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SENTENZA DELLA CORTE (Seconda Sezione)

19 luglio 2012 (*)

«Sesta direttiva IVA – Direttiva 2006/112/CE – Nozione di “attività economica” – Cessioni di legname per compensare i danni causati da una tempesta – Regime di inversione contabile – Mancata iscrizione al registro dei soggetti passivi dell’imposta – Ammenda – Principio di proporzionalità»

Nella causa C-263/11,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dall’Augstākās tiesas Senāts (Lettonia), con decisione del 13 maggio 2011, pervenuta in cancelleria il 26 maggio 2011, nel procedimento

Ainārs Rēdlihs

contro

Valsts ieņēmumu dienests,

LA CORTE (Seconda Sezione),

composta dal sig. J. N. Cunha Rodrigues (presidente di sezione), dai sigg. A. Rosas, A. Ó Caoimh, A. Arabadjiev (relatore) e C. G. Fernlund, giudici,

avvocato generale: sig.ra E. Sharpston

cancelliere: sig.ra C. Strömholm, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 28 marzo 2012,

considerate le osservazioni presentate:

–        per il Valsts ieņēmumu dienests, da N. Jezdakova, ģenerāldirektore;

–        per il governo lettone, da I. Kalniņš e A. Nikolajeva, in qualità di agenti;

–        per la Commissione europea, da A. Sauka e C. Soulay, in qualità di agenti,

vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 4, paragrafi 1 e 2, della sesta direttiva 77/388/CEE del Consiglio, del 17 maggio 1977, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (GU L 145, pag. 1), come modificata dalla direttiva 2006/98/CE del Consiglio, del 20 novembre 2006 (GU L 363, pag. 129; in prosieguo: la «sesta direttiva»), nonché dell’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (GU L 347, pag. 1), come modificata dalla direttiva 2006/138/CE del Consiglio, del 19 dicembre 2006 (GU L 384, pag. 92; in prosieguo: la «direttiva sull’IVA») e del principio di proporzionalità.

2        Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra il sig. Rēdlihs ed il Valsts ieņēmumu dienests (amministrazione fiscale lettone, in prosieguo: il «VID») in merito alla mancata iscrizione del primo al registro dei soggetti passivi dell’imposta sul valore aggiunto (in prosieguo: l’«IVA»).

 Contesto normativo

 Il diritto dell’Unione

3        Conformemente ai suoi articoli 411 e 413, la direttiva sull’IVA ha abrogato e sostituito, a decorrere dal 1° gennaio 2007, la normativa dell’Unione in materia di IVA, in particolare la sesta direttiva. Secondo i suoi considerando primo e terzo, la rifusione della sesta direttiva era necessaria per presentare le disposizioni in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative all’IVA in modo chiaro e razionale, rielaborandone la struttura e l’esposizione senza tuttavia apportare, in linea di principio, modifiche sostanziali.

4        Ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, lettera a), della direttiva sull’IVA, che riprende, in sostanza, i termini dell’articolo 2, paragrafo 1, della sesta direttiva, «[s]ono soggette all’[IVA] le cessioni di beni effettuate a titolo oneroso nel territorio di uno Stato membro da un soggetto passivo che agisce in quanto tale».

5        L’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva sull’IVA, redatto in termini sostanzialmente analoghi a quelli dell’articolo 4, paragrafi 1 e 2, della sesta direttiva, dispone quanto segue:

«Si considera “soggetto passivo” chiunque esercita, in modo indipendente e in qualsiasi luogo, un’attività economica, indipendentemente dallo scopo o dai risultati di detta attività.

Si considera “attività economica” ogni attività di produzione, di commercializzazione o di prestazione di servizi, comprese le attività estrattive, agricole, nonché quelle di professione libera o assimilate. Si considera, in particolare, attività economica lo sfruttamento di un bene materiale o immateriale per ricavarne introiti aventi carattere di stabilità».

6        L’articolo 213, paragrafo 1, della direttiva sull’IVA, che riprende, in sostanza, i termini dell’articolo 22, paragrafo 1, della sesta direttiva, nella versione risultante dall’articolo 28 nonies, paragrafo 1, della medesima, prevede segnatamente che «[i]l soggetto passivo deve dichiarare l’inizio, la variazione e la cessazione della propria attività in qualità di soggetto passivo».

