Available languages

Taxonomy tags

Info

References in this case

Share

Highlight in text

Go

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

PAOLO MENGOZZI

presentate il 6 dicembre 2016 (1)

Causa C-690/15

Wenceslas de Lobkowicz

contro

Ministère des Finances et des Comptes publics

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla Cour administrative d’appel de Douai (Corte d’appello amministrativa di Douai, Francia)]

«Rinvio pregiudiziale –Libera circolazione dei lavoratori – Funzionario dell’Unione europea – Iscrizione obbligatoria al regime previdenziale delle istituzioni dell’Unione europea – Finanziamento di prestazioni previdenziali nazionali – Redditi da beni immobili – Assoggettamento – Contributo sociale generalizzato (CSG) – Prelievo sociale – Contributi integrativi»





I –    Introduzione

1.        Il diritto dell’Unione osta a che un funzionario dell’Unione europea sia assoggettato a contributi e prelievi sociali nello Stato membro in cui ha la residenza fiscale a motivo dei suoi redditi da beni immobili percepiti in tale Stato membro?

2.        Questa è, in sostanza, la questione posta dalla Cour administrative d’appel de Douai (Corte d’appello amministrativa di Douai, Francia) nella presente causa.

3.        Tale questione si inserisce nell’ambito di una controversia che oppone il sig. Wenceslas de Lobkowicz, funzionario della Commissione europea in pensione dal 2016, al Ministère des Finances et des Comptes publics (Ministero francese delle Finanze e dei Conti pubblici) a motivo del suo assoggettamento a contributi e prelievi sociali per il periodo compreso tra il 2008 e il 2011, in ragione di redditi da beni immobili percepiti in Francia.

4.        Come lascia intendere l’ordinanza di rinvio pregiudiziale, tale questione si colloca inoltre sulla scia della sentenza del 26 febbraio 2015, de Ruyter (C-623/13, EU:C:2015:123), in cui la Corte ha statuito, sostanzialmente, che un lavoratore cittadino olandese, residente a fini fiscali in Francia e rientrante nell’ambito di applicazione del regolamento (CEE) n. 1408/71 del Consiglio, del 14 giugno 1971, relativo all’applicazione dei regimi di sicurezza sociale ai lavoratori subordinati, ai lavoratori autonomi e ai loro familiari che si spostano all’interno della Comunità (2), non poteva essere assoggettato in detto Stato membro ai contributi e prelievi sociali, in parte identici e in parte analoghi a quelli oggetto della presente causa, basati sui redditi patrimoniali del suddetto lavoratore.

5.        In sostanza, il giudice del rinvio invita dunque la Corte a stabilire se la soluzione adottata nella sentenza del 26 febbraio 2015, de Ruyter (C-623/13, EU:C:2015:123) sia trasferibile alla situazione di un funzionario dell’Unione, essendo assodato che egli non rientra nell’ambito di applicazione del regolamento n. 1408/71.

II – Contesto normativo

A –    Diritto dell’Unione

6.        In virtù dell’articolo 12 del protocollo (n. 7) sui privilegi e le immunità dell’Unione europea, allegato ai Trattati UE, FUE e CEEA (in prosieguo: il «protocollo»), i funzionari e gli altri agenti dell’Unione sono soggetti, a profitto di quest’ultima, ad una imposta sugli stipendi, salari ed emolumenti dalla stessa loro versati. Essi sono esenti da imposte nazionali sugli stipendi, salari ed emolumenti versati dall’Unione.

7.        L’articolo 13, primo comma, del protocollo enuncia che, ai fini dell’applicazione delle imposte sul reddito e sul patrimonio, dei diritti di successione, nonché delle convenzioni concluse fra gli Stati membri dell’Unione al fine di evitare le doppie imposizioni, i funzionari e altri agenti dell’Unione, i quali, in ragione esclusivamente dell’esercizio delle loro funzioni al servizio dell’Unione, stabiliscono la loro residenza sul territorio di uno Stato membro diverso dal paese ove avevano il domicilio fiscale al momento dell’entrata in servizio presso l’Unione, sono considerati come tutt’ora domiciliati in quest’ultimo paese.

8.        L’articolo 14 del protocollo dispone che il regime di previdenza sociale applicabile ai funzionari e agli altri agenti dell’Unione è stabilito mediante regolamento.

9.        Il regolamento (CEE, Euratom, CECA) n. 259/68 del Consiglio, del 29 febbraio 1968, che definisce lo statuto dei funzionari delle Comunità europee nonché il regime applicabile agli altri agenti di tali Comunità, ed istituisce speciali misure applicabili temporaneamente ai funzionari della Commissione (3), come modificato dal regolamento (UE) n. 1240/2010, del Consiglio, del 20 dicembre 2010 (4) (in prosieguo: lo «Statuto»), prevede, in particolare, che i funzionari contribuiscano ai regimi previdenziali e pensionistici comuni alle istituzioni dell’Unione.

10.      Il capitolo 2 del titolo V dello Statuto, intitolato «Sicurezza sociale», precisa, agli articoli da 72 a 84, il contributo, espresso in percentuale dello stipendio base, del funzionario al finanziamento dei diversi rischi coperti dai regimi comuni. Questo stesso capitolo dello Statuto elenca le prestazioni sociali e pensionistiche di cui beneficiano i funzionari e i loro familiari.

11.      Ai sensi dell’articolo 4 del regolamento n. 1408/71, quest’ultimo si applica a tutte le legislazioni relative ai settori di sicurezza sociale riguardanti le prestazioni di malattia e di maternità; le prestazioni d’invalidità, comprese quelle dirette a conservare o migliorare la capacità di guadagno; le prestazioni di vecchiaia; le prestazioni ai superstiti; le prestazioni per infortunio sul lavoro e malattie professionali; gli assegni in caso di morte; le prestazioni di disoccupazione e le prestazioni familiari.

12.      L’articolo 13, paragrafo 1, del regolamento n. 1408/71 stabilisce che le persone per cui è applicabile il regolamento sono soggette alla legislazione di un solo Stato membro, fatti salvi gli articoli 14 quater e 14 septies. L’articolo 13, paragrafo 2, lettera a), del regolamento n. 1408/71 precisa, in particolare, che, con riserva degli articoli da 14 a 17, la persona che esercita un’attività subordinata nel territorio di uno Stato membro è soggetta alla legislazione di tale Stato anche se risiede nel territorio di un altro Stato membro.

13.      A decorrere dal 1° maggio 2010, tale regolamento è stato sostituito dal regolamento (CE) n. 883/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativo al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale (5), i cui articoli 3 e 11 corrispondono sostanzialmente agli articoli 4 e 13 del regolamento n. 1408/71.

B –    Diritto francese

14.      In forza dell’articolo L. 136-6 del code de la sécurité sociale (codice della previdenza sociale), nella sua versione applicabile ai fatti di cui al procedimento principale, le persone fisiche fiscalmente residenti in Francia ai sensi dell’articolo 4 B del code général des impôts (codice generale delle imposte) sono assoggettate a un contributo sui redditi patrimoniali basato sull’importo netto utilizzato per la determinazione dell’imposta sul reddito, in particolare, sui redditi da beni immobili.

