Causa C-337/08
X Holding BV
contro
Staatssecretaris van Financiën
(domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dallo Hoge Raad der Nederlanden)
«Artt. 43 CE e 48 CE — Normativa tributaria — Imposta sulle società — Unità fiscale composta da una società controllante residente e da una o più controllate residenti — Imposizione degli utili in capo alla società controllante — Esclusione delle controllate non residenti»
Massime della sentenza
Libera circolazione delle persone — Libertà di stabilimento — Normativa tributaria — Imposta sulle società
(Artt. 43 CE e 48 CE)
Gli artt. 43 CE e 48 CE non ostano alla normativa di uno Stato membro che offre ad una società controllante la possibilità di costituire un’entità fiscale unica con la sua controllata residente, ma che non consente la costituzione di una simile entità fiscale unica con una controllata non residente qualora gli utili di quest’ultima non siano soggetti alla normativa tributaria di tale Stato membro.
L’esclusione di un siffatto vantaggio per una società controllante che detiene una controllata con sede in un altro Stato membro determina senza dubbio una restrizione della libertà di stabilimento, dal momento che detta esclusione è tale da scoraggiare l’esercizio della libertà di stabilimento da parte della società controllante, dissuadendola dal creare controllate in altri Stati membri. A tale riguardo, la situazione di una società controllante residente che intende costituire un’entità fiscale unica con una controllata residente e quella di una società controllante residente che desidera costituire un’entità fiscale unica con una controllata non residente sono, alla luce dell’obiettivo di un simile regime fiscale, oggettivamente comparabili, dal momento che entrambe mirano a trarre vantaggio da tale regime, che consente, in particolare, di consolidare in capo alla società controllante gli utili e le perdite delle società comprese nell’entità fiscale unica e di attribuire carattere fiscalmente neutro alle operazioni intragruppo.
Tuttavia, un regime fiscale siffatto è giustificato alla luce dell’esigenza di tutelare la ripartizione del potere impositivo tra gli Stati membri. Infatti, poiché la società controllante può decidere a proprio piacimento di costituire un’entità fiscale con la propria controllata e, altrettanto liberamente, di sciogliere tale entità da un anno all’altro, la possibilità di includere nell’entità fiscale unica una controllata non residente finirebbe col lasciarle la libertà di scegliere il regime fiscale applicabile alle perdite di tale controllata ed il luogo di imputazione delle stesse. Potendo il perimetro dell’entità fiscale essere modificato in tale maniera, il fatto di consentire la possibilità di includervi una controllata non residente comporterebbe la conseguenza di permettere alla società controllante di scegliere liberamente lo Stato membro in cui dedurre le perdite di tale controllata.
Per quanto riguarda il carattere proporzionato di detto regime fiscale, la circostanza che uno Stato membro decida di consentire la temporanea imputazione delle perdite di una stabile organizzazione estera alla sede centrale dell’impresa non implica che tale possibilità debba essere concessa anche alle controllate non residenti di una società controllante residente. Le stabili organizzazioni situate in un altro Stato membro e le controllate non residenti non si trovano, infatti, in una situazione comparabile per quanto riguarda la ripartizione del potere impositivo, quale risultante da una convenzione come quella volta ad evitare la doppia imposizione, dal momento che la controllata, persona giuridica autonoma, è interamente soggetta ad imposizione nello Stato che ha aderito a siffatta convenzione ed in cui essa ha la propria sede, mentre la stabile organizzazione situata in un altro Stato membro rimane in via di principio e in parte soggetta alla competenza fiscale dello Stato membro di origine. Certamente, la libera scelta che l’art. 43, primo comma, seconda frase, CE lascia agli operatori economici nel determinare la forma giuridica più idonea per l’esercizio delle loro attività in un altro Stato membro non deve essere limitata da disposizioni tributarie discriminatorie. Lo Stato membro d’origine resta tuttavia libero di determinare i presupposti ed il livello di imposizione delle diverse forme di centri di attività delle società nazionali operanti all’estero, salvo accordare loro un trattamento che non sia discriminatorio rispetto ai centri di attività nazionali comparabili. Poiché le stabili organizzazioni situate in un altro Stato membro e le controllate non residenti non si trovano in una situazione comparabile per quanto riguarda la ripartizione del potere impositivo, lo Stato membro d’origine non è conseguentemente tenuto ad applicare alle controllate non residenti lo stesso regime fiscale applicato alle stabili organizzazioni estere. Pertanto, il regime fiscale di cui trattasi deve essere considerato proporzionato agli obiettivi che persegue.
