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CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

PEDRO CRUZ VILLALÓN

presentate l’8 settembre 2011 (1)

Causa C-347/10

A. Salemink

contro

Raad van bestuur van het Uitvoeringsinstituut werknemersverzekeringen

[domanda di pronuncia pregiudiziale
proposta dal Rechtbank Amsterdam (Paesi Bassi)]

«Previdenza sociale dei lavoratori migranti — Assicurazione obbligatoria — Diniego di prestazione assicurativa per inabilità al lavoro — Lavoratori occupati su piattaforme gassifere nella piattaforma continentale adiacente al mare territoriale di uno Stato membro»






Indice


I — Ambito normativo

A — Diritto internazionale

B — Diritto dell’Unione

C — Diritto nazionale

II — Fatti

III — Questione pregiudiziale

IV — Procedimento dinanzi alla Corte

V — Argomenti delle parti

VI — Analisi

A — Osservazioni preliminari

B — Il diritto internazionale come punto di partenza: la piattaforma continentale come ambito di esercizio di poteri sovrani degli Stati

C — Conseguenze sul diritto dell’Unione

D — Le competenze dei Paesi Bassi rispetto alla piattaforma continentale

E — L’eventuale pluralità di regimi previdenziali e il suo fondamento

F — Il diritto dei Paesi Bassi come legge nazionale applicabile nella piattaforma continentale adiacente alla sua costa. Conseguenze dell’applicazione del diritto dell’Unione

VII — Conclusione

1.        La giurisprudenza elaborata nelle cause Prodest (2) e Aldewereld (3) può consentire di risolvere la presente causa sulla base del criterio del collegamento specifico tra il rapporto di lavoro e l’ordinamento giuridico di uno Stato membro. Tuttavia, in alternativa, la questione sollevata dal Rechtbank Amsterdam può anche fornire alla Corte l’occasione per pronunciarsi sullo status della piattaforma continentale (4) in quanto ambito di esercizio della sovranità degli Stati membri e, pertanto, ambito di applicazione territoriale del diritto dell’Unione (art. 52, n. 1, TUE).

2.        Se, come sosterrò nelle presenti conclusioni, la piattaforma continentale deve essere considerata «territorio dell’Unione» ai fini dell’applicabilità del diritto comunitario nell’ambito delle competenze ad essa attribuite dagli Stati membri, la situazione giuridica dei lavoratori impiegati nello sfruttamento delle sue risorse non può essere diversa da quella di coloro che esercitano la loro attività lavorativa sul territorio nazionale stricto sensu. O, per essere più precisi, il regime previdenziale di tali lavoratori non può presentare altre differenze oltre a quelle che risultino compatibili con le libertà garantite dai Trattati, alla luce del regolamento n. 1408/71.

I —    Ambito normativo

A —    Diritto internazionale

3.        L’art. 77, n. 1, della CNUDM così recita:

«Lo Stato costiero esercita sulla piattaforma continentale diritti sovrani allo scopo di esplorarla e sfruttarne le risorse naturali».

4.        Analogamente, l’art. 2, n. 1, della Convenzione sulla piattaforma continentale (in prosieguo: la «CPC») (5) dispone quanto segue:

«Lo Stato costiero esercita sulla piattaforma continentale diritti sovrani allo scopo di esplorarla e sfruttarne le risorse naturali».

B —    Diritto dell’Unione

5.        In virtù dell’art. 13 del regolamento (CEE) n. 1408/71 (6):

«1.      Le persone per cui è applicabile il presente regolamento sono soggette alla legislazione di un solo Stato membro, fatti salvi gli articoli 14 quater e 14 septies. Tale legislazione è determinata in base alle disposizioni del presente titolo.

2.      Con riserva degli articoli da 14 a 17,

a)      la persona che esercita un’attività subordinata nel territorio di uno Stato membro è soggetta alla legislazione di tale Stato anche se risiede nel territorio di un altro Stato membro o se l’impresa o il datore di lavoro da cui dipende ha la propria sede o il proprio domicilio nel territorio di un altro Stato membro;

(…)».

C —    Diritto nazionale

6.        Ai sensi dell’art. 3, n. 1, della Ziektewet (legge sul regime di malattia; in prosieguo: la «ZW»), per «lavoratore subordinato» si intende la persona fisica di età inferiore a 65 anni assunta con un contratto di diritto privato o pubblico. L’art. 3, n. 2, della ZW stabilisce che chi svolge il suo impiego fuori dai Paesi Bassi non viene considerato come lavoratore subordinato, a meno che non risieda nei Paesi Bassi e anche il suo datore di lavoro risieda o abbia sede in tale paese.

L’art. 7, n. 1, della Wet werk en inkomen naar arbeidsvermogen (legge sul lavoro e il reddito in base alla capacità lavorativa; in prosieguo: la «WIA») prevede che il lavoratore subordinato è assicurato obbligatoriamente. L’art. 8, n. 1, della WIA definisce il lavoratore subordinato come il «lavoratore subordinato ai sensi della ZW».

7.        Ai sensi dell’art. 18, nn. 1 e 2, della WIA, può assicurarsi volontariamente una persona di età inferiore a 65 anni che non possa essere considerata un lavoratore subordinato ai sensi della ZW, la cui assicurazione obbligatoria sia cessata, che risieda fuori dai Paesi Bassi e abbia concluso un contratto di lavoro della durata massima di cinque anni con un datore di lavoro residente o avente sede nei Paesi Bassi.

8.        La Wet arbeid mijnbouw Noordzee (legge relativa alle attività minerarie nel mare del Nord; in prosieguo: la «WAMN») non prevede l’assicurazione obbligatoria per i lavoratori occupati nella zona olandese della piattaforma continentale. L’art. 2 di detta legge dispone che il diritto olandese in materia di contratti di lavoro è applicabile al contratto di lavoro dei lavoratori subordinati. Ai fini dell’applicazione delle norme di diritto internazionale privato, il lavoro svolto da un lavoratore vale come lavoro svolto nel territorio dei Paesi Bassi. La WAMN non prevede alcuna disposizione analoga per la previdenza sociale.

9.        Ai sensi dell’art. 7 della Convenzione sulla previdenza sociale tra i Paesi Bassi e la Spagna del 5 febbraio 1974, ai lavoratori dipendenti che lavorano nel territorio di una delle parti contraenti si applica la normativa della parte stessa, anche se risiedono nel territorio dell’altra parte contraente o se il loro datore di lavoro, o la sede dell’impresa per cui lavorano, si trova sul territorio dell’altra parte contraente.

II — Fatti

10.      Il sig. A. Salemink, cittadino olandese, lavorava dal 1996 come infermiere per un’impresa olandese su una piattaforma gassifera situata sulla piattaforma continentale adiacente al mare territoriale dei Paesi Bassi.

11.      Il 10 settembre 2004 il sig. Salemink, fino ad allora residente nei Paesi Bassi, trasferiva la propria residenza in Spagna.

12.      Mentre risiedeva nei Paesi Bassi, il sig. Salemink era assicurato obbligatoriamente in forza delle leggi olandesi per i lavoratori subordinati (art. 3 della ZW).

13.      Su sua domanda, e con decorrenza dal 4 ottobre 2004, il sig. Salemink veniva ammesso all’assicurazione volontaria ai sensi della Wet op de arbeidsongeschiktheidsverzekering (legge sulle assicurazioni per la pensione di inabilità al lavoro; in prosieguo: la «WAO»).