15.      Secondo l’articolo 1600-0 C del codice generale delle imposte, che figura tra le disposizioni di tale codice dedicate al «[c]ontributo sociale generalizzato percepito a favore della Cassa nazionale degli assegni familiari, del fondo di solidarietà per la vecchiaia e dei regimi obbligatori di assicurazione per malattia» (in prosieguo: il «CSG»), nella sua versione applicabile ai fatti di cui al procedimento principale, le persone fisiche fiscalmente residenti in Francia ai sensi dell’articolo 4 B, come previsto all’articolo L. 136-6 del codice di previdenza sociale, sono assoggettate a un contributo sui redditi patrimoniali basato sull’importo netto utilizzato per la determinazione dell’imposta sul reddito, in particolare, sui redditi da beni immobili.

16.      A tenore dell’articolo 1600-0 F bis del codice generale delle imposte, nella sua versione applicabile ai fatti di cui al procedimento principale, dette persone sono inoltre soggette, conformemente all’articolo L. 245-14 del codice della previdenza sociale, a un «prelievo sociale» del 2% sui medesimi redditi, nonché a una contribuzione integrativa dello 0,3%, conformemente all’articolo L. 14-10-4 del code de l’action social et des familles (codice degli interventi sociali e della famiglia), e a un’ulteriore contribuzione integrativa dell’1,1%, conformemente all’articolo L. 262-24 del codice degli interventi sociali e della famiglia.

III – Controversia principale, questione pregiudiziale e procedimento dinanzi alla Corte

17.      Il sig. de Lobkowicz, cittadino francese, è stato funzionario al servizio della Commissione europea dal 1979 fino alla data del suo pensionamento, avvenuto il 1° gennaio 2016. In forza del capitolo 2 del titolo V dello Statuto, in particolare dell’articolo 72 di quest’ultimo, egli è obbligatoriamente iscritto al regime previdenziale dei funzionari e degli agenti dell’Unione.

18.      Ai sensi dell’articolo 13 del protocollo, il sig. de Lobkowicz è domiciliato fiscalmente in Francia, paese in cui percepisce redditi da beni immobili che sono stati assoggettati, per il periodo compreso tra il 2008 e il 2011, al CSG, al contributo per il ripianamento del debito sociale (in prosieguo: il «CRDS»), al prelievo sociale del 2% nonché alle contribuzioni integrative a tale prelievo alle aliquote dello 0,3% e dell’1,1%.

19.      In seguito al rigetto, da parte dell’amministrazione, della sua domanda di sgravio dai suddetti contributi e dal suddetto prelievo, il sig. de Lobkowicz ha proposto ricorso dinanzi al tribunal administratif de Rouen (tribunale amministrativo di Rouen, Francia).

20.      Con sentenza del 13 dicembre 2013, tale organo giurisdizionale ha pronunciato il non luogo a statuire per gli importi afferenti al CRDS, che nel frattempo erano stati rimborsati dall’amministrazione (6), e, per il resto, ha respinto le domande del sig. de Lobkowicz.

21.      Contro tale sentenza, il sig. de Lobkowicz ha interposto appello dinanzi alla Cour administrative d’appel de Douai (Corte d’appello amministrativa di Douai).

22.      Il giudice del rinvio rileva anzitutto che i contributi e il prelievo in questione costituiscono imposte ai sensi del diritto nazionale, e pertanto il fatto che il sig. de Lobkowicz non benefici di alcuna contropartita diretta in relazione al pagamento degli stessi non ne pregiudica la fondatezza.

23.      Inoltre, detto giudice ricorda che, se la sentenza della Corte del 26 febbraio 2015, de Ruyter (C-623/13, EU:C:2015:123) ha dichiarato che i prelievi fiscali sui redditi patrimoniali che presentano un rapporto diretto e rilevante con alcuni settori di previdenza sociale rientrano nell’ambito di applicazione dei regolamenti n. 1408/71 e n. 883/2004, i funzionari dell’Unione e i loro familiari, che sono iscritti al regime previdenziale obbligatorio delle istituzioni dell’Unione, non possono essere considerati «lavoratori» ai sensi di detti regolamenti (7). Di conseguenza, ad essi non sarebbero applicabili l’articolo 13 del regolamento n. 1408/71 e l’articolo 11 del regolamento n. 883/2004.

24.      Infine, anche ammettendo che il funzionario dell’Unione debba essere considerato un «lavoratore» ai sensi delle disposizioni dell’articolo 45 TFUE, tale articolo non stabilisce alcun criterio generale per la ripartizione delle competenze tra gli Stati membri e le istituzioni dell’Unione per quanto riguarda il finanziamento delle prestazioni previdenziali o delle prestazioni speciali a carattere non contributivo.

25.      In tale contesto il giudice del rinvio ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se un principio del diritto dell’Unione osti all’assoggettamento di un funzionario della Commissione europea al [CSG], all’onere previdenziale e ai contributi aggiuntivi a tale onere, ai tassi dello 0,3% e dell’1,1%, in merito a redditi da beni immobili percepiti in uno Stato membro dell’Unione europea».

26.      Il sig. de Lobkowicz, il governo francese e la Commissione hanno presentato osservazioni scritte su tale questione. Conformemente all’articolo 16, terzo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, il governo francese ha chiesto che la Corte si riunisca in Grande Sezione per deliberare nella presente causa. Il sig. de Lobkowicz, il governo francese e la Commissione hanno svolto le loro osservazioni orali all’udienza del 18 ottobre 2016.

IV – Analisi

A –    Sulla ricevibilità della domanda di pronuncia pregiudiziale e sulla riformulazione della questione sottoposta alla Corte

27.      In via principale, il governo francese sostiene che la domanda di pronuncia pregiudiziale è manifestamente irricevibile, in quanto il giudice del rinvio avrebbe posto una questione relativa all’articolo 45 TFUE senza precisare la cittadinanza del ricorrente nel procedimento principale né indicare se quest’ultimo abbia esercitato il proprio diritto alla libera circolazione.

28.      A mio avviso, tale obiezione non può essere accolta.

29.      È pur vero che, nell’ambito della cooperazione instaurata dall’articolo 267 TFUE, spetta al giudice nazionale definire l’ambito di fatto e di diritto nel quale si inseriscono le questioni sollevate o, per lo meno, spiegare le ipotesi di fatto sulle quali tali questioni sono fondate (8).

30.      Come la Corte ha ripetutamente ricordato, tale obbligo persegue una duplice finalità. Da una parte, permette alla Corte di fornire un’interpretazione del diritto dell’Unione e una risposta che sia utile al giudice del rinvio. Dall’altra, conferisce ai governi degli Stati membri e agli altri interessati la possibilità di presentare osservazioni ai sensi dell’articolo 23 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea poiché, in forza di tale disposizione, soltanto le decisioni di rinvio sono notificate agli interessati (9).

31.      Nel caso di specie, il rinvio pregiudiziale in esame non presenta le lacune che gli vengono rimproverate dal governo francese. D’altra parte, la Corte non potrebbe rifiutarsi di rispondere alla questione pregiudiziale che le è stata sottoposta neppure per il motivo che la situazione all’origine del procedimento principale sarebbe circoscritta al territorio di un unico Stato membro.

32.      Certamente ritengo, come il governo francese, che la semplice qualità di funzionario dell’Unione non conferisca ipso iure lo status di lavoratore ai sensi dell’articolo 45 TFUE, poiché questo dipende dal concreto esercizio del diritto alla libera circolazione (10). Tuttavia, dalle osservazioni scritte presentate in subordine da detto governo risulta assodato che il sig. de Lobkowicz è entrato in servizio presso la Commissione in Belgio, esercitando, di conseguenza, il proprio diritto alla libera circolazione, al fine di svolgere un’attività professionale in uno Stato membro diverso dalla Francia. Inoltre, la circostanza che il sig. de Lobkowicz abbia la residenza fiscale in Francia ai sensi dell’articolo 13 del protocollo significa che, nel momento in cui è entrato in servizio presso la Commissione a Bruxelles (Belgio) nel 1979, egli era domiciliato in tale Stato membro (11). Di conseguenza, il fatto che il giudice del rinvio non indichi alla Corte la cittadinanza del sig. de Lobkowicz è irrilevante.