(v. punti 19, 24, 31-33, 37-40, 42-43 e dispositivo)
SENTENZA DELLA CORTE (Seconda Sezione)
25 febbraio 2010 (*)
«Artt. 43 CE e 48 CE – Normativa tributaria – Imposta sulle società – Unità fiscale composta da una società controllante residente e da una o più controllate residenti – Imposizione degli utili in capo alla società controllante – Esclusione delle controllate non residenti»
Nel procedimento C-337/08,
avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, dallo Hoge Raad der Nederlanden (Paesi Bassi), con decisione 11 luglio 2008, pervenuta in cancelleria il 21 luglio 2008, nella causa
X Holding BV
contro
Staatssecretaris van Financiën,
LA CORTE (Seconda Sezione),
composta dal sig. J.-C. Bonichot (relatore), presidente della Quarta Sezione, facente funzione di presidente della Seconda Sezione, dai sigg. C.W.A. Timmermans, K. Schiemann, P. Kūris e L. Bay Larsen, giudici,
avvocato generale: sig.ra J. Kokott
cancelliere: sig.ra M. Ferreira, amministratore principale
vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 25 giugno 2009,
considerate le osservazioni presentate:
– per la X Holding BV, dagli avv.ti F.A. Engelen e S.C.W. Douma, belastingadviseurs;
– per il governo dei Paesi Bassi, dalle sig.re C.M. Wissels e M. Noort nonché dal sig. D.J.M. de Grave, in qualità di agenti;
– per il governo tedesco, dai sigg. M. Lumma, C. Blaschke e B. Klein, in qualità di agenti;
– per il governo spagnolo, dal sig. M. Muñoz Pérez e dalla sig.ra B. Plaza Cruz, in qualità di agenti;
– per il governo francese, dai sigg. G. de Bergues e J.-C. Gracia, in qualità di agenti;
– per il governo portoghese, dai sigg. L. Inez Fernandes e J. Menezes Leitão, in qualità di agenti;
– per il governo svedese, dalle sig.re A. Falk, S. Johannesson e K. Petkovska, in qualità di agenti;
– per il governo del Regno Unito, dalla sig.ra H. Walker, in qualità di agente, assistita dal sig. M. Gray, barrister;
– per la Commissione delle Comunità europee, dai sigg. R. Lyal e W. Roels, in qualità di agenti,
sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 19 novembre 2009,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1 La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione degli artt. 43 CE e 48 CE.
2 Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra la società X Holding BV (in prosieguo: la «X Holding»), società di capitali con sede nei Paesi Bassi, e l’amministrazione finanziaria olandese, relativa al negato riconoscimento, da parte di quest’ultima, della possibilità di costituire un’entità fiscale unica con una società controllata non residente.
Contesto normativo
La convenzione volta ad evitare la doppia imposizione conclusa tra il Regno del Belgio ed il Regno dei Paesi Bassi
3 La convenzione 5 giugno 2001 tra il Regno del Belgio ed il Regno dei Paesi Bassi volta ad evitare la doppia imposizione e a prevenire l’elusione fiscale in materia di imposte sul reddito e sul patrimonio (in prosieguo: la «convenzione volta ad evitare la doppia imposizione»), all’art. 7, n. 1, sulla falsariga del modello di convenzione dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE), dispone quanto segue:
«Gli utili di un’impresa di uno Stato contraente sono imponibili soltanto in tale Stato, a meno che l’impresa non eserciti la sua attività nell’altro Stato contraente per il tramite di una stabile organizzazione ivi situata. Se un’impresa esercita la propria attività secondo questa modalità, i suoi utili sono imponibili nell’altro Stato, ma unicamente entro i limiti in cui sono imputabili alla suddetta stabile organizzazione».
