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Edizione provvisoria

SENTENZA DELLA CORTE (Grande Sezione)

16 maggio 2017 (*)

«Rinvio pregiudiziale – Direttiva 2011/16/UE – Cooperazione amministrativa nel settore fiscale – Articolo 1, paragrafo 1 – Articolo 5 – Richiesta di informazioni rivolta ad un terzo – Diniego di risposta – Sanzione – Nozione di “prevedibile pertinenza” delle informazioni richieste – Controllo dell’autorità interpellata – Sindacato giurisdizionale – Portata – Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea – Articolo 51 – Attuazione del diritto dell’Unione – Articolo 47 – Diritto ad un ricorso giurisdizionale effettivo – Accesso del giudice e del terzo alla richiesta di informazioni rivolta dall’autorità richiedente»

Nella causa C-682/15,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dalla Cour administrative (Corte amministrativa, Lussemburgo), con decisione del 17 dicembre 2015, pervenuta in cancelleria il 18 dicembre 2015, nel procedimento

Berlioz Investment Fund SA

contro

Directeur de l’administration des contributions directes,

LA CORTE (Grande Sezione),

composta da K. Lenaerts, presidente, A. Tizzano, vicepresidente, M. Ilešič, L. Bay Larsen, T. von Danwitz, M. Berger e A. Prechal, presidenti di sezione, A. Arabadjiev, C. Toader, M. Safjan, D. Šváby, E. Jarašiūnas, C.G. Fernlund (relatore), C. Vajda e S. Rodin, giudici,

avvocato generale: M. Wathelet

cancelliere: V. Giacobbo-Peyronnel, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza dell’8 novembre 2016,

considerate le osservazioni presentate:

–        per la Berlioz Investment Fund SA, da J.-P. Drescher, avocat;

–        per il governo lussemburghese, da A. Germeaux e D. Holderer, in qualità di agenti, assistiti da P.-E. Partsch e T. Evans, avocats;

–        per il governo belga, da J.-C. Halleux e M. Jacobs, in qualità di agenti;

–        per il governo tedesco, da T. Henze, in qualità di agente;

–        per il governo francese, inizialmente da S. Ghiandoni, in qualità di agente, successivamente da E. de Moustier, in qualità di agente;

–        per il governo italiano, da G. Palmieri, in qualità di agente, assistita da P. Garofoli, avvocato dello Stato;

–        per il governo polacco, da B. Majczyna, in qualità di agente;

–        per il governo finlandese, da S. Hartikainen, in qualità di agente;

–        per la Commissione europea, da R. Lyal, J.-F. Brakeland, H. Krämer e W. Roels, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 10 gennaio 2017,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale in esame verte sull’interpretazione dell’articolo 1, paragrafo 1, e dell’articolo 5 della direttiva 2011/16/UE del Consiglio, del 15 febbraio 2011, relativa alla cooperazione amministrativa nel settore fiscale e che abroga la direttiva 77/799/CEE (GU L 64, pag. 1), e dell’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»).

2        Tale domanda è stata presentata nel contesto di una controversia tra, da un lato, la Berlioz Investment Fund SA (in prosieguo: la «Berlioz») e, dall’altro, il directeur de l’administration des contributions directes (Luxembourg) (Direttore dell’amministrazione delle imposte dirette) (Lussemburgo) in merito ad una sanzione pecuniaria ad essa inflitta da quest’ultimo per essersi rifiutata di rispondere a una richiesta di informazioni nel contesto di uno scambio di informazioni con l’amministrazione tributaria francese.

 Contesto normativo

 Il diritto dell’Unione

 La Carta

3        L’articolo 47 della Carta, intitolato «Diritto a un ricorso effettivo e a un giudice imparziale», sancisce quanto segue:

«Ogni individuo i cui diritti e le cui libertà garantiti dal diritto dell’Unione siano stati violati ha diritto a un ricorso effettivo dinanzi a un giudice, nel rispetto delle condizioni previste nel presente articolo.

Ogni individuo ha diritto a che la sua causa sia esaminata equamente, pubblicamente ed entro un termine ragionevole da un giudice indipendente e imparziale, precostituito per legge. Ogni individuo ha la facoltà di farsi consigliare, difendere e rappresentare.

(…)».

 La direttiva 2011/16

4        I considerando 1, 2, da 6 a 9 e 19 della direttiva 2011/16 sono così formulati:

«(1)      (…) La mobilità dei contribuenti, il numero di operazioni transfrontaliere e l’internazionalizzazione degli strumenti finanziari conoscono un’evoluzione considerevole, che rende difficile per gli Stati membri accertare correttamente l’entità delle imposte dovute. Questa difficoltà crescente si ripercuote negativamente sul funzionamento dei sistemi fiscali e dà luogo alla doppia tassazione, la quale di per sé induce alla frode e all’evasione fiscale (…).

(2)      (…) Per ovviare agli effetti negativi di questo fenomeno è indispensabile mettere a punto una nuova cooperazione amministrativa fra le amministrazioni fiscali dei diversi Stati membri. È necessario disporre di strumenti atti a instaurare la fiducia fra gli Stati membri mediante l’istituzione delle stesse norme e degli stessi obblighi e diritti per tutti gli Stati membri.

(…)

(6)      (…) A tale riguardo la presente nuova direttiva è ritenuta lo strumento adeguato ai fini di una cooperazione amministrativa efficace.

(7)      La presente direttiva si basa sui risultati conseguiti con la direttiva 77/799/CEE [del Consiglio, del 19 dicembre 1977, relativa alla reciproca assistenza fra le autorità competenti degli Stati membri in materia di imposte dirette (GU 1977, L 336, pag. 15)], ma prevede norme più chiare e più precise che disciplinano la cooperazione amministrativa fra gli Stati membri ove necessario, al fine di stabilire, soprattutto per quanto riguarda lo scambio di informazioni, un ambito di applicazione più ampio della cooperazione amministrativa tra Stati membri. (…).

(8)      (…) Occorrerebbe (…) prevedere misure atte a consentire contatti più diretti tra i servizi per rendere la cooperazione più efficace e più rapida. (…).

(9)      Gli Stati membri dovrebbero scambiare informazioni per quanto riguarda casi precisi se richiesto da un altro Stato membro e dovrebbero provvedere a effettuare le indagini necessarie per ottenere tali informazioni. La norma di “prevedibile pertinenza” è predisposta per lo scambio di informazioni in materia fiscale nella misura più ampia possibile e, nel contempo, per chiarire che gli Stati membri non possono procedere a richieste generiche di informazioni o richiedere informazioni che probabilmente non sono pertinenti alle questioni fiscali di un contribuente. Gli obblighi procedurali previsti dall’articolo 20 della presente direttiva richiedono un’interpretazione ampia per non frustrare l’efficace scambio di informazioni.

(…).

(19)      Le situazioni in cui uno Stato membro interpellato può rifiutare di comunicare le informazioni dovrebbero essere chiaramente definite e limitate, tenendo conto di taluni interessi privati da proteggere e dell’interesse pubblico».

5        L’articolo 1, paragrafo 1, della direttiva 2011/16 così dispone:

«La presente direttiva stabilisce le norme e le procedure in base alle quali gli Stati membri cooperano fra loro ai fini dello scambio di informazioni prevedibilmente pertinenti per l’amministrazione e l’applicazione delle leggi nazionali degli Stati membri relative alle imposte di cui all’articolo 2».

6        L’articolo 5 di tale direttiva dispone quanto segue:

«Su richiesta dell’autorità richiedente, l’autorità interpellata trasmette all’autorità richiedente le informazioni previste all’articolo 1, paragrafo 1, di cui sia in possesso o che ottenga a seguito di un’indagine amministrativa».

7        L’articolo 16, paragrafo 1, della citata direttiva è formulato nei seguenti termini:

«Le informazioni comunicate tra Stati membri in qualsiasi forma ai sensi della presente direttiva sono coperte dal segreto d’ufficio e godono della protezione accordata alle informazioni di analoga natura dalla legislazione nazionale dello Stato membro che le riceve (…).

(…)».

8        L’articolo 17 della medesima direttiva, intitolato «Limiti», ha il seguente tenore:

«1.      L’autorità interpellata in uno Stato membro fornisce all’autorità richiedente in un altro Stato membro le informazioni di cui all’articolo 5 purché l’autorità richiedente abbia esaurito le fonti di informazione consuete che avrebbe potuto utilizzare, a seconda delle circostanze, per ottenere le informazioni richieste senza rischiare di compromettere il raggiungimento dei suoi obiettivi.

