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CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

PAOLO MENGOZZI

presentate il 21 marzo 2013 (1)

Causa C-322/11

K

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Korkein hallinto-oikeus (Finlandia)]

«Articoli 56 CE e 58 CE – Libera circolazione dei capitali – Normativa fiscale che vieta a un contribuente illimitatamente soggetto ad imposta di portare in deduzione la perdita relativa a un bene immobile situato in un altro Stato membro dall’utile derivante dalla cessione di titoli di credito nello Stato membro di imposizione – Ripartizione del potere impositivo – Convenzione contro le doppie imposizioni – Proporzionalità»





I –    Introduzione

1.        La domanda di pronuncia pregiudiziale in esame è stata proposta dal Korkein hallinto-oikeus (Finlandia) nell’ambito di una controversia che contrappone K, fiscalmente residente in Finlandia, all’amministrazione finanziaria finlandese e verte sul diniego opposto da quest’ultima di consentire la deduzione dai redditi da capitale tassati in Finlandia della minusvalenza subita nel 2004 in occasione della cessione di un immobile situato in Francia.

2.        Il suddetto diniego si fonda sull’applicazione del combinato disposto della convenzione tra la Repubblica francese e il governo della Repubblica di Finlandia diretta a evitare le doppie imposizioni e a prevenire l’evasione fiscale in materia di imposte sui redditi e sul patrimonio (in prosieguo: la «Convenzione franco-finlandese contro le doppie imposizioni»), firmata a Helsinki l’11 settembre 1970, della Tuloverolaki (legge finlandese sull’imposta sui redditi) nella versione in vigore per l’anno fiscale 2004, nonché delle norme della kansainvällisen kaksinkertaisen verotuksen poistamisesta annettu laki (legge contro le doppie imposizioni internazionali).

3.        Dalla legge finlandese sull’imposta sui redditi si evince che la plusvalenza realizzata con la cessione di un bene, anche immobile, costituisce un reddito da capitale imponibile e che la perdita scaturita dalla cessione di un siffatto bene può essere dedotta dalla plusvalenza derivante dalla cessione di un altro bene nel medesimo anno di imposta o nei tre anni successivi. L’aliquota forfettaria applicata nel 2004 ai redditi da capitale era del 29%.

4.        Tuttavia, per quanto riguarda i beni immobili collocati in Francia, dalla convenzione franco-finlandese contro le doppie imposizioni e dalla legge contro le doppie imposizioni internazionali risulta che i redditi provenienti da tali beni sono imponibili unicamente nello Stato contraente in cui essi sono situati. In applicazione del principio di simmetria, questo significa altresì che le perdite, interessi compresi, derivanti dalla cessione di immobili siti in Francia non sono deducibili in Finlandia.

5.        Ritenendo che il beneficio fiscale di cui intende avvalersi, ossia la possibilità di dedurre le minusvalenze subite in occasione della cessione di un bene immobile sito in Francia dalla plusvalenza realizzata con la cessione di titoli in Finlandia, derivi in particolare dall’esercizio della libera circolazione dei capitali, K proponeva ricorso contro il diniego opposto dall’amministrazione fiscale finlandese dinanzi al tribunale amministrativo di Turku.

6.        A seguito del rigetto di detto ricorso, K proponeva impugnazione dinanzi al giudice del rinvio.

7.        Dinanzi a quest’ultimo, K ha eccepito che, in caso di mancato accoglimento del proprio, l’indeducibilità delle perdite diverrebbe definitiva dal momento che egli è fiscalmente residente in Finlandia e non dispone in Francia di altre fonti di reddito o di altri beni. Orbene, una situazione siffatta contrasterebbe, in particolare, con l’articolo 56 CE e non potrebbe essere giustificata sulla base della ripartizione del potere impositivo tra gli Stati membri.

8.        Il giudice del rinvio osserva che un soggetto fiscalmente residente in Finlandia può ivi dedurre le perdite subite in occasione della cessione di un bene immobile sito in Finlandia nei modi stabiliti dalla legge finlandese sull’imposta sui redditi, ma non una minusvalenza derivante dalla cessione di un bene immobile sito in Francia. Il suddetto giudice precisa di aver già negato, in una controversia simile a quella oggetto del procedimento principale, la possibilità di portare in deduzione le perdite risultanti dalla vendita di un bene immobile situato in un altro Stato membro dai redditi imponibili in Finlandia, ma che tale causa è stata giudicata prima della pronuncia delle sentenze Lidl Belgium (2) e Krankenheim Ruhesitz am Wannsee-Seniorenheimstatt (3).

9.        Il giudice del rinvio ritiene, tuttavia, che la causa in esame si distingua dalle due sentenze succitate, in quanto la perdita subita da K, di cui questi chiede la deduzione in Finlandia, non è collegata a un’attività professionale esercitata attraverso una stabile organizzazione collocata in Francia. A tal proposito, egli osserva che, in caso di svolgimento di un’attività siffatta, sarebbe naturale presumere che la stabile organizzazione possa produrre in seguito un reddito da cui dedurre la perdita, il carattere definitivo di quest’ultima non sarebbe quindi certo e sussisterebbe il rischio di una sua doppia deduzione. Quando invece il soggetto passivo d’imposta non dispone più di fonti di reddito in un altro Stato membro che gli permettano di portare in deduzione le perdite, la situazione si presenta, in una certa misura, diversa quanto all’apprezzamento della definitività delle perdite, benché il regime fiscale francese preveda anch’esso la possibilità di dedurre le perdite derivanti dalla cessione di un bene dai redditi degli anni successivi.

10.      Sulla base delle suesposte considerazioni il Korkein hallinto-oikeus ha deciso di sospendere il giudizio e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se gli articoli [56 CE] e [58 CE] debbano essere interpretati nel senso che ostano ad una legislazione nazionale a norma della quale una persona fisica illimitatamente imponibile in Finlandia non può portare in deduzione, dagli utili derivanti dalla cessione di azioni tassate in Finlandia, le perdite derivanti dalla cessione di un bene immobile situato in Francia, laddove la persona illimitatamente imponibile in Finlandia possa nondimeno, in presenza di determinate condizioni, dedurre la perdita derivante dalla cessione di un bene immobile equivalente situato in Finlandia, dagli utili provenienti dalla cessione di titoli nel medesimo paese».