4 Qualora un soggetto passivo con sede nei Paesi Bassi percepisca dei redditi assoggettati ad imposta in Belgio ai sensi dell’art. 7 della convenzione volta ad evitare la doppia imposizione, il Regno dei Paesi Bassi, a norma dell’art. 23, n. 2, della stessa convenzione, concede, per tali redditi, uno sgravio sulle imposte dovute, come previsto dalle disposizioni della normativa olandese volta ad evitare la doppia imposizione.
La normativa olandese
5 L’art. 15 della legge del 1969 relativa all’imposta sulle società dispone che:
«1. Qualora un soggetto passivo (la società controllante) detenga la proprietà giuridica ed economica di almeno il 95% delle quote nel capitale nominale versato di un altro soggetto passivo (la società controllata), l’imposta da essi dovuta può essere riscossa, su loro domanda, come se fossero un soggetto passivo unico, nel senso che le attività e il patrimonio della società controllata costituiscono parte delle attività e del patrimonio della società controllante. L’imposta viene applicata a quest’ultima. I soggetti passivi sono in tal caso considerati un’entità fiscale unica. Di un’entità fiscale unica possono far parte diverse società controllate.
(…)
3. Il n. 1 è applicabile solamente se:
(…)
b. ad entrambi i soggetti passivi si applicano le medesime disposizioni per il calcolo degli utili;
c. entrambi i soggetti passivi hanno sede nei Paesi Bassi e, qualora ad uno dei soggetti passivi si applichi la legge che istituisce il regime fiscale del Regno [(Belastingregeling voor het Koninkrijk)] o una convenzione contro la doppia imposizione, esso è parimenti considerato stabilito nei Paesi Bassi secondo tale regime o tale convenzione;
(…)
4. Con provvedimento amministrativo generale possono essere adottate norme che consentano a soggetti passivi ai quali non si applicano le medesime disposizioni per il calcolo degli utili di formare comunque un’entità fiscale, in deroga al n. 3, lett. b). Inoltre, in deroga al n. 3, lett. c), un soggetto passivo che, ai sensi della propria normativa nazionale, o della legge che istituisce il regime fiscale del Regno, oppure di una convenzione contro la doppia imposizione, non ha sede nei Paesi Bassi, ma gestisce un’impresa per il tramite di una stabile organizzazione nei Paesi Bassi, può, alle condizioni stabilite da un provvedimento amministrativo generale, far parte di un’entità fiscale, purché gli utili di tale organizzazione siano soggetti ad imposizione nei Paesi Bassi in forza della legge che istituisce il regime fiscale del Regno o di una convenzione contro la doppia imposizione, e se:
a. il luogo della direzione effettiva di tale soggetto passivo è situato nelle Antille olandesi, ad Aruba, in uno Stato membro dell’Unione europea o in uno Stato al quale è applicabile una convenzione contro la doppia imposizione conclusa coi Paesi Bassi, che preveda il divieto di discriminazione delle stabili organizzazioni;
b. il soggetto passivo di cui alla lett. a) è una società per azioni o una società a responsabilità limitata, o un organismo simile quanto a natura e modalità costitutive, e
c. nell’ipotesi in cui il soggetto passivo di cui alla lett. a) fa parte dell’entità fiscale in qualità di società controllante, la partecipazione nella società controllata di cui al n. 1 rientra nel patrimonio della stabile organizzazione nei Paesi Bassi di tale società controllante.
(…)».
Causa principale e questione pregiudiziale
6 La X Holding, che ha sede nei Paesi Bassi, possiede tutte le quote della società F, costituita secondo il diritto belga e con sede in Belgio, e non soggetta all’imposta sulle società nei Paesi Bassi.
7 Le due società hanno chiesto di essere considerate un’entità fiscale unica, ai sensi dell’art. 15, n. 1, della legge olandese del 1969 relativa all’imposta sulle società. L’amministrazione finanziaria olandese ha respinto la loro istanza, in quanto la società F non aveva la propria sede nei Paesi Bassi, come invece richiesto dall’art. 15, n. 3, lett. c), di tale legge.
