SENTENZA DELLA CORTE (Terza Sezione)
19 settembre 2013 (*)
«Libera circolazione delle persone – Cittadinanza dell’Unione – Direttiva 2004/38/CE – Diritto di soggiorno per un periodo superiore a tre mesi – Articolo 7, paragrafo 1, lettera b) – Persona che non possiede più la qualità di lavoratore – Titolare di una pensione di vecchiaia – Condizione della disponibilità di risorse sufficienti per non diventare un onere a carico del “sistema di assistenza sociale” dello Stato membro ospitante – Domanda di prestazione speciale in denaro a carattere non contributivo – Integrazione compensativa destinata a completare la pensione di vecchiaia – Regolamento (CE) n. 883/2004 – Articoli 3, paragrafo 3, e 70 – Competenza dello Stato membro di residenza – Presupposti per la concessione – Diritto di soggiorno legale nel territorio nazionale – Conformità con il diritto dell’Unione»
Nella causa C-140/12,
avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dall’Oberster Gerichtshof (Austria), con decisione del 14 febbraio 2012, pervenuta in cancelleria il 19 marzo 2012, nel procedimento
Pensionsversicherungsanstalt
contro
Peter Brey,
LA CORTE (Terza Sezione),
composta da M. Ilešič, presidente di sezione, E. Jarašiūnas, A. Ó Caoimh (relatore), C. Toader e C.G. Fernlund, giudici,
avvocato generale: N. Wahl
cancelliere: A. Impellizzeri, amministratore
vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 7 marzo 2013,
considerate le osservazioni presentate:
– per P. Brey, da C. Rappold, Rechtsanwalt;
– per il governo austriaco, da G. Hesse, in qualità di agente;
– per il governo tedesco, da T. Henze e J. Möller, in qualità di agenti;
– per l’Irlanda, da E. Creedon, in qualità di agente, assistita da A. Collins, SC, e da G. Gilmore, BL;
– per il governo ellenico, da M. Tassopoulou, in qualità di agente;
– per il governo dei Paesi Bassi, da M. Noort e C. Wissels, in qualità di agenti;
– per il governo svedese, da A. Falk e H. Karlsson, in qualità di agenti;
– per il governo del Regno Unito, da C. Murrell e J. Coppel, in qualità di agenti;
– per la Commissione europea, da V. Kreuschitz e C. Tufvesson, in qualità di agenti,
sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 29 maggio 2013,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1 La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2004/38/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativa al diritto dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, che modifica il regolamento (CEE) n. 1612/68 ed abroga le direttive 64/221/CEE, 68/360/CEE, 72/194/CEE, 73/148/CEE, 75/34/CEE, 75/35/CEE, 90/364/CEE, 90/365/CEE e 93/96/CEE (GU L 158, pag. 77).
2 Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra il sig. Brey e la Pensionsversicherungsanstalt, in merito al diniego di quest’ultima di concedergli, al fine di completare la sua pensione di vecchiaia tedesca, l’integrazione compensativa (Ausgleichzulage) prevista dalla legislazione austriaca.
Contesto normativo
Il diritto dell’Unione
La direttiva 2004/38
3 Ai sensi dei considerando 10, 16, 20 e 21 della direttiva 2004/38:
«(10) Occorre (…) evitare che coloro che esercitano il loro diritto di soggiorno diventino un onere eccessivo per il sistema di assistenza sociale dello Stato membro ospitante durante il periodo iniziale di soggiorno. Pertanto il diritto di soggiorno dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari per un periodo superiore a tre mesi dovrebbe essere subordinato a condizioni.
(…)
(16) I beneficiari del diritto di soggiorno non dovrebbero essere allontanati finché non diventino un onere eccessivo per il sistema di assistenza sociale dello Stato membro ospitante. Pertanto una misura di allontanamento non dovrebbe essere la conseguenza automatica del ricorso al sistema di assistenza sociale. Lo Stato membro ospitante dovrebbe esaminare se si tratta di difficoltà temporanee e tener conto della durata del soggiorno, della situazione personale e dell’ammontare dell’aiuto concesso prima di considerare il beneficiario un onere eccessivo per il proprio sistema di assistenza sociale e procedere all’allontanamento. In nessun caso una misura di allontanamento dovrebbe essere presa nei confronti di lavoratori subordinati, lavoratori autonomi o richiedenti lavoro, quali definiti dalla Corte di giustizia, eccetto che per motivi di ordine pubblico o di pubblica sicurezza.
(…)
(20) In conformità del divieto di discriminazione in base alla nazionalità, ogni cittadino dell’Unione e i suoi familiari il cui soggiorno in uno Stato membro è conforme alla presente direttiva dovrebbero godere in tale Stato membro della parità di trattamento rispetto ai cittadini nazionali nel campo d’applicazione del trattato, fatte salve le specifiche disposizioni previste espressamente dal trattato e dal diritto derivato.
(21) Dovrebbe spettare tuttavia allo Stato membro ospitante decidere se intende concedere a persone che non siano lavoratori subordinati o autonomi, che non mantengano tale status o loro familiari prestazioni di assistenza sociale durante i primi tre mesi di soggiorno o per un periodo più lungo in caso di richiedenti lavoro, o sussidi per il mantenimento agli studi, inclusa la formazione professionale, prima dell’acquisizione del diritto di soggiorno permanente».
4 L’articolo 7 della richiamata direttiva, rubricato «Diritto di soggiorno per un periodo superiore a tre mesi», al suo paragrafo 1, lettera b), dispone quanto segue:
«Ciascun cittadino dell’Unione ha il diritto di soggiornare per un periodo superiore a tre mesi nel territorio di un altro Stato membro, a condizione:
(…)
b) di disporre, per se stesso e per i propri familiari, di risorse economiche sufficienti, affinché non divenga un onere a carico dell’assistenza sociale dello Stato membro ospitante durante il periodo di soggiorno, e di un’assicurazione malattia che copra tutti i rischi nello Stato membro ospitante».
5 L’articolo 8 della direttiva 2004/38, intitolato «Formalità amministrative per i cittadini dell’Unione», così prevede:
«1. Senza pregiudizio dell’articolo 5, paragrafo 5, per soggiorni di durata superiore a tre mesi lo Stato membro ospitante può richiedere ai cittadini dell’Unione l’iscrizione presso le autorità competenti.
2. Il termine fissato per l’iscrizione non può essere inferiore a tre mesi dall’ingresso. Un attestato d’iscrizione è rilasciato immediatamente. Esso contiene l’indicazione precisa del nome e del domicilio della persona iscritta e la data dell’avvenuta iscrizione. L’inadempimento dell’obbligo di iscrizione rende l’interessato passibile di sanzioni proporzionate e non discriminatorie.
3. Per il rilascio dell’attestato d’iscrizione, gli Stati membri possono unicamente prescrivere al:
– (…)
– cittadino dell’Unione cui si applica l’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), di esibire una carta d’identità o un passaporto in corso di validità e di fornire la prova che le condizioni previste da tale norma sono soddisfatte,
(…)
4. Gli Stati membri si astengono dal fissare l’importo preciso delle risorse che considerano sufficienti, ma devono tener conto della situazione personale dell’interessato. In ogni caso, tale importo non può essere superiore al livello delle risorse al di sotto del quale i cittadini dello Stato membro ospitante beneficiano di prestazioni di assistenza sociale o, qualora non possa trovare applicazione tale criterio, alla pensione minima sociale erogata dallo Stato membro ospitante.
