SENTENZA DELLA CORTE (Grande Sezione)
5 giugno 2012 (*)
«Impugnazione – Aiuti di Stato – Rinuncia ad un credito fiscale – Esenzione dall’imposta sulle società – Aumento del capitale sociale – Condotta dello Stato quale investitore privato accorto in un’economia di mercato – Criteri che consentono di distinguere lo Stato agente quale azionista dallo Stato esercente le proprie prerogative di potere pubblico – Definizione di investitore privato di riferimento – Principio della parità di trattamento – Onere della prova»
Nella causa C-124/10 P,
avente ad oggetto l’impugnazione, ai sensi dell’articolo 56 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, proposta il 26 febbraio 2010,
Commissione europea, rappresentata da E. Gippini Fournier, B. Stromsky e D. Grespan, in qualità di agenti, con domicilio eletto a Lussemburgo,
ricorrente,
sostenuta da:
Autorità di vigilanza EFTA, rappresentata da X. Lewis e B. Alterskjær, in qualità di agenti,
interveniente in sede d’impugnazione,
procedimento in cui le altre parti sono:
Électricité de France (EDF), con sede in Parigi (Francia), rappresentata da M. Debroux, avocat,
ricorrente in primo grado,
Repubblica francese, rappresentata da G. de Bergues e J. Gstalter, in qualità di agenti,
Iberdrola SA, con sede in Bilbao (Spagna), rappresentata da J. Ruiz Calzado e E. Barbier de la Serre, avocats,
intervenienti in primo grado,
LA CORTE (Grande Sezione),
composta dal sig. V. Skouris, presidente, dai sigg. A. Tizzano, J.N. Cunha Rodrigues, K. Lenaerts, J.-C. Bonichot e M. Safjan, presidenti di sezione, dai sigg. K. Schiemann, E. Juhász, G. Arestis, A. Borg Barthet, A. Arabadjiev (relatore), D. Šváby e dalla sig.ra M. Berger, giudici,
avvocato generale: sig. J. Mazák
cancelliere: sig.ra R. Şereş, amministratore
vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 12 luglio 2011,
sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 20 ottobre 2011,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1 Con la presente impugnazione la Commissione europea chiede l’annullamento della sentenza del Tribunale dell’Unione europea del 15 dicembre 2009, EDF/Commissione (T-156/04, Racc pag. II-4503; in prosieguo: la «sentenza impugnata»), con cui è stato disposto l’annullamento degli articoli 3 e 4 della decisione 2005/145/CE della Commissione, del 16 dicembre 2003, relativa agli aiuti di Stato cui la Francia ha dato esecuzione in favore di EDF e del settore delle industrie dell’elettricità e del gas (GU 2005, L 49, pag. 9; in prosieguo: la «decisione controversa»).
Contesto normativo
2 L’articolo 38, secondo comma, del code général des impôts (Codice tributario generale francese) così recita:
«L’utile netto è costituito dalla differenza tra i valori netti dell’attivo alla chiusura e all’apertura dell’esercizio i cui risultati formano la base imponibile, diminuita degli apporti supplementari e aumentata dei prelievi effettuati durante tale periodo dal titolare o dai soci. Per attivo netto si intende l’eccedenza delle attività sul totale delle passività rappresentate dai crediti di terzi, dagli ammortamenti e dagli accantonamenti giustificati».
3 L’articolo 4, commi I e II, della legge n. 97-1026, del 10 novembre 1997, recante misure urgenti di carattere fiscale e finanziario (JORF dell’11 novembre 1997, pag. 16387), dispone quanto segue:
«I. Le opere della rete di alimentazione generale di energia elettrica sono considerate proprietà di Électricité de France [in prosieguo: la “EDF”)] dal momento in cui a detta società è stata accordata la concessione della rete.
II. Ai fini dell’applicazione delle disposizioni di cui al [comma] I, al 1° gennaio 1997, il controvalore dei beni in natura della rete di alimentazione generale dati in concessione e figuranti nel passivo del bilancio dell’[EDF] viene iscritto nella voce “conti patrimoniali” al netto delle corrispondenti differenze di rivalutazione».
Fatti
Il contesto generale della controversia
4 L’EDF produce, trasporta e distribuisce energia elettricità, in particolare su tutto il territorio francese. Istituita con la legge n. 46-628, dell’8 aprile 1946, sulla nazionalizzazione dell’elettricità e del gas (JORF del 9 aprile 1946, pag. 2651), l’EDF era interamente detenuta dallo Stato al momento dell’adozione, nel corso del 2002, della decisione di avvio della procedura prevista dall’articolo 88, paragrafo 2, CE.
5 L’articolo 36 della legge n. 46-628 ha stabilito il principio del trasferimento all’EDF delle concessioni elettriche nazionalizzate. Le varie concessioni per il trasporto di elettricità concesse dallo Stato sono state unificate nel 1958 in una concessione unica, detta «rete di alimentazione generale» (in prosieguo: la «RAG»).
6 L’applicazione all’EDF del piano contabile generale del 1982, contenente norme contabili specifiche per le concessioni, ha determinato l’obbligo, a decorrere dal 1987, di tener conto dei vincoli specifici a carico dei concessionari, sui quali grava l’obbligo di restituzione in buono stato di funzionamento, al termine della concessione, dei beni concessi, in virtù del «principio di perennità dei servizi pubblici».
7 In applicazione di detto piano contabile generale, con decreto interministeriale del 21 dicembre 1986 (JORF del 30 dicembre 1986, pag. 15794) veniva stabilito e approvato un piano contabile proprio dell’EDF.
8 In applicazione di quest’ultimo piano contabile, la RAG è stata iscritta nell’attivo di bilancio dell’EDF alla voce intitolata «Immobilizzazioni materiali del settore dato in concessione»; tra il 1987 ed il 1996, venivano poi effettuati accantonamenti specifici a titolo di rinnovo delle immobilizzazioni date in concessione, accantonamenti diretti a consentire al concessionario di restituire al concedente detti beni in perfetto stato al termine della concessione.
9 Le spese di rinnovo effettuate dall’EDF venivano iscritte in bilancio alla voce intitolata «Controvalore dei beni dati in concessione». Tale voce, parimenti intitolata «Diritti del concedente», rappresentava una voce di debito dell’EDF nei confronti dello Stato francese, connessa alla restituzione gratuita, al termine della concessione, dei beni sostituiti.
10 Nel 1994, la Corte dei conti francese riteneva irregolare lo status patrimoniale della RAG e, conseguentemente, il menzionato piano contabile. Lo Stato francese provvedeva quindi ad un chiarimento dello status patrimoniale della RAG nonché alla ristrutturazione del bilancio dell’EDF.
11 Il contratto d’opera «Stato-EDF 1997-2000», siglato l’8 aprile 1997, prevedeva una normalizzazione dei conti dell’impresa e dei suoi rapporti finanziari con lo Stato, nella prospettiva dell’apertura del mercato dell’energia elettrica prevista dalla direttiva 96/92/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 dicembre 1996, concernente norme comuni per il mercato interno dell’energia elettrica (GU 1997, L 27, pag. 20). In tale prospettiva veniva emanata la legge n. 97-1026.
12 Prima dell’adozione di tale legge, il bilancio dell’EDF si presentava nel modo seguente:
– all’attivo figurava una voce intitolata «Immobilizzazioni materiali del settore dato in concessione», per un valore di FRF 285,7 miliardi, di cui circa FRF 90 miliardi a titolo della RAG;
– al passivo figurava una voce intitolata «Accantonamenti», dotata di circa FRF 38,5 miliardi a titolo della RAG, nonché una voce intitolata «Controvalore dei beni dati in concessione», in cui erano registrate le spese di rinnovo effettuate. Tale voce ammontava a FRF 145,2 miliardi, di cui FRF 18,3 miliardi a titolo della RAG.
