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SENTENZA DELLA CORTE (Seconda Sezione)

14 marzo 2013 (*)

«IVA – Direttiva 2006/112/CE – Articoli 213, 214 e 273 - Identificazione dei soggetti passivi dell’IVA – Rifiuto di attribuire un numero di identificazione IVA in base al motivo che il soggetto passivo non dispone dei mezzi materiali, tecnici e finanziari per svolgere l’attività economica dichiarata – Legittimità – Lotta all’evasione fiscale – Principio di proporzionalità»

Nella causa C-527/11,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dall’Augstākās tiesas Senāts (Lettonia), con decisione del 12 ottobre 2011, pervenuta in cancelleria il 18 ottobre 2011, nel procedimento

Valsts ieņēmumu dienests

contro

Ablessio SIA,

LA CORTE (Seconda Sezione),

composta dal sig. A. Rosas, facente funzione di presidente della Seconda Sezione, dai sigg. U. Lõhmus (relatore), A. Ó Caoimh, A. Arabadjiev e C.G. Fernlund, giudici,

avvocato generale: sig.ra E. Sharpston

cancelliere: sig. A. Calot Escobar

vista la fase scritta del procedimento,

considerate le osservazioni presentate:

–        per il Valsts ieņēmumu dienests, da T. Kravalis, in qualità di agente,

–        per il governo lettone, da I. Kalniņš e I. Ņesterova, in qualità di agenti,

–        per il governo estone, da M. Linntam, in qualità di agente,

–        per la Commissione europea, da C. Soulay e E. Kalniņš, in qualità di agenti,

vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione degli articoli 213, 214 e 273 della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (GU L 347, pag. 1).

2        Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra il Valsts ieņēmumu dienests (amministrazione tributaria statale lettone; in prosieguo: il «VID») alla Ablessio SIA (in prosieguo: la «Ablessio») relativamente alla mancata iscrizione di quest’ultima nel registro dei soggetti passivi dell’imposta sul valore aggiunto (in prosieguo: l’«IVA»).

 Contesto normativo

 La direttiva 2006/112

3        L’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva 2006/112 così definisce le nozioni di «soggetto passivo» e di «attività economica»:

«Si considera “soggetto passivo” chiunque esercita, in modo indipendente e in qualsiasi luogo, un’attività economica, indipendentemente dallo scopo o dai risultati di detta attività.

Si considera “attività economica” ogni attività di produzione, di commercializzazione o di prestazione di servizi, comprese le attività estrattive, agricole, nonché quelle di professione libera o assimilate. Si considera, in particolare, attività economica lo sfruttamento di un bene materiale o immateriale per ricavarne introiti aventi carattere di stabilità».

4        Ai sensi dell’articolo 213, paragrafo 1, della medesima direttiva:

«Il soggetto passivo deve dichiarare l’inizio, la variazione e la cessazione della propria attività in qualità di soggetto passivo.

Gli Stati membri autorizzano, e possono esigere, che la dichiarazione sia effettuata, alle condizioni da essi definite, per via elettronica».

5        L’articolo 214 della direttiva in parola stabilisce che:

«1.      Gli Stati membri prendono i provvedimenti necessari affinché siano identificate tramite un numero individuale le persone seguenti:

a)      ogni soggetto passivo, fatta eccezione per quelli di cui all’articolo 9, paragrafo 2, che effettua nel loro rispettivo territorio cessioni di beni o prestazioni di servizi che gli diano diritto a detrazione, diverse dalle cessioni di beni o prestazioni di servizi per le quali l’IVA è dovuta unicamente dal destinatario a norma degli articoli da 194 a 197 e 199;

b)      ogni soggetto passivo, o ente non soggetto passivo, che effettua acquisti intracomunitari di beni soggetti all’IVA a norma dell’articolo 2, paragrafo 1, lettera b), o che ha esercitato l’opzione prevista all’articolo 3, paragrafo 3, per l’assoggettamento all’IVA dei suoi acquisti intracomunitari;

(...)

2.      Gli Stati membri possono non identificare determinati soggetti passivi che effettuano operazioni a titolo occasionale ai sensi dell’articolo 12 (...)».

