Available languages

Taxonomy tags

Info

References in this case

Share

Highlight in text

Go

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

Ján MAZÁK

presentate il 3 maggio 2012 (1)

Causa C-115/11

Format Urządzenia i Montaże Przemysłowe Spółka z o. o.

contro

Zakład Ubezpieczeń Społecznych I Oddział w Warszawie

[Domanda di pronuncia pregiudiziale, proposta dal Sąd Apelacyjny – Sąd Pracy i Ubezpieczeń Społecznych w Warszawie (Polonia)]

«Previdenza sociale dei lavoratori migranti – Determinazione della legislazione applicabile – Persona che di norma esercita un’attività subordinata nel territorio di due o più Stati membri – Prestazione di lavoro durante periodi consecutivi e sulla base di contratti di lavoro consecutivi – Certificato E 101 – Discordanza fra contratto di lavoro e prestazione effettiva»





I –    Introduzione

1.        Con ordinanza del 15 dicembre 2010, pervenuta in cancelleria il 2 marzo 2011, il Sąd Apelacyjny w Warszawie (Corte d’appello, Varsavia) (Polonia), ai sensi dell’articolo 267 TFUE, ha sottoposto alla Corte talune questioni vertenti sull’interpretazione dell’articolo 14, paragrafo 2, lettera b), del regolamento (CEE) n. 1408/71 del Consiglio, del 14 giugno 1971, relativo all’applicazione dei regimi di sicurezza sociale ai lavoratori subordinati, ai lavoratori autonomi e ai loro familiari che si spostano all’interno della Comunità, nella versione derivante dal regolamento (CE) n. 118/97 del Consiglio, del 2 dicembre 1996 (2), come modificato dal regolamento (CE) n. 1992/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 dicembre 2006 (3), (in prosieguo: il «regolamento n. 1408/71» oppure «il regolamento»).

2.        Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia fra la società Format Urządzenia i Montaże Przemysłowe Sp. z o. o. (in prosieguo: la «Format») e il lavoratore subordinato sig. Wiesław Kita, da un lato, e lo Zakład Ubezpieczeń Społecznych I Oddział w Warszawie (Istituto di previdenza sociale – Prima succursale di Varsavia; in prosieguo: lo «ZUS»), dall’altro, sulla determinazione della legislazione applicabile al sig. Kita, ai sensi del regolamento n. 1408/71.

3.        A tal riguardo, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se una persona in circostanze quali quelle in cui si trova il sig. Kita possa essere ritenuta una «persona che di norma esercita un’attività subordinata nel territorio di due o più Stati membri» ai fini dell’applicazione dell’articolo 14, paragrafo 2, lettera b), del regolamento n. 1408/71, nel cui caso, in via eccezionale, sarebbe applicabile la legge dello Stato membro di residenza del lavoratore subordinato – nel caso di specie, la legislazione polacca.

II – Contesto normativo

4.        Per quanto rileva nella presente causa, l’articolo 13 del regolamento n. 1408/71, intitolato «Norme generali», prevede quanto segue riguardo alla determinazione della legge applicabile:

«1. Le persone per cui è applicabile il presente regolamento sono soggette alla legislazione di un solo Stato membro, fatti salvi gli articoli 14 quater e 14 septies. Tale legislazione è determinata in base alle disposizioni del presente titolo.

2. Con riserva degli artt. 14-17:

a)      la persona che esercita un’attività subordinata nel territorio di uno Stato membro è soggetta alla legislazione di tale Stato anche se risiede nel territorio di un altro Stato membro o se l’impresa o il datore di lavoro da cui dipende ha la propria sede o il proprio domicilio nel territorio di un altro Stato membro;

(…)».

5.        L’articolo 14, paragrafi 1 e 2 del regolamento n. 1408/71, intitolato «Norme particolari applicabili alle persone, diverse dai marittimi, che esercitano un’attività subordinata», per quanto di rilevanza nel caso di specie, prevede quanto segue:

«La norma enunciata all’articolo 13, paragrafo 2, lettera a), è applicata tenuto conto delle seguenti eccezioni e particolarità:

1. a)      La persona che esercita un’attività subordinata nel territorio di uno Stato membro presso un’impresa dalla quale dipende normalmente ed è distaccata da questa impresa nel territorio di un altro Stato membro per svolgervi un lavoro per conto della medesima, rimane soggetta alla normativa del primo Stato membro, a condizione che la durata prevedibile di tale lavoro non superi i dodici mesi e che essa non sia inviata in sostituzione di un’altra persona giunta al termine del suo periodo di distacco.

1. b)      Se la durata del lavoro da effettuare si prolunga per circostanze imprevedibili oltre la durata prevista in un primo tempo e supera i dodici mesi, la legislazione del primo Stato membro rimane applicabile fino al compimento di tale lavoro, a condizione che l’autorità competente dello Stato membro nel cui territorio l’interessato è distaccato o l’organismo designato da tale autorità abbia dato il proprio accordo; tale accordo deve essere richiesto prima della fine del periodo iniziale di dodici mesi. Tuttavia, tale accordo non può essere dato per un periodo superiore a dodici mesi.

2)      La legislazione applicabile alla persona che di norma esercita un’attività subordinata nel territorio di due o più Stati membri è determinata come segue:

2. a)      la persona che fa parte del personale viaggiante o navigante di un’impresa che effettua, per conto terzi o per conto proprio, trasporti internazionali di passeggeri o di merci per ferrovia, su strada, per via aerea o per vie navigabili interne e che ha la propria sede nel territorio di un Stato membro è soggetta alla legislazione di quest’ultimo Stato. Tuttavia:

(…)

2. b)      la persona che non rientra nei casi previsti alla lettera a) è soggetta:

i)      alla legislazione dello Stato membro nel cui territorio risiede, se esercita parte della sua attività in tale territorio o se dipende da più imprese o da più datori di lavoro aventi la propria sede o il proprio domicilio nel territorio di diversi Stati membri;

ii)      alla legislazione dello Stato membro nel cui territorio l’impresa o il datore di lavoro da cui dipende ha la propria sede o il proprio domicilio, se non risiede nel territorio di uno degli Stati membri nel quale esercita la sua attività».

