconosciuto. Tuttavia, ciò non significa che l’esenzione di cui trattasi deve essere sistematicamente esclusa ogniqualvolta le prestazioni di servizi non vengano rimborsate dalla previdenza sociale. Si tratta piuttosto di un elemento che va preso in considerazione e rispetto al quale può risultare prevalente, ad esempio, l’esigenza di garantire la parità di trattamento. Infatti, se la situazione di un soggetto passivo è equiparabile a quella di altri operatori che effettuano gli stessi servizi in situazioni analoghe, la sola circostanza che il costo di tali prestazioni non sia interamente sostenuto dagli enti previdenziali non giustifica una disparità di trattamento tra prestatori per quanto riguarda l’assoggettamento all’imposta sul valore aggiunto. Infine, il fatto che un soggetto passivo sia stato autorizzato dalle autorità sanitarie competenti a trattare cellule staminali cordonali, in forza della normativa nazionale che recepisce la direttiva 2004/23, può rappresentare un elemento a favore del fatto che tale prestatore sia, eventualmente, «debitamente riconosciuto», ai sensi dell’art. 13, parte A, n. 1, lett. b), della sesta direttiva. Tuttavia, a meno di privare le autorità nazionali del potere discrezionale conferito loro da tale disposizione, il mero fatto di aver autorizzato simili operazioni, in applicazione delle norme dell’Unione di qualità e di sicurezza prescritte nel settore interessato, non può condurre di per sé e in modo automatico a un riconoscimento ai fini dell’art. 13, parte A, n. 1, lett. b), della sesta direttiva. Infatti, l’ottenimento di una siffatta autorizzazione è una condizione necessaria ai fini dell’esercizio dell’attività di una banca privata di cellule staminali. Tuttavia, il rilascio di una siffatta autorizzazione non è, di per sé, sinonimo di un riconoscimento ai sensi dell’art. 13, parte A, n. 1, lett. b), della sesta direttiva.
(v. punti 63-65, 68-69, 71, 74-75, 81, dispositivo 2)
SENTENZA DELLA CORTE (Terza Sezione)
10 giugno 2010 (*)
«Sesta direttiva IVA – Esenzioni – Art. 13, parte A, n. 1, lett. b) – Ospedalizzazione e cure mediche – Operazioni ad esse strettamente connesse – Istituti debitamente riconosciuti aventi la stessa natura degli istituti ospedalieri e dei centri medici e diagnostici – Banca privata di cellule staminali – Servizi di prelievo, trasporto, analisi e stoccaggio di sangue del cordone ombelicale dei neonati – Eventuale applicazione autologa o allogenica delle cellule staminali»
Nel procedimento C-262/08,
avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, dall’Østre Landsret (Danimarca), con decisione 13 giugno 2008, pervenuta in cancelleria il 19 giugno 2008, nella causa
CopyGene A/S
contro
Skatteministeriet,
LA CORTE (Terza Sezione),
composta dal sig. J.N. Cunha Rodrigues, presidente della Seconda Sezione, facente funzione di presidente della Terza Sezione, dalla sig.ra P. Lindh, dai sigg. A. Rosas, A. Ó Caoimh (relatore) e A. Arabadjiev, giudici,
avvocato generale: sig.ra E. Sharpston
cancelliere: sig.ra R. Şereş, amministratore
vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 14 maggio 2009,
considerate le osservazioni presentate:
– per la CopyGene A/S, dagli avv.ti A. Hedetoft e M. Andersen, advokater;
– per il governo danese, dalla sig.ra B. Weis Fogh, in qualità di agente, e dall’avv. D. Auken, advokat;
– per il governo ellenico, dai sigg. K. Georgiadis, I. Bakopoulos e G. Kanellopoulos nonché dalla sig.ra I. Pouli, in qualità di agenti;
– per la Commissione delle Comunità europee, dai sigg. H. Støvlbæk e D. Triantafyllou, in qualità di agenti,
sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 10 settembre 2009,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1 La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’art. 13, parte A, n. 1, lett. b), della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (GU L 145, pag. 1; in prosieguo: la «sesta direttiva»).
2 Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra la CopyGene A/S (in prosieguo: la «CopyGene») e lo Skatteministeriet (Ministero del tesoro), vertente sul diniego opposto dalle autorità tributarie danesi di esentare dalla tassa sul valore aggiunto (in prosieguo: l’«IVA») le prestazioni di servizi effettuate dalla CopyGene, consistenti nella raccolta, nel trasporto, nell’analisi e nella conservazione di sangue di cordone ombelicale (in prosieguo: il «sangue cordonale») ai fini dell’uso di cellule staminali prelevate da detto cordone per un eventuale futuro trattamento medico «autologo», o, eventualmente, «allogenico».
Contesto normativo
La normativa dell’Unione
La sesta direttiva
3 L’art. 2, punto 1, della sesta direttiva, assoggetta all’IVA «le cessioni di beni e le prestazioni di servizi, effettuate a titolo oneroso all’interno del paese da un soggetto passivo che agisce in quanto tale».
4 L’art. 13, parte A, n. 1, lett. b) e c) della sesta direttiva così dispone:
«Fatte salve le altre disposizioni comunitarie, gli Stati membri esonerano, alle condizioni da essi stabilite per assicurare la corretta e semplice applicazione delle esenzioni previste in appresso e per prevenire ogni possibile frode, evasione ed abuso:
(...)
b) l’ospedalizzazione e le cure mediche nonché le operazioni ad esse strettamente connesse, assicurate da enti di diritto pubblico oppure, a condizioni sociali analoghe a quelle vigenti per i medesimi, da istituti ospedalieri, centri medici e diagnostici e altri istituti della stessa natura debitamente riconosciuti;
c) le prestazioni mediche effettuate nell’esercizio delle professioni mediche e paramediche quali sono definite dagli Stati membri interessati;
(...)».
5 L’art. 13, parte A, n. 2, lett. a), di tale direttiva prevede che gli Stati membri possono subordinare, caso per caso, la concessione, ad enti diversi da quelli di diritto pubblico, dell’esenzione prevista al n. 1, lett. b), di tale articolo, all’osservanza di una o più delle condizioni che esso prevede.
6 La lett. b) del medesimo art. 13, parte A, n. 2, prevede quanto segue:
«sono escluse dal beneficio dell’esenzione prevista alle lettere b), g), h), i), l), m) e n) del paragrafo 1 le prestazioni di servizi e le forniture di beni che:
– non siano indispensabili all’espletamento delle operazioni esentate;
– siano essenzialmente destinate a procurare all’ente entrate supplementari mediante la realizzazione di operazioni effettuate in concorrenza diretta con le imprese commerciali soggette all’[IVA]».
