Causa C-49/09
Commissione europea
contro
Repubblica di Polonia
«Inadempimento di uno Stato — Imposta sul valore aggiunto — Direttiva 2006/112/CE — Adesione successiva di Stati membri — Disposizioni transitorie — Applicazione nel tempo — Applicazione di un’aliquota ridotta — Abbigliamento e accessori di moda per neonati e calzature per bambini»
Massime della sentenza
Disposizioni tributarie — Armonizzazione delle legislazioni — Imposte sulla cifra d’affari — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Facoltà per gli Stati membri di applicare transitoriamente un’aliquota ridotta
(Direttiva del Consiglio 2006/112, artt. 98, 115 e allegato III)
Viene meno agli obblighi ad esso incombenti in forza del combinato disposto dell'art. 98 e dell’allegato III della direttiva 2006/112, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, uno Stato membro che applica un'aliquota ridotta sull’imposta sul valore aggiunto pari al 7% alle cessioni, all’importazione e all’acquisto intracomunitario di articoli di abbigliamento e di accessori di moda per neonati nonché di calzature per bambini, laddove non applicava, al 1° gennaio 1991, un’imposta sul valore aggiunto ai sensi della direttiva 2006/112, né un sistema di tassazione avente le stesse caratteristiche essenziali dell’imposta sul valore aggiunto e non venivano quindi soddisfatte le condizioni per l’applicazione dell’art. 115 di tale direttiva.
Difatti, la deroga prevista da detto art. 115 è subordinata alla presenza di due condizioni di applicazione cumulative. La prima esige che lo Stato membro interessato applicasse, al 1° gennaio 1991, un’imposta sul valore aggiunto ai sensi della direttiva 2006/112 o, quantomeno, un sistema di tassazione avente le stesse caratteristiche del sistema comune dell’imposta sul valore aggiunto. La seconda richiede che, nel contesto della tassazione in parola, alle cessioni di beni e alle prestazioni di servizi previste in questo articolo fosse applicata, al 1° gennaio 1991, un’aliquota ridotta.
(v. punti 42, 54, 57 e dispositivo)
SENTENZA DELLA CORTE (Terza Sezione)
28 ottobre 2010 (*)
«Inadempimento di uno Stato – Imposta sul valore aggiunto – Direttiva 2006/112/CE – Adesione successiva di Stati membri – Disposizioni transitorie – Applicazione nel tempo – Applicazione di un’aliquota ridotta – Abbigliamento e accessori di moda per neonati e calzature per bambini»
Nella causa C-49/09,
avente ad oggetto il ricorso per inadempimento, ai sensi dell’art. 226 CE, proposto il 2 febbraio 2009,
Commissione europea, rappresentata dal sig. D. Triantafyllou e dalla sig.ra K. Herrmann, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo,
ricorrente,
contro
Repubblica di Polonia, rappresentata dai sigg. M. Szpunar, M. Dowgielewicz e M. Jarosz nonché dalla sig.ra A. Rutkowska, in qualità di agenti,
convenuta,
LA CORTE (Terza Sezione),
composta dal sig. K. Lenaerts, presidente di sezione, dal sig. D. Šváby (relatore), dalla sig.ra R. Silva de Lapuerta, dai sigg. E. Juhász,e J. Malenovský, giudici,
avvocato generale: sig.ra J. Kokott
cancelliere: sig. K. Malacek, amministratore
vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 22 aprile 2010,
sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 10 giugno 2010,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1 Con il suo ricorso la Commissione delle Comunità europee chiede alla Corte di constatare che, applicando un’aliquota ridotta dell’imposta sul valore aggiunto (in prosieguo: l’«IVA») pari al 7% alle cessioni, all’importazione e all’acquisto intracomunitario di articoli di abbigliamento e di accessori di moda per neonati nonché di calzature per bambini, la Repubblica di Polonia è venuta meno agli obblighi che le incombono in forza del combinato disposto dell’art. 98 e dell’allegato III della direttiva del Consiglio 28 novembre 2006, 2006/112/CE, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (GU L 347, pag. 1).
Contesto normativo
La normativa dell’Unione
2 La direttiva 2006/112 abroga e sostituisce, dal 1° gennaio 2007, la sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (GU L 145, pag. 1; in prosieguo: la «sesta direttiva»).
