Causa C-155/09
Commissione europea
contro
Repubblica ellenica
«Inadempimento di uno Stato — Artt. 12 CE, 18 CE, 39 CE e 43 CE — Artt. 4, 28 e 31 dell’Accordo sullo Spazio economico europeo — Normativa tributaria — Presupposti per l’esenzione dall’imposta sulle cessioni in occasione del primo acquisto di un bene immobile — Esenzione riservata ai soli residenti nel territorio nazionale nonché ai cittadini di origine greca che non risiedono in quest’ultimo alla data dell’acquisto»
Massime della sentenza
1. Cittadinanza dell’Unione europea — Diritto di libera circolazione e di libero soggiorno nel territorio degli Stati membri — Imposta sulle cessioni di beni immobili
(Artt. 18 CE, 39 CE e 43 CE; Accordo SEE, artt. 28 e 31)
2. Cittadinanza dell’Unione europea — Parità di trattamento — Discriminazione in base alla nazionalità — Divieto — Imposta nazionale sulle cessioni di beni immobili
(Artt. 12 CE, 18 CE, 39 CE e 43 CE; Accordo SEE, artt. 4, 28 e 31)
1. Viene meno agli obblighi ad esso incombenti ai sensi degli artt. 18 CE, 39 CE e 43 CE nonché degli artt. 28 e 31 dell’Accordo sullo Spazio economico europeo uno Stato membro che esenta dall’imposta sulle cessioni di beni immobili unicamente i residenti permanenti sul territorio nazionale, mentre i non residenti che hanno l’intenzione di installarsi in futuro su tale territorio non sono esentati dall’imposta in parola.
Infatti, le norme relative alla parità di trattamento vietano non soltanto le discriminazioni palesi in base alla cittadinanza, ma anche qualsiasi discriminazione dissimulata che, basandosi su altri criteri di distinzione, pervenga di fatto al medesimo risultato. Orbene, è quanto avviene nel caso di una misura che preveda una distinzione basata sul criterio del domicilio o della residenza, in quanto tale criterio rischia di operare principalmente a danno dei cittadini di altri Stati membri, considerato che il più delle volte le persone che non hanno il domicilio nel territorio dello Stato sono, al pari di quelle ivi non residenti, cittadini stranieri. Siffatta condizione di residenza permanente non è tale da giustificare gli obiettivi, invocati dallo Stato membro di cui trattasi, consistenti nel facilitare l’acquisto di un primo alloggio, prevenire qualsiasi speculazione immobiliare e sostenere le famiglie i cui redditi sono di un livello debole o medio, e non è necessaria per limitare la frode fiscale ed evitare gli abusi consistenti nell’eludere l’obiettivo dell’esenzione.
(v. punti 45, 46, 59, 63, dispositivo 1)
2. Viene meno agli obblighi ad esso incombenti ai sensi degli artt. 12 CE, 39 CE e 43 CE nonché degli artt. 4, 28 e 31 dell’Accordo SEE, uno Stato membro che, in occasione dell’acquisto di una prima residenza sul suo territorio, a determinate condizioni esenta dall’imposta sulle cessioni di beni immobili unicamente i propri cittadini o le persone aventi origine in tale Stato.
Tale diverso trattamento tra i cittadini nazionali e quelli degli altri Stati membri che abbiano l’intenzione di installarsi nello Stato membro in questione, espressamente ed unicamente fondato sulla cittadinanza, costituisce una discriminazione diretta vietata dalle citate disposizioni. Obiettivi diretti, da una parte, a facilitare l’acquisto di un alloggio per gli emigranti cittadini di detto Stato membro e le persone aventi la stessa origine nazionale, nonché ad incoraggiarne il ritorno, dato che tale Stato membro avrebbe subito una forte diminuzione della sua popolazione a causa di una massiccia emigrazione all’estero e, dall’altra parte, alla preservazione dei legami tra i suddetti emigranti ed il loro Stato d’origine non sono tali da provare l’esistenza di circostanze oggettive, indipendenti dalla cittadinanza delle persone interessate, le quali possano giustificare una discriminazione come quella risultante dalla suddetta esenzione, in quanto esse si fondano sulla cittadinanza stessa delle persone interessate.
(v. punti 69-71, 75, dispositivo 1)
SENTENZA DELLA CORTE (Prima Sezione)
20 gennaio 2011 (*)
«Inadempimento di uno Stato – Artt. 12 CE, 18 CE, 39 CE e 43 CE – Artt. 4, 28 e 31 dell’Accordo sullo Spazio economico europeo – Normativa tributaria – Presupposti per l’esenzione dall’imposta sulle cessioni in occasione del primo acquisto di un bene immobile – Esenzione riservata ai soli residenti nel territorio nazionale nonché ai cittadini di origine greca che non risiedono in quest’ultimo alla data dell’acquisto»
Nella causa C-155/09,
avente ad oggetto il ricorso per inadempimento, ai sensi dell’art. 226 CE, proposto il 4 maggio 2009,
Commissione europea, rappresentata dai sigg. R. Lyal e D. Triantafyllou, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo,
ricorrente,
contro
Repubblica ellenica, rappresentata dal sig. P. Mylonopoulos e dalla sig.ra V. Karra, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo,
convenuta,
LA CORTE (Prima Sezione),
composta dal sig. A. Tizzano, presidente di sezione, dai sigg. J.-J. Kasel, E. Levits, M. Safjan e dalla sig.ra M. Berger (relatore), giudici,
avvocato generale: sig. J. Mazák
cancelliere: sig.ra R. Şereş, amministratore
vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 20 maggio 2010,
vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1 Con il proprio ricorso la Commissione delle Comunità europee chiede alla Corte di dichiarare che:
– esentando dall’imposta sulle cessioni di beni immobili (in prosieguo: l’«imposta») solo i residenti permanenti in Grecia, ma non esentando i non residenti che hanno l’intenzione di stabilirsi in futuro nel paese, e
– esentando, a determinate condizioni, dalla medesima imposta solo i cittadini greci in occasione dell’acquisto di una prima residenza in Grecia, ponendo così in essere una discriminazione espressa a detrimento dei residenti all’estero i quali non sono cittadini greci,
la Repubblica ellenica è venuta meno agli obblighi che le incombono a norma degli artt. 18 CE, 39 CE e 43 CE, letti alla luce dell’art. 12 CE, nonché degli artt. 4, 28 e 31 dell’Accordo sullo Spazio economico europeo del 2 maggio 1992 (GU 1994, L 1, pag. 3; in prosieguo: l’«Accordo SEE»), in quanto tale Stato membro ostacola l’esercizio delle libertà fondamentali derivanti da tali disposizioni.
