SENTENZA DELLA CORTE (Quarta Sezione)
21 dicembre 2016(*)
«Inadempimento di uno Stato – Articoli 21, 45 e 49 TFUE – Articoli 28 e 31 dell’accordo sullo Spazio economico europeo – Libera circolazione delle persone – Libera circolazione dei lavoratori – Libertà di stabilimento – Imposizione delle persone fisiche sulle plusvalenze risultanti da uno scambio di quote sociali – Imposizione delle persone fisiche sulle plusvalenze risultanti dal trasferimento della totalità del patrimonio destinato all’esercizio di un’attività imprenditoriale e professionale – Imposizione in uscita per i privati – Riscossione immediata dell’imposta – Differenza di trattamento tra le persone fisiche che scambiano quote sociali e mantengono la propria residenza nel territorio nazionale e quelle che effettuano tale scambio e trasferiscono la propria residenza nel territorio di un altro Stato membro dell’Unione europea o dello Spazio economico europeo – Differenza di trattamento tra le persone fisiche che effettuano il trasferimento della totalità del patrimonio relativo ad un’attività esercitata individualmente a una società avente la sede e la direzione effettiva nel territorio portoghese e quelle che effettuano tale trasferimento a una società avente la sede o la direzione effettiva nel territorio di un altro Stato membro dell’Unione europea o dello Spazio economico europeo – Proporzionalità»
Nella causa C-503/14,
avente ad oggetto il ricorso per inadempimento, ai sensi dell’articolo 258 CE, proposto l’11 novembre 2014,
Commissione europea, rappresentata da G. Braga da Cruz e W. Roels, in qualità di agenti,
ricorrente,
contro
Repubblica portoghese, rappresentata da L. Inez Fernandes, M. Rebelo e J. Martins da Silva, in qualità di agenti,
convenuta,
sostenuta da:
Repubblica federale di Germania, rappresentata da T. Henze, e K. Petersen, in qualità di agenti,
interveniente,
LA CORTE (Quarta Sezione),
composta da T. von Danwitz, presidente di sezione, E. Levits, C. Vajda (relatore), K. Jürimäe e C. Lycourgos, giudici,
avvocato generale: M. Wathelet
cancelliere: M. Ferreira, amministratore principale
vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 16 marzo 2016,
sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 12 maggio 2016,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1 Con il suo ricorso, la Commissione europea chiede alla Corte di dichiarare che la Repubblica portoghese, adottando e mantenendo in vigore le disposizioni di cui agli articoli 10 e 38 del Código do Imposto sobre o Rendimento das Pessoas Singulares (codice dell’imposta sul reddito delle persone fisiche, in prosieguo: il «CIRS»), ai sensi delle quali un contribuente che scambia quote sociali e trasferisce la propria residenza in uno Stato membro diverso dalla Repubblica portoghese o che trasferisce attività e passività relative a un’attività esercitata individualmente in cambio di quote sociali di un’impresa non residente debba, nel primo caso, includere – in riferimento alle operazioni in questione – tutti i redditi non rientranti nella base imponibile dell’ultimo esercizio fiscale nel quale sia ancora considerato un contribuente residente mentre, nel secondo caso, non possa beneficiare di alcun differimento d’imposta come conseguenza dell’operazione in questione, è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza degli articoli 21, 45 e 49 TFUE e degli articoli 28 e 31 dell’Accordo sullo Spazio economico europeo, del 2 maggio 1992 (GU 1994, L 1, pag. 3; in prosieguo: l’«Accordo SEE»).
I – Contesto normativo
A – Accordo SEE
2 L’articolo 28 dell’Accordo SEE così recita:
«1. È garantita la libera circolazione dei lavoratori fra gli Stati membri della Comunità e gli Stati AELS (EFTA).
2. Essa implica l’abolizione di qualsiasi discriminazione, fondata sulla nazionalità, tra i lavoratori degli Stati membri della Comunità e quelli degli Stati AELS (EFTA) per quanto riguarda l’impiego, la retribuzione e le altre condizioni di lavoro.
3. Fatte salve le limitazioni giustificate da motivi di ordine pubblico, pubblica sicurezza e sanità pubblica, essa comporta il diritto:
a) di rispondere a offerte di lavoro effettive;
b) di spostarsi liberamente, a tal fine, nel territorio degli Stati membri della Comunità e degli Stati AELS (EFTA);
c) di prendere dimora in uno degli Stati membri della Comunità o degli Stati AELS (EFTA) al fine di svolgervi un’attività di lavoro, conformemente alle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative di tale Stato che disciplinano l’occupazione dei lavoratori nazionali;
d) di rimanere sul territorio di uno Stato membro della Comunità o di uno Stato AELS (EFTA) dopo avervi occupato un impiego.
4. Le disposizioni del presente articolo non sono applicabili agli impieghi nella pubblica amministrazione.
5. L’allegato V contiene disposizioni specifiche in materia di libera circolazione dei lavoratori».
3 L’articolo 31 dell’accordo SEE è redatto come segue:
«1. Nel quadro delle disposizioni del presente accordo, non sussistono restrizioni alla libertà di stabilimento dei cittadini di uno Stato membro della Comunità o di uno Stato AELS (EFTA) nel territorio di un altro di questi Stati. Parimenti non sussistono restrizioni all’apertura di agenzie, succursali o filiali da parte dei cittadini di uno Stato membro della Comunità o di uno Stato AELS (EFTA) stabiliti sul territorio di un altro di questi Stati.
La libertà di stabilimento comporta l’accesso ad attività di lavoro autonomo e il loro esercizio, nonché la costituzione e la gestione di imprese e in particolare di società ai sensi dell’articolo 34, secondo comma, alle condizioni definite dalla legislazione del paese di stabilimento nei confronti dei propri cittadini, fatte salve le disposizioni del capo 4.
2. Gli allegati da VIII a XI contengono disposizioni specifiche in materia di diritto di stabilimento».
B – Diritto portoghese
4 L’articolo 10 del CIRS, intitolato «Plusvalenze», così dispone:
«1. Costituiscono plusvalenze gli utili conseguiti i quali, non essendo qualificabili come redditi di impresa e di lavoro autonomo, di capitali o immobiliari, derivano:
a) dalla cessione a titolo oneroso di diritti reali su beni immobili e dalla destinazione di qualsiasi bene del patrimonio privato all’attività imprenditoriale e di lavoro autonomo, esercitata a titolo individuale dal loro proprietario;
b) dalla cessione a titolo oneroso di quote sociali, ivi compreso il loro rimborso e ammortamento con riduzione del capitale, e di altri valori mobiliari, nonché i valori attribuiti ai soci a seguito della ripartizione, considerati plusvalenza ai sensi dell’articolo 81 del Código do Imposto sobre o Rendimento das Pessoas Coletivas [codice dell’imposta sul reddito delle persone giuridiche];
(…)
3. Gli utili si considerano ottenuti nel momento in cui vengono posti in essere gli atti previsti al paragrafo 1 (...)
(…)
4. L’utile soggetto all’imposta sul reddito delle persone fisiche è costituito:
a) dalla differenza tra il valore ricavato e il valore di acquisto, al netto della quota qualificabile come reddito di capitali, eventualmente, nelle ipotesi previste dal paragrafo 1, lettere a), b) e c);
(…)
8. In caso di scambio di quote sociali alle condizioni previste all’articolo 73, paragrafo 5, e all’articolo 77, paragrafo 2, del codice dell’imposta sul reddito delle persone giuridiche, l’assegnazione, a seguito di tale scambio, di titoli che rappresentano il capitale sociale della società ai soci della società acquisita non dà luogo all’imposizione di questi ultimi qualora detti soci continuino a valorizzare, a fini fiscali, le nuove quote sociali al livello delle anteriori. Tale valore è determinato conformemente alle disposizioni del presente codice, fatta salva l’imposizione dei valori in denaro ad essi eventualmente assegnati.
9. Nel caso di cui al precedente paragrafo, si deve inoltre osservare che:
a) se il socio perde la qualità di residente nel territorio portoghese, ai fini dell’imposizione per l’anno in cui egli ha perso la qualità di residente, si deve ritenere che rientri nella categoria delle plusvalenze l’importo che, ai sensi del paragrafo 8, non è stato assoggettato a imposta al momento dello scambio di azioni e che corrisponde alla differenza tra il valore effettivo delle azioni ricevute e il valore di acquisto di quelle anteriori, determinato conformemente alle disposizioni del presente codice;
b) si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni dell’articolo 73, paragrafo 10, del codice dell’imposta sul reddito delle persone giuridiche.