11.      Il ricorrente nel procedimento principale, i governi finlandese, tedesco, svedese e del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, nonché la Commissione europea hanno presentato osservazioni scritte davanti alla Corte.

12.      Nell’ambito delle misure di organizzazione del procedimento, la Corte ha rivolto alle parti interessate intervenute nella fase scritta del procedimento un quesito cui rispondere per iscritto relativo alla rilevanza, ai fini della presente causa, delle sentenze de Groot (4), Lakebrink e Peters-Lakebrink (5) nonché Renneberg (6) vertenti sulla rilevanza della capacità contributiva del contribuente. Le parti hanno ottemperato all’invito nel termine fissato.

13.      Le stesse parti hanno svolto le loro difese orali all’udienza tenutasi il 10 gennaio 2013, ad eccezione del governo del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord che non si è fatto rappresentare.

II – Analisi

14.      Le misure vietate dall’articolo 56, paragrafo 1, CE, in quanto restrizioni ai movimenti di capitali, comprendono, in particolare, quelle che sono idonee a dissuadere i residenti di uno Stato membro dal fare investimenti in altri Stati membri (7).

15.      Nel caso di specie, dall’applicazione del combinato disposto della normativa finlandese e della convenzione franco-finlandese contro la doppia imposizione emerge senza dubbio che le perdite sopportate da K per effetto della cessione del proprio immobile sito in Francia – di cui l’amministrazione finanziaria ha negato la deduzione in sede di tassazione della plusvalenza mobiliare realizzata da K in Finlandia, circostanza questa che è all’origine del procedimento principale – sarebbero state portate in deduzione in sede di tassazione di un’analoga plusvalenza mobiliare in Finlandia se l’immobile si fosse trovato in quest’ultimo Stato.

16.      L’applicazione del combinato disposto delle norme fiscali nazionali e della convenzione distingue tra i contribuenti a seconda del luogo in cui sono investiti i loro capitali all’interno dell’Unione europea ed è idonea a dissuadere i soggetti residenti in Finlandia dall’acquistare un bene immobile in uno Stato membro diverso dalla Repubblica di Finlandia. Essa costituisce, di conseguenza, una restrizione alla libera circolazione dei capitali, vietata, in linea di principio, dall’articolo 56, paragrafo 1, CE.

17.      Come risulta dalla giurisprudenza, una normativa tributaria di uno Stato membro che integra una tale restrizione ai movimenti di capitali può tuttavia essere considerata compatibile con le disposizioni del Trattato CE in materia di libera circolazione dei capitali se la differenza di trattamento che essa comporta riguardi situazioni che non sono oggettivamente paragonabili a norma dell’articolo 58, paragrafo 1, lettera a), CE, o se tale differenza di trattamento sia giustificata da ragioni imperative di interesse generale (8).

18.      K ritiene che le succitate condizioni non siano soddisfatte nella fattispecie del procedimento principale e che sarebbe inaccettabile che le perdite sopportate a seguito della vendita del proprio immobile in Francia non possano essere portate in deduzione né in tale Stato membro, né in Finlandia.

19.      Tutte le altre parti interessate sono di avviso contrario.

20.      Più precisamente, i governi finlandese, tedesco e svedese, oltre alla Commissione, ritengono, in via principale, che il diverso trattamento deriverebbe da una differenza oggettiva tra le situazioni. In linea con il governo del Regno Unito, le parti medesime sono parimenti dell’avviso, in via subordinata, che tale differenza di trattamento sia giustificata da ragioni imperative di interesse generale, vale a dire dall’equilibrata ripartizione del potere imperativo tra gli Stati membri come risulta dall’applicazione della convenzione franco-finlandese contro la doppia imposizione. I governi tedesco e svedese affermano altresì che una tale restrizione sarebbe necessaria al fine di evitare la doppia utilizzazione delle perdite.

21.      Aderisco, in sostanza, alle argomentazioni svolte dalle menzionate parti interessate.

22.      È evidente che, in applicazione dell’articolo 58, paragrafo 1, lettera a), CE, ogni distinzione tra i contribuenti in base allo Stato membro in cui investono i loro capitali non può essere automaticamente compatibile con il Trattato CE (9). Solo le differenze di trattamento fiscale fondate su una differenza oggettiva tra le diverse situazioni sono quindi ammissibili a tal titolo.

23.      Nel caso di specie, il diniego opposto dall’amministrazione finanziaria finlandese alla deduzione delle perdite subite da K in occasione della cessione dell’immobile di cui era proprietario in Francia dalla plusvalenza maturata sui suoi titoli, realizzata in Finlandia, si fonda sul criterio della localizzazione geografica dell’immobile succitato.

24.      La verifica dell’obiettività del suddetto criterio di differenziazione richiede necessariamente l’individuazione della sua origine e dell’obiettivo sottostante alla sua adozione, vale a dire la ripartizione convenzionale della competenza fiscale tra gli Stati membri di cui trattasi. Il rifiuto dell’amministrazione finanziaria finlandese di esercitare la propria competenza fiscale nel quadro del procedimento principale può essere, infatti, compreso soltanto alla luce delle disposizioni della convenzione franco-finlandese contro le doppie imposizioni.

25.      Orbene, questo esame si confonde con quello effettuato nel quadro della giustificazione delle restrizioni alla libera circolazione dei capitali a motivo dell’esistenza di una ragione imperativa d’interesse generale.

26.      Suggerisco, pertanto, di esaminare preliminarmente da questo punto di vista la compatibilità del diniego opposto dall’amministrazione finanziaria finlandese con la libera circolazione dei capitali.

27.      A questo proposito occorre ricordare che, allo stato attuale della giurisprudenza, l’equilibrata ripartizione del potere impositivo tra gli Stati membri può, in maniera autonoma, validamente annullare le restrizioni alle libertà di circolazione previste dal Trattato CE (10).

