SENTENZA DELLA CORTE (Settima Sezione)
15 maggio 2014 (*)
«Rinvio pregiudiziale – Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto – Direttiva 2006/112/CE – Articolo 90 – Riduzione della base imponibile – Portata degli obblighi degli Stati membri – Effetto diretto»
Nella causa C-337/13,
avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dalla Kúria (Ungheria), con decisione del 23 maggio 2013, pervenuta in cancelleria il 20 giugno 2013, nel procedimento
Almos Agrárkülkereskedelmi Kft
contro
Nemzeti Adó- és Vámhivatal Közép-magyarországi Regionális Adó Főigazgatósága,
LA CORTE (Settima Sezione),
composta da J.L. da Cruz Vilaça, presidente di sezione, J.-C. Bonichot (relatore) e A. Arabadjiev, giudici,
avvocato generale: P. Cruz Villalón
cancelliere: A. Calot Escobar
vista la fase scritta del procedimento,
considerate le osservazioni presentate:
– per l’Almos Agrárkülkereskedelmi Kft, da T. Garadnai, ügyvéd;
– per il governo ungherese, da M. Fehér e K. Szíjjártó, in qualità di agenti;
– per il governo ellenico, da M. Germani, in qualità di agente;
– per il governo del Regno Unito, da S. Brighouse, in qualità di agente, assistita da R. Hill, barrister;
– per la Commissione europea, da L. Lozano Palacios e A. Sipos, in qualità di agenti,
vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1 La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 90 della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (GU L 347, pag. 1; in prosieguo: la «direttiva IVA»).
2 Tale domanda è stata presentata nel contesto di una controversia che vede contrapposte l’Almos Agrárkülkereskedelmi Kft (in prosieguo: l’«Almos») e la Nemzeti Adó- és Vámhivatal Közép-magyarországi Regionális Adó Főigazgatósága (amministrazione nazionale delle imposte e delle dogane, direzione principale regionale per i tributi dell’Ungheria centrale; in prosieguo: l’«amministrazione tributaria») in merito al diniego di quest’ultima di ammettere la rettifica di fatture effettuata dalla società Almos allo scopo di ottenere una riduzione della base imponibile dell’imposta sul valore aggiunto (in prosieguo: l’«IVA»), per la mancata esecuzione di una vendita.
Contesto normativo
Diritto dell’Unione
3 Il titolo VII della direttiva IVA, intitolato «Base imponibile», include segnatamente gli articoli 73 e 90.
4 L’articolo 73 di tale direttiva stabilisce quanto segue:
«Per le cessioni di beni e le prestazioni di servizi diverse da quelle di cui agli articoli da 74 a 77, la base imponibile comprende tutto ciò che costituisce il corrispettivo versato o da versare al fornitore o al prestatore per tali operazioni da parte dell’acquirente, del destinatario o di un terzo, comprese le sovvenzioni direttamente connesse con il prezzo di tali operazioni».
5 Ai sensi dell’articolo 90 di tale direttiva:
«1. In caso di annullamento, recesso, risoluzione, non pagamento totale o parziale o riduzione di prezzo dopo il momento in cui si effettua l’operazione, la base imponibile è debitamente ridotta alle condizioni stabilite dagli Stati membri.
2. In caso di non pagamento totale o parziale, gli Stati membri possono derogare al paragrafo 1».
6 L’articolo 273 della stessa direttiva così dispone:
«Gli Stati membri possono stabilire, nel rispetto della parità di trattamento delle operazioni interne e delle operazioni effettuate tra Stati membri da soggetti passivi, altri obblighi che essi ritengono necessari ad assicurare l’esatta riscossione dell’IVA e ad evitare le evasioni, a condizione che questi obblighi non diano luogo, negli scambi tra Stati membri, a formalità connesse con il passaggio di una frontiera.
Gli Stati membri non possono avvalersi della facoltà di cui al primo comma per imporre obblighi di fatturazione supplementari rispetto a quelli previsti al capo 3».