7        Ai sensi dell’articolo unico della decisione 2006/42/CE del Consiglio, del 24 gennaio 2006, che autorizza la Lettonia a prorogare l’applicazione di una misura di deroga all’articolo 21 della sesta direttiva 77/388 (GU L 25, pag. 31), tale Stato membro è stato autorizzato, dal 1° maggio 2005 fino al 31 dicembre 2009, a continuare a designare il destinatario dei beni o dei servizi quale debitore dell’IVA nel caso delle operazioni relative al legname. La decisione di esecuzione del Consiglio del 7 dicembre 2009 (GU L 347, pag. 30) ha autorizzato la Lettonia, in deroga all’articolo 193 della direttiva sull’IVA, a continuare a designare il destinatario dei beni o dei servizi quale debitore dell’IVA nel caso delle operazioni relative al legname fino al 31 dicembre 2012.

 Il diritto lettone

8        Le disposizioni pertinenti del diritto nazionale, nella loro versione applicabile alla controversia di cui al procedimento principale, sono contenute nella legge n. 49 del 30 marzo 1995, sull’IVA (Latvijas Vēstnesis n. 49 del 30 marzo 1995).

9        Ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 6, di tale legge:

«[S]i considera attività economica qualunque attività sistematica che supponga una remunerazione diversa dal pagamento al lavoratore da parte dell’imprenditore, dal salario o altro compenso gravato dai contribuiti obbligatori per la previdenza sociale e dall’imposta sul reddito».

10      L’articolo 3, paragrafi 3 e 5, di tale legge così prevede:

«3. Le persone fisiche o giuridiche, nonché i loro raggruppamenti vincolati da contratto o accordo, o i loro rappresentanti, sono iscritte al registro dei soggetti passivi dell’[IVA] tenuto dal [VID].

(…)

5. [S]e il valore complessivo delle cessioni di beni e delle prestazioni di servizi soggette all’IVA realizzate da una persona fisica o giuridica nei dodici mesi precedenti non raggiunge o non supera l’importo di LVL 10 000, le suddette persone, nonché i loro raggruppamenti o rappresentanti, possono rinunciare all’iscrizione come soggetti passivi dell’IVA da parte del VID. Tale disposizione si applica inoltre agli enti finanziati dallo Stato. I soggetti che fanno uso della facoltà prevista nel presente paragrafo hanno l’obbligo di iscrizione al suddetto registro entro trenta giorni dal momento in cui il suddetto importo viene raggiunto o superato».

11      L’articolo 13.2 di tale legge prevede quanto segue:

«1.       Per quanto riguarda le cessioni di legname di cui al paragrafo 2, se il fornitore e l’acquirente sono registrati presso il VID in quanto soggetti passivi dell’[IVA], l’acquirente versa tale imposta secondo le modalità stabilite dal Consiglio dei ministri e alle seguenti condizioni:

1)       il rapporto commerciale tra il fornitore e l’acquirente di legname si concretizza in un documento contabile redatto in base a un modello armonizzato – la fattura accompagnatoria del legname – le cui modalità di utilizzo, di presentazione e di pagamento sono definite dal Consiglio dei ministri;

2)       nel caso in cui tutto il legname acquistato durante l’esercizio fiscale interessato sia stato destinato all’esercizio delle proprie attività assoggettate ad imposta, il soggetto passivo detrae dall’importo dell’imposta da versare a titolo dell’IVA a monte relativa al legname acquistato solo l’importo indicato nella fattura accompagnatoria. In tal caso non è dovuta l’[IVA] sul legname acquistato (…)».

12      L’articolo 35, paragrafo 3, di tale legge dispone quanto segue:

«Se un soggetto non iscritto come soggetto passivo presso il VID, a norma di quanto disposto all’articolo 3 della presente legge, esegue comunque operazioni imponibili, è obbligato al pagamento dell’imposta a partire dal momento in cui avrebbe dovuto effettuare l’iscrizione, senza aver diritto alla detrazione dell’IVA a monte. Se tale soggetto ha effettuato cessioni di legname gravate da imposta, è soggetto ad un’ammenda pari al 18% del valore del legname ceduto, calcolata a partire dal momento in cui avrebbe dovuto effettuare l’iscrizione».

 Procedimento principale e questioni pregiudiziali

13      Durante un controllo effettuato dal VID, è stato constatato che il ricorrente nel procedimento principale ha effettuato 12 cessioni di legname nell’aprile 2005 e 25 operazioni simili nel periodo dal maggio 2005 al dicembre 2006. È stato parimenti constatato che il ricorrente nel procedimento principale non era iscritto al registro dei soggetti passivi dell’IVA né aveva dichiarato al VID un’attività economica.