(…)».
6 L’articolo 14 della direttiva 2004/38, rubricato «Mantenimento del diritto di soggiorno», così recita:
«(…)
2. I cittadini dell’Unione e i loro familiari beneficiano del diritto di soggiorno di cui agli articoli 7, 12 e 13 finché soddisfano le condizioni fissate negli stessi.
In casi specifici, qualora vi sia un dubbio ragionevole che il cittadino dell’Unione o i suoi familiari non soddisfano le condizioni stabilite negli articoli 7, 12 e 13, gli Stati membri possono effettuare una verifica in tal senso. Tale verifica non è effettuata sistematicamente.
3. Il ricorso da parte di un cittadino dell’Unione o dei suoi familiari al sistema di assistenza sociale non dà luogo automaticamente ad un provvedimento di allontanamento.
(…)».
7 Ai sensi dell’articolo 24 di tale direttiva, intitolato «Parità di trattamento»:
«1. Fatte salve le disposizioni specifiche espressamente previste dal trattato e dal diritto derivato, ogni cittadino dell’Unione che risiede, in base alla presente direttiva, nel territorio dello Stato membro ospitante gode di pari trattamento rispetto ai cittadini di tale Stato nel campo di applicazione del trattato. Il beneficio di tale diritto si estende ai familiari non aventi la cittadinanza di uno Stato membro che siano titolari del diritto di soggiorno o del diritto di soggiorno permanente.
2. In deroga al paragrafo 1, lo Stato membro ospitante non è tenuto ad attribuire il diritto a prestazioni d’assistenza sociale durante i primi tre mesi di soggiorno o, se del caso, durante il periodo più lungo previsto all’articolo 14, paragrafo 4, lettera b), né è tenuto a concedere prima dell’acquisizione del diritto di soggiorno permanente aiuti di mantenimento agli studi, compresa la formazione professionale, consistenti in borse di studio o prestiti per studenti, a persone che non siano lavoratori subordinati o autonomi, che non mantengano tale status o loro familiari.
(…)».
Il regolamento (CE) n. 883/2004
8 Il regolamento (CE) n. 883/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativo al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale (GU L 166, pag. 1, e rettifica GU L 200, pag. 1), ha sostituito, a partire dal 1° maggio 2010, il regolamento (CEE) n. 1408/71 del Consiglio, del 14 giugno 1971, relativo all’applicazione dei regimi di sicurezza sociale ai lavoratori subordinati, ai lavoratori autonomi e ai loro familiari che si spostano all’interno della Comunità, nella versione modificata e aggiornata dal regolamento (CE) n. 118/97 del Consiglio, del 2 dicembre 1996 (GU 1997, L 28, pag. 1; in prosieguo: il «regolamento n. 1408/71»).
9 Il regolamento n. 883/2004, come modificato dal regolamento (UE) n. 1244/2010 della Commissione, del 9 dicembre 2010 (GU L 338, pag. 35; in prosieguo: il «regolamento n. 883/2004»), all’articolo 1, intitolato «Definizioni», così dispone:
«Ai fini del presente regolamento si intende per:
(…)
j) «residenza», il luogo in cui una persona risiede abitualmente;
(…)».
10 L’articolo 3 di tale regolamento, rubricato «Ambito d’applicazione “ratione materiae”», dispone quanto segue:
«1. Il presente regolamento si applica a tutte le legislazioni relative ai settori di sicurezza sociale riguardanti:
(…)
d) le prestazioni di vecchiaia;
(…)
2. Fatte salve le disposizioni dell’allegato XI, il presente regolamento si applica ai regimi di sicurezza sociale generali e speciali, contributivi o non contributivi, nonché ai regimi relativi agli obblighi del datore di lavoro o dell’armatore.
3. Il presente regolamento si applica anche alle prestazioni speciali in denaro di carattere non contributivo di cui all’articolo 70.
(…)
5. Il presente regolamento non si applica:
a) all’assistenza sociale e medica;
(…)».
11 L’articolo 4 di detto regolamento, rubricato «Parità di trattamento», così prevede:
«Salvo quanto diversamente previsto dal presente regolamento, le persone alle quali si applica il presente regolamento godono delle stesse prestazioni e sono soggette agli stessi obblighi di cui alla legislazione di ciascuno Stato membro, alle stesse condizioni dei cittadini di tale Stato».
12 L’articolo 70 del regolamento medesimo così dispone:
«1. Il presente articolo si applica alle prestazioni speciali in denaro di carattere non contributivo previste dalla legislazione la quale, a causa del suo ambito di applicazione ratione personae, dei suoi obiettivi e/o delle condizioni di ammissibilità, ha caratteristiche tanto della legislazione in materia di sicurezza sociale di cui all’articolo 3, paragrafo 1, quanto di quella relativa all’assistenza sociale.
2. Ai fini del presente capitolo, le “prestazioni speciali in denaro di carattere non contributivo” sono quelle:
a) intese a fornire:
i) copertura in via complementare, suppletiva o accessoria dei rischi corrispondenti ai settori di sicurezza sociale di cui all’articolo 3, paragrafo 1, e a garantire, alle persone interessate, un reddito minimo di sussistenza in relazione al contesto economico e sociale dello Stato membro interessato; oppure
ii) unicamente la protezione specifica dei portatori di handicap, strettamente collegate al contesto sociale del predetto soggetto nello Stato membro interessato;
e
b) relativamente alle quali il finanziamento deriva esclusivamente dalla tassazione obbligatoria intesa a coprire la spesa pubblica generale e le condizioni per la concessione e per il calcolo della prestazione non dipendono da alcun contributo da parte del beneficiario. Tuttavia, le prestazioni concesse ad integrazione della prestazione contributiva non sono da considerare prestazioni contributive per questo solo motivo;
e
c) sono elencate nell’allegato X.
3. L’articolo 7 e gli altri capitoli del presente titolo non si applicano alle prestazioni di cui al paragrafo 2 del presente articolo.
4. Le prestazioni di cui al paragrafo 2 sono erogate esclusivamente nello Stato membro in cui gli interessati risiedono e ai sensi della sua legislazione. Tali prestazioni sono erogate dall’istituzione del luogo di residenza e sono a suo carico».
13 L’allegato X del regolamento n. 883/2004, rubricato «Prestazioni speciali in denaro di carattere non contributivo», contiene, per quanto riguarda la Repubblica d’Austria, la seguente dicitura: «Integrazione compensativa [legge federale del 9 settembre 1955 sull’assicurazione sociale generale (Allgemeines Sozialversicherungsgesetz, BGBl. n. 189/1955) (…)]».