10. Le disposizioni di cui ai paragrafi 8 e 9 si applicano altresì, in quanto compatibili, per quanto riguarda l’assegnazione di quote o di azioni nei casi di fusione o di scissione cui risulti applicabile l’articolo 74 del codice dell’imposta sul reddito delle persone giuridiche.
(…)».
5 L’articolo 38 del CIRS, rubricato, «Apporto patrimoniale ai fini dell’aumento del capitale sociale», prevede quanto segue:
«1. Non occorre determinare l’utile imponibile a seguito dell’aumento del capitale sociale risultante dal trasferimento della totalità del patrimonio relativo all’esercizio di un’attività economica e professionale da parte di una persona fisica purché tutte le seguenti condizioni siano soddisfatte:
a) l’impresa alla quale viene trasferito il patrimonio è una società che ha la propria sede sociale e la propria direzione effettiva nel territorio portoghese;
b) la persona fisica che esegue il trasferimento detiene almeno il 50% del capitale sociale e l’attività esercitata da quest’ultima è, in sostanza, identica a quella esercitata a titolo individuale;
c) le attività e le passività oggetto del trasferimento sono prese in considerazione ai fini di tale trasferimento secondo i valori iscritti nella contabilità o nelle scritture della persona fisica, ossia quelli che risultano dall’applicazione delle disposizioni del presente codice o dalle rivalutazioni effettuate ai sensi delle disposizioni in materia fiscale;
d) le quote sociali ricevute in cambio del trasferimento sono valutate, ai fini dell’imposizione degli utili o delle perdite relative al loro ulteriore trasferimento, in base al valore netto delle attività e delle passività trasferite, valorizzate ai sensi della precedente lettera;
e) la società di cui alla lettera a) si impegna, tramite dichiarazione, a rispettare le disposizioni di cui all’articolo 77 del codice dell’imposta sul reddito delle persone giuridiche; tale dichiarazione deve essere allegata alla dichiarazione periodica dei redditi della persona fisica relativa all’esercizio in cui ha avuto luogo il trasferimento.
2. Le disposizioni di cui al precedente paragrafo non si applicano qualora taluni beni ai quali sia stato applicato il differimento d’imposta sugli utili, ai sensi dell’articolo 10, paragrafo 3, lettera b), siano parte del patrimonio oggetto del trasferimento.
3. Gli utili derivanti dalla cessione a titolo oneroso, a qualsiasi titolo, di quote sociali ricevute in cambio del trasferimento di cui al paragrafo 1 sono considerati, per i cinque anni successivi alla data del suddetto trasferimento, redditi relativi all’esercizio di un’attività economica e professionale, nonché redditi netti appartenenti alla categoria B. Durante tale periodo, non può essere eseguita alcuna operazione sulle quote sociali che beneficiano di regimi di neutralità. In caso contrario, nel momento in cui sono poste in essere tali operazioni, si riterrà che gli utili siano stati realizzati e che essi debbano essere maggiorati del 15% per ogni anno o parte dell’anno trascorsa a partire dalla quale sia stato constatato l’apporto patrimoniale ai fini dell’aumento del capitale sociale, e che gli stessi debbano essere cumulati al reddito dell’anno in cui tali operazioni sono state accertate».
6 L’articolo 77, paragrafo 1, del codice dell’imposta sul reddito delle persone giuridiche è del seguente tenore:
«Ove sia applicabile il regime di cui all’articolo 38, paragrafo 1, del [CIRS], i beni che costituiscono le attività e le passività del patrimonio oggetto del trasferimento devono essere iscritti nella contabilità della società alla quale esse sono state trasferite, secondo i valori di cui a detto paragrafo 1, lettera c) e la determinazione dell’utile imponibile di tale società deve essere effettuata nel seguente modo:
a) gli utili relativi ai beni che costituiscono il patrimonio trasferito sono calcolati come se tale trasferimento non avesse avuto luogo:
b) le restituzioni e gli ammortamenti sugli elementi del capitale immobilizzato sono effettuate conformemente al regime che è stato applicato in sede di determinazione dell’utile imponibile della persona fisica:
c) gli accantonamenti che sono stati trasferiti rientrano, dal punto di vista fiscale, nel regime loro applicabile ai fini delle determinazione dell’utile imponibile della persona fisica».
II – Procedimento precontenzioso
7 Il 17 ottobre 2008 la Commissione ha inviato una lettera di diffida alla Repubblica portoghese, nella quale essa riteneva che, prevedendo l’imposizione di plusvalenze latenti in caso di scambio di quote sociali qualora una persona fisica trasferisca la propria residenza in un altro Stato membro o in caso di trasferimento a un’impresa di attività e passività relative all’esercizio di un’attività economica o professionale da parte di una persona fisica qualora la società cui le attività e passività sono trasferite abbia la propria sede o la propria direzione effettiva in un altro Stato, detto Stato membro sia venuto meno agli obblighi ad esso incombenti in forza degli articoli 18, 39 e 43 CE, divenuti, rispettivamente, articoli 21, 45 e 49 TFUE, nonché degli articoli 28 e 31 dell’Accordo SEE.
8 La Repubblica portoghese ha risposto alla suddetta lettera di diffida con lettera datata 15 maggio 2009, nella quale contestava la posizione della Commissione.
9 Il 3 novembre 2009, non convinta da tale risposta, la Commissione ha emesso un parere motivato nel quale ha dichiarato che la Repubblica portoghese, adottando e mantenendo in vigore le disposizioni di cui gli articoli 10 e 38 del CIRS, ai sensi delle quali un contribuente che trasferisce la propria residenza in un altro Stato o che trasferisce attività e passività relative a un’attività esercitata individualmente in cambio di quote sociali di un’impresa avente la propria sede sociale o la propria direzione effettiva nel territorio di un altro Stato, deve includere tutti i redditi non rientranti nella base imponibile dell’ultimo esercizio fiscale nel quale sia ancora considerato come contribuente residente, è venuta meno agli obblighi a essa incombenti. La Commissione ha altresì invitato tale Stato membro ad adottare i provvedimenti necessari per conformarsi al parere motivato entro due mesi a decorrere dalla ricezione di quest’ultimo.
10 La Repubblica portoghese ha risposto a detto parere motivato affermando che le censure della Commissione erano infondate.
11 Il 28 ottobre 2011 la Commissione ha inviato a quest’ultima una lettera di diffida integrativa nella quale tale istituzione faceva riferimento alla versione aggiornata dell’articolo 10, paragrafo 9, lettera a), del CIRS, indicando al contempo che la propria posizione espressa nella lettera di diffida e nel parere motivato restava invariata. Essa ha, inoltre, mantenuto la sua posizione sull’articolo 38 del CIRS, risultante dalla lettera di diffida e dal parere motivato.
12 In seguito alla risposta della Repubblica portoghese alla citata lettera di diffida integrativa, nella quale tale Stato membro reiterava l’affermazione sull’infondatezza delle censure della Commissione, quest’ultima ha inviato a tale Stato membro, il 22 novembre 2012, un parere motivato integrativo nel quale essa ha, da un lato, ribadito la propria censura vertente sulla circostanza che gli articoli 10 e 38 del CIRS violavano gli articoli 21, 45 e 29 TFUE nonché gli articoli 28 e 31 dell’Accordo SEE e, dall’altro, ha invitato tale Stato membro a conformarsi a detto parere integrativo entro un termine di due mesi.
13 Poiché la Repubblica portoghese, nella sua risposta del 23 gennaio 2013, ha reiterato che la posizione della Commissione era erronea, quest’ultima ha deciso di proporre il presente ricorso.
III – Sul ricorso
A – Sull’asserita mancanza di precisione e di rigore nella delimitazione dell’oggetto della controversia
1. Argomenti delle parti
14 Senza eccepire formalmente l’irricevibilità del ricorso, la Repubblica portoghese ritiene che le modifiche apportate dalla Commissione alle conclusioni formulate nel ricorso rispetto a quelle formulate nel parere motivato e nel parere motivato integrativo, non siano semplici chiarimenti, bensì modifiche sostanziali dell’oggetto iniziale della controversia, quale emerge da tali pareri motivati. Infatti, secondo tale Stato membro, le censure di cui a tali pareri motivati non corrispondono alla lettera degli articoli 10 e 38 del CIRS, disposizioni sulle quali si è, tuttavia, basata la Commissione, con la conseguenza che non sarebbe configurabile nessuna ipotesi di inadempimento.