14      Con decisione del 21 giugno 2007, il VID ha in particolare sanzionato tale mancata registrazione, infliggendo al sig. Rēdlihs, in applicazione dell’articolo 35, paragrafo 3, della legge sull’IVA, un’ammenda pari a LVL 11 363,20, vale a dire il 18% del valore delle cessioni di cui trattasi, che corrispondeva all’aliquota dell’IVA applicabile all’epoca.

15      Il sig. Rēdlihs ha proposto ricorso di annullamento contro tale decisione, sostenendo che le cessioni di legname che ha effettuato non possono essere considerate un’attività economica, poiché non sono sistematiche né sono state eseguite a titolo indipendente. Esse avrebbero carattere eccezionale, in quanto realizzate non a scopo di lucro, bensì per rimediare ai danni causati da una tempesta, circostanza che costituirebbe un caso di forza maggiore. Egli ha altresì sottolineato che una relazione del servizio forestale attestava che tale bosco era giovane e che i suoi alberi non dovrebbero pertanto essere abbattuti. Non sarebbe inoltre stato possibile vendere in una sola volta tutti gli alberi abbattuti dalla suddetta tempesta.

16      In subordine, il sig. Rēdlihs ha sostenuto di aver acquistato il bosco in questione per le proprie necessità personali e che quindi la cessione del legname proveniente da tale bosco non era soggetta all’IVA.

17      Il ricorrente nel procedimento principale ha inoltre fatto valere che l’importo dell’ammenda inflittagli era sproporzionato, poiché, anche a voler supporre che le cessioni di cui trattasi costituissero un’attività economica, in applicazione dell’articolo 13.2 della legge sull’IVA era l’acquirente e non il fornitore a dover versare tale imposta.

18      Tale ricorso è stato in seguito respinto dall’Administratīvā rajona tiesa (tribunale amministrativo distrettuale) e dall’Administratīvā apgabaltiesa (corte amministrativa regionale). I giudici aditi di detto ricorso hanno rilevato che, ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 6, della legge sull’IVA, si considera «attività economica» qualunque attività effettuata a titolo indipendente, che sia sistematica e supponga una remunerazione. Essi hanno concluso che le cessioni di cui trattasi dovevano considerarsi effettuate nell’ambito di un’attività economica, in quanto sono state realizzate a scopo di lucro in nome e per conto del ricorrente nel procedimento principale, si sono ripetute nel periodo dall’aprile 2005 al dicembre 2006, e non avevano carattere eccezionale. Si è parimenti deciso che il fatto che il legname fosse stato venduto per rimediare ai danni causati da una tempesta non fosse rilevante. Per quanto concerne l’ammenda, tali giudici hanno ritenuto che non sussistesse alcuna base giuridica per la sua riduzione.

19      Il ricorrente nel procedimento principale ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza dell’Administratīvā apgabaltiesa.

20      In tali circostanze, l’Augstākās tiesas Senāts ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se una persona fisica che acquista beni (un bosco) per le proprie necessità personali e che effettua una cessione di beni per rimediare a effetti causati da forza maggiore (ad esempio, una tempesta), debba essere considerata soggetto passivo ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva [2006/112] e dell’articolo 4, paragrafi 1 e 2, della [sesta direttiva] e obbligata al pagamento dell’[IVA]. In altri termini, se tale cessione di beni, ai sensi della citata normativa dell’Unione europea, costituisca attività economica.

2)      Se sia conforme al principio di proporzionalità una normativa per cui viene imposta a un soggetto, per la mancata iscrizione al registro dei soggetti passivi dell’[IVA], una sanzione equivalente all’importo dell’imposta normalmente applicata sul valore dei beni ceduti, anche quando tale soggetto risulterebbe esonerato dall’imposta nel caso in cui avesse effettuato l’iscrizione al registro».

 Sulle questioni pregiudiziali

 Sulla prima questione

21      Con la sua prima questione il giudice del rinvio chiede sostanzialmente se gli articoli 9, paragrafo 1, della direttiva sull’IVA nonché 4, paragrafi 1 e 2, della sesta direttiva debbano essere interpretati nel senso che le cessioni di legname effettuate da una persona fisica per rimediare a effetti causati da forza maggiore rientrino nell’ambito di un’«attività economica» ai sensi di tali disposizioni.

22      Come risulta dal tenore letterale della prima questione pregiudiziale, essa verte sull’interpretazione delle disposizioni pertinenti sia della sesta direttiva sia della direttiva sull’IVA. Non occorre tuttavia, ai fini della soluzione delle questioni sollevate, procedere ad una distinzione tra le disposizioni risultanti da ognuna di tali direttive, poiché si deve ritenere che queste ultime abbiano una portata sostanzialmente identica per le esigenze dell’interpretazione che la Corte sarà indotta a fornire nella presente causa.

