Causa C-274/10
Commissione europea
contro
Repubblica di Ungheria
«Inadempimento di uno Stato — Fiscalità — IVA — Direttiva 2006/112/CE — Diritto alla detrazione — Modalità d’esercizio — Art. 183 — Normativa nazionale che consente il rimborso dell’eccedenza di IVA solo nei limiti in cui essa superi l’importo dell’imposta a monte risultante da operazioni che non hanno ancora dato luogo a pagamento»
Massime della sentenza
Disposizioni tributarie — Armonizzazione delle legislazioni — Imposte sulla cifra d’affari — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Detrazione dell’imposta pagata a monte — Restituzione dell’eccedenza
(Direttiva del Consiglio 2006/112, art. 183)
Viene meno agli obblighi ad esso incombenti in forza della direttiva 2006/112, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, uno Stato membro il quale obblighi i soggetti passivi dalla cui dichiarazione fiscale emerga un’eccedenza, ai sensi dell’art. 183 di detta direttiva, nel corso di un determinato periodo d’imposta, a procedere al riporto di tale eccedenza, integralmente o parzialmente, al periodo d’imposta successivo, qualora non abbiano pagato la totalità di quanto acquistato al loro fornitore, con la conseguenza che, in considerazione del suddetto obbligo, taluni soggetti passivi, dalla cui dichiarazione fiscale emergano sistematicamente eccedenze, sono tenuti a effettuare più volte il riporto al periodo d’imposta successivo.
Infatti, in base al sistema instaurato dalla direttiva 2006/112, in linea di principio, l’imposta sul valore aggiunto diventa esigibile ed il diritto alla detrazione sorge e può essere esercitato indipendentemente dal fatto che il corrispettivo dovuto, imposta sul valore aggiunto inclusa, per un’operazione sia stato già versato o meno. Inoltre, ai sensi della medesima direttiva, solo in determinati, specifici casi, esplicitamente contemplati da detta direttiva, il diritto a detrazione è subordinato alla condizione che il corrispettivo dovuto per l’operazione da cui risulta l’imposta detraibile sia già stato versato. Ad eccezione di questi casi particolari, detto diritto a detrazione sussiste indipendentemente da tale condizione. Orbene, il fatto di subordinare a detta condizione il rimborso di un’eccedenza di imposta sul valore aggiunto detraibile, che costituisce in questo modo la fase che segue al sorgere di tale diritto, può avere gli stessi effetti sul diritto alla detrazione che avrebbe l’applicazione della medesima condizione al momento in cui lo stesso diritto sorge. Pertanto, esso è idoneo a rimettere in discussione l’effetto utile del diritto a detrazione. Di conseguenza, il pagamento del corrispettivo dovuto per l’operazione da cui risulta l’imposta sul valore aggiunto detraibile non può costituire una modalità, ai sensi dell’art. 183 della direttiva 2006/112, che gli Stati membri hanno la facoltà di stabilire per il rimborso dell’eccedenza d’imposta detraibile.
(v. punti 48, 52-53, 56 e dispositivo)
SENTENZA DELLA CORTE (Terza Sezione)
28 luglio 2011 (*)
«Inadempimento di uno Stato – Fiscalità – IVA – Direttiva 2006/112/CE – Diritto alla detrazione – Modalità d’esercizio – Art. 183 – Normativa nazionale che consente il rimborso dell’eccedenza di IVA solo nei limiti in cui essa superi l’importo dell’imposta a monte risultante da operazioni che non hanno ancora dato luogo a pagamento»
Nella causa C-274/10,
avente ad oggetto il ricorso per inadempimento, ai sensi dell’art. 258 TFUE, proposto il 1° giugno 2010,
Commissione europea, rappresentata dai sigg. D. Triantafyllou e B. Simon, nonché dalla sig.ra K. Talabér-Ritz, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo,
ricorrente,
contro
Repubblica di Ungheria, rappresentata dal sig. M. Fehér, dalla sig.ra K. Szíjjártó e dal sig. G. Koós, in qualità di agenti, assistiti dalla sig.ra K. Magony, szakértő,
convenuta,
LA CORTE (Terza Sezione),
composta dal sig. K. Lenaerts, presidente di sezione, dal sig. D. Šváby, dalla sig.ra R. Silva de Lapuerta, dai sigg. E. Juhász e T. von Danwitz (relatore), giudici,
avvocato generale: sig. Y. Bot
cancelliere: sig. B. Fülöp, amministratore
vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 14 aprile 2011;
sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 26 maggio 2011,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1 Con il suo ricorso, la Commissione europea chiede alla Corte di dichiarare che:
– obbligando i soggetti passivi dalla cui dichiarazione fiscale emerga «un’eccedenza», ai sensi dell’art. 183 della direttiva del Consiglio 28 novembre 2006, 2006/112/CE, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (GU L 347, pag. 1), nel corso di un determinato periodo d’imposta, a procedere al riporto di tale eccedenza, integralmente o parzialmente, al periodo d’imposta successivo, qualora non abbiano pagato la totalità di quanto acquistato dal loro fornitore, e
– per il fatto che, in considerazione del suddetto obbligo, taluni soggetti passivi, dalla cui dichiarazione fiscale emergano sistematicamente «eccedenze», sono tenuti a effettuare più volte il riporto di tale eccedenza al periodo d’imposta successivo,
la Repubblica di Ungheria è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in virtù della direttiva 2006/112.