33.      In ogni caso, l’obiezione sollevata dal governo francese si fonda sull’errato presupposto che la questione pregiudiziale, come riformulata da tale governo, verta esclusivamente sull’articolo 45 TFUE.

34.      Orbene, a mio parere e come risulta dalle osservazioni scritte della Commissione, data la formulazione della questione pregiudiziale, in cui si chiede se «un principio» del diritto dell’Unione osti eventualmente all’assoggettamento di un funzionario dell’Unione al pagamento dei contributi e prelievi sociali nello Stato membro in cui è domiciliato a fini fiscali, è del tutto possibile considerare tale questione in una prospettiva diversa, vale a dire quella dell’interpretazione dello Statuto in combinato disposto, se mai, con il principio di leale cooperazione, come enunciato dall’articolo 4, paragrafo 3, TUE oppure, come illustrerò nei paragrafi successivi, derivare dall’interpretazione dell’articolo 14 del protocollo e delle disposizioni dello Statuto il principio dell’unicità della legislazione applicabile in materia previdenziale.

35.      Come appare dalla giurisprudenza, la questione pregiudiziale rimarrebbe quindi rilevante dal punto di vista dell’interpretazione del diritto dell’Unione, indipendentemente dal fatto che il funzionario o agente dell’Unione interessato abbia esercitato o meno il proprio diritto alla libera circolazione (12).

36.      Ne deriva, a mio avviso, che, anche ammettendo che le omissioni rilevate dal governo francese siano presenti, la Corte non potrebbe né dichiarare l’irricevibilità della questione pregiudiziale, né rifiutarsi di rispondervi per difetto di competenza.

37.      Sicuramente, l’omissione, da parte del giudice nazionale, di individuare una disposizione specifica del diritto dell’Unione di cui chiede l’interpretazione può talvolta creare difficoltà tali da indurre la Corte a rifiutare di fornire una risposta alla questione pregiudiziale sollevata (13). Tuttavia, la Corte è spesso indotta, alla luce del complesso degli elementi comunicati dal giudice del rinvio e in ossequio all’esigenza prioritaria, conformemente all’articolo 267 TFUE, di fornire una risposta utile alla questione che le è stata rivolta al fine di risolvere la controversia principale, a prendere in considerazione norme di diritto dell’Unione cui il giudice dell’Unione non ha fatto riferimento nel formulare la propria questione (14). Tale situazione si presenta, in particolare, allorché la questione pregiudiziale deferita alla Corte non invoca alcuna norma specifica di diritto dell’Unione, ma si riferisce genericamente al Trattato o al diritto dell’Unione nel suo insieme (15). Così, a fronte di questioni formulate in modo impreciso, la Corte si riserva la facoltà di trarre dal complesso dei dati forniti dal giudice nazionale e dal fascicolo del processo a quo i punti di diritto dell’Unione che vanno interpretati, tenuto conto dell’oggetto della lite (16).

38.      Nel caso di specie, tenuto conto dello status del ricorrente nel procedimento principale e della soluzione adottata dalla Corte nella sentenza del 26 febbraio 2015, de Ruyter (C-623/13, EU:C:2015:123), cui il giudice del rinvio ha fatto ampiamente riferimento, ritengo che la questione pregiudiziale debba essere riformulata nel senso che essa mira a stabilire se, per analogia con i regolamenti n. 1408/71 e n. 883/2004, esista un principio di unicità della legislazione applicabile in materia di previdenza sociale che risulti dall’interpretazione dell’articolo 45 TFUE o del protocollo e delle disposizioni dello Statuto, eventualmente, in combinato disposto con il principio di leale cooperazione, e che osti all’assoggettamento di un funzionario di un’istituzione dell’Unione ai contributi e ai prelievi sociali di cui al procedimento principale, basati su redditi da beni immobili percepiti nello Stato membro del domicilio fiscale di detto funzionario.

B –    Nel merito

39.      Per fornire una risposta alla questione pregiudiziale, secondo la riformulazione da me suggerita, è necessario, a mio avviso, prendere le mosse dall’esame della sentenza del 26 febbraio 2015, de Ruyter (C-623/13, EU:C:2015:123). Propongo poi di verificare se la soluzione adottata in tale sentenza sia applicabile alla presente causa.

1.      Sentenza del 26 febbraio 2015, de Ruyter (C-623/13, EU:C:2015:123)

40.      Come ho già ricordato, il sig. de Ruyter era un cittadino olandese impiegato presso una società olandese, ma fiscalmente residente in Francia. Per gli anni dal 1997 al 2004, il sig. de Ruyter ha percepito rendite vitalizie a titolo oneroso, di fonte olandese, che l’amministrazione tributaria francese ha considerato come redditi patrimoniali e ha assoggettato quindi, in quanto tali, al CSG e al CRDS, al prelievo sociale del 2% nonché alla contribuzione integrativa dello 0,3% di tale prelievo.

41.      Il sig. de Ruyter ha contestato l’imposizione di tali contributi e prelievi sociali dinanzi ai giudici amministrativi francesi. Egli sosteneva, richiamando le sentenze del 15 febbraio 2000, Commissione/Francia (C-34/98, EU:C:2000:84), e del 15 febbraio 2000, Commissione/Francia (C-169/98, EU:C:2000:85) (17) che, in quanto destinati specificamente al finanziamento dei regimi previdenziali obbligatori francesi, tali contributi e oneri sociali erano contrari all’articolo 13 del regolamento n. 1408/71 che sancisce il principio dell’unicità della legislazione in materia previdenziale.

42.      Il giudice nazionale che aveva adito la Corte (il Conseil d’État francese) non dubitava che detti contributi e prelievi sociali fossero diretti al finanziamento dei regimi obbligatori francesi di previdenza sociale. Per contro, il Conseil d’État si chiedeva se il fatto che, da una parte, i contributi e prelievi in questione, a differenza delle situazioni che avevano dato luogo alle sentenze del 15 febbraio 2000, Commissione/Francia (C-34/98, EU:C:2000:84), e del 15 febbraio 2000, Commissione/Francia (C-169/98, EU:C:2000:85), fossero basati non già su redditi da lavoro e sostitutivi ma su redditi patrimoniali del contribuente interessato, indipendentemente dall’esercizio di una qualsivoglia attività economica, e, dall’altra, che tali contributi e prelievi non dessero diritto ad alcuna prestazione o vantaggio erogati da un regime previdenziale, consentisse nondimeno di ritenere che essi presentassero un rapporto diretto e rilevante con alcuni settori della previdenza sociale per cui rientrassero effettivamente nell’ambito di applicazione del regolamento n. 1408/71.

43.      La Corte ha risposto a tale questione in senso affermativo.

44.      Essa ha anzitutto ricordato che l’elemento determinante ai fini dell’applicazione del regolamento n. 1408/71 risiede nel rapporto, diretto e sufficientemente rilevante, che deve intercorrere tra la disposizione di cui trattasi e le leggi che disciplinano i settori di previdenza sociale elencati all’articolo 4 di detto regolamento, indipendentemente dalla circostanza che un prelievo sia qualificato come «imposta» da una legislazione nazionale (18).

