Available languages

Taxonomy tags

Info

References in this case

References to this case

Share

Highlight in text

Go





CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

VERICA TRSTENJAK

presentate l’8 marzo 2011 (1)

Causa C-10/10

Commissione europea

contro

Repubblica d’Austria

«Inadempimento di uno Stato membro – Art. 258 TFUE – Art. 56 CE – Art. 40 dell’accordo SEE – Libera circolazione dei capitali – Agevolazione riguardante l’imposta sui redditi sulle donazioni a favore di istituti che svolgono attività di formazione, di ricerca e di insegnamento – Limitazione del regime di agevolazioni alle donazioni a favore di istituti nazionali – Equiparabilità obiettiva degli istituti – Giustificazione per motivi imperativi di interesse generale – Promozione dell’Austria quale polo scientifico ed educativo – Proporzionalità»






Indice


I – Introduzione

II – Contesto normativo

A – Il diritto dell’Unione 

B – L’accordo SEE

C – La normativa nazionale

III – Fatti

IV – La fase precontenziosa

V – Procedimento dinanzi alla Corte e conclusioni delle parti

VI – Principali argomenti delle parti

VII – Valutazione giuridica

A – Sull’esistenza di una restrizione della libera circolazione dei capitali

B – Sull’esistenza di una giustificazione della restrizione della libera circolazione dei capitali

1. Sull’equiparabilità obiettiva fra gli istituti nazionali in esame e gli istituti stabiliti in altri Stati dell’Unione

2. Sulla giustificazione per motivi imperativi di interesse generale

3. Sintesi

C – Sull’esistenza di una violazione dell’art. 40 dell’accordo SEE

VIII – Sulle spese

IX – Conclusione

I –    Introduzione

1.         Il presente procedimento verte su un ricorso per inadempimento presentato dalla Commissione ai sensi dell’art. 258 TFUE, con cui quest’ultima ha chiesto alla Corte di dichiarare che la Repubblica d’Austria, avendo limitato alle donazioni a favore di istituti stabiliti in Austria la deducibilità ai fini dell’imposta sui redditi delle donazioni ad istituti che svolgono attività di formazione, di ricerca e di insegnamento, è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza degli artt. 56 CE e 40 dell’accordo SEE.

II – Contesto normativo

A –    Il diritto dell’Unione (2)

2.        L’art. 56, n. 1, CE vieta, nell’ambito delle disposizioni previste dal capo 4, tutte le restrizioni ai movimenti di capitali tra Stati membri, nonché tra Stati membri e paesi terzi.

3.        L’art. 58 CE così recita:

«1.      Le disposizioni dell’articolo 56 non pregiudicano il diritto degli Stati membri:

a)       di applicare le pertinenti disposizioni della loro legislazione tributaria in cui si opera una distinzione tra i contribuenti che non si trovano nella medesima situazione per quanto riguarda il loro luogo di residenza o il luogo di collocamento del loro capitale;

b)       di prendere tutte le misure necessarie per impedire le violazioni della legislazione e delle regolamentazioni nazionali, in particolare nel settore fiscale e in quello della vigilanza prudenziale sulle istituzioni finanziarie, o di stabilire procedure per la dichiarazione dei movimenti di capitali a scopo di informazione amministrativa o statistica, o di adottare misure giustificate da motivi di ordine pubblico o di pubblica sicurezza.

(…)

3.       Le misure e le procedure di cui ai paragrafi 1 e 2 non devono costituire un mezzo di discriminazione arbitraria, né una restrizione dissimulata al libero movimento dei capitali e dei pagamenti di cui all’articolo 56».

B –    L’accordo SEE

4.        L’art. 40 dell’accordo SEE così prevede:

«Nel quadro delle disposizioni del presente accordo, non sussistono fra le Parti contraenti restrizioni ai movimenti di capitali appartenenti a persone residenti negli Stati membri della Comunità o negli Stati AELS (EFTA) né discriminazioni di trattamento fondate sulla nazionalità o sulla residenza delle parti o sul luogo del collocamento dei capitali. L’allegato XII contiene le disposizioni necessarie ai fini dell’applicazione del presente articolo».

C –    La normativa nazionale

5.        L’art. 4 della legge austriaca relativa all’imposta sul reddito del 1988 (3) (Einkommensteuergesetz 1988; in prosieguo: l’«EStG») disciplina la determinazione dell’«utile» come base imponibile dell’imposta sul reddito. Ai sensi di tale disposizione, dall’utile si deducono i costi di esercizio. I costi di esercizio sono definiti all’art. 4, n. 4, dell’EStG come i costi o le spese generati dall’esercizio dell’impresa. Tale disposizione contiene inoltre un elenco delle voci di spesa che devono in ogni caso, e dunque ipso iure, essere classificate come costi di esercizio.

6.        L’art. 4a dell’EStG, nella versione di cui alla legge di riforma tributaria del 2009 (Steuerreformgesetz 2009), intitolato «Donazioni dal patrimonio aziendale», individua una serie di donazioni che devono parimenti essere considerate come costi di esercizio. Al riguardo, l’art. 4a dell’EStG, riprende l’elenco dei costi di esercizio contenuto fino al 31 marzo 2009 nell’art. 4, n. 4, punto 5, dell’EStG.

7.        L’art. 4a dell’EstG così recita:

«Devono essere considerati costi di gestione anche:

1.       le donazioni che vengono effettuate con il capitale di gestione per consentire lo svolgimento di:

–        attività di ricerca o

–        attività di insegnamento intese alla formazione degli adulti, relative a materie scientifiche o artistiche e conformi alla legge sull’Università del 2002,

nonché per permettere l’elaborazione delle relative pubblicazioni e documentazioni scientifiche, e che vengono erogate a favore dei seguenti istituti:

a)      università, istituti artistici superiori e l’Accademia delle Belle Arti, nonché facoltà, dipartimenti e istituti speciali degli stessi;

b)      fondi istituiti con legge federale o regionale ai quali siano affidati compiti di promozione della ricerca;

c)      Accademia austriaca delle scienze;

d)      organismi appartenenti ad enti locali territoriali e privi di autonomia giuridica, i quali siano dediti essenzialmente ad attività di ricerca o di insegnamento del tipo summenzionato per la scienza o l’economia austriaca e all’elaborazione delle relative pubblicazioni e documentazioni scientifiche;

e)      persone giuridiche che siano dedite essenzialmente ad attività di ricerca o di insegnamento del tipo summenzionato nell’interesse della scienza o dell’economia austriaca e all’elaborazione delle relative pubblicazioni e documentazioni scientifiche. È inoltre necessario che un ente locale territoriale detenga quantomeno la partecipazione di maggioranza in tali persone giuridiche oppure che la persona giuridica, quale ente associativo ai sensi degli artt. 34 e segg. del codice federale delle imposte, persegua esclusivamente scopi scientifici.

La sussistenza dei requisiti di cui alle lett. d) ed e) deve essere dimostrata dall’istituto interessato mediante un attestato rilasciato dal Finanzamt Wien 1/23 [Ufficio delle imposte di Vienna], il quale si riserva di revocarlo in qualsiasi momento. L’elenco di tutti gli istituti per i quali è stato rilasciato un siffatto attestato deve essere pubblicato almeno una volta l’anno, in un formato elettronico adeguato, sulla home page del sito del Ministero federale delle Finanze. Il valore venale delle donazioni è deducibile nella misura in cui esso, sommato al valore venale delle donazioni di cui al punto 2, non superi il 10% dell’utile dell’esercizio immediatamente precedente. Il valore contabile residuo non deve essere ulteriormente contabilizzato quale costo di esercizio, né il valore parziale quale provento di gestione. Le riserve occulte che, ai sensi dell’art. 12, sono state trasferite al bene economico donato, debbono essere tassate a posteriori. Qualora il valore corrente ecceda il limite massimo indicato, esso può essere dedotto quale spesa straordinaria ai sensi dell’art. 18, n. 1, punto 7».

III – Fatti

8.        Secondo la normativa austriaca relativa all’imposta sul reddito, le donazioni provenienti dal patrimonio aziendale effettuate a favore di una serie di istituti enumerati dalla legge, i quali perseguono scopi di ricerca, insegnamento e formazione, possono essere fatte valere quali costi di esercizio, il che comporta una corrispondente diminuzione della base imponibile dell’imposta sul reddito. Detta possibilità sussiste, tuttavia, solo se tali istituti sono stabiliti nel territorio nazionale o se assolvono sostanzialmente attività di ricerca o di insegnamento per la scienza o l’economia austriaca.

9.        Secondo la Commissione, la Repubblica d’Austria, con una siffatta normativa, viola gli obblighi risultanti dalla libera circolazione dei capitali nonché l’art. 40 dell’accordo SEE. Per questo motivo essa ha avviato il presente procedimento per inadempimento nei confronti della Repubblica d’Austria.