La direttiva 2004/23/CE
7 Ai sensi dell’art. 1, della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 31 marzo 2004, 2004/23/CE, sulla definizione di norme di qualità e di sicurezza per la donazione, l’approvvigionamento, il controllo, la lavorazione, la conservazione, lo stoccaggio e la distribuzione di tessuti e cellule umani (GU L 102, pag. 48), la stessa direttiva «stabilisce norme di qualità e di sicurezza per i tessuti e le cellule umani destinati ad applicazioni sull’uomo (…)».
8 Il primo ‘considerando’ di tale direttiva indica che il trapianto di tessuti e cellule umani «è un settore della medicina in rapida crescita, che offre notevoli opportunità per il trattamento di malattie finora incurabili». Il settimo ‘considerando’ precisa che detta direttiva dovrebbe applicarsi alle cellule staminali di cordone ombelicale.
9 Ai sensi dell’art. 3, lett. p) e q), della medesima direttiva, si intende per uso allogenico il prelievo di cellule o tessuti da un persona e la loro applicazione ad un’altra, e per uso autologo il prelievo di cellule e tessuti da una persona e la loro applicazione alla stessa persona.
10 Conformemente all’art. 6, n. 1, della direttiva 2004/23, gli Stati membri garantiscono che gli istituti dei tessuti in cui si svolgono attività di controllo, lavorazione, conservazione, stoccaggio o distribuzione di tessuti e cellule umani destinati a applicazioni sull’uomo siano accreditati, designati, o autorizzati ai fini dello svolgimento di tali attività da un’autorità competente.
La normativa nazionale
11 Nella causa principale è pacifico che, da un lato, l’art. 13, paragrafo 1, n. 1, della legge in materia di IVA («momsloven») deve essere interpretato conformemente all’art. 13, parte A, n. 1, lett. b), della sesta direttiva.
12 La direttiva 2004/23 è stata recepita nel diritto danese con la legge sulla definizione di norme di qualità e di sicurezza per il trattamento dei tessuti e delle cellule umane (detta «vævsloven»).
13 Nel Regno di Danimarca le attività delle banche di cellule staminali sono disciplinate, in particolare, dalla legge sulle prestazioni sanitarie a titolo oneroso («lov om markedsføring af sundhedsydelser»), dalla legge sulla protezione dei dati personali («persondataloven») e dalla legge sui diritti dei pazienti («lov om patienters retsstilling»). Dal fascicolo emerge che quest’ultima legge è stata precisata in varie istruzioni amministrative, tra cui figurano le istruzioni del 22 settembre 1998, n. 83, sulle banche biologiche nel settore sanitario: diritti dei pazienti e prescrizioni regolamentari («Vejledning nr. 83 del 22 settembre om biobanker inden for sundhedsområdet: Patientrettigheder og myndighedskrav»).
Causa principale e questioni pregiudiziali
14 L’Østre Landsret osserva che le cellule staminali sono cellule indifferenziate che possono rinnovarsi e differenziarsi in vari tipi di cellule specializzate nel corpo. Esse possono essere estratte dall'embrione, dal sangue del cordone, dal midollo osseo o dal sangue periferico e sono utilizzate per il trattamento di malattie nelle quali le cellule specializzate sono assenti o sono state distrutte. L’ordinanza di rinvio precisa che le cellule staminali prelevate dal sangue cordonale (in prosieguo: le «cellule staminali cordonali») vengono utilizzate dal 1988.
15 Secondo il giudice di rinvio, fra breve le cellule staminali si potranno usare nelle terapie contro il diabete, l’artrosi, il cancro, il morbo di Parkinson, l’Alzheimer e la fibrosi cistica. Esso aggiunge che sono state avviate ricerche in svariati settori sulle nuove applicazioni terapeutiche. Tuttavia, dall’ordinanza di rinvio emerge che non tutti i tipi di cellule staminali possono essere utilizzati per il trattamento di tutte le malattie. Infatti, in alcuni casi risultano preferibili le cellule staminali cordonali.
16 La CopyGene è descritta nell’ordinanza di rinvio come la «principale “banca biologica”della Scandinavia». Essa offre ai futuri genitori i servizi di raccolta, trasporto, analisi e conservazione del sangue cordonale prelevato dal neonato per l’uso delle cellule staminali cordonali che esso contiene al fine di curare il bambino se questi viene affetto da una malattia grave. Tali servizi non sono forniti o rimborsati dal sistema sanitario pubblico danese.
17 Anzitutto, i futuri genitori stipulano un contratto con la CopyGene relativo alla raccolta, al trasporto e all’analisi del sangue. Il sangue viene prelevato immediatamente dopo la nascita da personale sanitario che ha stipulato a sua volta un contratto con la CopyGene. Esso viene quindi trasportato ai laboratori della CopyGene e analizzato per determinare se le cellule staminali vive siano numericamente sufficienti per poter essere conservate. Se lo sono, i genitori possono concludere un altro contratto rinnovabile con la CopyGene per la crioconservazione (congelamento) e la conservazione delle cellule.
18 Le cellule staminali in questione possono essere utilizzate solo nell’ambito delle cure ospedaliere. Il sangue è di proprietà del bambino, rappresentato dalla madre. La CopyGene non è proprietaria delle cellule staminali e non ha il diritto di utilizzarle per fini di ricerca o di innesti o per altri scopi.
19 Conformemente alla legge sulla definizione di norme di qualità e di sicurezza per il trattamento dei tessuti e delle cellule umani, la CopyGene è stata autorizzata al trattamento di cellule staminali cordonali destinato a innesti «autologhi». A seguito dell’acquisizione di un’altra banca biologica danese, autorizzata a trattare cellule staminali tanto per innesti autologhi quanto per quelli allogenici, la CopyGene ha avviato negoziati con le autorità danesi al fine di uniformare i sistemi delle due banche di cellule staminali, di modo che tutti i campioni di cellule staminali, tanto quelli già raccolti e congelati, quanto quelli nuovi, seguano le stesse procedure di analisi e possano essere usati sia per gli innesti autologhi che per quelli allogenici. La CopyGene ha affermato nelle sue osservazioni scritte che essa pensava di ottenere un’autorizzazione in tal senso nel 2009.
20 Con decisione 1° luglio 2004, la Told- og Skattestyrelsen (amministrazione doganale e tributaria) ha respinto la domanda di esenzione dall’IVA relativa ai servizi oggetto della causa principale. Il 21 ottobre 2005 il Landsskatteretten (suprema istanza amministrativa in materia tributaria) ha respinto il reclamo proposto dalla CopyGene avverso tale decisione.
21 La CopyGene ha presentato un ricorso dinanzi al giudice del rinvio avverso il diniego dell’esenzione richiesta, affermando che le sue prestazioni di servizi devono essere considerate «strettamente connesse» a ospedalizzazioni e a cure mediche e, di conseguenza, devono essere esonerate dall’IVA a norma dell’art. 13, parte A, n. 1, lett. b), della sesta direttiva.