8 Il Rechtbank te Arnhem (tribunale di Arnhem), dinanzi al quale era stato proposto ricorso avverso il suddetto diniego, ne ha confermato la legittimità richiamandosi in particolare alla sentenza 13 dicembre 2005, causa C-446/03, Marks & Spencer (Racc. pag. I-10837).
9 La X Holding ha proposto ricorso per cassazione dinanzi allo Hoge Raad der Nederlanden (Corte suprema dei Paesi Bassi). Quest’ultimo ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:
«Se l’art. 43 CE, in combinato disposto con l’art. 48 CE, debba essere interpretato nel senso che esso osta a che una normativa nazionale di uno Stato membro, ai sensi della quale una società controllante e la sua controllata possono scegliere che le imposte da esse dovute vengano applicate alla società controllante con sede in detto Stato membro come se si trattasse di un unico soggetto passivo, riservi siffatta scelta alle sole società che, per l’imposizione sui loro utili, sono assoggettate alla potestà tributaria dello Stato membro in questione».
Sulla domanda diretta alla riapertura della fase orale
10 Con atto depositato presso la cancelleria della Corte il 2 dicembre 2009, la X Holding ha chiesto alla Corte di disporre la riapertura della fase orale del procedimento, ai sensi dell’art. 61 del regolamento di procedura. Secondo tale società, le conclusioni dell’avvocato generale si fonderebbero su un’erronea comprensione del diritto tributario nazionale ed internazionale olandese.
11 Dalla giurisprudenza della Corte risulta che essa può, d’ufficio o su proposta dell’avvocato generale, ovvero su domanda delle parti, riaprire la fase orale del procedimento, ai sensi dell’art. 61 del regolamento di procedura, qualora ritenga di non avere sufficienti chiarimenti o che la causa debba essere decisa sulla base di un argomento che non sia stato oggetto di discussione tra le parti (v., in particolare, sentenza 16 dicembre 2008, causa C-210/06, Cartesio, Racc. pag. I-9641, punto 46).
12 Tuttavia, la normativa olandese applicabile alla causa principale è stata illustrata e commentata nelle osservazioni scritte e orali presentate alla Corte. Conseguentemente, quest’ultima ritiene di disporre di tutti gli elementi necessari per risolvere le questioni proposte dal giudice del rinvio.
13 Peraltro, non è stato dedotto che la presente causa dovrebbe essere decisa sulla base di un argomento che non è stato oggetto di discussione dinanzi alla Corte.
14 Occorre pertanto, sentito l’avvocato generale, respingere la domanda di riapertura della fase orale.
Sulla questione pregiudiziale
15 Con la sua questione pregiudiziale, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se gli artt. 43 CE e 48 CE ostino alla normativa di uno Stato membro che offre ad una società controllante la possibilità di costituire un’entità fiscale unica con la sua controllata residente, ma che non consente la costituzione di una simile entità fiscale unica con una controllata non residente qualora gli utili di quest’ultima non siano soggetti alla normativa tributaria di tale Stato membro.
16 Occorre rammentare che, secondo una giurisprudenza costante, se è pur vero che la materia delle imposte dirette rientra nella competenza degli Stati membri, questi ultimi devono tuttavia esercitarla nel rispetto del diritto comunitario (v., in particolare, sentenze Marks & Spencer, cit., punto 29, 12 dicembre 2006, causa C-374/04, Test Claimants in Class IV of the ACT Group Litigation, Racc. pag. I-11673, punto 36, nonché 17 settembre 2009, causa C-182/08, Glaxo Wellcome, Racc. pag. I-8591, punto 34).