15 La Commissione sottolinea che ha apportato modifiche minori alle conclusioni del ricorso rispetto a quelle figuranti nel parere motivato integrativo, al fine di includervi le precisioni trasmesse dalla Repubblica portoghese nel corso del procedimento amministrativo e, in particolare, nella sua risposta al parere motivato integrativo. Essa ritiene che tali modifiche non cambino né il senso né la portata delle censure sollevate contro tale Stato membro e che i diritti della difesa di tale Stato siano stati perfettamente rispettati.
2. Giudizio della Corte
16 Va ricordato che, secondo una costante giurisprudenza della Corte, anche se l’oggetto del ricorso proposto a norma dell’articolo 258 TFUE è definito dal procedimento precontenzioso previsto da tale disposizione e, di conseguenza, il parere motivato della Commissione e il ricorso devono fondarsi sulle stesse censure, ciò non significa tuttavia che debba sussistere in ogni caso una perfetta coincidenza nella loro formulazione, dal momento che l’oggetto della controversia non è stato ampliato o modificato. La Commissione può, quindi, precisare le proprie censure iniziali nel ricorso, a condizione però che essa non modifichi l’oggetto della controversia (v. sentenza del 21 gennaio 2016, Commissione/Cipro, C-515/14, EU:C:2016:30, punti 12 e 13, e giurisprudenza ivi citata).
17 Nel caso di specie, tanto nell’ambito del procedimento precontenzioso, quanto dinanzi alla Corte, la Commissione ha chiaramente indicato che essa contestava alla Repubblica portoghese la circostanza che, adottando e mantenendo in vigore gli articoli 10 e 38 del CIRS, fosse venuta meno agli obblighi derivanti dagli articoli 21, 45 e 49 TFUE e dagli articoli 28 e 31 dell’accordo SEE.
18 Inoltre, dal combinato disposto del dispositivo del parere motivato e del parere motivato integrativo con gli articoli 10 e 38 del CIRS, la Repubblica portoghese avrebbe potuto comprendere, da un lato, a quali situazioni, previste dalle disposizioni di cui trattasi, ha fatto riferimento la Commissione in tali pareri motivati e, dall’altro, le conseguenze giuridiche riconducibili a dette disposizioni per tali situazioni e che tale istituzione ha considerato contrarie al diritto dell’Unione.
19 Ne consegue che la Commissione non ha né ampliato né modificato l’oggetto del ricorso quale circoscritto dal procedimento precontenzioso.
20 Alla luce di quanto detto, l’argomento della Repubblica portoghese, vertente sull’asserita mancanza di precisione e di rigore nella delimitazione dell’oggetto della controversia, non può mettere in discussione la ricevibilità del ricorso e deve, pertanto, essere respinto.
B – Nel merito
21 La Commissione contesta, da un lato, alla Repubblica portoghese l’inadempimento degli obblighi ad essa incombenti in forza degli articoli 21, 45 e 49 TFUE e degli articoli 28 e 31 dell’Accordo SEE, per aver adottato e mantenuto in vigore l’articolo 10 del CIRS, ai sensi del quale un contribuente che scambia quote sociali e trasferisce la propria residenza in un altro Stato membro o in un altro Stato dello Spazio economico europeo (SEE) deve includere – in riferimento alle operazioni in questione – tutti i redditi non rientranti nella base imponibile dell’ultimo esercizio fiscale nel quale sia ancora considerato un contribuente residente.
22 Dall’altro lato, la Commissione contesta a tale Stato membro l’inadempimento degli obblighi ad essa incombenti in forza degli articoli 49 TFUE e 31 dell’Accordo SEE, per aver adottato e mantenuto in vigore l’articolo 38 del CIRS, ai sensi del quale un contribuente che trasferisce attività e passività relative a un’attività esercitata individualmente in cambio di quote sociali di un’impresa avente la propria sede sociale o la propria direzione effettiva nel territorio di un altro Stato membro o di un altro Stato membro dell’Accordo SEE, non può beneficiare di alcun differimento d’imposta come conseguenza dell’operazione in questione.
23 Tali censure vanno valutate separatamente.
1. Sulle plusvalenze risultanti da uno scambio di quote sociali
a) Argomenti delle parti
24 La Commissione sostiene che, in materia d’imposizione delle plusvalenze risultanti da uno scambio di quote sociali, l’articolo 10 del CIRS riserva un trattamento fiscale svantaggioso ai contribuenti che lasciano il territorio portoghese rispetto a quelli che mantengono la propria residenza in Portogallo. Infatti, un azionista o un socio, per il solo fatto del trasferimento della propria residenza al di fuori del Portogallo, diventa debitore di un’imposta sulle plusvalenze in questione corrispondente alla differenza tra il valore effettivo delle azioni ricevute e il valore di acquisto di quelle anteriori. Per contro, se tale azionista o socio mantiene la propria residenza in Portogallo, il valore delle quote sociali ricevute corrisponde al valore di quelle cedute. Nell’ipotesi di mantenimento della residenza in Portogallo, quindi, l’azionista o il socio sarebbe assoggettato a imposta solo al momento della cessione definitiva delle quote sociali ricevute, salvo in caso di pagamento addizionale in contanti.
25 La Commissione considera che il vantaggio del differimento d’imposizione sulle plusvalenze risultanti da uno scambio di quote sociali nei confronti dei contribuenti residenti nel territorio portoghese crei una differenza di trattamento rispetto ai contribuenti che decidono di trasferire la propria residenza in un altro Stato membro o in uno Stato del SEE, il che non è compatibile né con gli articoli 21, 45 e 49 TFUE, né con gli articoli 28 e 31 dell’Accordo SEE.
26 A tale proposito, essa si fonda sulle sentenze dell’11 marzo 2004, de Lasteyrie du Saillant (C-9/02, EU:C:2004:138), e del 7 settembre 2006, N (C-470/04, EU:C:2006:525), che riguardano l’imposizione in uscita delle persone fisiche, che essa ritiene applicabili alla presente fattispecie. Per contro, secondo la Commissione, la sentenza del 29 novembre 2011, National Grid Indus (C-371/10, EU:C:2011:785), nella quale la Corte ha riconosciuto per la prima volta che una legislazione nazionale in materia di imposizione in uscita può essere giustificata dall’obiettivo inteso a garantire una ripartizione equilibrata del potere impositivo tra gli Stati membri, non può essere applicata nel caso di specie in quanto si riferisce unicamente alle persone giuridiche.
27 Sebbene la Commissione riconosca la legittimità dell’obiettivo perseguito dal legislatore portoghese di garantire l’efficacia del regime fiscale, essa considera che la disposizione nazionale di cui trattasi non sia proporzionata, sulla base del rilievo che il diritto dell’Unione, e più in particolare le direttive 2011/16/UE del Consiglio, del 15 febbraio 2011, relativa alla cooperazione amministrativa nel settore fiscale e che abroga la direttiva 77/799/CEE (GU2011, L 64, pag.1), e 2010/24/UE del Consiglio, del 16 marzo 2010, sull’assistenza reciproca in materia di recupero dei crediti risultanti da dazi, imposte ed altre misure (GU 2010, L 84, pag. 1), prevedono già meccanismi di informazione tra le autorità competenti degli Stati membri e di assistenza reciproca in materia di recupero delle imposte che consentono di raggiungere tale obiettivo senza ricorrere a restrizioni alle libertà fondamentali sancite dal trattato FUE.
28 Inoltre, la Repubblica portoghese potrebbe, per esempio, chiedere al contribuente che lascia il territorio portoghese di comunicare regolarmente informazioni sulle quote sociali ricevute, al fine di verificare se ne sia ancora il detentore. L’imposizione potrebbe quindi colpire le plusvalenze solo nel momento in cui il contribuente che ha lasciato il territorio portoghese ha ceduto le quote sociali ricevute.
29 La Repubblica portoghese ritiene che l’articolo 10 del CIRS non violi gli articoli 21, 45 e 49 TFUE, né gli articoli 28 e 31 dell’Accordo SEE. La situazione molto circoscritta sulla quale verterebbe la disposizione del CIRS di cui trattasi riguarderebbe, infatti, la fine del differimento dell’imposizione delle plusvalenze effettivamente realizzate nell’ambito di uno scambio precedente di quote sociali, in ragione del trasferimento della residenza del contribuente al di fuori del territorio portoghese. Pertanto, la sentenza dell’11 marzo 2004, de Lasteyrie du Saillant (C-9/02, EU:C:2004:138), che si riferiva all’imposizione delle plusvalenze non ancora realizzate in caso di trasferimento del domicilio fiscale di un contribuente in un altro Stato membro, non sarebbe applicabile alla presente fattispecie.