28.      Allo stadio attuale del diritto dell’Unione, quest’ultimo non indica inoltre, tranne che in alcuni casi non rilevanti ai fini della causa in esame (11), i criteri di ripartizione del potere impositivo tra gli Stati membri, ai fini, in particolare, di eliminare la doppia imposizione. Questi ultimi, in mancanza di misure di unificazione o di armonizzazione a livello di Unione, restano pertanto competenti a definire i suddetti criteri, in particolare mediante convenzione (12).

29.      Nel caso di specie, per quanto attiene alla tassazione dei redditi da beni immobili, l’articolo 6, paragrafo 1, della Convenzione franco-finlandese contro le doppie imposizioni prevede che essa rientri nella competenza dello Stato membro contraente sul cui territorio tali beni sono collocati.

30.      È pacifico che se la cessione dell’immobile di K, sito in Francia, avesse prodotto una plusvalenza, quest’ultima sarebbe stata imponibile in Francia, a norma della Convenzione franco-finlandese contro le doppie imposizioni e in ragione della base imponibile e dell’aliquota applicabili in tale Stato membro al momento della sua realizzazione.

31.      Dagli atti di causa e dalle osservazioni sottoposte alla Corte risulta inoltre che, in un tal caso, in forza della normativa fiscale finlandese, la Repubblica di Finlandia avrebbe integralmente esentato tale plusvalenza in sede di tassazione dei redditi di K in detto Stato membro, senza tenerne conto ad altro titolo.

32.      Dato che K ha subito una minusvalenza ovvero una perdita per effetto della cessione del suo immobile sito in Francia e tale perdita sembrerebbe essere definitiva nel suddetto Stato membro – in ragione delle circostanze esposte dal giudice del rinvio o, più in generale, in ragione del fatto che, come indicato dalla Commissione, le perdite immobiliari subite in Francia in relazione a un immobile sito all’interno di detto Stato membro non possono mai essere portate in deduzione dal reddito complessivo e neppure dalla plusvalenza realizzata in occasione della vendita di altro bene (13) – nel procedimento principale K chiede all’amministrazione finlandese di poter portare in deduzione detta perdita da una plusvalenza su titoli realizzata in Finlandia.

33.      È vero, come sostenuto da K all’udienza dinanzi alla Corte, che l’articolo 6, paragrafo 1, della Convenzione franco-finlandese contro le doppie imposizioni non prevede espressamente la fattispecie di minusvalenze immobiliari.

34.      Occorre tuttavia osservare che la disposizione de qua non si riferisce neppure, diversamente da altre norme di detta convenzione, agli «utili», ma attribuisce, in termini generali, la competenza fiscale sui «redditi» derivanti da un bene immobile allo Stato membro in cui tale bene è situato. Orbene, tali redditi possono essere sia positivi (utili o plusvalenze), sia negativi (perdite o minusvalenze).

35.      D’altronde, come riconosciuto dalla Corte nel contesto dalla tassazione delle società, la tutela della ripartizione del potere impositivo tra gli Stati membri potrebbe rendere necessaria l’applicazione delle norme tributarie di uno solo dei suddetti Stati per quanto riguarda tanto gli utili, quanto le perdite (14).

36.      Infatti, secondo la Corte, concedere alle società la possibilità di optare per la presa in considerazione delle loro perdite nello Stato membro in cui sono registrate o in un altro Stato membro comprometterebbe sensibilmente un’equilibrata ripartizione del potere impositivo tra gli Stati membri, dato che la base imponibile si troverebbe aumentata per il primo Stato e ridotta nel secondo, considerate le perdite trasferite (15).

37.      L’equilibrata ripartizione del potere impositivo tra gli Stati membri, che si può riflettere nelle disposizioni di una convenzione contro le doppie imposizioni, mira quindi a preservare la simmetria tra il diritto di tassare gli utili e la possibilità di dedurre le perdite (16).

38.      Questo approccio di principio, adottato riguardo alle società, è parimenti valido, a mio avviso, in relazione ai contribuenti persone fisiche in quanto, da un lato, esso si fonda su una delimitazione delle competenze fiscali tra gli Stati membri e, dall’altro, non sembra sussistere alcuna ragione obiettiva per dover distinguere, in linea di principio, tra i contribuenti a seconda che si tratti di persone giuridiche o di persone fisiche.

39.      Applicato alla situazione di un contribuente come K, questo approccio implica che il diniego dell’amministrazione finanziaria finlandese di riconoscere la deduzione delle perdite immobiliari controverse, che deriva essenzialmente dall’applicazione della Convenzione franco-finlandese contro le doppie imposizioni, è, in linea di principio, conforme agli articoli 56 CE e 58 CE.

40.      Tale diniego si fonda, infatti, sulla tutela del principio di simmetria in Finlandia, come risulta dall’applicazione del combinato disposto della Convenzione franco-finlandese contro le doppie imposizioni e della normativa fiscale finlandese, tra, rispettivamente, l’esenzione delle plusvalenze realizzate e l’indeducibilità delle perdite subite da un contribuente finlandese per effetto della cessione di un bene immobile situato in Francia o, viceversa, tra il diritto della Repubblica francese di tassare le plusvalenze risultanti dalla cessione di beni immobili situati sul suo territorio e la competenza riconosciutale di riconoscere la deduzione delle perdite immobiliari subite per effetto di tale cessione.

41.      In altri termini, dal momento che, in applicazione della Convenzione franco-finlandese contro le doppie imposizioni, la Repubblica di Finlandia non esercita alcuna competenza fiscale sui redditi derivanti dalla cessione di beni immobili siti in Francia, non le può essere richiesto, in linea di principio, di oltrepassare detta ripartizione bilaterale delle competenze impositive per tener conto soltanto delle perdite patite da uno dei suoi contribuenti per effetto della cessione di un bene di tal genere in Francia.