3 L’art. 96 della direttiva 2006/112, corrispondente all’art. 12, n. 3, lett. a), primo comma, della sesta direttiva, stabilisce quanto segue:
«Gli Stati membri applicano un’aliquota IVA normale fissata da ciascuno Stato membro ad una percentuale della base imponibile che è identica per le cessioni di beni e per le prestazioni di servizi».
4 Ai sensi dell’art. 97, n. 1, della direttiva 2006/112:
«A decorrere dal 1° gennaio 2006 e fino al 31 dicembre 2010 l’aliquota normale non può essere inferiore al 15%».
5 L’art. 98, nn. 1 e 2, di tale direttiva ha la seguente formulazione:
«1. Gli Stati membri possono applicare una o due aliquote ridotte.
2. Le aliquote ridotte si applicano unicamente alle cessioni di beni e alle prestazioni di servizi delle categorie elencate nell’allegato III. (…)».
6 Conformemente all’art. 99, n. 1, della direttiva 2006/112, le aliquote ridotte sono fissate ad una percentuale della base imponibile che non può essere inferiore al 5%.
7 Gli artt. 109 e seguenti della direttiva 2006/112 fissano le condizioni alle quali taluni Stati membri possono applicare, fino a che il regime definitivo non sia stato introdotto, varie misure nel settore delle aliquote IVA ridotte. Tali misure riguardano l’applicazione di aliquote ridotte inferiori al 5%, il mantenimento di aliquote ridotte sui beni e sui servizi diversi da quelli figuranti all’allegato III della direttiva 2006/112 o, ancora, l’applicazione di un’aliquota ridotta che non sia inferiore al 12%.
8 Conformemente all’art. 114, n. 1, della direttiva 2006/112:
«Gli Stati membri che, al 1° gennaio 1993, sono stati obbligati ad aumentare di più del 2% l’aliquota normale in vigore al 1° gennaio 1991 possono applicare un’aliquota ridotta inferiore al minimo prescritto all’articolo 99 alle cessioni di beni ed alle prestazioni di servizi delle categorie di cui all’allegato III.
Inoltre, gli Stati membri di cui al primo comma possono applicare una tale aliquota ai servizi di ristorazione, all’abbigliamento ed alle calzature per bambini e all’edilizia abitativa».
9 Ai sensi dell’art. 115 della direttiva 2006/112:
«Gli Stati membri che al 1° gennaio 1991 applicavano un’aliquota ridotta ai servizi di ristorazione, all’abbigliamento ed alle calzature per bambini e all’edilizia abitativa possono continuare ad applicare una tale aliquota alla cessione di questi beni o alla prestazione di questi servizi».
10 Al titolo VIII della direttiva 2006/112, rubricato «Disposizioni transitorie», il capo 5 contiene, agli artt. 123-130, disposizioni che consentono a determinati Stati che hanno aderito all’Unione europea il 1° maggio 2004 di applicare un’esenzione, con diritto a detrazione dell’IVA pagata nella fase precedente, alla fornitura di determinati prodotti, nonché un’aliquota ridotta su determinati prodotti.
11 Per quanto riguarda la Repubblica di Polonia, l’art. 128 della direttiva 2006/112 così dispone:
«1 La Polonia può applicare un’esenzione, con diritto a detrazione dell’IVA pagata nella fase precedente, alle cessioni di taluni libri e periodici specializzati, fino al 31 dicembre 2007.
2. La Polonia può continuare ad applicare un’aliquota ridotta, non inferiore al 7%, alla prestazione di servizi di ristorazione, fino al 31 dicembre 2007 o fino all’introduzione del regime definitivo di cui all’articolo 402, ove quest’ultima data sia precedente.
3. La Polonia può continuare ad applicare un’aliquota ridotta non inferiore al 3% alle cessioni di prodotti alimentari di cui al punto 1) dell’allegato III, fino al 30 aprile 2008.
4. La Polonia può continuare ad applicare un’aliquota ridotta non inferiore al 3% alle cessioni di beni e alle prestazioni di servizi del genere normalmente utilizzato per la produzione agricola, esclusi beni di investimento quali macchinari o edifici, di cui al punto 11) dell’allegato III, fino al 30 aprile 2008.
5. La Polonia può continuare ad applicare un’aliquota ridotta non inferiore al 7% alla fornitura di servizi di costruzione, ristrutturazione e trasformazione di abitazioni, fuori dell’ambito di una politica sociale, esclusi i materiali edili, e sulla cessione, effettuata anteriormente alla prima occupazione, di immobili residenziali o frazioni di immobili residenziali di cui all’articolo 12, paragrafo 1, lettera a) fino al 31 dicembre 2007».
