Causa C-218/10
ADV Allround Vermittlungs AG, in liquidazione
contro
Finanzamt Hamburg-Bergedorf
(domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Finanzgericht Hamburg)
«IVA — Sesta direttiva — Articoli 9, 17 e 18 — Individuazione del luogo di prestazione dei servizi — Nozione di “messa a disposizione di personale” — Lavoratori autonomi — Necessità di garantire identico trattamento della prestazione dei servizi riguardo al prestatore e al destinatario»
Massime della sentenza
1. Disposizioni tributarie — Armonizzazione delle legislazioni — Imposte sulla cifra d’affari — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Prestazioni di servizi — Determinazione del luogo di riferimento fiscale — Messa a disposizione di personale — Nozione
[Direttiva del Consiglio 77/388, art. 9, § 2, e), sesto trattino]
2. Disposizioni tributarie — Armonizzazione delle legislazioni — Imposte sulla cifra d’affari — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Detrazione dell’imposta pagata a monte
(Direttiva del Consiglio 77/388)
3. Disposizioni tributarie — Armonizzazione delle legislazioni — Imposte sulla cifra d’affari — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Detrazione dell’imposta pagata a monte
[Direttiva del Consiglio 77/388, artt. 17, § 1, 2, a), 3, a), e 18, § 1, a)]
1. L’articolo 9, paragrafo 2, lettera e), sesto trattino, della sesta direttiva 77/388, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari, dev’essere interpretato nel senso che la nozione di «messa a disposizione di personale», contenuta nella disposizione medesima, ricomprende parimenti la messa a disposizione di personale autonomo, non legato da rapporto di lavoro dipendente con l’impresa prestatrice.
Infatti, tale interpretazione, poiché riconduce ad un unico luogo il collegamento fiscale della prestazione di servizi de qua, consente appunto di evitare che tale prestazione sia soggetta a doppia imposizione ovvero che sfugga a qualsiasi imposizione dell’imposta sul valore aggiunto. Detta interpretazione è parimenti idonea ad agevolare l’attuazione della menzionata norma di conflitto, consentendo una gestione semplice, sul luogo di prestazione dei servizi, delle regole che presiedono alla riscossione dell’imposta ed alla prevenzione dell’evasione fiscale, atteso che il destinatario dei servizi non deve interrogarsi sulla natura giuridica delle relazioni che legano il prestatore al «personale» oggetto della messa a disposizione.
Inoltre, tale interpretazione risulta conforme al principio della certezza del diritto in quanto, rendendo più prevedibile la determinazione del luogo di collegamento della prestazione dei servizi, semplifica l’applicazione delle disposizioni della sesta direttiva e contribuisce a garantire una riscossione affidabile e corretta dell’imposta sul valore aggiunto.
(v. punti 29-32, dispositivo 1)
2. In mancanza di una disciplina dell’Unione in materia, spetta all’ordinamento giuridico di ogni Stato membro, segnatamente, designare l’amministrazione competente e stabilire le modalità procedurali intese a garantire la tutela dei diritti spettanti ai singoli in forza delle norme di diritto dell’Unione, sempreché tali modalità non siano meno favorevoli di quelle riguardanti ricorsi analoghi di natura interna (principio di equivalenza), né rendano praticamente impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti dall’ordinamento giuridico dell’Unione (principio di effettività).
Per quanto attiene al principio di effettività, in assenza di norme specifiche nell’ordinamento processuale nazionale, il diritto del prestatore di servizi e quello del destinatario della prestazione, consistente nell’essere assoggettati a identico trattamento riguardo all’imponibilità di una stessa e unica prestazione e dell’imposta sul valore aggiunto dovuta sulla medesima, risulterebbero destituiti, in pratica, di qualsiasi effetto utile.