IV – La fase precontenziosa

10.      Con lettera 12 maggio 2005, la Commissione chiedeva al Ministero federale delle Finanze austriaco se, ai sensi della disciplina di cui all’art. 4, n. 4, punto 5, dell’EStG, le donazioni fossero fiscalmente deducibili anche se effettuate a favore degli istituti menzionati in tale disposizione o ad istituti analoghi stabiliti in altri Stati dell’Unione o del SEE.

11.      Con lettera 5 settembre 2005, il Ministero federale delle Finanze austriaco confermava che, quanto ai beneficiari delle donazioni menzionati all’art. 4, n. 4, punto 5, lett. a)-d), dell’EStG, si poteva trattare unicamente di istituti nazionali. L’art. 4, n. 4, punto 5, lett. e), dell’EStG non sarebbe invece limitato, stando al suo tenore, agli istituti nazionali.

12.      In una prima lettera di diffida datata 4 aprile 2007, la Commissione perveniva alla conclusione che l’art. 4, n. 4, punto 5, lett. a)-e), dell’EStG violava l’art. 49 CE nonché l’art. 36 dell’accordo SEE. Essa invitava la Repubblica d’Austria a presentare osservazioni al riguardo entro il termine di due mesi ad essa spettante.

13.      Nelle sue osservazioni del 5 giugno 2007, la Repubblica d’Austria respingeva in toto la tesi sostenuta dalla Commissione nella lettera di diffida. Al riguardo, essa sottolineava, inter alia, che la libera prestazione dei servizi, richiamata dalla Commissione, non poteva essere pertinente.

14.      In una lettera di diffida complementare dell’8 maggio 2008, la Commissione precisava la valutazione in diritto formulata nella prima lettera di diffida nel senso che le disposizioni nazionali in esame arrecherebbero pregiudizio non solo alla libera prestazione dei servizi, ma anche alla libera circolazione dei capitali, stabilita dagli art. 56 e segg. CE. Di conseguenza, la Repubblica d’Austria, avendo limitato agli istituti austriaci la deducibilità fiscale delle donazioni a favore di istituti che assolvono attività di ricerca, sarebbe anche venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza degli artt. 56 CE e 40 dell’accordo SEE.

15.      Nelle sue osservazioni del 9 luglio 2008, la Repubblica d’Austria rinviava sostanzialmente alle sue osservazioni del 5 giugno 2007. Essa rimaneva pertanto dell’opinione che l’art. 4, n. 4, punto 5, dell’EStG, promuovendo unicamente la realizzazione di obiettivi di pubblica utilità in presenza di un collegamento sufficiente con il territorio nazionale, conterrebbe una restrizione ammissibile, di carattere sostanziale, delle agevolazioni fiscali relative alle donazioni. Detto collegamento con il territorio nazionale si manifesterebbe in un particolare nesso con la scienza o con l’economia austriaca o in una particolare responsabilità statale a livello di finanziamento nei confronti dei rispettivi istituti.

16.      Il 19 marzo 2009, la Commissione emetteva un parere motivato che veniva comunicato alla Repubblica d’Austria il 23 marzo 2009. Nella sua analisi giuridica dell’art. 4, n. 4, punto 5, dell’EStG, la Commissione operava una distinzione fra le disposizioni di cui alle lett. a)-d), e le disposizioni di cui alla lett. e). L’art. 4, n. 4, punto 5, lett. a)-d), dell’EStG comporterebbe, a suo avviso, che solo le donazioni a favore degli istituti di pubblica utilità stabiliti in Austria menzionati in tale disposizione potrebbero essere considerate come costi di esercizio. Le donazioni a favore di istituti stranieri analoghi non potrebbero invece essere considerate come costi di esercizio. Si distinguerebbe pertanto in funzione della sede del rispettivo istituto. Sebbene l’art. 4, n. 4, punto 5, lett. e), dell’EStG non distingua in funzione della sede del beneficiario della donazione, il riconoscimento delle donazioni quali costi di esercizio verrebbe tuttavia accordato solo qualora tale persona giuridica eserciti sostanzialmente le proprie attività per la scienza o l’economia austriaca. Sulla scorta di tale premessa, la Commissione rilevava, in primo luogo, che la Repubblica d’Austria, avendo consentito la deducibilità fiscale delle donazioni ad istituti di ricerca e di insegnamento solo nel caso di istituti stabiliti in Austria, era venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza degli artt. 56 CE e 40 dell’accordo SEE. In secondo luogo, la Repubblica d’Austria, avendo limitato la deducibilità fiscale delle donazioni a favore di persone giuridiche che svolgono attività di insegnamento e di ricerca al caso in cui tali persone giuridiche abbiano sostanzialmente operato per la scienza e l’economia austriaca, sarebbe venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza degli artt. 49 CE e 56 CE, nonché degli artt. 36 e 40 dell’accordo SEE.

17.      La Repubblica d’Austria rispondeva a tali censure con osservazioni datate 25 maggio 2009. In tali osservazioni essa ribadiva la propria opinione, secondo la quale l’art. 4, n. 4, punto 5, dell’EStG non violerebbe gli artt. 49 e 56 CE né gli artt. 36 e 40 dell’accordo SEE.

V –    Procedimento dinanzi alla Corte e conclusioni delle parti

18.      Poiché la Repubblica d’Austria non si è conformata, secondo la Commissione, al parere motivato, quest’ultima ha presentato ricorso l’8 gennaio 2010 ai sensi dell’art. 258 TFUE.

19.       La Commissione chiede che la Corte voglia

–        dichiarare che la Repubblica d’Austria è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza degli artt. 56 CE e 40 dell’accordo SEE, per aver consentito la deducibilità fiscale di donazioni ad istituti di ricerca e di insegnamento solo nel caso di istituti stabiliti in Austria;

–        condannare Repubblica d’Austria alle spese del procedimento.

20.      La Repubblica d’Austria chiede di respingere il ricorso e di condannare la Commissione alle spese.

VI – Principali argomenti delle parti

21.      Secondo la Commissione, il regime delle deduzioni fiscali contenuto adesso nell’art. 4a, n. 1, lett. a)-d), dell’EStG, il cui contenuto coincide interamente con l’art. 4, n. 4, punto 5, lett. a)-d), dell’EStG in vigore fino al 31 marzo 2009, è contrario al dettato sia dell’art. 56 CE, sia dell’art. 40 dell’accordo SEE. Il governo austriaco nega la sussistenza di tale violazione.

22.      Secondo la Commissione, una disposizione come l’art. 4a, n. 1, lett. a)-d), dell’EStG, in forza della quale è consentita la deducibilità fiscale solo delle donazioni ad istituti di insegnamento, di ricerca e scientifici stabiliti in Austria, e non invece delle donazioni a siffatti istituti stabiliti in altri Stati membri, costituisce un’ingerenza nella libera circolazione dei capitali. Tale disposizione sarebbe in linea di principio vietata ai sensi dell’art. 56 CE. Non sarebbe ravvisabile alcuna giustificazione per la suddetta ingerenza. Dal testo della legge nonché dagli argomenti dedotti dalla Repubblica d’Austria nella fase precontenziosa del procedimento emergerebbe senza dubbio che le donazioni suscettibili di deduzione fiscale potrebbero essere effettuate solo a favore di istituti nazionali. La Commissione censura tale distinzione operata sulla scorta del paese di stabilimento dei beneficiari delle donazioni.

23.      Il governo austriaco ammette che l’art. 4a, n. 1, lett. a)-d), dell’EStG distingue, sotto certi profili, fra istituti nazionali e istituti stabiliti in un altro Stato membro, ma ritiene, tuttavia, che tale disposizione sia conforme al diritto dell’Unione. Al riguardo esso afferma, innanzitutto, che gli istituti di insegnamento, di ricerca e scientifici menzionati all’art. 4a, n. 1, lett. a)-d), dell’EStG non sono equiparabili agli istituti esclusi dall’ambito di applicazione di tale disposizione. Gli istituti menzionati all’art. 4a, n. 1, lett. a)-d), dell’EStG sarebbero prevalentemente enti di diritto pubblico, istituiti in forza di un atto sovrano e incaricati di assolvere attività di promozione del bene comune nazionale. Tali istituti sarebbero dunque accomunati dal fatto di essere stati istituiti mediante una legge federale o regionale, e dal fatto che spetterebbe pertanto al legislatore non solo definirne gli scopi e le funzioni, bensì parimenti realizzare essenzialmente la coincidenza di tali scopi e funzioni con l’obiettivo sociale consistente nella promozione del bene comune nazionale. Tale possibilità di controllo delle autorità difetterebbe nel caso degli istituti di insegnamento, di ricerca e scientifici stabiliti all’estero. Inoltre, detti istituti stranieri non sarebbero, di regola, intesi alla promozione della scienza e della ricerca scientifica austriaca.