23      Come infatti indicato ai punti 3 e 5 della presente sentenza, la formulazione dell’articolo 4, paragrafi 1 e 2, della sesta direttiva è sostanzialmente identica a quella dell’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva sull’IVA. Inoltre, dal primo e dal terzo considerando della direttiva sull’IVA emerge che quest’ultima non mira, in linea di principio, ad apportare modifiche sostanziali rispetto alle disposizioni della sesta direttiva.

24      Quanto al merito, in via preliminare occorre ricordare che, come la sesta direttiva, la direttiva sull’IVA attribuisce un’amplissima sfera di applicazione all’IVA, elencando all’articolo 2, relativo alle operazioni imponibili, oltre alle importazioni di beni, le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate a titolo oneroso all’interno del paese da un soggetto passivo che agisca in quanto tale (v. sentenza del 10 giugno 2010, Future Health Technologies, C-86/09, Racc. pag. I-5215, punto 25 e giurisprudenza ivi citata).

25      Ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 1, primo comma, della direttiva sull’IVA, si considera «soggetto passivo» chiunque esercita, in modo indipendente e in qualsiasi luogo, un’attività economica, indipendentemente dallo scopo o dai risultati di detta attività.

26      Occorre in primo luogo rilevare che, conformemente all’articolo 10 della direttiva sull’IVA, la condizione che l’attività economica sia esercitata in modo indipendente, di cui all’articolo 9, paragrafo 1, di tale direttiva, esclude dall’imposizione i lavoratori dipendenti ed altre persone se sono vincolati al rispettivo datore di lavoro da un contratto di lavoro subordinato o da qualsiasi altro rapporto giuridico che preveda vincoli di subordinazione in relazione alle condizioni di lavoro e di retribuzione ed alla responsabilità del datore di lavoro.

27      Orbene, non è questo il caso del procedimento principale, poiché le cessioni di cui trattasi sono state effettuate in nome e per conto del ricorrente nel procedimento principale. Occorre anche necessariamente constatare che, contrariamente a quanto fatto valere dal ricorrente dinanzi ai giudici nazionali aditi, il fatto che le cessioni in questione siano state effettuate per rimediare agli effetti di un asserito caso di forza maggiore non significa in alcun modo che non siano state effettuate a titolo indipendente.

28      In secondo luogo, per quanto riguarda la nozione di «attività economica» ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva sull’IVA, secondo una giurisprudenza costante tale nozione ha un carattere obiettivo, nel senso che l’attività viene considerata di per sé, indipendentemente dai suoi scopi o dai suoi risultati (v., in tal senso, sentenza del 21 febbraio 2006, University of Huddersfield, C-223/03, Racc. pag. I-1751, punti 47 e 48 nonché giurisprudenza ivi citata).

29      Di conseguenza, il fatto che cessioni del tipo di quelle di cui trattasi nel procedimento principale siano state effettuate per rimediare a effetti causati da forza maggiore, dal momento che tale circostanza si rapporta quindi allo scopo delle operazioni realizzate, non incide sulla questione se tali cessioni debbano essere qualificate come «attività economica» ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva sull’IVA.

30      La nozione di «attività economica» è definita al secondo comma di questa stessa disposizione nel senso che essa comprende tutte le attività di produttore, di commerciante o di prestatore di servizi, comprese le attività estrattive, agricole, nonché quelle delle professioni liberali o assimilate. Per «attività economica» si intende in particolare lo sfruttamento di un bene materiale con carattere di stabilità e a fini di lucro.

31      A tale riguardo, si deve precisare che la vendita dei frutti di un bene materiale, quale la vendita di legname proveniente da un bosco privato, dev’essere considerata «sfruttamento» di tale bene ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 1, secondo comma, della direttiva sull’IVA.

32      Ne risulta che operazioni come quelle di cui al procedimento principale devono essere qualificate come «attività economica» ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva sull’IVA, quando vengono effettuate per ricavarne introiti aventi carattere di stabilità (v., per analogia, sentenza del 26 settembre 1996, Enkler, C-230/94, Racc. pag. I-4517, punto 22).

33      La questione se l’attività in questione, vale a dire lo sfruttamento di un bosco privato, sia diretta a realizzare introiti aventi carattere di stabilità è una questione di fatto che dev’essere valutata tenendo conto di tutti gli elementi della fattispecie, tra i quali figura, in particolare, la natura del bene considerato (v., in tal senso, sentenza Enkler, cit., punti 24 e 26).