(v. punti 35, 37)
3. L’articolo 17, paragrafi 1, 2, lettera a), e 3, lettera a), nonché l’articolo 18, paragrafo 1, lettera a), della sesta direttiva 77/388, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari, devono essere interpretati nel senso che non impongono agli Stati membri di configurare le rispettive normative procedurali interne in modo tale da garantire che l’imponibilità di una prestazione di servizi e l’imposta sul valore aggiunto dovuta sulla prestazione medesima vengano valutate in modo coerente con riguardo al prestatore e con riguardo al destinatario di tale prestazione, anche quando questi ricadano nella sfera di competenza di amministrazioni finanziarie diverse. Tuttavia, dette disposizioni obbligano gli Stati membri ad adottare le misure necessarie per garantire l’esatta riscossione dell’imposta sul valore aggiunto e il rispetto del principio di neutralità fiscale.
Infatti, ancorché l’articolo 17, paragrafi 1, 2, lettera a), e 3, lettera a), nonché l’articolo 18, paragrafo 1, lettera a), della sesta direttiva non precisino concretamente il contenuto degli strumenti procedurali o di altra natura che devono essere istituiti per garantire l’esatta riscossione dell’imposta sul valore aggiunto e il rispetto del principio di neutralità fiscale, resta il fatto che tali disposizioni vincolano gli Stati membri per quanto attiene all’obiettivo da raggiungere, pur lasciando loro un margine di discrezionalità nella valutazione della necessità dell’adozione di misure di tal genere.
Al riguardo, nel caso in cui dovesse emergere che, pur in assenza di questioni di interpretazione o di validità, o persino in caso di rifiuto da parte dei giudici competenti di adire la Corte di giustizia mediante rinvio pregiudiziale di interpretazione o di giudizio di validità del diritto dell’Unione, amministrazioni e/o giudici diversi di uno Stato membro continuano ad adottare sistematicamente posizioni divergenti per quanto attiene al collegamento di una stessa ed unica prestazione di servizi rispetto al prestatore, da un lato, e al destinatario, dall’altro, in modo da pregiudicare, in particolare, il principio di neutralità fiscale, gli obblighi incombenti a detto Stato membro per effetto della sesta direttiva potrebbero risultare violati.
(v. punti 43-45, dispositivo 2)
SENTENZA DELLA CORTE (Prima Sezione)
26 gennaio 2012 (*)
«IVA — Sesta direttiva — Articoli 9, 17 e 18 — Individuazione del luogo di prestazione dei servizi — Nozione di “messa a disposizione di personale” — Lavoratori autonomi — Necessità di garantire identico trattamento della prestazione dei servizi con riguardo al prestatore ed al destinatario»
Nella causa C-218/10,
avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Finanzgericht Hamburg (Germania), con decisione del 20 aprile 2010, pervenuta in cancelleria il 6 maggio 2010, nel procedimento
ADV Allround Vermittlungs AG, in liquidazione,
contro
Finanzamt Hamburg-Bergedorf,
LA CORTE (Prima Sezione),
composta dal sig. A. Tizzano, presidente di sezione, dai sigg. A. Borg Barthet, M. Ilešič, J.-J. Kasel (relatore) e dalla sig.ra M. Berger, giudici,
avvocato generale: sig. J. Mazák
cancelliere: sig. B. Fülöp, amministratore
vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 30 marzo 2011,
considerate le osservazioni presentate:
— per la ADV Allround Vermittlungs AG, in liquidazione, da S. Heinrichshofen e B. Burgmaier, Rechtsanwälte,
— per il governo tedesco, da T. Henze, in qualità di agente,
— per la Commissione europea, da D. Triantafyllou, in qualità di agente,
sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 28 giugno 2011,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1 La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione degli articoli 9, paragrafo 2, lettera e), 17, paragrafi 1, 2, lettera a), e 3, lettera a), nonché 18, paragrafo 1, lettera a), della sesta direttiva 77/388/CEE del Consiglio, del 17 maggio 1977, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari — Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (GU L 145, pag. 1; in prosieguo: la «sesta direttiva»).