24.      Secondo la Commissione, questo argomento del governo austriaco è parzialmente erroneo. Alla luce della giurisprudenza della Corte di giustizia, esso sarebbe in ogni caso inconferente.

25.      Il governo austriaco ritiene che una restrizione della libera circolazione dei capitali, qualora dovesse essere dimostrata, sia inoltre giustificata da motivi imperativi di interesse generale. Il regime in esame, concernente le agevolazioni fiscali relative alle donazioni, sarebbe, infatti, inteso a promuovere lo status dell’Austria quale polo scientifico ed educativo. Tale agevolazione delle donazioni non dipenderebbe dal fatto che l’attività di ricerca venga effettuata in Austria, bensì dal fatto che essa vada a beneficio della scienza austriaca ovvero del polo scientifico austriaco. L’obiettivo di garantire uno standard elevato della ricerca scientifica in Austria costituirebbe un motivo imperativo di interesse generale che giustificherebbe una limitazione delle agevolazioni relative alle donazioni a favore degli istituti menzionati all’art. 4a, n. 1, lett. a)-d), dell’EStG, nella misura in cui venga rispettato il principio di proporzionalità. Quest’ultima ipotesi ricorrerebbe nel caso della disposizione in oggetto.

26.      Tale linea argomentativa non sembra persuadere la Commissione. Il governo austriaco non avrebbe dimostrato, in particolare, che il regime discriminatorio di agevolazioni delle donazioni sarebbe idoneo e necessario a realizzare l’obiettivo da esso menzionato, consistente nel rafforzare l’Austria quale polo scientifico. All’argomento, secondo il quale le università nazionali fiscalmente agevolate svolgerebbero, inter alia, attività di particolare importanza per il bene comune nazionale, la Commissione replica che l’Austria avrebbe il potere di delimitare più dettagliatamente gli ambiti tematici che verrebbero in considerazione per le donazioni che beneficiano di agevolazioni fiscali.

27.      Infine, il governo austriaco afferma che gli istituti elencati all’art. 4a, n. 1, lett. a)-d), dell’EStG devono essere considerati come «istituti intesi a realizzare il bene comune», i quali, nella misura in cui svolgano attività proprie dei pubblici poteri o promuovano con risorse pubbliche il polo scientifico e la formazione delle nuove leve nel settore scientifico in Austria, presenterebbero un particolare collegamento con la Repubblica d’Austria. Le risorse provenienti da donazioni private integrerebbero il bilancio e dunque il finanziamento di tali funzioni svolte per i pubblici poteri. Grazie alla deducibilità fiscale delle donazioni, potrebbero essere messe a disposizione risorse supplementari per dette funzioni pubbliche. Né dalla libera circolazione dei capitali né dalla giurisprudenza elaborata finora dalla Corte di giustizia potrebbe essere desunto dal diritto dell’Unione un obbligo a carico di uno Stato membro che imponga al medesimo di promuovere in egual misura, mediante agevolazioni fiscali, il bene comune e le esigenze della collettività nel territorio nazionale di altri Stati membri.

28.      La Commissione ritiene non convincente l’argomento dedotto dal governo austriaco, secondo il quale solo le donazioni a favore di istituti nazionali sgraverebbero tale Stato dalla propria responsabilità a livello di finanziamento nei confronti di tali istituti, e non invece le donazioni a favore di istituti stabiliti all’estero. Non sarebbe dimostrata l’esistenza di tale interazione fra le due fonti di finanziamento e, persino qualora essa fosse dimostrata, la restrizione della libera circolazione dei capitali non sarebbe giustificata alla luce della giurisprudenza della Corte di giustizia. Sebbene la Repubblica d’Austria non sia obbligata a promuovere il bene comune di altri Stati a mezzo di sovvenzioni dirette, essa non sarebbe libera di limitare a proprio piacimento la libera circolazione dei capitali.

VII – Valutazione giuridica

29.      Nel presente procedimento occorre sottolineare, in primo luogo, che il diritto dell’Unione, in linea di principio, non obbliga gli Stati membri ad effettuare sovvenzioni dirette a favore di istituti di insegnamento, di ricerca e scientifici stranieri. Inoltre, le imposte dirette rientrano, in linea di principio, nell’ambito di competenza degli Stati membri. Da dette prescrizioni generali non si evince, tuttavia, che gli Stati membri possano esercitare la loro potestà impositiva nel settore della promozione della ricerca, dell’insegnamento e della scienza senza tenere conto degli obblighi risultanti dalle libertà fondamentali. Infatti, secondo costante giurisprudenza, gli Stati membri devono sempre esercitare la potestà impositiva loro restante nel rispetto del diritto dell’Unione (4).

30.      Sulla scorta di tali premesse, occorre verificare, in prosieguo, se il regime fiscale in esame conduca ad una restrizione, fondamentalmente vietata, della libera circolazione dei capitali. Poiché, a mio avviso, detta questione deve essere risolta positivamente, occorre successivamente esaminare se tale restrizione sia ciononostante consentita in forza delle disposizioni del Trattato concernenti la libera circolazione dei capitali, o se sia giustificata da un motivo imperativo di interesse generale riconosciuto dalla giurisprudenza.

A –    Sull’esistenza di una restrizione della libera circolazione dei capitali

31.       Ai sensi dell’art. 56, n. 1, CE, tutte le restrizioni ai movimenti di capitali tra gli Stati membri sono vietate. Secondo la giurisprudenza della Corte, anche la tassazione delle donazioni in contanti o in natura rientra nell’ambito di applicazione di detta disposizione del Trattato relativa alla libera circolazione dei capitali, ad eccezione dei casi in cui gli elementi costitutivi delle operazioni di cui trattasi si trovino all’interno di un solo Stato membro (5).

32.      La disposizione in esame, concernente le agevolazioni fiscali relative alle donazioni, prevede, da un lato, che le donazioni provenienti dal patrimonio aziendale, effettuate a favore degli istituti di insegnamento, di ricerca e scientifici elencati all’art. 4, n. 1, lett. a)-d), dell’EStG, sono considerate costi di esercizio, i quali sono deducibili dall’imposta sul reddito. Il governo austriaco non nega il fatto che le donazioni a favore di istituti stranieri siano escluse, in linea di principio, dall’ambito di applicazione di tale disposizione.

33.      D’altro lato, ai sensi dell’art. 4, n. 1, lett. e), dell’EStG, anche le donazioni provenienti dal patrimonio aziendale ed effettuate a favore di istituti che svolgono attività di ricerca o di insegnamento per la scienza o l’economia austriaca, e che perseguono unicamente scopi scientifici, sono considerate costi di esercizio deducibili dall’imposta sul reddito. Sebbene quest’ultima disposizione non limiti esplicitamente la cerchia degli istituti che possono rientrare nell’ambito di applicazione di tale disposizione agli istituti di insegnamento, di ricerca e scientifici nazionali, mi sembra estremamente difficile, nella pratica, per gli istituti stabiliti in altri Stati dell’Unione, soddisfare i requisiti posti dall’art. 4, n. 1, lett. e), dell’EStG. Problematico potrebbe essere soprattutto, sotto questo profilo, per tali istituti stabiliti in altri Stati dell’Unione, dimostrare di svolgere attività di ricerca e di insegnamento per la scienza o per l’economia austriaca (6). In ogni caso, il governo austriaco, né nel controricorso né nella controreplica ha menzionato un esempio concreto di un istituto straniero che soddisferebbe tale requisito (7).

34.      In sintesi, occorre dunque rilevare che il regime in esame, concernente le agevolazioni fiscali relative alle donazioni, può essere applicato, di massima, solo alle donazioni a favore di istituti di insegnamento, di ricerca e scientifici nazionali. Le donazioni a favore di istituti di insegnamento, di ricerca e scientifici stabiliti in altri Stati dell’Unione non possono, di regola, essere dedotte dall’imposta sul reddito.

35.      Come correttamente sottolineato dall’avvocato generale Mengozzi nelle sue conclusioni presentate nella causa Persche (8), è pacifico, in via generale, che la deducibilità fiscale di una donazione incide in misura considerevole sulla generosità del donatore. Concedendo agevolazioni fiscali, gli Stati membri riducono il costo della donazione a carico del donatore e quindi lo stimolano a ripetere il suo gesto. Nel caso di diniego di detta agevolazione, occorre partire dal presupposto che meno persone effettueranno donazioni. Sulla scorta di tali premesse, la Corte, nella sentenza Persche, ha qualificato come restrizione, fondamentalmente vietata, della libera circolazione dei capitali, un regime fiscale che prevedeva agevolazioni fiscali relative alle donazioni, il quale era applicabile solo alle donazioni a favore di istituti nazionali che perseguivano obiettivi di interesse generale e che era dunque idoneo a ripercuotersi negativamente sulla disponibilità ad effettuare donazioni a favore dei corrispondenti istituti stabiliti in altri Stati dell’Unione (9).