34      Tale criterio deve infatti consentire di accertare se un singolo abbia utilizzato un bene in modo tale da far qualificare come «attività economica» ai sensi della direttiva sull’IVA la sua attività. Il fatto che un bene si presti ad uno sfruttamento esclusivamente economico è di regola sufficiente per far ammettere che il proprietario lo utilizza per esercitare attività economiche e quindi per realizzare introiti aventi carattere di stabilità. Per contro, se un bene può, per sua natura, essere utilizzato sia a fini economici sia privati, sarà necessario analizzare il complesso delle circostanze nelle quali il bene viene sfruttato, al fine di determinare se l’utilizzo sia volto a realizzare introiti aventi effettivamente carattere di stabilità (sentenza Enkler, cit., punto 27).

35      In quest’ultimo caso il raffronto tra, da un lato, le circostanze nelle quali l’interessato sfrutta effettivamente il bene e, dall’altro, quelle in cui viene di solito esercitata l’attività economica corrispondente può costituire uno dei metodi che consentono di verificare se l’attività considerata sia svolta al fine di realizzare introiti aventi carattere di stabilità (sentenza Enkler, cit., punto 28).

36      In tal senso, qualora l’interessato intraprenda iniziative di gestione forestale mobilitando mezzi analoghi a quelli dispiegati per un’attività di produzione, commercializzazione o prestazione di servizi ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 1, secondo comma, della direttiva sull’IVA, l’attività di cui trattasi nel procedimento principale dev’essere qualificata come «attività economica» ai sensi di tale disposizione (v., in tal senso, sentenza del 15 settembre 2011, Słaby e a., C-180/10 e 181/10, Racc. pag. I-8461, punto 39).

37      Inoltre il fatto che le cessioni di legname di cui trattasi siano state effettuate per rimediare a effetti causati da forza maggiore non può di per sé far concludere che tali cessioni sono state effettuate occasionalmente e non «per ricavarne introiti aventi carattere di stabilità» ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva sull’IVA. A tale riguardo occorre rilevare che simili cessioni possono rientrare nell’ambito di uno sfruttamento continuativo di un bene materiale. I frutti di un bene materiale, quale il legname proveniente da un bosco, possono infatti, per loro natura e a seconda delle loro caratteristiche e in particolare della loro età, non adattarsi ad uno sfruttamento economico immediato, potendo essere oggettivamente necessario un determinato lasso di tempo prima che tali frutti diventino utilizzabili dal punto di vista economico. Ciò non significa tuttavia che le cessioni di legname nel frattempo eseguite, in seguito ad un asserito caso di forza maggiore, non rientrino nell’ambito di uno sfruttamento di un bene materiale per ricavarne introiti aventi carattere di stabilità ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 1, secondo comma, della direttiva sull’IVA.

38      Inoltre, sebbene criteri relativi ai risultati dell’attività considerata non possano consentire, in sé e per sé, di stabilire se l’attività stessa sia esercitata allo scopo di realizzare introiti aventi carattere di stabilità, la durata del periodo in cui sono state effettuate le cessioni di cui trattasi nel procedimento principale, l’entità della clientela e l’importo degli introiti sono elementi che, facendo parte dell’insieme dei dati del caso specifico, possono essere presi in considerazione, assieme ad altri, all’atto di tale esame (sentenza Enkler, cit., punto 29).

39      Occorre del resto precisare che il fatto che il ricorrente nel procedimento principale abbia acquistato il bene materiale in oggetto per soddisfare le proprie necessità personali, come suggerito dal tenore letterale della prima questione pregiudiziale, non osta a che tale bene sia in seguito utilizzato ai fini di esercitare un’«attività economica» ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva sull’IVA. La questione se un singolo abbia, in un determinato caso, acquistato un bene per le necessità legate alle proprie attività economiche o per le proprie necessità personali si pone qualora egli chieda il diritto di detrarre l’imposta versata a monte sull’acquisto di detto bene (v., per analogia, sentenza dell’8 marzo 2001, Bakcsi, C-415/98, Racc. pag. I-1831, punto 29). Una siffatta questione tuttavia non si pone nel procedimento principale.