2 Tale domanda è stata sollevata nell’ambito di una controversia tra la società Allround Vermittlungs AG, in liquidazione (in prosieguo: la «ADV»), ed il Finanzamt Hamburg-Bergedorf (in prosieguo: il «Finanzamt»), in merito all’individuazione, ai fini della riscossione dell’imposta sul valore aggiunto (in prosieguo: l’«IVA»), del luogo di fornitura delle prestazioni dei servizi.
Il contesto normativo
Il diritto dell’Unione
3 Il settimo considerando della sesta direttiva così recita:
«considerando che la determinazione del luogo delle operazioni imponibili ha provocato conflitti di competenza tra Stati membri, segnatamente per quanto riguarda la cessione di un bene che richiede un montaggio e le prestazioni di servizi; che anche se il luogo delle prestazioni di servizi deve essere fissato, in linea di massima, là dove il prestatore ha stabilito la sede della sua attività professionale, occorre tuttavia fissare tale luogo nel paese del destinatario, in particolare per talune prestazioni di servizi tra soggetti di imposta, il cui costo è compreso nel prezzo delle merci».
4 L’articolo 9, paragrafo 1, della sesta direttiva così dispone:
«Si considera luogo di una prestazione di servizi il luogo in cui il prestatore ha fissato la sede della propria attività economica o ha costituito un centro di attività stabile, a partire dal quale la prestazione di servizi viene resa o, in mancanza di tale sede o di tale centro di attività stabile, il luogo del suo domicilio o della sua residenza abituale».
5 Il successivo articolo 9, paragrafo 2, lettera e), prevede quanto segue:
«Tuttavia:
(…)
e) il luogo delle seguenti prestazioni di servizi, rese a destinatari stabiliti fuori della Comunità o a soggetti passivi stabiliti nella Comunità, ma fuori del paese del prestatore, è quello in cui il destinatario ha stabilito la sede della sua attività economica o ha costituito un centro di attività stabile per il quale si è avuta la prestazione di servizi o, in mancanza di tale sede o di tale centro d’attività stabile, il luogo del suo domicilio o della sua residenza abituale:
(…)
— messa a disposizione di personale;
(…)».
6 Il successivo articolo 17, paragrafo 1, così recita:
«Il diritto a [detrazione] nasce quando l’imposta [detraibile] diventa esigibile».
7 Il paragrafo 2, lettera a) del medesimo articolo 17 dispone quanto segue:
«Nella misura in cui beni e servizi sono impiegati ai fini di sue operazioni soggette ad imposta, il soggetto passivo è autorizzato a [detrarre] dall’imposta di cui è debitore:
a) l’[IVA] dovuta o assolta all’interno del paese per le merci che gli sono o gli saranno fornite e per i servizi che gli sono o gli saranno prestati da un altro soggetto passivo».
8 Ai sensi del successivo paragrafo 3, lettera a), dello stesso articolo 17:
«Gli Stati membri accordano altresì ad ogni soggetto passivo la deduzione o il rimborso dell’[IVA] di cui al paragrafo 2 nella misura in cui i beni e i servizi sono utilizzati ai fini:
a) di sue operazioni relative alle attività economiche di cui all’articolo 4, paragrafo 2, effettuate all’estero, che darebbero diritto a deduzione se fossero effettuate all’interno del paese».
9 A termini dell’articolo 18, paragrafo 1, lettera a), della direttiva medesima:
«Per poter esercitare il diritto a detrazione, il soggetto passivo deve soddisfare le condizioni seguenti:
a) per la [detrazione] di cui all’articolo 17, paragrafo 2, lettera a), essere in possesso di una fattura redatta ai sensi dell’articolo 22, paragrafo 3».