36.      Se, come nel caso del regime in esame, concernente le agevolazioni fiscali relative alle donazioni, possono essere fatte valere come costi di esercizio, di massima, solo le donazioni provenienti dal patrimonio aziendale effettuate a favore di istituti di insegnamento, di ricerca e scientifici nazionali, le persone soggette all’imposta sul reddito di cui trattasi preferiranno effettuare donazioni a favore degli istituti inclusi nell’ambito di applicazione dell’art. 4a, n. 1, lett. a)-e), dell’EStG. La normativa austriaca è dunque idonea a dissuadere tali persone soggette all’imposta sul reddito dall’effettuare donazioni ad istituti di insegnamento, di ricerca e scientifici stranieri (10).

37.      Tenuto conto della circostanza che persino le restrizioni di modesta portata o di importanza minore ricadono sotto il divieto di restrizioni sancito dall’art. 56 CE (11), il regime agevolativo fiscale in esame deve pertanto essere considerato quale restrizione, fondamentalmente vietata, alla libera circolazione dei capitali.

B –    Sull’esistenza di una giustificazione della restrizione della libera circolazione dei capitali

38.      Secondo giurisprudenza costante, dall’interazione degli artt. 56 CE, 58, n. 1, lett. a), CE e 58, n. 3, CE si evince che una normativa fiscale nazionale come quella in oggetto, la quale distingue fra donazioni a istituti nazionali e donazioni a istituti stabiliti in un altro Stato membro, introducendo in tal modo una restrizione, fondamentalmente vietata, della libera circolazione dei capitali, può essere considerata compatibile con le disposizioni del Trattato relative alla libera circolazione dei capitali solo qualora la differenza di trattamento riguardi situazioni che non siano oggettivamente paragonabili o – nel rispetto del principio di proporzionalità – sia giustificata da motivi imperativi di interesse generale (12).

39.      In tale contesto, il governo austriaco afferma, nel presente procedimento, che gli istituti di insegnamento, di ricerca e scientifici elencati all’art. 4a, n. 1, lett. a)-d), dell’EStG non sono paragonabili ai corrispondenti istituti stabiliti in altri Stati membri. Inoltre, la disparità di trattamento dei donatori soggetti all’imposta sul reddito in Austria, censurata dalla Commissione, sarebbe giustificata da motivi imperativi di interesse generale.

1.      Sull’equiparabilità obiettiva fra gli istituti nazionali in esame e gli istituti stabiliti in altri Stati dell’Unione

40.      Per valutare l’argomento dedotto dal governo austriaco, secondo il quale gli istituti di insegnamento, di ricerca e scientifici elencati all’art. 4a, n. 1, lett. a)-d), dell’EStG non sarebbero paragonabili ai corrispondenti istituti di insegnamento, di ricerca e scientifici stabiliti in altri Stati dell’Unione, occorre rammentare, anzitutto, che il presente procedimento verte sulla disparità di trattamento fiscale dei donatori soggetti all’imposta sul reddito in Austria. La Commissione lamenta, in sostanza, che alle persone soggette all’imposta sul reddito venga negata, in linea di principio, la deduzione fiscale delle donazioni effettuate a favore di istituti di insegnamento, di ricerca e scientifici stabiliti in altri Stati dell’Unione, mentre esse possono dedurre, nei limiti fissati dalla legge, le donazioni agli istituti austriaci elencati all’art. 4a, n. 1, lett. a)-d), dell’EStG. Di conseguenza, la disposizione in esame comporta una disparità di trattamento fiscale in base al luogo di collocamento del capitale.

41.      Secondo il governo austriaco, tale disparità di trattamento è ammissibile, in quanto gli istituti austriaci elencati all’art. 4a, n. 1, lett. a)-d), dell’EStG e i corrispondenti istituti di insegnamento, di ricerca e scientifici stabiliti in altri Stati dell’Unione non si troverebbero in una situazione equiparabile. In tal modo, il governo austriaco sostiene, in ultima analisi, che la restrizione della libera circolazione dei capitali in questione nella specie sia giustificata, in quanto la situazione delle persone soggette all’imposta sul reddito in Austria, le quali effettuano donazioni a favore degli istituti elencati all’art. 4a, n. 1, lett. a)-d), dell’EStG, e la situazione di quelle persone che effettuano donazioni a favore dei corrispondenti istituti stabiliti in altri Stati dell’Unione, tenuto conto delle differenze dei beneficiari delle donazioni, non sarebbero paragonabili fra loro.

42.      Tale argomento non risulta convincente. A mio avviso, il governo austriaco non dimostra che gli istituti austriaci elencati all’art. 4a, n. 1, lett. a)-d), dell’EStG e i corrispondenti istituti di insegnamento, di ricerca e scientifici stabiliti in altri Stati dell’Unione non siano obiettivamente paragonabili.

43.      A sostegno della tesi dell’incomparabilità obiettiva fra gli istituti austriaci elencati all’art. 4a, n. 1, lett. a)-d), dell’EStG e i corrispondenti istituti di insegnamento, di ricerca e scientifici stabiliti in altri Stati dell’Unione, il governo austriaco sottolinea, innanzitutto, che l’attività degli istituti elencati all’art. 4a, n. 1, lett. a)-d), dell’EStG sarebbe caratterizzata dall’assoggettamento a controllo da parte delle autorità austriache, controllo escluso, invece, nel caso dei corrispondenti istituti stabiliti in altri Stati dell’Unione.

44.      Tale argomento non risulta convincente. Come sottolinea lo stesso governo austriaco, il controllo delle autorità sugli istituti austriaci elencati all’art. 4a, n. 1, lett. a)-d), dell’EStG viene realizzato, sostanzialmente, fissando gli obiettivi – al servizio dell’interesse generale – di tali istituti, nonché intervenendo in via dirigista nel caso di mancata realizzazione di detti obiettivi. Dall’argomento del governo austriaco si può inoltre dedurre che le donazioni a tali istituti vengono agevolate sotto il profilo dell’imposta sul reddito in quanto questi ultimi perseguono determinati obiettivi meritevoli di promozione. Il criterio decisivo per la determinazione della cerchia degli istituti che ricadono nell’ambito di applicazione del regime di agevolazione fiscale relativo alle donazioni è costituito, dunque, dall’obiettivo perseguito da tali istituti, e non invece dalla circostanza che la Repubblica d’Austria ha fissato tali obiettivi o che può intervenire in via dirigista al fine di garantire il loro conseguimento.

45.      In tale contesto, la verifica dell’equiparabilità fra gli istituti di insegnamento, di ricerca e scientifici stabiliti in altri Stati dell’Unione e gli istituti austriaci elencati all’art. 4a, n. 1, lett. a)-d), dell’EStG deve avvenire sulla base degli obiettivi perseguiti da tali istituti. Se gli istituti di insegnamento, di ricerca e scientifici stabiliti in altri Stati dell’Unione perseguono i medesimi obiettivi degli istituti austriaci elencati all’art. 4a, n. 1, lett. a)-d), dell’EStG, essi si trovano in una situazione obiettivamente equiparabile, vale a dire a prescindere dalla questione di chi abbia fissato tali obiettivi in relazione agli istituti stabiliti in altri Stati dell’Unione.

46.      In sintesi, occorre pertanto rilevare che la Repubblica d’Austria è libera, in linea di principio, nel rispetto dei precetti del diritto dell’Unione, di fissare, direttamente o indirettamente, gli obiettivi che gli istituti di insegnamento, di ricerca e scientifici nazionali devono perseguire per poter essere inclusi nell’ambito di applicazione del regime di agevolazione fiscale relativo alle donazioni (13). Se gli istituti di insegnamento, di ricerca e scientifici stabiliti in altri Stati dell’Unione perseguono i medesimi obiettivi, ad essi non può peraltro essere disconosciuta l’equiparabilità obiettiva con gli istituti nazionali per il sol fatto che non sia stato il legislatore austriaco ad avere prescritto a questi istituti stabiliti in altri Stati dell’Unione i detti obiettivi.

47.      Deve dunque essere respinto in quanto infondato l’argomento secondo il quale il difetto di equiparabilità fra gli istituti austriaci elencati all’art. 4a, n. 1, lett. a)-d), dell’EStG e i corrispondenti istituti di insegnamento, di ricerca e scientifici stabiliti in altri Stati dell’Unione sarebbe dovuto al controllo da parte delle autorità austriache.