40      Alla luce dei suesposti rilievi, occorre rispondere alla prima questione dichiarando che l’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva sull’IVA dev’essere interpretato nel senso che le cessioni di legname effettuate da una persona fisica per rimediare a effetti causati da forza maggiore rientrano nell’ambito dello sfruttamento di un bene materiale che dev’essere qualificato come «attività economica» ai sensi di tale disposizione, allorché le suddette cessioni sono effettuate per ricavarne introiti aventi carattere di stabilità. Spetta al giudice nazionale procedere alla valutazione di tutti gli elementi della fattispecie per determinare se lo sfruttamento di un bene materiale, quale un bosco, sia diretto a ricavare introiti aventi carattere di stabilità.

 Sulla seconda questione

41      Con la sua seconda questione il giudice del rinvio chiede sostanzialmente se il diritto dell’Unione debba essere interpretato nel senso che è compatibile con il principio di proporzionalità una normativa del diritto nazionale che consente di infliggere un’ammenda, equivalente all’importo della normale aliquota dell’IVA normalmente applicabile al valore dei beni oggetto delle cessioni eseguite, ad un singolo che è venuto meno al proprio obbligo di iscrizione al registro dei soggetti passivi dell’IVA, anche qualora egli risultasse esonerato da detta imposta.

42      Ai sensi dell’articolo 213, paragrafo 1, della direttiva sull’IVA, ogni soggetto passivo deve dichiarare l’inizio, il cambiamento e la cessazione della propria attività in qualità di soggetto passivo.

43      Una misura nazionale del tipo di quella prevista all’articolo 3, paragrafi 3 e 5, della legge sull’IVA, secondo cui i soggetti passivi che hanno realizzato operazioni in cui valore complessivo delle cessioni di beni e delle prestazioni di servizi soggette a IVA ha superato nei dodici mesi precedenti l’importo di LVL 10 000, sono tenuti ad iscriversi al registro dei soggetti passivi dell’IVA, concretizza gli obblighi incombenti ai soggetti passivi ai sensi dell’articolo 213, paragrafo 1, della direttiva sull’IVA.

44      Tale direttiva non prevede espressamente un sistema di sanzioni in caso di violazione degli obblighi previsti al suo articolo 213, paragrafo 1. Secondo una giurisprudenza costante, in mancanza di armonizzazione della normativa dell’Unione nel settore delle sanzioni applicabili in caso di inosservanza delle condizioni previste da un regime istituito da tale normativa, gli Stati membri possono scegliere le sanzioni che sembrano loro appropriate. Essi sono tuttavia tenuti ad esercitare la loro competenza nel rispetto del diritto dell’Unione e dei suoi principi generali e, di conseguenza, nel rispetto del principio di proporzionalità (sentenze del 21 settembre 1989, Commissione/Grecia, 68/88, Racc. pag. 2965, punto 23; del 16 dicembre 1992, Commissione/Grecia, C-210/91, Racc. pag. I-6735, punto 19, e del 26 ottobre 1995, Siesse, C-36/94, Racc. pag. I-3573, punto 21).

45      È quindi legittimo per gli Stati membri, al fine di garantire l’esatta riscossione dell’imposta e di evitare l’evasione, prevedere nelle rispettive normative nazionali sanzioni appropriate, volte a penalizzare il mancato rispetto dell’obbligo di iscrizione al registro dei soggetti passivi dell’IVA.

46      Siffatte sanzioni non devono tuttavia eccedere quanto è necessario per conseguire tali obiettivi (v., in tal senso, sentenze dell’8 maggio 2008, Ecotrade, C-95/07 e C-96/07, Racc. pag. I-3457, punti 65-67, nonché del 12 luglio 2012, EMS-Bulgaria Transport, C-284/11, punto 67).

47      Al fine di valutare se la sanzione di cui trattasi sia conforme al principio di proporzionalità, occorre tener conto in particolare della natura e della gravità dell’infrazione che detta sanzione mira a penalizzare, nonché delle modalità di determinazione dell’importo della sanzione stessa.

48      Per quanto riguarda, in primo luogo, la natura e la gravità dell’infrazione che la sanzione in esame mira a penalizzare, occorre sottolineare che quest’ultima ha lo scopo di sanzionare unicamente il mancato rispetto dell’obbligo di iscrizione al registro dei soggetti passivi dell’IVA. La Corte ha avuto modo di precisare a tale riguardo che gli obblighi previsti all’articolo 213 della direttiva sull’IVA, di cui fa parte l’obbligo per il soggetto passivo di dichiarare l’inizio della propria attività in qualità di soggetto passivo, costituiscono solo un requisito formale a fini di controllo (v., in tal senso, sentenza del 21 ottobre 2010, Nidera Handelscompagnie, C-385/09, Racc. pag. I-10385, punto 50).