14.      Con decisione 15 luglio 2005 il Raad van bestuur van het Uitvoeringsinstituut werknemersverzekeringen (consiglio di amministrazione dell’istituto di gestione delle assicurazioni per i lavoratori; in prosieguo: l’«UWV»), a fronte del mancato pagamento del premio da parte del sig. Salemink, risolveva detta assicurazione con decorrenza dal 4 dicembre 2004. Tale decisione non veniva impugnata dal sig. Salemink.

15.      Il 15 maggio 2006 il sig. Salemink chiedeva nuovamente all’UWV di essere ammesso all’assicurazione volontaria; tale domanda veniva respinta in quanto tardiva con decisione 11 luglio 2006. L’11 marzo 2008 l’UWV dichiarava irricevibile, in quanto tardiva, l’opposizione presentata dal sig. Salemink contro tale diniego. Il sig. Salemink non impugnava tale dichiarazione di irricevibilità.

16.      Il 24 ottobre 2006 il sig. Salemink si dichiarava malato; per questo motivo, l’11 settembre 2007 chiedeva un sussidio in forza della WIA. Con decisione 11 ottobre 2007 l’UWV respingeva tale domanda, in quanto egli era escluso dall’assicurazione obbligatoria a partire dalla data di trasferimento della residenza in Spagna.

17.      Con decisione 12 marzo 2008 l’UWV dichiarava infondato il reclamo proposto dal sig. Salemink avverso la decisione 11 ottobre 2007. Il sig. Salemink proponeva quindi ricorso giurisdizionale contro tale decisione.

18.      Dinanzi al giudice del rinvio il sig. Salemink sostiene di avere diritto a percepire una prestazione assicurativa per inabilità al lavoro, richiamandosi al regolamento n. 1408/71. A suo parere, l’UWV deve considerare la parte olandese della piattaforma continentale come parte del territorio olandese, e invoca a tal riguardo la citata sentenza Aldewereld, nonché la linea seguita dalla Sociale Verzekeringsbank (banca delle assicurazioni sociali; in prosieguo: l’«SVB»), secondo cui dal 1° gennaio 2006 i dipendenti che lavorano sulla parte olandese della piattaforma continentale sono considerati assicurati in forza del regime generale di previdenza sociale (la cosiddetta «politica allargata»).

19.      Dal canto suo, l’UWV sostiene dinanzi al giudice del rinvio che il sig. Salemink non era assicurato in forza della WIA (24 ottobre 2008, due anni dopo la dichiarazione della malattia) il primo giorno di validità della stessa.

20.      A suo parere, inoltre, la sentenza Aldewereld non sarebbe applicabile nel caso di specie, in quanto non sussisterebbe un conflitto positivo tra Stati che si considerano competenti, bensì, al contrario, un conflitto negativo. Non sarebbe pertinente neppure la sentenza Weber (7), che verteva su una questione di giurisdizione e non, come nella specie, sulla determinazione della normativa applicabile.

III — Questione pregiudiziale

21.      In base a quanto precede, il giudice del rinvio ha deciso di sollevare la seguente questione:

«Se le norme del diritto dell’Unione europea che mirano ad instaurare la libera circolazione dei lavoratori, segnatamente le norme di cui ai titoli I e II del regolamento n. 1408/71, nonché gli artt. 39 e 299 del Trattato CE (attualmente divenuti, rispettivamente, artt. 45 TFUE e 52 TUE, in combinato disposto con l’art. 355 TFUE), ostino a che il lavoratore subordinato che presta la sua attività fuori dal territorio olandese, in un impianto situato sulla parte olandese della piattaforma continentale, per un datore di lavoro avente sede nei Paesi Bassi, non sia assicurato in conformità del sistema delle assicurazioni nazionali obbligatorie dei lavoratori dipendenti, unicamente perché non risiede nei Paesi Bassi, bensì in un altro Stato membro (in casu: la Spagna), anche se ha la cittadinanza olandese e anche se gli è stata offerta la possibilità di sottoscrivere un’assicurazione volontaria a condizioni sostanzialmente uguali a quelle vigenti per l’assicurazione obbligatoria».

22.      Il giudice del rinvio rileva che, con memorie dell’11 luglio e del 30 settembre 2009, la Commissione gli ha presentato una serie di osservazioni in occasione del procedimento promosso contro i Paesi Bassi per l’asserito inadempimento degli obblighi di cui agli artt. 13, n. 2, lett. a), e 3, n. 1, del regolamento n. 1408/71, nonché degli artt. 45-48 TFUE (8):

a)      riguardo all’ambito di applicazione del regolamento n. 1408/71, la Commissione affermava che, dinanzi al silenzio su questo punto del medesimo regolamento, il lavoro svolto sulla parte della piattaforma continentale adiacente ad uno Stato membro deve essere considerato quale lavoro svolto sul territorio di tale Stato membro, come risulta dai principi del diritto internazionale pubblico relativi alla normativa sulla piattaforma continentale. Per lo sfruttamento delle risorse naturali la piattaforma continentale fa dunque parte del territorio olandese e ad essa si applica il diritto della previdenza sociale olandese. Inoltre, l’ambito di applicazione geografico del Trattato CE può estendersi oltre il territorio di uno Stato membro, nella misura in cui uno Stato esercita i suoi diritti di sovranità, come dichiarato dalla Corte di giustizia nella sentenza 14 luglio 1976, Kramer.

b)      Per quanto attiene al regolamento n. 1408/71, la Commissione sosteneva, sul fondamento della sentenza della Corte 29 giugno 1994, Aldewereld, che esso era applicabile anche nel caso in cui la piattaforma continentale non facesse parte del territorio olandese.

c)      La Commissione rilevava infine che, ai sensi della giurisprudenza, le norme di non discriminazione del diritto comunitario possono essere applicate anche ad attività professionali svolte fuori dal territorio della Comunità, allorché il rapporto di lavoro conserva tuttavia un nesso abbastanza stretto con detto territorio (sentenze Prodest, citata, Lopes da Veiga (9) e Aldewereld, citata). Nel caso di specie sussisterebbe, conformemente alla sentenza Weber, uno stretto collegamento con l’ordinamento giuridico olandese. A parere della Commissione il regime particolare applicato sulle piattaforme di perforazione comporta di fatto una discriminazione indiretta, contraria all’art. 39, n. 2, del Trattato CE, e all’art. 3, n. 1, del regolamento n. 1408/71, poiché tale regime si applica nella quasi totalità dei casi soltanto a lavoratori migranti e non ai lavoratori olandesi che prestano la loro attività sulla stessa piattaforma e che risiedono nei Paesi Bassi. A questa categoria si applica la normativa previdenziale olandese generale, il che significa che essi hanno diritto a tutte le prestazioni di sicurezza sociali olandesi. Mentre tutti i lavoratori impiegati sulle piattaforme di perforazione devono essere assimilati ai lavoratori impiegati nel territorio olandese, l’introduzione di un requisito di residenza per accedere alla previdenza sociale allargata costituirebbe una forma di discriminazione dissimulata in base alla nazionalità.

23.      Il giudice del rinvio osserva che l’art. 3, lett. a), della ZW offre diritti all’assicurazione solo nella misura in cui questi si fondano sul diritto internazionale. Si chiede quindi in che misura il diritto internazionale (segnatamente il diritto dell’Unione europea) offra una base per siffatte pretese.

24.      Il giudice del rinvio afferma che si potrebbe interpretare la sentenza Weber nel senso che l’ambito di applicazione territoriale del regolamento n. 1408/71 non è limitato al territorio degli Stati membri dell’Unione europea, ma si estende anche alla piattaforma continentale. Il Rechtbank dubita tuttavia che questa interpretazione sia corretta.