III – Fatti, procedimento e questioni pregiudiziali

6.        Secondo quanto emerge dall’ordinanza di rinvio, la Format, con sede in Varsavia, è una società che esercita un’attività di costruzioni come subappaltatrice e che opera sul mercato di vari Stati membri. Nel 2008 essa ha gestito contemporaneamente tra i 15 e i 18 cantieri in cinque o sei mercati. La strategia aziendale della Format consisteva nell’impiegare lavoratori assunti in Polonia e trasferirli nei cantieri da essa gestiti nei diversi Stati membri, a seconda delle necessità dell’azienda e del tipo di lavoro da eseguire.

7.        Il lavoratore subordinato da trasferire in un altro cantiere otteneva un ordine di distacco. In caso di cessazione del contratto di costruzione e di mancanza di lavoro per il lavoratore interessato, questi tornava in Polonia e restava in attesa di occupazione, usufruendo nel mentre di ferie non retribuite, oppure si poneva fine al contratto di lavoro. La situazione di cui trattasi era condizionata, quindi, dalla quantità di lavoro, che negli anni 2008 e 2009 è diminuita (anni di crisi). In pratica, il lavoratore subordinato doveva svolgere la propria attività nei paesi dell’Unione europea. Negli anni 2008 e 2009 nessun lavoratore della Format ha svolto lavori in Polonia.

8.        Più in dettaglio, per quanto riguarda il sig. Kita, il giudice del rinvio ritiene che il luogo di residenza, ai sensi della definizione contenuta nell’articolo 1, lettera h), del regolamento n. 1408/71 (dimora abituale), sia la Polonia.

9.        Il sig. Kita ha lavorato per la Format a tempo pieno per tre volte, con contratti di lavoro a tempo determinato.

10.      Il primo contratto è stato stipulato per il periodo dal 17 luglio 2006 al 31 gennaio 2007 ed è stato prorogato sino al 22 dicembre 2007. Tale contratto veniva risolto il 30 novembre 2006. Al paragrafo 2, punto 2, di tale contratto sono indicati come luoghi della prestazione lavorativa: stabilimenti e cantieri in Polonia e nel territorio dell’Unione europea (Irlanda, Francia, Gran Bretagna, Germania, Finlandia), come da incarico del datore di lavoro. Tuttavia, nell’ambito di questo contratto di lavoro, il sig. Kita ha lavorato soltanto in Francia.

11.      Lo ZUS, in qualità di ente previdenziale competente – per il periodo dal 17 luglio 2006 al 22 dicembre 2007 – emetteva un certificato E 101 come previsto dall’articolo 11, lettera a), del regolamento (CEE) n. 574/72 (4) in cui, ai sensi dell’articolo 14, paragrafo 2, lettera b), del regolamento n. 1408/71, si confermava che la legislazione applicabile al sig. Kita era quella polacca. A seguito della risoluzione del contratto, il certificato veniva modificato così da essere valido fino al 30 novembre 2006.

12.      Il secondo contratto di lavoro a tempo determinato veniva stipulato tra la Format e il sig. Kita il 2 gennaio 2007, per il periodo dal 4 gennaio 2007 al 21 dicembre 2008. Al paragrafo 2, punto 2, del contratto, venivano indicati, quali luoghi della prestazione lavorativa, la Polonia e il territorio dell’Unione europea (Irlanda, Francia, Gran Bretagna, Germania, Finlandia) come da incarico del datore di lavoro.

13.      Nell’ambito di tale contratto, il sig. Kita ha prestato la propria attività lavorativa fuori dalla Polonia, in Francia. Tale contratto veniva risolto di comune accordo tra le parti il 5 aprile 2008, ma dal 22 agosto 2007 al 31 dicembre 2007 il sig. Kita è stato inabile al lavoro a causa di una malattia. Pertanto, in data 8 gennaio 2008, lo ZUS rettificava il certificato E 101 rilasciato con riferimento al periodo relativo al suddetto contratto, così da renderlo valido fino al 22 agosto 2007.

14.      Con decisione del 23 luglio 2008 (in prosieguo: «la decisione impugnata») indirizzata alla Format e al sig. Kita, lo ZUS – ai sensi del diritto polacco e dell’articolo 14, paragrafo 1, lettera a), e paragrafo 2, lettera b), del regolamento n. 1408/71 – rifiutava di rilasciare il certificato E 101 riguardante la legislazione applicabile al sig. Kita ovvero di confermare, su tale certificato, che nei periodi dal 1º gennaio 2008 al 21 dicembre 2008 e dal 1º gennaio 2009 al 31 dicembre 2009, il lavoratore era stato soggetto al regime di previdenza sociale polacco. Secondo tale decisione, il sig. Kita non era da considerarsi una persona che di norma esercita un’attività subordinata nel territorio di diversi Stati membri dell’Unione europea o dello Spazio economico europeo bensì, in funzione della situazione del datore di lavoro, un lavoratore distaccato.

15.      In data 24 luglio 2008, a seguito della decisione impugnata, fra la Format e il sig. Kita veniva stipulato un terzo contratto di lavoro a tempo determinato per il periodo dal 30 luglio 2008 al 31 dicembre 2012, ed era stabilito che il luogo della prestazione lavorativa coincidesse con quello dei due contratti precedenti. Tuttavia, in un allegato al suddetto contratto del 24 luglio 2008, veniva indicato come luogo della prestazione lavorativa in Finlandia la centrale nucleare di Olkiluoto. Al termine del suddetto periodo in Finlandia, al sig. Kita venivano accordate ferie non retribuite dal 1º novembre 2008 fino al 30 settembre 2009, e in questo modo veniva dispensato dall’obbligo di prestare attività lavorativa retribuita. Il contratto di lavoro veniva risolto con accordo tra le parti il 16 marzo 2009.