2.      La presente direttiva non impone allo Stato membro interpellato alcun obbligo di effettuare indagini o di comunicare informazioni, qualora condurre tali indagini o raccogliere le informazioni richieste per fini propri sia contrario alla sua legislazione.

3.      L’autorità competente di uno Stato membro interpellato può rifiutare di fornire informazioni allorché, per motivi di diritto, lo Stato membro richiedente non sia in grado di fornire informazioni equivalenti.

4.      La trasmissione di informazioni può essere rifiutata qualora comporti la divulgazione di un segreto commerciale, industriale o professionale, di un processo commerciale o di un’informazione la cui divulgazione sia contraria all’ordine pubblico.

5.      L’autorità interpellata informa l’autorità richiedente dei motivi che ostano all’accoglimento della richiesta di informazioni».

9        L’articolo 18 della direttiva 2011/16, intitolato «Obblighi», prevede quanto segue:

«1.      Se le informazioni sono chieste da uno Stato membro in conformità della presente direttiva, lo Stato membro interpellato pone in atto, per ottenere le informazioni richieste, le misure previste a tale scopo, anche quando tale Stato non necessita di dette informazioni per i propri fini fiscali. Detto obbligo si applica fatto salvo l’articolo 17, paragrafi 2, 3 e 4, che non può in nessun caso essere interpretato nel senso di autorizzare uno Stato membro interpellato a rifiutare di fornire informazioni per il solo motivo che queste ultime non presentano alcun interesse per tale Stato

2.      L’articolo 17, paragrafi 2 e 4, non può in nessun caso essere interpretato nel senso di autorizzare l’autorità interpellata di uno Stato membro a rifiutare di fornire informazioni solamente perché tali informazioni sono detenute da una banca, da un altro istituto finanziario, da una persona designata o che agisce in qualità di agente o fiduciario o perché si riferiscono agli interessi proprietari di una persona.

(…)».

10      L’articolo 20, paragrafo 1, della direttiva 2011/16 prevede, per quanto attiene alle richieste di informazioni e di indagini amministrative presentate in forza dell’articolo 5 di tale direttiva, l’utilizzo, per quanto possibile, di un formulario adottato dalla Commissione. Il paragrafo 2 di tale articolo 20 recita quanto segue:

«Il formulario tipo di cui al paragrafo 1 include almeno le seguenti informazioni che l’autorità richiedente deve fornire:

a)      l’identità della persona oggetto della verifica o indagine;

b)      il fine fiscale per il quale si richiedono le informazioni.

L’autorità richiedente può fornire, per quanto a essa noto e in linea con gli sviluppi internazionali, il nome e l’indirizzo di qualsiasi persona ritenuta in possesso delle informazioni richieste nonché qualsiasi elemento che possa facilitare la raccolta delle informazioni da parte dell’autorità richiesta».

11      L’articolo 22 della direttiva 2011/16 stabilisce, al suo paragrafo 1, lettera c):

«Gli Stati membri adottano tutte le misure necessarie al fine di:

(...)

c)      assicurare il buon funzionamento del sistema di cooperazione amministrativa previsto dalla presente direttiva».

 Il diritto lussemburghese

 La legge del 29 marzo 2013

12      La direttiva 2011/16 è stata trasposta nel diritto lussemburghese con la legge del 29 marzo 2013, che recepisce la direttiva 2011/16 e introduce: 1) modifica della legge generale sulle imposte; 2) abrogazione della legge modificata del 15 marzo 1979, sull’assistenza amministrativa internazionale in materia di imposte dirette (Mémorial A 2013, pag. 756; in prosieguo: la «legge del 29 marzo 2013»).

13      L’articolo 6 della legge del 29 marzo 2013 così prevede:

«Su richiesta dell’autorità richiedente, l’autorità interpellata del Lussemburgo le comunica le informazioni prevedibilmente pertinenti per l’amministrazione e l’applicazione delle leggi nazionali dello Stato membro richiedente in materia di imposte previste all’articolo 1, di cui sia in possesso o che ottenga a seguito di un’indagine amministrativa».

14      L’articolo 8, paragrafo 1, della legge del 29 marzo 2013 così dispone:

«L’autorità interpellata lussemburghese comunica le informazioni di cui all’articolo 6 al più presto e comunque entro sei mesi dalla data di ricevimento della richiesta. Tuttavia, se le informazioni sono già in possesso dell’autorità lussemburghese interpellata, queste sono trasmesse entro due mesi da tale data».

 La legge del 25 novembre 2014

15      La legge del 25 novembre 2014, che fissa la procedura applicabile allo scambio di informazioni su richiesta in materia tributaria e modifica la legge del 31 marzo 2010 di approvazione delle convenzioni tributarie e che istituisce la procedura applicabile in materia di scambio di informazioni su richiesta (Mémorial A 2014, pag. 4170; in prosieguo: la «legge del 25 novembre 2014») contiene le seguenti disposizioni.

16      L’articolo 1, paragrafo 1, della legge del 25 novembre 2014 così dispone:

«La presente legge è applicabile, a partire dalla sua entrata in vigore, alle richieste di scambio di informazioni in materia fiscale provenienti dall’autorità competente di uno Stato richiedente a norma:

(…)

4)      della [legge del 29 marzo 2013] relativa alla cooperazione amministrativa nel settore fiscale;

(…)».

17      L’articolo 2 della legge del 25 novembre 2014 recita:

«1.      Le amministrazioni tributarie sono autorizzate a richiedere le informazioni di qualsiasi natura necessarie ai fini dell’applicazione dello scambio di informazioni come previsto dalle convenzioni e dalle leggi, al detentore di tali informazioni.

2.      Il detentore delle informazioni è tenuto a fornire le informazioni richieste, nella loro totalità, in maniera precisa e senza alterazioni, entro un mese dalla notifica della decisione recante l’ingiunzione di fornire le informazioni richieste. Tale obbligo prevede altresì la trasmissione, senza alterazioni, dei documenti su cui si basano le informazioni.

(…)».

18      A norma dell’articolo 3 della legge del 25 novembre 2014:

«1.      L’amministrazione tributaria competente verifica la regolarità formale della richiesta di scambio di informazioni. La richiesta di scambio di informazioni è regolare nella forma se contiene l’indicazione del fondamento normativo e dell’autorità competente da cui proviene la richiesta nonché le altre indicazioni previste dalle convenzioni e dalle leggi.

(...)

3.      Qualora l’amministrazione tributaria competente non disponga delle informazioni richieste, il suo direttore (o il suo delegato) notifica mediante lettera raccomandata indirizzata al detentore delle informazioni la propria decisione recante l’ingiunzione di fornire le informazioni richieste. La notifica della decisione al detentore delle informazioni richieste vale come notifica a qualsiasi altra persona ivi contemplata.

4.      La richiesta di scambio di informazioni non può essere divulgata. La decisione di ingiunzione contiene esclusivamente le indicazioni indispensabili per consentire al detentore delle informazioni di individuare le informazioni richieste.

(...)».

19      L’articolo 5, paragrafo 1, della legge del 25 novembre 2014 dispone quanto segue:

«Qualora le informazioni richieste non vengano fornite entro un mese dalla notifica della decisione recante l’ingiunzione di fornirle, al detentore delle informazioni può essere inflitta un’ammenda amministrativa fiscale sino ad un massimo di EUR 250 000. L’importo viene determinato dal direttore dell’amministrazione tributaria competente o dal suo delegato».

20      A norma dell’articolo 6 della legge del 25 novembre 2014:

«1.      Avverso la richiesta di scambio di informazioni e la decisione di ingiunzione di cui all’articolo 3, paragrafi 1 e 3, non può essere presentato alcun ricorso.

2.      Avverso le decisioni di cui all’articolo 5, il detentore delle informazioni ha la possibilità di presentare ricorso per riforma dinanzi al tribunal administratif (Tribunale amministrativo). Il ricorso deve essere presentato entro un mese dalla notifica della decisione al detentore delle informazioni richieste. Il ricorso ha effetto sospensivo (...).