25.      Per il resto, il giudice del rinvio ammette che la normativa esaminata potrebbe risultare incompatibile con il principio della libera circolazione dei lavoratori, in quanto il sig. Salemink ha perduto un vantaggio di cui godeva allorché era residente nei Paesi Bassi. Cionondimeno, esso si domanda se tale incompatibilità possa essere attenuata dal fatto che il sig. Salemink ha avuto la possibilità di assicurarsi volontariamente.

IV — Procedimento dinanzi alla Corte

26.      La domanda di pronuncia pregiudiziale è pervenuta presso la cancelleria della Corte l’8 luglio 2010.

27.      Hanno presentato osservazioni il sig. Salemink, l’UWV, la Commissione e i governi del Regno di Spagna, della Repubblica ellenica e del Regno dei Paesi Bassi.

28.      All’udienza, tenutasi il 14 giugno 2011, sono comparsi per formulare osservazioni orali i rappresentanti del sig. A. Salemink e quelli dell’UWV, nonché gli agenti, rispettivamente, dei governi del Regno dei Paesi Bassi, della Repubblica ellenica, del Regno di Spagna e della Commissione.

V —    Argomenti delle parti

29.      Il sig. Salemink insiste sull’applicabilità del diritto olandese, affermando che la sua situazione è equiparabile a quella dei marittimi che viaggiano su una nave olandese e sono obbligatoriamente iscritti alla previdenza sociale olandese.

30.      L’UWV, i governi spagnolo, ellenico e olandese, nonché la Commissione, hanno fatto riferimento alla questione del regime applicabile alla piattaforma continentale e, specificamente, alla questione se l’attività svolta su detta piattaforma debba considerarsi come esercitata sul territorio dei Paesi Bassi.

31.      A tal riguardo l’UWV e il governo olandese negano tale possibilità, invocando, da un lato, il carattere limitato dei diritti di sovranità esercitati dallo Stato sulla piattaforma continentale, e, dall’altro, il fatto che l’ambito di applicazione territoriale del regolamento n. 1408/71 sia circoscritto al territorio degli Stati membri. Essi concordano inoltre nel negare l’applicabilità al caso di specie della giurisprudenza elaborata nelle sentenze Weber e Aldewereld. In ogni caso, il governo olandese sostiene che, anche ammesso che il sig. Salemink abbia esercitato la sua attività lavorativa nel territorio dei Paesi Bassi, il regolamento n. 1408/71, siccome disciplina unicamente i conflitti tra leggi, non osta a che gli Stati membri adottino regimi previdenziali diversi per situazioni diverse, senza essere obbligati ad applicare sulla piattaforma continentale lo stesso regime applicato sul territorio olandese propriamente detto.

32.      Il governo olandese nega inoltre che la normativa nazionale comporti una discriminazione, diretta o indiretta, in base alla nazionalità o che essa ostacoli la libera circolazione dei lavoratori. In primo luogo, perché la nazionalità non costituisce una condizione di accesso all’assicurazione obbligatoria e coloro che non vi hanno accesso possono sempre assicurarsi volontariamente o, ad ogni modo, beneficiare delle disposizioni della WAMN. In secondo luogo, perché il diritto dell’Unione non prevede l’obbligo di riconoscere il diritto all’assicurazione obbligatoria a coloro che non risiedono e non lavorano nei Paesi Bassi, sicché, in ogni caso, qualora sussistesse una disparità di trattamento, essa sarebbe giustificata dalle caratteristiche del lavoro sulle piattaforme gassifere, che possono essere ubicate in zone della piattaforma continentale non adiacenti ai Paesi Bassi. Infine, il governo olandese esclude che si possa parlare di ostacolo alla libertà di circolazione (che, qualora esistente, avrebbe ciò nondimeno una sua giustificazione), in quanto il sig. Salemink sarebbe stato danneggiato dai suoi stessi atti, dato che avrebbe potuto assicurarsi volontariamente.

33.      La Commissione, nonché i governi spagnolo ed ellenico, sostengono invece che il diritto dell’Unione è perfettamente applicabile alla situazione di un lavoratore che, come il sig. Salemink, presti la sua attività sulla piattaforma continentale adiacente ad uno Stato membro.

34.      Nel caso in cui la piattaforma continentale non facesse parte del territorio olandese ai fini dell’applicazione del diritto dell’Unione, la Commissione ritiene che, alla luce della giurisprudenza elaborata nella causa Aldewereld, sussista un nesso sufficientemente stretto con l’ordinamento giuridico olandese.

35.      Il governo ellenico condivide la tesi secondo cui, entro i limiti dell’esercizio da parte dello Stato costiero dei suoi diritti sulla piattaforma continentale, quest’ultima deve essere equiparata, ai fini del diritto applicabile, al territorio di detto Stato.

36.      Il governo spagnolo afferma invece che, se i diritti esclusivi di sfruttamento sulla piattaforma continentale spettano allo Stato costiero, quest’ultimo è competente a risolvere tutte le questioni relative all’attività lavorativa che può essere svolta in tale spazio, comprese quelle concernenti la previdenziale sociale.

37.      La Commissione e i governi spagnolo ed ellenico ritengono concordemente che la normativa nazionale sia discriminatoria ed ostacoli la libera circolazione dei lavoratori. In particolare, la Commissione ricorda il ricorso per inadempimento proposto per tale motivo contro lo Stato olandese e sottolinea che la possibilità di sottoscrivere un’assicurazione volontaria non modifica la situazione. Tale posizione è condivisa dal governo ellenico, mentre il governo spagnolo sostiene, infine, che, nella peggiore delle ipotesi, sarebbe sufficiente un collegamento con il territorio dell’Unione per determinare l’applicabilità del regolamento n. 1408/71, bastando a tal fine, a suo parere, che il datore di lavoro del sig. Salemink risieda nei Paesi Bassi.

VI — Analisi

A —    Osservazioni preliminari

38.      A mio avviso la presente causa può dare luogo a due approcci molto diversi. Da un lato, si potrebbe adottare un’impostazione qualificabile come «continuista», con la quale, prescindendo dalla problematica relativa al nesso della piattaforma continentale con il «territorio» degli Stati membri e, pertanto, dell’Unione, si concentrerebbe l’attenzione esclusivamente sulla circostanza che l’attività lavorativa esercitata dal sig. Salemink presenta un rapporto qualificato con l’ordinamento dei Paesi Bassi.

39.      In quest’ottica, l’inequivocabile giurisprudenza elaborata nelle cause Prodest e Aldewereld costituirebbe già una base sufficiente per fornire una soluzione al giudice del rinvio, nel senso che, in presenza di un rapporto di lavoro con un’impresa avente sede in uno Stato membro, la circostanza che l’attività lavorativa venga concretamente esercitata al di fuori del territorio di detto Stato membro è ininfluente ai fini dell’applicazione del regolamento n. 1408/71. Infatti, secondo tale giurisprudenza, confermata nella causa Habelt (10), l’esistenza di un nesso sufficientemente stretto del rapporto di lavoro con l’ordinamento di uno Stato membro è sufficiente per considerare applicabili le disposizioni del diritto dell’Unione in materia di lavoro.

40.      Nel caso in esame si tratterebbe quindi di stabilire se, alla luce di tale giurisprudenza, il rapporto di lavoro tra il sig. Salemink e il suo datore di lavoro presenti, come sembra chiaramente verificarsi nella fattispecie, un collegamento con i Paesi Bassi di intensità tale che il requisito secondo cui il sig. Salemink, per poter accedere all’assicurazione obbligatoria, dovrebbe anche essere residente in detto Stato costituisce in realtà una limitazione alla sua libertà di circolazione in quanto lavoratore.