Contesto normativo
Il diritto dell’Unione
2 L’art. 12, primo comma, CE, dispone quanto segue:
«Nel campo di applicazione del presente trattato, e senza pregiudizio delle disposizioni particolari dallo stesso previste, è vietata ogni discriminazione effettuata in base alla nazionalità».
3 L’art. 18, n. 1, CE, prevede che:
«Ogni cittadino dell’Unione ha il diritto di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, fatte salve le limitazioni e le condizioni previste dai trattati e dalle disposizioni adottate in applicazione degli stessi».
4 L’art. 39, nn. 1-3, CE, recita come segue:
«1. La libera circolazione dei lavoratori all’interno della Comunità è assicurata.
2. Essa implica l’abolizione di qualsiasi discriminazione, fondata sulla nazionalità, tra i lavoratori degli Stati membri, per quanto riguarda l’impiego, la retribuzione e le altre condizioni di lavoro.
3. Fatte salve le limitazioni giustificate da motivi di ordine pubblico, pubblica sicurezza e sanità pubblica, essa importa il diritto:
a) di rispondere a offerte di lavoro effettive,
b) di spostarsi liberamente a tal fine nel territorio degli Stati membri,
c) di prendere dimora in uno degli Stati membri al fine di svolgervi un’attività di lavoro, conformemente alle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative che disciplinano l’occupazione dei lavoratori nazionali,
d) di rimanere, a condizioni che costituiranno l’oggetto di regolamenti di applicazione stabiliti dalla Commissione, sul territorio di uno Stato membro, dopo avervi occupato un impiego».
5 A norma dell’art. 43 CE:
«Nel quadro delle disposizioni che seguono, le restrizioni alla libertà di stabilimento dei cittadini di uno Stato membro nel territorio di un altro Stato membro vengono vietate. Tale divieto si estende altresì alle restrizioni relative all’apertura di agenzie, succursali o filiali, da parte dei cittadini di uno Stato membro stabiliti sul territorio di uno Stato membro.
La libertà di stabilimento importa l’accesso alle attività non salariate e al loro esercizio, nonché la costituzione e la gestione di imprese e in particolare di società ai sensi dell’articolo 48, secondo comma, alle condizioni definite dalla legislazione del paese di stabilimento nei confronti dei propri cittadini, fatte salve le disposizioni del capo relativo ai capitali».
6 Le disposizioni menzionate ai punti 2-5 della presente sentenza, ad eccezione dell’art. 18 CE, sono analoghe a quelle enunciate agli artt. 4, 28 e 31 dell’Accordo SEE.
La normativa nazionale
7 L’art. 1, n. 1, della legge 1078/1980 prevede quanto segue:
«I contratti relativi all’acquisto di un bene immobile, totalmente ed in piena proprietà, da parte di una persona coniugata sono esentati dall’imposta sulle cessioni di beni immobili quando l’acquirente o il congiunto o i suoi figli minori non hanno alcun diritto di piena proprietà, usufrutto o abitazione su un’altra casa o un altro appartamento sufficiente per le necessità di alloggio della sua famiglia o alcun diritto di piena proprietà su un terreno edificabile o su una quota parte di terreno corrispondente alla superficie di un alloggio e sito in una municipalità o comune con una popolazione di più di tremila (3 000) abitanti».
8 L’art. 1, n. 3, della stessa legge recita come segue:
«Le disposizioni del presente articolo non sono applicabili ai contratti di cessione di beni immobili a titolo oneroso, quando l’acquirente non risiede stabilmente in Grecia.
A titolo eccezionale un’esenzione è accordata in occasione dell’acquisto di una casa, di un appartamento, o di un terreno da parte di Greci o di persone di origine greca che hanno lavorato all’estero per almeno sei (6) anni e che sono iscritti nel registro municipale nazionale del paese, anche se non hanno la loro residenza permanente in Grecia al momento dell’acquisto».
9 L’art. 1, n. 7, della suddetta legge prevede che l’esenzione è accordata a condizione che l’immobile resti di proprietà dell’acquirente per almeno cinque anni.
10 A norma dell’autorizzazione conferita dall’art. 1, n. 12, della legge 1078/1980, una decisione ministeriale del 7 aprile 2005 ha fissato ad un anno il periodo continuativo minimo di residenza richiesto ad ogni interessato in Grecia.
Il procedimento precontenzioso
11 Il 6 dicembre 2007 la Commissione ha inviato alla Repubblica ellenica una lettera di diffida in cui sosteneva che, esentando dall’imposta, da una parte, solo i residenti permanenti in Grecia, ma non i non residenti i quali hanno l’intenzione di installarsi in futuro in questo Stato membro, e, dall’altra, a determinate condizioni, solo i cittadini greci in occasione dell’acquisto di una prima residenza in Grecia, istituendo quindi una discriminazione espressa a detrimento dei residenti all’estero che non sono cittadini greci, il suddetto Stato membro poneva in non cale gli obblighi che gli incombono ai sensi degli artt. 12 CE, 18 CE, 39 CE e 43 CE nonché degli artt. 4, 28 e 31 dell’Accordo SEE.
12 Il 13 febbraio 2008, la Repubblica ellenica ha risposto alla suddetta lettera rigettando integralmente gli addebiti della Commissione.
13 Il 23 settembre 2008 la Commissione, non convinta da tale risposta, ha inviato un parere motivato alla Repubblica ellenica, invitandola a conformarsi ai suoi obblighi entro un termine di due mesi a decorrere dal ricevimento del parere stesso. Tale Stato membro ha risposto a quest’ultimo il 21 novembre 2008 reiterando i termini della sua lettera di diffida.
14 Non convinta dalle spiegazioni fornite dalla Repubblica ellenica, la Commissione ha deciso di proporre il presente ricorso.