22 In tali circostanze, l’Østre Landsret ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:
«1) Se la nozione di operazioni “strettamente connesse” all’ospedalizzazione di cui all’art. 13, parte A, n. 1, lett. b), della [sesta direttiva] debba essere interpretata nel senso che essa stabilisce un requisito temporale, vale a dire nel senso che l’ospedalizzazione cui la prestazione di servizi è strettamente connessa deve esistere ed essere effettuata concretamente, iniziata o programmata, oppure se sia sufficiente che tale prestazione di servizi possa essere semplicemente strettamente connessa ad una possibile ospedalizzazione non ancora esistente, né ancora programmata, di modo che rientrano nell’ambito di tale nozione le prestazioni di servizi di una banca di cellule staminali, consistenti nel prelievo, nel trasporto, nell’analisi e nello stoccaggio del sangue del cordone ombelicale di neonati, destinato ad innesti autologhi.
Se al riguardo incida il fatto che le summenzionate prestazioni non possono essere effettuate in un momento diverso dalla nascita.
2) Se l’art. 13, parte A, n. 1, lett. b), della sesta direttiva debba essere interpretato nel senso che tale disposizione riguarda qualsiasi prestazione effettuata a titolo preventivo, allorché le dette prestazioni sono effettuate prima che abbiano luogo l’ospedalizzazione o le cure mediche e prima che queste siano persino necessarie, temporalmente o sotto il profilo sanitario.
3) Se la nozione di “altri istituti della stessa natura debitamente riconosciuti” ex art. 13, parte A, n. 1, lett. b), della sesta direttiva debba essere interpretata nel senso che essa comprende banche private di cellule staminali, le cui prestazioni – effettuate dal personale medico autorizzato, vale a dire da infermieri, ostetriche e tecnici sanitari – consistono nella raccolta, nel trasporto, nell’analisi e nello stoccaggio del sangue del cordone ombelicale di un neonato ai fini degli innesti autologhi da utilizzare per una eventuale futura ospedalizzazione, quando le dette banche di cellule staminali non fruiscano di alcun aiuto del regime pubblico di previdenza sociale e la retribuzione ad esse versata non è presa a carico da detto regime.
A questo proposito se incida il fatto che, in base ad una legge nazionale che recepisce la direttiva [2004/23], una banca privata di cellule staminali sia stata autorizzata dalle autorità sanitarie competenti di uno Stato membro a trattare tessuti e cellule mediante procedimenti di preparazione, conservazione e stoccaggio delle cellule staminali del sangue del cordone ombelicale per innesti autologhi.
4) Se per risolvere le prime tre questioni incida il fatto che le prestazioni di servizi siano effettuate per eventuali innesti allogenici da parte di una banca privata di cellule staminali, autorizzata dalle competenti autorità sanitarie di uno Stato membro a trattare i tessuti e le cellule mediante procedimenti di preparazione, conservazione e stoccaggio di cellule staminali di sangue di cordone ombelicale per innesti allogenici, in base alla legge nazionale che recepisce la suddetta direttiva 2004/23».
Sulle questioni pregiudiziali
Osservazioni preliminari
23 La sesta direttiva attribuisce un’amplissima sfera di applicazione all’IVA, elencando, all’art. 2, relativo alle operazioni imponibili, oltre alle importazioni di beni, le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate a titolo oneroso all’interno del paese da un soggetto passivo che agisca in quanto tale (v., segnatamente, sentenze 21 febbraio 2006, causa C-255/02, Halifax e a., Racc. pag. I-1609, punto 49; 14 dicembre 2006, causa C-401/05, VDP Dental Laboratory, Racc. pag. I-12121, punto 22, e 11 febbraio 2010, causa C-88/09, Graphic Procédé, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 15). L’art. 13 di tale direttiva esenta tuttavia talune attività dall’IVA.
24 Secondo la giurisprudenza della Corte, le esenzioni di cui all’art. 13 della sesta direttiva costituiscono nozioni autonome del diritto dell’Unione, che mirano ad evitare divergenze nell’applicazione del regime dell’IVA da uno Stato membro all’altro (v., segnatamente, sentenze 25 febbraio 1999, causa C-349/96, CPP, Racc. pag. I-973, punto 15, e 28 gennaio 2010, causa C-473/08, Eulitz, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 25).
25 Da una giurisprudenza costante, inoltre, risulta che le esenzioni di cui all’art. 13, parte A, della sesta direttiva non sono volte ad escludere dall’IVA tutte le attività di interesse generale, ma solo quelle che sono ivi elencate e descritte in modo molto particolareggiato (v., segnatamente, sentenze 11 luglio 1985, causa 107/84, Commissione/Germania, Racc. pag. 2655, punto 17; 20 novembre 2003, causa C-307/01, D’Ambrumenil e Dispute Resolution Services, Racc. pag. I-13989, punto 54, nonché Eulitz, cit., punto 26 e giurisprudenza ivi citata).
26 I termini con i quali sono state designate le esenzioni di cui all’art. 13 della sesta direttiva devono essere interpretati restrittivamente, dato che esse costituiscono deroghe al principio generale secondo cui l’IVA è riscossa per ogni prestazione di servizi effettuata a titolo oneroso da un soggetto passivo. Tuttavia, l’interpretazione di tali termini deve essere conforme agli obiettivi perseguiti da dette esenzioni e rispettare le prescrizioni derivanti dal principio di neutralità fiscale relativo al sistema comune di IVA. Pertanto, questa regola d’interpretazione restrittiva non significa che i termini utilizzati per specificare le esenzioni di cui al detto art. 13 debbano essere interpretati in un modo che priverebbe tali esenzioni dei loro effetti (v., segnatamente, sentenze 14 giugno 2007, causa C-445/05, Haderer, Racc. pag. I-4841, punto 18 e giurisprudenza ivi citata, nonché Eulitz, cit., punto 27 e giurisprudenza ivi citata).
27 Per quanto concerne le prestazioni mediche, emerge dalla giurisprudenza che l’art. 13, parte A, n. 1, lett. b), della sesta direttiva riguarda prestazioni compiute in ambito ospedaliero, mentre la lett. c) di detto numero riguarda prestazioni mediche fornite al di fuori di tale ambito, tanto nel domicilio privato del prestatore quanto nel domicilio del paziente o altrove (v., in tal senso, sentenza 10 settembre 2002, causa C-141/00, Kügler, Racc. pag. I-6833, punto 36). Ne consegue che le lett. b) e c) dell’art. 13, parte A, n. 1, della sesta direttiva, i cui ambiti di applicazione sono distinti, hanno come oggetto quello di disciplinare la totalità delle esenzioni delle prestazioni mediche in senso stretto (v. sentenze Kügler, cit., punto 36, e 8 giugno 2006, causa C-106/05, L.u.P., Racc. pag. I-5123, punto 26).