6        Ai sensi dell’articolo 273, primo comma, della direttiva 2006/11:

«Gli Stati membri possono stabilire, nel rispetto della parità di trattamento delle operazioni interne e delle operazioni effettuate tra Stati membri da soggetti passivi, altri obblighi che essi ritengono necessari ad assicurare l’esatta riscossione dell’IVA e ad evitare le evasioni, a condizione che questi obblighi non diano luogo, negli scambi tra Stati membri, a formalità connesse con il passaggio di una frontiera».

 Il diritto lettone

7        La legge relativa all’imposta sul valore aggiunto (Likums Par pievienotās vērtības nodokli, Latvijas Vēstnesis, 1995, n. 49), nella sua versione applicabile ai fatti di cui alla controversia principale (in prosieguo: la «legge relativa all’IVA»), all’articolo 3, paragrafo 1-1, secondo comma dispone quanto segue:

«Il VID può legittimamente rifiutare di procedere all’iscrizione di una persona nel registro dei soggetti passivi dell’IVA quando detta persona:

1)      non può essere contattata all’indirizzo della sede legale o presso la residenza dichiarata, o

2)      dopo domanda del VID, non fornisca informazioni o fornisca informazioni false riguardo alle capacità materiali, tecniche e finanziarie necessarie per svolgere l’attività economica dichiarata».

8        Ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 5, della legge menzionata:

«Se il valore complessivo delle cessioni di beni e delle prestazioni di servizio soggette all’IVA realizzate da una persona fisica o giuridica e da un raggruppamento delle menzionate persone o dei loro rappresentanti in virtù di un contratto o di un accordo non raggiunge o non supera l’importo di LVL 10 000 nel corso dei dodici mesi precedenti, le suddette persone, tale raggruppamento o i loro rappresentanti hanno il diritto di non comparire nel registro dei soggetti passivi tenuto dal VID. Tale disposizione si applica parimenti agli enti finanziati dal bilancio dello Stato. I soggetti che fanno uso della facoltà prevista nel presente paragrafo hanno l’obbligo di iscrizione nel registro di cui trattasi entro trenta giorni dal momento in cui il suddetto importo viene raggiunto o superato».

 Procedimento principale e questioni pregiudiziali

9        La Ablessio, società lettone a responsabilità limitata, presentava al VID richiesta di iscrizione nel registro dei soggetti passivi dell’IVA. Con decisione del 15 novembre 2007, confermata successivamente ad un reclamo con una decisione del 27 novembre 2007, il VID ha negato l’iscrizione di cui trattasi, adducendo che la società in questione non disponeva delle capacità materiali, tecniche e finanziarie necessarie per svolgere l’attività economica dichiarata, consistente nell’offrire servizi di costruzione.

10      Dalla decisione di rinvio risulta che, ai fini dell’adozione delle decisioni di rifiuto, il VID si è basato su constatazioni secondo le quali, innanzitutto, la Ablessio sarebbe stata sprovvista di immobilizzazioni e non sarebbe stato stipulato alcun contratto riguardo alla locazione delle stesse. Inoltre, sarebbe stato concluso un contratto di locazione ad uso commerciale per una superficie non abitabile di soli 4 m². Infine, la società in parola non era iscritta nel Registro delle imprese di costruzioni edili, non aveva svolto attività concrete dal momento della sua costituzione, e l’unico dipendente, apparentemente non retribuito, della società era il presidente del consiglio di amministrazione.

11      La Ablessio ha proposto ricorso di annullamento avverso le menzionate decisioni di rifiuto dell’iscrizione nel registro dei soggetti passivi dell’IVA dinanzi all’administratīvā rajona tiesa (tribunale amministrativo distrettuale), il quale accoglieva tale ricorso con una decisione del 20 ottobre 2009, ordinando al VID di procedere all’iscrizione della società in questione in detto registro. Tale giudice ha ritenuto che la Ablessio avesse fornito al VID informazioni riguardo alle proprie capacità per svolgere l’attività economica dichiarata e che la veridicità di siffatte informazioni non era contestata. Di conseguenza, ad avviso di detto giudice, non risultavano soddisfatte le condizioni, richieste dalla legge, necessarie per consentire al VID di rifiutare l’iscrizione di un operatore economico nel registro in parola.