Le decisioni del tribunal administratif (Tribunale amministrativo) possono essere impugnate dinanzi alla Cour administrative (Corte amministrativa). L’impugnazione deve essere proposta entro 15 giorni a partire dalla notifica della sentenza a cura della cancelleria. (...) La Cour administrative (Corte amministrativa) si pronuncia entro un mese dal deposito della comparsa di risposta o, altrimenti, entro un mese dalla scadenza del termine fissato per tale deposito».

 Procedimento principale e questioni pregiudiziali

21      La Berlioz è una società per azioni di diritto lussemburghese che ha percepito dividendi che le sono stati versati dalla sua controllata, la società per azioni semplificata di diritto francese Cofima, in regime di esenzione dalla ritenuta alla fonte.

22      Il 3 dicembre 2014, nutrendo dubbi sul fatto che l’esenzione di cui usufruiva la Cofima rispettasse i requisiti previsti dalla normativa francese, l’amministrazione tributaria francese rivolgeva all’amministrazione tributaria lussemburghese una richiesta di informazioni relativa alla Berlioz, in forza, in particolare, della direttiva 2011/16.

23      A seguito di detta richiesta, il 16 marzo 2015 il direttore dell’amministrazione delle imposte dirette emetteva una decisione in cui spiegava che le autorità tributarie francesi stavano verificando la situazione fiscale della Cofima e necessitavano di informazioni allo scopo di potersi pronunciare in merito all’applicazione di ritenute alla fonte sui dividendi versati dalla Cofima alla Berlioz. In tale decisione, esso, a norma dell’articolo 2, paragrafo 2, della legge del 25 novembre 2014, ingiungeva alla Berlioz di trasmettergli talune informazioni, chiedendole, segnatamente, quanto segue:

–        se la società disponesse di una sede di direzione effettiva in Lussemburgo e quali fossero le sue caratteristiche principali, vale a dire la descrizione di tale sede, la superficie dei suoi uffici, le attrezzature materiali e le apparecchiature informatiche di sua proprietà, la copia del contratto di locazione dei locali e l’indirizzo del domicilio, con relativi documenti giustificativi;

–        la fornitura di un elenco dei suoi dipendenti con indicazione delle loro funzioni nell’ambito della società e l’identificazione dei dipendenti facenti capo alla sede legale della società;

–        se essa ricorresse alla locazione di manodopera in Lussemburgo;

–        se esistesse un contratto fra la Berlioz e la Cofima e, in caso affermativo, di fornirne copia;

–        l’indicazione delle sue partecipazioni in altre società e le modalità di finanziamento di tali partecipazioni, allegando documenti giustificativi;

–        l’indicazione dei nomi e degli indirizzi dei suoi soci nonché l’importo del capitale detenuto da ciascun socio e la relativa percentuale di detenzione, e

–        l’indicazione dell’importo per il quale i titoli Cofima erano capitalizzati presso la Berlioz prima dell’assemblea generale della Cofima in data 7 marzo 2012 e la cronistoria dei valori di registrazione dei titoli della Cofima nell’attivo all’atto dei conferimenti del 5 dicembre 2002 e del 31 ottobre 2003 e dell’acquisizione del 2 ottobre 2007.

24      Il 21 aprile 2015 la Berlioz rispondeva che avrebbe ottemperato alla decisione di ingiunzione del 16 marzo 2015 tranne per quanto riguardava i nominativi e gli indirizzi dei suoi soci, l’importo del capitale detenuto da ciascuno di essi e la rispettiva percentuale di partecipazione, ritenendo che tali informazioni non fossero prevedibilmente pertinenti nell’accezione della direttiva 2011/16 per appurare se le distribuzioni di dividendi ad opera della sua controllata andassero sottoposte alla ritenuta alla fonte, oggetto della verifica svolta dall’amministrazione tributaria francese.

25      Con decisione del 18 maggio 2015, il direttore dell’amministrazione delle imposte dirette irrogava alla Berlioz, in forza dell’articolo 5, paragrafo 1, della legge del 25 novembre 2014, un’ammenda amministrativa pari a EUR 250 000 a causa del suo diniego di fornire tali informazioni.

26      Il 18 giugno 2015 la Berlioz adiva il tribunal administratif (Luxembourg) (Tribunale amministrativo, Lussemburgo) proponendo un ricorso avverso la decisione del direttore dell’amministrazione delle imposte dirette che le aveva inflitto una sanzione, chiedendo di verificare la fondatezza della decisione di ingiunzione del 16 marzo 2015.

27      Con sentenza del 13 agosto 2015, il tribunal administratif (tribunale amministrativo) dichiarava il ricorso principale per riforma parzialmente fondato e riduceva l’ammenda a EUR 150 000. Esso respingeva tuttavia il ricorso quanto al resto, statuendo che non occorreva pronunciarsi sulla domanda in subordine di annullamento.

28      Con ricorso del 31 agosto 2015 la Berlioz interponeva appello dinanzi alla Cour administrative (Corte amministrativa) adducendo che il diniego del tribunal administratif (tribunale amministrativo) di verificare la fondatezza della decisione d’ingiunzione del 16 marzo 2015, fondato sull’articolo 6, paragrafo 1, della legge del 25 novembre 2014, violava il suo diritto a un ricorso giurisdizionale effettivo come garantito dall’articolo 6, paragrafo 1, della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’Uomo e delle Libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950 (in prosieguo: la «CEDU»).

29      La Cour administrative (Corte amministrativa) ha ritenuto che potesse essere necessario tener conto, in particolare, dell’articolo 47 della Carta, che riflette il diritto oggetto dell’articolo 6, paragrafo 1, della CEDU, e ha invitato le parti del procedimento principale a presentarle le loro osservazioni al riguardo.

30      Tale giudice si domanda se un amministrato, come la Berlioz, goda di un diritto a un ricorso effettivo qualora non possa fare verificare, perlomeno in via di eccezione, la validità della decisione di ingiunzione che costituisce la base della sanzione irrogata nei suoi confronti. Esso nutre dubbi, segnatamente, in merito alla nozione di «pertinenza prevedibile» delle informazioni richieste, contemplata all’articolo 1, paragrafo 1, della direttiva 2011/16, e in merito alla portata della verifica che le autorità tributarie e le autorità giurisdizionali dello Stato interpellato devono esercitare a questo riguardo senza arrecare pregiudizio alla finalità di tale direttiva.

31      Alla luce di quanto sopra, la Cour administrative (Corte amministrativa) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le questioni pregiudiziali seguenti:

«1)      Se uno Stato membro attui il diritto dell’Unione e renda, pertanto, la Carta applicabile, conformemente all’articolo 51, paragrafo 1, di quest’ultima, in una fattispecie come quella in esame, qualora infligga ad un singolo una sanzione amministrativa pecuniaria per mancanze contestate al medesimo nell’adempimento degli obblighi di collaborazione derivanti da un provvedimento di ingiunzione adottato dalla competente autorità nazionale, in base a norme procedurali di diritto interno istituite a tal fine, nell’ambito dell’esecuzione, da parte di tale Stato membro in veste di Stato interpellato, di una richiesta di scambio di informazioni proveniente da un altro Stato membro e da questo specificamente fondata sulle disposizioni della direttiva 2011/16 relative allo scambio di informazioni su richiesta.

2)      Se, in caso sia verificato che la Carta si applica al caso di specie, un singolo possa invocare l’articolo 47 della Carta qualora ritenga che la sanzione amministrativa pecuniaria inflittagli sia volta ad obbligarlo a fornire informazioni nell’ambito dell’esecuzione, da parte dell’autorità competente dello Stato membro interpellato in cui egli sia residente, di una richiesta di informazioni proveniente da un altro Stato membro non provvista di alcuna giustificazione relativa all’effettivo obiettivo fiscale, cosicché nel caso di specie venga a mancare un obiettivo legittimo, e che miri a ottenere informazioni prive di prevedibile pertinenza nella fattispecie impositiva in questione.

3)      Se, in caso sia verificato che la Carta si applica al caso di specie, il diritto a un ricorso effettivo e a un giudice imparziale riconosciuto dall’articolo 47 della Carta richieda, senza che l’articolo 52, paragrafo 1, della Carta consenta di imporre restrizioni, che il giudice nazionale competente disponga di una competenza estesa al merito e, pertanto, della facoltà di verificare, perlomeno a titolo di eccezione, la validità di un provvedimento di ingiunzione, adottato dall’autorità competente di uno Stato membro nell’ambito dell’esecuzione di una richiesta di scambio di informazioni presentata dall’autorità competente di un altro Stato membro, specificamente in base alla direttiva 2011/16, nell’ambito di un ricorso presentato dal terzo detentore delle informazioni nonché destinatario di tale decisione di ingiunzione, diretto contro la decisione di quantificazione di una sanzione amministrativa pecuniaria irrogata a causa dell’inadempimento, al medesimo contestato, relativamente all’obbligo di collaborazione nell’ambito dell’esecuzione della suddetta richiesta.