28 Di conseguenza, come la Corte ha già dichiarato, la nozione di «cure mediche» di cui all’art. 13, parte A, n. 1, lett. b), della sesta direttiva e quella di «prestazioni mediche» di cui al medesimo numero, lett. c), di tale disposizione, riguardano entrambe prestazioni che hanno lo scopo di diagnosticare, di curare e, nella misura del possibile, di guarire malattie o problemi di salute (v. sentenze 6 novembre 2003, causa C-45/01, Dornier, Racc. pag. I-12911, punto 48 e giurisprudenza ivi citata, nonché L.u.P. cit., punto 27).
29 Se le «cure mediche» e le «prestazioni mediche» devono avere uno scopo terapeutico, non ne consegue necessariamente che la finalità terapeutica di una prestazione debba essere intesa in un’accezione particolarmente restrittiva (v. sentenze 11 gennaio 2001, causa C-76/99, Commissione/Francia, Racc. pag. I-249, punto 23, e 20 novembre 2003, causa C-212/01, Unterpertinger, Racc. pag. I-13859, punto 40).
30 La Corte ha, infatti, già dichiarato che le prestazioni mediche effettuate a fini di prevenzione possono beneficiare di un’esenzione ai sensi dell’art. 13, parte A, n. 1, lett. b) o c), della sesta direttiva. Infatti, anche nel caso in cui appaia che le persone che sono state oggetto di esami o di altri trattamenti medici a carattere preventivo non soffrono di alcuna malattia o anomalia di salute, l’inclusione di tali prestazioni nella nozione di «cure mediche» e di «prestazioni mediche» è conforme all’obiettivo di ridurre il costo delle spese sanitarie, che è comune tanto all’esenzione prevista dall’art. 13, parte A, n. 1, lett. b), della sesta direttiva quanto a quella prevista dallo stesso numero, lett. c) (v., in tal senso, sentenza L.u.P., cit., punto 29 e giurisprudenza ivi citata). Pertanto, le prestazioni mediche rese allo scopo di tutelare, vuoi mantenendola, vuoi ristabilendola, la salute delle persone possono beneficiare dell’esenzione prevista all’art. 13, parte A, n. 1, lett. b) e c), della detta direttiva (v., in tal senso, citate sentenze Unterpertinger, punti 40 e 41, nonché D’Ambrumenil e Dispute Resolution Services, punti 58 e 59).
31 È in particolare alla luce di tali considerazioni che occorre risolvere le questioni sollevate.
Sulla prima e sulla seconda questione, lette in combinato disposto con la quarta questione
32 Con le prime due questioni, lette in combinato disposto con la quarta questione, il giudice del rinvio mira, in sostanza, a stabilire se la raccolta, il trasporto, l’analisi e la conservazione del sangue cordonale al fine di un eventuale utilizzo delle cellule staminali, prelevate da detto cordone per un eventuale futuro trattamento medico autogeno, siano idonee a rientrare nell’esenzione dall’IVA di cui all’art. 13, parte A, n. 1, lett. b), della sesta direttiva, trattandosi di operazioni «strettamente connesse» «all’ospedalizzazione e [alle] cure mediche» ai sensi di tale disposizione.
33 In tale contesto, con la sua prima questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se la nozione di operazioni «strettamente connesse» «all’ospedalizzazione e [alle] cure mediche», ai sensi dell’art. 13, parte A, n. 1, lett. b), della sesta direttiva, debba essere interpretata nel senso che essa può includere operazioni, quali quelle di cui alla causa principale, quando la possibile ospedalizzazione in questione non è necessariamente né esistente, né iniziata o già programmata. La seconda questione mira in particolare a stabilire, in sostanza, se l’art. 13, parte A, n. 1, lett. b), della sesta direttiva includa, in quanto prestazioni effettuate a titolo preventivo, operazioni quali quelle di cui trattasi nella causa principale. La quarta questione verte inoltre, in particolare, sull’eventuale incidenza sulla risposta da dare alle prime due questioni della possibilità che un soggetto passivo come la CopyGene sia autorizzato a fornire prestazioni per eventuali innesti tanto autologhi quanto allogenici.
34 Per quanto riguarda, innanzitutto, l’oggetto della seconda questione, vale a dire se l’art. 13, parte A, n. 1, lett. b), della sesta direttiva includa, quali prestazioni effettuate a titolo preventivo, operazioni quali quelle di cui trattasi nella causa principale, risulta già dal punto 30 della presente sentenza che le prestazioni mediche effettuate a fini di prevenzione possono rientrare nella nozione di «cure mediche» ai sensi di tale disposizione.
35 Tuttavia, nella presente causa, né il giudice del rinvio né le parti che hanno presentato osservazioni alla Corte hanno proposto di considerare che le attività di cui trattasi nella causa principale rientrino di per sé nella nozione di «cure mediche» ai sensi dell’art. 13, parte A, n. 1, lett. b), della sesta direttiva.
36 In ogni caso, se è pur vero che l’individuazione di una malattia può costituire un altro possibile scopo del prelievo di cellule staminali cordonali, tuttavia sembrerebbe emergere dal fascicolo che le prestazioni fornite dalla CopyGene sarebbero dirette soltanto a garantire la disponibilità di una particolare risorsa terapeutica nell’eventuale caso in cui essa dovesse rivelarsi necessaria, ma non costituiscono, di per sé, attività dirette ad evitare o a prevenire l’insorgere di malattie, infortuni o problemi di salute, o ad individuare patologie latenti o incipienti. Se così fosse, il che spetta eventualmente al giudice del rinvio verificare, non si potrebbe considerare che attività come quelle di cui trattasi nella causa principale abbiano, di per sé, carattere preventivo.
37 Se detto giudice dovesse invece accertare che l’analisi del sangue cordonale persegue effettivamente finalità diagnostiche e non rientra semplicemente tra le analisi volte a verificare la possibilità di utilizzare le cellule staminali, si dovrebbe concludere nel senso dell’esistenza di una prestazione di cure diagnostiche idonea a rientrare nell’esenzione di cui all’art. 13, parte A, n. 1, lett. b), della sesta direttiva, a condizione che vengano soddisfatte le altre condizioni stabilite da tale disposizione e da detta direttiva.
38 Per quanto riguarda poi la nozione di operazioni «strettamente connesse» «all’ospedalizzazione e [alle] cure mediche» ai sensi dell’art. 13, parte A, n. 1, lett. b), della sesta direttiva, dalla formulazione stessa di tale disposizione emerge che la stessa non riguarda prestazioni che non presentano alcun nesso con l’ospedalizzazione dei destinatari di tali prestazioni né con le cure mediche cui questi ultimi sono eventualmente sottoposti (v. sentenze Dornier, cit., punto 33, nonché 1° dicembre 2005, cause riunite C-394/04 e C-395/04, Ygeia, Racc. pag. I-10373, punto 17).