42.      Una soluzione in tal senso non è contraddetta da quella adottata nella succitata sentenza Renneberg.

43.      Ricordo che, in tale fattispecie, il sig. Renneberg, residente in Belgio ma che percepiva tutti i suoi redditi professionali (stipendio nel settore pubblico) nei Paesi Bassi, contestava il diniego opposto dall’amministrazione finanziaria olandese di considerare, ai fini della determinazione della base imponibile dell’imposta sui redditi conseguiti nei Paesi Bassi, le perdite locative relative a un immobile di cui era proprietario in Belgio. Per spiegare tale restrizione a una delle libertà di circolazione previste dal Trattato CE, nel caso di specie quella dei lavoratori, il governo olandese si richiamava alle norme della convenzione contro le doppie imposizioni stipulata con il Regno del Belgio la quale riconosceva a quest’ultimo la competenza fiscale sui redditi derivanti da un bene immobile situato sul suo territorio, mentre rimetteva al primo la tassazione degli stipendi percepiti da un agente della funzione pubblica olandese.

44.      Nell’esaminare la ragione della ripartizione del potere impositivo tra i suddetti due Stati membri dedotta dal governo olandese, la Corte ha riconosciuto, nel quadro della causa da cui è scaturita la citata sentenza Renneberg, che il fatto che le parti alla convenzione fiscale si siano avvalse della libertà di stabilire gli elementi di collegamento ai fini della determinazione della rispettiva competenza fiscale menzionata non significa per questo che il Regno dei Paesi Bassi sia privato di qualunque competenza a prendere in considerazione, ai fini della determinazione della base imponibile con riferimento ai redditi di un contribuente non residente che percepisca la parte essenziale o la totalità dei suoi redditi imponibili nei Paesi Bassi, i redditi negativi riguardanti un immobile situato in Belgio (17).

45.      Infatti, tenuto conto delle indicazioni fornite dal giudice del rinvio e delle risposte del governo olandese ai quesiti scritti posti dalla Corte, è risultato, come osservato dalla Corte in seguito alle mie conclusioni, che i redditi negativi collegati a un immobile sito in Belgio fossero tenuti in considerazione dall’amministrazione finanziaria olandese ai fini della determinazione del reddito imponibile dei contribuenti olandesi (18), cosicché il diniego di tener conto dei redditi negativi di contribuenti come il sig. Renneberg non derivava dall’elemento di collegamento scelto dalle parti alla convenzione fiscale, vale a dire, lo Stato membro nel cui territorio era situato l’immobile, bensì dipendeva, in realtà, dal fatto che detti contribuenti non possedevano lo status di residenti nei Paesi Bassi (19).

46.      In altri termini, contrariamente alla fattispecie oggetto del presente procedimento principale, il mancato riconoscimento al sig. Renneberg della deduzione delle perdite si fondava non sul criterio della localizzazione geografica del bene immobile stabilito di comune accordo dalle parti alla convenzione fiscale, ma sul luogo di residenza del contribuente, adottato unilateralmente dalle autorità olandesi.

47.      In questa fase del ragionamento occorre ancora verificare se il diniego opposto dall’amministrazione finanziaria finlandese a K sia proporzionato all’obiettivo perseguito (20), dal momento che, come sottolineato dal giudice del rinvio, le perdite subite dal suddetto contribuente in occasione della cessione del suo immobile sito in Francia diventerebbero definitive se esse non potessero essere portate in deduzione dalla plusvalenza sui titoli realizzata in Finlandia. Questo esame riguarda anche la questione se l’estensione di tale orientamento nell’ambito di una situazione come quella oggetto del procedimento principale sia coerente con la corrente giurisprudenza in materia di rilevanza della capacità contributiva dei contribuenti persone fisiche.

48.      Non vi è motivo di soffermarsi sui dubbi sollevati da talune delle parti interessate in merito al carattere definitivo delle perdite subite da K in occasione della cessione del suo immobile in Francia. Questi dubbi, a mio avviso, vanno superati, dal momento che, come del resto già osservato, le perdite immobiliari subite in Francia in relazione al bene immobile situato nel suddetto Stato membro non possono mai essere portate in deduzione né dal reddito complessivo, né dalla plusvalenza realizzata con la vendita di un altro bene (21). In ogni caso, la valutazione del carattere definitivo di determinate perdite grava sul giudice del rinvio.

49.      Se si parte dal presupposto della definitività delle perdite in questione, non esiste, diversamente da quanto affermato da talune parti interessate, alcun rischio di doppia utilizzazione delle perdite medesime, anche se la Repubblica di Finlandia dovesse riconoscerne la rilevanza fiscale.

50.      Tuttavia, alla luce del motivo di giustificazione qui esaminato, la posizione sostenuta da K equivale a esigere dalla Repubblica di Finlandia di ignorare o addirittura rinnegare la ripartizione convenzionale dei poteri impositivi concordata con la Repubblica di Francia, per lo meno per quanto riguarda la deduzione delle perdite patite da uno dei suoi contribuenti al momento della cessione del suo immobile sito in Francia.

51.      Ci si chiede se lo Stato membro di residenza di un contribuente come K debba riconoscere la deduzione delle suddette perdite immobiliari quando lo Stato membro sul cui territorio è situato il bene immobile non lo consente.

52.      Non sono di questa opinione.

53.      È vero che la Corte ha già affermato nelle citate sentenze de Groot e Renneberg, in merito all’interpretazione dell’articolo 39 CE, che «i meccanismi impiegati per eliminare la doppia imposizione o i sistemi tributari nazionali che hanno l’effetto di eliminarla o di attenuarla devono (...) assicurare ai contribuenti degli Stati membri interessati che, globalmente, l’insieme della loro situazione familiare e personale sarà debitamente preso in considerazione, quale che sia il modo in cui gli Stati membri interessati si sono ripartiti tale obbligo, pena creare una disparità di trattamento incompatibile con le disposizioni del Trattato sulla libera circolazione dei lavoratori, che non risulterebbe affatto dalle disparità esistenti tra le normative tributarie nazionali» (22), considerazioni che si applicano anche alla «presa in considerazione della capacità contributiva globale dei lavoratori» (23).

54.      Indipendentemente dal collegamento della fattispecie oggetto del procedimento principale alla «situazione familiare e personale» dei contribuenti o alla loro «capacità contributiva globale», l’affermazione riportata al paragrafo che precede deve, a mio avviso, essere inserita nel contesto di ciascuna delle suddette cause.

