Causa C-397/09
Scheuten Solar Technology GmbH
contro
Finanzamt Gelsenkirchen-Süd
(domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Bundesfinanzhof)
«Fiscalità — Direttiva 2003/49/CE — Regime fiscale comune applicabile ai pagamenti di interessi e di canoni effettuati tra società consociate di Stati membri diversi — Imposta sul reddito da attività produttive — Determinazione della base imponibile»
Massime della sentenza
Ravvicinamento delle legislazioni — Regime fiscale comune applicabile ai pagamenti di interessi e di canoni fra società consociate di Stati membri diversi — Direttiva 2003/49 — Ambito di applicazione
(Direttiva del Consiglio 2003/49, art. 1, n. 1)
L’art. 1, n. 1, della direttiva 2003/49, concernente il regime fiscale comune applicabile ai pagamenti di interessi e di canoni fra società consociate di Stati membri diversi, dev’essere interpretato nel senso che esso non osta ad una disposizione di diritto tributario nazionale secondo cui gli interessi relativi ad un prestito, versati da una società avente sede in uno Stato membro ad una società consociata avente sede in uno Stato membro diverso, sono computati nella base imponibile dell’imposta sul reddito da attività produttive cui è soggetta la prima società.
Tale disposizione, infatti, letta alla luce dei ‘considerando’ 2-4 della stessa direttiva, è diretta ad evitare una doppia imposizione giuridica dei pagamenti di interessi transfrontalieri, vietando l’assoggettamento ad imposta degli interessi nello Stato membro di origine a detrimento del loro beneficiario effettivo. La disposizione summenzionata concerne pertanto unicamente la posizione tributaria del creditore degli interessi. Le disposizioni di diritto interno riguardanti la base imponibile del pagatore degli interessi, quali le regole relative alla deducibilità di talune spese e alla natura di esse, rientrano quindi nella politica tributaria di ciascuno Stato membro.
Così, in assenza di una disposizione che disciplini le regole di calcolo della base imponibile del pagatore degli interessi, l’ambito di applicazione dell’art. 1, n. 1, della direttiva 2003/49 non può estendersi oltre l’esenzione prevista in tale disposizione.
(v. punti 28, 33-34, 36 e dispositivo)
SENTENZA DELLA CORTE (Terza Sezione)
21 luglio 2011 (*)
«Fiscalità – Direttiva 2003/49/CE – Regime fiscale comune applicabile ai pagamenti di interessi e di canoni effettuati tra società consociate di Stati membri diversi – Imposta sul reddito da attività produttive – Determinazione della base imponibile»
Nel procedimento C-397/09,
avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, dal Bundesfinanzhof (Germania), con decisione 27 maggio 2009, pervenuta in cancelleria il 14 ottobre 2009, nella causa
Scheuten Solar Technology GmbH
contro
Finanzamt Gelsenkirchen-Süd,
LA CORTE (Terza Sezione),
composta dal sig. K. Lenaerts, presidente di sezione, dal sig. D. Šváby, dalla sig.ra R. Silva de Lapuerta (relatore), dai sigg. E. Juhász e T. von Danwitz, giudici,
avvocato generale: sig.ra E. Sharpston
cancelliere: sig. K. Malacek, amministratore
vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 16 settembre 2010,
considerate le osservazioni presentate:
– per la Scheuten Solar Technology GmbH, dal sig. K. von Brocke, Rechtsanwalt, e dalla sig.ra A. Küntscher, consulente tributario;
– per il Finanzamt Gelsenkirchen-Süd, dal sig. R. Rasche, in qualità di agente;
– per il governo tedesco, dai sigg. J. Möller e C. Blaschke, in qualità di agenti;
– per il governo belga, dalla sig.ra M. Jacobs e dal sig. J.-C. Halleux, in qualità di agenti;
– per il governo danese, dalla sig.ra V. Pasternak Jørgensen e dal sig. C. Vang, in qualità di agenti;
– per il governo estone, dalla sig.ra M. Linntam, in qualità di agente;
– per il governo italiano, dalla sig.ra G. Palmieri, in qualità di agente, assistita dal sig. S. Fiorentino, avvocato dello Stato;
– per il governo olandese, dalla sig.ra C. Wissels e dal sig. J. Langer, in qualità di agenti;
– per il governo portoghese, dal sig. L. Inez Fernandes, in qualità di agente;
– per il governo svedese, dalle sig.re A. Falk e S. Johannesson, in qualità di agenti;
– per il governo del Regno Unito, dal sig. L. Seeboruth, in qualità di agente;
– per la Commissione europea, dai sigg. R. Lyal e W. Mölls, in qualità di agenti,
sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 12 maggio 2011,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1 La domanda di pronuncia pregiudiziale riguarda l’interpretazione dell’art. 1 della direttiva del Consiglio 3 giugno 2003, 2003/49/CE, concernente il regime fiscale comune applicabile ai pagamenti di interessi e di canoni fra società consociate di Stati membri diversi (GU L 157, pag. 49).