45.      La Corte ha inoltre ribadito la propria giurisprudenza (19) secondo cui l’esistenza o l’assenza di contropartite in termini di prestazioni è irrilevante ai fini dell’applicazione del regolamento n. 1408/71, poiché il criterio determinante è quello della destinazione specifica di un contributo al finanziamento di un regime previdenziale di uno Stato membro (20).

46.      Essa ha poi statuito che la stessa conclusione cui era pervenuta nelle sentenze del 15 febbraio 2000, Commissione/Francia (C-34/98, EU:C:2000:84, punti 36 e 37), e del 15 febbraio 2000, Commissione/Francia (C-169/98, EU:C:2000:85, punti 34 e 35), riguardo ai redditi da lavoro e sostitutivi, doveva essere applicata in relazione ai prelievi che sono basati sui redditi patrimoniali, giacché è incontestato che il prodotto di tali prelievi è destinato direttamente e specificamente al finanziamento di alcuni settori della previdenza sociale in Francia (21).

47.      A tal riguardo, la Corte ha sottolineato che l’elemento determinante non è l’esistenza di un rapporto di lavoro, ma il fatto che una persona sia assicurata, in via obbligatoria o facoltativa, contro uno o più rischi nell’ambito di un regime previdenziale generale o speciale menzionato all’articolo 1, lettera a), del regolamento n. 1408/71 (22).

48.      Inoltre, la Corte ha rilevato che, proprio in considerazione della completezza del sistema di norme di diritto internazionale previsto dal regolamento n. 1408/71, e in particolare del principio di unicità della legislazione applicabile in materia di previdenza sociale enunciato all’articolo 13 del regolamento medesimo, che mira ad evitare le complicazioni che possono derivare dalla simultanea applicazione di più normative nazionali e ad eliminare le disparità di trattamento per le persone che si spostano all’interno dell’Unione, l’applicazione del regolamento n. 1408/71 non può essere limitata ai redditi che le suddette persone traggono dai loro rapporti di lavoro, a meno di non creare disparità nell’applicazione dell’articolo 13 di tale regolamento in funzione dell’origine dei redditi da esse percepiti (23). «Infatti, obbligare coloro che, tra i residenti di uno Stato membro, sono iscritti alla previdenza sociale di un altro Stato membro a finanziare, inoltre, anche se solo parzialmente, la previdenza sociale dello Stato di residenza creerebbe così una disparità di trattamento in relazione all’articolo 13 del regolamento n. 1408/71, dato che tutti gli altri residenti di tale ultimo Stato sono tenuti unicamente a contribuire al regime previdenziale dello stesso» (24).

49.      Di conseguenza, secondo la Corte, il sig. de Ruyter, non rientrando in nessuna delle eccezioni esplicite all’applicazione dell’articolo 13 del regolamento n. 1408/71, non poteva essere sottoposto al pagamento dei contributi e dei prelievi in questione in relazione sia ai redditi derivanti da un rapporto di lavoro sia a quelli risultanti dal suo patrimonio, e tali constatazioni non venivano rimesse in discussione dal fatto che questi ultimi non erano stati ancora oggetto di imposizione in forma di contributi previdenziali nello Stato membro d’impiego (25).

50.      Quindi, il ragionamento della Corte si fonda essenzialmente sul rispetto rigoroso della norma che vieta il cumulo delle legislazioni in materia di previdenza sociale e della norma di diritto internazionale, come enunciate dall’articolo 13 del regolamento n. 1408/71, ossia, in pratica, sulla competenza esclusiva della legislazione in materia di previdenza sociale dello Stato membro d’impiego. Come ha rilevato l’avvocato generale Sharpston al paragrafo 57 delle sue conclusioni nella causa de Ruyter (C-623/13, EU:C:2014:2307), cui la Corte ha rinviato al punto 41 di tale sentenza, imporre al sig. de Ruyter i contributi e i prelievi contestati in tale causa «equivarrebbe a ignorare il divieto di cumulo delle legislazioni espresso dall’articolo 13, paragrafo 1, [del regolamento n. 1408/71] e la regola di conflitto contenuta nell’articolo 13, paragrafo 2, lettera a), del suddetto regolamento. Il fatto che le rendite vitalizie percepite dal sig. de Ruyter nei Paesi Bassi fossero di fatto assoggettate a contributi sociali in quel paese è pertanto irrilevante» (26).

51.      Si può svolgere un ragionamento analogo nella presente causa?

52.      Il governo francese ritiene che ciò sia fuori questione. Infatti, secondo tale governo, in quanto è escluso dall’ambito di applicazione dei regolamenti n. 1408/71 e n. 883/2004, un funzionario dell’Unione non potrebbe avvalersi del principio di unicità della legislazione in materia di previdenza sociale, poiché quest’ultimo non trova un equivalente né nel diritto primario, in particolare nell’articolo 45 TFUE, né nel diritto derivato dell’Unione.

53.      Sebbene la tesi del governo francese non sia totalmente errata, essa tuttavia omette, a mio parere, di prendere in considerazione un elemento giuridico essenziale, vale a dire l’esistenza di un regime comune di previdenza sociale per i funzionari dell’Unione, previsto dallo Statuto. La presa in considerazione dello Statuto e il rispetto di quest’ultimo da parte degli Stati membri contribuiscono, a mio avviso, ad avvicinare sensibilmente la situazione del sig. de Lobkowicz a quella del sig. de Ruyter.

2.      Sull’estensione della soluzione adottata nella sentenza del 26 febbraio 2015, de Ruyter (C-623/13, EU:C:2015:123) al procedimento principale

54.      È indubbio che il CSG e gli altri contributi e prelievi di cui si discute nel procedimento principale sono destinati specificamente e direttamente al finanziamento di diversi settori della previdenza sociale in Francia e rientrano, in quanto tali, nell’ambito di applicazione dei regolamenti n. 1408/71 e n. 883/2004 (27).

55.      Inoltre, è pacifico che i redditi da beni immobili in discussione nel procedimento principale sono considerati dal diritto nazionale come redditi patrimoniali, come le rendite vitalizie di cui si discuteva nella causa che ha dato luogo alla sentenza del 26 febbraio 2015, de Ruyter (C-623/13, EU:C:2015:123).

56.      È altresì pacifico, come ho indicato in precedenza, che un funzionario dell’Unione come il sig. de Lobkowicz non rientra nell’ambito di applicazione dei regolamenti n. 1408/71 e n. 883/2004 (28).

57.      Tale constatazione, che distingue la presente causa da quella all’origine della sentenza del 26 febbraio 2015, de Ruyter (C-623/13, EU:C:2015:123), ha indotto le parti interessate ad incentrare le loro osservazioni e a confrontarsi sulla questione se il principio dell’unicità della legislazione applicabile in materia previdenziale tragga origine direttamente dall’articolo 45 TFUE. La Commissione e il sig. de Lobkowicz si esprimono in senso affermativo e pertanto ritengono che la soluzione adottata dalla Corte nella sentenza del 26 febbraio 2015, de Ruyter (C-623/13, EU:C:2015:123) sia trasferibile alla presente causa sulla base dell’interpretazione dell’articolo 45 TFUE. Come ho già ricordato, il governo francese sostiene la tesi opposta e deduce che solo i lavoratori rientranti nell’ambito di applicazione dei regolamenti n. 1408/71 e n. 883/2004 possono trarre vantaggio dalla sentenza del 26 febbraio 2015, de Ruyter (C-623/13, EU:C:2015:123), poiché il principio dell’unicità della legislazione applicabile sarebbe enunciato unicamente in tali regolamenti.