13 In applicazione dell’articolo 4 della legge n. 97-1026, la ristrutturazione del bilancio dell’EDF veniva comunicata all’EDF, in data 22 dicembre 1997, con lettera del Ministro dell’Economia, delle Finanze e dell’Industria, del segretario di Stato al Bilancio e del segretario di Stato all’Industria e, in particolare, con il suo allegato 1. Le conseguenze fiscali di tale ristrutturazione erano esposte nell’allegato 3 della lettera medesima. Al punto 34 della sentenza impugnata, il Tribunale ha riassunto le operazioni effettuate nell’ambito di tale ristrutturazione nei termini seguenti:
– in primo luogo, i beni costitutivi della RAG sono stati riclassificati, per un valore di FRF 90,325 miliardi, come «beni propri», perdendo così la qualifica di «beni dati in concessione»;
– in secondo luogo, gli accantonamenti per rinnovo della RAG non utilizzati, per un valore di FRF 38,521 miliardi, sono stati contabilizzati come utili non distribuiti senza transitare per il conto profitti e perdite e sono stati riclassificati per un valore di FRF 20,225 miliardi nel riporto a nuovo delle perdite, conto che è stato in tal modo estinto, mentre il saldo di FRF 18,296 miliardi è stato destinato alle riserve. Pur non essendo transitate per il conto economico, queste riclassificazioni hanno dato luogo all’accertamento di un prodotto imponibile, tassato all’aliquota del 41,66%, in applicazione dell’art. 38, n. 2, del code général des impôts;
– in terzo luogo, i «diritti del concedente» sono stati destinati direttamente alla voce dei conti patrimoniali per un importo di FRF 14,119 miliardi (su un totale di FRF 18,345 miliardi) senza transitare per il conto economico, mentre il saldo era iscritto in diversi conti di rivalutazione.
Il procedimento amministrativo e la decisione controversa
14 Con lettere in data 10 luglio e 27 novembre 2001 la Commissione invitava le autorità francesi a fornirle talune informazioni riguardanti una serie di misure prese nei confronti dell’EDF che potevano eventualmente costituire elementi di aiuti di Stato.
15 Successivamente, avevano luogo scambi di corrispondenza tra la Commissione e le autorità francesi, tra cui figura una lettera del 9 aprile 2002 (in prosieguo: la «lettera del 9 aprile 2002»), inviata alla Commissione dalle autorità francesi, cui era allegata una nota, non datata, della direzione generale delle imposte del Ministero dell’Economia, delle Finanze e dell’Industria, in cui si esponeva, segnatamente, quanto segue:
«I diritti del concedente relativi alla RAG rappresentano un indebito che l’incorporazione nel capitale ha sottratto all’imposta in maniera ingiustificata.
Tali accantonamenti sono stati incorporati al capitale senza incidenza fiscale, non rientrando la RAG nel regime fiscale e contabile delle concessioni. Poiché la RAG è costituita da beni propri, l’EDF non aveva nei confronti dello Stato alcun debito di restituzione di tali beni, quindi gli importi figuranti sotto la voce “[D]iritti del concedente” costituiscono non un passivo vero e proprio, bensì una riserva non esente da imposta. Di conseguenza, tale riserva, prima della sua incorporazione nel capitale, avrebbe dovuto essere trasferita dal passivo dell’ente in cui figurava erroneamente ad un conto patrimoniale netto, comportando quindi una variazione positiva dell’attivo netto imponibile in applicazione del già citato art. 38, [paragrafo 2].
Il vantaggio in termini fiscali così ottenuto può essere valutato nell’ordine di 5,88 [miliardi di FRF] (14,119 x 41,66%). [vale a dire EUR 888,89 milioni, secondo la conversione effettuata dalla Commissione sulla base del tasso di cambio FRF/EUR del 22 dicembre 1997]».
16 Con lettera del 16 ottobre 2002, pubblicata nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee del 16 novembre 2002 (GU C 280, pag. 8), la Commissione notificava alle autorità francesi tre decisioni congiunte riguardanti l’EDF. In particolare, a termini dell’articolo 88, paragrafo 2, CE, la Commissione emanava una decisione di avvio del procedimento formale di indagine sul beneficio risultante dal mancato pagamento, da parte dell’EDF, dell’imposta sulle società dovuta sulla quota di accantonamenti contabili creati in esenzione d’imposta per il rinnovo della RAG.
17 Successivamente, avevano luogo ulteriori scambi di corrispondenza tra le autorità francesi e la Commissione, tra cui figura la lettera del 9 dicembre 2002 (in prosieguo: la «lettera del 9 dicembre 2002»), inviata alla Commissione dalle autorità francesi, in cui si legge, segnatamente, quanto segue:
«2. La riforma contabile del 1997 può essere considerata quale conferimento di capitale complementare, di importo equivalente all’esenzione parziale dall’imposta, il cui scopo è parimenti consistito nel correggere una sottocapitalizzazione.
(...)
I diritti del concedente ‘RAG’ erano stati già considerati, prima del 1997, quali quasi fondi propri in considerazione della particolare situazione risultante dal doppio status dello Stato nei confronti dell’EDF: autorità concedente e proprietaria. Ciò premesso, era implicito che i diritti del concedente non costituissero un debito realmente esigibile da parte dell’EDF nei confronti dello Stato.
Pertanto, in occasione della ristrutturazione del bilancio del 1997, cui hanno partecipato il Ministro dell’Economia, delle Finanze e dell’Industria e i segretari di Stato al Bilancio e all’industria, l’EDF e lo Stato hanno inteso imputare i quasi fondi propri a capitale, ad esclusione della riscossione dell’imposta sulle società.
In tale prospettiva, è stato ritenuto più efficace e neutro per i poteri pubblici imputare direttamente i diritti del concedente in fondi propri in ragione del loro importo complessivo piuttosto che effettuare l’operazione di natura equivalente che sarebbe consistita in:
– imputare a capitale un importo al netto dell’imposta sulle società;
– chiedere il versamento, da parte dell’EDF, dell’imposta sulle società corrispondente alla variazione di attivo netto;
– procedere ad un conferimento complementare di capitale di importo equivalente all’imposta assolta.
Tale conferimento complementare risultava giustificato dalle prospettive di redditività offerte dall’EDF nel 1997, concretizzatesi d’altronde negli anni seguenti. In circostanze analoghe, un investitore privato operante in economia di mercato avrebbe proceduto ad un conferimento di capitale di tal genere.
Si può peraltro ricordare che il riquadramento contabile degli accantonamenti per il rinnovo della RAG è stato parimenti effettuato (…) al fine di ristabilire una struttura di bilancio più conforme alle imprese di analoghi settori industriali».
18 Il 16 dicembre 2003 la Commissione emanava la decisione controversa.
19 L’articolo 3 di tale decisione così recita:
«Il mancato pagamento da parte di EDF nel 1997 dell’imposta sulle società sulla quota degli accantonamenti creati in esenzione d’imposta per il rinnovo della RAG, pari a 14,119 miliardi di FRF di diritti del [concedente] riclassificati nei conti patrimoniali, costituisce un aiuto di Stato incompatibile con il mercato comune.
L’elemento d’aiuto connesso al mancato pagamento dell’imposta sulle società ammonta a 888,89 milioni di EUR».
20 Il successivo articolo 4 così recita:
«La Francia adotta tutti i provvedimenti necessari per recuperare da EDF l’aiuto di cui all’articolo 3, già messo illegalmente a sua disposizione».