2 Detta domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia che vede la Scheuten Solar Technology GmbH (in proseguo: la «SST») contrapposta al Finanzamt Gelsenkirchen-Süd (in prosieguo: il «Finanzamt») in merito alla determinazione dell’importo che costituisce base per il calcolo dell’imposta sul reddito da attività produttive.
Contesto normativo
Diritto dell’Unione
3 L’art. 1 della direttiva 2003/49 così dispone:
«1. I pagamenti di interessi o di canoni [maturati in] uno Stato membro sono esentati da ogni imposta applicata in tale Stato su detti pagamenti, sia tramite ritenuta alla fonte sia previo accertamento fiscale, a condizione che il beneficiario effettivo degli interessi o dei canoni sia una società di un altro Stato membro o una stabile organizzazione situata in un altro Stato membro, di una società di uno Stato membro.
2. Un pagamento effettuato da una società di uno Stato membro o da una stabile organizzazione situata in un altro Stato membro è considerato [maturato in] detto Stato membro, in seguito denominato “Stato d’origine”.
(...)
4. Una società di uno Stato membro è considerata beneficiario effettivo di interessi o canoni soltanto se riceve tali pagamenti in qualità di beneficiaria finale e non di intermediaria, quale agente, delegato o fiduciario di un’altra persona.
(...)
7. Il presente articolo si applica soltanto se la società che è il pagatore, o la società la cui stabile organizzazione è considerata pagatore, di interessi o canoni è una società consociata della società che è il beneficiario effettivo, o la cui stabile organizzazione è considerata beneficiario effettivo di tali interessi o canoni.
(...)
10. Uno Stato membro ha la facoltà di non applicare la presente direttiva a una società di un altro Stato membro o ad una stabile organizzazione di una società di un altro Stato membro, qualora le condizioni di cui all’articolo 3, lettera b), non abbiamo persistito per un periodo ininterrotto di almeno due anni.
(...)».
4 L’art. 2 di detta direttiva così prevede:
«Ai fini della presente direttiva s’intendono per:
a) “interessi”: i redditi da crediti di qualsiasi natura, garantiti o non da ipoteca e recanti o meno una clausola di partecipazione agli utili del debitore e, in particolare, i redditi derivanti da titoli e da obbligazioni di prestiti, compresi i premi collegati a detti titoli; le penali per tardivo pagamento non sono considerate interessi;
(...)».
5 L’art. 3, lett. b), di tale direttiva così dispone:
«Ai fini della presente direttiva si intendono per:
(…)
b) “società consociata”: una società consociata di una seconda società perlomeno allorché:
i) la prima detiene una partecipazione diretta minima del 25% nel capitale della seconda, oppure
ii) la seconda società detiene una partecipazione diretta minima del 25% nel capitale della prima, oppure
iii) una terza società detiene una partecipazione diretta minima del 25% nel capitale sia della prima sia della seconda.
Le partecipazioni devono comprendere soltanto le società residenti nel territorio della Comunità.