16.      La Format impugnava la suddetta decisione dinanzi al Sąd Okręgowy – Sąd Ubezpieczeń Społecznych w Warszawie (Tribunale regionale – Tribunale competente in materia di previdenza sociale di Varsavia), che respingeva il ricorso con sentenza del 12 febbraio 2009, considerando che non sussistevano i presupposti per dimostrare che il sig. Kita fosse stato un lavoratore distaccato ai sensi dell’articolo 14, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 1408/71, dal momento che la Format non esercitava un’attività in modo prevalente nello Stato in cui si trovava la sua sede. Il Sąd Okręgowy ha stabilito anche che il sig. Kita non «esercita[va] di norma un’attività subordinata nel territorio di due o più Stati membri», ma che invece aveva svolto un lavoro in forma continuativa per diversi mesi o per oltre dieci mesi nel territorio di uno Stato membro (Francia e poi Finlandia), il che comportava che la sua situazione fosse disciplinata dalla regola generale del coordinamento comunitario, in base alla quale la legislazione applicabile si determina secondo i principi del luogo in cui viene svolta l’attività lavorativa.

17.      La Format e il sig. Kita hanno presentato ricorso in appello dinanzi al giudice del rinvio avverso la sentenza del Sąd Okręgowy.

18.      Nel procedimento dinanzi al giudice a quo la Format sostiene che il regime a cui sono soggetti i propri lavoratori subordinati è quello di cui all’articolo 14, paragrafo 2, lettera b), punto ii), del regolamento n. 1408/71, che non stabilisce la necessità di contemporaneo esercizio di attività subordinata sul territorio di due o più Stati membri, così come non fa alcun accenno a periodi di riferimento di qualsiasi tipo o alla frequenza con cui un lavoratore cambia sede o attraversa confini.

19.      Dello stesso avviso è il sig. Kita, che, nel ricorso in appello, ritiene adeguata alla sua situazione l’applicazione delle disposizioni dell’articolo 14, paragrafo 2, lettera b), punto ii), del regolamento n. 1408/71, in quanto, nell’ambito del rapporto di lavoro con la società Format, «esercita di norma un’attività subordinata nel territorio di più di due Stati membri», ossia nel contesto dei contratti che sono stati conclusi per il territorio di sei Stati membri, benché finora abbia esercitato tale attività nel territorio di soli due Stati membri (Francia e Finlandia). Inoltre, se fosse stato trasferito in un cantiere in Polonia, avrebbe trovato applicazione anche la disposizione dell’articolo 14, paragrafo 2, lettera b), punto i).

20.      Nell’ordinanza di rinvio, il giudice a quo afferma che, in un’altra causa vertente su un lavoratore della Format, il Sąd Najwyższy (Corte suprema) ha ritenuto che il concetto di persona che «di norma esercita un’attività subordinata nel territorio di due o più Stati membri», di cui all’articolo 14, paragrafo 2, lettera b), punto (ii), del regolamento n. 1408/71, non fosse del tutto chiaro. Tale concetto potrebbe indicare (i) un lavoratore che svolge le sue mansioni nell’ambito di un unico rapporto di lavoro in diversi Stati membri nello stesso lasso di tempo (contemporaneamente), oppure (ii) una persona che, sulla base di un contratto di lavoro stipulato con un unico datore di lavoro, esegue prestazioni lavorative in diversi Stati membri in periodi consecutivi. Tuttavia, alla luce degli obiettivi del regolamento, in particolare quello di eliminare le difficoltà tecnico-amministrative che sorgerebbero come conseguenza dell’applicazione del principio lex loci laboris al lavoro temporaneo nonché quello di favorire la libera circolazione dei lavoratori, il giudice ritiene opportuno considerare il lavoratore come persona «che di norma esercita un’attività subordinata» nel territorio di diversi Stati membri ai sensi dell’articolo 14, paragrafo 2, lettera b), punto (ii), del regolamento, laddove nell’ambito di un unico rapporto di lavoro detta persona è vincolata allo svolgimento di una prestazione lavorativa in forma continuativa (di norma) in più Stati membri rispetto a quello in cui risiede.

21.      Il giudice del rinvio sostiene che questa interpretazione solleva due questioni. In primo luogo, non è chiaro se la durata dei periodi consecutivi in cui vengono effettuate le prestazioni lavorative in ciascuno degli Stati membri e degli intervalli tra i detti periodi sia un fattore influente. Nel considerare tale questione, non è possibile tralasciare il contenuto dell’articolo 14, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 1408/71, che, in riferimento al distacco temporaneo dei lavoratori, stabilisce un limite temporale di 12 mesi.

22.      In secondo luogo sorge la questione relativa alla possibilità di applicare l’articolo 14, paragrafo 2, lettera b), punto (ii), del regolamento n. 1408/71 qualora un obbligo ai sensi di un contratto di lavoro di prestare un’attività lavorativa in forma continuativa in più Stati membri contempli l’esecuzione delle mansioni nello Stato membro di residenza del lavoratore in cui, tuttavia, la prestazione dell’attività lavorativa in tale Stato sembra sia stata esclusa al momento della costituzione del rapporto di lavoro. In caso di risposta negativa, sorge l’ulteriore questione se sia possibile applicare l’articolo 14, paragrafo 2, lettera b), punto (i), del regolamento.

23.      In tale contesto, il Sąd Apelacyjny ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1) Se il fatto che l’art. 14, n. 2, prima frase, del regolamento (CEE) (…) n. 1408 (…) sia applicabile a una “persona che di norma esercita un’attività subordinata nel territorio di due o più Stati membri”, in riferimento alla quale alla lett. b) di detta disposizione viene precisato che si tratta di una persona diversa da quella definita alla lett. a), significhi che, nel caso di un lavoratore subordinato impiegato, in forza di un contratto, da un solo datore di lavoro,

a)      lo stesso deve essere considerato come una persona siffatta se, data la natura dell’attività esercitata, esegue prestazioni lavorative in diversi Stati membri nello stesso lasso di tempo (contemporaneamente), inclusi anche periodi relativamente brevi, e di conseguenza il lavoratore oltrepassa spesso i confini degli Stati,

e significhi altresì che

b)      lo stesso deve essere considerato come una persona siffatta anche qualora sia vincolato, nel contesto di un solo rapporto di lavoro, all’esecuzione delle proprie prestazioni lavorative in forma continuativa (di norma) in più Stati membri, tra cui il paese nel cui territorio risiede, oppure in più Stati membri diversi dal paese di residenza di tale lavoratore,

senza tener conto della durata dei periodi consecutivi di svolgimento delle mansioni nei singoli Stati membri e dei relativi intervalli, o con una limitazione temporale.