21 Per quanto attiene al beneficio fiscale di cui avrebbe beneficiato l’EDF nel 1997, nella motivazione di tale decisione la Commissione ha osservato, segnatamente, quanto segue:
«(88) La lettera del Ministro dell’Economia che illustra le conseguenze fiscali della riclassificazione del bilancio di EDF dimostra che gli accantonamenti per il rinnovo della RAG non utilizzati sono stati assoggettati dalle autorità francesi all’imposta sulle società all’aliquota in vigore nel 1997 pari a 41,66%.
(89) Per contro, conformemente all’articolo 4 della legge n. 97-1026 (…), una parte di detti accantonamenti, vale a dire i diritti del [concedente], corrispondenti alle attività di rinnovo già realizzate, è stata riclassificata nei conti patrimoniali per una cifra di 14,119 miliardi di FRF senza assoggettarla all’imposta sulle società. (…) In una nota della direzione generale delle imposte del 9 aprile 2002, indirizzata alla Commissione, le autorità francesi (…) rilevano che “il vantaggio in termini fiscali così ottenuto [nel 1997 da EDF] può essere valutato nell’ordine di 5,88 miliardi di FRF (14,119 x 41,66%)”, pari a 888,89 milioni di EUR (...).
(...)
(91) La Commissione ritiene che i diritti del [concedente] avrebbero dovuto essere contemporaneamente assoggettati alla stessa aliquota prevista per gli altri accantonamenti contabili creati in esenzione d’imposta. Ciò significa che i 14,119 miliardi di FRF di diritti del [concedente] avrebbero dovuto essere sommati ai 38,5 miliardi di FRF di accantonamenti non utilizzati ed assoggettati all’aliquota del 41,66% applicata alla riclassificazione del bilancio di EDF da parte delle autorità francesi. Non versando la totalità dell’imposta sulle società dovuta al momento della riclassificazione del bilancio, EDF ha risparmiato 888,89 milioni di EUR.
(...)
(95) Le autorità francesi sostengono inoltre che la riforma contabile del 1997 equivale ad un conferimento integrativo al patrimonio di importo pari all’esenzione parziale dall’imposta. Secondo le stesse autorità, si tratterebbe quindi di un investimento e non di un aiuto. (…)
(96) La Commissione respinge tali argomentazioni ribadendo che il principio che regola l’investimento privato può valere soltanto nell’ambito dell’esercizio di attività economiche e non nel quadro dell’esercizio di poteri di regolamentazione. Un potere pubblico non può far leva sugli eventuali benefici economici che potrebbe trarre come proprietaria di un’impresa per giustificare un aiuto concesso in maniera discrezionale grazie alle prerogative di cui dispone in quanto autorità fiscale nei confronti della medesima impresa.
(97) Infatti, se uno Stato membro, oltre all’esercizio della pubblica amministrazione, ha facoltà di agire come azionista, non può confondere il ruolo di Stato che esercita la pubblica amministrazione con quello di Stato azionista. Autorizzare gli Stati membri ad utilizzare le proprie prerogative di pubbliche amministrazioni a favore di investimenti in imprese attive su mercati aperti alla concorrenza priverebbe di ogni effetto utile le norme comunitarie in materia di aiuti di Stato. Inoltre, se, in virtù dell’articolo 295, il Trattato lascia impregiudicata la proprietà di capitali, ciò non significa che le imprese pubbliche non siano soggette alle stesse regole cui sono soggette le aziende private. Non vi sarebbe infatti parità di trattamento fra le imprese pubbliche e quelle private se lo Stato utilizzasse a vantaggio delle imprese di cui è azionista le proprie prerogative di pubblica amministrazione».
22 Al punto 51 della sentenza impugnata il Tribunale ha fatto presente che, a fronte degli interessi calcolati in applicazione dell’articolo 4 della decisione controversa, l’importo complessivo di cui è stata chiesta la restituzione all’EDF ammonta a EUR 1,217 miliardi e che l’EDF aveva rimborsato tale somma allo Stato francese.
Procedimento dinanzi al Tribunale e sentenza impugnata
23 Con atto depositato nella cancelleria del Tribunale il 27 aprile 2004, l’EDF ha proposto il ricorso diretto all’annullamento degli articoli 3 e 4 della decisione controversa.
24 Con atto depositato nella cancelleria del Tribunale il 17 agosto 2004, la Repubblica francese ha chiesto di intervenire a sostegno dell’EDF. Con ordinanza del 20 settembre 2004 il presidente della Terza Sezione del Tribunale ha ammesso l’intervento.
25 Con atto registrato nella cancelleria del Tribunale il 3 marzo 2008, la Iberdrola SA (in prosieguo: la «Iberdrola») ha chiesto di intervenire a sostegno della Commissione. Atteso che la domanda di intervento è stata presentata successivamente alla scadenza del termine di sei settimane, di cui all’articolo 115, paragrafo 1, del regolamento di procedura del Tribunale, la Iberdrola è stata ammessa, con ordinanza del 5 giugno 2008, a presentare osservazioni a sostegno della Commissione nel corso della fase orale del procedimento.
26 A sostegno del proprio ricorso l’EDF ha dedotto tre motivi in via principale e due motivi in via di subordine.
27 Il Tribunale ha limitato il proprio esame al primo motivo e ai tre primi capi del secondo motivo dedotti in via principale. Con la sentenza impugnata, il Tribunale ha infatti respinto il primo motivo nonché i primi due capi del secondo motivo. Per contro, il Tribunale ha accolto il terzo capo del secondo motivo annullando, conseguentemente, gli articoli 3 e 4 della decisione controversa.
28 Con detto terzo capo del secondo motivo di ricorso, l’EDF, ha fatto valere che le misure di cui trattasi avrebbero dovuto essere qualificate come conferimenti di capitale ed essere analizzate in un contesto complessivo di chiarimento dei rapporti finanziari tra lo Stato e l’EDF. Mettendo in atto le suddette misure, lo Stato avrebbe agito come un investitore privato in economia di mercato, cosa che la Commissione avrebbe potuto verificare, applicando il criterio dell’investitore privato.
29 La Repubblica francese è intervenuta a sostegno dell’EDF per quanto attiene, segnatamente, al suddetto terzo capo. La Iberdrola è intervenuta a sostegno della Commissione con riguardo al capo medesimo.
30 Ai punti 233-237 della sentenza impugnata, il Tribunale ha osservato che, al fine di accertare se incombesse o meno alla Commissione esaminare l’intervento dello Stato francese nel capitale dell’EDF alla luce del criterio dell’investitore privato, occorreva determinare se tale intervento, in considerazione della sua natura e del suo oggetto e tenuto conto dell’obiettivo perseguito, costituisse un investimento realizzabile da un investitore privato e fosse, quindi, effettuato dallo Stato medesimo quale operatore economico operante al pari di un investitore privato, ovvero se costituisse un intervento dello Stato in quanto potere pubblico, con esclusione, dunque, di tale criterio. In particolare, il Tribunale ha ritenuto opportuno non limitare l’esame della misura di cui trattasi alla sua sola forma, atteso che il ricorso allo strumento della legge non è, di per sé, sufficiente ad escludere il fatto che l’intervento dello Stato nel capitale di un’impresa persegua un obiettivo economico che possa essere parimenti perseguito da un investitore privato.
31 Ai punti 240-242 di tale sentenza, il Tribunale ha rammentato che i «diritti del [concedente]» sono stati destinati direttamente alla voce del conto patrimoniale per un valore di FRF 14,119 miliardi senza transitare per il conto di risultato. Il Tribunale ha sottolineato che la Commissione aveva ritenuto che la sola mancata tassazione di tali diritti prima del conferimento di capitale costituisse un aiuto di Stato, atteso che tutte le parti concordavano nel ritenere che l’importo di FRF 14,119 miliardi avrebbe dovuto essere assoggettato ad imposta prima di essere iscritto alla voce «Conto patrimoniale».