30 Secondo la Repubblica portoghese un’eventuale restrizione alla libera circolazione derivante dall’articolo 10 del CIRS è giustificata, innanzitutto, dall’obiettivo inteso a garantire una ripartizione equilibrata del potere impositivo tra gli Stati membri, conformemente al principio di territorialità fiscale, obiettivo riconosciuto dalla Corte nella causa che ha dato luogo alla sentenza del 29 novembre 2011, National Grid Indus (C-371/10, EU:C:2011:785, punto 45). Essa sottolinea che, in forza del combinato disposto della legislazione nazionale e delle convenzioni preventive della doppia imposizione da essa concluse con tutti gli Stati membri, il potere di imporre le plusvalenze risultanti da uno scambio di quote sociali appartiene, in linea di principio, esclusivamente allo Stato membro di residenza del contribuente che cede le quote sociali, vale a dire, nella specie, la Repubblica portoghese. La Repubblica portoghese ritiene, pertanto, che disporre un obbligo di non imposizione di tali plusvalenze, nell’ipotesi di trasferimento della residenza del contribuente in un altro Stato, le farebbe perdere definitivamente il proprio diritto di imposizione sulle stesse, violando, in tal modo, il suo diritto di esercitare la propria competenza fiscale in relazione ad attività esercitate sul proprio territorio (v., in tal senso, sentenze del 29 marzo 2007, Rewe Zentralfinanz, C-347/04, EU:C:2007:194, punto 42, e dell’8 novembre 2007, Amurta, C-379/05, EU:C:2007:655, punto 58).
31 La Repubblica portoghese deduce, poi, motivi legati alla coerenza del sistema fiscale. Secondo tale Stato membro sussiste nella presente fattispecie, un nesso diretto tra il vantaggio fiscale e la compensazione di tale vantaggio tramite un prelievo fiscale determinato, poiché l’obiettivo della disposizione di cui trattasi è impedire che il vantaggio fiscale concesso al contribuente nella forma di differimento dell’imposizione delle plusvalenze realizzate renda successivamente impossibile l’imposizione effettiva di tali plusvalenze nel territorio portoghese. Sarebbe, infatti, essenziale al buon funzionamento del regime del differimento dell’imposizione di taluni attivi che la concessione del vantaggio fiscale in un momento determinato corrisponda ad una imposizione effettiva di tali attivi a un momento successivo.
32 La Repubblica portoghese si avvale, in ultimo, della giustificazione basata sulla necessità di garantire l’efficacia dei controlli fiscali nonché della lotta contro la frode e l’evasione fiscale.
33 La Repubblica federale di Germania ritiene che l’eventuale restrizione alla libera circolazione risultante dall’articolo 10 del CIRS sia giustificata, nella misura in cui tale articolo intende assoggettare ad imposta utili realizzati nel territorio portoghese prima che la Repubblica portoghese perda il proprio potere di imposizione. Secondo la Repubblica federale di Germania i principi enunciati dalla Corte nella sentenza del 29 novembre 2011, National Grid Indus (C-371/10, EU:C:2011:785, punto 45), sono validi, senza distinguere se si tratti di un regime di imposizione in uscita applicabile alle persone fisiche o giuridiche.
b) Giudizio della Corte
34 Si deve esaminare il regime fiscale di cui all’articolo 10 del CIRS alla luce degli articoli 21, 45 e 49 TFUE prima di esaminarlo alla luce degli articoli 28 e 31 dell’Accordo SEE.
i) Sulle censure vertenti sulla violazione degli articoli 21, 45 e 49 TFUE
35 Secondo la giurisprudenza della Corte, l’articolo 21 TFUE, il quale enuncia in chiave generale il diritto, per ogni cittadino dell’Unione, di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, trova una specifica applicazione negli articoli 45 TFUE per quanto riguarda la libera circolazione dei lavoratori e 49 TFUE per quanto riguarda la libertà di stabilimento (v., in tal senso, sentenza del 12 luglio 2012, Commissione/Spagna, C-269/09, EU:C:2012:439, punto 49 e giurisprudenza ivi citata).
36 Si deve pertanto esaminare il regime fiscale di cui trattasi alla luce degli articoli 45 e 49 TFUE, prima di esaminarlo alla luce dell’articolo 21 TFUE per quanto riguarda le persone che si spostano da uno Stato membro in un altro Stato membro al fine di insediarvisi per ragioni non connesse all’esercizio di un’attività economica.
– Sull’esistenza di restrizioni agli articoli 45 e 49 TFUE
37 L’insieme delle disposizioni del Trattato relative alla libera circolazione delle persone mira a facilitare, ai cittadini dell’Unione, l’esercizio di attività professionali di qualsivoglia natura nell’intero territorio dell’Unione stessa ed osta ai provvedimenti che potrebbero sfavorire detti cittadini qualora costoro intendano svolgere un’attività economica nel territorio di un altro Stato membro (v. sentenza del 12 luglio 2012, Commissione/Spagna, C-269/09, EU:C:2012:439, punto 51, e giurisprudenza ivi citata).
38 Pur se, secondo il loro tenore letterale, le citate disposizioni mirano a garantire il beneficio del trattamento nazionale nello Stato membro ospitante, si deve constatare che, in tale contesto, i cittadini degli Stati membri dispongono, in particolare, del diritto, conferito loro direttamente dal Trattato, di lasciare il loro paese d’origine per recarsi nel territorio di un altro Stato membro e di soggiornare in quest’ultimo al fine di esercitare un’attività economica (v. sentenza del 12 luglio 2012, Commissione/Spagna, C-269/09, EU:C:2012:439, punto 52, e giurisprudenza ivi citata).
39 Disposizioni che impediscano ad un cittadino di uno Stato membro di lasciare il suo Stato di origine per esercitare il suo diritto di libera circolazione, o che lo dissuadano dal farlo, costituiscono quindi ostacoli a tale libertà anche se si applicano indipendentemente dalla cittadinanza dei lavoratori interessati (v., in tal senso, sentenze del 27 settembre 1988, Daily Mail and General Trust, 81/87, EU:C:1988:456, punto 16, nonché del 12 luglio 2012, Commissione/Spagna, C-269/09, EU:C:2012:439, punto 53 e giurisprudenza ivi citata).
40 Inoltre, da costante giurisprudenza risulta altresì che devono essere considerate come restrizioni alla libera circolazione delle persone e alla libertà di stabilimento tutte le misure che vietino, ostacolino o rendano meno interessante l’esercizio di tale libertà (v. sentenza del 12 luglio 2012, Commissione/Spagna, C-269/09, EU:C:2012:439, punto 54, e giurisprudenza ivi citata).
41 Nella presente fattispecie, l’articolo 10, paragrafo 8, del CIRS prevede che, in caso di scambio di quote sociali, l’assegnazione, a seguito di tale scambio, di titoli che rappresentano il capitale sociale della società ai soci della società acquisita non dà luogo all’imposizione di questi ultimi qualora detti soci continuino a valorizzare, a fini fiscali, le nuove quote sociali al livello delle anteriori, fatta salva l’imposizione dei valori in denaro ad essi eventualmente assegnati. Come ha confermato la Repubblica portoghese in udienza, l’imposta sulle plusvalenze risultanti da uno scambio del genere, diviene esigibile al contribuente solo nel momento in cui, e se, avrà luogo la cessione definitiva delle quote sociali ricevute.
42 In deroga a tale norma, l’articolo 10, paragrafo 9, lettera a), del CIRS impone ai contribuenti che trasferiscono la propria residenza in uno Stato diverso dalla Repubblica portoghese di includere nel reddito imponibile dell’anno civile in cui è avvenuto tale trasferimento di residenza l’importo che, ai sensi dell’articolo 10, paragrafo 8, del CIRS, non era stato assoggettato a imposta in occasione dello scambio di quote sociali.
43 Pertanto, mentre i contribuenti che continuano a risiedere nel territorio portoghese beneficiano di un differimento d’imposizione sulle plusvalenze risultanti da uno scambio di quote sociali fino alla cessione successiva delle quote sociali ricevute con lo scambio, i contribuenti che trasferiscono la propria residenza al di fuori del territorio portoghese sono tenuti, in ragione di tale trasferimento, a versare immediatamente l’imposta sulle plusvalenze risultanti da tale scambio.