41.      In alternativa, seguendo la seconda impostazione ipotizzabile, si potrebbe anche adottare, come hanno dimostrato le posizioni sostenute dalle parti nel presente procedimento, un approccio più diretto al problema nella prospettiva della «condizione territoriale» della piattaforma continentale. Si tratterebbe di un approccio, per così dire, più innovativo, anche se, come si vedrà, solo in apparenza, dato che consisterebbe, in un certo senso, nel sistematizzare e generalizzare le soluzioni già adottate dalla Corte per questioni diverse relative alla definizione dell’ambito di applicazione delle disposizioni del diritto dell’Unione.

42.      Ritengo che la giurisprudenza sopra richiamata non richieda particolari osservazioni da parte mia. Tuttavia, la presente causa potrebbe indurre la Corte a considerare questa occasione come un’opportunità per proseguire l’esame di una questione così sensibile come quella della definizione dell’ambito «territoriale» di esercizio delle competenze. Le osservazioni che seguono vanno quindi considerate dirette a conseguire tale scopo.

B —    Il diritto internazionale come punto di partenza: la piattaforma continentale come ambito di esercizio di poteri sovrani degli Stati

43.      Il diritto dell’Unione si applica agli Stati membri (art. 52, n. 1, TUE), il cui territorio costituisce dunque il «campo di applicazione territoriale dei trattati» (11). Non esiste, pertanto, una definizione propria o autonoma del «territorio dell’Unione» (12), che risulta invece dalla somma dei territori degli Stati membri, la cui delimitazione come spazio fisico soggetto alla sovranità statale può avere luogo solo nell’ambito del diritto internazionale mediante trattati per la definizione dei confini (13).

44.      In quanto spazio fisico soggetto alla sovranità dello Stato, il concetto di territorio include sia lo spazio territoriale propriamente detto che lo spazio aereo e gli spazi marittimi. Si tratta in ogni caso di ambiti di esercizio della sovranità esclusiva di ciascuno Stato riconosciuti dal diritto internazionale, anche se non si esaurisce in essi la sfera entro la quale gli Stati membri possono esercitare i propri poteri sovrani, dato che il diritto internazionale ammette anche l’esistenza di competenze statali con base extraterritoriale (14).

45.      Così come l’ambito di esercizio della sovranità degli Stati non coincide esattamente e necessariamente con l’estensione del loro territorio, neppure le competenze statali derivanti dalla sovranità presentano sempre le caratteristiche dell’esclusività e della pienezza tipiche del potere sovrano. Al contrario, proprio in conseguenza della progressiva giuridificazione della comunità internazionale, l’esercizio della sovranità è soggetto a gradazioni di intensità, la quale diminuisce con l’affievolirsi del nesso tra l’ambito del suo esercizio e la base territoriale dello Stato.

46.      Per quanto riguarda, in particolare, il mare come ambito di esercizio della sovranità, il diritto internazionale non riconosce agli Stati la pienezza di potestas ammessa nello spazio territoriale propriamente detto, nemmeno in relazione al «mare territoriale» (15), sul quale «[l]a sovranità (…) si esercita alle condizioni della presente convenzione e delle altre norme del diritto internazionale», secondo il disposto dell’art. 2, n. 3, della CNUDM, e dove, singolarmente, deve essere rispettato il diritto di passaggio inoffensivo delle navi di tutti gli Stati (art. 17 della CNUDM), il che comporta, in linea di principio, una limitazione della giurisdizione dello Stato costiero, come riconosciuto dalla Corte nella sentenza 24 novembre 1992 (16).

47.      Se già la sovranità dello Stato sul mare territoriale è soggetta alla suddetta limitazione, il potere di imperium caratteristico dello Stato sovrano si relativizza progressivamente man mano che ci si allontana, tanto per intenderci, dalla «terra ferma», riducendosi, come si vedrà meglio più avanti, ad un fascio di «diritti di sovranità», a determinati fini, quando si tratta della piattaforma continentale, e diluendosi nel solo esercizio di determinate libertà una volta raggiunto l’alto mare (17), dove qualsiasi rivendicazione di potere sovrano è semplicemente illegittima (18).

48.      Per quanto concerne, in particolare, la zona economica esclusiva (19), lo Stato costiero è titolare, da un lato, di determinati diritti di sovranità, definiti dall’art. 56, n. 1, lett. a), della CNUDM, «ai fini dell’esplorazione, dello sfruttamento, della conservazione e della gestione delle risorse naturali, biologiche o non biologiche, che si trovano nelle acque soprastanti il fondo del mare, sul fondo del mare e nel relativo sottosuolo, sia ai fini di altre attività connesse con l’esplorazione e lo sfruttamento economico della zona, quali la produzione di energia derivata dall’acqua, dalle correnti e dai venti». Dall’altro, gli viene anche riconosciuta giurisdizione in materia di installazione e utilizzazione di isole artificiali, impianti e strutture, ricerca scientifica marina, nonché protezione e preservazione dell’ambiente marino. Sempre, tuttavia, «conformemente alle pertinenti disposizioni della presente convenzione» [art. 56, n. 1, lett. b), della CNUDM]. A ciò si aggiungono, infine, «altri diritti e doveri previsti dalla presente convenzione [art. 56, n. 1, lett. c), della CNUDM]».

49.      Infine, per quanto attiene alla piattaforma continentale, che è lo spazio pertinente nel caso di specie (20), lo Stato costiero esercita diritti di sovranità unicamente «allo scopo di esplorarla e sfruttarne le risorse naturali» (21) (art. 77, n. 1, della CNUDM). Diritti di sovranità che, secondo la CNUDM, sono «esclusivi» (22) e «non dipendono dall’occupazione effettiva o fittizia o da qualsiasi specifica proclamazione» (art. 77, nn. 2 e 3, della CNUDM) (23), e non pregiudicano il regime giuridico delle acque e dello spazio aereo sovrastanti (art. 78, n. 1, della CNUDM), né possono impedire la navigazione o produrre alcuna ingiustificata interferenza nei riguardi di essa e di altri diritti e libertà di altri Stati (art. 78, n. 2, della CNUDM), in particolare sulla posa di cavi e condotte sottomarini (art. 79 della CNUDM).

50.      Questi sono, pertanto, i diritti di sovranità riconosciuti agli Stati membri costieri dal diritto internazionale del mare attraverso la CNUDM, che è vincolante anche nei confronti dei Paesi Bassi e dell’Unione.

51.      Tali diritti, in quanto titolo per il legittimo esercizio del potere pubblico, si aggiungono a tutti i poteri di imperium che rendono uno Stato membro soggetto di diritto internazionale e, per quanto rileva nel caso di specie, un soggetto costitutivo dell’Unione europea.

52.      Alla sovranità come qualità per l’esercizio del potere pubblico in via esclusiva e con piena giurisdizione si aggiungono quindi, in forza del diritto internazionale e nell’ambito del suo ordinamento, «diritti di sovranità», vale a dire titoli per l’esercizio di potere pubblico, soggetto a condizioni e limiti, in ambiti esclusi per principio dalla sovranità degli Stati. Se la sovranità è espressione di un potere pubblico originario, riconosciuto e delimitato dal diritto internazionale, i diritti di sovranità traggono origine dalla volontà della comunità internazionale, nella quale trovano il loro fondamento, contenuto e limite.

53.      In entrambi i casi, tuttavia, si tratta della sovranità propriamente detta o di diritti sovrani, e la loro titolarità in capo allo Stato implica la competenza ad esercitare il potere pubblico, ossia, a disciplinare giuridicamente gli ambiti della realtà sui quali si estende efficacemente il potere incontestabile del sovrano.