Diritto ungherese
7 Ai sensi dell’articolo 77 della legge CXXVII del 2007 in materia di IVA (általános forgalmi adóról szóló 2007. évi CXXVII törvény; in prosieguo: la «legge in materia di IVA»):
«(1) In caso di cessione di beni, di prestazione di servizi o di acquisti intracomunitari di beni la base imponibile è ridotta a posteriori nella misura del corrispettivo che è stato rimborsato o che deve essere rimborsato a chi sia legittimato a percepirlo qualora, successivamente all’esecuzione dell’operazione,
a) in caso di invalidità dell’operazione,
aa) la situazione precedente alla conclusione dell’operazione sia ripristinata;
ab) si dichiari che l’operazione, sebbene invalida, ha prodotto effetti durante tutto il periodo precedente all’adozione della decisione con cui è stata accertata tale invalidità, o
ac) l’operazione è dichiarata valida per il tramite dell’abolizione di un vantaggio sproporzionato;
b) nell’ipotesi di vizi nell’esecuzione dell’operazione:
ba) si eserciti il diritto alla risoluzione, o
bb) si eserciti il diritto a ottenere una riduzione del prezzo.
(2) La base imponibile sarà altresì oggetto di una riduzione a posteriori qualora:
a) siano rimborsati gli importi anticipati a causa della mancata esecuzione;
b) in caso di cessione o locazione di beni ai sensi dell’articolo 10, lettera a), della presente legge, il soggetto passivo, a motivo del mancato pagamento della totalità del prezzo del bene, eserciti il diritto di risoluzione e le parti ripristinino la situazione precedente alla conclusione dell’operazione o, se ciò è impossibile, riconoscano che tale operazione ha prodotto effetti giuridici fino all’insorgenza dell’ostacolo alla realizzazione dell’operazione;
c) nel caso di beni costituiti in pegno, sia rimborsato l’importo versato in relazione a quest’ultimo.
(3) La base imponibile può essere ridotta a posteriori nel caso di una riduzione del prezzo che intervenga, in conformità all’articolo 71, paragrafo 1, lettere a) e b), successivamente all’effettuazione dell’operazione».
Procedimento principale e questioni pregiudiziali
8 Nel corso dei mesi di agosto e di settembre 2008, l’Almos ha venduto sementi di colza a un’altra impresa ungherese, la Bio-Ma Magyarország Energiaszolgáltató Zrt (in prosieguo: la «Bio-Ma»). Tali sementi sono state consegnate e collocate in un deposito, ma l’acquirente non ne ha pagato il prezzo.
9 Per questo motivo, le parti hanno convenuto, in un accordo concluso il 1° ottobre 2008, che le sementi di colza erano proprietà dell’Almos, che quest’ultima era l’unica autorizzata a disporne e che la Bio-Ma non poteva né assoggettarle a oneri, né venderle, né consegnarle materialmente a un terzo. Il termine ultimo per la restituzione delle sementi di colza è stato fissato al 10 ottobre 2008, data fino alla quale la Bio-Ma era tenuta a fungere da custode dei beni.
10 La restituzione della merce non ha tuttavia avuto luogo il 10 ottobre 2008 poiché, nel frattempo, se ne era disposto il sequestro.
11 L’Almos ha avviato un procedimento civile per ottenere la restituzione delle sementi di colza. La Szegedi Ítélőtábla (Corte d’appello regionale di Szeged) ha obbligato l’acquirente, con sentenza definitiva, a restituire 2 263,796 tonnellate di sementi di colza o, in mancanza, a pagare una somma di EUR 1 022 783. La sentenza precisava che le parti avevano risolto il contratto di vendita tra le stesse concluso e che ormai l’Almos era proprietaria delle sementi di colza.
12 L’Almos ha, di conseguenza, rettificato i fattori relativi alla vendita alla Bio-Ma e, nella sua dichiarazione fiscale mensile del dicembre 2009, ha dichiarato un importo di fiorini ungheresi (HUF) 116 705 000 a titolo d’IVA recuperabile.