55.      A questo riguardo, il punto comune più rilevante di queste due cause è che lo Stato membro al quale è stato chiesto di riconoscere le deduzioni controverse (deduzioni di carattere personale e familiare sul reddito da lavoro nella causa da cui è scaturita la citata sentenza de Groot, deduzione di redditi locativi negativi ai fini della determinazione della base imponibile dell’imposta sui redditi da lavoro nella causa da cui è scaturita la menzionata Renneberg) (24), vale a dire lo Stato membro di residenza nella causa da cui è scaturita la citata sentenza de Groot e lo Stato membro di occupazione nella causa da cui è scaturita la menzionata sentenza Renneberg, esercitava, seppur limitatamente, la sua competenza fiscale sui suddetti redditi, senza tuttavia riconoscere ai contribuenti di cui trattasi i vantaggi fiscali di cui beneficiavano i contribuenti che si trovavano in una situazione analoga (nei due suddetti casi, i contribuenti residenti).

56.      In simili circostanze è evidente che l’estensione del trattamento fiscale accordato ai contribuenti residenti in una situazione puramente interna a favore, da un lato, di contribuenti residenti che percepiscano redditi professionali provenienti da altri Stati membri (situazione alla base della menzionata sentenza de Groot) e, dall’altro, a contribuenti che non siano residenti ma percepiscano tutti i loro redditi professionali nello Stato membro d’occupazione (situazione alla base della menzionata sentenza Renneberg) rimette in discussione solo le modalità di esercizio della competenza fiscale dello Stato membro destinatario della richiesta.

57.      Le due fattispecie or ora esaminate (25) si differenziano, quindi, da quella all’origine della presente causa, nella quale un contribuente chiede allo Stato membro in cui risiede di riconoscergli una deduzione collegata a una categoria di redditi, vale a dire i redditi da cessione di un bene immobile situato in un altro Stato membro, sui quali esso non esercita nessuna competenza fiscale.

58.      Resta ancora da verificare, sempre quanto alla proporzionalità del diniego opposto dall’amministrazione finanziaria finlandese, se la fattispecie in esame rientri in quella che numerose tra le parti interessate hanno qualificato come «l’eccezione Marks & Spencer» (26).

59.      Ricordo che nella causa da cui è scaturita la menzionata sentenza Marks & Spencer la Corte è stata, sostanzialmente, chiamata a decidere se la libertà di stabilimento osti a una normativa fiscale nazionale che esclude la possibilità, per una società madre, di portare in deduzione le perdite subite in un altro Stato membro da una società controllata registrata sul territorio di quest’ultimo, laddove riconosce tale possibilità in relazione alle perdite subite da una società controllata detta «residente» («sgravio di gruppo»).

60.      Benché la Corte abbia rapidamente riconosciuto che la normativa fiscale controversa integra una restrizione alla libertà di stabilimento, essa ha ritenuto che tale restrizione potesse essere giustificata alla luce dei tre motivi dedotti dagli Stati membri nel corso del procedimento dinanzi alla Corte stessa, considerati nel loro insieme, ossia la tutela della ripartizione del potere impositivo tra gli Stati membri, il rischio del duplice uso delle perdite e il rischio di evasione fiscale.

61.      Essa ha tuttavia affermato, al punto 55 della citata sentenza Marks & Spencer, che:

«(…) la misura restrittiva [contestata eccedeva quanto necessario] per il conseguimento sostanziale degli scopi perseguiti in una situazione in cui:

–        la controllata non residente ha esaurito le possibilità di presa in considerazione delle perdite esistenti nel suo Stato di residenza per l’esercizio fiscale considerato nella domanda di sgravio, nonché degli esercizi fiscali precedenti, eventualmente mediante un trasferimento di tali perdite a un terzo, oppure l’imputazione delle dette perdite ai profitti realizzati dalla controllata durante gli esercizi precedenti, e

–        le perdite della controllata estera non possano essere prese in considerazione nel suo Stato di residenza per gli esercizi fiscali futuri né da essa stessa, né da un terzo, in particolare in caso di cessione a quest’ultimo della controllata».

62.      Senza ulteriori spiegazioni, la Corte ne ha desunto che, laddove in uno Stato membro la controllante residente dimostri all’amministrazione finanziaria che tali condizioni sono soddisfatte, risulta contrario alla libertà di stabilimento escludere la possibilità per quest’ultima di portare in deduzione dal proprio reddito imponibile in tale Stato membro le perdite subite dalla propria controllata non residente (27).

63.      In seguito, sancendo progressivamente il carattere autonomo della giustificazione collegata alla ripartizione del potere impositivo tra gli Stati membri, la Corte, nelle sentenze successive in materia di rilevanza delle perdite transfrontaliere, è sembrata orientata a discostarsi dall’«eccezione Marks & Spencer».

64.      In tal senso, nella menzionata sentenza Lidl Belgium, relativa al trattamento fiscale delle perdite di un’organizzazione stabile, situata in Lussemburgo (Lussemburgo), di tale società, la Corte, nel riconoscere la proporzionalità della normativa fiscale controversa nella suddetta causa, non ha soltanto escluso che la società in causa soddisfacesse le condizioni per l’applicazione di detta eccezione (28), ma ha aggiunto, più in generale, che «qualora una convenzione contro la doppia imposizione abbia attribuito allo Stato membro in cui è situata la stabile organizzazione il potere impositivo sui redditi di quest’ultima, il fatto di concedere alla società principale la possibilità di optare per la deduzione delle perdite della suddetta stabile organizzazione nello Stato membro in cui ha sede o in un altro Stato membro comprometterebbe sensibilmente un’equilibrata ripartizione del potere impositivo tra gli Stati membri interessati» (29).

65.      Più di recente, come ha osservato l’avvocato generale Kokott (30), nella succitata sentenza X Holding, fondata sul motivo della tutela della ripartizione del potere impositivo, la Corte non ha menzionato «l’eccezione Marks & Spencer» nell’esaminare in dettaglio la proporzionalità di una normativa fiscale di uno Stato membro che nega a una società madre la possibilità di costituire un’entità fiscale unica con la propria controllata non residente (il che le avrebbe consentito di scegliere liberamente il regime fiscale applicabile alle perdite di detta controllata), qualora gli utili di quest’ultima non siano soggetti alla normativa tributaria dello Stato membro medesimo.