La normativa nazionale
10 L’articolo 3a, primo comma, primo periodo, della legge del 1999 relativa all’imposta sulla cifra d’affari (Umsatzsteuergesetz 1999, BGBl. 1999 I, pag. 1270), nel testo risultante dalla comunicazione 21 febbraio 2005 (in prosieguo: l’«UStG»), così dispone:
«Un’altra prestazione di servizi si considera effettuata nel luogo dal quale l’imprenditore esercita la sua attività, fatti salvi gli articoli 3b e 3f».
11 A termini dell’articolo 3a, terzo comma, primo periodo, dell’UStG:
«Se il destinatario di una delle altre prestazioni menzionate al quarto comma è un’impresa, la prestazione, in deroga al primo comma, si considera effettuata nel luogo in cui il beneficiario esercita la sua attività».
12 L’articolo 3a, quarto comma, dell’UStG prevede quanto segue:
«Ai sensi del terzo comma, si intendono per “altre prestazioni”: (…)
7. la messa a disposizione di personale (…)».
13 Ai sensi dell’articolo 15, primo comma, primo periodo, punto 1, dell’UStG:
«L’imprenditore può portare in detrazione le seguenti imposte versate a monte:
1) l’imposta dovuta per legge per cessioni di beni o altre prestazioni di servizi eseguite da un’altra impresa a favore della sua impresa. L’esercizio del diritto alla detrazione presuppone che l’imprenditore sia in possesso di una ricevuta redatta ai sensi degli articoli 14 e 14a».
14 A termini dell’articolo 18, nono comma, terzo periodo, dell’UStG:
«La richiesta di rimborso deve essere presentata entro sei mesi dalla fine dell’anno solare in cui il diritto è sorto».
Causa principale e questioni pregiudiziali
15 La ADV, società di diritto tedesco, provvedeva, nel corso dell’anno 2005, alla messa a disposizione di conducenti autonomi presso società di trasporti stabilite in Germania, nonché al di fuori del territorio dello Stato membro medesimo, in particolare in Italia. I contratti conclusi tra la ADV ed i conducenti, intitolati «accordi di messa a disposizione», prevedevano che questi ultimi dovessero fatturare i loro servizi alla ADV. Quest’ultima società avrebbe, a sua volta, fatturato alle singole imprese di trasporti loro clienti, il costo previsto da tali accordi di messa a disposizione con l’aggiunta di un margine compreso tra l’8% ed il 20%.
16 In un primo momento, la ADV presentava ai propri clienti italiani fatture senza inclusione dell’IVA. Essa riteneva, infatti, che le proprie prestazioni di servizi dovessero essere qualificate come «messa a disposizione di personale» ai sensi dell’articolo 3a, quarto comma, punto 7, dell’UStG e che, conseguentemente, il luogo di effettuazione della prestazione dei servizi si collocasse in Italia, luogo in cui erano stabiliti i destinatari dei servizi medesimi.
17 Il Finanzamt riteneva invece che le prestazioni di cui trattasi non potessero essere qualificate come «messa a disposizione di personale», e che, conseguentemente, il luogo di prestazione dei servizi si collocasse, a norma dell’articolo 3a, primo comma, dell’UStG, nel luogo di stabilimento del prestatore dei servizi medesimi. L’IVA avrebbe dovuto essere quindi fatturata in Germania.
18 Per contro, il Bundeszentralamt für Steuern, ufficio competente per decidere sulle richieste di rimborso dell’IVA, presentate, nella causa principale, dai destinatari italiani, riteneva che le prestazioni fornite dalla ADV costituissero prestazioni di «messa a disposizione di personale» che non implicavano l’applicazione dell’IVA in Germania. Ritenendo che tali prestazioni sarebbero state imponibili, per effetto dell’articolo 3a, terzo comma, primo periodo, dell’UStG, nel luogo della sede dei destinatari dei servizi, vale a dire in Italia, detto ufficio negava il rimborso dell’IVA tedesca alle imprese italiane.