13 L’amministrazione tributaria ha tuttavia ritenuto che tale dichiarazione fosse ingiustificata per l’ammontare di HUF 48 043 000, importo al quale essa ha applicato una maggiorazione del 10% a titolo di penale. Essa ha affermato che, malgrado l’assenza di pagamento del corrispettivo, vi era stata una cessione di beni, ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 1, della legge in materia di IVA. Secondo l’amministrazione, la rettifica delle fatture non era giustificata e l’accordo concluso fra le parti dopo la fornitura doveva essere considerato come nuova operazione. Inoltre, non si sarebbe verificato neppure un ripristino della situazione anteriore poiché non ha avuto luogo la restituzione delle sementi di colza e il prezzo convenuto non è stato pagato. Le disposizioni di cui all’articolo 77, paragrafi 1 e 2, della legge in materia di IVA prevedrebbero la riduzione a posteriori della base imponibile nell’ipotesi in cui l’operazione non fosse stata valida, ipotesi che si distinguerebbe dalla risoluzione del contratto, come verificatasi nella fattispecie. La legge in materia di IVA non conterrebbe alcuna disposizione che consenta una riduzione a posteriori della base imponibile per il solo motivo del mancato pagamento totale o parziale dei beni di cui trattasi.
14 Il giudice di primo grado ha respinto il ricorso dell’Almos diretto contro la decisione dell’amministrazione tributaria.
15 Nel suo ricorso per cassazione dinanzi al giudice del rinvio, l’Almos sottolinea che la risoluzione del contratto ha avuto l’effetto di ritrasferirle la proprietà dei beni venduti. Secondo tale società, non ha avuto luogo, pertanto, l’effettuazione di un’operazione autonoma dal punto di vista del diritto tributario, bensì un’operazione strettamente e intrinsecamente collegata al contratto di vendita iniziale, in quanto l’acquirente sarebbe divenuto proprietario delle sementi di colza soltanto qualora ne avesse pagato il prezzo di vendita. Essa afferma che, alla luce dell’articolo 90, paragrafo 1, della direttiva IVA, non le può essere imputato alcun comportamento irregolare con riferimento alla situazione che le attribuisce diritto alla riduzione.
16 Il giudice del rinvio osserva che, al momento della proposizione della domanda di rimborso, la legge in materia di IVA non disciplinava la totalità delle ipotesi elencate all’articolo 90, paragrafo 1, della direttiva IVA e non prevedeva in particolare la possibilità di una riduzione della base imponibile in caso di annullamento, di recesso, di risoluzione e di mancato pagamento totale o parziale del corrispettivo. Esso si chiede se detta legge non abbia privato i soggetti d’imposta dei diritti ad essi spettanti a tale titolo.
17 In tal contesto, la Kúria (Corte suprema) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:
«1) Se l’articolo 77, paragrafi 1 e 2, della [legge ungherese in materia di IVA], nella versione vigente fino al 31 dicembre 2010, sia conforme all’articolo 90, paragrafo 1, della direttiva [IVA], nel senso che la legge [ungherese sull’IVA] include l’insieme delle ipotesi di riduzione della base imponibile elencate in detta disposizione.
2) In caso negativo, se un contribuente che, in seguito all’esecuzione di un’operazione, non abbia ottenuto il corrispettivo da parte di quest’ultima possa esigere, in mancanza di una disposizione di diritto nazionale in tal senso, una riduzione dell’imposta sul fondamento dei principi di neutralità dell’imposta e di proporzionalità tenuto conto delle disposizioni dell’articolo 90, paragrafo 1, della direttiva [IVA].
3) Se l’articolo 90, paragrafo 1, della direttiva [IVA] è provvisto di effetto diretto, a quali condizioni sia allora subordinata la possibilità di esercitare il diritto a una riduzione fiscale. Se sia sufficiente che il venditore abbia emesso una fattura rettificativa e l’abbia inviata all’acquirente o se sia altresì necessario che esso provi che il bene è effettivamente ritornato ad essere di sua proprietà o in suo possesso, vale a dire che gli è stato materialmente restituito.