Contesto normativo
La normativa dell’Unione
2 Ai termini dell’art. 62 della direttiva 2006/112:
«Ai fini della presente direttiva si intende per:
1) “fatto generatore dell’imposta” il fatto per il quale si realizzano le condizioni di legge necessarie per l’esigibilità dell’imposta;
2) “esigibilità dell’imposta” il diritto che l’Erario può far valere a norma di legge, a partire da un dato momento, presso il debitore, per il pagamento dell’imposta, anche se il pagamento può essere differito».
3 L’art. 63 di tale direttiva dispone che il fatto generatore dell’imposta si verifica e l’imposta diventa esigibile all’atto della cessione di beni o della prestazione di servizi.
4 L’art. 66 della suddetta direttiva enuncia quanto segue:
«In deroga agli articoli 63, 64 e 65, gli Stati membri possono stabilire che, per talune operazioni o per talune categorie di soggetti passivi, l’imposta diventi esigibile in uno dei momenti seguenti:
a) non oltre il momento dell’emissione della fattura;
b) non oltre il momento dell’incasso del prezzo.
(...)».
5 L’art. 90 della direttiva 2006/112 dispone quanto segue:
«1. In caso di annullamento, recesso, risoluzione, non pagamento totale o parziale o di riduzione di prezzo dopo che l’operazione è stata effettuata, la base imponibile viene debitamente ridotta alle condizioni stabilite dagli Stati membri.
2. In caso di non pagamento totale o parziale, gli Stati membri possono derogare al paragrafo 1».
6 Ai termini dell’art. 167 della direttiva 2006/112, che figura nel capo I, intitolato «Origine e portata del diritto a detrazione» del titolo X, intitolato «Detrazioni», di tale direttiva, «[i]l diritto a detrazione nasce quando l’imposta detraibile diventa esigibile».
7 Con la direttiva del Consiglio 13 luglio 2010, 2010/45/UE, recante modifica della direttiva 2006/112 (GU L 189, pag. 1), che deve essere recepita entro e non oltre il 31 dicembre 2012, è stato inserito nella direttiva 2006/112 un art. 167 bis, il cui n. 1 ha il seguente tenore:
«Gli Stati membri possono prevedere, nel quadro di un regime opzionale, che il diritto a detrazione di un soggetto passivo per il quale l’[imposta sul valore aggiunto (in prosieguo: l’«IVA»)] diventa esigibile solamente a norma dell’articolo 66, lettera b), sia posposto fino al pagamento dell’IVA, al suo fornitore/prestatore, relativa ai beni ceduti o servizi resi a detto soggetto passivo».
8 A norma dell’art. 168 della direttiva 2006/112:
«Nella misura in cui i beni e i servizi sono impiegati ai fini di sue operazioni soggette ad imposta, il soggetto passivo ha il diritto, nello Stato membro in cui effettua tali operazioni, di detrarre dall’importo dell’imposta di cui è debitore gli importi seguenti:
a) l’IVA dovuta o assolta in tale Stato membro per i beni che gli sono o gli saranno ceduti e per i servizi che gli sono o gli saranno resi da un altro soggetto passivo;
(...)».
9 L’art. 178 della direttiva 2006/112, che figura nel capo 4, intitolato «Modalità di esercizio del diritto a detrazione», del titolo X di tale direttiva, così recita:
«Per poter esercitare il diritto a detrazione, il soggetto passivo deve soddisfare le condizioni seguenti:
a) per la detrazione di cui all’articolo 168, lettera a), relativa alle cessioni di beni e alle prestazioni di servizi, essere in possesso di una fattura redatta conformemente agli articoli da 220 a 236 e agli articoli 238, 239 e 240;
(...)».