17 La libertà di stabilimento, che l’art. 43 CE attribuisce ai cittadini della Comunità e che implica per essi l’accesso alle attività non subordinate ed il loro esercizio, nonché la costituzione e la gestione di imprese, alle stesse condizioni previste dalle leggi dello Stato membro di stabilimento per i cittadini di questo, comprende, ai sensi dell’art. 48 CE, per le società costituite a norma delle leggi di uno Stato membro e che abbiano la sede sociale, l’amministrazione centrale o la sede principale nel territorio della Comunità europea, il diritto di svolgere la loro attività nello Stato membro di cui trattasi mediante una controllata, una succursale o un’agenzia (v., in particolare, sentenze 21 settembre 1999, causa C-307/97, Saint-Gobain ZN, Racc. pag. I-6161, punto 35, nonché Marks & Spencer, cit., punto 30).
18 A tale riguardo, la possibilità concessa dal diritto olandese alle società controllanti residenti e alle loro controllate residenti di essere tassate come un’entità fiscale unica, vale a dire di essere sottoposte ad un regime di integrazione fiscale, determina un vantaggio per le società interessate. Tale regime permette, in particolare, di consolidare in capo alla società controllante gli utili e le perdite delle società comprese nell’entità fiscale e di attribuire carattere fiscalmente neutro alle operazioni intragruppo.
19 Negando un simile vantaggio ad una società controllante che detiene una controllata con sede in un altro Stato membro, si potrebbe scoraggiare l’esercizio della libertà di stabilimento da parte della prima, dissuadendola dal creare controllate in altri Stati membri.
20 Affinché una siffatta disparità di trattamento sia compatibile con le disposizioni del Trattato CE relative alla libertà di stabilimento, occorre che essa riguardi situazioni che non siano oggettivamente comparabili o che sia giustificata da un motivo imperativo di interesse generale (v., in tal senso, sentenza 12 dicembre 2006, causa C-446/04, Test Claimants in the FII Group Litigation, Racc. pag. I-11753, punto 167).
21 I governi olandese, tedesco e portoghese affermano che le due situazioni in questione non sono oggettivamente comparabili, poiché le controllate residenti e le controllate non residenti non si trovano in situazioni fiscali confrontabili alla luce di un regime tributario come quello oggetto della causa principale. Essi sostengono in particolare che la controllata con sede in un altro Stato membro non è assoggettata alla potestà tributaria dello Stato in cui ha sede la società controllante, e conseguentemente la controllata non può far parte di un’entità fiscale soggetta ad imposizione in tale ultimo Stato.
22 A tale riguardo, dalla giurisprudenza della Corte risulta che la comparabilità di una situazione comunitaria con una situazione interna deve essere esaminata tenendo conto dell’obiettivo perseguito dalle disposizioni nazionali in questione (v., in tal senso, sentenza 18 luglio 2007, causa C-231/05, Oy AA, Racc. pag. I-6373, punto 38).
23 Occorre constatare che sebbene, nel diritto tributario, la residenza del contribuente rappresenti un fattore che può giustificare norme nazionali che comportano un diverso trattamento tra contribuenti residenti e non residenti, ciò tuttavia non vale in ogni ipotesi. Infatti, ammettere che lo Stato membro di stabilimento possa sempre riservare un trattamento diverso per il solo fatto che la sede di una società si trova in un altro Stato membro svuoterebbe di contenuto l’art. 43 CE (v., in tal senso, sentenze 28 gennaio 1986, causa 270/83, Commissione/Francia, Racc. pag. 273, punto 18, nonché Marks & Spencer, cit., punto 37).
24 Orbene, la situazione di una società controllante residente che intende costituire un’entità fiscale unica con una controllata residente e quella di una società controllante residente che desidera costituire un’entità fiscale unica con una controllata non residente sono, alla luce dell’obiettivo di un regime fiscale come quello della causa principale, oggettivamente comparabili, dal momento che entrambe mirano a trarre vantaggio da tale regime, che consente, in particolare, di consolidare in capo alla società controllante gli utili e le perdite delle società comprese nell’entità fiscale unica e di attribuire carattere fiscalmente neutro alle operazioni intragruppo.
25 Occorre esaminare se una disparità di trattamento come quella oggetto della causa principale sia giustificata da un motivo imperativo di interesse generale.