32 Ai successivi punti 243-245, il Tribunale ha rilevato che la misura de qua, volta a ristrutturare il bilancio dell’EDF e ad aumentarne i fondi propri, costituiva non una disposizione di natura fiscale in sé, bensì una disposizione di natura contabile con ripercussioni fiscali. Il Tribunale ha tuttavia osservato che la Commissione si era limitata a esaminare le sole ripercussioni fiscali di tale misura, precisando che, alla luce della natura fiscale del vantaggio individuato, non le competesse prendere in considerazione né l’aumento di capitale realizzato né il criterio dell’investitore privato, atteso che la rinuncia a un credito fiscale come quello in oggetto risultava dall’esercizio di prerogative di potere pubblico.
33 Ai punti 247-250 della sentenza medesima, il Tribunale ha rilevato che, alla luce dell’obiettivo di ricapitalizzazione dell’EDF perseguito dalla misura de qua, la sola natura fiscale del credito controverso non consentiva alla Commissione di escludere l’applicazione del criterio dell’investitore privato. A parere del Tribunale, incombeva alla Commissione l’obbligo di verificare la razionalità economica dell’investimento, valutando se, in circostanze analoghe, un investitore privato avrebbe proceduto ad un investimento di entità simile a favore dell’EDF. Infatti, tale obbligo incomberebbe alla Commissione, a prescindere dalla forma con cui lo Stato abbia conferito i capitali.
34 Ai punti 251-252 della sentenza impugnata, il Tribunale ha precisato che non si può escludere che la forma assunta dall’investimento de quo comporti differenze in termini di costi di mobilizzazione del capitale e di rendimento del medesimo che possano indurre a ritenere che un investitore privato non avrebbe realizzato un investimento simile. Orbene, ciò presupporrebbe l’effettuazione di un’analisi economica nell’ambito dell’applicazione del criterio dell’investitore privato. Infatti, a parere del Tribunale, un’analisi di tal genere sarebbe giustificata in quanto, da un lato, un aumento di capitale sarebbe potuto derivare dall’incorporazione di un credito posseduto da un’azionista privato nei confronti dell’impresa e in quanto, dall’altro, il ricorso ad una legge a tal fine avrebbe potuto essere considerata quale conseguenza necessaria del fatto che le regole relative al capitale dell’EDF erano esse stesse stabilite per legge.
35 Al successivo punto 253, il Tribunale ha pertanto concluso che, considerata la necessità di valutare la misura controversa nel suo contesto, la Commissione non poteva limitarsi ad esaminarne le ripercussioni fiscali, bensì doveva contemporaneamente esaminare la fondatezza dell’argomento secondo cui la rinuncia al credito d’imposta, nell’ambito dell’operazione di ristrutturazione del bilancio e di aumento del capitale dell’EDF, avrebbe potuto essere considerata conforme al criterio dell’investitore privato.
36 Il Tribunale ha quindi respinto, ai punti 254-259 di detta sentenza, l’argomento della Commissione secondo cui il criterio dell’investitore privato non avrebbe potuto trovare applicazione, avendo lo Stato francese esercitato, nella specie, le proprie prerogative di potere pubblico ricorrendo ad una legge per rinunciare ad un credito fiscale. A tal riguardo, l’istituzione ha ritenuto che, nella specie, non sussistessero obblighi incombenti allo Stato quale potere pubblico e che non si trattasse di valutare taluni costi derivanti per lo Stato dai propri obblighi di potere pubblico.
37 Ai successivi punti 260-263, il Tribunale ha respinto l’argomento della Commissione secondo cui il criterio dell’investitore privato non potrebbe applicarsi alla conversione di un credito fiscale in capitale, atteso che un investitore privato non potrebbe detenere, nei confronti di un’impresa, un credito di tal genere, bensì unicamente un credito di natura civile o commerciale. Orbene, secondo il Tribunale, lo scopo del criterio dell’investitore privato sarebbe quello di verificare se questi, pur non disponendo degli stessi mezzi di cui dispone lo Stato, avrebbe deciso, nelle stesse circostanze, di effettuare un investimento analogo. Risulterebbero, quindi, ininfluenti la natura del credito ed il fatto che un investitore privato non possa detenere un credito fiscale.
38 Ai punti 264-277 della sentenza impugnata, il Tribunale ha respinto l’argomento della Commissione secondo cui, in una situazione analoga, un investitore privato avrebbe dovuto assolvere l’imposta, il che avrebbe determinato, nei confronti di quest’ultimo, un costo superiore, in quanto, per concedere EUR 100, un investitore privato avrebbe dovuto mobilizzare, in realtà, EUR 141,66.
39 A tal riguardo, in primo luogo, il Tribunale ha rilevato che l’EDF e la Repubblica francese avevano sostenuto – e che la Commissione stessa aveva osservato, al paragrafo 51 della decisione di avvio del procedimento formale d’indagine menzionato supra al punto 16 – che, in base al diritto tributario francese, la variazione di un attivo netto conseguente ad un aumento di capitale per incorporazione di un credito di un azionista nei confronti di un’impresa non dev’essere tenuto in considerazione ai fini del calcolo dell’imposta sulle società e che, di conseguenza, tale conversione del credito in capitale non genera un’imposizione avente come base imponibile l’importo del credito medesimo.
40 In secondo luogo, il Tribunale ha ritenuto che l’argomento della Commissione si ponesse in contraddizione con il beneficio da essa individuato nella decisione controversa, considerato che tale argomento implicava l’esame del costo globale sostenuto da un investitore privato per investire FRF 14,119 miliardi, laddove la riclassificazione dei diritti del concedente, per tale importo, non era stata considerata dalla Commissione come costitutiva di un aiuto di Stato.
41 In terzo luogo, il Tribunale ha ritenuto l’argomento della Commissione privo di coerenza, avendo l’istituzione ammesso che essa avrebbe esaminato il conferimento complementare di capitale di FRF 5,88 miliardi – importo che il Tribunale ha erroneamente indicato pari a FRF 5,6 miliardi – qualora l’EDF avesse preliminarmente versato tale importo a titolo d’imposta, ossia qualora la Repubblica francese le avesse retroceduto l’importo medesimo, poiché in tal caso – e soltanto in tal caso – i costi rispettivi per lo Stato e per l’investitore privato avrebbero potuto essere posti a raffronto. Orbene, il Tribunale ha ritenuto che, in tale ipotesi, il costo sarebbe stato identico per lo Stato e l’importo percepito dall’EDF sarebbe stato identico a quello da essa ottenuto per mezzo della misura controversa.
42 In quarto luogo, il Tribunale ha ritenuto che, anche ammesso che un investitore privato fosse effettivamente tenuto ad assolvere l’imposta, il costo di un conferimento di capitale per incorporazione di credito sarebbe risultato, per detto investitore, pari a FRF 5,88 miliardi, vale a dire identico a quello sopportato, nella specie, dallo Stato francese. Inoltre, solo l’applicazione del criterio dell’investitore privato consentirebbe di verificare l’esistenza di un’eventuale disparità di costi.
43 In quinto luogo, il Tribunale ha considerato che, anche qualora il costo di una ricapitalizzazione per un valore di FRF 14,119 miliardi fosse pari a zero per lo Stato francese e che tale costo fosse pari a FRF 5,88 miliardi per un investitore privato, tale disparità di costi non impedirebbe comunque di applicare il criterio dell’investitore privato.
44 Al punto 283 della sentenza impugnata, il Tribunale ha respinto l’argomento della Commissione secondo cui ammettere l’applicazione del criterio dell’investitore privato potrebbe portare ad approvare tutte le forme di esenzione fiscale concesse dagli Stati membri. A tal riguardo, il Tribunale, da un lato, ha ricordato che, nella specie, non si trattava, a suo parere, di una semplice esenzione fiscale concessa ad un’impresa, bensì della rinuncia ad un credito fiscale nell’ambito di un aumento di capitale di un’impresa di cui lo Stato era il solo azionista e, dall’altro, ha ritenuto che non si potessero fare congetture sull’esito dell’applicazione di tale criterio, che risulterebbe altrimenti privo di utilità.