10 L’art. 179 di detta direttiva così prevede:
«Il soggetto passivo opera la detrazione globalmente, sottraendo dall’importo dell’imposta dovuta per un periodo d’imposta l’ammontare dell’IVA per la quale il diritto a detrazione è sorto, nello stesso periodo, ed è esercitato secondo quanto previsto all’articolo 178.
Tuttavia gli Stati membri possono obbligare i soggetti passivi che effettuano le operazioni occasionali di cui all’articolo 12 a esercitare il diritto a detrazione soltanto al momento della cessione».
11 Ai sensi dell’art. 183 della direttiva 2006/112, formulato in termini sostanzialmente identici a quelli dell’art. 18, n. 4, della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (GU L 145, pag. 1):
«Qualora, per un periodo d’imposta, l’importo delle detrazioni superi quello dell’IVA dovuta, gli Stati membri possono far riportare l’eccedenza al periodo successivo, o procedere al rimborso secondo modalità da essi stabilite.
Tuttavia, gli Stati membri possono rifiutare il rimborso o il riporto se l’eccedenza è insignificante».
12 L’art. 184 della direttiva 2006/112, che figura nel capo 5, intitolato «Rettifica delle detrazioni», del titolo X di detta direttiva, precisa quanto segue:
«La detrazione operata inizialmente è rettificata quando è superiore o inferiore a quella cui il soggetto passivo ha diritto».
13 Ai sensi dell’art. 185, contenuto nello stesso capo della suddetta direttiva:
«1. La rettifica ha luogo, in particolare, quando, successivamente alla dichiarazione dell’IVA, sono mutati gli elementi presi in considerazione per determinare l’importo delle detrazioni, in particolare, in caso di annullamento di acquisti o qualora si siano ottenute riduzioni di prezzo.
2. In deroga al paragrafo 1, la rettifica non è richiesta in caso di operazioni totalmente o parzialmente non pagate, in caso di distruzione, perdita o furto debitamente provati o giustificati, nonché in caso di prelievi effettuati per dare regali di scarso valore e campioni di cui all’articolo 16.
In caso di operazioni totalmente o parzialmente non pagate e in caso di furto gli Stati membri possono tuttavia esigere la rettifica».
La normativa nazionale
14 L’art. 55, n. 1, della legge CXXVII del 2007, relativa all’imposta sul valore aggiunto (az általános forgalmi adóról szóló 2007. évi CXXVII. törvény) [Magyar Közlöny 2007/155 (XI. 16.); in prosieguo: la «legge sull’IVA»], dispone quanto segue:
«La realizzazione del fatto con il quale si compie oggettivamente l’operazione generatrice dell’imposta (in prosieguo: la “realizzazione”) dà luogo all’esigibilità dell’imposta».
15 Ai sensi dell’art. 56 della legge sull’IVA «l’imposta esigibile è accertata al momento della realizzazione – salvo disposizioni contrarie della presente legge».
16 L’art. 119, n. 1, di detta legge così prevede:
«Salvo disposizioni contrarie, il diritto a detrazione sorge nel momento in cui si deve determinare l’imposta dovuta corrispondente all’imposta calcolata a monte (art. 120)».
17 L’art. 131 della legge sull’IVA dispone quanto segue:
«1. Il soggetto registrato a fini IVA sul territorio nazionale può detrarre dall’importo totale dell’imposta dovuta per un periodo imponibile l’importo dell’imposta a monte detraibile, originatasi nel corso dello stesso periodo imponibile o di uno o più periodi anteriori.
2. Se la differenza determinata conformemente al n. 1 è negativa, il soggetto registrato a fini IVA sul territorio nazionale può
a) considerare tale differenza, durante il periodo di imposizione successivo, come voce detraibile dall’importo totale dell’imposta dallo stesso dovuta conformemente al n. 1 per il detto periodo di imposizione, oppure
b) chiedere il rimborso della differenza all’amministrazione fiscale dello Stato alle condizioni e con le modalità definite dall’art. 186 (...)».
18 L’art. 186 della suddetta legge sancisce quanto segue:
«1. Il rimborso dell’importo della differenza negativa determinata in base all’art. 131, n. 1 – corretto conformemente al n. 2 – può essere richiesto solo a partire dalla scadenza fissata dalla legge XCII del 2003 [sul regime di imposizione (az adózás rendjéről szóló 2003. évi XCII. törvény)], se
a) il soggetto registrato ai fini dell’IVA sul territorio nazionale ne ha fatto domanda all’amministrazione fiscale, nel momento in cui ha presentato la propria dichiarazione conformemente all’art. 184;
(...)