4) In caso di risposta negativa alla terza questione, se lo Stato membro sia tenuto, sul fondamento del diritto dell’Unione, a risarcire il danno derivante da un inadempimento al suo obbligo di armonizzazione in conseguenza del quale il contribuente è stato privato della possibilità di beneficiare di una riduzione fiscale.
5) Se l’articolo 90, paragrafo 2, della direttiva [IVA] possa essere interpretato nel senso che gli Stati membri conservano il diritto, in caso di mancato pagamento totale o parziale, di non concedere riduzioni della base imponibile e, in caso affermativo, se a tal fine occorra che una norma di diritto nazionale abbia espressamente escluso la possibilità di una siffatta riduzione, o se si possa ritenere che il silenzio in merito a tale aspetto della disciplina applicabile li autorizzi altresì a negare la riduzione di cui trattasi».
Sulle questioni pregiudiziali
Sulle questioni prima e quinta
18 Si deve ricordare preliminarmente che il sistema di cooperazione istituito dall’articolo 267 TFUE è fondato su una netta separazione delle funzioni tra i giudici nazionali e la Corte. Nell’ambito di un procedimento instaurato ai sensi di detto articolo, l’interpretazione delle norme nazionali incombe ai giudici degli Stati membri e non alla Corte, e non spetta a quest’ultima pronunciarsi sulla compatibilità di norme di diritto interno con le disposizioni del diritto dell’Unione. Per contro, la Corte è competente a fornire al giudice nazionale tutti gli elementi d’interpretazione propri del diritto comunitario che gli consentano di valutare la compatibilità di norme di diritto interno con la normativa comunitaria (v., segnatamente, sentenza Placanica e a., C-338/04, C-359/04 e C-360/04, EU:C:2007:133, punto 36).
19 Anche se non spetta, pertanto, alla Corte pronunciarsi, nella presente controversia, in merito alla compatibilità dell’articolo 77 della legge in materia di IVA con l’articolo 90 della direttiva IVA, le spetta per contro fornire tutti gli elementi d’interpretazione di quest’ultima disposizione per permettere al giudice del rinvio di valutare tale compatibilità.
20 Si deve quindi ritenere che, con le sue questioni prima e quinta, da esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chieda, sostanzialmente, se le disposizioni di cui all’articolo 90 della direttiva IVA esigano che le disposizioni nazionali previste per trasporle elenchino esplicitamente tutte le situazioni che attribuiscono, secondo il paragrafo 1 di detto articolo, il diritto alla riduzione della base imponibile dell’IVA.
21 Secondo la giurisprudenza della Corte, la trasposizione di una direttiva nel diritto nazionale non richiede necessariamente che le sue disposizioni siano formalmente e testualmente riportate in una disposizione di diritto espressa e specifica e può, in funzione del suo contenuto, essere sufficientemente realizzata attraverso un contesto giuridico generale, qualora quest’ultimo garantisca effettivamente la piena applicazione della direttiva in modo sufficientemente chiaro e preciso, affinché, nel caso in cui la direttiva sia intesa a costituire diritti in capo ai singoli, i beneficiari siano posti in grado di conoscere il complesso dei loro diritti e di farli valere, eventualmente, dinanzi ai giudici nazionali (v., in particolare, sentenze Commissione/Svezia, C-287/04, EU:C:2005:330, punto 6, e Commissione/Irlanda, C-427/07, EU:C:2009:457, punto 54).
22 Al riguardo occorre ricordare che l’articolo 90, paragrafo 1, della direttiva IVA, che riguarda i casi di annullamento, di recesso, di risoluzione, di mancato pagamento totale o parziale o di riduzione del prezzo successiva al momento in cui l’operazione viene effettuata, obbliga gli Stati membri a ridurre la base imponibile e, quindi, l’importo dell’IVA dovuta dal soggetto passivo ogni volta che, successivamente alla conclusione di un’operazione, una parte o la totalità del corrispettivo non viene percepita dal soggetto passivo. Tale disposizione costituisce l’espressione di un principio fondamentale della direttiva IVA, secondo il quale la base imponibile è costituita dal corrispettivo realmente ricevuto e il cui corollario consiste nel fatto che l’amministrazione tributaria non può riscuotere a titolo di IVA un importo superiore a quello percepito dal soggetto passivo (v., in tal senso, sentenza Kraft Foods Polska, C-588/10, EU:C:2012:40, punti 26 e 27).