2. Se, ove venisse accettata l’interpretazione del suindicato punto b), l’applicazione della disposizione dell’art. 14, n. 2, lett. b), punto (ii), del regolamento n. 1408/71 sia possibile nella situazione in cui il vincolo derivante dal rapporto di lavoro che lega il lavoratore ad un unico datore di lavoro per l’esecuzione di un lavoro in forma continuativa in diversi Stati membri prevede l’adempimento degli obblighi nello Stato membro di residenza del lavoratore, nonostante una tale situazione – la prestazione di lavoro nel paese di residenza – all’epoca della costituzione del rapporto di lavoro appaia esclusa, e se, in caso di risposta negativa, sia possibile l’applicazione dell’art. 14, n. 2, lett. b), punto (i), del regolamento n. 1408/71».

IV – Analisi giuridica

A –    Osservazioni preliminari

24.      Prima di iniziare la mia analisi, ritengo opportuno svolgere alcune osservazioni preliminari al fine di individuare i problemi scaturenti dalle questioni poste.

25.      Con le sue questioni, che è opportuno esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede in sostanza se, sulla base della corretta applicazione del regolamento n. 1408/71 e, in particolare, delle eccezioni previste dal relativo articolo 14, durante i periodi in esame nel procedimento dinanzi a esso, il sig. Kita dovesse essere considerato soggetto alla legislazione polacca in materia di previdenza sociale, vale a dire la legge dello Stato membro in cui egli risiede, il che implicherebbe che lo ZUS, in qualità di istituzione competente, avrebbe dovuto emettere il certificato E 101 a conferma dell’appartenenza a questo sistema di previdenza sociale.

26.      A tal proposito occorre innanzitutto sottolineare che dall’ordinanza di rinvio emerge come il giudice a quo muova dal presupposto che l’articolo 14, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 1408/71 sul distacco temporaneo dei lavoratori, non sia applicabile alla situazione del sig. Kita, poiché sembrerebbe che la Format, in quanto datore di lavoro di quest’ultimo, non svolga abitualmente attività significative in Polonia, lo Stato membro in cui essa ha sede, come previsto da tale disposizione (5).

27.      Non metterò in discussione tale valutazione ai fini del presente procedimento, dal momento che in udienza è stato altresì confermato che, di fatto, nel corso dei periodi pertinenti, la Format non ha svolto alcuna attività edile in Polonia.

28.      Di conseguenza, il giudice nazionale si limita essenzialmente a chiedere se una situazione come quella del sig. Kita possa rientrare nell’articolo 14, paragrafo 2, lettera b), punto (i) o (ii) del regolamento n. 1408/71, dal momento che, secondo la prima frase dell’articolo 14, paragrafo 2, del suddetto regolamento, l’applicazione di entrambe le disposizioni è soggetta al requisito della «persona che di norma esercita un’attività subordinata nel territorio di due o più Stati membri».

29.      A tal proposito, occorre inoltre rilevare che, come giustamente osservato da alcune parti del presente procedimento e, in particolare, come emerge chiaramente dalla formulazione della seconda questione pregiudiziale, i fatti del caso di specie sono caratterizzati da una divergenza fra, da un lato, il tenore dei rispettivi contratti di lavoro stipulati tra la Format e il sig. Kita e, dall’altro, le modalità dell’effettiva attuazione di detti contratti, il che spiega anche un certo grado di ambiguità nelle questioni sottoposte dal giudice nazionale.

30.      Pertanto nei contratti di lavoro si indicavano, in ciascun caso, quali luoghi dell’attività lavorativa stabilimenti e cantieri in Polonia e nel territorio dell’Unione europea (Irlanda, Francia, Gran Bretagna, Germania, Finlandia), come da incarico del datore di lavoro.

31.      In realtà, tuttavia, come emerge dalle informazioni fornite dal giudice nazionale e dalle parti interessate, la situazione del sig. Kita era caratterizzata dal fatto che i successivi contratti di lavoro a tempo determinato sono stati conclusi con un unico datore di lavoro (la Format) e in virtù di ciascuno di essi il lavoratore ha svolto un’attività in forma continuativa per diversi mesi o per un periodo di oltre 10 mesi nel territorio di un solo Stato membro, vale a dire, secondo quanto stabilito nel primo contratto in questione, nonché in altri contratti precedenti a tempo determinato, la Francia, e come indicato nel contratto successivo, la Finlandia. Si deve aggiungere che, secondo le constatazioni del giudice nazionale, ai sensi dell’articolo 1, lettera h), del regolamento n. 1408/71 il luogo di residenza abituale del sig. Kita restava la Polonia, anche durante i periodi in cui egli aveva lavorato in Francia o in Finlandia.

32.      Emerge altresì che, in ciascun caso, una volta ultimato il lavoro, al lavoratore veniva accordato un periodo di ferie non retribuite e che, in seguito, il contratto di lavoro veniva prematuramente risolto di comune accordo tra le parti. Inoltre, il fatto che in virtù di tali contratti il sig. Kita non abbia prestato alcuna attività lavorativa in Polonia, suo Stato membro di residenza, è pacifico e costituisce un presupposto fondamentale sotteso alla seconda questione pregiudiziale.

33.      Pertanto, allo scopo di fornire una risposta utile e corretta al giudice nazionale, ritengo opportuno operare una distinzione concettuale innanzitutto tra la questione concernente l’interpretazione delle condizioni di applicabilità dell’articolo 14, paragrafo 2, lettera b), punti (i) e (ii), rispettivamente, del regolamento n. 1408/71 e, in secondo luogo, l’aspetto della discordanza, nel caso di specie, tra i contratti di lavoro e i luoghi di prestazione dell’attività lavorativa in essi «previsti», in base ai quali la Format ha chiesto un certificato E 101, e il modo in cui le prestazioni sono state effettivamente rese ai sensi di tali contratti.