19 Il Finanzgericht Hamburg, al quale veniva sottoposta la controversia, riteneva anzitutto che, atteso che il settimo considerando della sesta direttiva prevede che l’elenco contenuto nell’articolo 9, paragrafo 2, della direttiva medesima comprende «in particolare (…) talune prestazioni di servizi tra soggetti di imposta, il cui costo è compreso nel prezzo delle merci», tale disposizione potesse parimenti applicarsi alla messa a disposizione di lavoratori autonomi, pur sussistendo dubbi a tal riguardo.
20 Il Finanzgericht Hamburg si è poi chiesto, da un lato, se il debito di IVA sorto in capo al prestatore dei servizi ed il diritto del destinatario al rimborso dell’IVA versata a monte non siano necessariamente collegati, in particolare per effetto del principio di neutralità fiscale e, dall’altro, se tale nesso determini, a carico delle amministrazioni nazionali competenti, l’obbligo di evitare l’adozione di decisioni contraddittorie.
21 Infine, il Finanzgericht Hamburg si chiede se il termine semestrale concesso al destinatario per presentare domanda di rimborso il quale, in base alla normativa nazionale, inizia a decorrere dalla fine dell’anno solare in cui è sorto il diritto al rimborso, debba essere sospeso o interrotto in assenza di decisione sulla situazione fiscale del prestatore.
22 Ciò premesso, il Finanzgericht Hamburg ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:
«1) Se l’articolo 9, paragrafo 2, lettera e), sesto trattino, della sesta direttiva (…) debba essere interpretato nel senso che «la messa a disposizione di personale» comprenda anche la messa a disposizione di personale autonomo, non in rapporto di dipendenza con l’impresa prestatrice.
2) Se gli articoli [17, paragrafi 1, 2, lettera a), e 3, lettera a)], nonché l’articolo [18, paragrafo 1, lettera a), della sesta direttiva] debbano essere interpretati nel senso che l’ordinamento processuale nazionale deve adottare misure al fine di assoggettare allo stesso trattamento l’imponibilità e l’assoggettamento ad imposta della medesima prestazione nei confronti dell’impresa fornitrice e dell’impresa destinataria, anche nel caso in cui per le due imprese siano competenti amministrazioni finanziarie diverse.
Solo nel caso di soluzione affermativa alla seconda questione:
3) Se l’articolo [17, paragrafi 1, 2, lettera a), 3, lettera a)], e l’articolo [18, paragrafo 1, lettera a)], della sesta direttiva (...) debbano essere interpretati nel senso che il termine nel quale il destinatario può far valere la detrazione per una prestazione effettuata nei suoi confronti non può decorrere prima della decisione con efficacia di giudicato concernente l’imponibilità e l’assoggettamento ad imposta nei confronti dell’impresa prestatrice».
Sulle questioni pregiudiziali
Sulla prima questione
23 Con la prima questione il giudice del rinvio chiede, sostanzialmente, se l’articolo 9, paragrafo 2, lettera e), sesto trattino, della sesta direttiva debba essere interpretato nel senso che la nozione di «messa a disposizione di personale» ricomprenda parimenti la messa a disposizione di personale autonomo, non legato da rapporto di lavoro dipendente con l’impresa prestatrice.
24 Si deve rilevare, in limine, al pari del giudice del rinvio nonché delle parti che hanno presentato osservazioni alla Corte, che né il tenore dell’articolo 9, paragrafo 2, lettera e), sesto trattino, della sesta direttiva né una lettura comparativa delle singole versioni linguistiche di tale disposizione consentono di acclarare se lavoratori autonomi possano essere considerati quale «personale» ai sensi di tale disposizione.
25 Si deve tuttavia necessariamente rilevare che, per i motivi esposti dall’avvocato generale ai paragrafi 26 e 27 delle conclusioni, non può essere escluso a priori che, in considerazione del suo tenore, l’articolo 9, paragrafo 2, lettera e), sesto trattino, della sesta direttiva trovi parimenti applicazione alla messa a disposizione di personale «autonomo».