Sul ricorso
Sul primo addebito, relativo alla restrizione a talune libertà fondamentali
Argomenti delle parti
15 La Commissione, riferendosi in particolare alla sentenza 13 luglio 1993, causa C-330/91, Commerzbank (Racc. pag. I-4017), fa valere, in primo luogo che, benché il criterio di residenza permanente previsto all’art. 1, n. 3, primo comma, della legge 1078/1980 non implichi necessariamente un trattamento discriminatorio nei confronti dei cittadini dell’Unione, poiché si applica indipendentemente dalla cittadinanza degli interessati, ciò non toglie che i residenti permanenti in Grecia sono, per la maggior parte, cittadini greci, il che può permettere di provare il carattere discriminatorio della disposizione in parola.
16 La Commissione sostiene in proposito che la suddetta disposizione esclude dal beneficio dell’esenzione fiscale i non residenti che acquistano in Grecia una prima residenza ai fini della loro futura installazione in questo Stato. Tale disparità di trattamento implicherebbe quindi un trattamento discriminatorio tra i residenti attuali e futuri.
17 In secondo luogo, riferendosi segnatamente alle sentenze 15 settembre 2005, causa C-464/02, Commissione/Danimarca (Racc. pag. I-7929), nonché 13 novembre 2003, causa C-209/01, Schilling e Fleck-Schilling (Racc. pag. I-13389), la Commissione ricorda che l’enunciazione in chiave generale dell’art. 18 CE, il quale stabilisce il diritto di ogni cittadino dell’Unione europea di circolare e soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, trova una specifica applicazione negli artt. 39 CE e 43 CE. Dal suo punto di vista, secondo la giurisprudenza consolidata della Corte, l’insieme delle disposizioni del Trattato relative alla libera circolazione delle persone è volto a facilitare, ai cittadini comunitari, l’esercizio di attività lavorative di qualsivoglia natura ed osta ai provvedimenti che potrebbero sfavorirli qualora essi intendano svolgere un’attività economica sul territorio di un altro Stato membro. Disposizioni che impediscano ad un cittadino di uno Stato membro di lasciare il suo Stato d’origine per esercitare il suo diritto di libera circolazione, o che lo dissuadano dal farlo, costituiscono ostacoli a tale libertà anche se si applicano indipendentemente dalla cittadinanza dei lavoratori interessati. Fondandosi su tale giurisprudenza, la Commissione sostiene che è manifesto che la legislazione greca di cui è causa è contraria agli artt. 18 CE, 39 CE e 43 CE, poiché rende la situazione delle persone, le quali non risiedano ancora in via permanente in questo Stato membro e si prefiggano di installarvisi stabilmente, meno attrattiva di quella dei residenti permanenti cui è accordato il vantaggio fiscale.
18 La Commissione precisa al riguardo che sussiste una violazione degli artt. 39 CE e 43 CE quando si tratta di persone in attività. L’art. 18 CE si applicherebbe invece direttamente alle persone non economicamente attive o senza legami con la Grecia, il che, nel caso di specie, concernerebbe segnatamente i pensionati.
19 Secondo il medesimo ragionamento la Commissione considera che l’art. 1, nn. 1 e 3, primo comma, della legge 1078/1980 è contrario agli artt. 28 e 31 dell’Accordo SEE.
20 Quanto alla giustificazione della restrizione istituita dalle suddette disposizioni, la Commissione fa valere che essa non può essere giustificata da nessuno degli obiettivi di interesse generale invocati dalla Repubblica ellenica e che, comunque, contravviene al principio di proporzionalità.
21 Riguardo all’obiettivo diretto a facilitare l’acquisto di un alloggio da parte dei residenti ed a prevenire qualsiasi speculazione immobiliare in tale contesto, la Commissione sostiene, in primo luogo, che siffatto obiettivo potrebbe essere perseguito anche nei confronti delle persone che acquistano una prima residenza al fine di installarsi ulteriormente in Grecia. In secondo luogo, la Commissione fa valere che la legge 1078/1980 non prevede l’obbligo per l’acquirente di utilizzare il bene immobile acquistato quale residenza permanente né vieta di affittarlo o di rivenderlo. Orbene, in assenza di un obbligo siffatto, tale obiettivo non può essere raggiunto e quindi non potrebbe essere utilmente invocato dalla Repubblica ellenica.
22 Peraltro la Commissione fa valere che esistono meccanismi di controllo meno coercitivi per raggiungere i suddetti obiettivi come, ad esempio, la registrazione presso la competente autorità greca delle persone che si installano in Grecia, l’iscrizione di queste ultime nel registro fiscale, la verifica delle loro dichiarazioni fiscali e la concessione, con riserva di soddisfare talune condizioni, di un trattamento fiscale di vantaggio. Un sistema di controllo del genere potrebbe inoltre essere completato da «dichiarazioni sull’onore». Di conseguenza il rifiuto di accordare tale esenzione fiscale alle persone che non ancora risiedono in Grecia in via permanente, ma che acquistano un bene immobile in questo Stato membro con l’intenzione di installarvisi, andrebbe ben oltre quanto è necessario per raggiungere l’obiettivo consistente nel prevenire qualsiasi speculazione sui beni immobili in Grecia.
23 La Commissione nega il fatto che, in assenza di qualsiasi informazione fiscale relativa all’acquirente, sia impossibile ricercare l’esistenza, all’occorrenza, di altri beni immobili appartenenti a quest’ultimo, di modo che non si può ritenere che la disposizione nazionale contestata sia diretta a prevenire l’elusione della legge. Essa fa valere in proposito che, poiché si tratta di persone che si sono installate in Grecia, il punto se esse posseggano già un bene immobile in Grecia o meno non è più difficile da provare per queste ultime che per quelle già residenti sul territorio nazionale. Poiché la dichiarazione fiscale non può essere considerata un mezzo molto affidabile, niente osterebbe a che le autorità greche chiedano agli acquirenti se siano già proprietari di un bene immobile in Grecia. La Commissione rinvia al riguardo alla possibilità di iscrizione su registri appropriati, come il catasto recentemente istituito, ed alla facoltà di instaurare controlli che permettano di prevenire gli abusi.