Procedimento dinanzi alla Corte
45 Con atto depositato presso la cancelleria della Corte il 29 luglio 2010, l’Autorità di vigilanza EFTA ha chiesto di intervenire a sostegno della Commissione.
46 Con ordinanza del 2 settembre 2010, il presidente della Corte ha ammesso tale intervento.
Conclusioni delle parti
47 La Commissione conclude che la Corte voglia:
– annullare la sentenza impugnata nella parte in cui il Tribunale ha ivi disposto l’annullamento degli articoli 3 e 4 della decisione controversa, condannando la Commissione a sopportare le proprie spese nonché quelle dell’EDF;
– respingere il terzo capo del secondo motivo dedotto dall’EDF in primo grado;
– rinviare la causa dinanzi al Tribunale ai fini di un nuovo esame, e
– riservare le spese del presente grado di giudizio.
48 L’Autorità di vigilanza EFTA conclude che la Corte voglia:
– accogliere il ricorso ed annullare la sentenza impugnata, e
– rinviare la causa dinanzi al Tribunale.
49 La Iberdrola conclude che la Corte voglia:
– accogliere il ricorso ed annullare la sentenza impugnata;
– respingere il terzo capo del secondo motivo dedotto dall’EDF;
– rinviare la causa dinanzi al Tribunale, e
– condannare l’EDF alle spese, ivi comprese quelle sostenute dalla Iberdrola.
50 L’EDF e la Repubblica francese concludono che la Corte voglia:
– respingere il ricorso, e
– condannare la Commissione alle spese.
Sull’impugnazione
51 A sostegno dell’impugnazione la Commissione deduce due motivi attinenti, il primo, ad uno snaturamento dei fatti e, il secondo, ad un errore di diritto nell’interpretazione dell’articolo 87 CE e, più in particolare, nella determinazione della sfera di applicazione e del contenuto del criterio dell’investitore privato accorto operante in un’economia di mercato.
52 Appare opportuno esaminare, in primo luogo, il secondo motivo.
Sul secondo motivo, attinente ad un errore di diritto nell’interpretazione dell’articolo 87 CE
53 Il secondo motivo si articola su quattro capi, che appare opportuno esaminare congiuntamente.
Argomenti delle parti
54 Con il primo capo del secondo motivo, la Commissione deduce che il Tribunale è incorso in un errore di diritto nella parte in cui, per stabilire se lo Stato francese avesse agito quale azionista o quale pubblica autorità, si è fondato sull’obiettivo perseguito dallo Stato medesimo. Infatti, l’articolo 87, paragrafo 1, CE non farebbe distinzioni in funzione degli obiettivi perseguiti dagli interventi statali.
55 La Commissione sostiene che il criterio fondato sull’intento dello Stato membro non consente di stabilire una distinzione tra gli interventi dello Stato azionista e quelli dello Stato agente quale potere pubblico. A parere dell’istituzione, tale criterio presenta un carattere soggettivo e si presta a manipolazioni.
56 Con il secondo capo del secondo motivo, la Commissione deduce, in primo luogo, che il Tribunale non ha cercato di accertare se il comportamento tenuto dallo Stato francese fosse analogo a quello di un investitore privato, in quanto la sua analisi sarebbe volta non allo «schema corto» di cui alla legge n. 97-1026, bensì allo «schema lungo» consistente, anzitutto, nell’imputare alla voce «Conto patrimoniale» un importo al netto d’imposta, successivamente, nel chiedere all’EDF il versamento di un’imposta corrispondente alla variazione dell’attivo netto e, infine, nel procedere ad un conferimento complementare di capitale per un importo pari all’imposta medesima.
57 Orbene, a parere della Commissione, la scelta dell’uno o dell’altro procedimento non sarebbe indifferente, in quanto, nello «schema lungo», il bilancio dello Stato garantirebbe la trasparenza, laddove nello «schema corto», applicato nella specie, le risorse impegnate sfuggirebbero a qualsiasi disciplina di bilancio. In tal modo, la parità di trattamento sul fronte tributario sarebbe stata violata, in quanto l’EDF avrebbe beneficiato di un trattamento particolare al di fuori di qualsiasi trasparenza.
58 In secondo luogo, la Commissione contesta al Tribunale di non aver tenuto conto della necessità di definire un investitore privato di riferimento, laddove la giurisprudenza prevede la definizione di un termine di paragone reale esistente nell’economia di mercato. Infatti, a parere dell’istituzione, la Corte ha escluso dalla sfera di applicazione del criterio dell’investitore privato le fattispecie in cui non esiste alcun operatore reale cui il comportamento dello Stato possa essere paragonato.
59 In terzo luogo, la Commissione ritiene che il comportamento dello Stato francese non avrebbe potuto essere tenuto da un investitore privato, in quanto quest’ultimo avrebbe dovuto assolvere l’imposta sulle società e non avrebbe potuto convertirla in capitale. Solo lo Stato, nella sua qualità di amministrazione finanziaria, avrebbe potuto ancora disporre della somma di cui trattasi. Orbene, il criterio dell’investitore privato sarebbe volto ad accertare l’effettuabilità di un investimento privato in condizioni analoghe.
60 In quarto luogo, la Commissione ritiene che il criterio dell’investitore privato, assunto dal Tribunale, sia diretto ad esaminare qualsiasi comportamento dello Stato sotto il profilo della redditività, il che consentirebbe all’impresa pubblica di trarre vantaggio dallo status del loro proprietario.
61 Con il terzo capo del secondo motivo, la Commissione sostiene che, assumendo il solo profilo della redditività e della possibilità per lo Stato di far uso delle proprie prerogative di potere pubblico, l’analisi condotta dal Tribunale viola il principio di parità di trattamento tra imprese pubbliche e private, causa distorsioni di concorrenza contrarie agli articoli 295 CE e 87 CE e si pone in contrasto con l’obiettivo perseguito dal criterio dell’investitore privato. Infatti, tale criterio diverrebbe un mezzo per escludere la qualificazione di aiuto con riguardo a misure che un investitore privato non possa adottare.
62 Con il quarto capo del secondo motivo, la Commissione deduce, in primo luogo, che il Tribunale ha violato le regole relative alla ripartizione dell’onere della prova. A parere dell’istituzione, quando ricorrono tutti gli altri requisiti ai fini dell’accertamento dell’esistenza di un aiuto di Stato, spetta allo Stato membro che intenda far valere la deroga relativa al criterio dell’investitore privato fornire la prova che sussistano i presupposti dell’ammissibilità di tale deroga.
63 Orbene, sarebbe pacifico che le autorità francesi si sono limitate, nel corso del procedimento amministrativo, a dedurre considerazioni relative alla redditività senza produrre alcun dato a sostegno delle loro affermazioni. Inoltre, da alcun elemento degli atti emergerebbe che lo Stato francese abbia preso in considerazione la redditività potenziale dell’esenzione d’imposta contestata. Ciò premesso, la Commissione ritiene di non poter essere tenuta a procedere ad un esame dell’esenzione fiscale de qua alla luce di tale criterio.
64 In secondo luogo, la Commissione ricorda che la legittimità di una decisione in materia di aiuti di Stato dev’essere valutata alla luce degli elementi d’informazione di cui essa poteva disporre al momento dell’adozione della decisione medesima. Orbene, dalle suesposte considerazioni emergerebbe che, all’epoca, la Commissione non disponesse di alcun elemento idoneo a dimostrare la pertinenza del criterio dell’investitore privato.