12 Tali deroghe sono state previste nell’ambito delle negoziazioni che hanno dato origine all’Atto relativo alle condizioni di adesione della Repubblica ceca, della Repubblica di Estonia, della Repubblica di Cipro, della Repubblica di Lettonia, della Repubblica di Lituania, della Repubblica di Ungheria, della Repubblica di Malta, della Repubblica di Polonia, della Repubblica di Slovenia e della Repubblica slovacca e agli adattamenti dei trattati sui quali si fonda l’Unione europea (GU 2003, L 236, pag. 33; in prosieguo: l’«Atto di adesione»). Esse figurano al capitolo 9, punto 1, lett. a)-c), dell’allegato XII dell’Atto di adesione.
13 L’art. 24 dell’Atto di adesione enuncia:
«Gli atti elencati negli allegati V, VI, VII, VIII, IX, X, XI, XII, XIII e XIV del presente atto si applicano nei confronti dei nuovi Stati membri alle condizioni previste in tali allegati».
14 L’allegato XII dell’Atto di adesione è intitolato «Elenco di cui all’articolo 24 dell’Atto di adesione: Polonia». Il capitolo 9 di tale allegato, intitolato «Fiscalità», contiene un punto 1 che dichiara applicabili le norme relative al sistema comune di IVA nei termini seguenti:
«31977 L 0388: Sesta direttiva 77/388/CEE del Consiglio, del 17 maggio 1977, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (GU L 145 [...], pag. 1), modificata da ultimo da:
– 32002 L 0038: Direttiva 2002/38/CE del Consiglio, del 7.5.2002 (GU L 128 [... ], pag. 41).
a) In deroga all’articolo 12, paragrafo 3, punto [a] della direttiva 77/388/CEE, la Polonia può: [i]) applicare un’esenzione, con rimborso delle imposte pagate allo stadio interiore, sulla cessione di taluni libri e periodici specializzati, fino al 31 dicembre 2007 e ii) mantenere un’aliquota ridotta dell’imposta sul valore aggiunto, non inferiore al 7%, sulla prestazione di servizi di ristorazione, fino al 31 dicembre 2007 o sino alla fine del periodo transitorio di cui all’articolo 28 terdecies di detta direttiva, qualora quest’ultima data sia anteriore.
b) In deroga all’articolo 12, paragrafo 3, lettera a) della direttiva 77/388/CEE, la Polonia può mantenere: i) un’aliquota ridotta dell’imposta sul valore aggiunto non inferiore al 3% sugli alimenti (comprese le bevande ma escluse le bevande alcoliche) destinati al consumo umano e animale, sugli animali vivi, le sementi, le piante e gli ingredienti destinati di norma alla preparazione di alimenti, sui prodotti destinati di norma a essere utilizzati come complementi o succedanei di alimenti e sulla fornitura di beni e sulla prestazione di servizi del genere normalmente utilizzato per la produzione agricola, esclusi beni di investimento quali macchinari o edifici, di cui all’allegato H, punti 1 e 10 di detta direttiva, fino al 30 aprile 2008 e ii) un’aliquota ridotta dell’imposta sul valore aggiunto non inferiore al 7% sulla prestazione di servizi fuori dell’ambito di una politica sociale e relativi alla costruzione, alla ristrutturazione e alla trasformazione di abitazioni, esclusi i materiali edili, e sulla cessione, effettuata anteriormente alla prima occupazione, di immobili residenziali o frazioni di immobili residenziali di cui all’articolo 4, paragrafo 3, lettera a) della direttiva fino al 31 dicembre 2007.
c) In applicazione dell’art. 28, paragrafo 3, lettera b), della direttiva 77/388/CEE, la Polonia potrà mantenere l’esenzione dall’imposta sul valore aggiunto per i trasporti internazionali di persone di cui all’allegato F, punto 17 di detta direttiva, finché non sia soddisfatta la condizione prevista dall’articolo 28, paragrafo 4 della medesima o fintantoché le stesse esenzioni saranno applicate da uno o più Stati membri attuali, qualora questa data sia anteriore».