48.      Al difetto di equiparabilità obiettiva fra gli istituti austriaci e gli istituti stabiliti in altri Stati dell’Unione in questione nella specie contribuisce parimenti, secondo il governo austriaco, il fatto che solo le donazioni agli istituti elencati all’art. 4a, n. 1, lett. a)-d), dell’EStG sosterrebbero lo Stato austriaco nel suo obbligo di finanziamento nei confronti degli istituti operanti nel settore dei servizi pubblici austriaci. Gli istituti elencati all’art. 4a, n. 1, lett. a)-d), dell’EStG, infatti, presenterebbero un rapporto particolarmente stretto con la Repubblica d’Austria, nella misura in cui essi o svolgono attività che implicano l’esercizio di pubblici poteri – ad esempio l’intero settore dell’istruzione nel caso delle università – o promuovono con risorse pubbliche il polo scientifico e la formazione delle nuove leve nel settore scientifico in Austria. Poiché le risorse provenienti da donazioni private integrerebbero il bilancio di tali istituti, mediante la deducibilità delle donazioni potrebbero venire messe a disposizione, con uno sforzo finanziario minimo, risorse ulteriori per tali attività pubbliche.

49.      Nella causa Persche, la Corte ha già affrontato un argomento analogo e lo ha, in definitiva, respinto. In detta causa, la Corte era stata chiamata a pronunciarsi, inter alia, sulla compatibilità con gli artt. 56 e segg. CE di una normativa fiscale tedesca, la quale prevedeva la deducibilità delle donazioni eseguite a favore di enti di interesse generale stabiliti nel territorio nazionale, mentre le donazioni a favore di istituti di interesse generale stabiliti in un altro Stato membro erano esclusi da tale agevolazione fiscale. In tale contesto, la Corte ha affrontato, inter alia, l’argomento, secondo il quale gli istituti di interesse generale nazionali e stranieri non sarebbero equiparabili qualora gli istituti nazionali di interesse generale assolvano attività di interesse generale, sgravando, in tal modo, lo Stato. È pur vero che la Corte ha riconosciuto che gli istituti nazionali di interesse generale possano svolgere talune attività spettanti alle autorità pubbliche e che ciò possa condurre ad una riduzione delle spese dello Stato membro in questione tale da compensare, almeno in parte, il minor gettito fiscale causato dalla deducibilità delle donazioni. Essa ha tuttavia respinto l’argomento secondo il quale tale motivo sarebbe sufficiente per assoggettare le donazioni a favore di istituti nazionali e stranieri di interesse generale ad un diverso regime di agevolazioni fiscali (14). Al riguardo, la Corte si è richiamata, in particolare, alla propria costante giurisprudenza, secondo la quale prevenire la contrazione del gettito fiscale non rientra né tra gli obiettivi enunciati all’art. 58 CE né tra i motivi imperativi di interesse generale idonei a giustificare una restrizione ad una libertà sancita dal Trattato (15).

50.      Tale valutazione, secondo la quale le possibili conseguenze finanziarie sul bilancio correlate ad una configurazione conforme al diritto dell’Unione di una normativa fiscale nazionale non rientrano in generale né negli obiettivi menzionati all’art. 58 CE, né nei motivi imperativi di interesse generale, mi sembra trasponibile alla presente causa (16).

51.      Neanche nel presente procedimento può essere escluso che le donazioni fiscalmente agevolate a favore degli istituti elencati all’art. 4a, n. 1, lett. a)-d), dell’EStG, sostengano lo Stato austriaco nel suo obbligo di finanziamento nei confronti degli istituti operanti nel settore austriaco della ricerca e dell’istruzione. Alla luce delle considerazioni da me svolte in precedenza, da ciò non si evince, tuttavia, che la Repubblica d’Austria, nel disciplinare la deducibilità fiscale delle donazioni, possa introdurre una disparità di trattamento restrittiva della libera circolazione dei capitali, fra le donazioni a favore di istituti di insegnamento, di ricerca e scientifici nazionali e le donazioni a favore di istituti stabiliti in un altro Stato membro, sulla base del rilievo, non meglio specificato, secondo cui le donazioni a favore dei secondi non sosterrebbero la Repubblica d’Austria nell’adempimento degli obblighi di finanziamento ad essa incombenti in tale settore.

52.      Nella sua controreplica, il governo austriaco ha infine tentato di motivare il difetto di equiparabilità fra gli istituti elencati all’art. 4a, n. 1, lett. a)-d), dell’EStG, affermando che la Repubblica d’Austria si servirebbe di tali istituti per svolgere le proprie attività nel settore dell’istruzione superiore, della ricerca scientifica e della promozione dell’Austria quale polo scientifico. Nel contesto dell’art. 4a, n. 1, lett. a)-d), dell’EStG, gli istituti di insegnamento, di ricerca e scientifici nazionali potrebbero essere inclusi nella sfera di applicazione del regime agevolativo fiscale relativo alle donazioni solo quando essi siano intesi, in larga misura, a perseguire obiettivi di interesse generale nazionale nel settore scientifico. Qualora istituti di insegnamento, di ricerca e scientifici stabiliti in altri Stati dell’Unione mirino a conseguire tali obiettivi, anch’essi potrebbero essere inclusi nella sfera di applicazione del regime di agevolazioni relativo alle donazioni.

53.      Il governo austriaco fa valere, in tal modo, che gli istituti nazionali opererebbero nell’interesse generale dell’Austria, mentre gli istituti stabiliti in altri Stati dell’Unione opererebbero, di regola, nell’interesse generale nazionale del rispettivo Stato di stabilimento. Alla luce di tali obiettivi distinti, la disparità di trattamento sotto il profilo fiscale dei donatori soggetti ad imposta in Austria sarebbe ammissibile. Infatti, qualora esistessero eccezionalmente istituti di insegnamento, di ricerca e scientifici stabiliti in altri Stati dell’Unione, i quali perseguano, nel settore scientifico, obiettivi intesi all’interesse generale austriaco, anche tali istituti potrebbero essere inclusi, per il tramite dell’art. 4a, n. 1, lett. e), dell’EStG, nella sfera di applicazione del regime di agevolazione fiscale in esame.

54.      Anche questo argomento non risulta convincente.

55.      Sebbene la Repubblica d’Austria, nella scelta degli istituti che rientrano nell’ambito di applicazione del regime nazionale di agevolazioni relative alle donazioni, possa esigere un certo grado di collegamento tra tali istituti e la Repubblica d’Austria (17), tale limitazione della cerchia degli istituti meritevoli di promozione deve avvenire in linea di principio, in un caso come quello presente, mediante la determinazione degli obiettivi concreti che devono essere perseguiti dagli istituti di cui trattasi. Così, la Repubblica d’Austria potrebbe decidere di limitare l’agevolazione fiscale alle donazioni effettuate a favore di istituti che svolgano attività ricerca in settori particolarmente significativi per l’interesse generale nazionale, quali, ad esempio, il settore della ricerca sulle valanghe. Qualora detta limitazione dei settori di ricerca meritevoli di promozione sotto il profilo fiscale dovesse comportare che, di fatto, solo le donazioni a favore di istituti nazionali ricadano nell’ambito di applicazione del regime di agevolazioni relativo alle donazioni, ciò sarebbe compatibile, in linea di principio, con la libera circolazione dei capitali.

56.      Nella specie, il governo austriaco si limita a far valere, in generale, che gli istituti elencati all’art. 4a, n. 1, lett. a)-d), dell’EStG perseguirebbero, nel settore scientifico, obiettivi intesi alla realizzazione dell’interesse generale austriaco. Al riguardo, tale finalità è descritta in maniera tale che vi rispondono praticamente tutti gli istituti di insegnamento, di ricerca e scientifici stabiliti in Austria, mentre non è ravvisabile alcun esempio di un istituto stabilito in un altro Stato dell’Unione, il quale realizzi tale obiettivo. In tal modo, la finalità così descritta sfocia, in definitiva, in un criterio meramente basato sullo stabilimento, al quale non è naturalmente consentito ricorrere per giustificare la controversa disparità di trattamento delle donazioni a favore degli istituti di insegnamento, di ricerca e scientifici nazionali e degli istituti stabiliti in altri Stati dell’Unione.