Il diritto austriaco
14 L’articolo 292, paragrafo 1, della legge generale relativa alla previdenza sociale (Allgemeines Sozialversicherungsgesetz, BGBl. 189/1955), come modificata, a decorrere dal 1° gennaio 2011, dalla legge finanziaria del 2011 (Budgetbegleitgesetz 2011, BGBl. 111/2011) (in prosieguo: l’«ASVG») prevede che il percettore di una pensione di vecchiaia, qualora tale pensione, aumentata dei redditi netti derivanti da altre fonti e di qualsiasi altro importo da prendere in considerazione, non raggiunga un determinato importo di riferimento, ha diritto a un’integrazione compensativa pari alla differenza tra l’importo di riferimento e il reddito personale, a condizione che egli soggiorni abitualmente e regolarmente in Austria.
15 La legge in materia di stabilimento e di soggiorno (Niederlassungs- und Aufenthaltsgesetz), come modificata dalla legge finanziaria del 2011 (in prosieguo: il «NAG»), contiene, in particolare, le seguenti disposizioni pertinenti:
«Articolo 51 (1) Ai sensi della direttiva sulla libera circolazione, i cittadini dello [Spazio economico europeo (SEE)] hanno il diritto di soggiornare per un periodo superiore a tre mesi
(…)
2. qualora dispongano, per se stessi e per i propri familiari, di risorse economiche sufficienti e di un’assicurazione malattia che copra tutti i rischi, in modo da non dover richiedere prestazioni di assistenza sociale o l’integrazione compensativa per la durata del loro soggiorno; o
(…)
Attestato d’iscrizione
Articolo 53. (1) I cittadini del SEE titolari del diritto di soggiorno previsto dalla legislazione dell’Unione (articoli 51 e 52), qualora si trattengano più di tre mesi nel territorio federale, sono tenuti a informarne l’amministrazione entro il termine di quattro mesi dall’ingresso nel territorio. In presenza dei requisiti (articolo 51 o 52), l’amministrazione, su richiesta, deve rilasciare un attestato d’iscrizione.
(2) Il diritto di soggiorno ai sensi della legislazione dell’Unione viene comprovato esibendo una carta d’identità o un passaporto in corso di validità nonché le prove seguenti:
(…)
2. Ai sensi dell’articolo 51, paragrafo 1, punto 2: prove della disponibilità di risorse economiche sufficienti e di un’assicurazione malattia che copra tutti i rischi;
(…)».
Procedimento principale e questione pregiudiziale
16 Il sig. Brey e la moglie, entrambi cittadini tedeschi, hanno lasciato la Germania per trasferirsi in Austria nel mese di marzo del 2011. Il sig. Brey percepisce in Germania una pensione d’invalidità per un importo lordo pari a EUR 862,74 mensili, e un assegno di assistenza per persone non autosufficienti dell’importo di EUR 225 mensili. La coppia non dispone di altri redditi o beni patrimoniali. La moglie del sig. Brey percepiva in Germania una prestazione previdenziale di base che tuttavia, a seguito del suo trasferimento in Austria, non le viene più corrisposta dal 1° aprile 2011. Il canone di locazione relativo all’appartamento occupato dalla coppia in Austria ammonta a EUR 532,29 mensili.
17 Con decisione del 2 marzo 2011 la Pensionsversicherungsanstalt ha respinto la domanda del sig. Brey diretta a ottenere un’integrazione compensativa a decorrere dal 1° aprile 2011, in quanto, per via dell’importo esiguo della sua pensione, lo stesso non dispone di risorse economiche sufficienti a comprovare un soggiorno regolare in Austria.
18 Il 22 marzo 2011 il Bezirkhauptmannschaft Deutschlandsberg (amministrazione distrettuale del Deutschlandsberg) ha rilasciato al sig. Brey e alla moglie un attestato d’iscrizione per cittadini SEE, ai sensi del NAG.
19 Il sig. Brey ha proposto ricorso contro la decisione del 2 marzo 2011. Con sentenza del 6 ottobre 2011, l’Oberlandesgericht Graz (Corte d’appello di Graz), confermando la sentenza pronunciata in primo grado dal Landesgericht für Zivilsachen Graz (Tribunale civile di Graz), ha riformato tale decisione, con la conseguenza che alla Pensionsversicherungsanstalt è stato imposto l’obbligo di concedere al sig. Brey l’integrazione compensativa per un importo pari a EUR 326,82 mensili a decorrere dal 1° aprile 2011.
20 La Pensionsversicherungsanstalt ha proposto ricorso per cassazione («Revision») contro tale sentenza dinanzi all’Oberster Gerichtshof.
21 Nella decisione di rinvio tale giudice rammenta che la Corte, nella sentenza del 29 aprile 2004, Skalka (C-160/02, Racc. pag. I-5613), ha qualificato l’integrazione compensativa come «prestazione speciale a carattere non contributivo» ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 2 bis, del regolamento n. 1408/71 (divenuto articolo 70 del regolamento n. 883/2004), in quanto completa una pensione di vecchiaia o d’invalidità e presenta il carattere di un’assistenza sociale poiché deve garantire al suo beneficiario un minimo vitale in caso di pensione insufficiente.
22 Secondo il giudice del rinvio, la questione che si pone quindi nella controversia dinanzi ad esso pendente è quella di stabilire se la legislazione dell’Unione in materia di diritto di soggiorno utilizzi la medesima nozione di «assistenza sociale» impiegata dalla legislazione dell’Unione in materia di previdenza sociale.
23 Se a tale nozione dovesse attribuirsi un contenuto identico nelle due materie, tale giudice ritiene che l’integrazione compensativa non potrebbe essere considerata come una prestazione di assistenza sociale ai sensi della direttiva 2004/38, poiché essa presenta aspetti di previdenza sociale e rientra nell’ambito di applicazione del regolamento n. 883/2004. Di conseguenza, il diritto all’integrazione compensativa non avrebbe incidenza sul diritto di soggiorno.
24 Detto giudice considera tuttavia che alla nozione di «assistenza sociale» potrebbe anche attribuirsi un contenuto proprio, fondato sugli obiettivi perseguiti dalla direttiva 2004/38, che mira, in particolare, a evitare che le persone che non hanno contribuito al finanziamento dei regimi di protezione sociale dello Stato membro ospitante gravino eccessivamente sul bilancio di quest’ultimo. In quest’ottica, tale nozione dovrebbe essere intesa, nella legislazione in materia di diritto di soggiorno, come avente ad oggetto l’erogazione da parte dello Stato di prestazioni di base finanziate tramite il gettito fiscale generale di cui tutti i cittadini possono beneficiare, essendo irrilevante che tali prestazioni siano fondate su un diritto o su una situazione di necessità e che siano o meno connesse a un determinato rischio di previdenza sociale. In tal caso, l’integrazione compensativa dovrebbe essere considerata come una prestazione di assistenza sociale ai sensi della direttiva 2004/38.
25 In tale contesto, l’Oberster Gerichtshof ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:
«Se l’integrazione compensativa sia da considerarsi quale “onere a carico dell’assistenza sociale”, ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2004/38 (…)».
Sulla questione pregiudiziale
Sulla portata della questione
26 Con la sua questione il giudice del rinvio chiede se l’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2004/38 debba essere interpretato nel senso che la nozione di «assistenza sociale» ai sensi di tale disposizione abbia ad oggetto una prestazione quale l’integrazione compensativa prevista dall’articolo 292, paragrafo 1, dell’ASVG.