23 Tuttavia, il paragrafo 2 di detto articolo 90 consente agli Stati membri di derogare a tale norma in caso di mancato pagamento, totale o parziale. I soggetti d’imposta non possono, pertanto, far valere, sulla base dell’articolo 90, paragrafo 1, della direttiva IVA, un diritto alla riduzione della loro base imponibile dell’IVA in caso di mancato pagamento del prezzo, qualora lo Stato membro interessato abbia inteso applicare la deroga prevista all’articolo 90, paragrafo 2, di tale direttiva.
24 Occorre ammettere che la disposizione nazionale che, nell’elencazione delle situazioni in cui la base imponibile viene ridotta, non contempli quella del mancato pagamento del prezzo dell’operazione, è considerata come risultato dell’esercizio, da parte dello Stato membro, della facoltà di deroga ad esso concessa in forza dell’articolo 90, paragrafo 2, della direttiva IVA.
25 Si deve, infatti, osservare al riguardo che, se il mancato pagamento totale o parziale del prezzo di acquisto si verifica senza che vi sia stata risoluzione o annullamento del contratto, l’acquirente resta debitore del prezzo convenuto e il venditore, per quanto non più proprietario del bene, dispone sempre in linea di principio del suo credito, che può far valere in sede giurisdizionale. Poiché non può essere escluso, tuttavia, che siffatto credito divenga di fatto definitivamente irrecuperabile, il legislatore dell’Unione ha inteso lasciare a ciascuno Stato membro la scelta di determinare se la situazione di mancato pagamento del prezzo di acquisto, la quale, di per sé, in contrasto con la risoluzione o con l’annullamento del contratto, non pone nuovamente le parti nella situazione iniziale, attribuisca diritto alla riduzione della base imponibile nell’importo dovuto alle condizioni che esso stabilisce, o se siffatta riduzione non sia ammessa in tale situazione.
26 In tal contesto è necessario considerare, da una parte, che la sola circostanza che, nell’elencazione delle situazioni in cui la base imponibile viene ridotta, la disposizione nazionale di recepimento non riporti tutte le situazioni contemplate all’articolo 90, paragrafo 1, di tale direttiva non consente di ritenere, alla luce del contesto giuridico generale in cui si inscrive tale misura di recepimento, che quest’ultima non sarebbe idonea a garantire effettivamente, in modo sufficientemente chiaro e preciso, la piena applicazione della direttiva IVA.
27 D’altra parte, occorre, per contro, che, per le situazioni diverse da quelle collegate al mancato pagamento del prezzo, le disposizioni nazionali di recepimento prendano in considerazione tutte le situazioni in cui, successivamente alla conclusione di una transazione, una parte o la totalità del corrispettivo non è stato percepito dal soggetto d’imposta, cosa che spetta al giudice nazionale verificare.
28 Alla luce delle considerazioni che precedono, occorre rispondere alle questioni prima e quinta dichiarando che le disposizioni di cui all’articolo 90 della direttiva IVA devono essere interpretate nel senso che esse non ostano a una norma nazionale che non preveda la riduzione della base imponibile dell’IVA in caso di mancato pagamento del prezzo qualora venga applicata la deroga prevista al paragrafo 2 di detto articolo. Tuttavia, tale disposizione deve allora contemplare tutte le altre situazioni in cui, in forza del paragrafo 1 di detto articolo, successivamente alla conclusione di un’operazione, una parte o la totalità del corrispettivo non viene percepita dal soggetto d’imposta, cosa che spetta al giudice nazionale verificare.