(...)».
6 L’art. 4 della direttiva 2003/49 recita come segue:
«1. Lo Stato d’origine non è tenuto a concedere i benefici della presente direttiva nei casi seguenti:
a) pagamenti considerati utili distribuiti o capitale rimborsato ai sensi della legislazione dello Stato d’origine;
(...)
2. Qualora, a motivo di particolari rapporti tra il pagatore ed il beneficiario effettivo del pagamento degli interessi o dei canoni, ovvero tra uno di essi ed un terzo, l’importo degli interessi o dei canoni sia superiore all’importo che sarebbe stato convenuto dal pagatore e dal beneficiario effettivo in assenza dei rapporti in questione, le disposizioni della presente direttiva si applicano esclusivamente a quest’ultimo importo, se previsto».
Il diritto nazionale
7 In conformità all’art. 2 della legge relativa all’imposta sulle attività produttive del 2002 (Gewerbesteuergesetz 2002, BGBl. 2002 I, pag. 4167), nella sua versione applicabile ai fatti della causa principale (in prosieguo: la «legge relativa all’imposta sulle attività produttive»), ogni attività industriale o commerciale è soggetta, in aggiunta all’imposta sul reddito o sulle società, all’imposta sul reddito da attività produttive nei limiti in cui viene esercitata sul territorio nazionale.
8 I paragrafi 1 e 2 di detto articolo sono redatti nel modo seguente:
«(1) Qualsiasi attività industriale o commerciale stabile, esercitata in Germania, è assoggettata alla Gewerbesteuer. Si considera attività industriale o commerciale un’impresa industriale o commerciale ai sensi della legge relativa all’imposta sul reddito. Un’attività industriale o commerciale si considera esercitata in Germania ogniqualvolta i locali commerciali dell’impresa si trovino all’interno del territorio tedesco o a bordo di una nave mercantile registrata in un registro navale tedesco.
(2) L’attività delle società di capitali (in particolare, le società per azioni, le società in accomandita per azioni, le società a responsabilità limitata) è sempre considerata, a tutti gli effetti, attività commerciale o industriale (…)».
9 Ai sensi dell’art. 6 di detta legge, i redditi da attività produttive e gli utili societari costituiscono la base imponibile della Gewerbesteuer.
10 I redditi da attività produttive e gli utili societari sono definiti nel modo seguente all’art. 7, prima frase, della stessa legge:
«I redditi da attività industriali o commerciali coincidono con il ricavato derivante da un’attività industriale o commerciale, da dichiarare ai sensi delle disposizioni della legge relativa all’imposta sul reddito o all’imposta sulle società (…), maggiorato e ridotto degli importi indicati agli artt. 8 e 9».
11 L’art. 8 della legge relativa all’imposta sul reddito da attività produttive, intitolato «computo», così recita:
«I seguenti importi, qualora siano stati dedotti al momento di determinare gli utili, vengono nuovamente computati nei guadagni derivanti da un’attività industriale o commerciale (articolo 7):
1. La metà dei corrispettivi dei debiti che presentano un nesso economico con la costituzione o con l’acquisizione di un’attività produttiva (attività parziale) o con una parte di essa, ovvero con l’espansione o il miglioramento dell’attività produttiva o, infine, che servono ad ogni rafforzamento del capitale sociale purché non su base temporanea».
12 L’art. 10a di detta legge dispone che ai fini del calcolo della base imponibile della Gewerbesteuer, le perdite devono essere dedotte dagli introiti conformemente all’art. 8 della stessa.
Causa principale e questioni pregiudiziali
13 La SST è una società a responsabilità limitata di diritto tedesco con sede in Gelsenkirchen. Sua azionista al 100% è la Scheuten Solar Systems BV, società olandese a responsabilità limitata, con sede in Venlo, nei Paesi Bassi.