27 Tale questione è stata sollevata nell’ambito di una controversia nella quale le autorità austriache competenti hanno rifiutato di concedere tale prestazione a un cittadino di un altro Stato membro, il sig. Brey, in quanto, nonostante gli fosse stato rilasciato un certificato di soggiorno, non era possibile considerare che egli soggiornasse «regolarmente» in Austria ai sensi del citato articolo 292, paragrafo 1, dell’ASVG, poiché il diritto di soggiornare in Austria per un periodo superiore a tre mesi richiede, ai sensi dell’articolo 51 del NAG, che l’interessato disponga, per se stesso e per i propri familiari, in particolare, di «risorse economiche sufficienti (…) in modo da non dover richiedere prestazioni di assistenza sociale o l’integrazione compensativa per la durata del [suo] soggiorno».
28 È pacifico che quest’ultima disposizione mira a trasporre nel diritto austriaco l’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2004/38, secondo cui ciascun cittadino dell’Unione ha il diritto di soggiornare per un periodo superiore a tre mesi nel territorio di un altro Stato membro, a condizione di disporre, per se stesso e per i propri familiari, di risorse economiche sufficienti affinché non divenga un onere per il sistema di assistenza sociale dello Stato membro ospitante durante il suo soggiorno.
29 Ne consegue che, sebbene il diritto di soggiorno del sig. Brey non sia direttamente in discussione nella controversia principale, che verte esclusivamente sulla concessione dell’integrazione compensativa, è lo stesso diritto nazionale a stabilire un nesso diretto tra le condizioni per beneficiare di tale prestazione e le condizioni per beneficiare di un diritto di soggiorno legale per un periodo superiore a tre mesi in Austria. Infatti, la concessione dell’integrazione compensativa è subordinata alla condizione che l’interessato soddisfi le condizioni per beneficiare di tale diritto di soggiorno. Dalle spiegazioni fornite dal giudice del rinvio emerge in proposito che, secondo i lavori preparatori relativi alla modifica apportata a decorrere dal 1° gennaio 2011 all’articolo 51, paragrafo 1, punto 2, del NAG, tale disposizione, facendo esplicito riferimento all’integrazione compensativa, sarebbe ormai diretta a impedire che un cittadino di un altro Stato membro possa godere del diritto di soggiorno in Austria in forza del diritto dell’Unione qualora tale cittadino chieda, nel corso del suo soggiorno, il beneficio dell’integrazione compensativa.
30 In tale contesto risulta che l’esito della controversia principale dipende dalla questione se uno Stato membro possa escludere la concessione dell’integrazione compensativa ai cittadini di altri Stati membri per il motivo che, al pari del sig. Brey, nonostante il fatto che sia stato loro rilasciato un attestato d’iscrizione, essi non soddisfano le condizioni per beneficiare del diritto di soggiorno legale per un periodo superiore a tre mesi nel territorio nazionale, in quanto, per poter godere di un tale diritto, l’interessato deve disporre di risorse economiche sufficienti per non richiedere, in particolare, l’integrazione compensativa. La natura di tale prestazione, sulla quale s’interroga il giudice del rinvio, dev’essere analizzata nell’ambito dell’esame di tale questione.
31 In proposito occorre ricordare che, nel contesto della procedura di cooperazione tra i giudici nazionali e la Corte istituita dall’articolo 267 TFUE, spetta a quest’ultima fornire al giudice nazionale una risposta utile che gli consenta di dirimere la controversia di cui è investito. In tale prospettiva è compito della Corte riformulare, se necessario, le questioni che le sono sottoposte (v., in particolare, sentenze dell’8 marzo 2007, Campina, C-45/06, Racc. pag. I-2089, punto 30, e del 14 ottobre 2010, Fuß, C-243/09, Racc. pag. I-9849, punto 39).
32 È pertanto necessario riformulare la questione sollevata nel senso che, con essa, il giudice del rinvio intende sapere, in sostanza, se il diritto dell’Unione, in particolare le disposizioni della direttiva 2004/38, debba essere interpretato nel senso che osta alla normativa di uno Stato membro, come quella di cui al procedimento principale, che esclude la concessione di una prestazione quale l’integrazione compensativa prevista dall’articolo 292, paragrafo 1, dell’ASVG, a un cittadino di un altro Stato membro economicamente inattivo, per il fatto che, nonostante gli sia stato rilasciato un attestato d’iscrizione, egli non soddisfa le condizioni per beneficiare di un diritto di soggiorno legale per un periodo superiore a tre mesi nel territorio del primo Stato membro, in quanto l’esistenza di siffatto diritto di soggiorno è subordinata al presupposto che tale cittadino disponga di risorse economiche sufficienti che gli consentano di non richiedere detta prestazione.
Sul diritto di un cittadino dell’Unione economicamente inattivo a una prestazione come quella oggetto del procedimento principale nello Stato membro ospitante
33 Si deve rammentare, in limine, che nella citata sentenza Skalka, la Corte ha dichiarato che l’integrazione compensativa prevista dall’articolo 292, paragrafo 1, dell’ASVG rientra nell’ambito di applicazione del regolamento n. 1408/71 e che, di conseguenza, costituisce una «prestazione speciale a carattere non contributivo», ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 2 bis, del medesimo regolamento, letto in combinato disposto con l’allegato II bis di quest’ultimo. In forza dell’articolo 10 bis, paragrafo 1, di detto regolamento, tale prestazione è erogata esclusivamente dalle istituzioni competenti dello Stato membro di residenza ed è a carico di queste ultime, in base alla legislazione di tale medesimo Stato.
34 A tale riguardo la Corte ha dichiarato, al punto 26 della citata sentenza Skalka, che l’integrazione compensativa austriaca ha il carattere di una «prestazione speciale», poiché tale prestazione completa una pensione di vecchiaia o di invalidità, che essa presenta il carattere di un’assistenza sociale in quanto mira a garantire un minimo vitale al suo beneficiario in caso di pensione insufficiente, e che la sua concessione è fondata su criteri obiettivi definiti dalla legge.
35 La Corte ha peraltro considerato, ai punti 29 e 30 della medesima sentenza, che tale integrazione compensativa doveva essere considerata come avente un carattere «non contributivo», in quanto le spese sono sopportate provvisoriamente da un ente sociale, in seguito integralmente rimborsato dal Land interessato, che percepisce a sua volta dal bilancio federale le somme necessarie al finanziamento della prestazione, e i contributi degli assicurati non partecipano in alcun modo a tale finanziamento.
36 È pacifico che le disposizioni corrispondenti del regolamento n. 883/2004, ossia gli articoli 3, paragrafo 3, e 70 di tale regolamento, nonché l’allegato X del medesimo, riguardanti le «prestazioni speciali in denaro a carattere non contributivo», non sono atte a modificare tali considerazioni.