44 Tale disparità di trattamento quanto al momento dell’imposizione delle plusvalenze di cui trattasi costituisce uno svantaggio finanziario per il contribuente che intende trasferire la propria residenza al di fuori del territorio portoghese, rispetto al contribuente che mantiene la propria residenza in tale territorio. Infatti, mentre il primo, per il solo fatto di un trasferimento di questo tipo, diventa debitore di un’imposta su una plusvalenza non ancora realizzata e di cui egli quindi non dispone, il secondo dovrà versare l’imposta dovuta solo se e nella misura in cui le plusvalenze sono effettivamente realizzate (v., per analogia, sentenza dell’11 marzo 2004, de Lasteyrie du Saillant, C-9/02, EU:C:2004:138, punto 46).
45 A tale proposito, dalla giurisprudenza della Corte emerge che l’esclusione di un vantaggio finanziario in un contesto transfrontaliero, allorché esso è concesso in una situazione equivalente nel territorio nazionale, costituisce una restrizione alla libera circolazione dei lavoratori e alla libertà di stabilimento (v. in tal senso, sentenza del 12 luglio 2012, Commissione/Spagna, C-269/09, EU:C:2012:439, punti 59 e 61).
46 Orbene, dagli elementi del fascicolo non risulta che tale disparità di trattamento possa essere giustificata da una situazione oggettivamente diversa, e, del resto, la Repubblica portoghese non ha mai sostenuto dinanzi alla Corte che così fosse. Infatti, rispetto alla legislazione di uno Stato membro diretta a tassare le plusvalenze realizzate nel proprio territorio, la situazione di una persona che trasferisce la propria residenza in un altro Stato membro è simile a quella di una persona che mantiene la propria residenza nel primo Stato membro, per quanto riguarda l’imposizione delle plusvalenze relative agli attivi già realizzate nel primo Stato membro prima del trasferimento di residenza (v., per analogia, sentenza del 29 novembre 2011, National Grid Indus, C-371/10, EU:C:2011:785, punto 38).
47 Ne consegue che la disparità di trattamento alla quale è sottoposto, in materia d’imposizione delle plusvalenze risultanti da uno scambio di quote sociali, ai sensi dell’articolo 10, paragrafo 9, lettera a) del CIRS, un contribuente che trasferisce la propria residenza al di fuori del territorio portoghese rispetto ad un contribuente che mantiene la propria residenza in tale territorio costituisce una restrizione alla libera circolazione dei lavoratori e alla libertà di stabilimento ai sensi degli articoli 45 e 49 TFUE.
– Sulla giustificazione delle restrizioni alle libertà sancite dagli articoli 45 e 49 TFUE
48 Si deve esaminare se la restrizione alle libertà sancite dagli articoli 45 e 49 TFUE che risulta dall’articolo 10, paragrafo 9, lettera a), del CIRS, sia giustificata da motivi imperativi d’interesse generale. Anche in tale ipotesi, però, la sua applicazione dev’essere idonea a garantire il conseguimento dello scopo perseguito e non deve eccedere quanto necessario per raggiungerlo (v., in particolare, sentenze del 18 gennaio 2007, Commissione/Svezia, C-104/06, EU:C:2007:40, punto 25, e del 29 novembre 2011, National Grid Indus, C-371/10, EU:C:2011:785, punto 42).
49 Va ricordato, a tale proposito, che spetta allo Stato membro dimostrare, da un lato, che la sua normativa risponde ad un obiettivo di interesse generale e, dall’altro, che detta normativa è conforme al principio di proporzionalità (v., in tal senso, sentenza del 13 settembre 2007, Commissione/Italia, C-260/04, EU:C:2007:508, punto 33 e giurisprudenza ivi citata).
50 La Repubblica portoghese si avvale di giustificazioni vertenti, in primo luogo, sull’esigenza di garantire la ripartizione equilibrata del potere impositivo tra gli Stati membri, conformemente al principio di territorialità, in secondo luogo, sull’esigenza di preservare la coerenza del regime fiscale e, in terzo luogo, sull’esigenza di garantire l’efficacia dei controlli fiscali nonché della lotta contro la frode e l’evasione fiscale.
51 Per quanto riguarda, anzitutto, l’obiettivo di preservare la ripartizione del potere impositivo tra gli Stati membri, occorre ricordare, da un lato, che esso costituisce un obiettivo legittimo riconosciuto dalla Corte e che, dall’altro, da giurisprudenza costante risulta che, in mancanza di disposizioni di unificazione o di armonizzazione adottate dall’Unione, gli Stati membri rimangono competenti a definire, in via convenzionale o unilaterale, i criteri di ripartizione del loro potere impositivo, al fine di eliminare le doppie imposizioni (sentenza del 16 aprile 2015, Commissione/Germania, C-591/13, EU:C:2015:230, punto 64 e giurisprudenza ivi citata).
52 La Commissione fa, tuttavia, valere che la Repubblica portoghese non può fondarsi sulla sentenza del 29 novembre 2011, National Grid Indus (C-371/10, EU:C:2011:785), per giustificare la restrizione alle libertà fondamentali con l’esigenza di garantire la ripartizione equilibrata del potere impositivo tra gli Stati membri, dal momento che tale sentenza si riferisce all’imposizione di società sulle plusvalenze latenti e non all’imposizione di persone fisiche sulle plusvalenze. Essa considera, al contrario, che siano pertinenti nell’attuale contesto le sentenze dell’11 marzo 2004, de Lasteyrie du Saillant (C-9/02, EU:C:2004:138), e del 7 settembre 2006, N (C-470/04, EU:C:2006:525), le quali vertono sull’imposizione delle plusvalenze latenti delle persone fisiche in caso di trasferimento della residenza dal territorio di uno Stato membro verso il territorio di un altro Stato membro.
53 Orbene, se è vero che la sentenza del 29 novembre 2011, National Grid Indus (C-371/10, EU:C:2011:785), è stata pronunciata nell’ambito dell’imposizione sulle plusvalenze delle società, ciò non toglie che la Corte ha successivamente trasposto i principi elaborati in detta sentenza anche al contesto dell’imposizione sulle plusvalenze delle persone fisiche (v. sentenze del 12 luglio 2012, Commissione/Spagna, C-269/09, EU:C:2012:439, punti da 75 a 78, e del 16 aprile 2015, Commissione/Germania, C-591/13, EU:C:2015:230, punti da 65 a 67).
54 A tale proposito, la circostanza che in tali due sentenze si trattasse di plusvalenze realizzate e non, come nella presente fattispecie, di plusvalenze latenti, è priva di rilevanza. Ciò che rileva, infatti, per quanto riguarda l’una o l’altra di tali plusvalenze, è che operazioni analoghe, realizzate nell’ambito puramente interno di uno Stato membro non avrebbero comportato l’immeditata imposizione di tali plusvalenze, a differenza di un’operazione transfrontaliera (v., in tal senso, sentenza del 16 aprile 2015, Commissione/Germania, C-591/13, EU:C:2015:230, punto 71).
55 Del resto, poiché la Commissione mette in dubbio la legittimità dell’obiettivo inteso a garantire una ripartizione equilibrata del potere impositivo tra gli Stati membri, rispetto all’imposizione in uscita delle persone fisiche sulle plusvalenze latenti, poiché le perdite eventualmente realizzate dopo il trasferimento di residenza verso un altro Stato membro non possono essere dedotte in tale altro Stato membro, è sufficiente ricordare che la Corte ha già dichiarato che il fatto che lo Stato membro ospitante eventualmente non tenga conto delle perdite non impone allo Stato membro di provenienza alcun obbligo di rivalutare, al momento della cessione definitiva delle nuove quote sociali, un debito d’imposta che è stato determinato in via definitiva nel momento in cui il contribuente, a causa del trasferimento della propria residenza, ha cessato di essere soggetto all’imposta nello Stato membro di origine (v., per analogia, sentenza del 29 novembre 2011, National Grid Indus, C-371/10, EU:C:2011:785, punto 61).
56 Non sussiste, infatti, alcuna ragione oggettiva per distinguere, ai fini della giustificazione basata sull’obiettivo inteso a garantire una ripartizione equilibrata del potere impositivo tra gli Stati membri, tra l’imposizione in uscita delle persone fisiche e quella delle persone giuridiche sulle plusvalenze latenti.