49      La sanzione di cui trattasi non ha quindi lo scopo di garantire la riscossione dell’imposta dal debitore della medesima. Le competenti autorità possono infatti procedere ad una siffatta riscossione indipendentemente dal fatto che venga inflitta una sanzione per la mancata iscrizione.

50      Per quanto concerne, in secondo luogo, le modalità di determinazione dell’importo della sanzione di cui trattasi, occorre rilevare che essa costituisce una percentuale fissa, equivalente all’importo dell’imposta applicata sui beni ceduti, anche se l’oggetto della sanzione non è la riscossione dell’imposta, come specificato al punto precedente.

51      Occorre peraltro rilevare che, come risulta dalle osservazioni scritte del governo lettone, il legislatore lettone ha adottato nuove disposizioni che prevedono una graduazione delle sanzioni per la mancata iscrizione.

52      Nel caso di specie non è escluso che la modalità di determinazione dell’importo della sanzione possa eccedere quanto necessario per conseguire gli obiettivi indicati al punto 45 della presente sentenza.

53      Una siffatta sanzione può pertanto rivelarsi sproporzionata.

54      Spetta al giudice nazionale verificare se l’importo della sanzione non eccede quanto necessario per conseguire gli obiettivi consistenti nell’assicurare l’esatta riscossione dell’imposta ed evitare l’evasione, considerate le circostanze del caso di specie e in particolare la somma concretamente inflitta e l’eventuale sussistenza di un’evasione o di un’elusione della normativa applicabile imputabili al soggetto passivo la cui mancata iscrizione viene sanzionata.

55      Occorre pertanto rispondere alla seconda questione dichiarando che il diritto dell’Unione dev’essere interpretato nel senso che non è escluso che una norma del diritto nazionale, che consente di infliggere un’ammenda, equivalente all’importo della normale aliquota dell’IVA applicabile al valore dei beni oggetto delle cessioni eseguite, ad un singolo che è venuto meno al proprio obbligo di iscrizione al registro dei soggetti passivi dell’IVA e che non era debitore di detta imposta, sia contraria al principio di proporzionalità. Spetta al giudice nazionale verificare se l’importo della sanzione non ecceda quanto necessario per conseguire gli obiettivi consistenti nell’assicurare l’esatta riscossione dell’imposta ed evitare l’evasione, considerate le circostanze del caso di specie e in particolare la somma concretamente inflitta e l’eventuale sussistenza di un’evasione o di un’elusione della normativa applicabile imputabili al soggetto passivo la cui mancata iscrizione viene sanzionata.

 Sulla limitazione nel tempo degli effetti della risposta della Corte

56      Nelle sue osservazioni scritte il governo lettone ha chiesto alla Corte di limitare nel tempo gli effetti della sentenza che verrà pronunciata, nel caso in cui essa dichiarasse che cessioni di legname del tipo di quelle oggetto della prima questione pregiudiziale non costituiscono un’«attività economica» ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 2, della sesta direttiva, o che una normativa di diritto nazionale del tipo di quella oggetto della seconda questione pregiudiziale non rispetta il principio di proporzionalità.

57      Considerando la risposta data alla prima questione, non occorre pronunciarsi sulla domanda del governo lettone di limitare nel tempo gli effetti della risposta data dalla Corte alla questione stessa.

58      Per quanto concerne la limitazione nel tempo degli effetti della risposta data dalla Corte alla seconda questione, a sostegno della propria domanda il governo lettone ha fatto valere di aver agito in buona fede e che una siffatta sentenza della Corte avrebbe conseguenze finanziarie negative per l’erario, dal momento che le ammende inflitte dalle competenti autorità nel corso del periodo dal 2004 al 2008 ammontano a LVL 900 000.

59      Al riguardo si deve ricordare che solo in via eccezionale la Corte, applicando il principio generale della certezza del diritto inerente all’ordinamento giuridico dell’Unione, può essere indotta a limitare la possibilità per gli interessati di far valere una disposizione o un principio da essa interpretati onde rimettere in discussione rapporti giuridici costituiti in buona fede. Affinché una tale limitazione possa essere disposta, è necessario che siano soddisfatti due criteri essenziali, cioè la buona fede degli ambienti interessati e il rischio di gravi inconvenienti (v., in particolare, sentenze del 10 gennaio 2006, Skov e Bilka, C-402/03, Racc. pag. I-199, punto 51; del 18 gennaio 2007, Brzeziński, C-313/05, Racc. pag. I-513, punto 56 e giurisprudenza ivi citata, nonché del 3 giugno 2010, Kalinchev, C-2/09, Racc. pag. I-4939, punto 50).