66.      Tale orientamento risulta perfettamente comprensibile, dal momento che imporre allo Stato membro cui non spetta la competenza impositiva l’obbligo di riconoscere le perdite insorte nell’ambito della competenza di un altro Stato membro, qualora tali perdite non possano o non possano più essere prese in considerazione in tale ultimo Stato membro, significa, in definitiva, ignorare l’obiettivo dell’equilibrata ripartizione del potere impositivo. In questo caso, infatti, tale obiettivo non viene più conseguito (31).

67.      È quindi tenendo conto degli sviluppi giurisprudenziali più recenti che l’avvocato generale Kokott ha ritenuto che «l’eccezione Marks & Spencer», di cui del resto ha sottolineato l’origine oscura e incomprensibile (32), non dovesse più trovare applicazione nel caso in cui la giustificazione invocata riguardasse unicamente la ripartizione del potere impositivo tra gli Stati membri (33).

68.      Nel quadro della causa nella quale ha formulato la suddetta proposta, vertente sul diniego opposto dall’amministrazione finanziaria finlandese a una società finlandese di portare in deduzione le perdite subite dalla sua controllata svedese che aveva cessato la sua attività e con la quale essa intendeva attuare una fusione, l’avvocato generale Kokott ha suggerito alla Corte, in via principale, di accertare che il diniego suddetto era giustificato alla luce dell’obiettivo di tutelare la ripartizione delle competenze fiscali, a prescindere dal fatto che la società controllata svedese disponesse o meno ancora della possibilità di far valere il proprio riporto delle perdite nello Stato membro in cui aveva la sua sede (34).

69.      Nella sentenza del 21 febbraio 2013, A, (35) la Corte non ha tuttavia fatto propria tale proposta e ha essenzialmente ripreso lo schema d’esame adottato nella citata sentenza Marks & Spencer.

70.      Dopo aver esaminato, in limine, la misura restrittiva finlandese alla luce dei tre motivi di giustificazione già dedotti nella causa Marks & Spencer (36), la Corte, procedendo poi alla verifica della proporzionalità della misura de qua tenuto conto della «parte essenziale [di tali] scopi» (37), ha ricordato che, affinché il detto criterio sia soddisfatto, occorreva consentire alla società controllante di provare che la propria controllata svedese avesse esaurito le possibilità di contabilizzare tali perdite nel proprio Stato di residenza e che non sussistesse la possibilità di contabilizzazione delle perdite medesime in tale Stato in futuri esercizi d’imposta (38).

71.      Alla luce del chiaro orientamento proposto dall’avvocato generale Kokott nelle proprie conclusioni, un richiamo tanto esplicito all’«eccezione Marks & Spencer» non è certamente fortuito.

72.      La citata sentenza del 21 febbraio 2013, A, non fornisce tuttavia alcuna spiegazione delle ragioni che regolano l’applicazione dell’eccezione de qua. Tali spiegazioni sarebbero state tanto più necessarie dal momento che la sentenza in parola interviene a fronte di un orientamento giurisprudenziale che, come detto in precedenza, lascia prevedere che «l’eccezione Marks & Spencer» sia stata abbandonata o, quantomeno, sia sul punto di esserlo.

73.      Se, come emerge dalla citata sentenza A, non è questo il caso, la Corte non ci spiega in alcun modo i criteri che permettono di determinare le situazioni nelle quali tale eccezione è applicabile e quelle in cui non lo è.

74.      Una chiave di lettura che si può prendere in considerazione, ma che a mio avviso deve essere esclusa, è quella del numero e della natura dei motivi di giustificazione proposti.

75.      A mio avviso, infatti, la circostanza che la Corte abbia esaminato, in linea con la causa da cui è scaturita la citata sentenza Marks & Spencer, i tre motivi di giustificazione invocati nella causa da cui è scaturita la menzionata sentenza del 21 febbraio 2013, A, tra cui, ricordo, quello della ripartizione del potere impositivo tra gli Stati membri, non deve portare a una conclusione diversa, sotto il profilo della proporzionalità del provvedimento fiscale de quo, rispetto al caso in cui la Corte è stata chiamata a esaminare tale giustificazione in chiave autonoma.

76.      Se, logicamente, e come si è già detto, la ripartizione del potere impositivo tra gli Stati membri può, di per sé, rendere superflua ogni verifica circa l’esaurimento delle possibilità di rilevanza delle perdite di una controllata non residente nello Stato membro in cui abbia la propria sede, non si vede allora come su tale capacità di escludere detto esame possa incidere la coesistenza di un siffatto obiettivo d’interesse generale con altri motivi di giustificazione perseguiti da uno stesso provvedimento fiscale nazionale.

77.      Un’altra spiegazione, a mio avviso certamente più convincente, può ravvisarsi nell’origine convenzionale o unilaterale dell’obiettivo perseguito dallo Stato membro e dalla misura restrittiva adottata per conseguirlo.

78.      Così, nel caso in cui la misura tributaria derivi direttamente dalla ripartizione convenzionale della competenza fiscale tra gli Stati membri, non vi è motivo di discutere dell’esaurimento delle possibilità di rilevanza fiscale delle perdite nello Stato membro competente, dal momento che la restrizione risulta direttamente dalla ripartizione compiuta mediante la convenzione tributaria e non dall’applicazione di un solo regime fiscale.

79.      Questa è peraltro la soluzione accolta dalla Corte ai punti da 47 a 52 della menzionata sentenza Krankenheim Ruhesitz am Wannsee-Seniorenheimstatt, richiamata dal giudice del rinvio, e già profilata nella citata sentenza Lidl Belgium.

80.      Nel caso in cui l’obiettivo e la misura restrittiva volta al suo conseguimento rientrino semplicemente in un solo regime fiscale (adottato unilateralmente), si potrà invece considerare l’applicazione dell’«eccezione Marks & Spencer».