Sulle questioni seconda, terza e quarta
29 Con le sue questioni seconda, terza e quarta, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, sostanzialmente, per il caso in cui esso, al termine della verifica che è tenuto a svolgere, dovesse considerare che, eccetto il caso di mancato pagamento del prezzo, le disposizioni nazionali di cui trattasi nel procedimento principale non recepiscono correttamente le disposizioni di cui all’articolo 90, paragrafo 1, della direttiva IVA, quali siano i diritti che il soggetto d’imposta potrebbe far valere e, eventualmente, in presenza di quali presupposti, per ottenere una riduzione della base imponibile dell’IVA o una misura equivalente.
30 Il giudice del rinvio chiede quindi, in primo luogo, se l’articolo 90, paragrafo 1, della direttiva IVA soddisfi le condizioni per produrre un effetto diretto in capo ai soggetti d’imposta.
31 Occorre ricordare che, secondo una giurisprudenza costante della Corte, in tutti i casi in cui le disposizioni di una direttiva appaiono, dal punto di vista del loro contenuto, incondizionate e sufficientemente precise, i singoli sono legittimati a farle valere dinanzi ai giudici nazionali nei confronti dello Stato, sia quando quest’ultimo abbia omesso di trasporre tempestivamente la direttiva nell’ordinamento nazionale sia quando esso l’abbia recepita in modo non corretto (v. sentenze Pfeiffer e a., da C-397/01 a C-403/01, EU:C:2004:584, punto 103, e Association de médiation sociale, C-176/12, EU:C:2014:2, punto 31)
32 Una disposizione del diritto dell’Unione è incondizionata se sancisce un obbligo non soggetto ad alcuna condizione né subordinato, per quanto riguarda la sua osservanza o i suoi effetti, all’emanazione di alcun atto da parte delle istituzioni dell’Unione o degli Stati membri (v., in tal senso, sentenza Pohl-Boskamp, C-317/05, EU:C:2006:684, punto 41).
33 Nella fattispecie, l’articolo 90, paragrafo 1, della direttiva IVA prevede che, nei casi in esso contemplati, la base imponibile sia ridotta nella debita misura in pendenza delle condizioni determinate dagli Stati membri.
34 Se tale articolo concede quindi agli Stati membri un certo margine discrezionale allorché essi fissano le misure che consentono di stabilire l’importo della riduzione, tale circostanza non pregiudica, tuttavia, il carattere preciso e incondizionato dell’obbligo di ammettere la riduzione della base imponibile nei casi previsti da detto articolo. Quest’ultimo soddisfa pertanto le condizioni per produrre un effetto diretto (v., per analogia, in particolare, sentenza Association de médiation sociale, EU:C:2014:2, punto 33).
35 Ne deriva che, poiché i soggetti d’imposta possono far valere l’articolo 90, paragrafo 1, della direttiva IVA dinanzi ai giudici nazionali nei confronti dello Stato per ottenere la riduzione della loro base imponibile dell’IVA, la questione del giudice del rinvio diretta ad accertare se lo Stato membro interessato sia tenuto a risarcire il danno che gli interessati avrebbero subìto a causa del fatto che esso, non trasponendo correttamente tale direttiva, li avrebbe privati del diritto alla riduzione è priva di oggetto.
36 In secondo luogo, quanto alla questione concernente le formalità cui può essere sottoposto l’esercizio di detto diritto alla riduzione della base imponibile, occorre ricordare che, in forza dell’articolo 273 della direttiva IVA, gli Stati membri possono prevedere gli obblighi che essi considerano necessari per garantire l’esatta riscossione dell’IVA e per evitare l’evasione, a condizione, in particolare, che tale facoltà non venga utilizzata per imporre obblighi di fatturazione supplementari rispetto a quelli fissati al capo 3 di tale direttiva.