39 La Corte ha pertanto dichiarato che le prestazioni rientrano nella nozione di «operazioni (…) strettamente connesse» all’ospedalizzazione e alle cure mediche ai sensi dell’art. 13, parte A, n. 1, lett. b), della sesta direttiva solo quando esse sono effettivamente fornite quali prestazioni accessorie all’ospedalizzazione dei destinatari o a cure mediche ricevute da questi ultimi e che costituiscono la prestazione principale (v. sentenza Ygeia, cit., punto 18).
40 A tal riguardo, emerge dalla giurisprudenza che una prestazione può essere considerata accessoria a una prestazione principale quando non costituisce un fine a sé stante, bensì il mezzo per fruire nelle migliori condizioni del servizio principale offerto dal prestatore (v. sentenze Commissione/Francia, cit., punto 27; Dornier, cit., punto 34; Ygeia, cit., punto 19, nonché 14 giugno 2007, causa C-434/05, Horizon College, Racc. pag. I-4793, punto 29 e giurisprudenza ivi citata). Per quanto concerne le prestazioni mediche, la Corte ha precisato che, tenuto conto dell’obiettivo perseguito dall’esenzione prevista all’art. 13, parte A, n. 1, lett. b), della sesta direttiva, solo le prestazioni di servizi che si inseriscono logicamente nell’ambito della fornitura dei servizi di ospedalizzazione e di cure mediche e che costituiscono una tappa indispensabile nel processo di prestazione di tali servizi per conseguire gli scopi terapeutici perseguiti da questi ultimi possono costituire «operazioni (…) strettamente connesse» ai sensi di tale disposizione (v., in tal senso, sentenza Ygeia, cit., punto 25).
41 Nella fattispecie, dagli atti sembra emergere che, sulla base, in particolare, della normativa danese pertinente nonché del contratto stipulato tra la CopyGene e i genitori clienti, le cellule staminali cordonali interessate dalle attività di cui trattasi nella causa principale possono essere utilizzate soltanto per trattamenti medici, vale a dire per innesti, ad esclusione di altri fini, quali ad esempio quelli di ricerca.
42 Emerge dal fascicolo che trattamenti del genere comportano cure mediche complesse da effettuarsi, di regola, se non sempre, in ambito ospedaliero. Poiché tali trattamenti mirano a curare e, nella misura del possibile, a guarire malattie o disturbi della salute, essi rientrano, come si ricava dal punto 28 della presente sentenza, nella nozione di «cure mediche» di cui all’art. 13, parte A, n. 1, lett. b), della sesta direttiva.
43 Tuttavia, i governi danese e greco nonché la Commissione delle Comunità europee fanno valere, in sostanza, che le attività di cui trattasi nella causa principale presentano, allo stato attuale delle conoscenze scientifiche, un nesso talmente lontano e ipotetico con una possibile futura ospedalizzazione delle persone interessate da escludere che si tratti di operazioni strettamente connesse all’ospedalizzazione e alle cure mediche ai sensi dell’art. 13, parte A, n. 1, lett. b), della sesta direttiva.
44 A tale riguardo, occorre ricordare che, come emerge dal punto 24 della presente sentenza, le esenzioni di cui all’art. 13 della sesta direttiva costituiscono nozioni autonome del diritto dell’Unione. Pertanto, nel caso di specie l’interpretazione dell’art. 13, parte A, n. 1, lett. b), di tale direttiva non deve fondarsi principalmente sullo stato «attuale» delle conoscenze scientifiche, tanto più che dal fascicolo risulta che, nel settore interessato dal rinvio pregiudiziale in esame, lo stato delle conoscenze scientifiche è in costante evoluzione. Risulta quindi molto difficile per i giudici valutare con sicurezza tale stato in un settore come quello di cui trattasi nella causa principale.
45 Del resto, l’esenzione di cui all’art. 13, parte A, n. 1, lett. b), della sesta direttiva non stabilisce ciò che il giudice del rinvio, nel suo primo quesito, definisce «requisito temporale». Né la ratio di tale esenzione né il sistema della sesta direttiva impongono di interpretare tale disposizione tenendo conto di un siffatto requisito. Quindi, la possibilità, accennata in tale questione, che possa trascorrere un periodo di tempo considerevolmente lungo tra il prelievo delle cellule staminali cordonali in esame e il loro eventuale impiego connesso a un’ospedalizzazione o a cure mediche non osta, di per sé, a che attività quali quelle di cui trattasi nella causa principale possano rientrare nell’esenzione prevista da quest’ultima disposizione, tanto più che, come il giudice del rinvio sottolinea nella seconda parte del primo quesito, non è possibile prelevare il sangue contenente le cellule staminali cordonali in un momento diverso dalla nascita.
46 Tuttavia, da ciò non discende che le attività di cui trattasi nella causa principale possano essere considerate quali prestazioni «strettamente connesse» «all’ospedalizzazione e [alle] cure mediche» ai sensi dell’art. 13, parte A, n. 1, lett. b), della sesta direttiva.
47 A tal riguardo, è pacifico che, indipendentemente dalle cifre esatte derivanti dallo stato attuale delle conoscenze scientifiche, per la maggior parte dei destinatari delle attività di cui trattasi nella causa principale, non c’è né ci sarà mai, probabilmente, una prestazione principale rientrante nella nozione di «ospedalizzazione o [di] cure mediche» ai sensi dell’art. 13, parte A, n. 1, lett. b), della sesta direttiva. La prima questione è quindi fondata sulla premessa secondo la quale, al momento della fornitura delle prestazioni, quali quelle di cui trattasi nella causa principale, il più delle volte non si hanno ospedalizzazione o cure mediche già effettuate, iniziate, necessarie o programmate, o addirittura previste a grandi linee.
48 Infatti, si avrebbe un nesso sufficientemente stretto tra, da un lato, l’ospedalizzazione e le cure mediche costituenti la prestazione principale e, dall’altro, le attività di cui trattasi nella causa principale soltanto nella doppia eventualità in cui, in primo luogo, lo stato della scienza medica consenta o richieda un utilizzo delle cellule staminali cordonali per il trattamento o la prevenzione di una determinata malattia e, in secondo luogo, tale malattia si presenti o rischi di presentarsi in un caso specifico.
49 Ciò considerato, anche ammettendo che le attività di cui trattasi nella causa principale non possano avere una finalità diversa dall’utilizzo delle cellule staminali cordonali così conservate in occasione delle cure mediche prestate in ambito ospedaliero e non potrebbero essere impiegate per uno scopo diverso, non si può ritenere che le attività di cui trattasi nella causa principale siano effettivamente fornite quali prestazioni accessorie all’ospedalizzazione dei destinatari o alle cure mediche ricevute da questi ultimi e che costituiscono la prestazione principale.