12      In sede di esame dell’appello proposto dal VID, l’Administratīvā apgabaltiesa (tribunale amministrativo regionale), con una sentenza del 13 dicembre 2010, ha confermato la decisione del giudice di primo grado, considerando altresì che la legge relativa all’IVA non autorizzasse il VID a valutare se una persona che chiede l’iscrizione nel registro dei soggetti passivi dell’IVA sia dotata della capacità di svolgere un’attività economica. A tale riguardo sarebbe irrilevante che la persona in questione avesse già chiesto e ottenuto l’iscrizione nel summenzionato registro di svariate imprese le quali, immediatamente dopo detta iscrizione, sono state cedute ad altre persone non in possesso di un reddito sufficiente per costituire il capitale sociale, poiché la legge in parola non prevede che circostanze del genere rappresentino un motivo per rifiutare ad una persona l’iscrizione nel registro di cui trattasi. Allo scopo di evitare potenziali atti illeciti da parte del soggetto passivo nell’ambito del pagamento dell’IVA la procedura legale prevede che il VID abbia l’obbligo di controllare il soggetto passivo e, qualora constati delle violazioni di disposizioni nazionali, sia tenuto a calcolare la maggiorazione dell’imposta e le sanzioni.

13      Il VID ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza dell’Administratīvā apgabaltiesa, sostenendo che quest’ultimo avrebbe commesso un errore nell’interpretazione dell’articolo 3, paragrafo 1-1, secondo comma, della legge relativa all’IVA. Secondo il VID, infatti, tale disposizione gli imporrebbe il dovere di verificare se una persona sia dotata della capacità per svolgere l’attività economica dichiarata.

14      Richiamando la sentenza del 21 ottobre 2010, Nidera Handelscompagnie (C-385/09, Racc. pag. I-10385), il giudice del rinvio solleva dei dubbi circa l’interpretazione, segnatamente, degli articoli 213, 214 e 273 della direttiva 2006/112.

15      Sulla scorta di tali premesse l’Augstākās tiesas Senāts ha deciso di sospendere il giudizio e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se le disposizioni della direttiva [2006/112] debbano essere interpretate nel senso che non consentono di rifiutare un numero individuale con cui si identifica un soggetto passivo, sulla base della circostanza che il titolare di quote di capitale del soggetto passivo ha previamente ottenuto svariate volte un numero individuale per altre società, che non hanno mai svolto un’effettiva attività economica, e le cui quote di capitale sono state trasferite dal titolare ad altre persone poco tempo dopo l’assegnazione di un numero individuale.

2)      Se l’articolo 214, della direttiva [2006/112], in combinato disposto con l’articolo 273 della medesima, debba essere interpretato nel senso che consente all’amministrazione fiscale, prima di attribuire il numero individuale, di accertarsi della capacità del soggetto passivo a svolgere l’attività soggetta all’imposta, qualora siffatta verifica sia diretta a garantire di riscuotere correttamente l’IVA e di evitare evasioni».

 Sulle questioni pregiudiziali

16      Con le questioni poste, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se gli articoli 213, 214 e 273 della direttiva 2006/112 debbano essere interpretati nel senso che ostano a che l’amministrazione fiscale di uno Stato membro, al fine di garantire di riscuotere correttamente l’IVA e di evitare l’evasione, rifiuti di attribuire un numero di identificazione IVA ad una società unicamente in base al motivo che quest’ultima, secondo tale amministrazione, non dispone dei mezzi materiali, tecnici e finanziari per svolgere l’attività economica dichiarata e che il titolare di quote di capitale della società in parola ha previamente ottenuto, svariate volte, un siffatto numero per società le quali non hanno mai svolto un’effettiva attività economica e le cui quote di capitale sono state cedute poco tempo dopo l’attribuzione del menzionato numero.

17      È d’uopo ricordare che, conformemente all’articolo 213, paragrafo 1, primo comma, della direttiva 2006/112, ogni soggetto passivo deve dichiarare l’inizio, la variazione e la cessazione della propria attività in qualità di soggetto passivo. L’articolo 214, paragrafo 1, della medesima direttiva impone agli Stati membri di prendere i provvedimenti necessari affinché i soggetti passivi siano identificati tramite un numero individuale.

18      Lo scopo essenziale dell’identificazione dei soggetti passivi prevista all’articolo 214 della direttiva 2006/112 è di garantire il buon funzionamento del sistema IVA (v., in tal senso, sentenza del 22 dicembre 2010, Dankowski, C-438/09, Racc. pag. I-14009, punto 33).