37 Secondo la Commissione europea, da tali disposizioni si deduce che la condizione in base alla quale, per beneficiare dell’integrazione compensativa, l’interessato deve disporre di un diritto di soggiorno legale per un periodo superiore a tre mesi nello Stato membro ospitante non è conforme al diritto dell’Unione. Al pari del sig. Brey, chiunque rientri nell’ambito di applicazione del regolamento n. 883/2004 in quanto pensionato che ha cessato qualsiasi attività di lavoro subordinato o autonomo avrebbe infatti diritto, ai sensi dell’articolo 70, paragrafo 4, di tale regolamento, al versamento delle prestazioni speciali in denaro a carattere non contributivo nello Stato membro di residenza. Orbene, ai sensi dell’articolo 1, lettera j), di detto regolamento, la residenza di una persona corrisponderebbe al luogo in cui quest’ultima «risiede abitualmente», espressione che indicherebbe lo Stato membro nel quale gli interessati risiedono abitualmente e in cui si trova il centro abituale dei loro interessi. Ne risulterebbe che la condizione relativa alla regolarità del soggiorno, prevista dall’articolo 292, paragrafo 1, dell’ASVG, letto in combinato disposto con l’articolo 51, paragrafo 1, del NAG, costituirebbe una discriminazione indiretta contraria all’articolo 4 del regolamento n. 883/2004, in quanto pregiudica soltanto i cittadini dell’Unione non austriaci.
38 Occorre pertanto esaminare previamente se uno Stato membro possa subordinare la concessione di una prestazione rientrante nell’ambito di applicazione del regolamento n. 883/2004 a un cittadino di un altro Stato membro al presupposto che quest’ultimo soddisfi le condizioni per beneficiare di un diritto di soggiorno legale per un periodo superiore a tre mesi. Infatti, soltanto se la risposta a tale questione fosse affermativa sarebbe necessario stabilire se tale diritto di soggiorno possa essere subordinato alla condizione che l’interessato disponga di risorse economiche sufficienti per non richiedere tale medesima prestazione.
Sul requisito consistente nel soddisfacimento delle condizioni per disporre di un diritto di soggiorno legale per un periodo superiore a tre mesi
39 Si deve osservare che l’articolo 70, paragrafo 4, del regolamento n. 883/2004, sul quale si fonda la Commissione, enuncia una «norma di conflitto» il cui oggetto consiste, nel caso delle prestazioni speciali in denaro a carattere non contributivo, nel determinare la legislazione applicabile nonché l’istituzione tenuta al versamento delle prestazioni ivi indicate.
40 Tale disposizione persegue quindi non soltanto lo scopo di evitare l’applicazione simultanea di diverse legislazioni nazionali e le complicazioni che possono derivarne, ma anche di impedire che le persone che ricadono nell’ambito di applicazione del regolamento n. 883/2004 restino senza tutela in materia previdenziale per mancanza di una legislazione che sia loro applicabile (v., per analogia, sentenze dell’11 giugno 1998, Kuusijärvi, C-275/96, Racc. pag. I-3419, punto 28, e del 21 febbraio 2013, Dumont de Chassart, C-619/11, punto 38).
41 Per contro, detta disposizione in quanto tale non ha lo scopo di stabilire le condizioni sostanziali per l’esistenza del diritto alle prestazioni speciali in denaro a carattere non contributivo. Spetta in linea di principio alla legislazione di ciascuno Stato membro determinare tali condizioni (v., in tal senso, sentenza Dumont de Chassart, cit., punto 39 e la giurisprudenza citata).
42 Non è quindi possibile dedurre dall’articolo 70, paragrafo 4, del regolamento n. 883/2004, letto in combinato disposto con l’articolo 1, lettera j), dello stesso, che il diritto dell’Unione osti a una disposizione nazionale, come quella di cui al procedimento principale, che subordina il diritto a una prestazione speciale in denaro a carattere non contributivo al requisito di soddisfare le condizioni per disporre di un diritto di soggiorno legale nello Stato membro interessato.
43 Infatti, il regolamento n. 883/2004 non organizza un regime comune di previdenza sociale, ma lascia sussistere regimi nazionali distinti, e ha come unico obiettivo quello di assicurare un coordinamento tra questi ultimi. Esso lascia sussistere pertanto regimi distinti che danno luogo a crediti distinti nei confronti di enti distinti, rispetto ai quali il destinatario della prestazione è direttamente titolare di diritti a norma o del solo diritto nazionale, oppure del diritto nazionale integrato, se del caso, dal diritto dell’Unione (sentenze del 3 aprile 2008, Chuck, C-331/06, Racc. pag. I-1957, punto 27, nonché Dumont de Chassart, cit., punto 40).
44 Orbene, dalla giurisprudenza della Corte emerge che nulla, in linea di principio, osta a che la concessione di prestazioni sociali a cittadini dell’Unione economicamente inattivi sia subordinata al requisito che essi soddisfino le condizioni per disporre di un diritto di soggiorno legale nello Stato membro ospitante (v., in tal senso, sentenze del 12 maggio 1998, Martínez Sala, C-85/96, Racc. pag. I-2691, punti da 61 a 63; del 20 settembre 2001, Grzelczyk, C-184/99, Racc. pag. I-6193, punti 32 e 33; del 7 settembre 2004, Trojani, C-456/02, Racc. pag. I-7573, punti 42 e 43; del 15 marzo 2005, Bidar, C-209/03, Racc. pag. I-2119, punto 37, nonché del 18 novembre 2008, Förster, C-158/07, Racc. pag. I-8507, punto 39).
45 È tuttavia necessario che le condizioni alle quali è subordinata la concessione di tale diritto di soggiorno, quali, nel procedimento principale, quella che consiste nel disporre di risorse economiche sufficienti al fine di non richiedere l’integrazione compensativa, siano esse stesse conformi al diritto dell’Unione.
Sul requisito consistente nel disporre di risorse economiche sufficienti per non richiedere l’integrazione compensativa
46 Va rammentato che il diritto dei cittadini di uno Stato membro di soggiornare nel territorio di un altro Stato membro senza esercitarvi alcuna attività, subordinata o autonoma, non è incondizionato. In forza dell’articolo 21, paragrafo 1, TFUE, il diritto di soggiornare nel territorio degli Stati membri è infatti riconosciuto a ogni cittadino dell’Unione soltanto fatte salve le limitazioni e le condizioni previste dal Trattato e dalle disposizioni adottate in applicazione dello stesso (v., in tal senso, sentenze Trojani, cit., punti 31 e 32; del 19 ottobre 2004, Zhu e Chen, C-200/02, Racc. pag. I-9925, punto 26, nonché dell’11 dicembre 2007, Eind, C-291/05, Racc. pag. I-10719, punto 28).
47 Tra tali limitazioni e condizioni, dall’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2004/38 discende che gli Stati membri possono imporre a cittadini di un altro Stato membro che intendano beneficiare del diritto di soggiorno nel loro territorio per un periodo superiore a tre mesi senza esercitare un’attività economica che essi dispongano, per se stessi per i loro familiari, di un’assicurazione malattia che copra tutti i rischi nello Stato membro ospitante e di risorse economiche sufficienti al fine di non diventare un onere per il sistema di assistenza sociale di tale Stato durante il loro soggiorno (v., in tal senso, sentenza del 23 febbraio 2010, Teixeira, C-480/08, Racc. pag. I-1107, punto 42).