81.      Seguendo tale approccio, si dovrà ritenere che il diniego opposto a K, che trae origine direttamente dalle norme della Convenzione franco-finlandese contro le doppie imposizioni, sia proporzionato all’obiettivo di ripartizione del potere impositivo tra gli Stati membri, senza che occorra esaminare la questione della definitività delle perdite immobiliari subite da K in Francia.

82.      Una simile interpretazione dell’«eccezione Marks & Spencer» si scontra, tuttavia, con taluni ostacoli.

83.      Da un lato, essa dipende fortemente da aspetti procedurali quali la rilevanza o meno, nel quadro giuridico di un rinvio pregiudiziale, delle norme di una convenzione fiscale (39).

84.      Dall’altro, cosa ancor più importante, essa non corrisponde allo stato attuale della giurisprudenza.

85.      Così, benché nella causa da cui è scaturita la citata sentenza X Holding la restrizione controversa (l’impossibilità per una società controllante di costituire un’entità economica unica con la propria controllata non residente) traesse origine da una misura unilaterale olandese, la Corte l’ha ritenuta, in conclusione, proporzionata all’obiettivo della ripartizione del potere impositivo laddove gli utili della controllata non residente non fossero sottoposti alla normativa fiscale olandese, senza preliminarmente verificare l’applicabilità dell’«eccezione Marks & Spencer».

86.      Allo stesso modo, ma nella situazione opposta, la Corte, nella sua sentenza Lidl Belgium, già citata, dopo aver osservato che nel procedimento principale non erano soddisfatte le condizioni ai fini dell’applicazione dell’«eccezione Marks & Spencer», ha dichiarato che la libertà di stabilimento non osta a che una società stabilita in uno Stato membro non possa dedurre dalla propria base imponibile le perdite attinenti ad una stabile organizzazione di sua appartenenza situata in un altro Stato membro, quando la restrizione controversa discenda da una convenzione fiscale bilaterale conclusa tra i due Stati membri interessati (40).

87.      In definitiva, non sono chiari i casi in cui la Corte applica l’«eccezione Marks & Spencer», come correttamente osservato dall’avvocato generale Kokott nelle proprie conclusioni nella causa da cui è scaturita la menzionata sentenza del 21 febbraio 2013, A.

88.      Per i motivi esposti in precedenza, e per ragioni di certezza del diritto, la Corte potrebbe cogliere l’occasione per chiarire l’applicazione di detta eccezione e per precisarne la ratio.

89.      In caso contrario, e in mancanza di un abbandono puro e semplice dell’eccezione di cui trattasi rispetto alle fattispecie in cui le restrizioni fiscali trovino giustificazione nella tutela dell’equilibrata ripetizione del potere impositivo tra gli Stati membri, la Corte potrebbe, quantomeno in un primo momento, limitare l’applicazione dell’eccezione de qua ai casi in cui le restrizioni di cui trattasi traggano origine soltanto da provvedimenti unilaterali degli Stati membri, proposta che può trovare conforto nella motivazione della citata sentenza Krankenheim Ruhesitz am Wannsee-Seniorenheimstatt.

90.      In ogni caso, obbligare la Repubblica di Finlandia, nel caso di specie, a oltrepassare, seppure ai fini del rispetto del principio di proporzionalità, la ripartizione della competenza fiscale, quale risultante dalla scelta compiuta nella Convenzione franco-finlandese contro le doppie imposizioni rimetterebbe in discussione la giurisprudenza con cui la Corte ha riconosciuto la competenza esclusiva degli Stati membri. Non ritengo possibile proporre alla Corte tale orientamento.

91.      Per questi motivi suggerisco di rispondere alla questione pregiudiziale nel senso che gli articoli 56 CE e 58 CE non ostano a che uno Stato membro, in forza di una convenzione contro le doppie imposizioni, neghi a un contribuente fiscalmente residente in detto Stato membro la possibilità di portare in deduzione le perdite subite in occasione della cessione di un bene immobile sito in un altro Stato membro, dalle plusvalenze, imponibili nel primo Stato membro, maturate con la vendita di titoli di credito, benché un contribuente fiscalmente residente in quello stesso Stato membro possa, in presenza di determinate condizioni, dedurre dai propri redditi da capitale le perdite subite a seguito della cessione di un analogo bene immobile situato nello Stato membro medesimo.

III – Conclusione

92.      Sulla base delle suesposte considerazioni, propongo alla Corte di rispondere alla questione pregiudiziale sollevata dal Korkein hallinto-oikeus nei termini seguenti:

Gli articoli 56 CE e 58 CE non ostano a che uno Stato membro, in forza di una convenzione contro le doppie imposizioni, neghi a un contribuente fiscalmente residente in detto Stato membro la possibilità di portare in deduzione le perdite subite in occasione della cessione di un bene immobile sito in un altro Stato membro, dalle plusvalenze, imponibili nel primo Stato membro, maturate con la vendita di titoli di credito, benché un contribuente fiscalmente residente in quello stesso Stato membro possa, in presenza di determinate condizioni, dedurre dai propri redditi da capitali le perdite subite a seguito della cessione di un analogo bene immobile situato nello Stato membro medesimo.


1 –      Lingua originale: il francese.


2 –      Sentenza del 15 maggio 2008 (C-414/06, Racc. pag. I-3601).


3 –      Sentenza del 23 ottobre 2008 (C-157/07, Racc. pag. I-8061).


4 –      Sentenza del 12 dicembre 2002 (C-385/00, Racc. pag. I-11819).


5 –      Sentenza del 18 luglio 2007 (C-182/06, Racc. pag. I-6705).


6 –      Sentenza del 16 ottobre 2008 (C-527/06, Racc. pag. I-7735).


7 – V., in tal senso, in particolare, sentenze del 18 dicembre 2007, A (C-101/05, Racc. pag. I-11531, punto 40), nonché del 10 febbraio 2011, Haribo Lakritzen Hans Riegel e Österreichische Salinen (C-436/08 e C-437/08, Racc. pag. I-305, punto 50).


8 –      V., in tal senso, segnatamente, sentenza del 10 maggio 2012, FIM Santander Top 25 Euro Fi e a. (da C-338/11 a C-347/11, punto 23 e giurisprudenza citata).