57.      In tale contesto, occorre parimenti sottolineare che il requisito dell’equiparabilità obiettiva delle donazioni agli istituti di cui trattasi non significa che tali istituti debbano trovarsi in una situazione identica sotto ogni profilo. Piuttosto, detto requisito deve essere interpretato nel senso che gli istituti debbano trovarsi, nel rispettivo Stato membro, in una situazione analoga. Sulla scorta di tali premesse, la circostanza che la Repubblica d’Austria, nella scelta degli istituti – austriaci – che ricadono nell’ambito di applicazione del regime di agevolazioni relativo alle donazioni, si lasci guidare, in generale, dal contributo da essi apportato all’interesse generale austriaco nel settore scientifico, non implica automaticamente un’incomparabilità obiettiva fra tali istituti – austriaci – e i corrispondenti istituti stabiliti in altri Stati dell’Unione. Piuttosto, occorre partire dal presupposto che gli istituti stabiliti in altri Stati dell’Unione, i quali perseguono i medesimi obiettivi degli istituti austriaci, contribuendo in tal modo al bene comune nel settore scientifico del rispettivo Stato di stabilimento, si trovino in una situazione analoga. Così, ad esempio, gli istituti di insegnamento, di ricerca e scientifici che fanno ricerca fondamentale nei diversi Stati membri si trovano, in linea di principio, in una situazione analoga e dunque obiettivamente equiparabile, anche qualora tale ricerca contribuisca indirettamente al potenziamento dello Stato di stabilimento quale polo scientifico. Nel controricorso, inoltre, il governo austriaco sembra essersi ancora basato su tale interpretazione (18).

58.      Alla luce di tutte le suesposte considerazioni, giungo alla conclusione che la tesi del governo austriaco, secondo cui gli istituti menzionati all’art. 4a, n. 1, lett. a)-d), dell’EStG, da un lato, e i corrispondenti istituti di insegnamento, di ricerca e scientifici stabiliti in altri Stati dell’Unione, dall’altro, non si troverebbero in una situazione obiettivamente equiparabile, cosicché la disparità di trattamento in esame dei donatori soggetti all’imposta sul reddito in Austria non riguarderebbe situazioni (attinenti a donazioni) paragonabili fra loro, deve essere respinta in quanto infondata.

2.      Sulla giustificazione per motivi imperativi di interesse generale

59.      Secondo il governo austriaco, una restrizione della libera circolazione dei capitali è, in ogni caso, giustificata per motivi imperativi di interesse generale. Tutti gli istituti elencati all’art. 4a, n. 1, lett. a)-d), dell’EStG mirerebbero a promuovere lo status dell’Austria quale polo scientifico e, quindi, anche educativo. Tale obiettivo costituirebbe una ragione imperativa di interesse generale. Il regime di agevolazione fiscale in esame contribuirebbe al perseguimento di detto obiettivo e supererebbe, in tale contesto, anche l’esame di proporzionalità.

60.      Questo argomento va disatteso per diversi motivi.

61.      Anzitutto occorre richiamare la sentenza Laboratoires Fournier (19). In tale sentenza, la Corte ha rilevato che la promozione della ricerca e dello sviluppo può costituire un motivo imperativo d’interesse generale. Al contempo essa ha tuttavia sottolineato che un provvedimento nazionale che neghi il beneficio di un credito d’imposta per la ricerca a qualsiasi attività di ricerca non svolta nello Stato membro interessato è direttamente contrario allo scopo della politica dell’Unione nel settore della ricerca e dello sviluppo tecnologico e non può pertanto essere giustificato facendo riferimento all’obiettivo in tal modo perseguito, consistente nella promozione della ricerca e dello sviluppo. Nel motivare tale soluzione, la Corte si è richiamata, in particolare, all’art. 163 CE – adesso art. 179 TFUE – ai sensi del cui n. 2 la Comunità incoraggia le imprese, i centri di ricerca e le università nei loro sforzi di ricerca e di sviluppo tecnologico di alta qualità e sostiene i loro sforzi di cooperazione, eliminando, inter alia, gli ostacoli giuridici e fiscali a detta cooperazione.

62.      A mio avviso, le valutazioni espresse nella sentenza Laboratoires Fournier sono direttamente trasponibili al caso in esame, tanto più che adesso, all’art. 179 TFUE, la realizzazione di uno spazio europeo della ricerca viene espressamente menzionato quale obiettivo delle politiche in materia di ricerca. Di conseguenza, il regime agevolativo de quo relativo alle donazioni e la conseguente restrizione della libera circolazione dei capitali non possono, in linea di principio, essere giustificate rinviando all’obiettivo perseguito mediante tale provvedimento e, segnatamente, la promozione della ricerca e dello sviluppo nazionale nei centri di ricerca e nelle università austriache.

63.      Laddove il governo austriaco, per giustificare la restrizione della libera circolazione dei capitali, fa riferimento all’obiettivo perseguito dal regime di agevolazione relativo alle donazioni, ossia la promozione dell’istruzione in Austria, condivido tale argomento, nel senso che la promozione dell’istruzione può costituire un motivo imperativo di interesse generale. A mio avviso, il governo austriaco non dimostra, tuttavia, che la restrizione della libera circolazione dei capitali in questione sia giustificata, nella specie, da motivi imperativi legati alla promozione dell’istruzione.

64.      In tale contesto, va rammentato, innanzitutto, che secondo la giurisprudenza tradizionale della Corte motivi imperativi di interesse generale non possono essere fatti valere per giustificare restrizioni alle libertà fondamentali applicate in maniera discriminatoria (20).

65.      Il fatto che il regime agevolativo in esame, relativo alle donazioni, sia discriminatorio – perlomeno indirettamente – è pacifico (21). È tuttavia dubbio se la giurisprudenza tradizionale, secondo la quale restrizioni discriminatorie delle libertà fondamentali non sono giustificabili per motivi imperativi di interesse generale, sia trasponibile anche ad un caso come quello presente, nel quale un regime fiscale che distingue a seconda del luogo di collocamento del capitale comporta una restrizione della libera circolazione dei capitali (22). Nella giurisprudenza recente della Corte si ravvisano, inoltre, indizi chiari del fatto che, in taluni settori, motivi imperativi di interesse generale possono essere invocati anche per giustificare restrizioni discriminatorie delle libertà fondamentali, mentre si deve ovviamente sempre rispettare il principio di proporzionalità (23).

66.      Nel caso in esame non occorre tuttavia risolvere definitivamente la questione se la restrizione della libera circolazione dei capitali in questione nella specie possa essere giustificata, in linea di principio, per motivi imperativi di interesse generale. Tale giustificazione, infatti, presuppone sempre che il principio di proporzionalità resti impregiudicato. A mio avviso, quest’ultimo requisito non risulta soddisfatto nella specie.

67.      Al fine di verificare la proporzionalità del regime agevolativo in esame, relativo alle donazioni, occorre verificare, sostanzialmente, se tale disposizione sia 1) idonea e 2) necessaria a conseguire l’obiettivo consistente nella promozione della Repubblica austriaca quale polo educativo, e se la restrizione della libera circolazione dei capitali da essa risultante sia 3) congrua (24).

68.      Secondo la giurisprudenza della Corte, un provvedimento è idoneo a garantire la realizzazione dell’obiettivo addotto solo se risponde realmente all’intento di raggiungerlo in modo coerente e sistematico (25). Un provvedimento è necessario laddove, fra le molteplici misure idonee a conseguire lo scopo perseguito, sia quello che impone l’onere minore per l’interesse o il bene giuridico colpito (26). Una restrizione incongrua della libera circolazione dei capitali ricorre qualora il provvedimento nazionale, nonostante il contributo apportato al conseguimento dell’obiettivo di interesse generale, comporti un’ingerenza eccessiva nella libera circolazione dei capitali.

69.      In tale contesto, il governo austriaco sostiene (27) che la limitazione degli incentivi fiscali agli istituti menzionati nell’art. 4, n. 1, lett. a)-d), dell’EStG sarebbe idonea e necessaria a realizzare l’obiettivo perseguito, in quanto, secondo il regime agevolativo in esame, relativo alle donazioni, potrebbero essere portati in deduzione costi di esercizio per un importo massimo pari al 10% dell’utile, quali donazioni riduttive delle imposte per la scienza e la ricerca, e il volume delle donazioni conseguibile sarebbe pertanto limitato in misura pari a loro ammontare. Si potrebbe pertanto temere che un’apertura dell’attuale restrizione determini uno spostamento parziale delle donazioni dagli istituti austriaci ad istituti stranieri, con la conseguenza che i primi avrebbero a disposizione minori risorse risultanti dalle donazioni.

70.      A mio avviso, il governo austriaco, con tale argomento, non ha dimostrato in maniera sufficiente che la limitazione de qua del regime di agevolazione relativo alle donazioni sia necessaria per promuovere la Repubblica d’Austria quale polo scientifico ed educativo (28).