50 Pertanto, tali attività non rientrano nella nozione di operazioni «strettamente connesse» «all’ospedalizzazione e [alle] cure mediche» ai sensi dell’art. 13, parte A, n. 1, lett. b), della sesta direttiva. Infatti, se l’ospedalizzazione e le cure mediche non sono ancora esistenti né iniziate o programmate, le attività quali quelle di cui trattasi nella causa principale possono essere strettamente connesse a cure mediche prestate in ambito ospedaliero soltanto al verificarsi di determinate circostanze.
51 Per quanto riguarda, infine, il caso cui accenna la quarta questione, vale a dire che sia previsto l’utilizzo di tali cellule staminali cordonali per un innesto allogenico anziché autologo, occorre osservare che tale circostanza, in linea di principio, non incide sulle conclusioni di cui ai punti 34 e 50 della presente sentenza.
52 Alla luce di quanto precede, la prima, la seconda e la quarta questione, lette congiuntamente, devono essere risolte affermando che la nozione di operazioni «strettamente connesse» «all’ospedalizzazione e [alle] cure mediche» ai sensi dell’art. 13, parte A, n. 1, lett. b), della sesta direttiva deve essere interpretata nel senso che essa non comprende attività, quali quelle di cui trattasi nella causa principale, consistenti nel prelievo, nel trasporto, nell’analisi del sangue cordonale nonché nello stoccaggio delle cellule staminali contenute in tale sangue, se le cure mediche prestate in ambito ospedaliero, con cui tali attività sono soltanto eventualmente connesse, non sono ancora esistenti, né iniziate o programmate.
Sulla terza questione, considerata unitamente alla quarta questione
53 La terza questione mira, in sostanza, a stabilire se, in circostanze quali quelle di cui trattasi nella causa principale, le autorità nazionali possano legittimamente ritenere che un soggetto passivo quale la CopyGene non sia un «altro istituto della stessa natura [degli istituti ospedalieri, centri medici e diagnostici] (...) debitamente riconosciuto» ai sensi dell’art. 13, parte A, n. 1, lett. b), della sesta direttiva.
54 In tale contesto, il giudice del rinvio chiede in particolare se, quando le prestazioni delle banche di cellule staminali, quali quelle di cui trattasi nella causa principale, sono effettuate da personale medico autorizzato, allorché tali banche di cellule staminali, benché autorizzate dalle autorità sanitarie competenti di uno Stato membro, nell’ambito della direttiva 2004/23, a trattare tessuti e cellule umani, non fruiscano di alcun aiuto del regime pubblico di previdenza sociale e la retribuzione ad esse versata non è presa a carico da detto regime, l’art. 13, parte A, n. 1, lett. b), della sesta direttiva osti a che le autorità nazionali considerino che un soggetto passivo quale la CopyGene non sia un «altro istituto della stessa natura [degli istituti ospedalieri, centri medici e diagnostici] (...) debitamente riconosciuto» ai sensi dell’art. 13, parte A, n. 1, lett. b), della sesta direttiva.
55 La quarta questione verte segnatamente sull’eventuale incidenza sulla risposta da dare alla terza questione della possibilità che un soggetto passivo come la CopyGene sia autorizzato a fornire prestazioni per eventuali innesti tanto autologhi quanto allogenici.
56 Ai sensi dell’art. 13, parte A, n. 1, lett. b), della sesta direttiva, gli Stati membri devono esonerare dall’IVA le prestazioni rientranti nell’ambito di applicazione di tale disposizione quando tali prestazioni sono «assicurate da organismi di diritto pubblico oppure, a condizioni sociali analoghe a quelle vigenti per i medesimi, da istituti ospedalieri, centri medici e diagnostici e altri istituti della stessa natura debitamente riconosciuti».
57 A questo proposito, va ricordato che le regole interpretative delle esenzioni di cui all’art. 13 della sesta direttiva, enunciate al punto 26 della presente sentenza, si applicano ai requisiti specifici imposti per poter fruire di tali esenzioni, in particolare a quelli riguardanti la qualità o l’identità dell’operatore economico che effettua prestazioni coperte dall’esenzione (v. sentenza Eulitz, cit., punto 42 e giurisprudenza ivi citata).
58 Per quanto riguarda l’art. 13, parte A, n. 1, lett. b), della sesta direttiva emerge dalla giurisprudenza della Corte che tale disposizione riguarda istituti debitamente riconosciuti che perseguono scopi sociali, come la tutela della salute umana (v., in tal senso, sentenza Dornier, cit., punto 47).
59 Per quanto riguarda innanzitutto la nozione di «altri istituti della stessa natura [degli istituti ospedalieri e dei centri medici e diagnostici]» ai sensi dell’art. 13, parte A, n. 1, lett. b), della sesta direttiva, i governi danese e greco affermano che la CopyGene non potrebbe essere equiparata agli istituti ospedalieri e ai centri medici e diagnostici.
60 Spetta, se necessario, al giudice del rinvio valutare se un operatore quale la CopyGene sia «della stessa natura» degli istituti ospedalieri e dei centri medici e diagnostici. Occorre ricordare a tale riguardo che, come la Corte ha già dichiarato, giacché le analisi mediche diagnostiche rientrano, tenuto conto del loro scopo terapeutico, nella nozione di «cure mediche» di cui all’art. 13, parte A, n. 1, lett. b), della sesta direttiva, un laboratorio privato che effettua siffatte analisi deve essere considerato un istituto «della stessa natura» degli «istituti ospedalieri» e dei «centri medici e diagnostici» ai sensi di tale disposizione (v. sentenza L.u.P., cit., punti 18 e 35). Ciò premesso, nella presente causa la CopyGene, interrogata in udienza dinanzi alla Corte, ha dichiarato in sostanza che, di norma, essa analizza cellule staminali cordonali soltanto al fine di verificare l’esistenza di cellule «vitali» sufficiente a giustificare la conservazione del campione in questione.
61 Per quanto riguarda la nozione di «istituti (...) debitamente riconosciuti», vale a dire l’unico elemento delle condizioni richiamate al punto 56 della presente sentenza che è stato esaminato dettagliatamente tanto nelle osservazioni presentate alla Corte quanto nella decisione di rinvio, emerge dalla giurisprudenza che il riconoscimento di un istituto ai sensi dell’art. 13, parte A, n. 1, lett. b), della sesta direttiva non presuppone un procedimento formale e che tale riconoscimento non deve necessariamente risultare da disposizioni nazionali in materia fiscale (v., in tal senso, sentenza Dornier, cit., punti 64, 65, 67 e 76).
62 Pertanto, il fatto che il Regno di Danimarca non abbia esercitato la facoltà prevista dall’art. 13, parte A, n. 2, lett. a), della sesta direttiva, di subordinare, caso per caso, la concessione, ad enti diversi da quelli di diritto pubblico, di ciascuna delle esenzioni previste al n. 1, lett. b), di tale articolo, all’osservanza di una delle condizioni menzionate nel prosieguo di detto n. 2 non incide sulla possibilità di riconoscere un istituto ai fini della concessione dell’esenzione di cui all’art. 13, parte A, n. 1, lett. b), della sesta direttiva (v., per analogia, sentenza Dornier, cit., punto 66).