65 La Iberdrola riprende la tesi della Commissione aggiungendo, per quanto attiene al primo capo del secondo motivo, che, riconoscendo un ruolo centrale all’obiettivo perseguito dallo Stato, il Tribunale avrebbe violato la distinzione esistente tra lo Stato azionista e lo Stato operante quale potere pubblico. In tal modo, la disparità esistente tra gli strumenti di cui dispone un operatore privato e quelli dello Stato scomparirebbe dietro la possibile convergenza degli obiettivi perseguiti.
66 La Iberdrola precisa che nessun operatore privato può stabilire le condizioni cui è soggetta la tassazione e ritiene che, atteso che un’attività economica consiste nell’offrire beni e servizi su un determinato mercato, l’esercizio di un potere in materia fiscale non faccia parte di tale attività. La Iberdrola aggiunge che il fatto di vietare allo Stato di far uso del potere che esso detiene in materia fiscale a favore di imprese pubbliche non implica alcuna discriminazione, potendo lo Stato sempre procedere ad un conferimento di capitale.
67 Quanto al secondo capo del secondo motivo, la Iberdrola precisa che, qualora lo Stato francese avesse percepito l’imposta integrandola nel proprio bilancio, non vi sarebbe certezza che il conferimento dell’importo controverso nel capitale dell’EDF sarebbe stato realizzato, atteso che le procedure, i controlli e le concertazioni previste ai fini dell’attuazione di una decisione relativa a tale conferimento sarebbero stati differenti da quelli cui ha dato luogo l’esenzione fiscale de qua.
68 Quanto al terzo capo del secondo motivo, la Iberdrola sostiene che la separazione operata tra le attività statali di azionista e quelle derivanti dalle proprie prerogative di potere pubblico è volta a prevenire un conflitto d’interessi ed a preservare la parità di opportunità tra gli operatori. Orbene, la logica assunta dal Tribunale consentirebbe agli Stati membri di far uso delle proprie prerogative per esentare le imprese pubbliche da taluni obblighi incombenti sugli operatori privati.
69 L’Autorità di vigilanza EFTA si allinea alla tesi della Commissione e della Iberdrola. Per quanto attiene al primo capo del secondo motivo, essa ritiene che le intenzioni dello Stato, quand’anche possano essere determinate con certezza, non debbano essere prese in considerazione. Occorrerebbe determinare, sulla base di criteri oggettivi e verificabili, se lo Stato abbia agito quale potere pubblico ovvero quale investitore privato.
70 L’Autorità di vigilanza EFTA rileva che lo Stato percepisce imposte nell’ambito dell’esercizio di poteri pubblici e ritiene che, pertanto, la rinuncia a crediti fiscali si collochi nello stesso contesto. Orbene, un comportamento come quello dello Stato non potrebbe essere paragonato a quello di un investitore privato.
71 Quanto al secondo capo del secondo motivo, l’Autorità di vigilanza EFTA sottolinea che il debito dell’EDF nei confronti dello Stato francese era di natura non commerciale o contrattuale, bensì tributaria. A parere di detta autorità, il Tribunale, in luogo di porre a raffronto un comportamento soggettivo fittizio dello Stato francese con quello di un investitore privato ipotetico, avrebbe dovuto comparare il comportamento effettivo dello Stato a quello non di un creditore, bensì di un investitore esistente sul mercato.
72 L’Autorità di vigilanza EFTA precisa che la crisi finanziaria ha dimostrato che, in una situazione di tal genere, occorre applicare un criterio chiaro e semplice da utilizzare, fondato su elementi oggettivi, che possano costituire oggetto di sindacato giurisdizionale. Orbene, l’approccio assunto dal Tribunale non risponderebbe a tale esigenza.
73 Per quanto attiene al quarto capo del secondo motivo, l’Autorità di vigilanza EFTA sottolinea che l’inversione dell’onere della prova imposta dal Tribunale pone gli enti incaricati di controllare gli aiuti di Stato in una posizione difficile, considerato che essi non sono in grado di prendere le loro decisioni se non alla luce delle informazioni di cui dispongono. La Commissione non potrebbe applicare il criterio dell’investitore privato di propria iniziativa.
74 L’EDF e la Repubblica francese concludono chiedendo il rigetto del secondo motivo di impugnazione. In particolare, a parere dell’EDF e della Repubblica francese, correttamente il Tribunale ha ritenuto che il criterio dell’investitore privato fosse applicabile nella specie e che la Commissione, respingendo ipso facto tale criterio, abbia violato gli obblighi procedurali ad essa incombenti.
Giudizio della Corte
75 La Commissione, l’Autorità di vigilanza EFTA e la Iberdrola contestano, sostanzialmente, al Tribunale di aver esaminato l’applicabilità, nella specie, del criterio dell’investitore privato, in primo luogo, prendendo a tal fine in considerazione l’obiettivo perseguito dallo Stato francese nell’adozione della misura controversa, in secondo luogo, confondendo i ruoli dello Stato azionista e dello Stato esercente i propri poteri in materia tributaria, in terzo luogo, violando il principio di parità di trattamento tra imprese pubbliche e private e, in quarto luogo, violando i principi relativi alla ripartizione dell’onere della prova.
76 Dalla giurisprudenza risulta che una misura concessa per mezzo di risorse statali che ponga l’impresa beneficiaria in una situazione finanziaria più favorevole rispetto a quella dei propri concorrenti e che, per tale motivo, falsi o rischi di falsare la concorrenza, incidendo al tempo stesso sugli scambi tra gli Stati membri, non può sfuggire, ipso facto, alla qualificazione di «aiuto» ai sensi dell’articolo 87 CE in considerazione degli obiettivi perseguiti dallo Stato stesso (v., in tal senso, sentenze del 19 maggio 1999, Italia/Commissione, C-6/97, Racc. pag. I-2981, punto 15; del 19 settembre 2000, Germania/Commissione, C-156/98, Racc. pag. I-6857, punto 25 e giurisprudenza citata, nonché del 9 giugno 2011, Comitato «Venezia vuole vivere» e a./Commissione, C-71/09 P, C-73/09 P e C-76/09 P, Racc. pag. I-4727, punto 94 e giurisprudenza citata).
77 Infatti, la disposizione di cui al paragrafo 1 di tale articolo non distingue gli interventi statali a seconda della loro causa o del loro scopo, ma li definisce in funzione dei loro effetti (sentenza Comitato «Venezia vuole vivere» e a./Commissione, cit. supra, punto 94 e giurisprudenza citata).
78 Tuttavia, risulta parimenti da costante giurisprudenza che le condizioni che devono ricorrere affinché una misura possa ricadere nella nozione di «aiuto» ai sensi dell’articolo 87 CE non sono soddisfatte qualora l’impresa pubblica beneficiaria potesse ottenere lo stesso vantaggio rispetto a quello procuratole per mezzo di risorse statali e in circostanze corrispondenti alle normali condizioni del mercato, ove tale valutazione dev’essere effettuata, per le imprese pubbliche, applicando, in linea di principio, il criterio dell’investitore privato (v., in tal senso, sentenze del 21 marzo 1991, Italia/Commissione, C-303/88, Racc. pag. I-1433, punto 20; del 16 maggio 2002, Francia/Commissione, C-482/99, Racc. pag. I-4397, punti 68-70, nonché Comitato «Venezia vuole vivere» e a./Commissione, cit. supra, punto 91 e giurisprudenza citata).