19      In proposito la Corte ha già statuito che l’attribuzione di un numero di identificazione IVA fornisce la prova dello status fiscale del soggetto passivo ai fini dell’applicazione dell’IVA e agevola il controllo dei soggetti passivi per riscuotere correttamente l’IVA. Nell’ambito del regime transitorio di tassazione degli scambi all’interno dell’Unione europea, l’identificazione dei soggetti passivi dell’IVA tramite i numeri individuali mira parimenti ad agevolare la determinazione dello Stato membro in cui avviene il consumo finale dei beni ceduti (v., in tal senso, sentenza del 6 settembre 2012, Mecsek-Gabona, C-273/11, punti 57 e 60, nonché del 27 settembre 2012, VSTR, C-587/10, punto 51).

20      Inoltre, il numero di identificazione IVA costituisce un importante elemento di prova delle operazioni effettuate. La direttiva 2006/112 impone, difatti, in svariate disposizioni relative, segnatamente, alla fatturazione, alla dichiarazione e all’elenco riepilogativo, che detto numero d’identificazione del soggetto passivo, dell’acquirente dei beni o del destinatario dei servizi sia obbligatoriamente indicato su tali documenti.

21      È alla luce delle suesposte considerazioni preliminari che occorre risolvere le questioni poste dal giudice del rinvio.

22      Va constatato che, sebbene l’articolo 214 della direttiva 2006/112 elenchi le categorie di persone che devono essere identificate mediante un numero individuale, tale disposizione non prevede le condizioni cui può essere soggetta l’assegnazione del numero di identificazione IVA. Dalla formulazione dell’articolo menzionato, così come dall’articolo 213 della medesima direttiva, risulta infatti che gli Stati membri dispongono di un certo margine discrezionale nell’adozione di provvedimenti diretti a garantire l’identificazione dei soggetti passivi ai fini dell’IVA.

23      Ciò nondimeno, tale margine discrezionale non può essere illimitato. Se, infatti, ad uno Stato membro è consentito rifiutare di attribuire ad un soggetto passivo un numero individuale, una facoltà del genere non può essere esercitata senza motivo legittimo.

24      Peraltro, dalla nozione di «soggetto passivo», quale definita all’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva 2006/112, discende che rientra in siffatta nozione chiunque esercita, in modo indipendente e in qualsiasi luogo, un’attività economica, indipendentemente dallo scopo o dai risultati di detta attività.

25      Conformemente alla giurisprudenza della Corte alla summenzionata nozione va conferita un’interpretazione ampia. Chiunque abbia l’intenzione, confermata da elementi obiettivi, di iniziare in modo autonomo un’attività economica ed effettua a tal fine le prime spese di investimento deve essere considerato come un soggetto passivo (v., in tal senso, sentenze dell’8 giugno 2000, Breitsohl, C-400/98, Racc. pag. I-4321, punto 34, e del 1º marzo 2012, Polski Trawertyn, C-280/10, punto 30).

26      Dalla succitata giurisprudenza, nonché dal dettato dell’articolo 213, paragrafo 1, della direttiva 2006/112, deriva che sono considerati come soggetti passivi che possono chiedere l’attribuzione di un numero di identificazione IVA non soltanto persone che già esercitino un’attività economica, ma anche coloro che intendano iniziare un’attività del genere e che effettuano le prime spese di investimento a tal fine. Dette persone possono quindi non essere in grado di provare, in tale fase preliminare della loro attività economica, di disporre già dei mezzi materiali, tecnici e finanziari per svolgere tale attività.

27      Di conseguenza la direttiva 2006/112 e, in particolare, gli articoli 213 e 214 ostano a che l’amministrazione fiscale di uno Stato membro rifiuti di attribuire un numero di identificazione IVA ad un richiedente unicamente in base al motivo che questi non è in grado di dimostrare di disporre già dei mezzi materiali, tecnici e finanziari per svolgere l’attività economica dichiarata all’atto della presentazione della richiesta di iscrizione nel registro dei soggetti passivi.

28      Tuttavia, secondo una costante giurisprudenza della Corte, gli Stati membri hanno un legittimo interesse ad intraprendere azioni volte a proteggere i loro interessi finanziari e la lotta contro ogni possibile evasione, elusione e abuso è un obiettivo riconosciuto e promosso dalla direttiva 2006/112 (v., in particolare, sentenze del 21 febbraio 2006, Halifax e a., C-255/02, Racc. pag. I-1609, punto 71; del 7 dicembre 2010, R., C-285/09, Racc. pag. I-12605, punto 36, nonché del 18 ottobre 2012, Mednis, C-525/11, punto 31).