58.      Malgrado gli sforzi della Commissione, reiterati all’udienza, per ricercare nella giurisprudenza gli indizi che possano sorreggere la sua tesi, secondo cui detto principio deriverebbe effettivamente e direttamente dall’articolo 45 TFUE, mi sembra che tale questione sia già stata risolta in senso contrario dalla Corte nella sentenza del 16 gennaio 1992, Commissione/Francia (C-57/90, EU:C:1992:10). Infatti, in tale causa, che riguardava la situazione dei beneficiari di un’indennità di prepensionamento o di una pensione integrativa che erano esclusi dall’ambito di applicazione del regolamento n. 1408/71, la Commissione e la Repubblica francese avevano già espresso posizioni opposte sulla questione se il principio dell’unicità della legislazione applicabile in materia di previdenza sociale costituisse un principio preesistente alle disposizioni del regolamento n. 1408/71, traendo origine direttamente dalle disposizioni del Trattato relative alla libera circolazione dei lavoratori (29). Più precisamente, pur ammettendo che l’inadempimento contestato riguardava i beneficiari di regimi che, all’epoca, non rientravano nell’ambito di applicazione materiale del regolamento n. 1408/71, la Commissione sosteneva che la Corte, in alcune sentenze pronunciate prima dell’entrata in vigore di tale regolamento, aveva interpretato gli articoli 48 e 51 del Trattato CEE (divenuti articoli 45 TFUE e 48 TFUE) informandoli al principio di unicità della legislazione applicabile (30). Contrariamente alle conclusioni dell’avvocato generale Lenz, presentate in tale causa (C-57/90, non pubblicate, EU:C:1991:345), la Corte ha respinto l’argomento della Commissione. Preso atto che i beneficiari dei regimi in questione non si trovavano in una delle situazioni disciplinate, in particolare, dall’articolo 13 del regolamento n. 1408/71, la Corte ha dedotto che «non può essere fatto valere in loro favore il principio di unicità della legislazione applicabile» (31), e ha concluso che la Repubblica francese non era «venuta meno agli obblighi che le incombono in forza del Trattato CEE né, in particolare, [aveva] infranto (...) [l’articolo] 13, [paragrafo] 1», del regolamento n. 1408/71 (32).

59.      Fino ad oggi, la giurisprudenza pronunciata posteriormente dalla Corte non ha riformato tale sentenza. Il fatto, menzionato dalla Commissione, che la Corte ricordi regolarmente che il principio di unicità della legislazione applicabile in materia di previdenza sociale «trova la sua espressione segnatamente» nell’articolo 13 del regolamento n. 1408/71 (33), a mio avviso, indica semplicemente che anche altre disposizioni di tale regolamento enunciano il suddetto principio (34).

60.      D’altronde, anche recentemente alla Corte si è presentata l’occasione di ribadire, con la sentenza del 26 ottobre 2016, Hoogstad (C-269/15, EU:C:2016:802, punto 37), che il principio dell’unicità della legislazione applicabile in materia previdenziale disciplina unicamente le situazioni contemplate dall’articolo 13, paragrafo 2, e dagli articoli da 14 a 17 del regolamento n. 1408/71, poiché tali disposizioni determinano le norme di diritto internazionale da applicare nelle diverse fattispecie.

61.      Nemmeno le sentenze citate dalla Commissione all’udienza permettono di sostenere che la Corte abbia affermato, in maniera univoca, che il principio dell’unicità della legislazione applicabile in materia previdenziale discende direttamente dalle suddette disposizioni del Trattato relative alla libera circolazione dei lavoratori.

62.      Ciò è soprattutto vero riguardo alla sentenza del 9 giugno 1964, Nonnenmacher (92/63, EU:C:1964:40, pag. 555). Difatti tale sentenza, pronunciata anteriormente alla sentenza del 16 gennaio 1992, Commissione/Francia (C-57/90, EU:C:1992:10), e vertente sull’interpretazione dell’articolo 12 del regolamento n. 3 del Consiglio, del 25 settembre 1958, relativo alla sicurezza sociale dei lavoratori migranti (35), nonché degli articoli 48 e 51 del Trattato CEE, ha precisato, da un lato, che un divieto del cumulo di due legislazioni nazionali destinate ai lavoratori non può essere istituito nel silenzio dei testi e, dall’altro, che l’articolo 12 del regolamento n. 3 (e non gli articoli 48 e 51 del Trattato CEE) vietava l’applicazione della legislazione di uno Stato membro diverso da quello in cui è occupato il lavoratore interessato solo qualora tale legislazione obbligasse quest’ultimo a contribuire al finanziamento di un ente previdenziale che non fosse in grado di garantirgli ulteriori vantaggi per lo stesso rischio e per lo stesso periodo.

63.      Tale ragionamento vale anche in relazione alla sentenza del 15 febbraio 2000, Commissione/Francia (C-169/98, EU:C:2000:85). È vero che in tale sentenza la Corte ha constatato una violazione da parte della Repubblica francese degli articoli 48 e 52 del Trattato CE (divenuti articoli 45 TFUE e 49 TFUE). Tuttavia, tale constatazione seguiva e rinviava a quella effettuata nell’ambito della valutazione della Corte relativa all’inadempimento dell’articolo 13 del regolamento n. 1408/71. Inoltre, la Corte non ha affermato che il principio dell’unicità della legislazione applicabile in materia previdenziale derivava dai summenzionati articoli del Trattato CE. Essa si è limitata a dichiarare che l’assoggettamento al CSG dei redditi da lavoro e sostitutivi dei lavoratori subordinati e indipendenti che risiedevano in Francia ma non soggiacevano alla legislazione francese in materia previdenziale, a causa dell’obbligo di contribuire al finanziamento del sistema di previdenza sociale di tale Stato membro cui tali lavoratori non erano iscritti, costituiva in ugual misura una violazione dell’articolo 13 del regolamento n. 1408/71 e una disparità di trattamento contraria alla libera circolazione dei lavoratori, in ragione proprio dell’esistenza di tale articolo (36). Così, l’inadempimento degli obblighi derivanti dagli articoli 48 e 52 del Trattato CE accertato dalla Corte non sembra quindi completamente autonomo rispetto all’inadempimento relativo all’articolo 13 del regolamento n. 1408/71. In ogni caso, come preciserò al paragrafo 65 delle presenti conclusioni, il divieto opposto ad uno Stato membro di esigere che un lavoratore contribuisca al finanziamento di un regime previdenziale, cui non è iscritto, non deriva automaticamente dalla previa constatazione che la situazione di cui trattasi rientra nell’ambito di applicazione del principio dell’unicità della legislazione applicabile in materia di previdenza sociale.

64.      Pertanto, anche se il principio dell’unicità della legislazione applicabile in materia previdenziale contribuisce sicuramente all’esercizio della libera circolazione dei lavoratori all’interno dell’Unione, assoggettando questi ultimi ad un’unica legislazione previdenziale (37), tale principio non deriva, allo stadio attuale di sviluppo del diritto dell’Unione, direttamente dall’articolo 45 TFUE o, secondo la formula utilizzata dalla Commissione, non è «inerente» a detta disposizione.