2. Qualora il soggetto registrato ai fini dell’IVA sul territorio nazionale, procedendo ai sensi del n. 1, lett. a), non paghi interamente, prima della scadenza menzionata al n. 1, l’importo, comprensivo anche di un’imposta, corrispondente all’operazione costitutiva della base giuridica per la traslazione dell’imposta, ovvero, qualora il suo debito non si estingua in altro modo prima di tale data, si sottrae il totale dell’imposta a monte detraibile, corrispondente a tale operazione, dall’importo, in termini di valore assoluto, della differenza negativa accertata ai sensi dell’art. 131, n. 1, fino a concorrenza di tale importo.
3. L’art. 131, n. 2, lett. a), si applica alla somma che riduce, in applicazione del n. 2, l’importo espresso in valore assoluto della differenza negativa accertata ai sensi dell’art. 131, n. 1, fino a concorrenza di tale importo (...)».
19 Dall’art. 37, n. 1, della legge XCII del 2003, sul regime di imposizione, formulato come segue, risulta che la predetta scadenza coincide con la scadenza del termine di pagamento dell’imposta:
«L’imposta deve essere pagata alla data indicata nell’allegato alla legge o nella legge stessa (scadenza) (…)».
20 A termini dell’allegato II, parte I, punto 2, lett. a), di tale legge:
«Il soggetto passivo [IVA] versa l’importo netto dovuto dell’[IVA]
– nel caso di dichiarazioni fiscali mensili, entro il ventesimo giorno del mese successivo al mese corrente;
– nel caso di dichiarazioni fiscali trimestrali, entro il ventesimo giorno del mese successivo al trimestre;
– nel caso di dichiarazioni fiscali annuali, entro il 25 febbraio dell’anno successivo all’anno fiscale,
e può chiedere il rimborso a partire da questa stessa data».
Il procedimento precontenzioso
21 Ritenendo che la normativa nazionale che obbliga i soggetti passivi a effettuare il riporto di un’eccedenza, ai sensi dell’art. 183 della direttiva 2006/112, al periodo d’imposta successivo, nel caso in cui tale eccedenza comprenda un importo di IVA a monte, riconducibile ad operazioni per le quali il soggetto passivo interessato non ha ancora pagato il corrispettivo, violasse tale direttiva, la Commissione ha deciso di avviare il procedimento di cui all’art. 226 CE ed ha inviato alla Repubblica di Ungheria, il 21 marzo 2007, una lettera di diffida.
22 Tale Stato membro ha risposto alla suddetta diffida mediante lettera datata 30 maggio 2007, nella quale ha contestato qualsiasi violazione del diritto dell’Unione.
23 A seguito di tale risposta, rimanendo dell’avviso che la Repubblica di Ungheria non rispettasse gli obblighi ad essa incombenti in forza della direttiva 2006/112, l’8 ottobre 2009 la Commissione ha emesso un parere motivato in cui invitava detto Stato membro ad adottare le misure necessarie per conformarvisi entro il termine di due mesi a decorrere dalla sua ricezione.
24 Avendo la Repubblica di Ungheria risposto a detto parere motivato con lettera datata 16 dicembre 2009, in cui adduceva la mancata violazione del diritto dell’Unione, la Commissione ha deciso di proporre il presente ricorso.
Sul ricorso
Argomenti delle parti
25 La Commissione sostiene che l’art. 186, n. 2, della legge sull’IVA è contrario al diritto dell’Unione, in quanto nega il rimborso dell’eccedenza di IVA a monte detraibile sull’IVA a valle, nei limiti in cui l’IVA a monte risulti da operazioni per le quali il corrispettivo dovuto, IVA compresa, non sia stato ancora pagato.
26 La Commissione adduce che, ai sensi degli artt. 62 e 63 della direttiva 2006/112, l’IVA a valle diventa esigibile nel momento in cui si realizza la cessione dei beni o la prestazione dei servizi, indipendentemente dal pagamento della contropartita dovuta per l’operazione di cui trattasi. Un fornitore di beni o un prestatore di servizi sarebbe quindi obbligato a versare l’IVA all’erario, anche qualora i clienti non lo abbiano ancora pagato, prima del termine del periodo d’imposta. Dal momento che, in una simile situazione, l’art. 186, n. 2, della legge sull’IVA vieta al cliente di chiedere il rimborso dell’IVA corrispondente all’operazione di cui trattasi, il sistema dell’IVA sarebbe privo di equilibrio.
27 Siffatta esclusione del rimborso dell’eccedenza di IVA detraibile porrebbe a carico degli operatori interessati un onere, dato che la posposizione del pagamento da parte dello Stato del credito del soggetto passivo che chiede un rimborso diminuirebbe temporaneamente il valore dei beni di cui tale soggetto passivo dispone e ciò ridurrebbe, segnatamente, l’ammontare delle sue liquidità.