48 A differenza di tutti i governi che hanno presentato osservazioni scritte, la Commissione sostiene che, poiché l’integrazione compensativa costituisce una prestazione speciale in denaro a carattere non contributivo rientrante nell’ambito di applicazione del regolamento n. 883/2004, essa non può essere considerata come una prestazione di «assistenza sociale» ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2004/38. Dalla relazione afferente a tale direttiva [proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa al diritto dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari di circolare e soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, COM (2001) 257 def.], emergerebbe peraltro che le prestazioni d’«assistenza sociale» oggetto di tale disposizione sono quelle che attualmente non rientrano nell’ambito di applicazione del regolamento n. 883/2004. Tale interpretazione sarebbe confermata dal fatto che, secondo tale relazione, l’assistenza sociale ai sensi della direttiva 2004/38 comprende l’assistenza medica gratuita, specificamente esclusa dall’ambito di applicazione del regolamento n. 883/2004 dall’articolo 3, paragrafo 5, dello stesso.
49 A tale proposito occorre anzitutto sottolineare che dall’imperativo tanto dell’applicazione uniforme del diritto dell’Unione quanto del principio di uguaglianza discende che i termini di una disposizione di diritto dell’Unione che non contenga alcun espresso richiamo al diritto degli Stati membri per quanto riguarda la determinazione del suo senso e della sua portata devono di norma essere oggetto nell’intera Unione europea di un’interpretazione autonoma e uniforme da effettuarsi tenendo conto del contesto di tale disposizione e della finalità perseguita (v., in particolare, sentenze del 14 febbraio 2012, Flachglas Torgau, C-204/09, punto 37, e dell’11 aprile 2013, Edwards e Pallikaropoulos, C-260/11, punto 29).
50 Come risulta già dai punti da 33 a 36 della presente sentenza, una prestazione quale l’integrazione compensativa rientra nell’ambito di applicazione del regolamento n. 883/2004. Tuttavia, siffatta circostanza non può, in quanto tale, essere determinante ai fini dell’interpretazione delle disposizioni della direttiva 2004/38. Infatti, come sostenuto da tutti i governi che hanno presentato osservazioni scritte, il regolamento n. 883/2004 persegue obiettivi distinti da quelli contemplati da tale direttiva.
51 Si deve ricordare in proposito che le disposizioni del regolamento n. 883/2004 mirano a raggiungere l’obiettivo definito dall’articolo 48 TFUE prevenendo gli effetti negativi che l’esercizio del diritto alla libera circolazione dei lavoratori potrebbe dispiegare sul godimento delle prestazioni di previdenza sociale da parte dei lavoratori e dei loro familiari (v., in tal senso, sentenza Chuck, cit., punto 32).
52 Al fine di raggiungere tale obiettivo detto regolamento prevede, fatte salve le eccezioni da esso dettate, il principio dell’esportabilità nello Stato membro ospitante delle prestazioni in denaro rientranti nel suo ambito di applicazione, mediante la revoca, in forza del suo articolo 7, delle clausole di residenza (v., in tal senso, sentenza del 4 novembre 1997, Snares, C-20/96, Racc. pag. I-6057, punti 39 e 40).
53 Per converso, se è vero che la direttiva 2004/38 ha l’obiettivo di facilitare e rafforzare l’esercizio del diritto fondamentale e individuale di circolare e soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri conferito direttamente a ogni cittadino dell’Unione dal Trattato (v. sentenze del 25 luglio 2008, Metock e a., C-127/08, Racc. pag. I-6241, punti 82 e 59; del 7 ottobre 2010, Lassal, C-162/09, Racc. pag. I-9217, punto 30, e del 5 maggio 2011, McCarthy, C-434/09, Racc. pag. I-3375, punto 28), essa mira anche a precisare, come emerge dal suo articolo 1, lettera a), le condizioni di esercizio di tale diritto (v., in tal senso, sentenze McCarthy, cit., punto 33, nonché del 21 dicembre 2011, Ziolkowski e Szeja, C-424/10 e C-425/10, Racc. pag. I-14035, punti 36 e 40), tra le quali figura, per quanto concerne i soggiorni di durata superiore a tre mesi, quella prevista dall’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), di tale direttiva, secondo la quale i cittadini dell’Unione che non possiedono la qualità di lavoratori, o che non la possiedono più, devono disporre di risorse economiche sufficienti.
54 In particolare, dal considerando 10 della direttiva 2004/38 risulta che tale condizione è diretta, segnatamente, a evitare che queste persone diventino un onere eccessivo per il sistema di assistenza sociale dello Stato membro ospitante (sentenza Ziolkowski e Szeja, cit., punto 40).
55 Tale condizione è ispirata all’idea che l’esercizio del diritto di soggiorno dei cittadini dell’Unione può essere subordinato agli interessi legittimi degli Stati membri, nella fattispecie la tutela delle loro finanze pubbliche (v., per analogia, sentenze del 17 settembre 2002, Baumbast e R, C-413/99, Racc. pag. I-7091, punto 90; Zhu e Chen, cit., punto 32, nonché del 23 marzo 2006, Commissione/Belgio, C-408/03, Racc. pag. I-2647, punti 37 e 41).
56 Nella stessa ottica, l’articolo 24, paragrafo 2, della direttiva 2004/38 stabilisce una deroga al principio della parità di trattamento di cui beneficiano i cittadini dell’Unione diversi dai lavoratori subordinati o autonomi, dai soggetti che mantengano tale status e dai loro familiari, soggiornanti nel territorio di uno Stato membro ospitante, permettendo a quest’ultimo di non attribuire il diritto alle prestazioni di assistenza sociale, in particolare durante i primi tre mesi del soggiorno (v. sentenza del 4 giugno 2009, Vatsouras e Koupatantze, C-22/08 e C-23/08, Racc. pag. I-4585, punti 34 e 35).
57 Ne consegue che, se è vero che il regolamento n. 883/2004 è inteso a garantire ai cittadini dell’Unione che abbiano usufruito del diritto alla libera circolazione dei lavoratori il mantenimento del diritto a determinate prestazioni di previdenza sociale concesse dal loro Stato membro d’origine, la direttiva 2004/38, dal canto suo, consente allo Stato membro ospitante di imporre ai cittadini dell’Unione, qualora non possiedano la qualità di lavoratore, o non la possiedano più, restrizioni legittime per quanto concerne la concessione di prestazioni sociali, affinché questi ultimi non diventino un onere eccessivo per il sistema di assistenza sociale di tale Stato membro.
58 Stanti tali premesse, la nozione di «sistema di assistenza sociale» che compare all’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2004/38, contrariamente a quanto sostenuto dalla Commissione, non può essere ridotta alle prestazioni di assistenza sociale che, in forza dell’articolo 3, paragrafo 5, lettera a), del regolamento n. 883/2004, non rientrano nell’ambito di applicazione di tale regolamento.
59 Come sottolineato da numerosi governi che hanno presentato osservazioni, l’interpretazione inversa condurrebbe alla creazione di differenze di trattamento ingiustificate tra Stati membri a seconda delle modalità di organizzazione dei loro sistemi nazionali di previdenza sociale, dal momento che il carattere «speciale» di una prestazione come quella di cui al procedimento principale – e, pertanto, il fatto che essa ricada nell’ambito di applicazione del regolamento n. 883/2004 – dipende, in particolare, dalla questione se la concessione di tale prestazione si fondi, nel diritto nazionale, su criteri oggettivi o esclusivamente sulla situazione di necessità dell’interessato.