63 Spetta quindi, in via di principio, al diritto nazionale di ogni Stato membro fissare le norme in base alle quali gli istituti che lo richiedono possono ottenere tale riconoscimento. Gli Stati membri dispongono di un potere discrezionale al riguardo (citate sentenze Dornier, punti 64 e 81, nonché L.u.P., punto 42).
64 Quando un soggetto passivo chiede di ottenere la qualifica di istituto debitamente riconosciuto ai sensi dell’art. 13, parte A, n. 1, lett. b), della sesta direttiva, le autorità competenti devono rispettare i limiti del potere discrezionale riconosciuto da tale disposizione applicando i principi del diritto dell’Unione, in particolare il principio di parità di trattamento, il quale, in materia di IVA, si traduce nel principio di neutralità fiscale (v., in tal senso, citate sentenze Dornier, punto 69, e L.u.P., punto 48).
65 A tal riguardo, per determinare gli istituti che devono essere «riconosciuti» ai sensi di detta disposizione, spetta alle autorità nazionali, in conformità al diritto dell’Unione e sotto il controllo dei giudici nazionali, prendere in considerazione vari elementi, tra i quali rientrano il carattere di interesse generale delle attività del soggetto passivo in questione, il fatto che altri soggetti passivi che svolgono le stesse attività beneficino già di un simile riconoscimento, nonché il fatto che i costi delle prestazioni in esame siano eventualmente presi a carico in gran parte da casse di malattia o da altri enti previdenziali (v., in tal senso, citate sentenze Kügler, punti 57 e 58; Dornier, punti 72 e 73, nonché L.u.P., punto 53).
66 Nel caso di specie, è pacifico che il Regno di Danimarca non ha adottato norme o modalità di attuazione dell’art. 13, parte A, n. 1, lett. b), della sesta direttiva per i prestatori di servizi diversi dagli organismi di diritto pubblico. Orbene, contrariamente a quanto la CopyGene ha lasciato intendere in udienza, il mero fatto che diversi altri Stati membri abbiano sistematicamente esentato i servizi delle banche private di cellule staminali cordonali non può incidere sulla risposta da dare alla terza questione. Infatti, come emerge dai punti 63 e 64 della presente sentenza, le autorità danesi dispongono di un potere discrezionale in tale materia, a condizione che venga osservato il diritto dell’Unione, compreso, segnatamente, il principio di neutralità fiscale.
67 Dal tenore della terza questione emerge che gli elementi che il giudice del rinvio ritiene eventualmente pertinenti a tal riguardo comprendono, in particolare, i fatti che, in primo luogo, le prestazioni fornite dalla CopyGene sono effettuate dal personale medico autorizzato, in secondo luogo, tali servizi non fruiscono di alcun aiuto del regime pubblico di assicurazione malattia e non sono presi a carico da detto regime e, in terzo luogo, la CopyGene è stata autorizzata dalle competenti autorità sanitarie a trattare le cellule staminali cordonali in forza della normativa nazionale che recepisce la direttiva 2004/23.
68 Per quanto riguarda, innanzitutto, il fatto che i servizi della CopyGene vengono forniti, nell’ambito di contratti stipulati con la stessa, da professionisti del settore sanitario quali infermieri, ostetriche e tecnici sanitari, dal fascicolo non emerge per quali attività tale personale è «autorizzato» dalla normativa nazionale pertinente, il cui contenuto non risulta tanto meno dal fascicolo. Ciò premesso, occorre rilevare che, in ogni caso, il semplice fatto che si tratti di professionisti qualificati del settore sanitario non osta, di per sé, a che le autorità danesi neghino a un soggetto passivo come la CopyGene il riconoscimento che le consentirebbe di beneficiare dell’esenzione di cui all’art. 13, parte A, n. 1, lett. b), della sesta direttiva.
69 Per quanto riguarda inoltre il fatto che le attività della CopyGene di cui trattasi nella causa principale non fruiscono di alcun aiuto del regime pubblico di assicurazione malattia e non sono presi a carico da detto regime, dalla giurisprudenza citata al punto 65 della presente sentenza risulta che le autorità nazionali possono prendere in considerazione tale elemento al fine di stabilire se un ente deve essere riconosciuto ai sensi dell’art. 13, parte A, n. 1, lett. b), della sesta direttiva.
70 Tale fatto è del resto anche un elemento che si presta a essere preso in considerazione al fine di stabilire altresì se un soggetto passivo fornisce le proprie prestazioni «a condizioni sociali analoghe a quelle vigenti per» gli «organismi di diritto pubblico» ai sensi della medesima disposizione.
71 Occorre tuttavia precisare che le considerazioni esposte ai punti 69 e 70 della presente sentenza non indicano che l’esenzione di cui all’art. 13, parte A, n. 1, lett. b), della sesta direttiva deve essere sistematicamente esclusa ogniqualvolta le prestazioni non vengano rimborsate dalla previdenza sociale. Si tratta piuttosto di un elemento che va preso in considerazione e rispetto al quale può risultare prevalente, ad esempio, l’esigenza di garantire la parità di trattamento. Infatti, dalla giurisprudenza si ricava anche che, se, ad esempio, la situazione di un soggetto passivo è equiparabile a quella di altri operatori che effettuano gli stessi servizi in situazioni analoghe, la sola circostanza che il costo di tali prestazioni non sia interamente sostenuto dagli enti previdenziali non giustifica una disparità di trattamento tra prestatori per quanto riguarda l’assoggettamento all’IVA (v., in tal senso, sentenza Dornier, cit., punto 75).
72 Inoltre, contrariamente a quanto affermato dal governo greco, il semplice fatto che un soggetto passivo come la CopyGene sia un istituto di diritto privato non comporta automaticamente che le attività di un siffatto soggetto passivo possano rientrare nell’esenzione di cui all’art. 13, parte A, n. 1, lett. b), della sesta direttiva. Infatti, quando il legislatore comunitario ha inteso riservare la concessione delle esenzioni previste dall’art. 13, parte A, n. 1, della sesta direttiva a determinati enti che non perseguono fini di lucro o non hanno carattere commerciale, l’ha esplicitamente indicato, come emerge dalla norma suddetta, lett. l), m) e q) (v. sentenza 26 maggio 2005, causa C-498/03, Kingscrest Associates e Montecello, Racc. pag. I-4427, punto 37).
73 Occorre inoltre precisare che, con riferimento in particolare al principio di neutralità fiscale, le autorità tributarie devono trattare in modo paritario istituti equiparabili e concorrenti. A tale proposito, in udienza il legale della CopyGene ha confermato che in Danimarca non esistono altre banche private di cellule staminali.