La normativa nazionale
15 L’art. 41 della legge polacca 11 marzo 2004, relativa all’imposta sul valore aggiunto (Dz. U. del 2004, n. 54, n. rif. 535), come modificata (in prosieguo: la «legge sull’IVA»), stabilisce che l’aliquota IVA normale è pari al 22%, ammettendo però la possibilità di deroga. Per contro, l’art. 41, n. 2, della medesima legge prevede un’aliquota ridotta pari al 7% per la cessione di beni e la prestazione di servizi di cui al suo allegato n. 3.
16 L’allegato n. 3 della legge sull’IVA riporta, alla voce 45, gli «articoli di abbigliamento e accessori di moda per neonati» e, alla voce 47, le «calzature per bambini».
La fase precontenziosa del procedimento
17 La Commissione, ritenendo che l’applicazione di un’aliquota IVA ridotta pari al 7% alle cessioni, all’importazione e all’acquisto intracomunitario di articoli di abbigliamento e di accessori di moda per neonati nonché di calzature per bambini sia contraria al combinato disposto dell’art. 98 e dell’allegato III della direttiva 2006/112, ha deciso di avviare il procedimento per inadempimento previsto all’art. 226 CE. Con lettera del 23 marzo 2007, essa ha sollecitato la Repubblica di Polonia a presentare le sue osservazioni.
18 Nella sua risposta del 22 maggio 2007, la Repubblica di Polonia ha rilevato che l’applicazione di un’aliquota IVA ridotta ai beni interessati rientra tra le misure dirette a sostenere le famiglie e a incoraggiare la natalità in Polonia, collocandosi tra gli obiettivi della «strategia di Lisbona». Essa ha fatto altresì riferimento all’applicazione di aliquote IVA ridotte a questi stessi beni in Irlanda, in Lussemburgo e nel Regno Unito. Infine, essa reputava che, tenuto conto del fatto che l’applicazione dell’aliquota ridotta controversa aveva carattere limitato nel tempo, non potesse configurarsi una distorsione della concorrenza.
19 Non essendo convinta da tale risposta, la Commissione, il 1° febbraio 2008, emetteva un parere motivato nel quale invitava la Repubblica di Polonia ad adottare i provvedimenti necessari a conformarsi ad esso nel termine di due mesi a decorrere dalla sua ricezione.
20 Con lettera del 31 maggio 2008 la Repubblica di Polonia ribadiva la propria posizione.
21 Poiché gli argomenti della Repubblica di Polonia non convincevano la Commissione, quest’ultima decideva di proporre il presente ricorso.
Sul ricorso
Argomenti delle parti
22 La Commissione contesta alla Repubblica di Polonia di applicare un’aliquota IVA ridotta pari al 7% alle cessioni, all’importazione e all’acquisto intracomunitario di articoli di abbigliamento e di accessori di moda per neonati nonché di calzature per bambini, in violazione del combinato disposto dell’art. 98 e dell’allegato III della direttiva 2006/112.
23 La Commissione ricorda che l’obiettivo della direttiva 2006/112 è di armonizzare l’IVA. Dal momento che l’aliquota IVA ridotta costituisce un’eccezione alla regola, occorrerebbe limitare la sua applicazione alle situazioni concrete e specifiche chiaramente menzionate in tale direttiva.
24 La Commissione sottolinea che l’art. 98, n. 2, della direttiva 2006/112 dispone inequivocabilmente che le aliquote ridotte si applicano unicamente alle cessioni di beni rientranti nelle categorie elencate nell’allegato III di tale direttiva e che quest’ultima non menziona né gli «articoli di abbigliamento e accessori di moda per neonati» né le «calzature per bambini».
25 Il fatto che taluni Stati membri abbiano mantenuto un’aliquota IVA ridotta per i prodotti di cui trattasi ai sensi sia dell’art. 114 sia dell’art. 115 della direttiva 2006/112 ove l’applicassero al 1° gennaio 1991 non costituirebbe un argomento in grado di autorizzare anche la Repubblica di Polonia ad applicare un’aliquota IVA ridotta a tali beni.
26 La Commissione sostiene, in via principale, che, con la sua ratio, l’art. 115 della direttiva 2006/112, che corrisponde all’art. 28, n. 2, lett. d), della sesta direttiva, come modificata dalla direttiva del Consiglio 19 ottobre 1992, 92/77/CEE (GU L 316, pag. 1), si applica esclusivamente agli Stati membri che facevano parte della Comunità europea al momento dell’adozione della direttiva 92/77 e autorizza questi ultimi, in via di deroga, a mantenere le aliquote IVA ridotte, a condizione che tali aliquote fossero applicate in tali Stati membri al 1° gennaio 1991 (v., in tal senso, sentenza 11 ottobre 2001, causa C-267/99, Adam, Racc. pag. I-7467, punto 34).