26 Per essere giustificata, una simile disparità dev’essere idonea a garantire il conseguimento dello scopo perseguito e non deve eccedere quanto necessario per raggiungerlo (v., in tal senso, sentenze 15 maggio 1997, causa C-250/95, Futura Participations e Singer, Racc. pag. I-2471, punto 26; 11 marzo 2004, causa C-9/02, de Lasteyrie du Saillant, Racc. pag. I-2409, punto 49, nonché Marks & Spencer, cit., punto 35).
27 I governi che hanno presentato osservazioni dinanzi alla Corte sostengono che la disparità di trattamento di cui alla causa principale è giustificata dalla finalità, in particolare, di preservare la ripartizione del potere impositivo tra gli Stati membri.
28 A tale riguardo, occorre ricordare che la tutela della ripartizione del potere impositivo tra gli Stati membri potrebbe rendere necessaria l’applicazione, alle attività economiche delle società residenti in uno di tali Stati, delle sole norme tributarie di quest’ultimo, per quanto riguarda tanto i profitti quanto le perdite (v. sentenze Marks & Spencer, cit., punto 45, nonché 15 maggio 2008, causa C-414/06, Lidl Belgium, Racc. pag. I-3601, punto 31).
29 Infatti, concedere alle società la possibilità di optare per la presa in considerazione delle loro perdite nello Stato membro in cui sono registrate o in un altro Stato membro comprometterebbe sensibilmente un’equilibrata ripartizione del potere impositivo tra gli Stati membri, dato che la base imponibile si troverebbe aumentata per il primo Stato e ridotta nel secondo, considerate le perdite trasferite (v. sentenze citate Marks & Spencer, punto 46; Oy AA, punto 55, nonché Lidl Belgium, punto 32).
30 Lo stesso è a dirsi nel caso di un regime di integrazione fiscale come quello della causa principale.
31 Poiché la società controllante può decidere a proprio piacimento di costituire un’entità fiscale con la propria controllata e, altrettanto liberamente, di sciogliere tale entità da un anno all’altro, la possibilità di includere nell’entità fiscale unica una controllata non residente finirebbe col lasciarle la libertà di scegliere il regime fiscale applicabile alle perdite di tale controllata ed il luogo di imputazione delle stesse.
32 Potendo il perimetro dell’entità fiscale essere modificato in tale maniera, il fatto di consentire la possibilità di includervi una controllata non residente comporterebbe la conseguenza di permettere alla società controllante di scegliere liberamente lo Stato membro in cui dedurre le perdite di tale controllata (v., in tal senso, sentenze citate Oy AA, punto 56, e Lidl Belgium, punto 34).
33 Un regime fiscale come quello di cui alla causa principale è, pertanto, giustificato alla luce dell’esigenza di tutelare la ripartizione del potere impositivo tra gli Stati membri.
34 Riconosciuta l’idoneità di un simile regime a garantire la realizzazione di tale obiettivo, occorre ancora esaminare se esso non ecceda quanto necessario per il suo conseguimento (v. in tal senso, in particolare, sentenza Marks & Spencer, cit., punto 53).
35 La X Holding e la Commissione delle Comunità europee deducono, al riguardo, che la costituzione di un’entità fiscale unica sul territorio nazionale determina l’equiparazione, a livello fiscale, tra controllate residenti e stabili organizzazioni. Esse sostengono che, per analogia, le controllate non residenti potrebbero essere trattate, nell’ambito di un’entità fiscale transfrontaliera, alla stregua delle stabili organizzazioni estere. Orbene, a loro avviso, le perdite di una stabile organizzazione estera possono essere temporaneamente dedotte dagli utili della società controllante secondo un meccanismo di trasferimento provvisorio delle perdite unito ad un regime di recupero nel corso di successivi esercizi. L’applicazione di tale meccanismo a controllate non residenti potrebbe costituire una modalità di conseguimento dell’obiettivo meno restrittiva rispetto a quella di vietare a una società controllante residente di costituire un’entità fiscale unica con una controllata non residente.