71.      Nella specie, si deve rilevare che il governo austriaco non ha dimostrato sulla base di dati numerici, né nel controricorso né nella controreplica, l’entità delle donazioni annue a favore degli istituti elencati all’art. 4a, n. 1, lett. a)-d), dell’EStG, e in che misura tali entrate contribuiscano al finanziamento delle loro attività. Piuttosto, il governo austriaco si è limitato ad effettuare considerazioni generali sul sistema del regime di agevolazione relativo alle donazioni e sui probabili effetti esplicati dalla configurazione conforme al diritto dell’Unione di tale regime sulla disponibilità alle donazioni delle persone soggette all’imposta sul reddito in Austria. Ciò non basta a dimostrare che la limitazione dell’applicazione del regime in esame alle donazioni a favore di istituti nazionali sia necessaria alla promozione della Repubblica d’Austria quale polo scientifico ed educativo. Per lo stesso motivo, il governo austriaco non è stato in grado di dimostrare la congruità dell’esclusione degli istituti stranieri dal regime medesimo. Sulla scorta di tali premesse, il regime agevolativo in esame relativo alle donazioni deve essere considerato, in definitiva, come un’ingerenza sproporzionata nella libera circolazione dei capitali.

72.      Alla luce di tutte le suesposte considerazioni, giungo alla conclusione che l’argomento del governo austriaco, secondo il quale la restrizione della libera circolazione dei capitali di cui trattasi nella specie sarebbe giustificata da motivi imperativi legati alla promozione della scienza e dell’insegnamento nazionali, deve essere respinto in quanto infondato.

3.      Sintesi

73.      Considerate le mie osservazioni precedentemente svolte, concludo che le disposizioni di cui all’art. 4a, n. 1, lett. a)-d), dell’EStG, ai sensi delle quali, in generale, solo le donazioni effettuate da donatori soggetti all’imposta sul reddito in Austria a favore degli istituti nazionali ivi menzionati possono essere dedotte fiscalmente nei limiti fissati dalla legge, costituisce un’inammissibile restrizione della libera circolazione dei capitali e, dunque, una violazione dell’art. 56 CE.

74.      Sebbene la Commissione, nel parere motivato, sia giunta alla conclusione che l’art. 4a, n. 1, lett. a)-e), dell’EStG sia contrario sia all’art. 56 CE, sia all’art. 40 dell’accordo SEE, e abbia invitato la Repubblica d’Austria ad adottare le misure necessarie per porre fine a questa infrazione, quest’ultima, nel proprio ricorso, si è limitata a contestare l’incompatibilità dell’art. 4a, n. 1, lett. a)-d), dell’EStG con l’art. 56 CE, nonché con l’art. 40 dell’accordo SEE (29).

75.      Dall’art. 38, n. 1, in combinato disposto con l’art. 42, n. 2, del regolamento di procedura, si evince che l’oggetto della domanda deve essere determinato nell’atto introduttivo del giudizio. Poiché la Commissione ha limitato tale oggetto alle disposizioni di cui all’art. 4a, n. 1, lett. a)-d), dell’EStG, occorre rilevare, alla luce delle suesposte considerazioni, che la Repubblica d’Austria, avendo limitato agli istituti stabiliti in Austria la deducibilità fiscale delle donazioni agli istituti menzionati all’art. 4°, n. 1, lett. a)-d), dell’EStG, è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza dell’art. 56 CE.

C –    Sull’esistenza di una violazione dell’art. 40 dell’accordo SEE

76.      Secondo la Commissione, le considerazioni da essa svolte in relazione alla violazione della libera circolazione dei capitali ai sensi dell’art. 56 CE da parte del regime agevolativo in esame relativo alle donazioni valgono, mutatis mutandis, anche per l’art. 40 dell’accordo SEE. La Commissione chiede pertanto alla Corte di dichiarare che la Repubblica d’Austria, con il regime agevolativo in esame relativo alle donazioni, non ha altresì adempiuto gli obblighi ad essa incombenti in forza dell’art. 40 dell’accordo SEE.

77.      Uno degli obiettivi principali dell’accordo SEE è di realizzare nella massima misura possibile la libera circolazione delle merci, delle persone, dei servizi e dei capitali nell’intero SEE, di modo che il mercato interno realizzato nel territorio dell’Unione sia esteso agli Stati dell’AELS coinvolti. In quest’ottica, diverse disposizioni dell’accordo SEE mirano a garantirne un’interpretazione che sia la più uniforme possibile nell’insieme del SEE (30).

78.      Secondo giurisprudenza costante, dall’art. 40 dell’accordo SEE risulta che le norme che vietano le restrizioni ai movimenti di capitali e la discriminazione che esse enunciano, per quanto riguarda i rapporti tra gli Stati parti dell’accordo SEE, siano essi membri dell’Unione o membri dell’AELS, sono identiche a quelle che il diritto dell’Unione impone nei rapporti tra gli Stati membri (31). Ne consegue che, qualora le restrizioni alla libera circolazione dei capitali tra cittadini di Stati parti dell’accordo SEE debbano essere esaminate con riferimento all’art. 40 e all’allegato XII di detto accordo, tali prescrizioni rivestono la stessa portata giuridica delle disposizioni dell’art. 56 CE (32).

79.      Alla luce delle considerazioni svolte riguardo alla violazione dell’art. 56 CE, occorre parimenti constatare che la Repubblica d’Austria, avendo limitato alle donazioni agli istituti stabiliti in Austria la deducibilità fiscale delle donazioni agli istituti menzionati all’art. 4°, n. 1, lett. a)-d), dell’EStG, è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza dell’art. 40 dell’accordo SEE.

VIII – Sulle spese

80.      Ai sensi dell’art. 69, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la Commissione ne ha fatto domanda, la Repubblica d’Austria, rimasta soccombente, dev’essere condannata alle spese.

IX – Conclusione

81.      Alla luce delle considerazioni che precedono, propongo alla Corte di decidere come segue:

1)         La Repubblica d’Austria, avendo limitato la deducibilità fiscale delle donazioni agli istituti menzionati all’art. 4°, n. 1, lett. a)-d), dell’EStG alle donazioni agli istituti stabiliti in Austria, è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza degli artt. 56 CE e 40 dell’accordo SEE.

2)         La Repubblica d’Austria è condannata alle spese.


1 – Lingua originale: il tedesco.


Lingua processuale: il tedesco.


2 – Seguendo le definizioni utilizzate nel TUE e nel TFUE, la nozione di «diritto dell’Unione» verrà utilizzata come omnicomprensiva per indicare tanto il diritto comunitario quanto quello dell’Unione. Ogni volta che, nel prosieguo, si utilizzeranno specifiche disposizioni di diritto primario, si citerà la norma vigente ratione temporis.


3 – Legge federale 7 luglio 1988, relativa all’imposta sul reddito delle persone fisiche (Einkommensteuergesetz 1988 – EStG 1988), BGBl. n. 400/1988.


4 – V. sentenze 1° luglio 2010, causa C-233/09, Dijkman e Dijkman-Lavaleije (Racc. pag. I-6645, punto 20); 3 giugno 2010, causa C-487/08, Commissione/Spagna (Racc. pag. I-4843, punto 37); 17 settembre 2009, causa C-182/08, Glaxo Wellcome (Racc. pag. I-8591, punto 34); 11 settembre 2007, causa C-76/05, Schwarz e Gootjes-Schwarz (Racc. pag. I-6849, punto 69); 7 settembre 2004, causa C-319/02, Manninen (Racc. pag. I-7477, punto 19), nonché 29 aprile 1999, causa C-311/97, Royal Bank of Scotland (Racc. pag. I-2651, punto 19).


5 – Quale sentenza di principio vale la sentenza 27 gennaio 2009, causa C-318/07, Persche (Racc. pag. I-359, punto 27). V. in tal senso anche la sentenza 22 aprile 2010, causa C-510/08, Mattner (Racc. pag. I-3553, punto 20), nella quale è stato confermato che anche la tassazione della donazione di un immobile rientra nell’ambito di applicazione delle disposizioni del Trattato concernenti la libera circolazione dei capitali, qualora il caso presenti un nesso transfrontaliero. In precedenza, la Corte aveva già rilevato che le successioni costituiscono movimenti di capitali ai sensi dell’art. 56 CE, ad eccezione dei casi in cui gli elementi che le costituiscono si trovino all’interno di un solo Stato membro; v. sentenza 11 settembre 2008, causa C-11/07, Eckelkamp e a. (Racc. pag. I-6845, punto 39).


6 – Ai sensi dell’art. 4a, n. 1, dell’EStG, la sussistenza dei requisiti di cui alla lett. e) deve essere dimostrata dal rispettivo istituto a mezzo di un attestato rilasciato dal Finanzamt Wien 1/23, revocabile in qualsiasi momento da quest’ultimo.