27 Essa sottolinea che la Repubblica di Polonia non figurava nel novero degli Stati membri al momento dell’adozione della direttiva 92/77 e che l’Atto di adesione non prevede che tale Stato membro possa beneficiare delle disposizioni transitorie previste agli artt. 114 e 115 della direttiva 2006/112 (v., per analogia, sentenza 7 marzo 2002, causa C-169/00, Commissione/Finlandia, Racc. pag. I-2433, punto 30).
28 In subordine, la Commissione sostiene che i presupposti per l’applicazione dell’art. 115 della direttiva 2006/112 non sono, comunque, soddisfatti.
29 Da una parte, al 1° gennaio 1991, l’imposta introdotta dalla legge 16 dicembre 1972, relativa all’imposta sulla cifra d’affari (testo uniforme Dz. U. del 1983, n. 43, n. rif. 191), come modificata (in prosieguo: la «legge 16 dicembre 1972»), non avrebbe costituito un’IVA ai sensi dell’art. 115 della direttiva 2006/112.
30 D’altra parte, la Repubblica di Polonia non avrebbe applicato, al 1° gennaio 1991, un’aliquota ridotta sui prodotti di cui trattasi.
31 La Repubblica di Polonia ritiene che, conformemente al diritto dell’Unione e, in particolare, all’art. 115 della direttiva 2006/112, essa sia legittimata a mantenere un’aliquota IVA ridotta per i prodotti di cui trattasi e che tale possibilità sia rafforzata da considerazioni di natura sociale conformi agli obiettivi generali dell’Unione.
32 La Repubblica di Polonia sottolinea che, sebbene la situazione politica di uno Stato membro nel corso delle negoziazioni delle condizioni relative alla sua adesione possa spingere tale Stato a indicare expressis verbis, nel Trattato di adesione, le categorie di esonero che sono particolarmente sensibili del punto di vista sociale o che generano un ampio dibattito prima dell’adesione, ciò non potrebbe tuttavia suffragare la tesi relativa all’impossibilità di applicare l’art. 115 della direttiva 2006/112 per lo Stato membro che non abbia fatto riprodurne il contenuto nelle condizioni dell’Atto di adesione.
33 La Repubblica di Polonia asserisce che, in Polonia, al 1° gennaio 1991, si applicava alla vendita di determinati beni, tra cui articoli di abbigliamento e scarpe per bambini, un’aliquota ridotta in conformità alle disposizioni della legge 16 dicembre 1972. Il meccanismo dell’IVA in Polonia, introdotto successivamente all’entrata in vigore della legge 8 gennaio 1993, relativa all’imposta sui beni e sui servizi (Dz. U. del 1993, n. 11, n. rif. 50), come modificata, sarebbe molto affine a quello dell’Unione dal momento che sarebbe stato ispirato a quest’ultimo. La Repubblica di Polonia avrebbe quindi sempre applicato un’aliquota ridotta pari al 7% a tali beni. Essa soddisfarebbe pertanto le condizioni per l’applicazione dell’art. 28, n. 2, lett. d), della sesta direttiva, e, di conseguenza, dell’art. 115 della direttiva 2006/112, anche se tale disposizione non è stata riportata nell’Atto di adesione.
34 L’argomento della Commissione, relativo al fatto che l’Atto di adesione non include disposizioni corrispondenti al testo dell’art. 115 della direttiva 2006/112 per i beni di cui trattasi, laddove ricomprende disposizioni in tal senso per quanto riguarda l’applicazione di un’aliquota ridotta ai servizi di ristorazione e all’edilizia abitativa, costituirebbe un argomento a contrario, il che non sarebbe ammissibile. Secondo la Repubblica di Polonia, non si può desumere dal fatto che talune disposizioni, in cui si menzionano beni e servizi interessati da un’aliquota IVA ridotta in base a deroghe alle disposizioni della sesta direttiva, sono state sussunte nell’Atto di adesione che ad altri beni e servizi, menzionati esclusivamente nel contesto delle disposizioni del diritto derivato, non possa essere applicata tale aliquota. Il recepimento di disposizioni del diritto derivato nell’Atto di adesione potrebbe avere solo un valore dichiarativo.