14 Tra il 27 agosto 2003 e il 1º dicembre 2004, la SST ha ottenuto, mediante un certo numero di contratti successivi, dalla sua società controllante prestiti per un importo totale di EUR 5 180 000. Per tali prestiti, nel 2004, la SST ha versato alla società controllante un importo di EUR 154 584 a titolo di interessi. La SST ha dedotto tale importo dai suoi utili a titolo di spese di gestione.
15 Il Finanzamt, nella sua decisione recante determinazione dell’importo destinato a fungere da base per il calcolo ai fini dell’imposta sul reddito da attività produttive relativa all’anno 2004, adottata in applicazione dell’art. 8, punto 1, della legge relativa all’imposta sul reddito da attività produttive, ha tuttavia stabilito che la SST aveva diritto a dedurre dagli utili realizzati soltanto il 50% dell’importo di tali interessi, e perciò la metà dell’importo di EUR 154 584 è stata aggiunta agli utili derivanti dall’attività industriale e commerciale della SST.
16 Quest’ultima ha proposto ricorso avverso detta decisione del Finanzamt, facendo valere che l’aggiunta della metà degli interessi di cui trattasi costituiva un’imposizione in contrasto con l’art. 1, n. 1, della direttiva 2003/49.
17 Con sentenza 22 febbraio 2008, il Finanzgericht Münster ha respinto tale ricorso.
18 La SST ha quindi impugnato tale sentenza con ricorso per cassazione («Revision») dinanzi al Bundesfinanzhof.
19 Il Bundesfinanzhof, interrogandosi sulla compatibilità delle pertinenti disposizioni del diritto interno con le disposizioni della direttiva 2003/49, ha deciso di sospendere il giudizio e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:
«1) Se l’art. 1, n. 1, della direttiva 2003/49 (…) sia in contrasto con una normativa secondo cui gli interessi sui crediti pagati da un’impresa avente sede in uno Stato membro ad un’impresa consociata di uno Stato membro diverso vengono computati in capo alla prima impresa ai fini del calcolo della base imponibile dell’imposta sul reddito da attività produttive.
b) Qualora la prima questione debba essere risolta in senso affermativo: se l’art. 1, n. 10, della direttiva 2003/49 debba essere interpretato nel senso che gli Stati membri hanno la facoltà di non applicare la medesima direttiva, qualora le condizioni previste al suo art. 3, lett. b) affinché sussista una società consociata non siano state soddisfatte per un periodo ininterrotto di almeno due anni al momento del pagamento degli interessi.
Se gli Stati membri possano, in tali circostanze, invocare immediatamente nei confronti dell’impresa pagatrice l’applicazione dell’art. 1, n. 10, della direttiva 2003/49».
Sulle questioni pregiudiziali
Sulla prima questione
20 Con tale questione, il giudice del rinvio chiede sostanzialmente se l’art. 1, n. 1, della direttiva 2003/49 debba essere interpretato nel senso che esso osta ad una disposizione di diritto tributario nazionale secondo cui gli interessi relativi ad un prestito, versati da una società avente sede in uno Stato membro ad una società consociata avente sede in uno Stato membro diverso, sono computati nella base imponibile dell’imposta sul reddito da attività produttive cui è soggetta la prima società(1).
21 Occorre anzitutto constatare che, nella causa principale, la SST ha subito l’imposizione della tassa sul reddito da attività produttive sui suoi utili di natura industriale e commerciale. Nel contesto della determinazione della base imponibile di detta imposta, il Finanzamt, in conformità alla normativa interna di cui trattasi nella causa principale, ha computato negli utili della SST la metà degli interessi versati da detta società alla sua controllante avente sede nei Paesi Bassi.
22 Secondo la SST, detto calcolo equivarrebbe a costituire un assoggettamento ad imposta con la conseguenza che la normativa interna di cui trattasi nella causa principale produrrebbe una doppia imposizione economica degli interessi, incompatibile con l’art. 1, n. 1, della direttiva 2003/49. Per contro, la totalità degli altri interessati, che hanno depositato osservazioni alla Corte, considera che detta normativa non rientra nella sfera d’applicazione di tale disposizione e suggerisce, quindi, di risolvere la questione presentata in senso negativo.