28 La Commissione sottolinea inoltre che la normativa nazionale in esame non contiene alcuna limitazione temporale per quanto riguarda la traslazione dell’eccedenza di IVA. Si verificherebbe quindi la possibilità che il soggetto passivo sia tenuto a effettuare il riporto di tale eccedenza in più occasioni. Orbene, dal dettato dell’art. 183, primo comma, della direttiva 2006/112 risulterebbe che un’eccedenza deve essere rimborsata al più tardi nel corso del secondo periodo d’imposta successivo al suo sorgere.
29 La Commissione sostiene altresì che la suddetta disposizione prevede soltanto che gli Stati membri possano definire le norme procedurali che regolano il rimborso dell’eccedenza dell’IVA detraibile all’unico scopo di consentire la corretta collocazione di tali disposizioni nei diversi strumenti normativi che disciplinano il procedimento amministrativo. Viceversa, tale disposizione non permetterebbe di limitare il detto rimborso imponendo condizioni di merito. Orbene, la normativa nazionale controversa non stabilirebbe requisiti formali, bensì limiti sostanziali al rimborso dell’IVA.
30 La Repubblica di Ungheria è dell’avviso che la condizione stabilita dall’art. 186, n. 2, della legge sull’IVA per il conseguimento del rimborso di un’eccedenza dell’IVA detraibile, vale a dire il pagamento del corrispettivo dovuto per l’operazione da cui deriva l’IVA detraibile, non violi né il principio di neutralità fiscale né l’art. 183 della direttiva 2006/112, che chiaramente assegna agli Stati membri la competenza di definire le condizioni di detto rimborso.
31 Tale Stato membro fa valere che la posticipazione del rimborso dell’eccedenza dell’IVA detraibile risultante dall’art. 186, n. 2, della legge sull’IVA non costituisce alcun onere per il soggetto passivo contrario al principio di neutralità fiscale. Infatti, per «onere dell’IVA» dovrebbe intendersi unicamente un onere definitivo, vale a dire una situazione in cui il soggetto passivo debba versare l’IVA senza beneficiare di un diritto a detrazione. Per contro, l’IVA versata in via provvisoria costituirebbe soltanto un onere finanziario o di liquidità, che inciderebbe solo temporaneamente sulla situazione finanziaria dell’operatore interessato e non sarebbe contrario al principio di neutralità fiscale. La Repubblica di Ungheria sottolinea, in proposito, che il sistema comune dell’IVA contiene norme che impongono ai soggetti passivi di sopportare temporaneamente l’importo di tale imposta.
32 Inoltre, la condizione prescritta per il rimborso in parola non farebbe correre alcun rischio finanziario al soggetto passivo, atteso che quest’ultimo non ha ancora pagato il proprio debito. In realtà, l’onere graverebbe unicamente sul venditore e deriverebbe dalle norme del diritto dell’Unione, in particolare, dagli artt. 62 e 63 della direttiva 2006/112. Poiché tale onere è compatibile con il principio di neutralità fiscale, l’asserito onere per l’acquirente dei beni o il destinatario dei servizi derivante dalla normativa nazionale controversa non può essere considerato inammissibile.
33 La suddetta normativa nazionale sarebbe diretta a neutralizzare il vantaggio di cui beneficia l’acquirente dei beni o il destinatario dei servizi che potrebbe giovarsi del rimborso dell’imposta a carico di una transazione che non ha dato luogo ad un pagamento, o che eventualmente non costituirà mai oggetto di un pagamento, per migliorare la propria situazione di liquidità e, in particolare, per pagare i suoi fornitori. Viceversa, in base alla tesi della Commissione, lo Stato concederebbe un prestito gratuito ai soggetti passivi, a carico del proprio bilancio, segnatamente qualora il periodo d’imposta del fornitore sia più lungo di quello dell’acquirente.
34 D’altra parte, l’interpretazione del principio di neutralità fiscale data dalla Commissione limiterebbe in modo ingiustificato il potere discrezionale conferito agli Stati membri dall’art. 183 della direttiva 2006/112 ed avrebbe l’effetto di privare del suo significato la disposizione di cui trattasi.
35 La Repubblica di Ungheria afferma altresì che la sua normativa non mette in discussione la possibilità, per un soggetto passivo, di recuperare l’importo totale dell’IVA per un pagamento in denaro liquido ed entro un termine ragionevole, ove un simile termine sia stato stabilito per il pagamento relativo alla transazione. La Corte avrebbe ammesso che gli Stati membri dispongono di un certo margine per quanto riguarda la fissazione del termine di rimborso dell’eccedenza dell’IVA detraibile.