C —    Conseguenze sul diritto dell’Unione

54.      Come enuncia l’art. 1 TUE, l’Unione europea è il risultato della volontà degli Stati che l’hanno costituita per conseguire i loro obiettivi comuni mediante l’attribuzione di determinate competenze. La circostanza che tali competenze spettino agli Stati membri in virtù della loro sovranità, oppure derivino dall’attribuzione da parte del diritto internazionale di un diritto sovrano, è indifferente ai fini della delimitazione delle competenze dell’Unione, che esercita esattamente quelle ad essa attribuite (art. 5 TUE), secondo quanto stabilito dai Trattati, con il contenuto e la portata con cui gli stessi Stati potevano esercitarle prima di assumere i loro impegni nei confronti dell’Unione.

55.      Il criterio determinante per la definizione dell’ambito di applicazione del diritto dell’Unione è costituito, pertanto, dalla portata delle competenze legittimamente esercitate dagli Stati membri nell’ambito del diritto internazionale. Il diritto dell’Unione è applicabile fin dove si estende l’esercizio del potere pubblico degli Stati membri in ambiti di competenza attribuiti all’Unione stessa, alle condizioni stabilite da tale ordinamento e a prescindere dal titolo originario attributivo della competenza statale trasferita all’Unione europea; vale a dire indipendentemente dal fatto che tale titolo sia la sovranità stessa dello Stato (riconosciuta e tutelata dal diritto internazionale) o l’attribuzione di un diritto sovrano da parte della comunità internazionale.

56.      Per risolvere la questione sollevata nel caso di specie occorrerà quindi attenersi allo specifico fascio di competenze effettivamente attribuito all’Unione nell’ambito sostanziale considerato, essendo indifferente a tal fine che dette competenze vengano esercitate sul territorio dei Paesi Bassi stricto sensu o in uno spazio geografico diverso e sotto forma di diritti sovrani. In altre parole, ai fini dell’Unione, il «territorio» degli Stati membri è l’ambito (non necessariamente territoriale, nel senso di spaziale o geografico) di esercizio delle sue competenze (24).

57.      In tal senso, coerentemente, la Corte ha avuto modo in passato di pronunciarsi sulla portata dell’ambito di applicazione del diritto dell’Unione, servendosi per l’appunto del criterio sopra descritto. Così, ha potuto dichiarare che la direttiva del Consiglio 21 maggio 1992, 92/43/CEE, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche (25), doveva essere considerata applicabile oltre le acque territoriali degli Stati membri, poiché questi ultimi, esercitando diritti sovrani su determinati spazi, sono anche responsabili della conservazione della loro biodiversità (26).

D —    Le competenze dei Paesi Bassi rispetto alla piattaforma continentale

58.      Nel caso di specie, se è pacifico che la piattaforma gassifera sulla quale ha lavorato il sig. Salemink si trova nella piattaforma continentale adiacente alla costa dei Paesi Bassi, è altrettanto pacifico che tale Stato membro esercita diritti sovrani su tale spazio «allo scopo di esplorarl[o] e sfruttarne le risorse naturali» (art. 77, n. 1, della CNUDM).

59.      Certamente, come ha sottolineato l’UWV al punto 13 delle sue osservazioni, il diritto internazionale attribuisce agli Stati costieri solo una giurisdizione o sovranità «funzionale» sulla piattaforma continentale, ma non considera quest’ultima come parte integrante del territorio di detti Stati. L’osservazione è tuttavia ininfluente, poiché ciò che rileva è la portata della competenza attribuita allo Stato costiero, da un lato, e i limiti entro i quali l’esercizio di tale competenza è stato trasferito all’Unione europea, dall’altro.

60.      Il potere di sfruttare le risorse della piattaforma continentale implica la facoltà esclusiva di intraprendere attività di sfruttamento delle ricchezze di tale spazio utilizzando manodopera che deve necessariamente essere soggetta alla normativa lavoristica dello Stato costiero.

61.      In tale specifica dimensione, vale a dire ai fini dell’esercizio della sua competenza in materia di rapporti di lavoro, lo Stato costiero dispone di un titolo di sovranità equivalente, in linea di principio, a quello che gli consente di disciplinare tali rapporti sul proprio territorio.

E —    L’eventuale pluralità di regimi previdenziali e il suo fondamento

62.      Il governo dei Paesi Bassi ha ammesso, al punto 22 delle sue osservazioni, di considerare applicabili nella piattaforma continentale, fin dal 1990, la legge sulla retribuzione e le gratifiche minime per le ferie (Wet minimumloon en minimumvakantiebijslag), nonché determinate leggi tributarie, mentre dal 2007 si applicano in tale spazio la legge sull’orario di lavoro (Arbeidstijdenwet) e la legge relativa alle condizioni di lavoro (Arbeidsomstandighedenwet). Detto governo, al punto 23 delle sue osservazioni, sostiene tuttavia che la CNUDM non obbliga gli Stati ad applicare il medesimo regime previdenziale alle attività lavorative esercitate sulla piattaforma continentale e a quelle svolte sul territorio nazionale stricto sensu.

63.      La vera questione è, dunque, se gli Stati membri siano liberi di stabilire la portata dei loro diritti sovrani sulla piattaforma continentale, nel senso che possano legittimamente esercitare in tale ambito il loro potere pubblico in maniera selettiva. In altre parole, se essi possano applicare in una stessa materia regimi normativi diversi a seconda che il potere pubblico esercitato derivi dalla sovranità originaria dello Stato o da un diritto sovrano conferito dal diritto internazionale.

64.      Si può concordare con il governo dei Paesi Bassi sul fatto che la CNUDM non richiede che gli Stati applichino ai lavoratori della piattaforma continentale un determinato regime previdenziale. In realtà, la Convenzione non impone nessun obbligo agli Stati per quanto riguarda il contenuto del diritto sostanziale che deve risultare dall’esercizio del diritto di sovranità da essa conferito, ma semplicemente costituisce un titolo di legittimazione a tale esercizio. Le condizioni relative al contenuto di detto diritto vanno individuate, pertanto, nell’ordinamento dello Stato costiero, nonché nel diritto dell’Unione, laddove a quest’ultima sia stata attribuita la corrispondente competenza normativa.

65.      Si deve quindi concludere che la distinzione in base all’origine del titolo di legittimazione all’esercizio del potere pubblico da parte di uno Stato membro nell’ambito dei rapporti di lavoro non giustifica, di per sé, una differenza di contenuto nella disciplina giuridica di tali rapporti. Pertanto, ai fini della disciplina normativa del regime dei rapporti di lavoro, in tutta la sua estensione, gli spazi geografici sui quali gli Stati membri esercitano legittimamente poteri sovrani fanno parte, per l’Unione, del «territorio» degli stessi.

66.      Questione diversa è se, tenuto conto delle caratteristiche dell’attività lavorativa esercitata sulla piattaforma continentale, la normativa lavoristica applicabile dallo Stato membro costiero possa ammettere modulazioni o variazioni rispetto al regime comune vigente per le attività lavorative esercitate sul suo territorio propriamente detto; nello specifico, e per quanto qui rileva, nell’ambito della protezione sociale dei lavoratori. Ciò, tuttavia, partendo dal presupposto che tali modulazioni non possono derivare da una diversa delimitazione della competenza statale esercitata o, se si preferisce, da una differenza di qualità nella natura della potestà normativa ai fini della disciplina dei rapporti di lavoro. Tale potestà è, sempre e soltanto, quella spettante in via esclusiva al potere pubblico dello Stato.