34.      Di conseguenza, alla luce della situazione effettiva del sig. Kita sopra descritta, esaminerò le prescrizioni di cui alle suddette disposizioni dell’articolo 14, paragrafo 2, del regolamento n. 1408/71 per poi affrontare la questione della discordanza fra il contenuto dei contratti in questione e le relative prestazioni concrete. In sostanza, quest’ultimo aspetto si ricollega alla questione riguardante la modalità o, piuttosto, il fondamento di fatto o probatorio, con cui l’autorità competente è tenuta a determinare se i requisiti per l’applicazione di una delle eccezioni di cui all’articolo 14, paragrafo 2, del regolamento sono soddisfatti in un particolare caso ai fini del rilascio di un certificato E 101.

B –    Argomenti principali delle parti

35.      In relazione alla presente domanda di pronuncia pregiudiziale, hanno presentato osservazioni scritte la Format e il ZUS, i governi polacco, belga e tedesco, nonché la Commissione. Ad eccezione del governo tedesco, le suddette parti erano presenti anche all’udienza del 29 febbraio 2012.

36.      La Format sostiene che l’articolo 14, paragrafo 2, del regolamento n. 1408/71 contempla anche il lavoratore che, nell’ambito di un unico rapporto di lavoro, è vincolato allo svolgimento di una prestazione lavorativa in forma continuativa in più Stati membri, a prescindere dalla durata dei periodi consecutivi di svolgimento delle prestazioni negli Stati membri interessati e dalla durata degli intervalli fra tali periodi, e propone, in sostanza, di rispondere in modo affermativo alle questioni pregiudiziali sollevate. Le altre parti, dei cui argomenti non farò una sintesi particolareggiata, propongono una serie di definizioni del concetto di «persona che di norma esercita un’attività subordinata nel territorio di due o più Stati membri», utilizzato nella suddetta disposizione. La maggior parte di esse si mostra favorevole a un’interpretazione più restrittiva dell’articolo 14, paragrafo 2, lettera b), punto (ii), del regolamento rispetto a quella sostenuta dalla Format.

C –    Analisi

37.      Occorre innanzitutto ricordare che le disposizioni del titolo II del regolamento n. 1408/71, alle quali appartiene l’articolo 14, paragrafo 2, costituiscono, secondo una giurisprudenza costante della Corte, un sistema completo ed uniforme di norme di conflitto volto a far sì che i lavoratori che si spostano all’interno della Comunità siano soggetti al regime previdenziale di un solo Stato membro, in modo da evitare l’applicazione cumulativa di normative nazionali e le complicazioni che potrebbero derivarne. Più specificamente, questo principio è espresso all’articolo 13, paragrafo 1, del regolamento n. 1408/71, ai sensi del quale i lavoratori cui detto regolamento e' applicabile sono soggetti alla legislazione di un solo Stato membro (6).

38.      A tal riguardo, l’articolo 14, paragrafo 2, del regolamento n. 1408/71 stabilisce alcune eccezioni alla regola introdotta dall’articolo 13, paragrafo 2, lettera a), del medesimo regolamento, secondo cui il lavoratore è soggetto alla legislazione dello Stato membro sul cui territorio esercita un’attività subordinata (principio della lex loci laboris) (7).

39.      Come emerge con chiarezza dalla prima frase dell’articolo 14, paragrafo 2, del regolamento n. 1408/71, tali eccezioni riguardano una persona che «di norma esercita un’attività subordinata nel territorio di due o più Stati membri».

40.      In proposito, l’articolo 14, paragrafo 2, lettera b), del regolamento n. 1408/71, che si applica a questo tipo di persone [ad eccezione dei membri del personale viaggiante o navigante di un’impresa, ai sensi dell’articolo 14, paragrafo 2, lettera a)], prevede innanzitutto, al punto (i), che la legge dello Stato membro di residenza si applica se la persona interessata esercita parte della sua attività nel territorio di tale Stato membro (8).

41.      Tuttavia, come sottolineato dal governo belga, a tal proposito occorre osservare che la situazione del sig. Kita non sembra soddisfare tali condizioni, in quanto risulta accertato che, durante il periodo pertinente, questi non esercitasse alcuna attività in Polonia, suo Stato membro di residenza. Pertanto, a mio parere, fatta salva la decisione finale della questione da parte del giudice nazionale e il valore da attribuire in tale contesto al contenuto del contratto di lavoro, come indicato di seguito, già solo per questo motivo è da escludere che l’articolo 14, paragrafo 2, lettera b), punto (i), del regolamento n. 1408/71 possa essere applicato alle circostanze del caso di specie.

42.      D’altro canto, l’articolo 14, paragrafo 2, lettera b), punto (ii), del regolamento, prevede che una persona sia soggetta alla legislazione sulla sicurezza sociale dello Stato membro nel cui territorio ha sede l’impresa che lo occupa se detta persona non risiede nel territorio di uno degli Stati membri nei quali esercita la sua attività.

43.      Sebbene, in base alle informazioni fornite nell’ordinanza di rinvio, il sig. Kita sembri soddisfare quest’ultima condizione, l’applicabilità alla sua situazione dell’articolo 14, paragrafo 2, lettera b), punto (ii), del regolamento n. 1408/71, così come dell’articolo 14, paragrafo 2, lettera b), punto (i), dipende dalla questione se egli possa essere considerato «persona che di norma esercita un’attività subordinata nel territorio di due o più Stati membri».

44.      Invero, il regolamento non fornisce altra definizione di tale concetto. Almeno sotto un profilo generale, però, in primo luogo è possibile affermare che esso indica chiaramente un rapporto di lavoro subordinato che non è circoscritto al territorio di un unico Stato membro ma che, solitamente e generalmente, ossia di norma, piuttosto che solo in via eccezionale o temporanea, interessa il territorio di più Stati membri (9).

45.      Alcuni esempi del tipo di rapporto di lavoro contemplato dalla prima frase dell’articolo 14, paragrafo 2, sono forniti dal regolamento medesimo e dalla giurisprudenza della Corte.