29      Peraltro, gli Stati membri sono tenuti a garantire la veridicità delle iscrizioni nel registro dei soggetti passivi al fine di assicurare il buon funzionamento del sistema dell’IVA. Incombe quindi all’autorità nazionale competente verificare la qualità di soggetto passivo del richiedente prima di procedere ad attribuire a tale soggetto un numero di identificazione IVA (v. sentenza Mecsek-Gabona, cit., punto 63).

30      Gli Stati membri possono pertanto legittimamente prevedere, in conformità dell’articolo 273, primo comma, della direttiva 2006/112, misure idonee ad impedire l’uso indebito di numeri d’identificazione, segnatamente da parte di imprese la cui attività, e di conseguenza la qualità di soggetto passivo, sarebbe puramente fittizia. Ciò nondimeno siffatte misure non devono andare al di là di quanto necessario ad assicurare l’esatta riscossione dell’imposta e ad evitare le evasioni ed esse non devono mettere sistematicamente in discussione il diritto di detrazione dell’IVA e, quindi, la neutralità di detta imposta (v., in tal senso, sentenze del 27 settembre 2007, Collée, C-146/05, Racc. pag. I-7861, punto 26; Nidera Handelscompagnie, cit., punto 49; Dankowski, cit., punto 37, e VSTR, cit., punto 44).

31      A tale proposito occorre constatare che provvedimenti di controllo come quelli stabiliti dalla legge relativa all’IVA non possono limitare il diritto dei soggetti passivi di detrarre l’IVA dovuta o versata sulle spese d’investimento effettuate per le esigenze delle operazioni che si propongono di realizzare e che forniscono la base per il diritto alla detrazione.

32      È, infatti, d’uopo rammentare che, ai sensi di una costante giurisprudenza della Corte, l’identificazione ex articolo 214 della direttiva 2006/112, nonché gli obblighi ex articolo 213 della stessa, costituiscono soltanto requisiti formali a fini di controllo, che non possono rimettere in discussione, in particolare, il diritto a detrazione o il diritto all’esenzione dell’IVA a titolo di una cessione intracomunitaria, nella misura in cui le condizioni materiali che fanno sorgere tali diritti siano soddisfatte (v., in tal senso, sentenze Nidera Handelscompagnie, cit., punto 50; del 19 luglio 2012, Rēdlihs, C-263/11, punto 48, e Mecsek-Gabona, cit., punto 60).

33      Dalla citata giurisprudenza discende che l’iscrizione del soggetto passivo nel registro dei soggetti passivi dell’IVA è un requisito formale, cosicché non si può impedire ad un soggetto passivo di esercitare il proprio diritto alla detrazione in quanto non si sarebbe registrato ai fini dell’IVA prima di utilizzare i beni acquisiti nell’ambito della sua attività imponibile (v., in tal senso, sentenze cit. Nidera Handelscompagnie, punto 51, nonché Dankowski, punti 33, 34 e 36). Ne consegue che il rifiuto di attribuire un numero di identificazione IVA non può, in via di principio, incidere minimamente sul diritto del soggetto passivo alla detrazione dell’IVA versata a monte se le condizioni materiali che fanno sorgere tale diritto sono soddisfatte.

34      Per essere ritenuto proporzionato allo scopo di prevenire le evasioni, un rifiuto d’identificare un soggetto passivo mediante un numero individuale deve essere fondato su seri indizi idonei a consentire di considerare oggettivamente come probabile che il numero di identificazione IVA attribuito al soggetto passivo in parola sarà utilizzato a fini di evasione. Una decisione di tale genere deve essere fondata su di una valutazione globale di tutte le circostanze del caso di specie e delle prove raccolte nell’ambito della verifica delle informazioni fornite dall’impresa interessata.

35      Spetta al giudice del rinvio, il solo competente sia per interpretare il diritto nazionale sia per constatare e valutare i fatti di cui alla controversia principale, e in particolare le modalità di applicazione del diritto in questione da parte dell’amministrazione fiscale (sentenza Mednis, cit., punto 33 e giurisprudenza ivi citata), valutare la compatibilità dei provvedimenti nazionali con il diritto dell’Unione e, segnatamente, il principio di proporzionalità. La Corte è competente solo a fornire a tale giudice gli elementi interpretativi che possano consentirgli di valutare siffatta compatibilità (v., in tal senso, sentenze del 30 novembre 1995, Gebhard, C-55/94, Racc. pag. I-4165, punto 19, e del 29 luglio 2010, Profaktor Kulesza, Frankowski, Jóźwiak, Orłowski, C-188/09, Racc. pag. I-7639, punto 30).