36 Per quanto riguarda la mancanza di un limite temporale per il riporto dell’eccedenza dell’IVA al periodo di imposta seguente, la Repubblica di Ungheria sostiene che né la lettera della direttiva 2006/112 né il preambolo di quest’ultima contengono indicazioni nel senso che l’eccedenza dell’IVA possa essere riportata al periodo d’imposta seguente un’unica volta. Inoltre, la realizzazione della condizione di pagamento posta dalla normativa controversa dipenderebbe dalla volontà del soggetto passivo interessato.
Giudizio della Corte
37 La Commissione addebita alla Repubblica di Ungheria, in sostanza, di aver ecceduto i limiti della libertà di cui dispongono gli Stati membri in forza dell’art. 183 della direttiva 2006/112, prevedendo che il rimborso sia escluso nel caso in cui il soggetto passivo non abbia ancora versato il corrispettivo dovuto, IVA compresa, per l’operazione che dà luogo all’IVA detraibile.
38 L’art. 183 in parola dispone che, qualora, per un periodo d’imposta, l’importo delle detrazioni superi quello dell’IVA dovuta, gli Stati membri possono far riportare l’eccedenza al periodo successivo, o procedere al rimborso secondo modalità da essi stabilite.
39 Dal tenore stesso di tale disposizione e, in particolare, dall’inciso «secondo modalità da essi stabilite» risulta che gli Stati membri dispongono di una libertà di manovra certa nello stabilire le modalità di rimborso dell’eccedenza di IVA (v. sentenze 25 ottobre 2001, causa C-78/00, Commissione/Italia, Racc. pag. I-8195, punto 32; 10 luglio 2008, causa C-25/07, Sosnowska, Racc. pag. I-5129, punto 17, nonché 12 maggio 2011, causa C-107/10, Enel Maritsa Iztok 3, non ancora pubblicata nella Raccolta, punti 33 e 64).
40 Tuttavia, tale circostanza non consente di concludere che l’art. 183 della direttiva 2006/112 debba essere interpretato nel senso che le modalità stabilite dagli Stati membri ai fini del rimborso dell’eccedenza di IVA siano dispensate da qualsivoglia controllo riguardo al diritto dell’Unione (v., in tal senso, sentenza 21 gennaio 2010, causa C-472/08, Alstom Power Hydro, Racc. pag. I-623, punto 15, e Enel Maritsa Iztok 3, cit., punto 28).
41 Difatti, occorre esaminare in qual misura l’art. 183 della direttiva 2006/112, interpretato alla luce del contesto e dei principi generali che disciplinano il settore dell’IVA, contenga norme specifiche al cui rispetto gli Stati membri sono tenuti nell’attuazione del diritto al rimborso dell’eccedenza di IVA (v. sentenza Enel Maritsa Iztok 3, cit., punto 30).
42 A tal riguardo va rilevato, in primo luogo, che da giurisprudenza costante risulta che il diritto dei soggetti passivi di detrarre dall’IVA di cui sono debitori l’IVA dovuta o versata a monte per i beni acquistati e per i servizi loro prestati costituisce un principio fondamentale del sistema comune dell’IVA istituito dalla normativa dell’Unione (v., in particolare, sentenze citate Commissione/Italia, punto 28; Sosnowska, punto 14, e Enel Maritsa Iztok 3, punto 31).
43 Come ripetutamente sottolineato dalla Corte, il diritto alla detrazione costituisce parte integrante del meccanismo dell’IVA e, in linea di principio, non può essere soggetto a limitazioni. In particolare, tale diritto deve essere esercitato immediatamente, per tutte le imposte che hanno gravato sulle operazioni effettuate a monte (v., segnatamente, sentenze 6 luglio 1995, causa C-62/93, BP Soupergaz, Racc. pag. I-1883, punto 18; 30 settembre 2010, causa C-392/09, Uszodaépítő, Racc. pag. I-8791, punto 34, ed Enel Maritsa Iztok 3, cit., punto 32).
44 In secondo luogo, occorre ricordare che la sussistenza stessa del diritto a detrazione ricade negli artt. 167-172 della direttiva 2006/112, che figurano nel capo della medesima intitolato «Origine e portata del diritto a detrazione», mentre gli artt. 178-183 di tale direttiva sono relativi alle sole modalità di esercizio di detto diritto (v., in tal senso, sentenze 8 novembre 2001, causa C-338/98, Commissione/Paesi Bassi, Racc. pag. I-8265, punto 71, e 29 aprile 2004, causa C-152/02, Terra Baubedarf-Handel, Racc. pag. I-5583, punto 30).