79 In particolare, emerge dalla giurisprudenza che, ai fini della valutazione della questione se la stessa misura sarebbe stata attuata, in normali condizioni di mercato, da un investitore privato operante in una situazione la più analoga possibile a quella dello Stato, devono essere presi in considerazione unicamente i benefici e gli obblighi connessi alla posizione dello Stato nella sua qualità di azionista, ad esclusione di quelli connessi alla sua qualità di potere pubblico (v., in tal senso, sentenze del 10 luglio 1986, Belgio/Commissione, 234/84, Racc. pag. 2263, punto 14, e Belgio/Commissione, 40/85, Racc. pag. 2321, punto 13, nonché del 14 settembre 1994, Spagna/Commissione, da C-278/92 a C-280/92, Racc. pag. I-4103, punto 22, e del 28 gennaio 2003, Germania/Commissione, C-334/99, Racc. pag. I-1139, punto 134).
80 Ne deriva che i ruoli dello Stato azionista dell’impresa, da un lato, e dello Stato agente quale potere pubblico, dall’altro, devono essere distinti, come giustamente sostenuto dalla Commissione, dall’Autorità di vigilanza EFTA nonché dalla Iberdrola e come affermato dal Tribunale ai punti 223-228 della sentenza impugnata.
81 Conseguentemente, l’applicabilità del criterio dell’investitore privato dipende, in definitiva, dal fatto che lo Stato membro interessato concede, nella sua qualità di azionista e non nella sua qualità di potere pubblico, un vantaggio economico ad un’impresa a esso appartenente.
82 Ne consegue che, qualora uno Stato membro invochi tale criterio nel corso del procedimento amministrativo, incombe al medesimo, in caso di dubbio, provare inequivocabilmente e sulla base di elementi oggettivi e verificabili che la misura attuata sia riconducibile alla sua qualità di azionista.
83 Tali elementi devono fare chiaramente apparire che lo Stato membro interessato ha preso, preliminarmente o simultaneamente alla concessione del beneficio economico (v., in tal senso, sentenza Francia/Commissione, cit. supra, punti 71 e 72), la decisione di procedere, con la misura effettivamente posta in essere, ad un investimento nell’impresa pubblica controllata.
84 A tal riguardo possono risultare necessari, segnatamente, elementi da cui emerga che tale decisione sia fondata su valutazioni economiche analoghe a quelle che, nelle circostanze della specie, un investitore privato razionale, che si fosse trovato in una situazione la più analoga possibile a quella dello Stato membro de quo, avrebbe fatto accertare, prima di procedere all’investimento, al fine di determinare la redditività futura dell’investimento stesso.
85 Per contro, valutazioni economiche operate successivamente alla concessione di tale beneficio, la constatazione retrospettiva dell’effettiva redditività dell’investimento realizzato dallo Stato membro de quo o giustificazioni successive della scelta del modus procedendi effettivamente attuato non possono essere sufficienti per dimostrare che detto Stato membro abbia adottato tale decisione, preliminarmente o simultaneamente alla concessione del beneficio, nella sua qualità di azionista (v., in tal senso, sentenza Francia/Commissione, cit. supra, punti 71 e 72).
86 Qualora lo Stato membro interessato presenti alla Commissione elementi del genere richiesto, spetta all’istituzione operare una valutazione globale prendendo in considerazione, oltre agli elementi forniti dallo Stato membro stesso, qualsiasi altro elemento pertinente nella specie che le consenta di accertare se la misura de qua sia riconducibile alla qualità di azionista o a quella di potere pubblico dello Stato membro medesimo. In particolare, possono risultare pertinenti a tal riguardo, come rilevato dal Tribunale al punto 229 della sentenza impugnata, la natura e l’oggetto di tale misura, il contesto in cui essa si colloca, nonché l’obiettivo perseguito e le regole cui la misura stessa sia soggetta.
87 Conseguentemente, nelle circostanze della specie, correttamente il Tribunale ha ritenuto che l’obiettivo perseguito dallo Stato francese potesse essere preso in considerazione, nell’ambito della valutazione globale richiesta, al fine di accertare se lo Stato medesimo avesse ben agito nella qualità di azionista e se, pertanto, il criterio dell’investitore privato fosse applicabile nella specie.
88 Per quanto attiene alla questione se l’applicabilità del criterio dell’investitore privato potesse essere esclusa, nella specie, per il sol fatto della natura fiscale dei mezzi impiegati dallo Stato francese, si deve rammentare che l’articolo 87, paragrafo 1, CE dichiara incompatibili con il mercato comune, nella misura in cui pregiudichino gli scambi tra gli Stati membri, gli aiuti concessi, sotto qualsivoglia forma, per mezzo di risorse statali che, in considerazione dei loro effetti, falsino o rischino di falsare la concorrenza (v. sentenza del 19 settembre 2000, Germania/Commissione, cit. supra, punto 25 e giurisprudenza ivi richiamata).
89 Inoltre, è stato già rilevato supra al punto 78 che l’applicazione del criterio dell’investitore privato è volta a determinare se il vantaggio economico concesso ad un’impresa pubblica, sotto qualsivoglia forma, per mezzo di risorse statali sia tale, in considerazione dei suoi effetti, da falsare o rischiare di falsare la concorrenza e pregiudicare gli scambi tra gli Stati membri.
90 In tal senso, la menzionata disposizione e il detto criterio mirano a prevenire che, per mezzo di risorse statali, l’impresa pubblica beneficiaria disponga di una situazione finanziaria più favorevole rispetto a quella dei suoi concorrenti (v., in tal senso, sentenze del 15 marzo 1994, Banco Exterior de España, C-387/92, Racc. pag. I-877, punto 14, e del 19 maggio 1999, Italia/Commissione, cit. supra, punto 16).
91 Orbene, la situazione finanziaria dell’impresa pubblica beneficiaria dipende non dalla forma della messa a disposizione di tale vantaggio, quale che sia la sua natura, bensì dall’importo di cui benefici in definitiva. Correttamente il Tribunale ha quindi concentrato la propria analisi dell’applicabilità del criterio dell’investitore privato sul miglioramento della situazione finanziaria dell’EDF ai fini dell’apertura del mercato dell’energia elettrica alla concorrenza e sugli effetti della misura de qua sulla concorrenza e non sulla natura tributaria dei mezzi impiegati dallo Stato francese.
92 Pertanto, alla luce di tutte le suesposte considerazioni emerge che, tenuto conto degli obiettivi perseguiti dall’articolo 87, paragrafo 1, CE nonché dal criterio dell’investitore privato, un beneficio economico, ancorché concesso con strumenti di natura fiscale, dev’essere valutato, segnatamente, con riguardo al criterio dell’investitore privato, qualora, in esito alla valutazione globale eventualmente necessaria, emerga che lo Stato membro interessato abbia nondimeno concesso detto beneficio, malgrado l’impiego di mezzi attinenti ai poteri pubblici, nella sua qualità di azionista dell’impresa ad esso appartenente.
93 Ne consegue che la constatazione operata dal Tribunale al punto 250 della sentenza impugnata, secondo cui l’obbligo per la Commissione di verificare se i capitali siano stati conferiti dallo Stato in circostanze corrispondenti alle normali condizioni del mercato sussiste indipendentemente dalla forma in cui i capitali stessi siano stati conferiti dallo Stato, non risulta viziata da alcun errore di diritto.
94 Quanto all’argomento della Commissione, dell’Autorità di vigilanza EFTA e della Iberdrola, secondo cui un investitore privato non avrebbe potuto realizzare un investimento del genere di quello a cui ha proceduto lo Stato francese, in condizioni analoghe, in quanto avrebbe dovuto assolvere l’imposta e in quanto solo detto Stato, quale amministrazione finanziaria, poteva ancora disporre delle somme corrispondenti all’imposta de qua, si deve rilevare, da un lato, che, per l’operazione contabile di cui trattasi, l’obbligo di assolvere l’imposta sarebbe gravato sull’impresa privata che si fosse trovata nella situazione dell’EDF, e non sul suo azionista.