46.      Pertanto, a tenore dell’articolo 14, paragrafo 2, lettera a), del regolamento n. 1408/71, i membri del personale viaggiante o navigante di imprese che effettuano trasporti internazionali devono essere considerati, in linea di principio, persone che di regola esercitano un’attività lavorativa subordinata nel territorio di più Stati membri.

47.      Inoltre, la Corte, ad esempio, ha ammesso che la situazione di un lavoratore che risiede in uno Stato membro e dipende esclusivamente da un’impresa con sede in un altro Stato membro e che, nell’ambito del rapporto di lavoro esercita regolarmente, per più ore alla settimana e per un periodo non limitato a dodici mesi, una parte della sua attività nel primo Stato membro, rientra nell’articolo 14, paragrafo 2, lettera b), punto i), del regolamento n. 1408/71 (10).

48.      Tali casi si riferiscono a situazioni in cui, in linea di principio, nel quadro di un rapporto di lavoro, una persona svolge un’attività lavorativa più o meno contemporaneamente o simultaneamente in più Stati membri, vale a dire almeno in due di essi.

49.      A mio parere, tuttavia, è altresì plausibile che il concetto di normale attività di lavoro subordinato nel territorio di più Stati membri contempli una situazione come quella cui si riferisce il giudice nazionale, caratterizzata dalla prestazione in modo consecutivo o alternato di incarichi lavorativi ovvero dall’attuazione di progetti in più Stati membri.

50.      A tal proposito, occorre rilevare che lo scopo delle eccezioni di cui all’articolo 14, paragrafo 2, lettera b), del regolamento n. 1408/71, come nel caso delle altre eccezioni alla regola dello Stato di occupazione, di cui agli articoli 14-17 del regolamento, consiste nel superare gli ostacoli che possono impedire la libera circolazione dei lavoratori e nel favorire l’integrazione economica, evitando al contempo complicazioni amministrative, in particolare per i lavoratori e le imprese (11).

51.      Tali ostacoli e complicazioni possono chiaramente emergere anche nel caso di un lavoratore che non svolga la propria attività nel senso illustrato in precedenza, nel territorio di più Stati membri contemporaneamente, ma esegua mansioni in diversi Stati membri per periodi consecutivi o in regime di alternanza.

52.      In questo contesto e sul medesimo argomento, è significativo rilevare che, pur riferendosi al nuovo regolamento (CE) n. 883/2004 (12), non applicabile ratione temporis nel caso di specie, ai sensi dell’articolo 14, paragrafo 5, del regolamento (CE) n. 987/2009 (13), l’espressione «una persona che “esercita abitualmente un’attività subordinata in due o più Stati membri”», si riferisca sia a una persona che esercita dette attività contemporaneamente, sia a una persona che, nell’esercizio delle proprie attività, lavora continuativamente in alternanza tra due o più Stati membri.

53.      In proposito, occorre notare che, ai sensi di tale disposizione, l’ultimo caso si applica a prescindere dalla frequenza o dalla regolarità dell’alternanza.

54.      Pare altresì difficile dedurre dall’articolo 14, paragrafo 2, del regolamento n. 1408/71, in assenza di disposizioni in tal senso, una specifica frequenza di alternanza ovvero una durata specifica, che un periodo di attività in uno Stato membro interessato non può superare ai fini dell’applicabilità di tale disposizione, come variamente proposto in particolare dalle parti presenti all’udienza.

55.      D’altro canto, come osservato dal giudice del rinvio e dalla Commissione, non deve essere ignorato il fatto che, ai fini dell’eccezione di cui all’articolo 14, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 1408/71, il legislatore ha chiaramente ritenuto «temporaneo» e di «breve durata» il distacco di un lavoratore in un altro Stato membro per un periodo massimo di 12 mesi, giustificando pertanto un’eccezione alla norma dello Stato membro di impiego, motivata dall’intento di favorire l’integrazione economica ed evitare complicazioni amministrative (14).

56.      Del pari, è ragionevole ritenere che una persona che, in periodi di lavoro consecutivi, svolga attività in diversi Stati membri possa qualificarsi come «persona che esercita abitualmente un’attività subordinata nel territorio di due o più Stati membri» se la durata di un periodo di attività ininterrotta in uno Stato membro dura fino a – ma non oltre – dodici mesi.

57.      Tuttavia, esiste ancora un altro aspetto che alcune parti hanno affrontato e che personalmente ritengo più rilevante in merito ai fatti su cui si basa il caso di specie. Probabilmente, la questione relativa a se una persona eserciti «abitualmente» un’attività subordinata nel territorio di più Stati membri, vale a dire se il profilo professionale di questi sia caratterizzato effettivamente da una prestazione di lavoro in forma ininterrotta o alternata in diversi Stati membri, può essere chiarita solo in relazione a un quadro di riferimento, che, a mio avviso, altro non è che il rapporto di lavoro subordinato come definito nel contratto di lavoro.

58.      A mio avviso, la situazione lavorativa contemplata nella prima frase dell’articolo 14, paragrafo 2, del regolamento n. 1408/71, non è quella in cui, per esempio, in un determinato anno una persona viene assunta in uno Stato membro A e, l’anno successivo, in base a un contratto di lavoro diverso, viene assunta in un altro Stato membro B, quanto, piuttosto, quella di un rapporto di lavoro coerente e ininterrotto che si svolge nel territorio di più Stati membri, contemporaneamente o per periodi consecutivi (15).

59.      Pertanto è chiaro che, al contrario, se una persona svolge un’attività lavorativa ai sensi di un unico contratto di lavoro e, durante il periodo di tempo contemplato in detto contratto, presta la propria attività in un unico Stato membro, non può essere considerata come persona che di norma esercita un’attività subordinata nel territorio di due o più Stati membri. Occorre aggiungere che questo vale anche qualora, in base a un contratto di lavoro distinto e consecutivo con il medesimo datore di lavoro, la persona può essere assunta nel territorio di uno Stato membro diverso da quello indicato nel primo contratto di lavoro (16).