45 Quanto alla facoltà, ai sensi dell’art. 183 della direttiva 2006/112, di prevedere che l’eccedenza di IVA sia riportata al periodo d’imposta seguente o che sia rimborsata, la Corte ha precisato che le modalità fissate dagli Stati membri a questo proposito non possono ledere il principio di neutralità fiscale, facendo gravare sul soggetto passivo, in tutto o in parte, l’onere di tale imposta. Tali modalità devono segnatamente consentire al soggetto passivo di recuperare, in condizioni adeguate, la totalità del credito risultante da detta eccedenza di IVA, il che implica che il rimborso sia effettuato, entro un termine ragionevole, mediante pagamento in denaro liquido o con modalità equivalenti, e che, in ogni caso, il sistema di rimborso adottato non debba far correre alcun rischio finanziario al soggetto passivo (v. citate sentenze Commissione/Italia, punti 33 e 34; Sosnowska, punto 34, ed Enel Maritsa Iztok 3, punti 33 e 64).
46 Per quanto riguarda, in terzo luogo, il rilievo attribuito al pagamento delle operazioni da cui origina l’IVA nel sistema instaurato dalla direttiva 2006/112, occorre osservare che, in forza dell’art. 63 di quest’ultima, l’IVA diventa esigibile all’atto della cessione di beni o della prestazione di servizi, ossia al momento della realizzazione dell’operazione di cui trattasi, indipendentemente dal fatto che il corrispettivo dovuto per tale operazione sia stato già versato o che non lo sia stato. Pertanto, l’IVA è dovuta all’Erario pubblico dal fornitore di un bene o dal prestatore di servizi, quand’anche questi non abbia ancora ricevuto, da parte del suo cliente, il pagamento corrispondente all’operazione realizzata.
47 Allo stesso modo, l’art. 167 della direttiva 2006/112 dispone che il diritto a detrazione sorge quando l’imposta detraibile diventa esigibile, circostanza che si verifica, ai sensi di detto art. 63, a partire dal momento in cui l’operazione è stata realizzata, a prescindere dal fatto che abbia avuto luogo il pagamento del corrispettivo dovuto per tale operazione. Inoltre, l’art. 168, lett. a), della direttiva indica espressamente che il diritto di cui beneficia il soggetto passivo di detrarre l’imposta a monte riguarda non soltanto l’IVA assolta, ma anche l’IVA dovuta. Dal tenore letterale dell’art. 179 di detta direttiva risulta altresì che il diritto a detrazione si esercita, in linea di principio, sottraendo dall’importo dell’imposta dovuta per un periodo d’imposta l’ammontare dell’IVA per la quale il diritto a detrazione è sorto nello stesso periodo (v., in tal senso, sentenza 8 maggio 2008, cause riunite C-95/07 e C-96/07, Ecotrade, Racc. pag. I-3457, punto 41).
48 Ne deriva che, in base al sistema instaurato dalla direttiva 2006/112, in linea di principio, l’IVA diventa esigibile ed il diritto alla detrazione sorge e può essere esercitato indipendentemente dal fatto che il corrispettivo dovuto, IVA inclusa, per un’operazione sia stato già versato o meno.
49 Siffatta analisi è corroborata da altre disposizioni della medesima direttiva, in base alle quali il pagamento effettivo del corrispettivo può incidere sull’esigibilità o sulla detraibilità dell’IVA solo in circostanze particolari espressamente previste dalla direttiva di cui trattasi.
50 Infatti, l’art. 66, lett. b), della direttiva 2006/112 consente agli Stati membri di prevedere, in deroga all’art. 63 di tale direttiva, che l’imposta divenga esigibile per talune operazioni o per talune categorie di soggetti passivi non oltre il momento dell’incasso del prezzo. Orbene, la Repubblica di Ungheria non ha sostenuto di essersi avvalsa di tale facoltà.
51 Inoltre, l’art. 66, lett. b), della direttiva 2006/112 è stato integrato, nel corso del 2010, ossia dopo la presentazione del ricorso in esame, dall’inserimento in tale direttiva di un art. 167 bis, secondo cui gli Stati membri possono prevedere, nel quadro di un regime opzionale, che il diritto a detrazione di un soggetto passivo per il quale l’IVA diventa esigibile solamente a norma dell’art. 66, lett. b), sia posposto fino al pagamento dell’IVA, al suo fornitore/prestatore, relativa ai beni ceduti o servizi resi a detto soggetto passivo.