35 Negare ai «nuovi» Stati membri la possibilità di applicare l’art. 115 della direttiva 2006/112 li avvantaggerebbe rispetto ai «vecchi» Stati membri. Differenze significative per quanto riguarda il livello della tassazione – nella misura del 10% dell’aliquota IVA – comporterebbero divergenze di prezzo tra i medesimi prodotti nei vari Stati membri, il che, conformemente al quarto e al settimo ‘considerando’ di tale direttiva, falserebbe la concorrenza intracomunitaria.
36 La Repubblica di Polonia rileva che il mantenimento di un’aliquota IVA ridotta deve essere ammesso per motivi di ordine sociale che coincidono con gli obiettivi dell’Unione, i quali riguardano non solo la crescita economica, ma altresì il progresso sociale.
37 La finalità delle deroghe alle disposizioni della direttiva 2006/112 sarebbe, come emerge dal sesto ‘considerando’ di quest’ultima e dalla giurisprudenza, quella di ridimensionare il più possibile gli effetti negativi, per l’economia e la società, di un’armonizzazione troppo restrittiva (v., per analogia, sentenze 6 luglio 2006, causa C-251/05, Talacre Beach Caravan Sales, Racc. pag. I-6269, punto 22, e 10 aprile 2008, causa C-309/06, Marks & Spencer, Racc. pag. I-2283, punto 24).
38 A tale riguardo la Repubblica di Polonia ricorda che, sin dalla fase del procedimento amministrativo, essa ha sottolineato che il mantenimento di un’aliquota IVA ridotta sui prodotti di cui trattasi è estremamente importante sotto il profilo della sua crescita economica, ma soprattutto sotto il profilo delle soluzioni dirette a incoraggiare in modo effettivo l’incremento del tasso di natalità in Polonia.
Giudizio della Corte
39 È pacifico che, alla scadenza del termine fissato nel parere motivato, la Repubblica di Polonia applicava un’aliquota IVA ridotta pari al 7% ai prodotti di cui trattasi e che questi ultimi non rientrano nelle categorie di beni e servizi figuranti nell’allegato III della direttiva 2006/112, i quali, ai sensi dell’art. 98 di tale direttiva, sono gli unici cui possono applicarsi le aliquote ridotte. È altresì indubbio che l’Atto di adesione non prevede una deroga al riguardo.
40 La Repubblica di Polonia rileva tuttavia che tale tassazione ad aliquota ridotta può essere ammessa in forza dell’art. 115 della direttiva 2006/112. La Commissione sostiene, in via principale, che tale disposizione è applicabile soltanto agli Stati che erano membri della Comunità al momento dell’adozione della direttiva 92/77 e, in subordine, che nel caso di specie non sono soddisfatti i presupposti per l’applicazione del detto art. 115.
41 Occorre rammentare, in via preliminare, che l’art. 115 della direttiva 2006/112 è una disposizione transitoria, introdotta inizialmente nella sesta direttiva come art. 28, n. 2, lett. d), con la direttiva 92/77, che, in via di deroga, autorizza gli Stati membri, tenuti ad adeguare il loro sistema IVA in termini di numero e di entità delle aliquote IVA oggetto di armonizzazione, a mantenere le aliquote IVA ridotte da essi applicate a taluni prodotti e servizi, a condizione che queste ultime fossero applicate in tali Stati membri al 1° gennaio 1991. Trattandosi quindi di un regime derogatorio e transitorio, l’art. 115 della direttiva 2006/112 deve costituire l’oggetto di un’interpretazione restrittiva (v., per analogia, sentenza 12 giugno 2008, causa C-462/05, Commissione/Portogallo, Racc. pag I-4183, punto 54).
42 A questo proposito è sufficiente osservare che la deroga prevista al detto art. 115 è subordinata alla presenza di due condizioni di applicazione cumulative. In base alla prima, lo Stato membro interessato era tenuto ad applicare, al 1° gennaio 1991, un’IVA ai sensi della direttiva 2006/112 o, quantomeno, un sistema di tassazione avente le stesse caratteristiche del sistema comune di IVA. In base alla seconda condizione, nel contesto della tassazione in parola, alle cessioni di beni e alle prestazioni di servizi previste in questo articolo doveva essere applicata, al 1° gennaio 1991, un’aliquota ridotta.