60.      Alla luce di tutte le considerazioni precedenti, proporrò che, nella prima parte della risposta da fornire al giudice del rinvio, la Corte dichiari che il concetto di «persona che di norma esercita un’attività subordinata nel territorio di due o più Stati membri», di cui alla prima frase dell’articolo 14, paragrafo 2, del regolamento n. 1408/71, deve essere interpretato nel senso che è contemplata anche la persona che, durante il periodo considerato da un contratto di lavoro e nell’ambito del contratto di lavoro medesimo stipulato con un unico datore di lavoro, svolga mansioni non contemporaneamente, bensì in periodi consecutivi nel territorio di almeno due Stati membri, a condizione che il periodo di attività lavorativa in ciascuno Stato membro non superi la durata di dodici mesi.

61.      Per quanto riguarda la questione, relativa all’emissione di un certificato E 101, di un’eventuale discordanza fra la formulazione del contratto di lavoro in questione e la situazione effettiva del lavoratore a cui si riferisce il contratto, emerge innanzitutto che, nel determinare se una persona rientra in una disposizione specifica dell’articolo 14, paragrafo 2, del regolamento n. 1408/71, l’istituzione competente è tenuta a procedere correttamente. Questo significa che può dichiarare che la legislazione sulla previdenza sociale dello Stato membro di residenza rimane applicabile solo se la situazione del lavoratore interessato soddisfa i presupposti di cui al regolamento in modo concreto ed effettivo.

62.      In proposito e a tal fine, secondo la giurisprudenza della Corte, il principio di leale collaborazione, enunciato all’articolo 4, comma 3, TUE (già articolo 10 CE), impone all’ente che emette il certificato di procedere ad una corretta valutazione dei fatti pertinenti per l’applicazione delle norme relative alla determinazione della legislazione applicabile in materia di previdenza sociale e, pertanto, di garantire l’esattezza delle indicazioni figuranti nel certificato E 101 (17).

63.      Al riguardo, occorre però ricordare che, di norma, il certificato E 101 è rilasciato – e pertanto si procede alla summenzionata analisi dei fatti – prima dell’inizio del periodo a cui si riferisce e che stabilisce essenzialmente una presunzione riguardo alla legge applicabile (18). Pertanto, questo certificato viene rilasciato dall’istituzione competente sulla base della situazione lavorativa prevista del lavoratore interessato, che, di conseguenza, deve essere essenzialmente dimostrata sulla base del contratto di lavoro che descrive la natura dell’impiego.

64.      Tuttavia, qualora da altri fattori pertinenti e indizi emerga che la situazione lavorativa di un lavoratore differisce sostanzialmente da quella descritta nel suo contratto di lavoro, il suddetto obbligo di applicare correttamente il regolamento n. 1408/71 significa che, a prescindere dal contenuto del contratto, spetta all’istituzione competente fondare i propri rilievi sull’effettiva situazione del lavoratore ed eventualmente rifiutare di concedere il rilascio del certificato E 101. Inoltre, se in seguito i fatti su cui si fonda il certificato si rivelano sostanzialmente inesatti, l’ente competente o, nei procedimenti giudiziari, il giudice competente, potrebbe, se del caso, revocarlo o dichiararlo invalido (19).

65.      Nella valutazione dei fatti, allo scopo di determinare la legislazione sulla sicurezza sociale applicabile per il rilascio di un certificato E 101, l’ente che lo emette, oltre al contenuto del contratto di lavoro, può tener conto di fattori quali la modalità della previa attuazione concreta di tali contratti fra il datore di lavoro e il lavoratore o, più in generale, delle caratteristiche delle attività svolte dall’impresa interessata (20), nella misura in cui tali fattori possono chiarire la natura effettiva della prestazione di lavoro in questione o, al contrario, essere indice di pratiche abusive.

66.      Risulterebbe, del pari, l’inapplicabilità di tale disposizione, qualora emergesse che, sulla base di tale valutazione e nonostante il contenuto del contratto di lavoro, sia possibile constatare che il lavoratore interessato non soddisfa uno dei requisiti imposti per l’applicazione di una disposizione specifica del regolamento n. 1408/71, come il requisito cui il giudice nazionale rimanda nella seconda questione pregiudiziale, in forza del quale, ai fini dell’applicazione dell’articolo 14, paragrafo 2, lettera b), punto (i), del regolamento, l’attività lavorativa deve essere svolta nello Stato membro in cui risiede il lavoratore.

67.      Alla luce di quanto precede, suggerisco che nella seconda parte di risposta da fornire al giudice del rinvio occorra dichiarare che, ai fini del rilascio di un certificato E 101, per determinare se la situazione di una persona rientra nell’articolo 14, paragrafo 2, lettera b), punto (i) o nell’articolo 14, paragrafo 2, lettera b), punto (ii), del regolamento n. 1408/71, si debba effettuare una corretta analisi dei fatti pertinenti per l’applicazione di tali norme, allo scopo di assicurare che la situazione del lavoratore interessato soddisfi realmente i requisiti pertinenti secondo tali norme. Detta valutazione deve essere effettuata essenzialmente sulla base del contratto di lavoro, ma occorre tener conto anche di altri fattori importanti quali la modalità della previa attuazione concreta di analoghi contratti fra l’impresa e la persona interessata o, più in generale, delle caratteristiche delle attività svolte dall’impresa interessata. Qualora in seguito emerga con chiarezza che, nonostante il contenuto del contratto di lavoro, la situazione di detta persona non soddisfa di fatto uno dei requisiti imposti da una disposizione del regolamento n. 1408/71 – quale la norma di cui all’articolo 14, paragrafo 2, lettera b), punto (i) o all’articolo 14, paragrafo 2, lettera b), punto (ii) – la disposizione di cui trattasi è inapplicabile.