24 Infine, la Commissione contesta anche l’argomento invocato dalla Repubblica ellenica secondo cui il diritto dell’Unione non elimina il diritto del legislatore nazionale di subordinare a taluni criteri la concessione di agevolazioni e vantaggi fiscali. Essa fa valere a tale riguardo che il Trattato non vieta solo il trattamento discriminatorio diretto ma anche, e più generalmente, le restrizioni alle libertà fondamentali nel settore delle imposte dirette. L’art. 1, n. 3, primo comma, della legge 1078/1980 costituirebbe incontestabilmente una restrizione alla libera circolazione delle persone, poiché questa disposizione dissuaderebbe le persone che vivono in altri Stati membri e sono maggioritariamente cittadini dei medesimi e non cittadini greci, dall’installarsi in Grecia.
25 La Repubblica ellenica contesta l’integralità dell’asserito inadempimento facendo valere anzitutto che, se è vero che tanto l’art. 12 CE quanto l’art. 39 CE vietano espressamente qualsiasi discriminazione fondata sulla cittadinanza, risulta dal complesso delle disposizioni adottate in occasione dei vari interventi del legislatore nazionale, nonché dall’esclusione di qualsiasi esigenza di cittadinanza greca quanto ai presupposti di concessione dell’esenzione fiscale in parola, che la costante volontà di quest’ultimo è sempre stata quella di accordare tale esenzione non soltanto ai cittadini greci, ma più generalmente a tutte le persone fisiche aventi la loro residenza permanente in Grecia, indipendentemente dalla cittadinanza.
26 La Repubblica ellenica sottolinea al riguardo che una circolare emessa nel 1992, in seguito ad un parere del Consiglio di Stato, per aiutare l’amministrazione ad applicare correttamente la legge 1078/1980, precisa proprio che le disposizioni contestate di quest’ultima si applicano anche ai cittadini degli altri Stati membri, esattamente alle stesse condizioni dei cittadini nazionali. Inoltre, in forza di una decisione ministeriale del 21 giugno 2004, sarebbe previsto che, per fruire della suddetta esenzione, la residenza permanente e l’attività professionale dei cittadini dell’Unione potrebbero essere provate grazie alla produzione di dichiarazioni fiscali, attestazioni di enti previdenziali, contratti di lavoro, documenti relativi all’avvio di un’attività, contratti di affitto di alloggi, ecc.
27 Successivamente, quanto al principio generale della parità di trattamento tra i cittadini dell’Unione che fanno uso del loro diritto di libera circolazione ed i cittadini nazionali posti in una situazione comparabile, quale risulta dagli artt. 12 CE e 18 CE, la Repubblica ellenica nutre dubbi sul punto se le restrizioni imposte, in materia di esenzione fiscale, ai cittadini dell’Unione debbano essere comparabili a quelle concernenti i cittadini nazionali. Infatti, secondo tale Stato membro, il diritto dell’Unione non esige affatto che, per soddisfare l’obbligo di un’integrazione totale dei cittadini dell’Unione nello Stato membro di accoglienza, questi ultimi siano esentati dall’imposta in condizioni equivalenti a quelle applicate ai cittadini nazionali. La Repubblica ellenica precisa che, per fruire dell’esenzione dall’imposta per l’acquisto di una prima residenza, i cittadini nazionali debbono dimostrare che sono riunite varie condizioni e sono tenuti a presentare dichiarazioni fiscali. Orbene, il ragionamento della Commissione condurrebbe, se fosse posto in applicazione, a far beneficiare i cittadini degli Stati membri diversi dalla Repubblica ellenica del medesimo vantaggio di quello concesso ai cittadini dietro semplice dichiarazione, il che non può essere corretto.
28 Infine, circa la giustificazione di cui all’art. 1, n. 3, primo comma, della legge 1078/1980, la Repubblica ellenica precisa che essa è applicabile unicamente all’acquisto di una prima residenza e quindi ad una categoria molto ristretta di cessioni che rispondono ad una necessità di interesse generale.
29 Peraltro, secondo tale Stato membro, la suddetta disposizione è giustificata dal fatto che è diretta ad agevolare l’acquisto di un alloggio da parte dei singoli e, quindi, a sostenere le famiglie. Essa si inserirebbe nel più generale ambito della politica sociale dello Stato il quale manifesterebbe per tale via la sua sollecitudine nei confronti delle classi medie ed inferiori cui accorda un aiuto all’alloggio costituente un vantaggio fiscale di dimensione sociale.
30 Inoltre la decisione ministeriale del 7 aprile 2005 avrebbe fissato ad un anno il periodo continuativo minimo di residenza richiesto ad ogni interessato. Questa condizione sarebbe proporzionata, adeguata e necessaria dato che si tratta di una durata ragionevole che permette ad un cittadino dell’Unione di acclimatarsi col paese, di adattarsi a quest’ultimo nonché al suo modo di vita e di effettuare un’analisi di mercato per l’acquisto di un bene immobile. Tale condizione costituirebbe la garanzia che l’acquirente acquisti un primo alloggio al fine di utilizzarlo e che non cerchi di acquistare immobili a scopo di lucro o altro. In mancanza di criteri più sicuri, il suddetto periodo minimo di residenza sarebbe stato ritenuto opportuno per limitare la frode fiscale e prevenire gli abusi. Peraltro esso non sarebbe così lungo da mettere in difficoltà le persone che aspirano a risiedere in Grecia o dissuaderle dal perseguire i loro progetti di stabilimento futuro sul territorio greco.
31 In proposito la Repubblica ellenica confuta le conseguenze che la Commissione trae dal fatto che non si impone all’acquirente alcun obbligo di utilizzare il bene immobile acquistato in quanto residenza permanente e, conseguentemente, alcun divieto di affittarlo o rivenderlo. Quanto alla rivendita, tale Stato membro sostiene che l’asserzione in questione della Commissione è falsa poiché l’art. 1, n. 7, della legge 1078/1980 prevede che l’esenzione sia accordata a condizione che l’immobile rimanga di proprietà dell’acquirente per almeno cinque anni. Il legislatore nazionale, seguendo un approccio realista, non avrebbe fissato criteri rigorosi relativamente all’utilizzazione del primo alloggio, tenuto conto del fatto che tanto il centro dell’attività economica quanto la situazione famigliare dell’acquirente possono evolvere.