4)      In caso sia verificato che la Carta si applica al caso di specie, se l’articolo 1, paragrafo 1, e l’articolo 5 della direttiva 2011/16 debbano, alla luce, da un lato, del parallelismo con il principio di prevedibile pertinenza derivante dal modello di convenzione fiscale dell’[Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE)] sul reddito e sul patrimonio e, dall’altro, del principio di leale collaborazione di cui all’articolo 4 TUE e del fine della direttiva 2011/16, essere interpretati nel senso che il carattere prevedibilmente pertinente, per quanto riguarda il caso di imposizione in esame e il fine fiscale indicato, delle informazioni richieste da uno Stato membro a un altro Stato membro, costituisca una condizione che debba essere soddisfatta dalla richiesta di informazioni al fine di far scattare l’obbligo, per l’autorità competente dello Stato membro richiesto, di darvi seguito e di legittimare la decisione di ingiunzione a un terzo detentore.

5)      In caso sia verificato che la Carta si applica al caso di specie, se il combinato disposto dell’articolo 1, paragrafo 1, e dell’articolo 5 della direttiva 2011/16, nonché 47 della Carta, debba essere interpretato nel senso che esso osti a una disposizione di legge di uno Stato membro che limiti in termini generali la verifica, da parte dell’autorità nazionale competente agente in veste di autorità dello Stato richiesto, della validità di una richiesta di informazioni, al controllo della regolarità formale e che esso imponga al giudice nazionale, adito con ricorso giurisdizionale come quello descritto nella terza questione supra, di verificare il rispetto della condizione di prevedibile pertinenza delle informazioni richieste sotto tutti gli aspetti relativi al caso di imposizione concretamente in discussione, al fine fiscale dichiarato e al rispetto dell’articolo 17 della direttiva 2011/16.

6)      In caso sia verificato che la Carta si applica al caso di specie, se l’articolo 47, paragrafo 2, della Carta osti a una disposizione di legge di uno Stato membro che escluda la sottoposizione al giudice nazionale competente dello Stato interpellato, adito con ricorso giurisdizionale come quello descritto nella terza questione supra, della richiesta di informazioni formulata dall’autorità competente di un altro Stato membro e imponga la presentazione di tale documento dinanzi al giudice nazionale competente e la concessione del diritto di accesso al terzo, o addirittura la sottoposizione di detto documento dinanzi al giudice nazionale, senza consentire l’accesso al terzo detentore a causa del carattere riservato di tale documento, a condizione che le difficoltà causate al medesimo dalla limitazione dei suoi diritti vengano sufficientemente compensate dal procedimento dinanzi al giudice nazionale competente».

 Sulle questioni pregiudiziali

 Sulla prima questione

32      Con la prima questione il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 51, paragrafo 1, della Carta debba essere interpretato nel senso che uno Stato membro attua il diritto dell’Unione, nell’accezione di tale disposizione, – e che, di conseguenza, la Carta risulta applicabile – quando la normativa di tale Stato commina una sanzione pecuniaria a carico di un amministrato che si rifiuti di fornire informazioni nel contesto di uno scambio di informazioni tra autorità tributarie fondato, segnatamente, sulle disposizioni della direttiva 2011/16.

33      A norma dell’articolo 51, paragrafo 1, della Carta, le disposizioni di quest’ultima si applicano agli Stati membri esclusivamente nell’attuazione del diritto dell’Unione. Pertanto, è fondamentale appurare se una misura nazionale che prevede una sanzione siffatta possa essere reputata alla stregua di un’attuazione del diritto dell’Unione.

34      A questo proposito, si rileva che la direttiva 2011/16 pone determinati obblighi a carico degli Stati membri. In particolare, l’articolo 5 di tale direttiva dispone che l’autorità interpellata trasmetta talune informazioni all’autorità richiedente.

35      Inoltre, a norma dell’articolo 18 della direttiva 2011/16, intitolato «Obblighi», lo Stato membro interpellato pone in atto, per ottenere le informazioni richieste, le misure previste a tale scopo.

36      Ai sensi dell’articolo 22, paragrafo 1, lettera c), della direttiva 2011/16, poi, gli Stati membri adottano tutte le misure necessarie al fine di assicurare il buon funzionamento del sistema di cooperazione amministrativa previsto da tale direttiva.

37      Rinviando alle misure di diritto nazionale previste per l’ottenimento di informazioni, la direttiva 2011/16 obbliga quindi gli Stati membri ad adottare i provvedimenti necessari per ottenere le informazioni richieste in modo da ottemperare ai loro obblighi in materia di scambio di informazioni.

38      Orbene, si constata che per poter garantire un effetto utile a tale direttiva, dette misure devono contemplare provvedimenti, alla stregua della sanzione pecuniaria oggetto del procedimento principale, che garantiscano che gli amministrati siano adeguatamente incitati a dar seguito alle domande formulate dalle autorità tributarie e, di riflesso, che consentano all’autorità interpellata di ottemperare al suo obbligo nei confronti dell’autorità richiedente.

39      La circostanza che la direttiva 2011/16 non preveda espressamente l’applicazione di misure sanzionatorie non osta a che queste ultime siano considerate rientranti nell’attuazione di tale direttiva e, di riflesso, nell’ambito di applicazione del diritto dell’Unione. In effetti, la nozione di «misure previste [per ottenere le informazioni richieste]», nell’accezione dell’articolo 18 di tale direttiva, e quella di «misure necessarie per (...) assicurare il buon funzionamento del sistema di cooperazione amministrativa», nell’accezione dell’articolo 22, paragrafo 1, della medesima direttiva, sono atte ad includere siffatte misure.

40      In tale contesto, la circostanza che la disposizione nazionale che funge da base di una misura sanzionatoria come quella inflitta alla Berlioz figuri in una legge che non è stata adottata per trasporre la direttiva 2011/16 è irrilevante, dal momento che l’applicazione di tale disposizione nazionale persegue la finalità di garantire quella della citata direttiva (v., in questo senso, sentenza del 26 febbraio 2013, Åkerberg Fransson, C-617/10, EU:C:2013:105, punto 28).

41      Una normativa nazionale come quella oggetto del procedimento principale, che istituisce una misura sanzionatoria per omessa risposta a una richiesta dell’autorità tributaria nazionale volta a permettere a quest’ultima di ottemperare agli obblighi previsti dalla direttiva 2011/16, deve, di conseguenza, essere considerata come attuazione di tale direttiva.

42      Occorre pertanto rispondere alla prima questione dichiarando che l’articolo 51, paragrafo 1, della Carta deve essere interpretato nel senso che uno Stato membro attua il diritto dell’Unione, nell’accezione di tale disposizione, – e che, di conseguenza, la Carta risulta applicabile – quando attraverso la propria normativa commina una sanzione pecuniaria a carico di un amministrato che si rifiuti di fornire informazioni nel contesto di uno scambio tra autorità tributarie fondato, segnatamente, sulle disposizioni della direttiva 2011/16.

 Sulla seconda questione

43      Con la seconda questione il giudice del rinvio chiede, sostanzialmente, se l’articolo 47 della Carta debba essere interpretato nel senso che un amministrato, al quale è stata inflitta una sanzione pecuniaria per inosservanza di una decisione amministrativa che gli ingiungeva di fornire informazioni nel contesto di uno scambio tra amministrazioni tributarie nazionali in forza della direttiva 2011/16, sia legittimato a contestare la legittimità di tale decisione.

 Sull’esistenza di un diritto di ricorso fondato sull’articolo 47 della Carta

44      A norma dell’articolo 47 della Carta, intitolato «Diritto a un ricorso effettivo e a un giudice imparziale», ogni individuo i cui diritti e le cui libertà garantiti dal diritto dell’Unione siano stati violati ha diritto a un ricorso effettivo dinanzi a un giudice. A tale diritto corrisponde l’obbligo imposto agli Stati membri dall’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE di stabilire i rimedi giurisdizionali necessari per assicurare una tutela giurisdizionale effettiva nei settori disciplinati dal diritto dell’Unione.