43 Per quanto riguarda la prima condizione, la Repubblica di Polonia ha indicato di aver introdotto il sistema comune dell’IVA nella sua legislazione nazionale solo tramite la legge sull’IVA. Occorre quindi verificare se l’imposta polacca prevista dalla legge 16 dicembre 1972, in vigore al 1° gennaio 1991, possa, quanto meno, essere considerata un’imposta equivalente all’IVA.
44 Si deve ricordare, al riguardo, che il principio del sistema comune dell’IVA consiste nell’applicare ai beni ed ai servizi, fino allo stadio del commercio al minuto, un’imposta generale sul consumo esattamente proporzionale al prezzo dei beni e dei servizi, qualunque sia il numero di operazioni intervenute nel processo di produzione e di distribuzione antecedente alla fase dell’imposizione. Tuttavia, a ciascun passaggio, l’IVA si può esigere solo previa detrazione di tale tributo che ha gravato direttamente sul costo dei vari fattori che compongono il prezzo. Il sistema delle detrazioni è disciplinato in modo che i soggetti passivi siano autorizzati a detrarre dall’IVA da essi dovuta gli importi di IVA che hanno già gravato sui beni o sui servizi a monte e che tale imposta colpisca ogni volta solo il valore aggiunto e vada, in definitiva, a carico del consumatore finale (v. sentenza 3 ottobre 2006, causa C-475/03, Banca popolare di Cremona, Racc. pag. I-9373, punti 21 e 22).
45 La Corte ha precisato quali siano le caratteristiche essenziali dell’IVA. Nonostante alcune differenze redazionali, risulta dalla sua giurisprudenza che tali caratteristiche sono quattro: l’imposta in parola si applica in modo generale alle operazioni aventi ad oggetto beni o servizi; è proporzionale al prezzo percepito dal soggetto passivo quale contropartita dei beni e servizi forniti; viene riscossa in ciascuna fase del processo di produzione e di distribuzione, compresa quella della vendita al minuto, a prescindere dal numero di operazioni effettuate in precedenza; gli importi pagati in occasione delle precedenti fasi del processo di produzione e di distribuzione sono detratti dall’IVA dovuta dal soggetto passivo, cosicché tale tributo si applica, in ciascuna fase, solo al valore aggiunto della fase stessa, e in definitiva il peso della detta imposta va a carico del consumatore finale (v. sentenze Banca popolare di Cremona, cit., punto 28, nonché 11 ottobre 2007, cause riunite C-283/06 e C-312/06, KÖGÁZ e a., Racc. pag. I-8463, punto 37).
46 È sufficiente che un’imposta non presenti una di queste caratteristiche essenziali perché non possa essere ritenuta equivalente all’IVA (v., in tal senso, ordinanza 5 febbraio 2009, causa C-119/08, UAB Mechel Nemunas, punto 37).
47 Nella fattispecie, relativamente alla seconda caratteristica fondamentale dell’IVA, si deve rilevare che, mentre l’IVA è riscossa per ogni singola operazione al momento della commercializzazione e il suo importo deve essere proporzionale al prezzo dei beni o servizi forniti (v. sentenza KÖGÁZ e a., cit., punto 39), dagli artt. 4 e 5 della legge 16 dicembre 1972 emerge che l’imposta polacca in vigore al 1° gennaio 1991 era, al contrario, calcolata sul fatturato lordo realizzato dal soggetto passivo nel corso di un determinato periodo.
48 Poiché l’imposta polacca è quindi calcolata in base ad un fatturato periodico, non era possibile determinare con precisione l’importo della stessa eventualmente traslato sul cliente in occasione di ciascuna vendita di beni o di ciascuna prestazione di servizi, sicché il requisito della proporzionalità di tale importo rispetto al prezzo percepito dal soggetto d’imposta non era soddisfatto (v. sentenza KÖGÁZ e a., cit., punto 40).
49 Inoltre, per quanto riguarda la quarta caratteristica essenziale dell’IVA, va rilevato che, mentre il meccanismo dell’IVA comunitaria prevede la detrazione dell’imposta dovuta o versata per qualsiasi bene o servizio utilizzato ai fini delle sue operazioni imponibili affinché l’imposta gravi solo sul valore aggiunto in una determinata fase della produzione o della distribuzione, dalle indicazioni fornite dalle parti in risposta ai quesiti scritti che erano stati loro posti dalla Corte e dai dibattiti intervenuti in sede di udienza emerge che la legge 16 dicembre 1972 non prevedeva alcun diritto a detrazione dell’imposta versata a monte, ma autorizzava esclusivamente a detrarre dall’imposta generale che grava sul fatturato a valle i tributi gravanti, a monte, su determinati beni o determinate materie prime. Tale imposta si applicava quindi non già al valore aggiunto ai beni o ai servizi, bensì alla somma complessiva dei redditi percepiti.