32 La Repubblica ellenica è ugualmente del parere che le proposte della Commissione concernenti meccanismi meno coercitivi che permettano di raggiungere gli obiettivi di cui alla legge 1078/1980, cioè un obbligo di iscrizione nei registri municipali o fiscali o un obbligo di dichiarazione fiscale, siano inefficaci. Essa ricorda in proposito che i cittadini dell’Unione i quali si installano in Grecia non sono tenuti ad iscriversi in municipio né ad ottenere un numero di matricola fiscale o a presentare dichiarazioni fiscali finché non abbiano acquistato un bene immobile. Inoltre le vendite immobiliari non sarebbero state ancora integrate nel sistema informatico del catasto, dato che l’attuazione di quest’ultimo è ancora in uno stadio embrionale.
33 La Repubblica ellenica conclude che l’eliminazione del criterio di residenza permanente renderebbe quindi molto più difficile il controllo dei presupposti richiesti per fruire dell’esenzione dall’imposta ed avrebbe eventualmente per conseguenza che le disposizioni rilevanti sarebbero eluse giacché, in assenza di qualsiasi dato fiscale relativo all’acquirente, sarebbe impossibile verificare se quest’ultimo possegga o meno altri immobili in Grecia.
34 Parimenti la Repubblica ellenica disattende come inappropriata la proposta della Commissione consistente nell’esigere una semplice dichiarazione dell’acquirente al fine di constatare se non sia già proprietario di un bene immobile in Grecia, dato che una dichiarazione siffatta non offre alcuna garanzia all’amministrazione tributaria.
35 Infine, la Repubblica ellenica fa valere che le disposizioni del diritto dell’Unione, anche se impongono, nell’ambito dell’eliminazione delle discriminazioni in ragione della cittadinanza, restrizioni all’esercizio della competenza degli Stati membri in materia fiscale, non eliminano tuttavia il potere del legislatore nazionale di prescrivere criteri concreti per la concessione di vantaggi fiscali, segnatamente quando le esenzioni fiscali sono istituite in virtù di criteri sociali. Riferendosi alle sentenze Commissione/Danimarca, cit., e 27 gennaio 2000, causa C-190/98, Graf (Racc. pag. I-493), lo Stato membro in parola sostiene che disposizioni anche indistintamente applicabili, che impediscano ad un cittadino di uno Stato membro di lasciare il suo Stato d’origine per avvalersi del diritto alla libera circolazione o che lo dissuadano dal farlo, costituiscono ostacoli a questa libertà solo se condizionano l’accesso dei lavoratori al mercato del lavoro.
36 Nella replica la Commissione mantiene integralmente gli argomenti da essa presentati nel ricorso.
37 Invece, la Repubblica ellenica ritiene nella controreplica che la Commissione non ha tenuto conto dei suoi argomenti relativi alla portata sociale delle disposizioni contestate della legge 1078/1980. Essa considera che la concessione dei vantaggi sociali, senza riflessione né controllo, a tutti i cittadini dell’Unione che esercitano il diritto di libera circolazione, da una parte, condurrebbe ad un’elusione delle normative nazionali esistenti in materia sociale e, dall’altra, farebbe venir meno la natura sociale degli obiettivi che queste ultime perseguono dal momento che la concessione degli stessi vantaggi sarebbe fondata sulla sola circostanza che le persone le quali hanno esercitato il loro diritto di libera circolazione posseggano la cittadinanza dell’Unione.
38 Così la Repubblica ellenica, riferendosi alle sentenze 24 febbraio 1994, causa C-343/92, Roks e a. (Racc. pag. I-571), nonché 1º febbraio 1996, causa C-280/94, Posthuma-van Damme e Oztürk (Racc. pag. I-179), fa valere che le prassi relative all’attuazione di obiettivi sociali rientrano nel potere discrezionale conservato dagli Stati membri per definire la loro politica sociale circa la natura e l’estensione della tutela sociale posta in essere, fatto salvo il principio che le loro azioni siano proporzionate rispetto all’obiettivo perseguito. Pertanto la Repubblica ellenica sostiene che l’art. 1, nn. 1 e 3, primo comma, della legge 1078/1980 non è contrario al diritto dell’Unione e sottolinea che gli obiettivi perseguiti da questa disposizione non possono essere raggiunti con mezzi meno restrittivi.
Giudizio della Corte
39 In via preliminare si deve rammentare che, secondo una giurisprudenza costante della Corte, se è pur vero che la materia delle imposte dirette rientra nella competenza degli Stati membri, questi ultimi devono tuttavia esercitare tale competenza nel rispetto del diritto comunitario (v., segnatamente, sentenze 4 marzo 2004, causa C-334/02, Commissione/Francia, Racc. pag. I-2229, punto 21; 18 gennaio 2007, causa C-104/06, Commissione/Svezia, Racc. pag. I-671, punto 12, e 17 gennaio 2008, causa C-152/05, Commissione/Germania, Racc. pag. I-39, punto 16).
40 Occorre quindi esaminare se, come fa valere la Commissione, l’art. 1, nn. 1 e 3, primo comma, della legge 1078/1980 costituisca una restrizione alle libertà di circolazione delle persone consacrate agli artt. 18 CE, 39 CE, 43 CE nonché agli artt. 4, 28, e 31 dell’Accordo SEE.
41 L’art. 18 CE, che stabilisce in maniera generale il diritto per ogni cittadino dell’Unione di circolare e di soggiornare liberamente sul territorio degli Stati membri, trova un’espressione specifica negli artt. 39 CE, per quanto riguarda la libera circolazione dei lavoratori, e 43 CE, con riferimento alla libertà di stabilimento (v. sentenze 26 ottobre 2006, causa C-345/05, Commissione/Portogallo, Racc. pag. I-10633, punto 13; Commissione/Svezia, cit., punto 15, e Commissione/Germania, cit., punto18).
42 È dunque necessario esaminare, in primo luogo, se gli artt. 39 CE e 43 CE ostino ad una normativa nazionale come quella costituita dall’art. 1, nn. 1 e 3, primo comma, della legge 1078/1980.
43 L’insieme delle disposizioni del Trattato relative alla libera circolazione delle persone è volto a facilitare, ai cittadini dell’Unione, l’esercizio di attività lavorative di qualsivoglia natura in tutto il territorio di qust’ultima ed osta ai provvedimenti che potrebbero sfavorirli qualora essi intendano svolgere un’attività economica sul territorio di un altro Stato membro (v. citate sentenze Commissione/Danimarca, punto 34 e giurisprudenza citata; Commissione/Portogallo, punto 15; Commissione/Svezia, punto 17, nonché Commissione/Germania, punto 21).