23 In tal contesto, la Corte è chiamata a determinare l’ambito di applicazione di detta disposizione.
24 Va osservato che dai ‘considerando’ 2-4 della direttiva 2003/49 risulta che quest’ultima è diretta all’eliminazione delle doppie imposizioni per quanto riguarda i pagamenti d’interessi e di canoni, effettuati tra società consociate di Stati membri diversi, e a stabilire che siffatti pagamenti siano assoggettati una sola volta ad imposizione in un unico Stato membro. In forza di tali ‘considerando’, la soppressione di ogni imposizione su tali pagamenti nello Stato membro d’origine costituisce la soluzione più appropriata per realizzare la parità di trattamento tributario tra operazioni nazionali e operazioni transfrontaliere.
25 L’ambito d’applicazione della direttiva 2003/49, nella misura in cui è circoscritto all’art. 1, n. 1, della stessa, ha quindi ad oggetto l’esenzione dei pagamenti di interessi e di canoni maturati nello Stato membro d’origine di questi ultimi, a condizione che il loro beneficiario sia una società avente sede in un altro Stato membro oppure una stabile organizzazione situata in un altro Stato membro, di una società di uno Stato membro.
26 La norma esposta in tale disposizione mira a garantire che il beneficiario di interessi e di canoni generati in uno Stato membro diverso da quello in cui esso è stabilito sia esentato da ogni imposizione nello Stato membro d’origine di questi ultimi. La formulazione dell’art. 1, n. 1, della direttiva 2003/49 istituisce, in effetti, mediante la proposizione subordinata introdotta da «a condizione», un nesso tra i pagamenti di siffatti interessi e canoni in uno Stato membro e il ricevimento dei detti pagamenti da parte del beneficiario di un altro Stato membro.
27 Al riguardo, l’art. 2, lett. a), della direttiva 2003/49 definisce siffatti interessi come «i redditi da crediti di qualsiasi natura». Orbene, soltanto il beneficiario effettivo può percepire interessi che costituiscono redditi da tali crediti.
28 Da quanto precede risulta che l’art. 1, n. 1, della direttiva 2003/49, letto alla luce dei ‘considerando’ 2-4 della stessa, è diretto ad evitare una doppia imposizione giuridica dei pagamenti di interessi transfrontalieri, vietando l’assoggettamento ad imposta degli interessi nello Stato membro di origine a detrimento del loro beneficiario effettivo. La disposizione summenzionata concerne pertanto unicamente la posizione tributaria del creditore degli interessi.
29 Va aggiunto che l’interpretazione dell’art. 1, n. 1, della direttiva 2003/49, così formulata, è corroborata dal n. 10 di detto articolo, che autorizza gli Stati membri, al ricorrere di talune condizioni, a non concedere l’esenzione prevista al n. 1 del detto articolo. Gli enti ai quali l’art. 1, n. 10, di detta direttiva può applicarsi sono in esso identificati come «una società di un altro Stato membro o (…) una stabile organizzazione di una società di un altro Stato membro». In effetti, in tale disposizione non compare alcun riferimento al pagatore degli interessi. Da siffatto regime derogatorio deriva, pertanto, che è soggetto a tale regime il beneficiario degli interessi o dei canoni in un altro Stato membro e non l’ente debitore dei detti interessi o canoni.
30 Orbene, una normativa interna, come quella di cui trattasi nella causa principale, non conduce alla diminuzione dei redditi del creditore. Essa non assoggetta gli interessi versati ad alcuna imposizione in capo al beneficiario di essi. La normativa di cui trattasi si riferisce soltanto alla determinazione della base imponibile relativa all’imposta sul reddito da attività produttive, cui è soggetto nella fattispecie il debitore degli interessi versati.
31 Occorre sottolineare al riguardo che le modalità di calcolo della base imponibile del pagatore degli interessi e gli elementi da prendere in considerazione a tale scopo, come il computo di talune spese ai fini di detto calcolo, non sono contemplati all’art. 1, n. 1, della direttiva 2003/49.