45      Svariati governi hanno affermato che, in un caso come quello in oggetto, mancava un «diritt[o] garantit[o] dal diritto dell’Unione», nell’accezione dell’articolo 47 della Carta, dal momento che la direttiva 2011/16 non conferisce alcun diritto ai singoli. A detta di tali governi, questa direttiva, così come la direttiva 77/799, esaminata dalla Corte nella sentenza del 22 ottobre 2013, Sabou (C-276/12, EU:C:2013:678), si pone come unico obiettivo lo scambio di informazioni tra amministrazioni tributarie e conferisce diritti esclusivamente a queste ultime. Pertanto, un amministrato come la Berlioz non potrebbe affermare, sul fondamento dell’articolo 47 della Carta, di disporre di un diritto a un ricorso effettivo.

46      A questo proposito, ai punti da 30 a 36 della citata sentenza la Corte ha statuito che la direttiva 77/799, il cui oggetto consiste nel disciplinare la collaborazione tra le autorità tributarie degli Stati membri, coordina la trasmissione d’informazioni tra autorità competenti, imponendo determinati obblighi agli Stati membri, ma non conferisce per contro diritti specifici al contribuente per quanto attiene alla sua partecipazione al procedimento di scambio di informazioni tra dette autorità. In particolare, tale direttiva non prevede alcun obbligo in capo a dette autorità di sentire il contribuente.

47      Per quanto riguarda la direttiva 2011/16, al suo considerando 7 essa afferma di basarsi sui risultati conseguiti dalla direttiva 77/799 prevedendo, ove necessario, norme più chiare e più precise che disciplinano la cooperazione amministrativa fra gli Stati membri, al fine di stabilire un ambito di applicazione più ampio per questa cooperazione. Occorre constatare che, procedendo in tal modo, la direttiva 2011/16 persegue un obiettivo analogo a quello della direttiva 77/799, che essa sostituisce.

48      Tuttavia, tale circostanza non implica che un amministrato che si trovi nella posizione della Berlioz non possa, conformemente all’articolo 47 della Carta, difendere la sua causa dinanzi a un giudice nel contesto dell’applicazione della direttiva 2011/16.

49      Da una costante giurisprudenza della Corte risulta infatti che i diritti fondamentali garantiti nell’ordinamento giuridico dell’Unione si applicano in tutte le situazioni disciplinate dal diritto dell’Unione e che l’applicabilità del diritto dell’Unione implica quella dei diritti fondamentali garantiti dalla Carta (v., in questo senso, sentenze del 26 febbraio 2013, Åkerberg Fransson, C-617/10, EU:C:2013:105, punti da 19 a 21, nonché del 26 settembre 2013, Texdata Software, C-418/11, EU:C:2013:588, punti 72 e 73).

50      Nel caso di specie, la controversia nel procedimento principale verte su un provvedimento che punisce un amministrato per l’inottemperanza ad una decisione che gli intimava di fornire all’autorità interpellata informazioni destinate a consentire a quest’ultima di dare seguito ad una richiesta formulata dall’autorità richiedente sulla base, segnatamente, della direttiva 2011/16. Atteso che tale misura sanzionatoria è fondata su una disposizione nazionale la quale, come si evince dalla risposta fornita alla prima questione, attua il diritto dell’Unione, nell’accezione dell’articolo 51, paragrafo 1, della Carta, se ne evince che le disposizioni di quest’ultima, e in particolare il suo articolo 47, sono applicabili nelle circostanze del procedimento principale (v., in questo senso, sentenza del 26 settembre 2013, Texdata Software, C-418/11, EU:C:2013:588, punti da 74 a 77).

51      Per quanto attiene, più nello specifico, alla necessità di un diritto garantito dal diritto dell’Unione, ai sensi dell’articolo 47 della Carta, va ricordato che, per costante giurisprudenza, la tutela nei confronti di interventi dei pubblici poteri nella sfera di attività privata di una persona, sia fisica che giuridica, che siano arbitrari o sproporzionati, rappresenta un principio generale del diritto dell’Unione (sentenze del 21 settembre 1989, Hoechst/Commissione, 46/87 e 227/88, EU:C:1989:337, punto 19, del 22 ottobre 2002, Roquette Frères, C-94/00, EU:C:2002:603, punto 27 e ordinanza del 17 novembre 2005, MinoanLines/Commissione, C-121/04 P, non pubblicata, EU:C:2005:695, punto 30).

52      Tale tutela può essere invocata da un amministrato, come la Berlioz, contro un atto che gli arreca pregiudizio, come l’ingiunzione e la misura che infligge la sanzione nel procedimento principale, sicché siffatto amministrato può avvalersi di un diritto garantito dal diritto dell’Unione, nell’accezione dell’articolo 47 della Carta, che gli conferisce un diritto a un ricorso effettivo.

 Sull’oggetto del diritto di ricorso

53      Per quanto riguarda una misura sanzionatoria, occorre verificare se un diritto di ricorso contro tale misura, come previsto dalla normativa oggetto del procedimento principale, sia sufficiente per permettere all’amministrato di avvalersi dei diritti che l’articolo 47 della Carta gli conferisce, o se tale articolo postuli che egli possa altresì, in un’occasione del genere, contestare la legittimità della decisione di ingiunzione su cui è fondata la misura sanzionatoria.

54      A questo proposito occorre ricordare che il principio della tutela giurisdizionale effettiva costituisce un principio generale del diritto dell’Unione, che è attualmente sancito dall’articolo 47 della Carta. Detto articolo 47 garantisce, nell’ordinamento dell’Unione, la tutela conferita dall’articolo 6, paragrafo 1, e dall’articolo 13, della CEDU. Occorre, pertanto, riferirsi unicamente a questa prima disposizione (v., in tal senso, sentenza del 6 novembre 2012, Otis e a., C-199/11, EU:C:2012:684, punti 46 e 47).

55      Per quanto attiene all’articolo 47, secondo comma, della Carta, esso prevede che ogni individuo ha il diritto a che la sua causa sia esaminata da un giudice indipendente e imparziale. Il rispetto di tale diritto presuppone che la decisione di un’autorità amministrativa che, di per sé, non soddisfi i requisiti di indipendenza e di imparzialità, sia sottoposta a un successivo controllo da parte di un organo giurisdizionale che deve, segnatamente, essere competente ad approfondire tutte le questioni pertinenti.

56      Di conseguenza, come ha rilevato l’avvocato generale al paragrafo 80 delle conclusioni, il giudice nazionale, adito con un ricorso avverso la sanzione amministrativa pecuniaria inflitta al singolo per l’inosservanza della decisione di ingiunzione, deve poter esaminare la legittimità di quest’ultima, affinché quanto sancito dall’articolo 47 della Carta sia rispettato.

57      La Commissione afferma che ammettere un diritto di ricorso del singolo contro una siffatta decisione di ingiunzione equivarrebbe a riconoscergli diritti processuali maggiori rispetto ad un contribuente. A suo avviso, dal punto 40 della sentenza del 22 ottobre 2013, Sabou (C-276/12, EU:C:2013:678), risulta che la richiesta di informazioni rivolta a un contribuente, che appartiene alla fase d’indagine nel corso della quale vengono raccolte le informazioni, è solo un atto preparatorio della decisione finale e non può essere contestata.

58      Occorre tuttavia distinguere le circostanze della causa oggetto del procedimento principale da quelle della causa sfociata nella sentenza del 22 ottobre 2013, Sabou (C-276/12, EU:C:2013:678). Quest’ultima causa, infatti, riguardava richieste di informazioni rivolte dall’amministrazione tributaria di uno Stato membro all’amministrazione tributaria di un altro Stato membro e, in particolare, il diritto in capo al contribuente destinatario di un’indagine fiscale nello Stato membro richiedente di partecipare al procedimento relativo a tali richieste. Tuttavia, nessuna richiesta di informazioni era stata rivolta all’amministrato in esame, contrariamente a quanto accaduto alla Berlioz nel procedimento principale. Pertanto, nella causa approdata in tale sentenza, la Corte era chiamata a pronunciarsi sull’esistenza di un diritto del contribuente destinatario di richieste di informazioni tra amministrazioni tributarie nazionali ad essere ascoltato nel contesto di tale procedimento, e non già, come nel caso di specie, sull’esistenza di un diritto di ricorso a favore di un amministrato dello Stato membro interpellato contro una misura sanzionatoria inflitta a tale amministrato per inottemperanza ad una decisione di ingiunzione emanata a suo carico dall’autorità interpellata a seguito di una richiesta di informazioni rivolta a tale autorità dall’autorità richiedente.