44 Nel caso di specie la Repubblica ellenica fa valere che le disposizioni controverse escludono, quanto ai presupposti per la concessione dell’esenzione dall’imposta, qualsiasi requisito di cittadinanza greca poiché l’unica condizione richiesta è quella della residenza permanente in Grecia.
45 È sufficiente ricordare in proposito che risulta dalla giurisprudenza consolidata della Corte che le norme relative alla parità di trattamento vietano non soltanto le discriminazioni palesi in base alla cittadinanza, ma anche qualsiasi discriminazione dissimulata che, basandosi su altri criteri di distinzione, pervenga di fatto al medesimo risultato (v., in particolare, sentenze 12 febbraio 1974, causa 152/73, Sotgiu, Racc. pag. 153, punto 11; Commerzbank, cit., punto 14, e 1º ottobre 2009, causa C-103/08, Gottwald, Racc. pag. I-9117, punto 27).
46 Ciò avviene, in particolare, nel caso di una misura che preveda una distinzione basata sul criterio del domicilio o della residenza, in quanto tale criterio rischia di operare principalmente a danno dei cittadini di altri Stati membri, considerato che il più delle volte le persone che non hanno il domicilio nel territorio dello Stato sono, al pari di quelle ivi non residenti, cittadini stranieri (v., in particolare, sentenze 29 aprile 1999, causa C-224/97, Ciola, Racc. pag. I-2517, punto 14; 16 gennaio 2003, causa C-388/01, Commissione/Italia, Racc. pag. I-721, punto 14, e Gottwald, cit., punto 28).
47 Orbene, all’occorrenza, l’art. 1, n. 3, primo comma, della legge 1078/1980 si fonda precisamente su tale tipo di criterio, dato che la disposizione in parola riserva il beneficio dell’esenzione dall’imposta unicamente ai residenti permanenti in Grecia. Deve osservarsi al riguardo che, benché si applichi indipendentemente dalla cittadinanza dell’acquirente del bene immobile, il criterio della residenza sul territorio nazionale per fruire dell’esenzione dall’imposta rischia di essere applicato più particolarmente a detrimento delle persone che non sono cittadini greci. Infatti, proprio questi ultimi avranno stabilito il più sovente la loro residenza fuori del territorio greco.
48 Pertanto, la suddetta disposizione sfavorisce le persone non residenti in Grecia che acquistano una prima residenza ai fini della loro futura installazione in tale Stato membro giacché non permette a tali persone di fruire dell’esenzione in parola dall’imposta dovuta all’atto dell’acquisto di una prima residenza, mentre le persone già residenti in Grecia le quali acquistano un primo alloggio possono fruire dell’esenzione stessa.
49 Dati tali elementi, la disposizione summenzionata ha un effetto dissuasivo per le persone non residenti in Grecia e che, in virtù del diritto di libera circolazione derivante dagli artt. 39 CE e 43 CE, intendono acquistare un primo alloggio in questo Stato membro.
50 Ne risulta che, riservando il beneficio dell’esenzione dall’imposta percepita in occasione dell’acquisto di un primo alloggio alle persone che risiedono in Grecia in via permanente, l’art. 1, nn. 1 e 3, primo comma, della legge 1078/1980 può ostacolare la libera circolazione dei lavoratori nonché la libertà di stabilimento quali garantite, rispettivamente, dagli artt. 39 CE e 43 CE.
51 Risulta tuttavia da una giurisprudenza consolidata che i provvedimenti nazionali in grado di ostacolare o rendere meno attraente l’esercizio delle libertà fondamentali garantite dal Trattato possono nondimeno essere giustificati qualora perseguano un obiettivo di interesse generale, siano adeguati a garantire la realizzazione dello stesso e non eccedano quanto è necessario per raggiungerlo (v., in particolare, citate sentenze Commissione/Portogallo, punto 24; Commissione/Svezia, punto 25, e Commissione/Germania, punto 26).
52 La Repubblica ellenica fa valere, a tal riguardo, che la condizione della residenza permanente è giustificata in particolare dagli obiettivi consistenti, da una parte, nel facilitare l’acquisto di un primo alloggio da parte di privati nonché nel prevenire qualsiasi speculazione immobiliare e, dall’altra, nel limitare la frode fiscale e nel prevenire gli abusi. Inoltre una condizione siffatta si inserirebbe nel più generale ambito della politica sociale dello Stato membro interessato, alla luce della quale le prassi nazionali relative all’attuazione di obiettivi sociali rientrerebbero nel potere discrezionale conservato dagli Stati membri per definire la loro politica sociale circa la natura e l’estensione della tutela sociale da essi posta in essere, fatto salvo il principio che le loro azioni siano proporzionate rispetto all’obiettivo perseguito.
53 Pur supponendo che tali argomenti possano essere invocati per giustificare l’ostacolo alla libertà di circolazione delle persone, si deve constatare che la condizione relativa alla residenza sul territorio greco imposta dall’art. 1, n. 3, primo comma, della legge 1078/1980 non permette comunque di raggiungere gli obiettivi asseritamente perseguiti da quest’ultima e, per di più, va oltre quanto necessario per raggiungerli.
54 Per quanto concerne, anzitutto, il carattere appropriato della normativa nazionale in parola, se è vero che la suddetta disposizione è diretta ad evitare che l’acquirente di un bene immobile ne tragga un utile e, pertanto, a favorire la prevenzione di qualsiasi speculazione, è necessario constatare che la condizione imposta dalla medesima non permette di raggiungere l’obiettivo perseguito in quanto la legge 1078/1980 non prevede l’obbligo, per l’acquirente di un bene immobile, di utilizzarlo quale residenza permanente e non gli vieta di affittare il bene stesso. In assenza di un obbligo siffatto, l’argomento della Repubblica ellenica relativo alla lotta contro la speculazione non può avere successo.