26 Orbene, secondo costante giurisprudenza, ai fini dell’interpretazione di una norma di diritto dell’Unione, si deve tener conto non soltanto della lettera della stessa, ma anche del suo contesto e degli scopi perseguiti dalla normativa di cui essa fa parte (v., segnatamente, sentenza del 9 marzo 2006, Gillan Beach, C-114/05, Racc. pag. I-2427, punto 21 e giurisprudenza ivi richiamata).
27 A tal riguardo, si deve ricordare che l’articolo 9 della sesta direttiva contiene regole che determinano il luogo di collegamento fiscale delle prestazioni di servizi. Mentre il paragrafo 1 di tale articolo pone, a tal riguardo, una regola di carattere generale, il successivo paragrafo 2 elenca una serie di collegamenti specifici. Secondo costante giurisprudenza, lo scopo di tali disposizioni è quello di evitare, da un lato, conflitti di competenza idonei a portare a doppie imposizioni e, dall’altro, il mancato assoggettamento ad imposta di cespiti (v., segnatamente, sentenze del 26 settembre 1996, Dudda, C-327/94, Racc. pag. I-4595, punto 20; Gillan Beach, cit. supra, punto 14, e del 6 novembre 2008, Kollektivavtalsstiftelsen TRR Trygghetsrådet, C-291/07, Racc. pag. I-8255, punto 24).
28 Orbene, un’interpretazione dell’articolo 9, paragrafo 2, lettera e), sesto trattino, della sesta direttiva secondo cui il termine «personale» ivi contenuto ricomprende non soltanto i lavoratori dipendenti, bensì parimenti quelli autonomi si accorda meglio con l’obiettivo perseguito da una norma di conflitto, come quella contenuta nell’articolo 9 di detta direttiva, volta ad evitare i rischi di doppia imposizione e di non imposizione.
29 Infatti, tale interpretazione, laddove riconduce ad un unico luogo il collegamento fiscale della prestazione di servizi de qua, consente appunto di evitare che tale prestazione sia soggetta a doppia imposizione ovvero che essa sfugga a qualsiasi imposizione dell’IVA.
30 Detta interpretazione è parimenti idonea ad agevolare l’attuazione della menzionata norma di conflitto, consentendo una gestione semplice, sul luogo della prestazione dei servizi, delle regole che presiedono alla riscossione dell’imposta ed alla prevenzione dell’evasione fiscale, atteso che il destinatario dei servizi non deve interrogarsi sulla natura giuridica delle relazioni che legano il prestatore al «personale» oggetto della messa a disposizione.
31 Inoltre, tale interpretazione risulta conforme al principio della certezza del diritto in quanto, rendendo più prevedibile la determinazione del luogo di collegamento della prestazione dei servizi, semplifica l’applicazione delle disposizioni della sesta direttiva e contribuisce a garantire una riscossione affidabile e corretta dell’IVA (v., in tal senso, sentenza del 6 ottobre 2011, Stoppelkamp, C-421/10, Racc. pag. I-9309, punto 34).
32 Alla luce delle suesposte considerazioni, la prima questione dev’essere risolta nel senso che l’articolo 9, paragrafo 2, lettera e), sesto trattino, della sesta direttiva dev’essere interpretato nel senso che la nozione di «messa a disposizione di personale», contenuta nella disposizione medesima, ricomprende parimenti la messa a disposizione di personale autonomo, non legato da rapporto di lavoro dipendente con l’impresa prestatrice.
Sulla seconda questione
33 Con la seconda questione il giudice del rinvio chiede, sostanzialmente, se l’articolo 17, paragrafi 1, 2, lettera a), e 3, lettera a), nonché l’articolo 18, paragrafo 1, lettera a), della sesta direttiva debbano essere interpretati nel senso che impongano agli Stati membri di configurare le rispettive norme procedurali interne in modo da garantire che l’imponibilità di una prestazione di servizi e l’IVA dovuta su tale prestazione vengano valutate in modo coerente dal prestatore e dal destinatario dei servizi medesimi, qualora questi ricadano nella sfera di competenza di amministrazioni finanziarie diverse.