52 Da una lettura d’insieme delle disposizioni summenzionate risulta che, ai sensi della direttiva 2006/112, solo in determinati, specifici casi, esplicitamente contemplati da detta direttiva, il diritto a detrazione è subordinato alla condizione che il corrispettivo dovuto per l’operazione da cui risulta l’IVA detraibile sia già stato versato. Ad eccezione di questi casi particolari, detto diritto a detrazione sussiste indipendentemente da tale condizione. Orbene, il fatto di subordinare a detta condizione il rimborso di un’eccedenza di IVA detraibile, che costituisce in questo modo la fase che segue al sorgere di tale diritto, può avere gli stessi effetti sul diritto alla detrazione che avrebbe l’applicazione della medesima condizione al momento in cui lo stesso diritto sorge. Pertanto, esso è idoneo a rimettere in discussione l’effetto utile del diritto a detrazione.
53 Di conseguenza, il pagamento del corrispettivo dovuto per l’operazione da cui risulta l’IVA detraibile non può costituire una modalità, ai sensi dell’art. 183 della direttiva 2006/112, che gli Stati membri hanno la facoltà di stabilire per il rimborso dell’eccedenza di IVA detraibile.
54 Da tutte le considerazioni che precedono risulta che l’art. 183 della direttiva 2006/112 non consente agli Stati membri di subordinare l’esercizio del diritto al rimborso di un’eccedenza di IVA detraibile a una condizione relativa al pagamento dell’importo dovuto per l’operazione in causa. Pertanto, negando il rimborso di un’eccedenza di IVA, fintantoché il corrispettivo dovuto, IVA inclusa, per l’operazione da cui risulta l’IVA detraibile non sia stato ancora versato, la Repubblica di Ungheria ha ecceduto i limiti della libertà di cui dispongono gli Stati membri ai sensi del suddetto art. 183.
55 Inoltre, si deve rilevare che detta esclusione del rimborso di una simile eccedenza di IVA fa sì che taluni soggetti passivi, dalla cui dichiarazione fiscale emergano sistematicamente eccedenze, siano tenuti a riportare più volte tale eccedenza al periodo d’imposta seguente. In proposito, occorre rammentare che il riporto di un’eccedenza di IVA a vari periodi di imposta successivi a quello in cui l’eccedenza de qua è sorta non è necessariamente una circostanza incompatibile con l’art. 183, primo comma, della direttiva 2006/112 (v., in tal senso, sentenza Enel Maritsa Iztok 3, cit., punto 49). Tuttavia, dal momento che la normativa nazionale in esame prevede periodi di imposta che vanno da un mese ad un anno, essa può far sì che taluni soggetti passivi, a causa del reiterato riporto di un’eccedenza, non ottengano il rimborso di quest’ultima entro un termine ragionevole.
56 Si deve pertanto dichiarare che la Repubblica di Ungheria:
– obbligando i soggetti passivi dalla cui dichiarazione fiscale emerga un’eccedenza, ai sensi dell’art. 183 della direttiva 2006/112, nel corso di un determinato periodo d’imposta, a procedere al riporto di tale eccedenza, integralmente o parzialmente, al periodo d’imposta successivo, qualora non abbiano pagato la totalità di quanto acquistato al loro fornitore, e
– per il fatto che, in considerazione del suddetto obbligo, taluni soggetti passivi, dalla cui dichiarazione fiscale emergano sistematicamente eccedenze, siano tenuti a effettuare più volte il riporto al periodo d’imposta successivo,
è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza di tale direttiva.
Sulle spese
57 Ai sensi dell’art. 69, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la Commissione ne ha fatto domanda, la Repubblica di Ungheria, rimasta soccombente, dev’essere condannata alle spese.
Per questi motivi, la Corte (Terza Sezione) dichiara e statuisce:
1) La Repubblica di Ungheria:
– obbligando i soggetti passivi dalla cui dichiarazione fiscale emerga un’eccedenza, ai sensi dell’art. 183 della direttiva del Consiglio 28 novembre 2006, 2006/112/CE, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, nel corso di un determinato periodo d’imposta, a procedere al riporto di tale eccedenza, integralmente o parzialmente, al periodo d’imposta successivo, qualora non abbiano pagato la totalità di quanto acquistato al loro fornitore, e
– per il fatto che, in considerazione del suddetto obbligo, taluni soggetti passivi, dalla cui dichiarazione fiscale emergano sistematicamente eccedenze, siano tenuti a effettuare più volte il riporto al periodo d’imposta successivo,
è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza di tale direttiva.
2) La Repubblica di Ungheria è condannata alle spese.
Firme
* Lingua processuale: l’ungherese.