60 Ne discende che la nozione di «sistema di assistenza sociale» ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2004/38 dev’essere determinata non sulla base di criteri formali, ma secondo l’obiettivo perseguito da tale disposizione, come rammentato ai punti da 53 a 57 della presente sentenza (v., in tal senso, sentenze Vatsouras e Koupatantze, cit., punti 41 e 42, nonché del 24 aprile 2012, Kamberaj, C-571/10, punti da 90 a 92).
61 Detta nozione va quindi interpretata nel senso che essa rinvia all’insieme dei regimi di assistenza istituiti da autorità pubbliche a livello nazionale, regionale o locale, a cui può ricorrere un soggetto che non disponga delle risorse economiche sufficienti a far fronte ai bisogni elementari propri e a quelli della sua famiglia e che rischia, per questo, di diventare, durante il suo soggiorno, un onere per le finanze pubbliche dello Stato membro ospitante che potrebbe produrre conseguenze sul livello globale dell’aiuto che può essere concesso da tale Stato (v., in tal senso, sentenze Bildar, cit., punto 56; Eind, cit., punto 29, e Förster, cit., punto 48, nonché, per analogia, sentenze del 4 marzo 2010, Chakroun, C-578/08, Racc. pag. I-1839, punto 46, e Kamberaj, cit., punto 91).
62 Per quanto riguarda l’integrazione compensativa di cui trattasi nel procedimento principale, dai punti da 33 a 36 della presente sentenza emerge che tale prestazione può considerarsi come rientrante nel «sistema di assistenza sociale» dello Stato membro interessato. Infatti, come dichiarato dalla Corte ai punti 29 e 30 della citata sentenza Skalka, tale prestazione, che mira a garantire un minimo vitale al suo beneficiario in caso di pensione insufficiente, è interamente finanziata a livello statale senza alcun contributo degli assicurati.
63 Di conseguenza, il fatto che, in considerazione dell’importo esiguo della sua pensione, un cittadino di un altro Stato membro economicamente inattivo possa avere diritto al beneficio di tale prestazione potrebbe costituire un indizio atto a dimostrare che quest’ultimo non dispone di risorse economiche sufficienti a evitare di divenire un onere eccessivo per il sistema di assistenza sociale di tale Stato, ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2004/38 (v., in tal senso, sentenza Trojani, cit., punti 35 e 36).
64 Tuttavia, le autorità nazionali competenti non possono trarre una tale conclusione senza aver proceduto a una valutazione globale dell’onere che, concretamente, la concessione di tale prestazione rappresenterebbe per il sistema nazionale di assistenza sociale nel suo complesso, a seconda delle circostanze individuali che caratterizzano la situazione dell’interessato.
65 Si deve infatti rilevare, in primo luogo, che la direttiva 2004/38 non esclude affatto, nello Stato membro ospitante, la possibilità di concedere prestazioni sociali ai cittadini di altri Stati membri (v., per analogia, sentenza Grzelczyk, cit., punto 39).
66 Al contrario, numerose disposizioni di tale direttiva presuppongono proprio che tali prestazioni possano essere loro concesse. Quindi, come correttamente osservato dalla Commissione, dal tenore letterale stesso dell’articolo 24, paragrafo 2, di tale direttiva risulta che, in deroga al principio di parità di trattamento sancito dal paragrafo 1 di detto articolo, soltanto durante i primi tre mesi di soggiorno lo Stato membro ospitante non è obbligato a concedere il diritto a una prestazione di assistenza sociale ai cittadini dell’Unione che non possiedono la qualità di lavoratori o che non la possiedono più. Inoltre, l’articolo 14, paragrafo 3, della richiamata direttiva dispone che il ricorso da parte di un cittadino dell’Unione o di un suo familiare al sistema di assistenza sociale non può dare luogo automaticamente a un provvedimento di allontanamento.
67 Occorre osservare, in secondo luogo, che l’articolo 8, paragrafo 4, prima frase, della direttiva 2004/38 prevede espressamente che gli Stati membri si astengono dal fissare l’importo preciso delle risorse che considerano sufficienti, ma devono tenere conto della situazione personale dell’interessato. Peraltro, in forza della seconda frase di detto articolo 8, paragrafo 4, l’importo delle risorse sufficienti non può essere superiore al livello al di sotto del quale i cittadini dello Stato membro ospitante possono beneficiare di prestazioni di assistenza sociale o, qualora non possa trovare applicazione tale criterio, alla pensione minima sociale erogata dallo Stato membro ospitante.
68 Ne consegue che, se è vero che gli Stati membri possono indicare una certa somma come importo di riferimento, essi non possono imporre un importo di reddito minimo al di sotto del quale si possa presumere che l’interessato non disponga di risorse economiche sufficienti, indipendentemente da un esame concreto della situazione di ogni interessato (v., per analogia, sentenza Chakroun, cit., punto 48).
69 Inoltre, dal considerando 16 della direttiva 2004/38 risulta che, per stabilire se il beneficiario di una prestazione di assistenza sociale costituisca un onere eccessivo per il sistema di assistenza sociale dello Stato membro ospitante, quest’ultimo, prima di adottare una misura di allontanamento, deve esaminare se l’interessato incontri difficoltà temporanee e tener conto della durata del soggiorno e della sua situazione personale, così come dell’ammontare dell’aiuto concessogli.
70 Infine, in terzo luogo si deve ricordare che, poiché il diritto alla libera circolazione, in quanto principio fondamentale del diritto dell’Unione, costituisce la regola generale, le condizioni previste dall’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2004/38 devono essere interpretate restrittivamente (v., per analogia, citate sentenze Kamberaj, punto 86, e Chakroun, punto 43), nonché nel rispetto dei limiti imposti dal diritto dell’Unione e dal principio di proporzionalità (v. citate sentenze Baumbast e R, punto 91; Zhu e Chen, punto 32, nonché Commissione/Belgio, punto 39).
71 Inoltre, il margine di discrezionalità riconosciuto agli Stati membri non dev’essere utilizzato da questi ultimi in modo tale da pregiudicare l’obiettivo della direttiva 2004/38, che consiste, in particolare, nel facilitare e rafforzare l’esercizio del diritto fondamentale dei cittadini dell’Unione di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, e l’effetto utile della stessa (v., per analogia, sentenza Chakroun, cit., punti 43 e 47).
72 Nel subordinare il diritto di soggiorno per un periodo superiore a tre mesi alla circostanza che l’interessato non divenga un onere «eccessivo» per il «sistema» di assistenza sociale dello Stato membro ospitante, l’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2004/38, come interpretato alla luce del considerando 10 della stessa, implica pertanto che le autorità nazionali competenti dispongono del potere di valutare, tenuto conto di un insieme di fattori e in considerazione del principio di proporzionalità, se la concessione di una prestazione sociale possa rappresentare un onere per l’insieme dei regimi di assistenza sociale di tale Stato membro. La direttiva 2004/38 ammette quindi una certa solidarietà finanziaria dei cittadini dello Stato membro ospitante verso quelli degli altri Stati membri, in particolare se le difficoltà incontrate dal beneficiario del diritto di soggiorno sono temporanee (v., per analogia, citate sentenze Grzelczyk, punto 44; Bidar, punto 56, nonché Förster, punto 48).