32 Per quanto riguarda la normativa interna di cui trattasi nella causa principale, va osservato che le specificità dell’imposta sul reddito da attività produttive in esame consistono nel fatto che l’utile industriale o commerciale è determinato anzitutto in conformità alle disposizioni della legge relativa all’imposta sul reddito e della legge relativa all’imposta sulle società e che, di conseguenza, taluni importi possono essere aggiunti o dedotti a titolo di abbattimento. L’aggiunta riguarda soltanto gli importi che erano stati ridotti all’atto della prima fase di calcolo.
33 Le disposizioni di diritto interno riguardanti la base imponibile del pagatore degli interessi, quali le regole relative alla deducibilità di talune spese e alla natura di esse, obbediscono ad orientamenti normativi particolari rientranti nella politica tributaria di ciascuno Stato membro.
34 Così, in assenza di una disposizione che disciplini le regole di calcolo della base imponibile del pagatore degli interessi, l’ambito di applicazione dell’art. 1, n. 1, della direttiva 2003/49 non può estendersi oltre l’esenzione prevista in tale disposizione.
35 Infine, quanto all’eventuale influsso esercitato dalla giurisprudenza della Corte relativa alla direttiva del Consiglio 23 luglio 1990, 90/435/CEE, concernente il regime fiscale comune applicabile alle società madri e figlie di Stati membri diversi (GU L 225, pag. 6), è sufficiente osservare che, come ha constatato l’avvocato generale ai paragrafi 45-49 delle sue conclusioni, le sentenze 4 ottobre 2001, causa C-294/99, Athinaïki Zythopoiïa (Racc. pag. I-6797), e 26 giugno 2008, causa C-284/06, Burda (Racc. pag. I-4571), non includono alcun elemento idoneo ad essere utilmente valutato nel contesto dell’interpretazione dell’art. 1, n. 1, della direttiva 2003/49, in rapporto ad una normativa interna quale quella in esame nella causa principale. Infatti, nelle cause sfociate nelle suddette sentenze, costituiva fatto generatore dell’imposta di cui trattasi la distribuzione degli utili dalla controllata alla controllante. Per contro, i pagamenti di interessi di cui trattasi nella causa principale non costituiscono fatto generatore di imposta. Le disposizioni del diritto interno di cui trattasi nella causa principale riguardano soltanto la deducibilità di detti pagamenti in quanto spese ai fini del calcolo della base imponibile per l’imposta sul reddito da attività produttive.
36 Dall’insieme delle considerazioni che precedono risulta che la prima questione va risolta dichiarando che l’art. 1, n. 1, della direttiva 2003/49 dev’essere interpretato nel senso che esso non osta ad una disposizione di diritto tributario nazionale secondo cui gli interessi relativi ad un prestito, versati da una società avente sede in uno Stato membro ad una società consociata avente sede in uno Stato membro diverso, sono computati nella base imponibile dell’imposta sul reddito da attività produttive cui è soggetta la prima società.
Sulla seconda questione
37 Alla luce della soluzione fornita alla prima questione, non è necessario risolvere la seconda.
Sulle spese
38 Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.
Per questi motivi, la Corte (Terza Sezione) dichiara:
L’art. 1, n. 1, della direttiva del Consiglio 3 giugno 2003, 2003/49/CE, concernente il regime fiscale comune applicabile ai pagamenti di interessi e di canoni fra società consociate di Stati membri diversi, dev’essere interpretato nel senso che esso non osta ad una disposizione di diritto tributario nazionale secondo cui gli interessi relativi ad un prestito, versati da una società avente sede in uno Stato membro ad una società consociata avente sede in uno Stato membro diverso, sono computati nella base imponibile dell’imposta sul reddito da attività produttive cui è soggetta la prima società.
Firme
* Lingua processuale: il tedesco.
1 Per armonizzare la redazione della questione e quella della soluzione ad essa fornita.