65.      Ciò premesso, non è affatto escluso che la discussione che oppone gli interessati nella presente causa in ordine all’origine del principio dell’unicità della legislazione applicabile in materia previdenziale sia generata, in definitiva, da una confusione creatasi attorno al significato attribuito dalla Commissione a tale espressione. Appare infatti, in particolare dalle osservazioni svolte dinanzi alla Corte, che la Commissione intende tale espressione come sinonimo del divieto per gli Stati membri di esigere dai lavoratori migranti il versamento di contributi sociali a fondo perduto, vale a dire senza alcuna contropartita in termini di prestazioni sociali, o altresì di obbligare questi ultimi a partecipare al finanziamento di regimi previdenziali nazionali cui non sono iscritti, cioè senza alcuna prospettiva di trarne un qualsiasi vantaggio. È vero, come ha sostenuto la Commissione, che la Corte esige dagli Stati membri il rispetto di tale divieto, che essa deduce talvolta direttamente dalle disposizioni del Trattato in materia di libera circolazione delle persone (38). Tuttavia, detto divieto non coincide con il principio dell’unicità della legislazione applicabile, tanto è vero che la Corte ne ha imposto il rispetto anche in situazioni in cui i lavoratori emigranti interessati erano assoggettati contemporaneamente a più legislazioni nazionali in materia di previdenza sociale (39).

66.      Il divieto, per gli Stati membri, di imporre una doppia contribuzione senza vantaggi supplementari, o di obbligare il lavoratore emigrante a contribuire al finanziamento di un regime previdenziale cui non è iscritto e che quindi non può arrecargli alcun beneficio, costituisce, a mio avviso, il denominatore comune di tale giurisprudenza, indipendentemente dal fatto che la situazione in questione sia disciplinata dai regolamenti n. 1408/71 e n. 883/2004 o che, invece, esuli dal campo di applicazione di questi ultimi.

67.      In altri termini, tale divieto discende sia dal principio di unicità della legislazione previdenziale applicabile sia, qualora tale principio non sia direttamente applicabile, dall’obbligo di sopprimere le disparità di trattamento tra i lavoratori emigranti e i lavoratori stanziali (40).

68.      È, in definitiva, tale divieto che viene messo in discussione nella presente causa. È infatti pacifico che i contributi e i prelievi sociali imposti al sig. de Lobkowicz mirano direttamente e specificamente a finanziare i diversi settori del regime francese di previdenza sociale cui il sig. de Lobkowicz non è iscritto, in quanto egli è unicamente iscritto al regime comune obbligatorio di assicurazione malattia (in prosieguo: il «RCAM») istituito dallo Statuto.

69.      Ciò premesso, la circostanza che la situazione del sig. de Lobkowicz sia disciplinata dallo Statuto non può, a mio avviso, essere ignorata o sottovalutata. In particolare, tale circostanza non deve, secondo me, condurre a privilegiare un’analisi della questione pregiudiziale alla luce dell’articolo 45 TFUE, ma precisamente alla luce dello Statuto.

70.      A tal riguardo, occorre ricordare che, come risulta dall’articolo 14 del protocollo e dalle disposizioni dello Statuto, l’Unione gode di una competenza esclusiva per fissare il regime di previdenza sociale dei suoi funzionari nonché le modalità di applicazione di quest’ultimo.

71.      La Statuto va ben oltre il sistema di coordinamento delle legislazioni nazionali in materia di previdenza sociale previsto dai regolamenti n. 1408/71 e n. 883/2004, dato che instaura un autentico regime comune di assicurazione malattia e un regime pensionistico per i funzionari dell’Unione. Si tratta in effetti di regimi obbligatori cui i funzionari dell’Unione devono iscriversi al momento di entrare in servizio, afferenti a quei settori essenziali della previdenza sociale che, nel caso della copertura degli altri lavoratori emigranti in forza delle legislazioni nazionali, rientrerebbero senza ombra di dubbio nell’ambito di applicazione materiale dei regolamenti n. 1408/71 e n. 883/2004 (41), e che comportano ugualmente il versamento di contributi previdenziali ai suddetti regimi (42).

72.      È vero che gli Stati membri, nell’esercizio delle loro competenze relative all’organizzazione dei loro sistemi previdenziali sono tenuti a rispettare il diritto dell’Unione (43), in particolare il protocollo, che ha lo stesso valore giuridico dei Trattati (44), e lo Statuto, che, lo ricordo, è stato adottato con un regolamento di portata generale, è obbligatorio in tutti i suoi elementi ed è direttamente applicabile in tutti gli Stati membri, conformemente all’articolo 288, secondo comma, TFUE (45).

73.      Per tali ragioni uno Stato membro che imponesse ad un funzionario dell’Unione il versamento di contributi previdenziali, basati sugli stipendi di tale funzionario, violerebbe manifestamente la competenza delle istituzioni dell’Unione derivante dall’articolo 14 del protocollo e dalle disposizioni dello Statuto. Dal punto di vista del funzionario dell’Unione interessato, tale assoggettamento potrebbe dissuaderlo dall’accettare un impiego al servizio delle istituzioni dell’Unione, poiché lo obbligherebbe a continuare a versare contributi al regime previdenziale del suo Stato membro di origine, senza alcuna contropartita (46), mentre dal punto di vista delle istituzioni interessate, tale situazione finirebbe per ostacolarne il buon funzionamento, in violazione dell’obbligo di leale cooperazione e di assistenza, il cui rispetto incombe agli Stati membri, e che comprende l’obbligo di facilitare alle istituzioni dell’Unione l’adempimento dei loro compiti (47).

74.      Lo stesso si applica ad una legislazione di uno Stato membro che assoggetti gli stipendi e gli emolumenti di un funzionario dell’Unione a contributi e prelievi destinati direttamente e specificamente a finanziare il regime previdenziale di tale Stato membro, indipendentemente dal fatto che tali contributi e prelievi siano qualificati come «imposte» dal diritto nazionale (48) e non diano luogo ad alcun diritto a prestazioni o a vantaggi sociali ai sensi della legislazione previdenziale di tale Stato membro (49). Infatti, alla luce del protocollo e dello Statuto, un funzionario dell’Unione non può essere sottomesso, sulla base dei propri stipendi e salari, all’impero della legislazione previdenziale di uno Stato membro, ivi compreso lo Stato membro in cui l’interessato ha stabilito la residenza fiscale ai sensi dell’articolo 13 del protocollo.

75.      La competenza esclusiva delle istituzioni dell’Unione a fissare le regole e le modalità dei regimi di assicurazione malattia e pensionistici dei loro funzionari mira non soltanto ad agevolare le assunzioni di questi ultimi, ma anche ad assicurare agli stessi una copertura sociale completa e omogenea, nonché a stabilire il livello della loro partecipazione a detti regimi, indipendentemente dalle leggi in materia di previdenza sociale applicabili nel loro Stato membro di origine. L’attribuzione di siffatta competenza alle istituzioni dell’Unione ha quindi l’ulteriore scopo di garantire una parità di trattamento tra i funzionari dell’Unione di diverse cittadinanze, in modo da evitare, in particolare, che questi possano essere eventualmente costretti a partecipare al finanziamento di più regimi previdenziali o a versarvi contributi.

76.      Ritengo quindi che l’articolo 14 del protocollo e le disposizioni dello Statuto in materia di previdenza sociale svolgano nei confronti dei funzionari dell’Unione una funzione perlomeno analoga a quella svolta dall’articolo 13 del regolamento n. 1408/71 e dall’articolo 11 del regolamento n. 883/2004 per quanto riguarda gli altri lavoratori emigranti, funzione che consiste, in particolare, nel vietare il cumulo dei regimi di previdenza sociale e l’obbligo di partecipare al finanziamento e/o di contribuire a tali regimi senza poterne trarre alcun vantaggio.