36 Tale argomentazione deve tuttavia essere disattesa.
37 Infatti, come ha affermato l’avvocato generale al punto 51 delle proprie conclusioni, la circostanza che uno Stato membro decida di consentire la temporanea imputazione delle perdite di una stabile organizzazione estera alla sede centrale dell’impresa non implica che tale possibilità debba essere concessa anche alle controllate non residenti di una società controllante residente.
38 Le stabili organizzazioni situate in un altro Stato membro e le controllate non residenti non si trovano, infatti, in una situazione comparabile per quanto attiene alla ripartizione del potere impositivo quale risultante da una convenzione come quella volta ad evitare la doppia imposizione, e in particolare dai suoi artt. 7, n. 1, e 23, n. 2. Infatti, mentre la controllata, persona giuridica autonoma, è interamente soggetta ad imposizione nello Stato che ha aderito a siffatta convenzione ed in cui essa ha la propria sede, diverso è il caso della stabile organizzazione situata in un altro Stato membro, la quale in via di principio e in parte rimane soggetta alla competenza fiscale dello Stato membro di origine.
39 Certamente, è pur vero che la Corte, in altri casi, ha dichiarato che la libera scelta che l’art. 43, primo comma, seconda frase, CE lascia agli operatori economici nel determinare la forma giuridica più idonea per l’esercizio delle loro attività in un altro Stato membro non deve essere limitata da disposizioni tributarie discriminatorie (v., in tal senso, sentenze Commissione/Francia, cit., punto 22; Oy AA, cit., punto 40, e 23 febbraio 2006, causa C-253/03, CLT-UFA, Racc. pag. I-1831, punto 14).
40 Lo Stato membro d’origine resta tuttavia libero di determinare i presupposti ed il livello di imposizione delle diverse forme di centri di attività delle società nazionali operanti all’estero, salvo accordare loro un trattamento che non sia discriminatorio rispetto ai centri di attività nazionali comparabili (sentenza 6 dicembre 2007, causa C-298/05, Columbus Container Services, Racc. pag. I-10451, punti 51 e 53). Poiché le stabili organizzazioni situate in un altro Stato membro e le controllate non residenti non si trovano, come osservato al punto 38 della presente sentenza, in una situazione comparabile per quanto riguarda la ripartizione del potere impositivo, lo Stato membro d’origine non è conseguentemente tenuto ad applicare alle controllate non residenti lo stesso regime fiscale applicato alle stabili organizzazioni estere.
41 Quindi, in una situazione come quella di cui alla causa principale, nella quale il vantaggio fiscale in parola consiste nella possibilità, lasciata alle società controllanti residenti e alle loro controllate residenti, di essere tassate come se formassero una sola entità fiscale, qualunque estensione di tale vantaggio alle situazioni transfrontaliere avrebbe per effetto, come già indicato al punto 32 della presente sentenza, di consentire alle società controllanti di scegliere liberamente lo Stato membro in cui dedurre le perdite della loro controllata non residente (v., per analogia, sentenza Oy AA, cit., punto 64).
42 Alla luce di quanto sopra, un regime fiscale come quello di cui alla causa principale deve essere considerato proporzionato agli obiettivi che persegue.
43 Pertanto, occorre risolvere la questione sollevata nel senso che gli artt. 43 CE e 48 CE non ostano alla normativa di uno Stato membro che offre ad una società controllante la possibilità di costituire un’entità fiscale unica con la sua controllata residente, ma che non consente la costituzione di una simile entità fiscale unica con una controllata non residente qualora gli utili di quest’ultima non siano soggetti alla normativa tributaria di tale Stato membro.
Sulle spese
44 Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.
Per questi motivi, la Corte (Seconda Sezione) dichiara:
Gli artt. 43 CE e 48 CE non ostano alla normativa di uno Stato membro che offre ad una società controllante la possibilità di costituire un’entità fiscale unica con la sua controllata residente, ma che non consente la costituzione di una simile entità fiscale unica con una controllata non residente qualora gli utili di quest’ultima non siano soggetti alla normativa tributaria di tale Stato membro.
Firme
* Lingua processuale: l’olandese.