95 Nella specie, l’applicazione del criterio dell’investitore privato avrebbe quindi consentito di accertare se un azionista privato avrebbe conferito, in condizioni analoghe, un importo di entità pari all’imposta dovuta, in un’impresa collocata in una situazione analoga a quella dell’EDF.
96 D’altro canto, come rilevato dal Tribunale ai punti 275 e 276 della sentenza impugnata, un’eventuale differenza tra il costo sopportato da un investitore privato e quello gravante sullo Stato investitore non osterebbe all’applicazione del criterio dell’investitore privato. Infatti, tale criterio consente proprio di accertare, segnatamente, l’esistenza di tale differenza e di tenerne conto nella valutazione della questione della sussistenza delle condizioni fissate dal criterio medesimo.
97 Ne consegue che, contrariamente a quanto sostenuto dalla Commissione, dall’Autorità di vigilanza EFTA e dalla Iberdrola, l’analisi compiuta dal Tribunale non viola la parità di trattamento tra imprese pubbliche e private, non genera distorsioni di concorrenza né si pone in contrasto con l’obiettivo perseguito dall’applicazione del criterio dell’investitore privato.
98 Pertanto, tenendo presente che il criterio dell’investitore privato può essere applicabile anche nel caso in cui siano stati utilizzati strumenti di natura fiscale, il Tribunale non è incorso in errore di diritto.
99 Si deve aggiungere che, con la sentenza impugnata, il Tribunale non ha fatto congetture né sull’applicabilità, nella specie, di tale criterio né, come rilevato al punto 183 della sentenza medesima, sull’esito dell’eventuale applicazione del criterio stesso.
100 In particolare, limitandosi a verificare se l’applicabilità del criterio dell’investitore privato potesse essere esclusa unicamente in base alla natura fiscale dei mezzi utilizzati dallo Stato francese, il Tribunale non ha minimamente effettuato un’analisi che si risolverebbe nell’autorizzare gli Stati membri a prendere in considerazione, nell’applicazione di tale criterio, i benefici e gli obblighi connessi alla loro qualità di potere pubblico ovvero elementi di carattere soggettivo e soggetti a manipolazione.
101 Quanto alla questione se, nella specie, fosse necessario definire un investitore di riferimento, si deve rilevare che la giurisprudenza invocata a tal riguardo dalla Commissione, dall’Autorità di vigilanza EFTA e dalla Iberdrola riguarda l’assenza di qualsiasi possiblità di porre a raffronto la situazione di un’impresa pubblica con quella di un’impresa privata non operante in un settore riservato (v., in tal senso, sentenza del 3 luglio 2003, Chronopost e a./Ufex e a., C-83/01 P, C-93/01 P e C-94/01 P, Racc. pag. I-6993, punto 38).
102 Orbene, la Commissione, l’Autorità di vigilanza EFTA e la Iberdrola non sostengono l’impossibilità di porre a raffronto la situazione dell’EDF con quella di un’impresa privata operante in settori di attività identici a quelli dell’EDF. Inoltre, dalla medesima giurisprudenza emerge che, ai fini di tale raffronto, occorre procedere ad una valutazione con riferimenti agli elementi oggettivi e verificabili a disposizione.
103 Inoltre, contrariamente a quanto sostenuto dalla Commissione e dall’Autorità di vigilanza EFTA, il criterio dell’investitore privato non costituisce un’eccezione applicabile unicamente su richiesta di uno Stato membro qualora ricorrano gli elementi costitutivi della nozione di aiuto di Stato incompatibile con il mercato comune, di cui all’articolo 87, paragrafo 1, CE. Infatti, come rilevato supra al punto 78, tale criterio, laddove applicabile, figura tra gli elementi che la Commissione deve prendere in considerazione al fine di accertare l’esistenza di un siffatto aiuto.
104 Conseguentemente, qualora risulti applicabile il criterio dell’investitore privato, spetta alla Commissione chiedere allo Stato membro interessato di fornirle tutte le informazioni pertinenti che le consentano di verificare se le condizioni di applicabilità e di applicazione del criterio medesimo siano soddisfatte, ed essa non può rifiutarsi di esaminare tali informazioni se non nel caso in cui gli elementi di prova prodotti siano stati forniti successivamente all’adozione della decisione di effettuare l’investimento in questione.
105 Infatti, come già rilevato supra ai punti 83-85, ai fini dell’applicazione del criterio dell’investitore privato sono unicamente pertinenti gli elementi disponibili e le evoluzioni prevedibili al momento dell’adozione della decisione di procedere all’investimento. Ciò vale, in particolare, nel caso in cui, come nella specie, la Commissione esamini l’esistenza di un aiuto Stato rispetto ad un investimento non notificatole e già operato dallo Stato membro interessato nel momento in cui essa procede al suo esame.
106 Alla luce di tutte le suesposte considerazioni, il secondo motivo dev’essere respinto.
Sul primo motivo, attinente ad uno snaturamento dei fatti
107 La Commissione ritiene, sostanzialmente, che il Tribunale abbia snaturato elementi di prova laddove ha considerato che, con la misura controversa, la Repubblica francese ha proceduto alla conversione di un credito fiscale in capitale. Infatti, secondo la Commissione, con tale misura la Repubblica francese ha concesso all’EDF un’esenzione dall’imposta sulle società. Orbene, la Commissione fa valere che, in presenza di un’esenzione fiscale, il criterio dell’investitore privato non è pertinente.
108 Tuttavia, è stato già rilevato nell’ambito dell’esame del secondo motivo che, qualora uno Stato membro conceda un beneficio economico ad un’impresa ad esso appartenente, la natura fiscale del modus procedendi impiegato ai fini della concessione di tale vantaggio non è idonea ad escludere, ipso facto, l’applicabilità del criterio dell’investitore privato. Ne consegue, a fortiori, che il modus procedendi prescelto dallo Stato membro interessato risulta privo di pertinenza ai fini della valutazione dell’applicabilità del criterio medesimo.
109 Ciò premesso, il preteso snaturamento dei fatti compiuto dal Tribunale, anche ammesso che risulti provato, non sarebbe, in ogni caso, idoneo a pregiudicare la fondatezza della sentenza impugnata. Ne consegue che il primo motivo dev’essere respinto in quanto inoperante.
110 Da tutte le suesposte considerazioni emerge che l’impugnazione dev’essere respinta.
Sulle spese
111 Ai sensi dell’articolo 69, paragrafo 2, del regolamento di procedura della Corte, applicabile al procedimento di impugnazione in forza dell’articolo 118 del regolamento medesimo, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché l’EDF ne ha fatto domanda, la Commissione, essendo rimasta soccombente, dev’essere condannata alle spese.
112 A termini dell’articolo 69, paragrafo 4, primo comma, del medesimo regolamento di procedura, applicabile al procedimento di impugnazione in forza del menzionato articolo 118, la Repubblica francese sopporterà le proprie spese.
113 Ai sensi dell’articolo 69, paragrafo 4, secondo comma, del medesimo regolamento di procedura, applicabile al procedimento di impugnazione, in forza del menzionato articolo 118, l’Autorità di vigilanza EFTA sopporterà le proprie spese.
114 L’articolo 69, paragrafo 4, terzo comma, del medesimo regolamento di procedura, applicabile al procedimento di impugnazione in forza dello stesso articolo 118, prevede che la Corte possa decidere che l’interveniente sopporti le proprie spese. Tale disposizione dev’essere applicata con riguardo alla Iberdrola.
Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione) dichiara e statuisce:
1) L’impugnazione è respinta.
2) La Commissione europea è condannata alle spese.
3) L’Autorità di vigilanza EFTA, la Repubblica francese e la Iberdrola SA sopportano le proprie spese.
Firme
* Lingua processuale: il francese.