77.      Tale analisi trova conferma nel fatto che, a differenza dei funzionari (e degli agenti temporanei) dell’Unione, gli agenti contrattuali di quest’ultima, i cui contratti, all’epoca dei fatti della controversia principale, non potevano, in linea di principio, avere una durata superiore a tre anni, rientrano nell’ambito di applicazione dell’articolo 16, paragrafo 3, del regolamento n. 1408/71, come modificato dal regolamento (CE) n. 988/2009 del Parlamento e del Consiglio, del 16 settembre 2009 (50), e dell’articolo 15 del regolamento n. 883/2004 (51). Se è pur vero che gli agenti contrattuali godono di un diritto di opzione, è altrettanto vero che l’esercizio di tale diritto, che ha effetto dalla data di entrata in servizio, può condurre solamente all’applicazione della legislazione di previdenza sociale di un unico Stato membro. Così, conformemente alle disposizioni dei regolamenti sopra citati, un agente contrattuale dell’Unione, con la residenza fiscale in Francia, che optasse per l’applicazione della legislazione previdenziale del proprio Stato membro d’impiego, per esempio quella del Regno del Belgio, dovrebbe, al pari degli altri lavoratori contemplati dai regolamenti n. 1408/71 e n. 883/2004, essere esonerato dall’obbligo di partecipare, anche parzialmente, al finanziamento del regime previdenziale dello Stato membro in cui ha la residenza fiscale, al quale non sia iscritto, conformemente alla soluzione adottata dalla Corte nella sentenza del 26 febbraio 2015, de Ruyter (C-623/13, EU:C:2015:123, punti da 38 a 40), e quindi anche quando si tratti di redditi patrimoniali percepiti dall’agente interessato.

78.      Orbene, anche per quanto riguarda l’articolazione tra lo Statuto che, lo ricordo, risale al 1968, e i regolamenti n. 1408/71 e n. 883/2004, sembra del tutto improbabile che, nell’ambito della categoria dei lavoratori emigranti, il legislatore dell’Unione abbia voluto escludere i funzionari e gli agenti temporanei dal beneficio dell’unicità della legislazione applicabile in materia di previdenza sociale, restando inteso che tale legislazione è costituita, con riferimento a tali lavoratori, dalle pertinenti disposizioni dello Statuto. Al contrario, detti funzionari e agenti temporanei dell’Unione sono esclusi dall’ambito di applicazione dei summenzionati regolamenti perché sono già coperti dal RCAM, istituito dallo Statuto.

79.      Di conseguenza, ritengo che il ragionamento che giustifica la soluzione adottata dalla Corte nella sentenza del 26 febbraio 2015, de Ruyter (C-623/13, EU:C:2015:123, punti da 38 a 40) si applichi anche al caso di un funzionario dell’Unione come quello del sig. de Lobkowitz. Infatti, se così non fosse, tale funzionario, avente la residenza fiscale in Francia ai sensi dell’articolo 13 del protocollo, si vedrebbe costretto non solo a contribuire al RCAM in applicazione dello Statuto ma anche a finanziare, sebbene solo parzialmente, i diversi settori del regime francese di previdenza sociale, mentre gli altri residenti francesi che non hanno esercitato il loro diritto alla libera circolazione verserebbero i contributi unicamente al regime francese.

80.      Tale ragionamento, a mio avviso, non viene contraddetto dalle obiezioni del governo francese, secondo cui i contributi e i prelievi in questione non comporterebbero comunque una contropartita diretta in termini di prestazioni sociali ai fini della loro qualificazione come imposte secondo il diritto nazionale, e che i redditi patrimoniali di cui trattasi non sarebbero gravati da oneri analoghi.

81.      Infatti, come fanno valere sia il sig. de Lobkowicz che la Commissione, tali obiezioni sono già state esaminate e respinte dalla Corte nelle sentenze del 15 febbraio 2000, Commissione/Francia (C-169/98, EU:C:2000:85, punti da 31 a 38), e del 26 febbraio 2015, de Ruyter (C-623/13, EU:C:2015:123, punto 41).

82.      Per quanto riguarda, più in particolare, la seconda obiezione sollevata dal governo francese, aggiungo che, se è pacifico che la Repubblica francese è autorizzata ad esercitare la sua competenza fiscale sui redditi da immobili del sig. de Lobkowicz, poiché tali redditi non possono d’altronde trarre profitto dall’applicazione delle disposizioni dell’articolo 13 del protocollo, è altrettanto vero che tale competenza va esercitata nel rispetto del diritto dell’Unione. Orbene, nei limiti in cui, a prescindere dalla loro qualificazione secondo il diritto nazionale, i contributi e i prelievi contestati nella presente causa sono specificamente e direttamente destinati al finanziamento della previdenza sociale francese, essi vanno considerati come rientranti nell’ambito di applicazione della competenza esclusiva delle istituzioni dell’Unione di fissare il regime comune di assicurazione malattia dei loro funzionari, la quale osta, come ho già rilevato, a che uno Stato membro obblighi detti funzionari a finanziare, anche solo parzialmente, il proprio regime di previdenza sociale, senza la minima prospettiva che tali individui, contrariamente agli altri residenti iscritti al regime previdenziale in detto Stato membro, ne traggano alcun vantaggio.

V –    Conclusione

83.      Alla luce di tutte le considerazioni sin qui svolte, propongo alla Corte di risolvere la questione pregiudiziale proposta dalla Cour administrative d’appel de Douai (Corte d’appello amministrativa di Douai, Francia), nei seguenti termini:

Il principio dell’unicità della legislazione applicabile in materia di previdenza sociale, quale risulta dall’articolo 14 del protocollo sui privilegi e le immunità dell’Unione europea, allegato ai Trattati UE, FUE e CEEA, e dalle disposizioni del regolamento (CEE, Euratom, CECA) n. 259/68 del Consiglio, del 29 febbraio 1968, che definisce lo statuto dei funzionari delle Comunità europee nonché il regime applicabile agli altri agenti di tali Comunità, ed istituisce speciali misure applicabili temporaneamente ai funzionari della Commissione, come modificato dal regolamento (UE) n. 1240/2010 del Consiglio, del 20 dicembre 2010, deve essere interpretato nel senso che esso osta a che un funzionario di un’istituzione dell’Unione, interamente soggetto al regime comune di assicurazione malattia previsto da detto regolamento, sia assoggettato, nello Stato membro in cui ha la residenza fiscale, al pagamento di contributi e prelievi destinati specificamente e direttamente al finanziamento della previdenza sociale di tale Stato membro, sulla base di redditi da beni immobili percepiti in tale Stato membro, talché quest’ultimo non può obbligare i detti funzionari a finanziare, anche solo parzialmente, il proprio regime di previdenza sociale, senza la minima prospettiva che tali individui, contrariamente agli altri residenti iscritti al regime previdenziale in tale Stato membro, ne traggano alcun vantaggio.


1 –      Lingua originale: il francese.


2 –      Nella versione modificata e aggiornata dal regolamento (CE) n. 118/97 del Consiglio, del 2 dicembre 1996 (GU 1997, L 28, pag. 1), come modificato dal regolamento (CE) n. 1606/98 del Consiglio, del 29 giugno 1998 (GU 1998, L 209, pag. 1).


3 –      GU 1968, L 56, pag. 1.


4 –      GU 2010, L 338, pag. 7.


5 –      GU 2004, L 166, pag. 1.