50 La Repubblica di Polonia rileva tuttavia che l’art. 9 del regolamento del Ministro delle Finanze 17 aprile 1990 (Dz. U. del 1990, n. 27, n. rif. 156), esonerava, in via di principio, dall’imposta sulla cifra d’affari la vendita di beni d’approvvigionamento, di investimento e di semilavorati.
51 Tuttavia, sebbene sia indubbiamente vero che l’esistenza di differenze relativamente al metodo con cui è calcolata la detrazione dell’imposta già pagata non priva un’imposta di una caratteristica essenziale dell’IVA qualora tali differenze siano più che altro di natura tecnica e non impediscano che tale imposta funzioni sostanzialmente nello stesso modo dell’IVA, lo stesso non può valere per un’imposta che colpisca le attività produttive in modo tale che non sia certo che la stessa vada, in definitiva, a carico del consumatore finale, come avviene per un’imposta sul consumo come l’IVA (sentenza Banca popolare di Cremona, cit., punto 31).
52 Orbene, nella fattispecie, a motivo, in particolare, del gioco opaco delle varie esenzioni o tassazioni a cascata, non esiste alcuna certezza del fatto che l’onere dell’imposta sulla cifra d’affari polacca sia risultato, in definitiva, a carico del consumatore finale in un modo caratteristico di un’imposta sui consumi quale l’IVA né che esso abbia condotto al medesimo risultato di quest’ultima.
53 Da tali considerazioni emerge che l’imposta sulla cifra d’affari applicabile in Polonia al 1° gennaio 1991 non rispondeva alle caratteristiche essenziali dell’IVA.
54 Poiché la Repubblica di Polonia, al 1° gennaio 1991, non ha applicato un’IVA ai sensi della direttiva 2006/112 né un sistema di tassazione avente le stesse caratteristiche essenziali dell’IVA, non ricorrono le condizioni per l’applicazione dell’art. 115 della direttiva 2006/112.
55 Ne consegue che la Repubblica di Polonia avrebbe dovuto applicare l’aliquota IVA normale ai prodotti di cui trattasi.
56 Infine, relativamente al motivo di difesa autonomo che la Repubblica di Polonia ha fatto valere, secondo cui l’applicazione di un’aliquota IVA ridotta ai beni di cui trattasi sarebbe diretta a incrementare il tasso di natalità in Polonia e contribuirebbe ad accelerare il ritmo della crescita economica nello spirito della strategia di Lisbona, è sufficiente constatare che un tale argomento di natura sociopolitica, sebbene possa eventualmente giustificare la concessione da parte del Consiglio dell’Unione europea di una deroga mediante una modifica della direttiva 2006/112, per contro, da un punto di vista giuridico, non può giustificare, nell’ambito del presente ricorso per inadempimento, che tale Stato membro violi le disposizioni dell’art. 98, n. 2, della direttiva 2006/112.
57 In tali circostanze, si deve constatare che, applicando un’aliquota IVA ridotta pari al 7% alle cessioni, all’importazione e all’acquisto intracomunitario di articoli di abbigliamento e di accessori di moda per neonati nonché di calzature per bambini, la Repubblica di Polonia è venuta meno agli obblighi che le incombono in forza del combinato disposto dell’art. 98 e dell’allegato III della direttiva 2006/112.
Sulle spese
58 Ai sensi dell’art. 69, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la Commissione ne ha fatto domanda, la Repubblica di Polonia, rimasta soccombente, dev’essere condannata alle spese.
Per questi motivi, la Corte (Terza Sezione) dichiara e statuisce:
1) Applicando un’aliquota ridotta sull’imposta sul valore aggiunto pari al 7% alle cessioni, all’importazione e all’acquisto intracomunitario di articoli di abbigliamento e di accessori di moda per neonati nonché di calzature per bambini, la Repubblica di Polonia è venuta meno agli obblighi che le incombono in forza del combinato disposto dell’art. 98 e dell’allegato III della direttiva del Consiglio 28 novembre 2006, 2006/112/CE, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto.
2) La Repubblica di Polonia è condannata alle spese.
Firme
* Lingua processuale: il polacco.