59      Si deve quindi rispondere alla seconda questione dichiarando che l’articolo 47 della Carta deve essere interpretato nel senso che un amministrato, cui sia stata inflitta una sanzione pecuniaria per inottemperanza ad una decisione amministrativa che gli ingiunge di fornire informazioni nel contesto di uno scambio tra amministrazioni tributarie nazionali in forza della direttiva 2011/16, è legittimato a contestare la legittimità di tale decisione.

 Sulla quarta questione

60      Con la quarta questione, che occorre esaminare prima della terza questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 1, paragrafo 1, e l’articolo 5 della direttiva 2011/16 debbano essere interpretati nel senso che la «prevedibile pertinenza» delle informazioni richieste da uno Stato membro a un altro Stato membro costituisce una condizione che la richiesta di informazioni deve presentare per essere idonea a innescare l’obbligo in capo allo Stato membro interpellato di rispondervi e, di riflesso, una condizione di legittimità della decisione di ingiunzione rivolta da tale Stato membro a un amministrato.

61      In virtù dell’articolo 1, paragrafo 1, della direttiva 2011/16, vertente sull’oggetto di tale direttiva, gli Stati membri cooperano fra loro ai fini dello scambio di informazioni «prevedibilmente pertinenti» per l’amministrazione richiedente tenuto conto delle disposizioni della normativa tributaria dello Stato membro cui appartiene tale amministrazione.

62      L’articolo 5 della direttiva 2011/16 si riferisce a tali informazioni disponendo che, su richiesta dell’autorità richiedente, l’autorità interpellata trasmette all’autorità richiedente le informazioni previste al citato articolo 1, paragrafo 1, di cui sia in possesso o che ottenga a seguito di un’indagine amministrativa. Tale articolo 5 impone così un obbligo all’autorità interpellata.

63      Dalla formulazione di tali disposizioni risulta che i termini «prevedibilmente pertinenti» designano la qualità che le informazioni richieste devono presentare. L’obbligo che incombe all’autorità interpellata a norma dell’articolo 5 della direttiva 2011/16 di cooperare con l’autorità richiedente non si estende alla trasmissione di informazioni che siano prive di tale qualità.

64      Pertanto, la qualità di «prevedibile pertinenza» delle informazioni richieste costituisce una condizione della domanda ad esse relativa.

65      Occorre ancora chiarire chi proceda a valutare tale qualità e come, nonché se l’amministrato cui si rivolge l’autorità interpellata per ottenere le informazioni richieste dall’autorità richiedente possa far valere l’assenza di una tale qualità.

66      In proposito occorre riferirsi alla formulazione del considerando 9 della direttiva 2011/16, secondo cui la norma detta della «prevedibile pertinenza» è predisposta a consentire lo scambio di informazioni in materia fiscale nella misura più ampia possibile e, nel contempo, a precisare che gli Stati membri non sono liberi di procedere a richieste generiche di informazioni o di richiedere informazioni che probabilmente non sono pertinenti alle questioni fiscali di un determinato contribuente.

67      Come hanno rilevato diversi governi e la Commissione, tale nozione di prevedibile pertinenza riflette quella utilizzata all’articolo 26 del modello di convenzione fiscale dell’OCSE, sia in virtù della somiglianza dei concetti utilizzati, sia del riferimento alle convenzioni dell’OCSE nel preambolo della proposta di direttiva del Consiglio COM(2009) 29 final, del 2 febbraio 2009, relativa alla cooperazione amministrativa nel settore fiscale, poi approdata nell’adozione della direttiva 2011/16. A tenore dei commenti relativi a tale articolo adottati dal Consiglio dell’OCSE il 17 luglio 2012, gli Stati contraenti non possono «andare a pesca di informazioni» o chiedere informazioni che è poco probabile siano rilevanti per dirimere le cause di natura tributaria di un determinato contribuente. Al contrario, ci deve essere una ragionevole possibilità che le informazioni richieste si rivelino in seguito pertinenti.

68      L’obiettivo della nozione di prevedibile pertinenza, così come emerge dal considerando 9 della direttiva 2011/16 è pertanto quello di consentire all’autorità richiedente di ottenere tutte le informazioni che essa ritenga opportune ai fini della propria indagine, senza tuttavia autorizzarla a oltrepassare manifestamente i limiti di tale indagine, né a imporre un onere eccessivo a carico dell’autorità interpellata.

69      Ciò che è importante, infatti, è che l’autorità richiedente, nell’ambito della sua indagine, possa individuare le informazioni di cui ritiene di avere bisogno alla luce del suo diritto nazionale allo scopo, conformemente al considerando 1 della direttiva 2011/16, di accertare correttamente l’entità delle imposte dovute.

70      Spetta quindi a tale autorità, che è a capo dell’indagine sfociata nella richiesta di informazioni, valutare, in base alle circostanze della causa, la prevedibile pertinenza delle informazioni richieste ai fini di tale indagine, in ragione dell’evoluzione del procedimento e, a norma dell’articolo 17, paragrafo 1, della direttiva 2011/16, dell’esaurimento delle fonti di informazione consuete che essa ha potuto utilizzare.

71      Sebbene l’autorità richiedente goda in proposito di un margine discrezionale, essa non può tuttavia richiedere informazioni che non presentino alcuna pertinenza con l’indagine in esame.

72      Una richiesta del genere, infatti, non sarebbe conforme agli articoli 1 e 5 della direttiva 2011/16.

73      Per quanto riguarda l’amministrato, nell’ipotesi in cui l’autorità interpellata si rivolgesse comunque nei suoi confronti, trasmettendogli, eventualmente, una decisione di ingiunzione volta a ottenere le informazioni richieste, si evince dalla risposta alla seconda questione che ad esso deve essere riconosciuto il diritto di eccepire dinanzi a un giudice la non conformità di tale richiesta di informazioni all’articolo 5 della direttiva 2011/16 e l’illegittimità della decisione di ingiunzione che ne deriva.

74      Occorre dunque rispondere alla quarta questione dichiarando che l’articolo 1, paragrafo 1, e l’articolo 5 della direttiva 2011/16 devono essere interpretati nel senso che la «prevedibile pertinenza» delle informazioni richieste da uno Stato membro a un altro Stato membro costituisce una condizione che la richiesta di informazioni deve soddisfare per essere idonea a innescare in capo allo Stato membro interpellato l’obbligo di rispondervi e, di riflesso, rappresenta una condizione di legittimità della decisione di ingiunzione rivolta da tale Stato membro a un amministrato e della misura sanzionatoria inflitta a quest’ultimo per inosservanza di tale decisione.

 Sulle questioni terza e quinta

75      Mediante le sue questioni terza e quinta, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, da un lato, se l’articolo 47 della Carta debba essere interpretato nel senso che, nell’ambito di un ricorso proposto da un amministrato avverso una misura sanzionatoria inflittagli dall’autorità interpellata per inosservanza di una decisione di ingiunzione rivolta dall’autorità richiedente in forza della direttiva 2011/16, il giudice nazionale disponga di una competenza estesa al merito a verificare la legittimità di tale decisione di ingiunzione. Esso chiede, d’altro lato, se l’articolo 1, paragrafo 1, e l’articolo 5 della direttiva 2011/16, nonché l’articolo 47 della Carta, debbano essere interpretati nel senso che ostano a che l’esame svolto dall’autorità interpellata in ordine alla validità d’una richiesta di informazioni proveniente dall’autorità richiedente sia limitato alla sua regolarità formale, e che essi obbligano il giudice nazionale, nell’ambito di un ricorso siffatto, a verificare il rispetto della condizione di prevedibile pertinenza sotto tutti gli aspetti, ivi incluso alla luce dell’articolo 17 della direttiva 2011/16.

76      Per quanto attiene, in primo luogo, alla verifica svolta dall’autorità interpellata, ai punti 70 e 71 della presente sentenza si è sottolineato che l’autorità richiedente dispone di un margine discrezionale nel valutare la prevedibile pertinenza delle informazioni richieste all’autorità interpellata, sicché la portata della verifica da parte di quest’ultima è corrispondentemente limitata.