57 Va rilevato, poi, che l’articolo 10, paragrafo 9, lettera a), del CIRS è idoneo a garantire la preservazione della ripartizione del potere impositivo tra gli Stati membri interessati. L’imposta di liquidazione finale al momento del trasferimento della residenza mira infatti ad assoggettare all’imposta sugli utili dello Stato membro di provenienza le plusvalenze non realizzate, originate nell’ambito della competenza fiscale di tale Stato membro prima di detto trasferimento di residenza. Le plusvalenze realizzate dopo tale trasferimento sono esclusivamente tassate nello Stato membro di accoglienza dove esse sono originate, il che consente di evitare una doppia imposizione delle stesse (v., per analogia, sentenza del 29 novembre 2011, National Grid Indus, C-371/10, EU:C:2011:785, punto 48.)
58 Per quanto riguarda la questione se tale disposizione, che prevede, al momento del trasferimento di residenza del contribuente dal territorio portoghese verso un altro Stato, l’imposizione immediata delle plusvalenze latenti risultanti da uno scambio di quote sociali, non ecceda quanto necessario per raggiungere l’obiettivo inteso a una ripartizione equilibrata del potere impositivo, va ricordato che, nella sentenza del 29 novembre 2011, National Grid Indus (C-371/10, EU:C:2011:785, punto 52), la Corte ha già dichiarato che una normativa di uno Stato membro, che impone a una società che trasferisce in un altro Stato membro la propria sede amministrativa effettiva, la riscossione immediata, al momento stesso di tale trasferimento, dell’imposta sulle plusvalenze latenti relative agli elementi patrimoniali di tale società, è sproporzionata a causa dell’esistenza di misure meno lesive della libertà di stabilimento del recupero immediato di tale imposta (v., in tal senso, sentenze del 29 novembre 2011, National Grid Indus, C-371/10, EU:C:2011:785, punti 73 e 85, e del 16 aprile 2015, Commissione/Germania, C-591/13, EU:C:2015:230, punto 67 e giurisprudenza ivi citata).
59 A tale proposito, la Corte ha considerato che una normativa nazionale che offra la scelta alla società che trasferisce in un altro Stato membro la propria sede amministrativa effettiva, tra, da un lato, il pagamento immediato dell’imposta e, dall’altro, il pagamento differito di tale imposta corredato, se del caso, da interessi conformemente alla normativa nazionale applicabile, costituirebbe una misura meno lesiva della libertà di stabilimento del recupero immediato di detta imposta (v. sentenze del 29 novembre 2011, National Grid Indus, C-371/10, EU:C:2011:785, punti 73 e 85, e del 16 aprile 2015, Commissione/Germania, C-591/13, EU:C:2015:230, punto 67 e giurisprudenza ivi citata). Inoltre, la Corte ha ammesso che lo Stato membro interessato poteva tener conto anche del rischio di mancata riscossione dell’imposta, che aumenta con il passare del tempo, nell’ambito della propria normativa nazionale applicabile al pagamento differito dei debiti d’imposta, con misure quali la costituzione di una garanzia bancaria (v., in tal senso, sentenza del 29 novembre 2011, National Grid Indus, C-371/10, EU:C:2011:785, punto 74).
60 Alla luce della giurisprudenza citata ai due punti precedenti, va constatato che l’articolo 10, paragrafo 9, lettera a) del CIRS, eccede quanto necessario per raggiungere l’obiettivo legato all’esigenza di preservare la ripartizione del potere impositivo tra gli Stati membri, in quanto le disposizioni pertinenti del diritto nazionale non lasciano la scelta al contribuente che trasferisce la propria residenza dal territorio portoghese in un altro Stato membro, di scegliere, da un lato, il pagamento immediato dell’imposta sulle plusvalenze risultanti da uno scambio di quote sociali o, dall’altro, il pagamento differito di tale importo, che necessariamente comporta un onere amministrativo per il contribuente, legato all’individuazione degli attivi trasferiti e accompagnato di una garanzia bancaria (v., per analogia, sentenza del 29 novembre 2011, National Grid Indus, C-371/10, EU:C:2011:785, punti 73 e 74).
61 Ne consegue che l’esigenza di garantire una ripartizione del potere impositivo tra gli Stati membri non può giustificare la restrizione alle libertà sancite dagli articoli 45 e 49 TFUE che deriva dall’articolo 10, paragrafo 9, lettera a), del CIRS.
62 Per quanto riguarda, in secondo luogo, la giustificazione relativa all’esigenza di garantire la coerenza del sistema fiscale nazionale, va ricordato che la Corte l’ha riconosciuta come motivo imperativo di interesse generale. Affinché un argomento fondato su tale giustificazione risulti efficace, la Corte ha disposto che deve sussistere una connessione diretta tra il beneficio fiscale di cui trattasi e la compensazione di tale beneficio tramite una determinata imposizione fiscale (v., in tal senso, sentenza del 16 aprile 2015, Commissione/Germania, C-591/13, EU:C:2015:230, punto 74 e giurisprudenza ivi citata).
63 Nella specie, la Repubblica portoghese sostiene che la disposizione nazionale di cui è questione è necessaria per garantire tale coerenza, dal momento che il beneficio fiscale concesso sotto forma di differimento d’imposta termina quando l’imposizione successiva divenga impossibile, circostanza che si verifica qualora il contribuente beneficiario perde la sua qualità di residente nel territorio portoghese. Orbene, secondo tale Stato membro, è essenziale al buon funzionamento del regime del differimento dell’imposizione che sussista una corrispondenza, nei confronti del medesimo contribuente e della medesima imposizione, tra la concessione di un vantaggio fiscale nella forma di un differimento dell’imposizione e l’imposizione effettiva delle plusvalenze in un momento successivo.
64 A tale proposito va constatato che la Repubblica portoghese non ha dimostrato che sussiste una connessione diretta tra il beneficio fiscale di cui all’articolo 10, paragrafo 8, del CIRS, e la compensazione di tale beneficio tramite una determinata imposizione fiscale. Infatti, se, in una situazione transfrontaliera, disciplinata dall’articolo 10, paragrafo 9, lettera a), del CIRS, il beneficio fiscale concesso conformemente all’articolo 10, paragrafo 8, del CIRS, è compensato con un prelievo fiscale, poiché l’importo dell’imposta dovuta è necessariamente prelevato al momento del trasferimento della residenza del contribuente al di fuori del territorio portoghese, così non è in una situazione puramente interna, disciplinata dall’articolo 10, paragrafo 8, del CIRS. Deriva, infatti dall’analisi di tale disposizione che il prelievo dell’imposta sulle plusvalenze risultanti da uno scambio di quote sociali avviene solo nell’ipotesi eventuale di una cessione definitiva delle quote sociali ricevute al momento dello scambio. Come ha rilevato l’avvocato generale al paragrafo 60 delle sue conclusioni, finché non cede le quote sociali ricevute, un contribuente che mantiene la propria residenza nel territorio portoghese può sempre avvalersi del beneficio fiscale concesso dall’articolo 10, paragrafo 8, del CIRS, rendendo pertanto solamente eventuale una riscossione futura dell’imposta a suo carico. Ne consegue che il preteso legame tra il vantaggio concesso al contribuente e l’imposizione dello stesso, non è certo (v., per analogia, sentenza del 26 ottobre 2006, Commissione/Portogallo, C-345/05, EU:C:2006:685, punto 27).
65 Di conseguenza, si deve respingere l’argomento della Repubblica portoghese secondo il quale la disposizione di cui trattasi è oggettivamente giustificata dall’esigenza di preservare la coerenza del regime fiscale nazionale.
66 Per quanto riguarda, in terzo luogo, la giustificazione vertente sull’efficacia dei controlli fiscali e della lotta contro la frode e l’evasione fiscale, va constatato che la Repubblica portoghese, nel suo controricorso, si è limitata a menzionare tale giustificazione senza aggiungervi un qualunque sviluppo.
67 Di conseguenza, tale argomento non può essere accolto.
68 In tali circostanze, si deve constatare che l’articolo 10, paragrafo 9, lettera a), del CIRS, costituisce una restrizione vietata dagli articoli 45 e 49 TFUE, e che è fondata la censura della Commissione relativa ad un inadempimento degli obblighi che incombono allo Stato membro interessato in forza di detti articoli del trattato FUE.