37 Dato che, al di là dei limiti da esse fissati, le disposizioni di cui agli articoli 90, paragrafo 1, e 273 della direttiva IVA non precisano né le condizioni né gli obblighi che gli Stati membri possono prevedere, è giocoforza constatare che tali disposizioni conferiscono a questi ultimi un margine discrezionale, in particolare, quanto alle formalità che i soggetti d’imposta devono soddisfare dinanzi alle autorità tributarie di detti Stati, allo scopo di effettuare una riduzione della base imponibile (v., in tal senso, sentenza Kraft Foods Polska, EU:C:2012:40, punto 23).
38 Risulta tuttavia dalla giurisprudenza della Corte che i provvedimenti diretti ad evitare frodi o evasioni fiscali possono derogare, in linea di principio, al rispetto delle regole relative alla base imponibile dell’IVA soltanto nei limiti strettamente necessari per raggiungere tale specifico obiettivo. Essi devono infatti pregiudicare il meno possibile gli obiettivi e i principi della direttiva IVA e non possono, pertanto, essere utilizzati in modo da rimettere in discussione la neutralità dell’IVA (v., in tal senso, sentenze Kraft Foods Polska, EU:C:2012:40, punto 28, nonché Petroma Transports e a., C-271/12, EU:C:2013:297, punto 28).
39 Occorre di conseguenza che le formalità che i soggetti d’imposta devono adempiere per esercitare, dinanzi alle autorità tributarie, il diritto di effettuare una riduzione della base imponibile dell’IVA siano limitate a quelle che consentano di dimostrare che, successivamente alla conclusione dell’operazione, una parte o la totalità del corrispettivo non sarà definitivamente percepita. Spetta al riguardo ai giudici nazionali verificare che ciò accada riguardo alle formalità richieste dallo Stato membro interessato.
40 Alla luce delle considerazioni che precedono, occorre rispondere alle questioni seconda, terza e quarta che i soggetti passivi possono far valere l’articolo 90, paragrafo 1, della direttiva IVA dinanzi ai giudici nazionali nei confronti dello Stato membro per ottenere la riduzione della loro base imponibile dell’IVA. Anche se gli Stati membri possono prevedere che l’esercizio del diritto alla riduzione di tale base imponibile sia subordinato al compimento di talune formalità che consentono di dimostrare in particolare che, successivamente alla conclusione dell’operazione, una parte o la totalità del corrispettivo non è stata definitivamente percepita dal soggetto passivo e che quest’ultimo poteva invocare una delle situazioni previste all’articolo 90, paragrafo 1, della direttiva IVA, le misure così adottate non devono eccedere quanto necessario a tale giustificazione, cosa che spetta al giudice nazionale verificare.
Sulle spese
41 Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.
Per questi motivi, la Corte (Settima Sezione) dichiara:
1) Le disposizioni di cui all’articolo 90 della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, devono essere interpretate nel senso che esse non ostano a una norma nazionale che non preveda la riduzione della base imponibile dell’imposta sul valore aggiunto in caso di mancato pagamento del prezzo qualora venga applicata la deroga prevista al paragrafo 2 di detto articolo. Tuttavia, tale disposizione deve allora contemplare tutte le altre situazioni in cui, in forza del paragrafo 1 di detto articolo, successivamente alla conclusione di un’operazione, una parte o la totalità del corrispettivo non viene percepita dal soggetto d’imposta, cosa che spetta al giudice nazionale verificare.
2) I soggetti passivi possono far valere l’articolo 90, paragrafo 1, della direttiva 2006/112 dinanzi ai giudici nazionali nei confronti dello Stato membro per ottenere la riduzione della loro base imponibile dell’imposta sul valore aggiunto. Anche se gli Stati membri possono prevedere che l’esercizio del diritto alla riduzione di tale base imponibile sia subordinato al compimento di talune formalità che consentono di giustificare in particolare che, successivamente alla conclusione dell’operazione, una parte o la totalità del corrispettivo non è stata definitivamente percepita dal soggetto passivo e che quest’ultimo poteva invocare una delle situazioni previste all’articolo 90, paragrafo 1, della direttiva 2006/112, le misure così adottate non devono eccedere quanto necessario a tale giustificazione, cosa che spetta al giudice nazionale verificare.
Firme
* Lingua processuale: l’ungherese.