36      Con riguardo alle circostanze della controversia principale è d’uopo constatare che il fatto, per un soggetto passivo, di non disporre dei mezzi materiali, tecnici e finanziari per svolgere l’attività economica dichiarata non è, di per se solo, sufficiente a dimostrare che sia probabile che quest’ultimo si propone di commettere un’evasione fiscale. Tuttavia, non può escludersi che circostanze di tale natura, rafforzate dalla presenza di altri elementi oggettivi i quali inducano a sospettare intenzioni di evasione del soggetto passivo, possano costituire indizi che devono essere presi in considerazione nell’ambito di una valutazione complessiva del rischio di evasione.

37      Del pari, la direttiva 2006/112 non prevede limitazioni della quantità di richieste di attribuzione di numeri individuali di identificazione IVA che possono essere presentate dalla stessa persona, la quale agisca per conto di diverse persone giuridiche. La direttiva in parola non consente nemmeno di ritenere che la cessione del controllo di dette persone giuridiche successivamente all’identificazione all’IVA di queste ultime costituisca un’attività illecita. Tuttavia, siffatte circostanze possono altresì essere tenute in considerazione nell’ambito di una valutazione complessiva del rischio di evasione.

38      Spetta al giudice del rinvio accertare se, tenuto conto del complesso delle circostanze del caso di specie, l’amministrazione fiscale nazionale abbia adeguatamente dimostrato la sussistenza di seri indizi idonei a consentire di considerare che la richiesta dell’iscrizione nel registro dei soggetti passivi dell’IVA presentata dalla Ablessio rischi di produrre un utilizzo abusivo del numero d’identificazione o altri tipi di evasione dell’IVA.

39      Alla luce di tutte le suesposte considerazioni occorre rispondere alle questioni poste dichiarando che gli articoli 213, 214 e 273 della direttiva 2006/112 devono essere interpretati nel senso che ostano a che l’amministrazione fiscale di uno Stato membro rifiuti di attribuire un numero di identificazione IVA ad una società unicamente sulla base del motivo che quest’ultima non dispone, secondo detta amministrazione, dei mezzi materiali, tecnici e finanziari per svolgere l’attività economica dichiarata, e che il titolare delle quote di capitale della società in parola ha già ottenuto, svariate volte, un siffatto numero per società che non hanno mai svolto un’effettiva attività economica e le cui quote di capitale sono state cedute poco tempo dopo l’attribuzione del menzionato numero, senza che l’amministrazione fiscale interessata abbia dimostrato, sulla scorta di elementi oggettivi, la sussistenza di seri indizi i quali inducano a sospettare che il numero d’identificazione IVA attribuito sarà utilizzato a scopo di evasione. Spetta al giudice del rinvio valutare se l’amministrazione fiscale di cui trattasi abbia fornito seri indizi della sussistenza di un rischio di evasione nella controversia principale.

 Sulle spese

40      Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Seconda Sezione) dichiara:

Gli articoli 213, 214 e 273 della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, devono essere interpretati nel senso che ostano a che l’amministrazione fiscale di uno Stato membro rifiuti di attribuire un numero di identificazione dell’imposta sul valore aggiunto ad una società unicamente sulla base del motivo che quest’ultima non dispone, secondo detta amministrazione, dei mezzi materiali, tecnici e finanziari per svolgere l’attività economica dichiarata, e che il titolare delle quote di capitale della società in parola ha già ottenuto, svariate volte, un siffatto numero per società che non hanno mai svolto un’effettiva attività economica e le cui quote di capitale sono state cedute poco tempo dopo l’attribuzione del menzionato numero, senza che l’amministrazione fiscale interessata abbia dimostrato, sulla scorta di elementi oggettivi, la sussistenza di seri indizi i quali inducano a sospettare che il numero d’identificazione dell’imposta sul valore aggiunto attribuito sarà utilizzato a scopo di evasione. Spetta al giudice del rinvio valutare se l’amministrazione fiscale di cui trattasi abbia fornito seri indizi della sussistenza di un rischio di evasione nella controversia principale.

Firme


* Lingua processuale: il lettone.