V –    Conclusione

68.      Alla luce di quanto sopra, propongo di risolvere nei termini seguenti le questioni sollevate dal Sąd Apelacyjny:

–        il concetto di «persona che di norma esercita un’attività subordinata nel territorio di due o più Stati membri», di cui alla prima frase dell’articolo 14, paragrafo 2, del regolamento (CEE) n. 1408/71 del Consiglio, del 14 giugno 1971, relativo all’applicazione dei regimi di sicurezza sociale ai lavoratori subordinati, ai lavoratori autonomi e ai loro familiari che si spostano all’interno della Comunità, nella versione derivante dal regolamento (CE) n. 118/97 del Consiglio, del 2 dicembre 1996, come modificato dal regolamento (CE) n. 1992/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 dicembre 2006 (“regolamento n. 1408/71”), deve essere interpretato nel senso che è contemplata anche la persona che, durante il periodo considerato da un contratto di lavoro e nell’ambito del contratto di lavoro medesimo stipulato con un unico datore di lavoro, svolge mansioni non contemporaneamente bensì in periodi consecutivi nel territorio di almeno due Stati membri, a condizione che il periodo di attività lavorativa in ciascuno Stato membro non superi la durata di dodici mesi;

–        ai fini del rilascio di un certificato E 101, per determinare se la situazione di una persona rientri nell’articolo 14, paragrafo 2, lettera b), punto (i) o nell’articolo 14, paragrafo 2, lettera b), punto (ii), del regolamento n. 1408/71, occorre effettuare una corretta analisi dei fatti pertinenti per l’applicazione di tali norme, allo scopo di assicurare che la situazione del lavoratore interessato soddisfi realmente i requisiti pertinenti secondo tali norme. Detta valutazione deve essere effettuata essenzialmente sulla base del contratto di lavoro, ma occorre tener conto anche di altri fattori importanti quali la modalità della previa attuazione concreta di analoghi contratti fra l’impresa e la persona interessata o, più in generale, delle caratteristiche delle attività svolte dall’impresa interessata. Qualora in seguito emerga con chiarezza che, nonostante il contenuto del contratto di lavoro, la situazione di detta persona non soddisfa di fatto uno dei requisiti imposti da una disposizione del regolamento n. 1408/71 – quale la norma di cui all’articolo 14, paragrafo 2, lettera b), punto (i) o all’articolo 14, paragrafo 2, lettera b), punto (ii) – la disposizione di cui trattasi è inapplicabile.


1 –      Lingua originale: l’inglese.


2 –       GU L 28, pag. 1.


3 –      GU L 392, pag. 1.


4 –      Regolamento (CEE) n. 574/72 del Consiglio, del 21 marzo 1972, che stabilisce le modalità di applicazione del regolamento (CEE) n. 1408/71 relativo all’applicazione dei regimi di sicurezza sociale ai lavoratori subordinati e ai loro familiari che si spostano all’interno della Comunità (GU L 74, pag. 1), nella versione applicabile alla data dei fatti.


5 –      In tal senso, v., in particolare, la sentenza del 10 febbraio 2000, FTS (C-202/97, Racc. pag. I-883, punto 45).


6 –      V., tra le altre, la sentenza del 20 maggio 2008, Bosmann (C-352/06, Racc. pag. I-3827, punto 16); la sentenza FTS, cit. alla nota 5, punto 20; la sentenza del 16 febbraio 1995, Calle Grenzshop Andresen (C-425/93, Racc. pag. I-269, punto 9); la sentenza del 13 marzo 1997, Huijbrechts (C-131/95, Racc. pag. I-1409, punto 17) e la sentenza dell’11 giugno 1998, Kuusijärvi (C-275/96, Racc. pag. I-3419, punto 28).


7 –      V., in tal senso, la sentenza del 9 novembre 2000, Plum (C-404/98, Racc. pag. I-9379, punti 14 e 15).


8 – Il secondo caso previsto da tale disposizione – rapporto di dipendenza verso più imprese o più datori di lavoro – non rileva ai fini del presente procedimento.


9 – Occorre osservare che, nell’ambito dell’interpretazione di altre disposizioni dell’articolo 14 del regolamento n. 1408/71, quali, in particolare, la lettera a), punto 1, e il paragrafo 1, lettera a), la Corte ha talvolta posto in contrasto l’espressione «di regola» con «temporaneamente» o ha considerato l’espressione «di regola» come sinonimo di «abitualmente». V., ad esempio, le sentenze Plum, cit. alla nota 7, punti 20 e 21; FTS, cit. alla nota 5, punti 22 e 23, e la sentenza del 30 marzo 2000, Banks e a. (C-178/97, Racc. pag. I-2005, punto 25).


10 –      V. sentenza Calle Grenzshop Andresen, cit. alla nota 6, punto 15.


11 – A tal proposito, v, tra l’altro, le sentenze Plum, cit. alla nota 7, punti 19 e 20; FTS, cit. alla nota 5, punti 28 e 29, nonché la sentenza del 17 dicembre 1970, Manpower (35/70, Racc. pag. 1251, punto 10).


12 –      Regolamento (CE) n. 883/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativo al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale (GU L 166, pag. 1).


13 –      Regolamento (CE) n. 987/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 settembre 2009, che stabilisce le modalità di applicazione del regolamento (CE) n. 883/2004 relativo al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale (GU L 284, pag. 1).


14 – V. in tal senso, fra le altre, la sentenza Plum, cit. alla nota 7, punti 19 e 20; v. anche la sentenza Calle Grenzshop Andresen, cit. alla nota 6, punti 9-11.


15 – V., in tal senso, la sentenza del 12 luglio 1973, Hakenberg (13/73, Racc. pag. 935, punto 19).


16 – Come giustamente osservato dal governo belga a tal proposito, ritenere consecutivi e distinti rapporti di lavoro come quelli di cui al caso di specie ai fini dell’applicazione dell’articolo 14, paragrafo 2, lettera b), del regolamento n. 1408/71, equiparandoli a un rapporto di lavoro unico e a carattere continuativo, equivarrebbe di fatto a deterninare a posteriori che quest’ultimo implica alternanze e modifiche successive, il che risulterebbe invero artificioso e potrebbe favorire l’abuso e l’elusione delle norme.


17 –      V., sentenza Banks e a., cit. alla nota 9, punto 38, nonché la sentenza FTS, cit. alla nota 5, punto 38.


18 –      V, in questo ambito, sentenza Banks e a., cit. alla nota 9, punti 40 e 53.


19 –      V. sentenza FTS, cit. alla nota 5, punto 55, e sentenza Banks e a., cit. alla nota 9, punto 43.


20 –      V., in tal senso, sentenza FTS, cit. alla nota 5, punti 42 e 43.