7 – La Repubblica d’Austria si è limitata ad affermare che un’università straniera, un istituto straniero equiparabile alla Akademie der Wissenshaften (Accademia delle scienze) e un fondo per il supporto alla ricerca straniero analogo potrebbero parimenti beneficiare dell’agevolazione fiscale, qualora essi perseguano gli obiettivi agevolati nel settore scientifico; v. in particolare controreplica, punti 9 e seg.


8 – Conclusioni presentate dall’avvocato generale Mengozzi il 14 ottobre 2008 nella causa Persche (sentenza cit. supra alla nota 5), paragrafo 47.


9 – Sentenza Persche (cit. supra, nota 5, punti 38 e seg.).


10 – V., in tale contesto, anche le conclusioni presentate dall’avvocato generale Mengozzi nella causa Persche (sentenza cit. supra, nota 5), paragrafo 48.


11 – V. sentenza Dijkman Dijkman-Lavaleije (cit. supra, nota 4, punto 42).


12 – V., in tale contesto, sentenze Commissione/Spagna (cit. supra, nota 4, punto 47); Persche (cit. supra, nota 5, punto 41); Eckelkamp e a. (cit. supra, nota 5, punto 59); 14 settembre 2006, causa C-386/04, Centro di Musicologia Walter Stauffer (Racc. pag. I-8203, punto 32); 19 gennaio 2006, causa C-265/04, Bouanich (Racc. pag. I-923, punto 38); Manninen (cit. supra, nota 4, punto 29), nonché 6 giugno 2000, causa C-35/98, Verkooijen (Racc. pag. I-4071, punto 43).


13 – V., ex plurimis, sentenze Persche (cit. supra, nota 5, punto 48), nonché Centro di Musicologia Walter Stauffer (cit. supra, nota 12, punto 39).


14 – Sentenza Persche (cit. supra, nota 5, punti 45 e seg.).


15 – V., ex plurimis, Centro di Musicologia Walter Stauffer (cit. supra, nota 12, punto 59), nonché Manninen (cit. supra, nota 4, punto 49). V. inoltre sentenza 22 dicembre 2010, causa C-287/10, Tankreederei I (Racc. pag. I-14233 punto 27).


16 – V., in tale contesto, anche sentenza 8 settembre 2010, cause riunite C-316/07, da C-358/07 a C-360/07, C-409/07 e C-410/07, Markus Stoß (Racc. pag. I-8069, punto 105).


17 – V., in tale contesto, sentenza Tankreederei I (cit. supra, nota 15, punti 30 e segg.).


18 – Così, il governo austriaco, al punto 19 del suo controricorso, ha affermato che un’equiparabilità obiettiva della situazione degli istituti «che, pur stabiliti in Stati membri diversi, perseguono tuttavia la promozione di interessi generali identici», verrebbe meno in considerazione della mancanza di controllo, da parte delle autorità nazionali, al di là dei confini del rispettivo Stato (membro).


19 – Sentenza 10 marzo 2005, causa C-39/04, Laboratoires Fournier (Racc. pag. I-2057, punto 23).


20 – Fondamentale sentenza 30 novembre 1995, causa C-55/94, Gebhard (Racc. pag. I-4165, punto 37). V. sulle restrizioni discriminatorie della libera prestazione dei servizi, sentenze 6 ottobre 2009, causa C-153/08, Commissione/Spagna (Racc. pag. I-9735, punto 36); 30 marzo 2006, causa C-451/03, Servizi Ausiliari Dottori Commercialisti (Racc. pag. I-2941, punti 36 e seg.), nonché 16 gennaio 2003, causa C-388/01, Commissione/Italia (Racc. pag. I-721, punto 19). Sul principio, secondo il quale le restrizioni della libertà di stabilimento fondate sulla cittadinanza non possono essere giustificate da motivi imperativi di interesse generale, v. sentenze 16 dicembre 2010, causa C--89/09, Commissione/Francia (Racc. pag. I-12941, punti 50 e seg.); 1° giugno 2010, cause riunite C-570/07 e C-571/07, Blanco Pérez e Chao Gómez (Racc. pag. I-4629, punti 61 e seg.); 19 maggio 2009, cause riunite C-171/07 e C-172/07, Apothekerkammer des Saarlandes e a. (Racc. pag. I-4171, punti 25 e seg.), nonché 10 marzo 2009, causa C-169/07, (Hartlauer, Racc. pag. I-1721, punti 44 e seg.).


21 – Il governo austriaco non contesta il fatto che gli istituti stranieri siano esclusi, in linea di principio, dall’ambito di applicazione dell’art. 4, n. 1, lett. a)-d), dell’EStG. Sebbene l’art. 4, n. 1, lett. e), dell’EStG non limiti espressamente la cerchia degli istituti che possono rientrare nell’ambito di applicazione di tale regime agli istituti di insegnamento, di ricerca e scientifici nazionali, si deve inoltre considerare che gli istituti stabiliti in altri Stati dell’Unione difficilmente possono, in pratica, soddisfare i requisiti fissati dall’art. 4, n. 1, lett. e), dell’EStG. Si verifica, pertanto, una discriminazione fiscale dei donatori assoggettati in Austria all’imposta sul reddito basata sul luogo di collocamento del capitale. V. paragrafi 32 e segg. delle presenti conclusioni.


22 – La Corte, secondo una giurisprudenza oramai consolidata, ritiene che, affinché una normativa tributaria nazionale, la quale distingua fra fattispecie nazionali e straniere e limiti in tal modo la libera circolazione dei capitali, possa essere considerata compatibile con le disposizioni del Trattato relative alla libera circolazione dei capitali, è necessario che la differenza di trattamento riguardi situazioni che non siano oggettivamente paragonabili o sia giustificata da motivi imperativi di interesse generale (v., ex plurimis, la giurisprudenza cit. supra, nota 12). Tale formula implica, in definitiva, che anche un trattamento fiscale diseguale, contrario alla libera circolazione dei capitali, di situazioni nazionali e straniere obiettivamente paragonabili fra loro, può essere giustificata da un motivo imperativo di interesse generale; in tal senso espressamente sentenza Centro di Musicologia Walter Stauffer (cit. supra, nota 12, punto 42).


23 – Così avviene, ad esempio, nel settore delle misure nazionali di tutela dell’ambiente aventi carattere discriminatorio. V., al riguardo, le mie conclusioni presentate il 16 dicembre 2010, causa C-28/09, Commissione/Austria, ancora pendente, paragrafi 82 e segg.).


24 – Su questa struttura, articolata su tre livelli, della verifica della proporzionalità, v. le conclusioni da me presentate il 14 aprile 2010 nella causa Commissione/Germania (cit. supra, nota 26, paragrafo 189), nonché il 16 dicembre 2010 nella causa Commissione/Austria (cit. supra, nota 23, paragrafo 93).


25 – V. sentenze 11 marzo 2010, causa C-384/08, Attanasio Group (Racc. pag. I-2055, punto 51), nonché 17 novembre 2009, causa C-169/08, Presidente del Consiglio dei Ministri (Racc. pag. I-10821, punto 42).


26 – Sentenza 11 luglio 1989, causa 265/87, Schräder (Racc. pag. 2237, punto 21).


27 – Controricorso, punti 29 e segg.


28 – Nell’ambito di un ricorso per inadempimento incombe alla Commissione l’onere di fornire elementi sufficienti a dimostrare una violazione del diritto dell’Unione. Laddove ciò avvenga – come nel presente procedimento – spetta allo Stato membro contestare in maniera sostanziale e dettagliata i dati presentati e le loro conseguenze; v., ex plurimis, sentenza 22 settembre 1988, causa 272/86, Commissione/Grecia (Racc. pag. 4875, punto 21).


29 – Ciò emerge già dall’esposizione del regime nazionale austriaco contenuto nei punti 7 e segg. del ricorso, dove viene illustrato unicamente l’art. 4°, n. 1, lett. a)-d), dell’EStG.


30 – Sentenze 28 ottobre 2010, causa C-72/09, Établissements Rimbaud (Racc. pag. I-10659, punto 20); 11 giugno 2009, causa C-521/07, Commissione/Paesi Bassi (Racc. pag. I-4873, punto 32), nonché 23 settembre 2003, causa C-452/01, Ospelt e Schlössle Weissenberg (Racc. pag. I-9743, punto 29).


31 – Sentenze Établissements Rimbaud (cit. supra, nota 30, punto 21), nonché Ospelt e Schlössle Weissenberg (cit. supra, nota 30, punto 28).


32 – Sentenze Établissements Rimbaud (cit. supra, nota 30, punto 22), nonché Commissione/Paesi Bassi (cit. supra, nota 30, punto 33).