73 Certamente, come emerge dal paragrafo 74 delle conclusioni dell’avvocato generale, la versione in lingua tedesca dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2004/38, contrariamente alla maggior parte delle altre versioni linguistiche di tale disposizione, non risulta fare riferimento a un tale «sistema».
74 Tuttavia, secondo una giurisprudenza costante, la formulazione utilizzata in una delle versioni linguistiche di una disposizione del diritto dell’Unione non può essere l’unico elemento a sostegno dell’interpretazione di questa disposizione né si può attribuire ad essa, a tal riguardo, un carattere prioritario rispetto alle altre versioni linguistiche. Infatti, tale approccio sarebbe in contrasto con la necessità di applicare in modo uniforme il diritto dell’Unione. In caso di divergenza tra le versioni linguistiche, la disposizione in questione deve essere interpretata in funzione dell’economia generale e della finalità della normativa di cui essa fa parte (v. sentenze del 27 marzo 1990, Cricket St Thomas, C-372/88, Racc. pag. I-1345, punti 18 e 19, nonché del 12 novembre 1998, Institute of the Motor Industry, C-149/97, Racc. pag. I-7053, punto 16).
75 Orbene, dai punti da 64 a 72 della presente sentenza risulta che, per un cittadino di uno Stato membro, il solo fatto di beneficiare di una prestazione di assistenza sociale non può essere sufficiente a dimostrare che egli rappresenta un onere eccessivo per il sistema di assistenza sociale dello Stato membro ospitante.
76 Per quanto riguarda la normativa di cui trattasi nel procedimento principale, dalle spiegazioni fornite dal governo austriaco in udienza emerge che, se l’importo dell’integrazione compensativa dipende dalla situazione patrimoniale dell’interessato rispetto all’importo di riferimento fissato per la concessione di quest’ultima, il solo fatto che un cittadino di un altro Stato membro economicamente inattivo richieda il beneficio di tale prestazione è sufficiente a escludere che egli la riceva, a prescindere dalla durata del soggiorno nonché dall’importo di detta prestazione e dal periodo durante il quale essa è erogata e, quindi, dall’onere che tale prestazione rappresenta per il sistema di assistenza sociale di tale Stato nel suo complesso.
77 Si deve necessariamente constatare che una tale esclusione automatica, da parte dello Stato membro ospitante, dei cittadini di altri Stati membri economicamente inattivi dal beneficio di una data prestazione sociale, anche se per il periodo successivo ai tre mesi di soggiorno contemplato dall’articolo 24, paragrafo 2, della direttiva 2004/38, non consente alle autorità competenti dello Stato membro ospitante, qualora le risorse dell’interessato siano inferiori all’importo di riferimento per la concessione di tale prestazione, di procedere, ai sensi delle disposizioni che discendono, in particolare, dagli articoli 7, paragrafo 1, lettera b), e 8, paragrafo 4, di tale direttiva, nonché dal principio di proporzionalità, a una valutazione globale dell’onere che rappresenterebbe, in concreto, la concessione di tale prestazione per il sistema di assistenza sociale nel suo complesso a seconda delle circostanze individuali che caratterizzano la situazione dell’interessato.
78 In particolare, in una controversia come quella di cui al procedimento principale, è necessario che le autorità competenti dello Stato membro ospitante, in sede di esame della domanda di un cittadino dell’Unione economicamente inattivo che versi in una situazione come quella del sig. Brey, possano prendere in considerazione, segnatamente, l’importanza e la regolarità dei redditi di cui quest’ultimo dispone, il fatto che essi abbiano portato dette autorità a rilasciargli un attestato d’iscrizione nel territorio nazionale, nonché il periodo durante il quale la prestazione richiesta può essergli erogata. Peraltro, al fine di valutare con maggiore precisione la portata dell’onere che tale erogazione rappresenterebbe per il sistema nazionale di assistenza sociale, può essere pertinente, come sostenuto dalla Commissione in udienza, determinare la percentuale dei beneficiari di tale prestazione che hanno lo status di cittadini dell’Unione titolari di una pensione di vecchiaia in un altro Stato membro.
79 Nella fattispecie spetta al giudice del rinvio, il solo competente per valutare i fatti, determinare, in particolare alla luce di tali elementi, se la concessione di una prestazione quale l’integrazione compensativa a una persona nella situazione del sig. Brey possa rappresentare un onere eccessivo per il sistema nazionale di assistenza sociale.
80 Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, occorre rispondere alla questione sollevata dichiarando che il diritto dell’Unione, quale risulta, in particolare, dagli articoli 7, paragrafo 1, lettera b), 8, paragrafo 4, e 24, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2004/38, dev’essere interpretato nel senso che osta alla normativa di uno Stato membro, come quella di cui al procedimento principale, che, anche per il periodo successivo ai primi tre mesi di soggiorno, esclude in qualsiasi circostanza e in maniera automatica la concessione di una prestazione quale l’integrazione compensativa prevista dall’articolo 292, paragrafo 1, dell’ASVG a un cittadino di un altro Stato membro economicamente inattivo, poiché quest’ultimo, nonostante il fatto che gli sia stato rilasciato un attestato d’iscrizione, non soddisfa le condizioni per beneficiare di un diritto di soggiorno legale per un periodo superiore a tre mesi nel territorio del primo Stato, in quanto l’esistenza di tale diritto di soggiorno è subordinata al presupposto che tale cittadino disponga di risorse economiche sufficienti per non richiedere detta prestazione.
Sulle spese
81 Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.
Per questi motivi, la Corte (Terza Sezione) dichiara:
Il diritto dell’Unione, quale risulta, in particolare, dagli articoli 7, paragrafo 1, lettera b), 8, paragrafo 4, e 24, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2004/38/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativa al diritto dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, che modifica il regolamento (CEE) n. 1612/68 ed abroga le direttive 64/221/CEE, 68/360/CEE, 72/194/CEE, 73/148/CEE, 75/34/CEE, 75/35/CEE, 90/364/CEE, 90/365/CEE e 93/96/CEE, dev’essere interpretato nel senso che osta alla normativa di uno Stato membro, come quella di cui al procedimento principale, che, anche per il periodo successivo ai primi tre mesi di soggiorno, esclude in qualsiasi circostanza e in maniera automatica la concessione di una prestazione quale l’integrazione compensativa prevista dall’articolo 292, paragrafo 1, della legge generale relativa alla previdenza sociale (Allgemeines Sozialversicherungsgesetz), come modificata, a partire dal 1° gennaio 2011, dalla legge finanziaria del 2011 (Budgetbegleitgesetz 2011) a un cittadino di un altro Stato membro economicamente inattivo, poiché quest’ultimo, nonostante il fatto che gli sia stato rilasciato un attestato d’iscrizione, non soddisfa le condizioni per beneficiare di un diritto di soggiorno legale per un periodo superiore a tre mesi nel territorio del primo Stato, in quanto l’esistenza di tale diritto di soggiorno è subordinata al presupposto che tale cittadino disponga di risorse economiche sufficienti per non richiedere detta prestazione.
Firme
* Lingua processuale: il tedesco.