74 Per quanto riguarda, infine, il fatto che la CopyGene è stata autorizzata dalle autorità competenti a trattare cellule staminali cordonali in forza della normativa nazionale che recepisce la direttiva 2004/23, è vero che, in una certa misura, da tale elemento si deduce che la CopyGene svolge attività connesse all’ospedalizzazione e alle cure mediche. Una siffatta autorizzazione può quindi rappresentare un elemento a favore del fatto che tale prestatore sia, eventualmente, «debitamente riconosciuto», ai sensi dell’art. 13, parte A, n. 1, lett. b), della sesta direttiva.
75 Tuttavia, a meno di privare le autorità nazionali del potere discrezionale conferito loro da tale disposizione, il mero fatto di aver autorizzato operazioni quali quelle di cui trattasi nella causa principale, in applicazione delle norme dell’Unione di qualità e di sicurezza prescritte nel settore interessato, non può condurre di per sé e in modo automatico a un riconoscimento ai fini dell’art. 13, parte A, n. 1, lett. b), della sesta direttiva. Infatti, come afferma il governo danese, l’ottenimento di una siffatta autorizzazione è una condizione necessaria ai fini dell’esercizio dell’attività di una banca privata di cellule staminali. Tuttavia, il rilascio di una siffatta autorizzazione non è, di per sé, sinonimo di un riconoscimento ai sensi dell’art. 13, parte A, n. 1, lett. b), della sesta direttiva.
76 Lo stesso dicasi per quanto riguarda le altre disposizioni della normativa danese sulle banche private di cellule staminali citate dalla CopyGene, indicate al punto 13 della presente sentenza.
77 Ne deriva che l’art. 13, parte A, n. 1, lett. b), della sesta direttiva non osta quindi, di per sé, a che le autorità tributarie danesi non considerino la CopyGene un istituto «debitamente riconosciuto» ai fini dell’esenzione di cui trattasi nella causa principale.
78 Ciò considerato, tale disposizione non può essere interpretata neanche nel senso che essa impone, di per sé, che le autorità competenti non considerino un soggetto passivo come la CopyGene un istituto «debitamente riconosciuto» ai fini di detta esenzione.
79 In tale contesto, spetterebbe, se necessario, al giudice del rinvio verificare che il diniego del riconoscimento ai fini dell’esenzione di cui all’art. 13, parte A, n. 1, lett. b), della sesta direttiva è conforme ai criteri della giurisprudenza illustrata ai punti 63-65 della presente sentenza, e in particolare al principio di neutralità fiscale. A tal fine, sarebbe opportuno prendere in considerazione, ad esempio, la prassi amministrativa prestabilita, nonché le altre prassi applicate allo statuto degli istituti paramedici e alle esenzioni dall’IVA in settori analoghi a quelli di cui trattasi nella causa principale.
80 Per quanto riguarda la quarta questione, è sufficiente osservare che la natura del trattamento previsto, autologo o allogenico, non incide sulla risposta da dare alla terza questione.
81 Alla luce di quanto precede, la terza e la quarta questione, lette congiuntamente, devono essere risolte affermando che, quando le prestazioni delle banche di cellule staminali, quali quelle di cui trattasi nella causa principale, sono effettuate da personale medico autorizzato, allorché tali banche di cellule staminali, benché autorizzate dalle autorità sanitarie competenti di uno Stato membro, nell’ambito della direttiva 2004/23, a trattare tessuti e cellule umani, non fruiscano di alcun aiuto del regime pubblico di previdenza sociale e la retribuzione ad esse versata non è presa a carico da detto regime, l’art. 13, parte A, n. 1, lett. b), della sesta direttiva non osta a che le autorità nazionali considerino che un soggetto passivo quale la CopyGene non è un «altro istituto della stessa natura [degli istituti ospedalieri, centri medici e diagnostici] (...) debitamente riconosciuto» ai sensi dell’art. 13, parte A, n. 1, lett. b), della sesta direttiva. Tuttavia, tale disposizione non può neppure essere interpretata nel senso che essa impone, di per sé, che le autorità competenti rifiutino di equiparare una banca privata di cellule staminali a un istituto «debitamente riconosciuto» ai fini dell’esenzione di cui trattasi. Spetta, se necessario, al giudice del rinvio verificare che il diniego del riconoscimento ai fini dell’esenzione di cui all’art. 13, parte A, n. 1, lett. b), della sesta direttiva è conforme al diritto dell’Unione, e in particolare al principio di neutralità fiscale.
Sulle spese
82 Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.
Per questi motivi, la Corte (Terza Sezione) dichiara:
1) La nozione di operazioni «strettamente connesse» «all’ospedalizzazione e [alle] cure mediche» ai sensi dell’art. 13, parte A, n. 1, lett. b), della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme, deve essere interpretata nel senso che essa non include attività, quali quelle di cui trattasi nella causa principale, consistenti nel prelievo, nel trasporto, nell’analisi del sangue cordonale, nonché nello stoccaggio delle cellule staminali contenute in tale sangue, se le cure mediche prestate in ambito ospedaliero, con cui tali attività sono soltanto eventualmente connesse, non sono ancora esistenti, né iniziate o programmate.
2) Quando le prestazioni delle banche di cellule staminali, quali quelle di cui trattasi nella causa principale, sono effettuate da personale medico autorizzato, allorché tali banche di cellule staminali, benché autorizzate dalle autorità sanitarie competenti di uno Stato membro, nell’ambito della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 31 marzo 2004, 2004/23/CE, sulla definizione di norme di qualità e di sicurezza per la donazione, l’approvvigionamento, il controllo, la lavorazione, la conservazione, lo stoccaggio e la distribuzione di tessuti e cellule umani, a trattare tessuti e cellule umani, non fruiscano di alcun aiuto del regime pubblico di previdenza sociale e la retribuzione ad esse versata non è presa a carico da detto regime, l’art. 13, parte A, n. 1, lett. b), della sesta direttiva non osta a che le autorità nazionali considerino che un soggetto passivo quale la CopyGene A/S non è un «altro istituto della stessa natura [degli istituti ospedalieri, centri medici e diagnostici] (...) debitamente riconosciuto» ai sensi dell’art. 13, parte A, n. 1, lett. b), della sesta direttiva 77/388. Tuttavia, tale disposizione non può neppure essere interpretata nel senso che essa impone, di per sé, che le autorità competenti rifiutino di equiparare una banca privata di cellule staminali a un istituto «debitamente riconosciuto» ai fini dell’esenzione di cui trattasi. Spetta, se necessario, al giudice del rinvio verificare che il diniego del riconoscimento ai fini dell’esenzione di cui all’art. 13, parte A, n. 1, lett. b), della sesta direttiva 77/388 è conforme al diritto dell’Unione, e in particolare al principio di neutralità fiscale.
Firme
* Lingua processuale: il danese.