77      Infatti, tenuto conto del meccanismo di cooperazione tra autorità tributarie istituito dalla direttiva 2011/16, che, come emerge dai considerando 2, 6 e 8 della direttiva 2011/16, è fondato su regole finalizzate a instaurare la fiducia fra gli Stati membri permettendo una cooperazione efficace e rapida, l’autorità interpellata deve, in linea di principio, avere fiducia nell’autorità richiedente e presumere che la richiesta di informazioni sottopostale sia conforme al diritto nazionale dell’autorità richiedente e necessaria ai fini della sua indagine. L’autorità interpellata, in linea di massima, non possiede una conoscenza approfondita del contesto fattuale e giuridico esistente nello Stato richiedente, e non si può pretendere che essa la possegga (v., in questo senso, sentenza del 13 aprile 2000, W.N., C-420/98, EU:C:2000:209, punto 18). Ad ogni modo, l’autorità interpellata non può sostituire la propria valutazione dell’eventuale utilità delle informazioni richieste a quella dell’autorità richiedente.

78      Ciò premesso, l’autorità interpellata deve tuttavia verificare se le informazioni richieste non siano prive di qualsiasi prevedibile pertinenza per l’indagine condotta dall’autorità richiedente.

79      In proposito, dal considerando 9 della direttiva 2011/16 si inferisce che occorre fare riferimento all’articolo 20, paragrafo 2 della stessa, il quale menziona elementi pertinenti ai fini di tale verifica. Tra essi si annoverano, da un lato, informazioni che devono essere fornite dall’autorità richiedente, ossia l’identità della persona oggetto della verifica o indagine e il fine fiscale per il quale si richiedono le informazioni e, dall’altro lato, eventualmente, le coordinate di qualsiasi persona ritenuta in possesso delle informazioni richieste nonché qualsiasi indicazione che possa facilitare la raccolta delle informazioni da parte dell’autorità richiesta.

80      Per consentire all’autorità interpellata di procedere alla verifica menzionata ai punti 78 e 79 della presente sentenza, l’autorità richiedente deve fornire un’adeguata motivazione in merito alla finalità delle informazioni richieste nel contesto del procedimento tributario condotto a carico del contribuente identificato nella domanda di informazioni.

81      Se necessario, ai fini di tale verifica l’autorità interpellata può domandare all’autorità richiedente, in nome della cooperazione amministrativa instaurata dalla direttiva 2011/16 in materia tributaria, gli elementi informativi complementari che siano necessari per escludere, dal suo punto di vista, l’assenza manifesta di prevedibile pertinenza delle informazioni richieste alla luce degli elementi contemplati ai punti 78 e 79 di questa sentenza.

82      Pertanto, la verifica svolta dall’autorità interpellata non si limita ad un controllo sommario e formale della regolarità della richiesta di informazioni circa i citati elementi, bensì deve anche consentire a tale autorità di assicurarsi che le informazioni richieste non siano prive di qualsiasi prevedibile pertinenza alla luce dell’identità del contribuente coinvolto e di quella del terzo eventualmente informato, nonché delle esigenze dell’indagine tributaria in questione.

83      Per quanto concerne, in secondo luogo, il sindacato del giudice adito con un ricorso di un amministrato avverso la sanzione inflittagli sul fondamento di una decisione di ingiunzione emessa dall’autorità interpellata per ottemperare alla domanda di informazioni sottoposta dall’autorità richiedente, tale sindacato può non solo vertere sulla proporzionalità di detta sanzione e condurre, eventualmente, a una sua modifica, bensì anche riguardare la legittimità di detta decisione, come emerge dalla risposta alla seconda questione.

84      A tal riguardo, l’efficacia del sindacato giurisdizionale garantito dall’articolo 47 della Carta presuppone che la motivazione fornita dall’autorità richiedente ponga il giudice nazionale in condizione di esercitare il controllo sulla legittimità della richiesta di informazioni (v., in tal senso, sentenze del 4 giugno 2013, ZZ, C-300/11, EU:C:2013:363, punto 53, e del 23 ottobre 2014, Unitrading, C-437/13, EU:C:2014:2318, punto 20).

85      Alla luce di quanto esposto i punti 70 e 71 della presente sentenza in merito al margine discrezionale di cui dispone l’autorità richiedente, occorre considerare che i limiti applicabili al controllo dell’autorità interpellata gravano alla stessa maniera sul controllo svolto dal giudice.

86      Il giudice deve pertanto esclusivamente verificare che la decisione di ingiunzione si fondi su una richiesta sufficientemente motivata dell’autorità richiedente, vertente su informazioni che non appaiano manifestamente prive di qualsiasi pertinenza prevedibile alla luce, da una parte, del contribuente coinvolto e del terzo eventualmente informato nonché, dall’altra, del fine fiscale perseguito.

87      Il giudice del rinvio chiede inoltre se il sindacato del giudice debba vertere sull’osservanza delle disposizioni dell’articolo 17 della direttiva 2011/16, che prevede limiti alla trasmissione delle informazioni richieste dall’autorità di uno Stato membro.

88      Al riguardo occorre rilevare che dette disposizioni, alcune delle quali potrebbero essere prese in considerazione per vagliare la legittimità di una richiesta di informazioni rivolta all’amministrato, non entrano tuttavia in gioco quanto al controllo della prevedibile pertinenza di tali informazioni. Orbene, come emerge dalla domanda di pronuncia pregiudiziale e dalle osservazioni scritte e orali della Berlioz, il suo diniego di trasmettere talune delle informazioni richieste è fondato esclusivamente sulla presunta assenza di prevedibile pertinenza di tali informazioni e non già sul richiamo ad un «limite», ai sensi dell’articolo 17 della direttiva 2011/16.

89      Occorre pertanto rispondere alle questioni terza e quinta dichiarando che l’articolo 1, paragrafo 1, e l’articolo 5 della direttiva 2011/16 devono essere interpretati nel senso che la verifica dell’autorità interpellata, adita con una richiesta di informazioni proveniente dall’autorità richiedente in forza di tale direttiva, non si limita alla regolarità formale di detta richiesta, ma deve consentire a tale autorità interpellata di assicurarsi che le informazioni domandate non siano prive di qualsiasi prevedibile pertinenza alla luce dell’identità del contribuente coinvolto e di quella del terzo eventualmente informato, nonché delle esigenze dell’indagine tributaria in questione. Le medesime disposizioni della direttiva 2011/16 e l’articolo 47 della Carta devono essere interpretati nel senso che, nell’ambito di un ricorso proposto da un amministrato avverso una misura sanzionatoria inflittagli dall’autorità interpellata per inosservanza di una decisione di ingiunzione adottata da quest’ultima in seguito a una richiesta di informazioni rivolta dall’autorità richiedente in forza della direttiva 2011/16, il giudice nazionale dispone, oltre che di una competenza a modificare la sanzione inflitta, di una competenza a verificare la legittimità di tale decisione di ingiunzione. Per quanto riguarda la condizione di legittimità di detta decisione consistente nella prevedibile pertinenza delle informazioni richieste, il sindacato giurisdizionale si limita alla verifica dell’assenza manifesta di siffatta pertinenza.

 Sulla sesta questione

90      Con la sesta questione il giudice del rinvio chiede, sostanzialmente, se l’articolo 47, secondo comma, della Carta debba essere interpretato nel senso che il giudice dello Stato membro interpellato, nell’ambito dell’esercizio del proprio sindacato giurisdizionale, debba avere accesso alla richiesta di informazioni rivolta dallo Stato membro richiedente allo Stato membro interpellato, e se tale documento debba altresì essere trasmesso all’amministrato coinvolto in quest’ultimo Stato membro, affinché la sua causa possa essere esaminata equamente, o se esso gli possa essere negato per motivi di riservatezza.

91      À questo proposito occorre rilevare che l’esame di un’eventuale manifesta carenza di prevedibile pertinenza delle informazioni richieste deve essere svolto in relazione al citato documento.

92      Pertanto, onde consentire al giudice dello Stato membro interpellato di esercitare il suo sindacato giurisdizionale, è importante che egli possa avere accesso alla richiesta di informazioni trasmessa dallo Stato membro richiedente allo Stato membro interpellato. A questo riguardo, detto giudice può, se necessario, richiedere all’autorità interpellata gli elementi di informazione complementari che questa abbia ottenuto dall’autorità richiedente e che siano necessari per escludere, dal suo punto di vista, la manifesta carenza di pertinenza prevedibile delle informazioni richieste.