34 A tal riguardo, si deve rilevare, al pari del giudice del rinvio, che la sesta direttiva non contiene alcuna disposizione che preveda espressamente che gli Stati membri siano tenuti ad adottare una misura come quella indicata nella questione pregiudiziale.
35 Orbene, secondo costante giurisprudenza, in mancanza di una disciplina dell’Unione in materia, spetta all’ordinamento giuridico di ogni Stato membro, segnatamente, designare l’amministrazione competente e stabilire le modalità procedurali intese a garantire la tutela dei diritti spettanti ai singoli in forza delle norme di diritto dell’Unione, sempreché tali modalità non siano meno favorevoli di quelle riguardanti ricorsi analoghi di natura interna (principio di equivalenza), né rendano praticamente impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti dall’ordinamento giuridico dell’Unione (principio di effettività), (v., in particolare, sentenze del 17 novembre 1998, Aprile, C-228/96, Racc. pag. I-7141, punto 18, e del 21 gennaio 2010, Alstom Power Hydro, C-472/08, Racc. pag. I-623, punto 17).
36 Per quanto attiene al principio di equivalenza, si deve rilevare che, nella specie, la Corte non dispone di alcun elemento idoneo a far sorgere dubbi quanto alla conformità con tale principio di una normativa come quella oggetto della causa principale.
37 Per contro, dubbi sono stati sollevati, in particolare, dal giudice del rinvio sulla questione se una fattispecie di tal genere risponda alle esigenze del principio di effettività. Infatti, in assenza di norme specifiche nell’ordinamento processuale nazionale, il diritto del prestatore di servizi e quello del destinatario della prestazione, riconosciuti dalla Corte nella sentenza 13 dicembre 1989, Genius (C-342/87, Racc. pag. I-4227), e consistente nell’essere assoggettati a identico trattamento con riguardo all’imponibilità di una stessa e unica prestazione e dell’IVA dovuta sulla medesima, risulterebbero destituiti, in pratica, di qualsiasi effetto utile.
38 A tal riguardo, si deve rammentare che il principio di effettività dev’essere considerato violato qualora emerga che l’esercizio di un diritto conferito dall’ordinamento giuridico dell’Unione risulti impossibile ovvero eccessivamente difficile.
39 Tuttavia, tale ipotesi non sembra ricorrere in una fattispecie come quella oggetto della causa principale.
40 Da un lato, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 70 delle proprie conclusioni, la menzionata sentenza Genius verte unicamente sulla portata del diritto a detrazione. Essa non si pronuncia sull’eventuale diritto del prestatore o del destinatario di una prestazione di servizi ad ottenere, nell’ambito di un procedimento promosso dalla controparte in merito all’operazione soggetta all’IVA dinanzi ad un’amministrazione finanziaria diversa dalla propria, che tale prestazione venga qualificata, segnatamente per quanto attiene al suo luogo di esecuzione, in modo identico a quello accolto dalla propria amministrazione finanziaria o dai propri giudici.
41 D’altro canto, si deve necessariamente rilevare che tanto il prestatore di servizi quanto il destinatario dei servizi medesimi hanno entrambi la possibilità di far valere i loro diritti non solo dinanzi all’amministrazione, bensì parimenti dinanzi ai giudici competenti in materia di IVA, secondo modalità procedurali con riguardo alle quali non è contestato che esse consentano di garantire, in linea di principio, un’interpretazione ed un’applicazione corretta ed uniforme delle disposizioni della sesta direttiva.
42 Infatti, l’interpretazione e l’applicazione uniformi del diritto dell’Unione sono garantite, in definitiva, dalla procedura di rinvio pregiudiziale, di interpretazione o di giudizio di validità del diritto dell’Unione, prevista dall’articolo 267 TFUE, che istituisce un sistema di cooperazione tra i giudici nazionali e la Corte. Orbene, dagli atti sottoposti alla Corte non risulta che una normativa nazionale come quella oggetto della causa principale non consenta di garantire il buon funzionamento di tale cooperazione giudiziaria.