– Sulla censura relativa alla violazione dell’articolo 21 TFUE
69 Per quanto riguarda i cittadini dell’Unione intenzionati a spostarsi all’interno dell’Unione per motivi non connessi all’esercizio di un’attività economica, la stessa conclusione si impone per identità di motivi con riferimento alla censura relativa alla violazione dell’articolo 21 TFUE (v., in tal senso, sentenza del 12 luglio 2012, Commissione/Spagna, C-269/09, EU:C:2012:439, punto 91).
ii) Sull’esistenza di una restrizione agli articoli 28 e 31 dell’Accordo SEE
70 Va rilevato, in limine, che le disposizioni degli articoli 28 e 31 dell’Accordo SEE sono analoghe a quelle di cui agli articoli 45 e 49 TFUE (v. sentenza del 12 luglio 2012, Commissione/Spagna, C-269/09, EU:C:2012:439, punto 95).
71 Vero è che la giurisprudenza dell’Unione vertente su restrizioni all’esercizio delle libertà di circolazione in seno all’Unione non può essere integralmente applicata alle libertà garantite dall’accordo SEE, in quanto l’esercizio di queste ultime si colloca in un contesto giuridico diverso (sentenza del 16 aprile 2015, Commissione/Germania, C-591/13, EU:C:2015:230, punto 81 e giurisprudenza ivi citata).
72 Nella specie, la Repubblica portoghese non ha però indicato le ragioni sulla base delle quali le considerazioni relative alla mancanza di giustificazione delle restrizioni all’esercizio delle libertà di circolazione garantite dal Trattato, che hanno portato alle constatazioni di cui ai punti 61, 65 e 66 della presente sentenza, non possono essere applicate nello stesso modo alle libertà garantite dall’Accordo SEE.
73 In tali circostanze, si deve constatare che l’articolo 10, paragrafo 9, lettera a), del CIRS, costituisce una restrizione vietata dagli articoli 28 e 31 dell’Accordo SEE, e che è fondata la censura della Commissione relativa a un inadempimento degli obblighi che incombono allo Stato membro interessato in forza delle suddette disposizioni dell’Accordo SEE.
2. Sul trasferimento a una società della totalità del patrimonio relativo ad un’attività esercitata individualmente
a) Argomenti delle parti
74 La Commissione sostiene che, nell’ipotesi di trasferimento da parte di una persona fisica ad una società di attività e passività in cambio di quote sociali, l’articolo 38 del CIRS prevede un trattamento fiscale diverso a seconda che il trasferimento sia effettuato a una società avente la propria sede sociale e la propria direzione effettiva nel territorio portoghese o a una società avente la propria sede sociale o la propria direzione effettiva al di fuori di tale territorio. Infatti, nella prima ipotesi, l’imposizione delle plusvalenze avverrebbe solo nel momento in cui tali attività e passività sono state cedute dalla società che le ha ricevute, qualora siano soddisfatti anche altri requisiti. Per contro, nella seconda ipotesi, l’imposizione delle plusvalenze sarebbe immediata. La Commissione ritiene che la Repubblica portoghese debba applicare la medesima regola, indipendentemente dal fatto che la società a cui le attività e passività siano trasferite abbia o no la propria sede e la propria direzione effettiva nel territorio portoghese.
75 Essa ritiene, quindi, che l’articolo 38 del CIRS sia contrario all’articolo 49 TFUE e all’articolo 31 dell’Accordo SEE e, per le ragioni esposte nell’ambito della sua censura relativa all’articolo 10 del CIRS, ecceda quanto necessario a garantir l’efficacia del regime fiscale. Invero, la Repubblica portoghese potrebbe, per esempio, chiedere regolarmente informazioni, ai sensi della direttiva 2011/16, alle autorità competenti dello Stato membro in cui si trova la sede o la direzione effettiva della società alla quale le attività e le passività sono state trasferite, al fine di verificare se quest’ultima ne sia ancora detentrice. È solo qualora sia stabilito che le attività e passività trasferite sono state cedute da tale società che, secondo la Commissione, vanno tassate le plusvalenza in questione. La Commissione rinvia, inoltre, alla direttiva 2010/24 che sarebbe altresì pertinente in situazioni nelle quali l’imposta sulle plusvalenze non sia stata corrisposta.
76 La Repubblica portoghese sostiene che l’articolo 38 del CIRS prevede il differimento dell’imposizione delle plusvalenze connesse alla costituzione di società o alla partecipazione maggioritaria in società già esistenti mediante conferimento della totalità del patrimonio destinato all’esercizio di un’attività imprenditoriale e professionale di una persona fisica. L’obiettivo di tale disposizione sarebbe consentire la modifica della forma giuridica nella quale è esercitata un’attività economica, senza assoggettare ad imposizione le plusvalenze risultanti dal conferimento del patrimonio nel momento di tale conferimento. Il beneficio di un differimento d’imposizione fino al momento della cessione successiva degli elementi patrimoniali trasferiti, fatto salvo il rispetto da parte della società di taluni requisiti in materia d’iscrizione contabile degli elementi patrimoniali trasferiti, consentirebbe di garantire il rispetto del principio di continuità economica, in modo da garantire l’imposizione dei redditi corrispondenti. Il requisito connesso al luogo della sede o della direzione effettiva della società cessionaria sarebbe necessario per assicurare, in assenza di misure di armonizzazione, il rispetto del principio di continuità economica e l’imposizione successiva degli elementi delle attività o passività trasferite poiché la competenza fiscale connessa all’imposizione di una società avente la propria sede o la propria direzione effettiva al di fuori del territorio portoghese non spetta più alla Repubblica portoghese bensì allo Stato nel cui territorio tale società ha la propria sede o la propria direzione effettiva.
77 La misura in questione sarebbe quindi conforme al principio di territorialità fiscale e giustificata dall’esigenza di garantire la ripartizione equilibrata del potere impositivo tra gli Stati membri.
b) Giudizio della Corte
78 Si deve esaminare il regime fiscale di cui all’articolo 38 del CIRS alla luce dell’articolo 49 TFUE prima di esaminarlo alla luce dell’articolo 31 dell’Accordo SEE.
i) Sulla censura relativa alla violazione dell’articolo 49 TFUE
79 Va ricordato, in limine, che, secondo la giurisprudenza della Corte rientra nell’ambito di applicazione dell’articolo 49 TFUE la situazione di un residente di uno Stato membro, a prescindere dalla sua cittadinanza, che detenga nel capitale di una società stabilita in un altro Stato membro una partecipazione tale da conferirgli una sicura influenza sulle decisioni della società e da consentirgli di indirizzarne le attività (v. sentenza del 18 dicembre 2014, X, C-87/13, EU:C:2014:2459, punto 21 e giurisprudenza ivi citata).
80 Nella specie, va constatato che il beneficio del differimento d’imposizione di cui all’articolo 38, paragrafo 1, del CIRS, è subordinato, ai sensi della lettera b) della medesima disposizione, alla condizione secondo la quale la persona fisica che effettua il trasferimento a una società della totalità del patrimonio destinato all’esercizio di un’attività imprenditoriale e professionale, detenga almeno il 50% del suo capitale.
81 Di conseguenza, l’articolo 38, paragrafo 1, del CIRS, rientra nella libertà di stabilimento.
82 Tale medesima disposizione prevede che non occorre determinare l’utile imponibile a seguito dell’aumento del capitale sociale risultante dal trasferimento della totalità del patrimonio relativo all’esercizio di un’attività imprenditoriale e professionale da parte di una persona fisica se le condizioni di cui all’articolo 38, paragrafo 1, lettere da a) a e), sono soddisfatte. Conformemente all’articolo 38, paragrafo1, lettera a), del CIRS, è necessario che l’impresa alla quale viene trasferito il patrimonio sia una società che ha la propria sede sociale e la propria direzione effettiva nel territorio portoghese. Come ha confermato la Repubblica portoghese durante l’udienza, in una situazione del genere, l’imposta diviene esigibile presso la società cessionaria al momento della cessione successiva degli elementi del patrimonio di cui trattasi. Per contro, qualora la società cessionaria non abbia la propria sede sociale o la propria direzione effettiva nel territorio portoghese, la persona fisica che effettua il trasferimento non gode del beneficio del vantaggio fiscale di cui all’articolo 38, paragrafo 1, del CIRS, e diviene immediatamente debitore dell’imposta sulle plusvalenze.