55 Tale constatazione è del pari valida per quanto riguarda l’argomento fondato sulla politica sociale espressamente invocato dalla Repubblica ellenica, ed incentrato sulla necessità di sostenere le famiglie i cui redditi sono di un livello debole o medio. Dato che non esiste un obbligo come quello menzionato al punto precedente, non risulta che la legge 1078/1980 sia idonea a garantire la realizzazione del suddetto obiettivo in quanto il vantaggio fiscale accordato in occasione dell’acquisto di un primo alloggio è concesso a tutte le persone che soddisfano la condizione della residenza indipendentemente dalla loro appartenenza alle classi medie ed inferiori. Data tale situazione, non si può presumere che la finalità non selettiva del vantaggio fiscale in questione soddisfi l’obiettivo asseritamente sociopolitico della legge 1078/1980. Peraltro la Repubblica ellenica non ha dimostrato che l’esenzione dall’imposta in occasione dell’acquisto di un primo alloggio costituisce un vantaggio fiscale di dimensione sociale diretto alle persone rientranti nelle classi sociali più sfavorite.
56 Successivamente, quanto al giudizio che occorre formulare circa il carattere necessario della normativa in parola, si deve constatare che gli argomenti dedotti dalla Repubblica ellenica, fondati sull’obiettivo diretto a limitare la frode fiscale e ad evitare gli abusi consistenti nell’elusione dell’obiettivo dell’esenzione, ad esempio richiedendo il beneficio di quest’ultima per l’acquisto di vari beni immobili, non sono tali da dimostrare che le disposizioni controverse sono necessarie per raggiungere tale obiettivo. Invece quest’ultimo può ugualmente essere raggiunto se gli acquirenti non hanno alcuna residenza permanente sul territorio nazionale.
57 Infatti, come fa valere fondatamente la Commissione, esistono meccanismi meno coercitivi che permettono alle autorità greche di premunirsi affinché l’acquirente di un bene immobile rispetti tutte le condizioni richieste per fruire dell’esenzione dall’imposta, verificando segnatamente che non sia proprietario di un altro bene immobile in Grecia, quali l’iscrizione nel registro fiscale o nel catasto, l’obbligo di dichiarazioni fiscali o di alloggio o l’attuazione di controlli effettuati dalle autorità tributarie, completate da dichiarazioni sotto giuramento degli acquirenti, laddove costoro sono penalmente responsabili per il contenuto e l’esattezza delle loro dichiarazioni.
58 Ne consegue che una normativa nazionale come quella di cui all’art. 1, nn. 1 e 3, primo comma, della legge 1078/1980 va oltre quanto necessario per raggiungere l’obiettivo perseguito.
59 Alla luce di tali considerazioni, occorre constatare che la condizione della residenza permanente di cui all’art. 1, nn. 1 e 3, primo comma, della legge 1078/1980, da un parte, non è tale da giustificare gli obiettivi consistenti nel facilitare l’acquisto di un primo alloggio, prevenire qualsiasi speculazione immobiliare e sostenere le famiglie i cui redditi sono di un livello debole o medio e, dall’altra, non è necessaria per limitare la frode fiscale ed evitare gli abusi consistenti nell’eludere l’obiettivo dell’esenzione, talché deve concludersi che una siffatta condizione è contraria agli artt. 39 CE e 43 CE.
60 In secondo luogo, quanto alle persone non residenti in Grecia e non economicamente attive, la stessa conclusione si impone, per quanto riguarda la censura relativa alla violazione dell’art. 18 CE, per identità di motivi (v. sentenze 5 luglio 2007, causa C-522/04, Commissione/Belgio, Racc. pag. I-5701, punto 72, e Commissione/Germania, cit., punto 30).
61 La Commissione fa anche valere che, a causa dell’esistenza delle suddette disposizioni, la Repubblica ellenica è venuta meno agli obblighi incombentile ai sensi degli artt. 28 e 31 dell’Accordo SEE, relativi rispettivamente alla libertà di circolazione dei lavoratori ed alla libertà di stabilimento.
62 A tale proposito si deve rilevare che le disposizioni che vietano le restrizioni alla libertà di circolazione ed alla libertà di stabilimento enunciate negli artt. 28 e 31 dell’Accordo SEE sono sostanzialmente identiche a quelle previste dagli artt. 39 CE e 43 CE.
63 È necessario quindi constatare che, esentando dall’imposta, in applicazione dell’art. 1, nn. 1 e 3, primo comma, della legge 1078/1980, solo i residenti permanenti sul territorio nazionale, quando invece i non residenti che abbiano l’intenzione di installarsi in futuro sul medesimo territorio non sono esentati da tale imposta, la Repubblica ellenica è venuta meno agli obblighi incombentile ai sensi degli artt. 18 CE, 39 CE e 43 CE, nonché degli artt. 28 e 31 dell’Accordo SEE.
Sulla seconda censura, relativa alla discriminazione fondata sulla cittadinanza
Argomenti delle parti
64 La Commissione fa valere che l’art. 1, n. 3, secondo comma, della legge 1078/1980 istituisce una discriminazione espressa fondata sulla cittadinanza, poiché solo i cittadini greci e le persone di origine greca possono fruire dell’esenzione dall’imposta, e ciò anche se non soddisfano la condizione generale relativa alla residenza permanente in Grecia. Un’esenzione del genere non sarebbe in alcun caso riconosciuta ai cittadini degli Stati membri diversi dalla Repubblica ellenica.
65 Conformemente al principio generale enunciato all’art. 12, primo comma, CE, qualsiasi distinzione in base alla cittadinanza che costituisca un trattamento discriminatorio a favore dei cittadini greci e a detrimento dei cittadini degli altri Stati membri sarebbe espressamente vietata. I cittadini degli altri Stati membri che si prefiggono di acquistare una prima residenza in Grecia dovrebbero quindi assolvere un’imposta che non è applicata agli acquisti effettuati dai cittadini greci, il che renderebbe l’acquisto di un prima residenza in Grecia meno attrattivo per gli stranieri ed ostacolerebbe conseguentemente il libero stabilimento di questi ultimi in tale Stato membro.