67.      In altre parole, la differenza potrà eventualmente essere dovuta all’attività lavorativa in sé, ma non dipendere dall’ambito della sovranità in cui lo Stato membro in questione esercita le proprie competenze.

F —    Il diritto dei Paesi Bassi come legge nazionale applicabile nella piattaforma continentale adiacente alla sua costa. Conseguenze dell’applicazione del diritto dell’Unione

68.      Il governo dei Paesi Bassi sostiene giustamente che il regolamento n. 1408/71 disciplina solo i conflitti tra leggi in ambito di sicurezza sociale, senza precisare la portata che occorre attribuire alla tutela dei lavoratori, materia questa che compete agli Stati membri.

69.      Infatti, secondo una costante giurisprudenza della Corte, le disposizioni dell’art. 13, n. 2, del regolamento n. 1408/71 «mirano unicamente a determinare la normativa nazionale da applicare alle persone che si trovano in una delle situazioni contemplate nei suoi punti da a) a f). Esse non intendono stabilire i casi in cui sorge il diritto o l’obbligo di iscriversi ad un regime previdenziale oppure ad un ramo particolare dello stesso. Spetta alla normativa di ciascuno Stato membro stabilire detti casi, ivi compresi quelli relativi alla cessazione dell’assicurazione (…)» (sentenza 7 luglio 2005, van Pommeren-Bourgondiën) (27).

70.      Nel caso di specie, e per quanto esposto in precedenza, dall’art. 13, n. 2, lett. a), del regolamento n. 1408/71 risulterebbe applicabile la normativa dei Paesi Bassi, dato che il sig. Salemink ha esercitato «un’attività subordinata nel territorio» di tale Stato membro, pur risiedendo nel territorio di un altro Stato membro. Il «territorio in cui è stata esercitata l’attività subordinata» è la piattaforma continentale adiacente ai Paesi Bassi, che, ai presenti fini, essendo un ambito spaziale di esercizio del potere pubblico olandese nel contesto del diritto internazionale, è, in tal senso, territorio di detto Stato membro e, conseguentemente, territorio dell’Unione. Vale a dire ambito di applicazione del diritto comunitario nell’esercizio delle competenze che gli sono state attribuite dai Trattati.

71.      Se è vero che, come sostiene il governo olandese, spetta agli Stati membri stabilire la portata della tutela assicurata ai lavoratori, è altrettanto vero che il margine di manovra di cui dispongono gli Stati membri ai fini della definizione del regime di previdenza sociale dei lavoratori non è sconfinato, e incontra un primo, fondamentale limite nella libera circolazione dei lavoratori garantita dall’art. 45 TFUE, alla luce del quale devono essere interpretate le disposizioni del regolamento n. 1408/71 (sentenza 30 marzo 1993, Bestuur van de Sociale Verzekeringsbank) (28). In altre parole, sono legittime e conformi al diritto dell’Unione solo le differenze tra i regimi di assicurazione dei lavoratori che non pregiudicano la loro libertà di circolazione.

72.      Per giustificare la disparità di trattamento tra i lavoratori che non risiedono nei Paesi Bassi e quelli che risiedono in tale Stato membro, il governo dei Paesi Bassi e l’UWV hanno invocato le caratteristiche peculiari dei rapporti di lavoro sulla piattaforma continentale. In particolare, la loro natura dinamica, la diversità delle figure contrattuali utilizzate, nonché il fatto stesso della varia ubicazione delle piattaforme, che non sempre sono situate in aree adiacenti al medesimo mare territoriale.

73.      Non si può quindi escludere che le caratteristiche peculiari del lavoro sulla piattaforma continentale possano giustificare un regime di sicurezza sociale specifico, diverso da quello vigente per i rapporti di lavoro sul territorio olandese propriamente detto. Tuttavia, non si deve dimenticare che, nella specie, l’elemento rilevante per il legislatore olandese non è stato tanto il tipo di lavoro considerato, quanto il mero dato della residenza del lavoratore.

74.      Nel caso di specie, infatti, la disparità di trattamento stabilita dal legislatore olandese si fonda, in definitiva, esclusivamente sulla residenza. Tra tutti i lavoratori che esercitano la loro attività sulla piattaforma continentale, la distinzione tra coloro che sono assoggettati al regime comune e, pertanto, beneficiano dell’assicurazione obbligatoria, e coloro che, in alternativa, possono sottoscrivere un’assicurazione volontaria, o, eventualmente, beneficiare di determinate prestazioni complementari, dipende dalla circostanza che essi risiedano nei Paesi Bassi oppure in un altro Stato, anche se in entrambi i casi sono alle dipendenze di datori di lavoro residenti in detto Stato membro.

75.      Giunti a questo punto, si deve osservare che la differenza in questione non è irrilevante dal punto di vista dei lavoratori interessati, se non altro perché nella gestione dell’assicurazione obbligatoria è sempre implicato il datore di lavoro, mentre nel caso dell’assicurazione volontaria è il lavoratore a doversi preoccupare della sua stipula e del suo mantenimento, assumendosi così una responsabilità individuale che talora, come dimostra il caso di specie, può determinare situazioni particolarmente pregiudizievoli per i suoi interessi e che non gli sono necessariamente imputabili, il che, partendo dalla considerazione della sua posizione più debole nell’ambito dei rapporti di lavoro, non può essere indifferente per i poteri pubblici. Né lo è dal punto di vista del diritto dell’Unione, se tale condizione meno favorevole deriva in definitiva da una disparità di trattamento nei confronti di coloro che non risiedono nel territorio propriamente detto di uno Stato membro.

76.      Riassumendo, il legislatore olandese, ancorché in un ambito chiaramente particolare, ha optato per un criterio di differenziazione molto sospetto sotto il profilo della libera circolazione dei lavoratori (29). Lo ha fatto, inoltre, in un contesto normativo nel quale la prestazione lavorativa fornita nell’ambito delle attività minerarie nel Mare del Nord si considera svolta nel territorio dei Paesi Bassi ai sensi della stessa legge nazionale, essendo applicabile la normativa olandese in materia di contratti di lavoro (art. 2 della WAMN). Si tratta, insomma, di un contesto in cui il nesso tra il rapporto di lavoro e il diritto olandese è particolarmente qualificato e non si giustifica pertanto un requisito aggiuntivo che, al pari della residenza del lavoratore, costituisce un ostacolo alla libera circolazione dei lavoratori nel territorio dell’Unione.

77.      A mio parere, il nesso del rapporto di lavoro in esame è non solo qualificato — nel senso inteso dalla Corte nei casi di lavori svolti all’estero per datori di lavoro residenti nello Stato membro — (30), ma qualificatissimo, data l’equiparazione funzionale, nella specie, tra la piattaforma continentale e il territorio dello Stato. Se per territorio si intende l’ambito spaziale in cui il potere sovrano dello Stato si manifesta attraverso l’esercizio delle competenze di cui esso è legittimo titolare conformemente al diritto internazionale, la piattaforma continentale adiacente alla sua costa è territorio dello Stato membro nel senso sopra indicato, ossia, uno spazio sul quale detto Stato esercita la competenza esclusiva per quanto riguarda, in questo caso, i rapporti di lavoro concordati ai fini del suo sfruttamento economico. E, in quanto «territorio» dello Stato in questo senso preciso, è anche «territorio» dell’Unione ai fini dell’applicabilità del diritto dell’Unione.