93      Per quanto riguarda l’esistenza di un diritto di accesso dell’amministrato alla richiesta di informazioni, è d’uopo tener conto della segretezza propria di tale documento, in conformità all’articolo 16 della direttiva 2011/16.

94      Tale segretezza trova la sua ragion d’essere nella discrezione che l’autorità richiedente deve di norma usare nel corso fase di raccolta delle informazioni e che essa ha diritto di aspettarsi dall’autorità interpellata, affinché non si pregiudichi l’efficacia della sua indagine.

95      Il segreto della richiesta di informazioni può così essere opposto a qualsiasi persona nel contesto di un’indagine.

96      Nell’ambito di un ricorso giurisdizionale, va ricordato che il principio della parità delle armi, che è un corollario della stessa nozione di equo processo, implica che tutte le parti devono poter agire in giudizio, e produrre prove, in condizioni che non le penalizzino nettamente rispetto ai propri avversari (sentenza del 6 novembre 2012, Otis e a., C-199/11, EU:C:2012:684, punto 71).

97      La Corte ha altresì statuito che l’esistenza di una violazione dei diritti di difesa, ivi incluso il diritto di accedere al fascicolo, deve essere valutata in funzione delle circostanze specifiche di ciascuna fattispecie, segnatamente della natura dell’atto in oggetto, del contesto in cui è stato adottato e delle norme giuridiche che disciplinano la materia in esame (v. sentenze del 18 luglio 2013, Commissione e a./Kadi, C-584/10 P, C-593/10 P e C-595/10 P, EU:C:2013:518, punto 102, e del 10 settembre 2013, G. e R., C-383/13 PPU, EU:C:2013:533, punti 32 e 34).

98      Alla luce di tali considerazioni occorre verificare se un amministrato, come la Berlioz, che ritenga che le informazioni che le sono state richieste in forza di un’ingiunzione non siano prevedibilmente pertinenti, debba avere accesso alla richiesta di informazioni rivolta dall’autorità richiedente all’autorità interpellata, allo scopo di far valere pienamente le proprie ragioni in giudizio.

99      A questo proposito, dalla risposta fornita alle questioni terza e quinta si evince che, per appurare l’illegittimità della decisione di ingiunzione fondata sulla richiesta di informazioni e della misura sanzionatoria inflitta per inottemperanza a tale decisione, è necessario, ma sufficiente, dimostrare la manifesta carenza di prevedibile pertinenza della totalità o di parte delle informazioni richieste rispetto all’indagine effettuata, tenuto conto dell’identità del contribuente coinvolto e del fine fiscale delle informazioni domandate.

100    In tale ottica, affinché la causa dell’amministrato coinvolto sia esaminata equamente quanto alla condizione di prevedibile pertinenza, non è necessario che egli abbia accesso alla richiesta di informazioni nella sua interezza. È sufficiente che egli acceda all’informazione minima di cui all’articolo 20, paragrafo 2, della direttiva 2011/16, vale a dire quella relativa all’identità del contribuente coinvolto e al fine fiscale delle informazioni richieste. Tuttavia, se il giudice dello Stato membro interpellato considera che detta informazione minima non sia sufficiente a questo proposito, e se esso richiede all’autorità interpellata elementi di informazione complementari, nell’accezione di cui al punto 92 della presente sentenza, tale giudice è tenuto a fornire detti elementi di informazione complementari all’amministrato coinvolto, tenendo debitamente conto, nel contempo, dell’eventuale riservatezza di taluni di questi elementi.

101    Di conseguenza, occorre rispondere alla sesta questione dichiarando che l’articolo 47, secondo comma, della Carta deve essere interpretato nel senso che il giudice dello Stato membro interpellato, nell’ambito dell’esercizio del proprio sindacato giurisdizionale, deve avere accesso alla richiesta di informazioni rivolta dallo Stato membro richiedente allo Stato membro interpellato. Per contro, l’amministrato interessato non dispone di un diritto di accesso alla richiesta di informazioni nella sua interezza, richiesta che rimane un documento segreto, conformemente all’articolo 16 della direttiva 2011/16. Allo scopo di far esaminare pienamente la sua causa quanto all’assenza di prevedibile pertinenza delle informazioni richieste è sufficiente, in linea di principio, che egli disponga delle informazioni contemplate all’articolo 20, paragrafo 2, di tale direttiva.

 Sulle spese

102    Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione) dichiara:

1)      L’articolo 51, paragrafo 1, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea deve essere interpretato nel senso che uno Stato membro attua il diritto dell’Unione, nell’accezione di tale disposizione, – e che, di conseguenza, la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea risulta applicabile – quando attraverso la propria normativa commina una sanzione pecuniaria a carico di un amministrato che si rifiuti di fornire informazioni nel contesto di uno scambio tra autorità tributarie, fondato, segnatamente, sulle disposizioni della direttiva 2011/16/UE del Consiglio, del 15 febbraio 2011, relativa alla cooperazione amministrativa nel settore fiscale e che abroga la direttiva 77/799/CEE.

2)      L’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea deve essere interpretato nel senso che un amministrato, cui sia stata inflitta una sanzione pecuniaria per inottemperanza ad una decisione amministrativa che gli ingiunge di fornire informazioni nel contesto di uno scambio tra amministrazioni tributarie nazionali in forza della direttiva 2011/16, è legittimato a contestare la legittimità di tale decisione.

3)      L’articolo 1, paragrafo 1, e l’articolo 5 della direttiva 2011/16 devono essere interpretati nel senso che la «prevedibile pertinenza» delle informazioni richieste da uno Stato membro a un altro Stato membro costituisce una condizione che la richiesta di informazioni deve soddisfare per essere idonea a innescare in capo allo Stato membro interpellato l’obbligo di rispondervi e, di riflesso, rappresenta una condizione di legittimità della decisione di ingiunzione rivolta da tale Stato membro a un amministrato e della misura sanzionatoria inflitta a quest’ultimo per inosservanza di tale decisione.

4)      L’articolo 1, paragrafo 1, e l’articolo 5 della direttiva 2011/16 devono essere interpretati nel senso che la verifica dell’autorità interpellata, adita con una richiesta di informazioni proveniente dall’autorità richiedente in forza di tale direttiva, non si limita alla regolarità formale di detta richiesta, ma deve consentire a tale autorità interpellata di assicurarsi che le informazioni domandate non siano prive di qualsiasi prevedibile pertinenza alla luce dell’identità del contribuente coinvolto e di quella del terzo eventualmente informato, nonché delle esigenze dell’indagine tributaria in questione. Le medesime disposizioni della direttiva 2011/16 e l’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea devono essere interpretati nel senso che, nell’ambito di un ricorso proposto da un amministrato avverso una misura sanzionatoria inflittagli dall’autorità interpellata per inottemperanza ad una decisione di ingiunzione adottata da quest’ultima in seguito a una richiesta di informazioni rivolta dall’autorità richiedente in forza della direttiva 2011/16, il giudice nazionale dispone, oltre che di una competenza a modificare la sanzione inflitta, di una competenza a verificare la legittimità di tale decisione di ingiunzione. Per quanto riguarda la condizione di legittimità di detta decisione consistente nella prevedibile pertinenza delle informazioni richieste, il sindacato giurisdizionale si limita alla verifica dell’assenza manifesta di siffatta pertinenza.

5)      L’articolo 47, secondo comma, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea deve essere interpretato nel senso che il giudice dello Stato membro interpellato, nell’ambito dell’esercizio del proprio sindacato giurisdizionale, deve avere accesso alla richiesta di informazioni rivolta dallo Stato membro richiedente allo Stato membro interpellato. Per contro, l’amministrato interessato non dispone di un diritto di accesso alla richiesta di informazioni nella sua interezza, richiesta che rimane un documento segreto, conformemente all’articolo 16 della direttiva 2011/16. Allo scopo di far esaminare pienamente la sua causa quanto all’assenza di prevedibile pertinenza delle informazioni richieste è sufficiente, in linea di principio, che egli disponga delle informazioni contemplate all’articolo 20, paragrafo 2, di tale direttiva.

 

Firme      

 

*      Lingua processuale: il francese.