83 Ne consegue che nell’ipotesi in cui una persona fisica trasferisce la totalità del patrimonio di cui trattasi a una società avente la sede o la direzione effettiva nel territorio portoghese, l’imposta sulle plusvalenze diventerà esigibile alla società cessionaria al momento della cessione ulteriore degli elementi di tale patrimonio, mentre nell’ipotesi in cui la persona fisica trasferisce la totalità del patrimonio di cui trattasi a una società avente la sede o la direzione effettiva nel territorio di uno Stato membro diverso dalla Repubblica portoghese l’imposta sulle plusvalenze diventa esigibile al momento di tale trasferimento.
84 Si deve constatare che un regime fiscale del genere comporta uno svantaggio finanziario per il contribuente che trasferisce la totalità del patrimonio di cui trattasi a una società avente la sede o la direzione effettiva al di fuori del territorio portoghese, rispetto al contribuente che trasferisce il medesimo patrimonio a una società avente la sede o la direzione effettiva nel territorio portoghese, e costituisce, pertanto, una restrizione all’esercizio del diritto di stabilimento ai sensi della giurisprudenza rammentata ai punti da 37 a 40 della presente sentenza.
85 Inoltre, dagli elementi del fascicolo non risulta che tale disparità di trattamento possa essere giustificata da una situazione oggettivamente diversa, e del resto la Repubblica portoghese non ha mai sostenuto dinanzi alla Corte che così fosse.
86 Per giustificare la restrizione alla libertà di stabilimento garantita dal Trattato, risultante dalla disposizione di cui trattasi, la Repubblica portoghese si avvale, da un lato, dell’esigenza di garantire la ripartizione equilibrata del potere impositivo tra gli Stati membri, conformemente al principio di territorialità, e dall’altro, dell’esigenza di garantire la continuità economica.
87 Per quanto riguarda, da un lato, l’obiettivo di garantire la ripartizione equilibrata del potere impositivo tra gli Stati membri, si deve constatare, alla luce di quanto rilevato al punto 59 della presente sentenza, che l’articolo 38, paragrafo 1, lettera a), del CIRS, eccede quanto necessario per raggiungere l’obiettivo perseguito, stante l’esistenza di provvedimenti meno lesivi della libertà di stabilimento rispetto a una imposizione immediata.
88 In tali circostanze, la restrizione alla libertà di stabilimento derivante dall’articolo 38, paragrafo 1, lettera a), del CIRS, non può essere giustificata dall’esigenza di garantire la ripartizione del potere impositivo tra gli Stati membri.
89 Per quanto concerne, dall’altro lato, la giustificazione relativa all’esigenza di garantire la continuità economica, la Repubblica portoghese deduce la necessità di subordinare il beneficio del differimento dell’imposizione a taluni requisiti per la società cessionaria in materia di iscrizione contabile degli elementi patrimoniali trasferiti. Orbene, secondo tale Stato membro, il rispetto di tali requisiti non può essere garantito, in assenza di misure di armonizzazione, nei confronti di società aventi la sede o la direzione effettiva nel territorio di un altro Stato, poiché la competenza nei loro confronti spetta non alla Repubblica portoghese, bensì allo Stato di residenza.
90 A tale proposito, va rilevato che la condizione, per una società cessionaria, di avere la propria sede e e la propria direzione effettiva nel territorio portoghese, intende, in definitiva, garantire la possibilità, per lo Stato portoghese, di assoggettare effettivamente a imposta le plusvalenze di cui trattasi. Orbene, come rilevato ai punti 87 e 88 della presente sentenza, tale obiettivo non può giustificare la differenza di trattamento delle persone fisiche a seconda che esse trasferiscano la totalità del patrimonio di cui trattasi a una società avente la sede o la direzione effettiva nel territorio della Repubblica portoghese, o a una società avente la sede o la direzione effettiva nel territorio di un altro Stato, poiché tale obiettivo può essere raggiunto senza che sia necessario distinguere tra una situazione puramente interna e una situazione transfrontaliera. Per le ragioni esposte nei punti sopracitati, la restrizione alla libertà di stabilimento derivante dall’articolo 38, paragrafo 1, lettera a), del CIRS, è, quindi, sproporzionata rispetto a tale obiettivo.
91 In tali circostanze, si deve constatare che l’articolo 38, paragrafo 1, lettera a), del CIRS, costituisce una restrizione vietata dall’articolo 49 TFUE, e che è fondata la censura della Commissione relativa a un inadempimento degli obblighi che incombono allo Stato membro interessato in forza di tale articolo del trattato FUE.
ii) Sulla censura relativa alla violazione dell’articolo 31 dell’accordo SEE
92 La Repubblica portoghese non ha indicato le ragioni sulla base delle quali le considerazioni relative alla mancanza di giustificazione delle restrizioni all’esercizio della libertà di stabilimento garantita dal Trattato FUE, che hanno portato alle constatazioni di cui ai punti da 87 a 90 della presente sentenza, non possono essere applicate nello stesso modo alla libertà di stabilimento garantita dall’Accordo SEE.
93 In tali circostanze, si deve constatare che l’articolo 38, paragrafo 1, lettera a), del CIRS, costituisce una restrizione vietata dall’articolo 31 dell’Accordo SEE, e che è fondata la censura della Commissione relativa a un inadempimento degli obblighi che incombono allo Stato membro interessato in forza di tale articolo dell’Accordo SEE.
94 Alla luce di tutte le suesposte considerazioni, si deve rilevare che la Repubblica portoghese:
– adottando e mantenendo in vigore l’articolo 10, paragrafo 9, lettera a), del CIRS, ai sensi del quale, ai fini dell’imposizione per l’anno in cui un contribuente perde la qualità di residente nel territorio portoghese, si deve ritenere che rientri nella categoria delle plusvalenze l’importo che, ai sensi dell’articolo 10, paragrafo 8, di detto codice, non è stato assoggettato a imposta al momento dello scambio di quote sociali, è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti ai sensi degli articoli 21, 45 e 49 TFUE e degli articoli 28 e 31 dell’Accordo SEE, e
– adottando e mantenendo in vigore l’articolo 38, paragrafo 1, lettera a), del medesimo codice, che riserva il beneficio del differimento dell’imposizione di cui a tale disposizione, alle persone fisiche che trasferiscono la totalità del patrimonio relativo ad un’attività imprenditoriale e professionale esercitata individualmente a una società avente la sede e la direzione effettiva nel territorio portoghese, è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti ai sensi dell’articolo 49 TFUE e dell’articolo 31 dell’Accordo SEE.
Sulle spese
95 Ai sensi dell’articolo 138, paragrafo 1, del regolamento di procedura della Corte, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda.
96 Poiché la Commissione ne ha fatto domanda, la Repubblica portoghese, rimasta soccombente, dev’essere condannata a farsi carico delle proprie spese nonché di quelle sostenute dalla Commissione.
97 Ai sensi dell’articolo 140, paragrafo 1, di tale regolamento, gli Stati membri che sono intervenuti nella causa sopporteranno le proprie spese. La Repubblica federale di Germania sopporterà pertanto le proprie spese.
Per questi motivi, la Corte (Quarta Sezione) dichiara e statuisce:
La Repubblica portoghese, adottando e mantenendo in vigore l’articolo 10, paragrafo 9, lettera a), del Código do Imposto sobre o Rendimento das Pessoas Singulares (codice dell’imposta sul reddito delle persone fisiche), ai sensi del quale, ai fini dell’imposizione per l’anno in cui un contribuente perde la qualità di residente nel territorio portoghese, si deve ritenere che rientri nella categoria delle plusvalenze l’importo che, ai sensi dell’articolo 10, paragrafo 8, di detto codice, non è stato assoggettato a imposta al momento dello scambio di quote sociali, è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti ai sensi degli articoli 21, 45 e 49 TFUE e degli articoli 28 e 31 dell’accordo sullo Spazio economico europeo, del 2 maggio 1992.La Repubblica portoghese, adottando e mantenendo in vigore l’articolo 38, paragrafo 1, lettera a), del medesimo codice, che riserva il beneficio del differimento dell’imposizione di cui a tale disposizione alle persone fisiche che trasferiscono la totalità del patrimonio relativo ad un’attività imprenditoriale e professionale esercitata individualmente a una società avente la propria sede e la propria direzione effettiva nel territorio portoghese, è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti ai sensi dell’articolo 49 TFUE e dell’articolo 31 dell’accordo sullo Spazio economico europeo.La Repubblica portoghese è condannata a sopportare, oltre alle proprie spese, quelle sostenute dalla Commissione europea. La Repubblica federale di Germania sopporta le proprie spese.* Lingua processuale: il portoghese.