78.      Partendo da tale corrispondenza, ritengo che non resti che applicare la costante giurisprudenza relativa al regolamento n. 1408/71. Pertanto, conformemente alla sentenza 3 maggio 1990, Kits van Heijningen (31), si deve ricordare che, all’atto di determinare i casi in cui sorge il diritto di iscriversi ad un regime previdenziale, gli Stati membri non possono escludere «dall’applicazione della [loro] normativa (…) i soggetti cui detta normativa può essere applicata in forza del regolamento n. 1408/71».

79.      In tale occasione è stato dichiarato che «l’art. 13, n. 2, lett. a), del regolamento stabilisc[e] esplicitamente che la persona che esercita un’attività subordinata nel territorio di uno Stato membro è soggetta alla legislazione di detto Stato “anche se risiede nel territorio di un altro Stato membro”. Ogni effetto utile di questa norma verrebbe meno qualora il requisito della residenza imposto dalla normativa dello Stato membro nel territorio del quale è svolta l’attività subordinata, onde poter fruire del regime assicurativo da essa previsto, potesse essere opposto ai soggetti di cui all’art. 13, n. 2, lett. a). Per quanto riguarda questi soggetti, l’art. 13, n. 2, lett. a), fa sì che il requisito della residenza venga sostituito da una condizione che si riferisce allo svolgimento dell’attività subordinata nel territorio dello Stato membro di cui trattasi».

VII — Conclusione

80.      Alla luce delle suesposte considerazioni propongo alla Corte di risolvere come segue la questione pregiudiziale sottopostale dal Rechtbank Amsterdam:

«Le norme del diritto comunitario che mirano ad instaurare la libera circolazione dei lavoratori, segnatamente le norme di cui ai titoli I e II del regolamento n. 1408/71, nonché gli artt. 39 e 299 del Trattato CE (attualmente divenuti, rispettivamente, artt. 45 TFUE e 52 TUE in combinato disposto con l’art. 355 TFUE), ostano a che il lavoratore subordinato che presta la sua attività fuori dal territorio olandese, in un impianto situato sulla parte olandese della piattaforma continentale, per un datore di lavoro avente sede nei Paesi Bassi, non sia assicurato in forza del sistema delle assicurazioni nazionali obbligatorie dei lavoratori dipendenti, unicamente perché non risiede nei Paesi Bassi, bensì in un altro Stato membro, e anche se gli è stata offerta la possibilità di un’assicurazione volontaria».


1 —      Lingua originale: lo spagnolo.


2 —      Sentenza 12 luglio 1984, causa 237/83 (Racc. pag. 3153).


3 —      Sentenza 29 giugno 1994, causa C-60/93 (Racc. pag. I-2991).


4 —      Spazio che, ai sensi dell’art. 76, n. 1, della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare (in prosieguo: la «CNUDM»), firmata a Montego Bay (Giamaica) il 10 dicembre 1982, entrata in vigore il 16 novembre 1994, ratificata dai Paesi Bassi il 28 giugno 1996 e approvata a nome della Comunità europea con decisione del Consiglio 23 marzo 1998, 98/392/CE (GU L 179, pag. 1), «comprende il fondo e il sottosuolo delle aree sottomarine che si estendono al di là [del] mare territoriale attraverso il prolungamento naturale [del] territorio terrestre [dello Stato costiero] fino all’orlo esterno del margine continentale, o fino a una distanza di 200 miglia marine dalle linee di base dalle quali si misura la larghezza del mare territoriale, nel caso che l’orlo esterno del margine continentale si trovi a una distanza inferiore».


5 —      Conclusa a Ginevra il 29 aprile 1958 ed entrata in vigore il 10 giugno 1994 (Nazioni Unite, Raccolta dei Trattati, vol. 499, pag. 311).


6 —      Regolamento (CEE) del Consiglio 14 giugno 1971, n. 1408, relativo all’applicazione dei regimi di sicurezza sociale ai lavoratori subordinati, ai lavoratori autonomi e ai loro familiari che si spostano all’interno della Comunità, nella versione modificata e aggiornata dal regolamento (CE) del Consiglio 2 dicembre 1996, n. 118/97 (GU 1997, L 28, pag. 1), come modificato dal regolamento (CE) del Consiglio 29 giugno 1998, n. 1606 (GU L 209, pag. 1).


7 —      Sentenza 27 febbraio 2002, causa C-37/00 (Racc. pag. I-2013).


8 —      Causa C-141/10, Commissione/Paesi Bassi, procedimento pendente (GU 2010, C 161, pag. 119).


9 —      Sentenza 27 settembre 1989, causa 9/88 (Racc. pag. 2989).


10 —      Sentenza 18 dicembre 2007, cause riunite C-396/05, C-419/05 e C-450/05 (Racc. pag. I-11895, punto 122).


11 —      Campo di applicazione che, conformemente all’art. 52, n. 2, TUE «è precisato all’articolo 355 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea». Tale precisazione è irrilevante nel caso in esame.


12 —      Lenaerts, K., e van Nuffel, P., European Union Law, Sweet & Maxwell, 3ª ed., Londra, 2011 (12-006).


13 —      Ai sensi del diritto internazionale, il confine stabilito mediante trattato «acquista un carattere permanente di cui non è necessariamente dotato il trattato medesimo. Un trattato può cessare di essere in vigore senza che ciò incida sulla perpetuazione del confine» (sentenza della Corte internazionale di giustizia 3 febbraio 1994, Giamahiria araba libica/Ciad (C.J.I. Recueil 1994, pag. 37). Tale permanenza dei confini oltre i trattati che li definiscono evidenzia la straordinaria importanza dei limiti territoriali in quanto fattore di stabilità della comunità internazionale.


14 —      In generale, v. González Campos, J.D., Sánchez Rodríguez, L.I., e de Andrés Sáenz de Santa María, P., Curso de Derecho Internacional Público, 4ª ed. riveduta, Thomson-Civitas, Cizur Menor, 2008.


15 —      La fascia di mare adiacente alla costa, la cui ampiezza non può superare le 12 miglia marine, misurate a partire dalle linee di base determinate conformemente alla CNUDM (artt. 2 e 3 della CNUDM).


16 —      Causa C-286/90, Poulsen (Racc. pag. I-6019, punto 25).


17 —      Libertà elencate all’art. 87 della CNUDM e riconosciute «a tutti gli Stati, sia costieri sia privi di litorale»: «a) libertà di navigazione; b) libertà di sorvolo; c) libertà di posa di cavi sottomarini e condotte (…); d) libertà di costruire isole artificiali e altre installazioni consentite dal diritto internazionale (…); e) libertà di pesca (…); f) libertà di ricerca scientifica (…)».


18 —      Ai sensi dell’art 89 della CNUDM, «[n]essuno Stato può legittimamente pretendere di assoggettare alla propria sovranità alcuna parte dell’alto mare». Quanto ai «fondi dei mari e degli oceani ed il loro sottosuolo, oltre i limiti della giurisdizione nazionale», che costituiscono l’«Area» definita e disciplinata dalla CNUDM, essi sono stati dichiarati, unitamente alle loro risorse, patrimonio comune dell’umanità (art. 136 della CNUDM), escluso da qualsiasi rivendicazione o esercizio di sovranità o di diritti sovrani da parte degli Stati (art. 137, n. 1, della CNUDM).


19 —      Che «non si estende al di là di 200 miglia marine dalle linee di base da cui viene misurata la larghezza del mare territoriale» (art. 57 della CNUDM).