66 La Repubblica ellenica fa valere che lo status di cittadino greco o di greco d’origine quale motivo di esenzione dalla condizione della residenza permanente in Grecia conferma che il presupposto essenziale per fruire dell’esenzione dall’imposta è il luogo di residenza permanente che costituisce il criterio più obiettivo ed appropriato possibile. La disposizione controversa è stata inserita nella legge 1078/1980 in seguito all’eliminazione dell’esenzione fiscale applicabile all’importazione di divise ed ha per oggetto di facilitare l’acquisto di un alloggio da parte delle persone di origine greca e dei greci migranti nonché di incoraggiarne il ritorno in Grecia. Dato che la Repubblica ellenica fa parte degli Stati che hanno subito un’importante flessione della popolazione in ragione di un’emigrazione massiccia verso l’estero, si è ritenuto opportuno accordare alcune facilitazioni, tramite esenzioni fiscali, al fine di incitare i cittadini greci stabiliti all’estero a ritornare in Grecia. Tale eccezione specifica e puntuale è al servizio di evidenti obiettivi sociopolitici onde preservare i legami esistenti tra i Greci stabiliti al di fuori del territorio nazionale ed il loro Stato d’origine. Tenuto conto, segnatamente, della dimensione sociale della disposizione controversa e dell’obiettivo da essa perseguito, la restrizione criticata dalla Commissione non eccede i limiti di quanto sia proporzionato e accettabile.
Giudizio della Corte
67 Circa il secondo addebito della Commissione, fondato sulla circostanza che l’esenzione dall’imposta è accordata solo ai cittadini greci o alle persone di origine greca, è necessario constatare che l’art. 1, n. 3, secondo comma, della legge 1078/1980 effettua una distinzione fondata sul criterio della cittadinanza.
68 Secondo una giurisprudenza costante, infatti, il divieto di discriminazione, sia esso fondato sull’art. 12 CE o sugli artt. 39 CE o 43 CE, impone di non trattare situazioni analoghe in maniera differente e situazioni diverse in maniera uguale. Un trattamento del genere potrebbe essere giustificato solo se fondato su considerazioni oggettive, indipendenti dalla cittadinanza delle persone interessate e adeguatamente commisurate allo scopo legittimamente perseguito (v., in questo senso, sentenza 5 giugno 2008, causa C-164/07, Wood, Racc. pag. I-4143, punto 13, e 16 dicembre 2008, causa C-524/06, Huber, Racc. pag. I-9705, punto 75).
69 Nel caso di specie si deve constatare che i cittadini greci e quelli di Stati membri diversi dalla Repubblica ellenica i quali hanno l’intenzione di installarsi in Grecia versano, relativamente all’acquisto di una prima residenza in questo Stato membro, in una situazione comparabile. Orbene, a norma dell’art. 1, n. 3, secondo comma, della legge 1078/1980, il solo elemento idoneo ad operare una distinzione tra la situazione dei cittadini greci o di origine greca e quella dei cittadini non greci, circa il loro diritto di essere esentati dall’imposta, è la loro cittadinanza. Infatti solo i cittadini greci o le persone di origine greca fruiscono della suddetta esenzione. Dunque tale diverso trattamento, espressamente ed unicamente fondato sulla cittadinanza, costituisce una discriminazione diretta.
70 La Repubblica ellenica fa valere che la suddetta distinzione è giustificata segnatamente dagli obiettivi diretti, da una parte, a facilitare l’acquisto di un alloggio per gli emigranti greci e le persone di origine greca nonché ad incoraggiarne il ritorno, dato che tale Stato membro ha subito una forte diminuzione della sua popolazione a causa di una massiccia emigrazione all’estero. D’altra parte, l’esenzione prevista alla suddetta disposizione sarebbe del pari giustificata per motivi di politica sociale nel senso che sarebbe diretta a preservare i legami tra i greci emigrati ed il loro Stato d’origine.
71 Tuttavia, queste considerazioni non sono tali da provare l’esistenza di circostanze oggettive, indipendenti dalla cittadinanza delle persone interessate, le quali possano giustificare una discriminazione come quella risultante dall’esenzione di cui all’art. 1, n. 3, secondo comma, della legge 1078/1980 in quanto esse si fondano sulla cittadinanza stessa delle persone interessate.
72 Ne consegue che la disparità di trattamento operata tra i cittadini greci o le persone di origine greca ed i cittadini dell’Unione che non sono cittadini della Repubblica ellenica, nei limiti in cui l’art. 1, n. 3, secondo comma, della legge 1078/1980 esclude questi ultimi dal beneficio dell’esenzione ivi prevista, costituisce una discriminazione vietata dagli artt. 12, primo comma, CE, 39 CE e 43 CE.
73 La Commissione fa valere anche che, in ragione dell’esistenza della suddetta disposizione, la Repubblica ellenica è ugualmente venuta meno agli artt. 4, 28 e 31 dell’Accordo SEE, relativi rispettivamente al divieto della discriminazione in ragione della cittadinanza, alla libertà di circolazione dei lavoratori ed alla libertà di stabilimento.
74 Occorre rilevare in proposito che il divieto della discriminazione in ragione della cittadinanza di cui all’art. 4 dell’Accordo SEE nonché le regole che vietano le restrizioni alla libertà di circolazione ed alla libertà di stabilimento enunciate agli artt. 28 e 31 del suddetto Accordo sono identiche a quelle previste rispettivamente agli artt. 12 CE, 39 CE e 43 CE.
75 Occorre quindi constatare che, esentando a determinate condizioni dall’imposta unicamente i cittadini greci o le persone di origine greca in occasione dell’acquisto di una prima residenza sul territorio nazionale, la Repubblica ellenica è venuta meno agli obblighi incombentile ai sensi degli artt. 12 CE, 39 CE e 43 CE nonché degli artt. 4, 28 e 31 dell’Accordo SEE.
Sulle spese
76 Ai sensi dell’art. 69, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la Commissione ne ha fatto domanda, la Repubblica ellenica, rimasta soccombente, va condannata alle spese.
Per questi motivi, la Corte (Prima Sezione) dichiara e statuisce:
1) La Repubblica ellenica:
– esentando dall’imposta sulle cessioni di beni immobili, in applicazione dell’art. 1, nn. 1 e 3, primo comma della legge 1078/1980, unicamente i residenti permanenti sul territorio nazionale, mentre i non residenti che hanno l’intenzione di installarsi in futuro su tale territorio non sono esentati dall’imposta in parola, e
– esentando, a determinate condizioni, dalla medesima imposta unicamente i cittadini greci o le persone di origine greca in occasione dell’acquisto di una prima residenza sul territorio nazionale,
è venuta meno agli obblighi incombentile ai sensi degli artt. 12 CE, 18 CE, 39 CE e 43 CE nonché degli artt. 4, 28 e 31 dell’Accordo sullo Spazio economico europeo del 2 maggio 1992.
2) La Repubblica ellenica è condannata alle spese.
Firme
* Lingua processuale: il greco.