60      Più specificamente, la Corte ha fatto ricorso a tale soluzione soltanto in presenza di circostanze ben precise, in particolare quando vi era un rischio di gravi ripercussioni economiche dovute, in particolare, all’elevato numero di rapporti giuridici costituiti in buona fede sulla base della normativa ritenuta validamente vigente e quando risultava che i singoli e le autorità nazionali erano stati indotti ad un comportamento non conforme alla normativa dell’Unione in ragione di una oggettiva e rilevante incertezza circa la portata delle disposizioni o dei principi del diritto dell’Unione, incertezza alla quale avevano eventualmente contribuito gli stessi comportamenti tenuti da altri Stati membri o dalla Commissione europea (v., in particolare, sentenza del 27 aprile 2006, Richards, C-423/04, Racc. pag. I-3585, punto 42, nonché sentenze Brzeziński, cit., punto 57, e Kalinchev, cit., punto 51).

61      Del pari, secondo costante giurisprudenza, le conseguenze finanziarie che potrebbero derivare per uno Stato membro da una sentenza pronunciata in via pregiudiziale non giustificano, di per sé, la limitazione dell’efficacia nel tempo di tale sentenza (sentenze del 20 settembre 2001, Grzelczyk, C-184/99, Racc. pag. I-6193, punto 52; del 15 marzo 2005, Bidar, C-209/03, Racc. pag. I-2119, punto 68, nonché sentenze Brzeziński, cit., punto 58, e Kalinchev, cit., punto 52).

62      A tale riguardo occorre rilevare che l’importo complessivo delle ammende inflitte dalle competenti autorità nazionali nel periodo dal 2004 al 2008, presentato dal governo lettone, non consente di valutare se tale importo sia relativo alle ammende oggetto della seconda questione pregiudiziale. Inoltre non è nemmeno stata comunicata alla Corte la misura di tale importo che può dar luogo ad un rimborso. È importante precisare a tale riguardo che, come risulta dalla conclusione a cui è giunta la Corte nell’ambito dell’esame di tale seconda questione pregiudiziale, devono costituire oggetto di un rimborso solamente gli importi che eccedono quanto necessario per assicurare l’esatta riscossione dell’imposta e per evitare l’evasione.

63      Di conseguenza, occorre constatare che l’esistenza di un rischio di gravi ripercussioni economiche, ai sensi della giurisprudenza citata al punto 60 della presente sentenza, tale da giustificare una limitazione degli effetti nel tempo della presente sentenza non può considerarsi provata.

64      In tali circostanze, non occorre verificare se sia soddisfatto il criterio relativo alla buona fede degli ambienti interessati.

65      Dalle considerazioni che precedono risulta che non è necessario limitare nel tempo gli effetti della presente sentenza.

 Sulle spese

66      Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Seconda Sezione) dichiara:

1)      L’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, come modificata dalla direttiva 2006/138/CE del Consiglio, del 19 dicembre 2006, dev’essere interpretato nel senso che le cessioni di legname effettuate da una persona fisica per rimediare a effetti causati da forza maggiore rientrano nell’ambito dello sfruttamento di un bene materiale che dev’essere qualificato come «attività economica» ai sensi di tale disposizione, allorché le suddette cessioni sono effettuate per ricavarne introiti aventi carattere di stabilità. Spetta al giudice nazionale procedere alla valutazione di tutti gli elementi della fattispecie per determinare se lo sfruttamento di un bene materiale, quale un bosco, sia diretto a ricavare introiti aventi carattere di stabilità.

2)      Il diritto dell’Unione dev’essere interpretato nel senso che non è escluso che una norma del diritto nazionale, che consente di infliggere un’ammenda, equivalente all’importo della normale aliquota dell’imposta sul valore aggiunto applicabile al valore dei beni oggetto delle cessioni eseguite, ad un singolo che è venuto meno al proprio obbligo di iscrizione al registro dei soggetti passivi dell’imposta sul valore aggiunto e che non era debitore di detta imposta, sia contraria al principio di proporzionalità. Spetta al giudice nazionale verificare se l’importo della sanzione non ecceda quanto necessario per conseguire gli obiettivi consistenti nell’assicurare l’esatta riscossione dell’imposta ed evitare l’evasione, considerate le circostanze del caso di specie e in particolare la somma concretamente inflitta e l’eventuale sussistenza di un’evasione o di un’elusione della normativa applicabile imputabili al soggetto passivo la cui mancata iscrizione viene sanzionata.

Firme


* Lingua processuale: il lettone.