20 —      E che, ai sensi dell’art. 76, n. 1, della CNUDM «comprende il fondo e il sottosuolo delle aree sottomarine che si estendono al di là [del] mare territoriale attraverso il prolungamento naturale [del] territorio terrestre [dello Stato costiero] fino all’orlo esterno del margine continentale, o fino a una distanza di 200 miglia marine dalle linee di base dalle quali si misura la larghezza del mare territoriale, nel caso che l’orlo esterno del margine continentale si trovi a una distanza inferiore».


21 —      Intendendo come tali le «risorse minerali e altre risorse non viventi del fondo marino e del sottosuolo (…)» (art. 77, n. 4, della CNUDM).


22 —      «(…) nel senso che, se lo Stato costiero non esplora la piattaforma continentale o non ne sfrutta le risorse, nessun altro può intraprendere tali attività senza il suo espresso consenso» (art. 77, n. 2, della CNUDM).


23 —      Come dichiarato dalla Corte internazionale di giustizia, si tratta di diritti che esistono ipso facto e ab initio in virtù della sovranità dello Stato e come estensione di questa per esplorare il fondo marino e sfruttarne le risorse (sentenza 20 febbraio 1969, Piattaforma continentale del Mare del Nord., Recueil 1969, pag. 3, punto 19).


24 —      Il fatto che la storia del potere statale dell’epoca moderna sia essenzialmente la storia della progressiva imposizione del potere territoriale induce istintivamente ad identificare l’ambito di esercizio del potere dello Stato con il territorio sul quale esso esercita legittimamente la propria sovranità (in generale, Hespanha, A.M., «El espacio político», in La gracia del Derecho. Economía de la cultura en la Edad Media, Centro de Estudios Políticos y Constitucionales, Madrid, 1993, pagg. 85 e segg.). Certamente, detto ambito è fondamentalmente territoriale, ma non si riduce al territorio. Nel diritto internazionale, il potere dello Stato può legittimamente estendersi oltre il territorio di questo, nello stesso modo in cui, in senso inverso, il progressivo manifestarsi di un certo diritto di ingerenza della comunità internazionale nelle questioni statali interne per motivi umanitari induce anche a mettere in discussione la tradizionale esclusività riconosciuta agli Stati nell’esercizio delle loro competenze sul proprio territorio (Liakopoulos, D., L’ingerenza umanitaria nel diritto internazionale e comunitario, Cedam, Padova, 2007). Entrambi i fenomeni sono espressione di una frattura nella corrispondenza, fino a poco tempo fa perfetta, fra il territorio come spazio fisico, da un lato, e l’ambito di esercizio della sovranità, dall’altro. In realtà, tuttavia, detta corrispondenza è stata la conseguenza dell’evoluzione storica dello Stato moderno e, pertanto, si tratta di un fenomeno più contingente che necessario.


      Per il resto, e necessariamente, la sovranità, intesa come qualità di un ordinamento, richiede certamente un ambito di esercizio per il potere giuridico che ne è titolare. Potere giuridico che, in quanto tale, si traduce nella creazione di norme giuridiche la cui efficacia dipende necessariamente dalla capacità di imporle del soggetto che amministra detto potere. Il fatto che tale capacità risulti effettiva soprattutto entro i limiti di un territorio fisico non significa che non si possa aspirare (e riuscire) ad attribuirle un’efficacia «extraterritoriale». Di fatto, come espressione di un sollen, l’ordinamento non trova nel sein né il fondamento della propria esistenza né il limite delle proprie pretese, queste ultime per definizione sempre ideali, ma solo l’oggetto dei comportamenti che mira a disciplinare. Pertanto, il fatto che tale disciplina sia efficace solo nei limiti di un territorio non significa che essa sia giuridicamente valida solo entro tali limiti. Altra cosa sarebbe dimenticare che «la territorialità non è una parte speciale del contenuto del potere statale, ma solo una condizione e una qualità di tale potere» (Carré de Malberg, R., Contribution à la théorie générale de l´État, I, Sirey, Parigi, 1920, pag. 4).


      La prova che quanto precede non è un mero gioco di astrazioni è data dalle difficoltà incontrate dagli Stati nel tentativo di rendere efficace, ad esempio, la normativa nazionale in materia di gioco d’azzardo dinanzi all’avvento di Internet. Problema cui ha fatto riferimento l’avvocato generale Mengozzi nelle sue conclusioni del 4 marzo 2010 relative alle cause riunite C-316/07, C-358/07, C-359/07, C-360/07, C-409/07 e C-410/07, Markus Stoß (Racc. pag. I-8069), il quale ha affermato, al paragrafo 79 di dette conclusioni, che «le difficoltà che uno Stato membro può incontrare nell’espletare il suo compito consistente nel far rispettare una normativa nazionale non sono pertinenti per valutare la compatibilità della normativa stessa con il diritto dell’Unione. La limitazione stabilita dalla legislazione nazionale sarà di per sé compatibile o incompatibile con il Trattato e sotto questo aspetto è irrilevante la facilità con cui possono svilupparsi comportamenti contrari a tali norme nazionali (…)».


25 —      GU L 206, pag. 7.


26 —      Sentenza 20 ottobre 2005, causa C-6/04, Commissione/Regno Unito (Racc. pag. I-9017, punto 117). Già anteriormente, nella stessa linea, la sentenza 14 luglio 1976, cause riunite 3/76, 4/76 e 6/76, Kramer e a. (Racc. pag. 1279, punti 30-33), aveva dichiarato che una determinata competenza ratione materiae della Comunità si estendeva, «ove un’analoga competenza spetti agli Stati in forza del diritto internazionale pubblico» (punto 31), alla pesca in mare libero. In generale, sul diritto dell’Unione e gli spazi marittimi, si può consultare Michael, M., L’applicabilité du Traité instituant la C.E.E. et du Droit dérivé au plateau continental des États membres, Librairie Général de Droit et de Jurisprudence, Parigi, 1984, nonché Blanquet, M., e de Grove-Valdeyron, N., «Zones côtières et Droit Communautaire», Revue Juridique de l´Environnement, numero speciale 2001, pagg. 53-84. In particolare, Jarass, H.D., Naturschutz in der Ausschließlichen Wirtschaftszone, Nomos, Baden-Baden, 2002, e Czybulka, D., «Die Anwendung der Umwelthaftungsrichtlinie in der Ausschließlichen Wirtschaftszone und auf dem Festlandsockel», Natur und Recht (2008) 30, pagg. 304-311.


27 —      Causa C-227/03 (Racc. pag. I-6101, punto 33).


28 —      Causa C-282/91 (Racc. pag. I-1221, punto 16).


29 —      Condizione sospetta alla quale ho fatto riferimento, in un altro contesto, nelle conclusioni relative alla causa C-503/09, Stewart (sentenza 21 luglio 2011, Racc. pag. I-6497), paragrafo 36, e che è rilevante anche nel caso in esame, sebbene il sig. Salemink abbia la cittadinanza olandese. È certo che la normativa nazionale richiamata dal Rechtbank Amsterdam riguarda in larga misura cittadini stranieri. Al punto che, come ha evidenziato la Commissione, è attualmente pendente un ricorso contro il Regno dei Paesi Bassi ai sensi dell’art. 258 TFUE (causa C-141/10), diretto a far dichiarare che detto Stato membro è inadempiente ai suoi obblighi verso l’Unione in quanto nega determinate prestazioni previdenziali ai cittadini di altri Stati membri che, al pari del sig. Salemink, lavorano su piattaforme petrolifere ubicate sulla piattaforma continentale olandese e non risiedono nei Paesi Bassi.


30 —      V., per tutte, sentenza Habelt, cit. (punto 122).


31 —      Causa C-2/89 (Racc. pag. I-1755, punti 20 e 21).