43 Nel caso in cui, tuttavia, dovesse emergere che, pur in assenza di questioni di interpretazione o di validità, o persino in caso di rifiuto da parte dei giudici competenti di adire la Corte mediante rinvio pregiudiziale di interpretazione o di giudizio di validità del diritto dell’Unione, amministrazioni e/o giudici diversi di uno Stato membro continuano ad adottare sistematicamente posizioni divergenti per quanto attiene al collegamento di una stessa ed unica prestazione di servizi rispetto al prestatore, da un lato, ed al destinatario, dall’altro, in modo da pregiudicare, in particolare, il principio di neutralità fiscale, gli obblighi incombenti a detto Stato membro per effetto della sesta direttiva potrebbero risultare violati.
44 Infatti, ancorché l’articolo 17, paragrafi 1, 2, lettera a), e 3, lettera a), nonché l’articolo 18, paragrafo 1, lettera a), della sesta direttiva non precisino concretamente il contenuto degli strumenti procedurali o di altra natura che devono essere istituiti per garantire l’esatta riscossione dell’IVA ed il rispetto del principio di neutralità fiscale, resta il fatto che tali disposizioni vincolano gli Stati membri per quanto attiene all’obiettivo da raggiungere, pur lasciando loro un margine di discrezionalità nella valutazione della necessità dell’adozione di misure di tale genere.
45 Ciò premesso, si deve rispondere alla seconda questione dichiarando che l’articolo 17, paragrafi 1, 2, lettera a), e 3, lettera a), nonché l’articolo 18, paragrafo 1, lettera a) della sesta direttiva devono essere interpretati nel senso che non impongono agli Stati membri di configurare le rispettive normative procedurali interne in modo tale da garantire che l’imponibilità di una prestazione di servizi e l’IVA dovuta sulla prestazione medesima vengano valutate in modo coerente con riguardo al prestatore e con riguardo al destinatario di tale prestazione, anche quando questi ricadano nella sfera di competenza di amministrazioni finanziarie diverse. Tuttavia, dette disposizioni obbligano gli Stati membri ad adottare le misure necessarie per garantire l’esatta riscossione dell’IVA ed il rispetto del principio di neutralità fiscale.
Sulla terza questione
46 Alla luce della risposta data alla seconda questione, non occorre procedere all’esame della terza questione.
Sulle spese
47 Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.
Per questi motivi, la Corte (Prima Sezione) dichiara:
1) L’articolo 9, paragrafo 2, lettera e), sesto trattino, della sesta direttiva 77/388/CEE del Consiglio, del 17 maggio 1977, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari — Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme, dev’essere interpretato nel senso che la nozione di «messa a disposizione di personale», contenuta nella disposizione medesima, ricomprende parimenti la messa a disposizione di personale autonomo, non legato da rapporto di lavoro dipendente con l’impresa prestatrice.
2) L’articolo 17, paragrafi 1, 2, lettera a), e 3, lettera a), nonché l’articolo 18, paragrafo 1, lettera a), della sesta direttiva 77/388 devono essere interpretati nel senso che non impongono agli Stati membri di configurare le rispettive normative procedurali interne in modo tale da garantire che l’imponibilità di una prestazione di servizi e l’imposta sul valore aggiunto dovuta sulla prestazione medesima vengano valutate in modo coerente con riguardo al prestatore e con riguardo al destinatario di tale prestazione, anche quando questi ricadano nella sfera di competenza di amministrazioni finanziarie diverse. Tuttavia, dette disposizioni obbligano gli Stati membri ad adottare le misure necessarie per garantire l’esatta riscossione dell’imposta sul valore aggiunto ed il rispetto del principio di neutralità fiscale.
Firme
* Lingua processuale: il tedesco.