9-–      V., in particolare, in tal senso, sentenze del 17 gennaio 2008, Jäger (C-256/06, Racc. pag. I-123, punto 40), e del 22 aprile 2010, Mattner (C-510/08, Racc. pag. I-3553, punto 32).


10 – V., quanto alla libera circolazione dei capitali, sentenze Haribo Lakritzen Hans Riegel e Österreichische Salinen, cit. (punto 121), nonché, in tal senso, FIM Santander Top 25 Euro Fi e a., cit. (punto 47). V. altresì, per quanto attiene alla libertà di stabilimento, sentenze del 25 febbraio 2010, X Holding (C-337/08, Racc. pag. I-1215, punti da 27 a 33); del 29 novembre 2011, National Grid Indus (C-371/10, Racc. pag. I-12273, punto 45), e del 6 settembre 2012, Philips Electronics (C-18/11, punto 23).


11 – V. direttiva 90/435/CEE del Consiglio, del 23 luglio 1990, concernente il regime fiscale comune applicabile alle società madri e figlie di Stati membri diversi (GU L 225, pag. 6) e direttiva 2003/48/CE del Consiglio, del 3 giugno 2003, in materia di tassazione dei redditi da risparmio sotto forma di pagamenti di interessi (GU L 157, pag. 38).


12 – V., in tal senso, in particolare, sentenze del 16 luglio 2009, Damseaux (C-128/08, Racc. pag. I-6823, punti 29 e 30, e giurisprudenza citata), nonché del 20 ottobre 2011, Commissione/Germania (C-284/09, Racc. pag. I-9879, punto 46 e giurisprudenza citata).


13 – V. altresì le informazioni ufficiali dell’amministrazione francese sulla tassazione delle plusvalenze immobiliari disponibili sul sito http://vosdroits.service-public.fr/F10864.xhtml


14 – V., in particolare, sentenze del 13 dicembre 2005, Marks & Spencer (C-446/03, Racc. pag. I-10837, punto 45); Lidl Belgium, cit. (punto 31), e X Holding, cit. (punto 28).


15 – V., in particolare, sentenze citate Lidl Belgium (punto 32), e X Holding (punto 29).


16 – V., in tal senso, sentenza Lidl Belgium cit. (punto 33). V. altresì sentenza Philips Electronic, cit. (punto 24).


17 –      Sentenza Renneberg, cit. (punto 52).


18 –      Ibidem (punti da 53 a 56).


19 –      Ibidem (punti 57 e 58). V. altresì il paragrafo 82 delle mie conclusioni presentate nell’ambito di detta causa.


20 – Conformemente alla giurisprudenza, le restrizioni alla libera circolazione dei capitali devono non soltanto essere idonee a garantire il conseguimento dell’obiettivo di interesse generale perseguito, ma anche non eccedere quanto necessario al suo raggiungimento: v., ad esempio, sentenza del 25 gennaio 2007, Festersen (C-370/05, Racc. pag. I-1129, punto 26 e giurisprudenza citata).


21 –      V. paragrafo 32 supra.


22 – Sentenze citate de Groot (punto 101) e Renneberg (punto 70) (il corsivo è mio).


23 –      Sentenza Renneberg, cit. (punto 70).


24 – V. inoltre, quanto a una richiesta di deduzioni di tipo personale e familiare dai redditi da capitali percepiti all’estero da contribuenti tedeschi rispetto alla libera circolazione dei capitali, sentenza del 28 febbraio 2013, Beker (C-168/11).


25 – Oltre a quella che ha portato alla sentenza Beker, cit. simile, come osservato dalla Corte in particolare al punto 45 della sentenza medesima, alla situazione alla base della sentenza de Groot, cit.


26 –      Sentenza Marks & Spencer, cit. (punti 55 e 56).


27 – Sentenza Marks & Spencer, cit. (punto 56).


28 –      Sentenza Lidl Belgium, cit. (punto 51).


29 –      Ibidem (punto 52). La Corte si richiama, al riguardo, al punto 55 della sua sentenza del 18 luglio 2007, Oy AA (C-231/05, Racc. pag. I-6373), vertente sui trasferimenti finanziari infragruppo.


30 –      Paragrafo 53 delle conclusioni nella causa che ha dato origine alla sentenza del 21 febbraio 2013, A (C-123/11).


31 – V., in particolare, paragrafo 51 delle conclusioni dell’avvocato generale Kokott nella causa cui è scaturita la sentenza del 21 febbraio 2013, A, cit. V. altresì sentenza del 28 febbraio 2008, Deutsche Shell (C-293/06, Racc. pag. I-1129, punto 42), in cui si afferma che: «Il suddetto potere [di ripartizione del potere impositivo] comporta altresì che uno Stato membro non possa essere tenuto a prendere in considerazione, ai fini dall’applicazione della propria normativa fiscale, i risultati negativi di un centro di attività stabile situato in un altro Stato membro e appartenente ad una società la cui sede si trova sul territorio del primo Stato, unicamente perché tali risultati non possono essere presi in considerazione, a livello fiscale, nello Stato membro in cui è situato il centro di attività stabile», oltre alla succitata sentenza Krankenheim Ruhesitz am Wannsee-Seniorenheimstatt (punto 49).


32 –      V. paragrafi 2 e 3 delle conclusioni nella causa da cui è scaturita la sentenza del 21 febbraio 2013, A, cit.


33 –      Ibidem (punto 52).


34 –      Ibidem (punto 54).


35 – Cit.


36 –      Sentenza del 21 febbraio 2013, A, cit. (punti da 40 a 46).


37 –      Ibidem (punto 49).


38 –      Ibidem (punto 56 e punto 1 del dispositivo).


39 – V., quanto alla mancata presa in considerazione di una convenzione di tal genere da parte della Corte a motivo della sua mancata indicazione, da parte del giudice del rinvio, nel contesto normativo della causa principale, sentenza dell’8 novembre 2007, Amurta (C-379/05, Racc. pag. I-9569, punti da 81 a 83).


40 – V., in particolare, il contesto normativo illustrato dalla Corte ai punti da 3 a 7, nonché ai punti 28 e 52 e il dispositivo della sentenza Lidl Belgium, cit.