6 –      Dalle osservazioni presentate dal sig. de Lobkowicz emerge che il discarico del pagamento degli importi afferenti al CRDS è stato concesso in seguito alla modifica dell’articolo L-136-1 del codice della previdenza sociale, nonché alla pronuncia della sentenza del Conseil d’État (Consiglio di Stato) francese del 4 maggio 2011, Ministre du Budget/Cousin (ECLI:FR:CESSR:2011:330551.20110504), in cui tale organo giurisdizionale ha statuito che potevano essere assoggettate al CRDS, anche quando tale contributo è applicato ai redditi patrimoniali, soltanto le persone aventi il domicilio fiscale in Francia e poste a carico di un regime obbligatorio di assicurazione malattia. Sembra tuttavia che l’istituzione di quest’ultimo criterio derivasse da un «incidente legislativo»; esso è stato abbandonato dalla legge di finanziamento della previdenza sociale per il 2012, non applicabile ai fatti del procedimento principale: v., al riguardo, la relazione di Matt, J.L., Impôt sur le revenu, Contribution sociale généralisée: Quelle réformes?, Conseil des prélèvements obligatoires, Parigi, 2015, pag. 15, disponibile sul sito: https://www.ccomptes.fr/.


7 –      Il giudice del rinvio si riferisce, a tal riguardo, alla sentenza del 3 ottobre 2000, Ferlini (C-411/98, EU:C:2000:530), relativa all’interpretazione del regolamento n. 1408/71.


8 –      V. in tal senso. in particolare, ordinanza del 14 novembre 2013, Mlamali (C-257/13, non pubblicata, EU:C:2013:763, punto 18 e giurisprudenza ivi citata).


9 –      V. in tal senso. in particolare, ordinanza del 14 novembre 2013, Mlamali (C-257/13, non pubblicata, EU:C:2013:763, punti 18 e 24 nonché giurisprudenza ivi citata).


10 –      V. sentenza del 16 dicembre 2004, My (C-293/03, EU:C:2004:821, punti da 39 a 43). V., inoltre, le mie conclusioni presentate nella causa Wojciechowski (C-408/14, EU:C:2015:393, paragrafo 25).


11 –      Pertanto, quando si tratta di un funzionario dell’Unione, contrariamente a quanto sostiene il governo francese, il domicilio fiscale costituisce un elemento che consente di stabilire se l’interessato rientri nell’ambito di applicazione dell’articolo 45 TFUE. Difatti, l’articolo 13 del protocollo è basato su una fictio iuris, secondo cui i funzionari e gli agenti in servizio presso le istituzioni conservano, per tutta la durata della loro carriera, il domicilio fiscale, vale a dire, il centro dei loro interessi, nello Stato membro in cui erano domiciliati al momento di entrare in servizio.


12 –      V., per quanto riguarda la mancata o la parziale presa in considerazione degli anni di lavoro prestati da alcuni cittadini belgi al servizio di un’istituzione dell’Unione ai fini del riconoscimento di diritti pensionistici in Belgio, sentenza del 16 dicembre 2004, My (C-293/03, EU:C:2004:821); ordinanza del 9 luglio 2010, Ricci e Pisaneschi (C-286/09, non pubblicata, EU:C:2010:420), e sentenza del 10 settembre 2015, Wojciechowski (C-408/14, EU:C:2015:591). V., parimenti, per quanto riguarda la mancata presa in considerazione dei periodi di lavoro compiuti da un agente contrattuale con cittadinanza belga presso un’istituzione dell’Unione ai fini dell’ammissione al beneficio dell’indennità di disoccupazione in Belgio, sentenza del 4 febbraio 2015, Melchior (C-647/13, EU:C:2015:54).


13 –      V., in tal senso, conclusioni dell’avvocato generale Wahl nella causa Gullotta e Farmacia di Gullotta Davide & C. (C-497/12, EU:C:2015:168, paragrafo 89). V. in tal senso, segnatamente, sentenza del 13 febbraio 2014, Crono Service e a. (C-419/12 e C-420/12, EU:C:2014:81).


14 –      V., segnatamente, sentenze del 21 febbraio 2006, Ritter-Coulais (C-152/03, EU:C:2006:123, punto 29), e del 27 ottobre 2009, ČEZ (C-115/08, EU:C:2009:660, punto 81). Se lo stato del fascicolo trasmesso alla Corte lo consente, la facoltà di cui dispone quest’ultima di riformulare la questione pregiudiziale permette altresì di prevenire una reiterazione altrimenti probabile della domanda di pronuncia pregiudiziale, e poggia anche, dunque, su ragioni di economia processuale. V., in tal senso, le mie conclusioni nella causa Gysen (C-449/06, EU:C:2007:663, paragrafo 43).


15 –      V., segnatamente, sentenze del 31 dicembre 1984, Haug-Adrion (251/83, EU:C:1984:397, punti da 9 a 11), e del 26 settembre 1996, Arcaro (C-168/95, EU:C:1996:363, punti da 21 a 23).


16 –      V., in particolare, sentenze del 13 dicembre 1984, Haug-Adrion (251/83, EU:C:1984:397, punto 9), del 26 settembre 1996, Arcaro (C-168/95, EU:C:1996:363, punto 21), e dell’11 marzo 2010, Attanasio Group (C-384/08, EU:C:2010:133, punto 18 e giurisprudenza ivi citata).


17–      La prima sentenza riguardava i CRDS mentre la seconda verteva sul CSG.


18 –      Sentenza del 26 febbraio 2015, de Ruyter (C-623/13, EU:C:2015:123, punti 23 e 24).


19 –      Sentenze del 15 febbraio 2000, Commissione/Francia (C-34/98, EU:C:2000:84, punti 39 e 40), e del 15 febbraio 2000, Commissione/Francia (C-169/98, EU:C:2000:85, punti 37 e 38).


20 –      Sentenza del 26 febbraio 2015, de Ruyter (C-623/13, EU:C:2015:123, punto 26).


21 –      Sentenza del 26 febbraio 2015, de Ruyter (C-623/13, EU:C:2015:123, punto 28).


22 –      Sentenza del 26 febbraio 2015, de Ruyter (C-623/13, EU:C:2015:123, punto 31).


23 –      V., in tal senso, sentenza del 26 febbraio 2015, de Ruyter (C-623/13, EU:C:2015:123, punti 35, 37 e 38).


24 –      Sentenza del 26 febbraio 2015, de Ruyter (C-623/13, EU:C:2015:123, punto 39 e giurisprudenza ivi citata).


25 –      Sentenza del 26 febbraio 2015, de Ruyter (C-623/13, EU:C:2015:123, punti 40 e 41).


26 –      Nel paragrafo 56 delle stesse conclusioni, l’avvocato generale Sharpston ha qualificato la norma che vieta il cumulo dei regimi, di cui all’articolo 13, paragrafo 1, del regolamento n. 1408/71, come norma avente «carattere assoluto» che è soggetta solo alle eccezioni enunciate agli articoli 14 quater e 14 septies di tale regolamento.


27 –      Occorre sottolineare che, mentre la sentenza del 26 febbraio 2015, de Ruyter (C-623/13, EU:C:2015:123) riguardava il CSG, il prelievo sociale del 2% nonché una contribuzione integrativa al tasso dello 0,3%, la presente causa riguarda, inoltre, una contribuzione integrativa al tasso dell’1,1% il cui gettito, come pone in rilievo il giudice del rinvio, è destinato al fondo nazionale di solidarietà attiva e deve, secondo tale giudice, essere considerato ugualmente soggetto all’applicazione dei regolamenti n. 1408/71 e n. 883/2004.


28 –      V., in particolare, sentenze del 3 ottobre 2000, Ferlini (C-411/98, EU:C:2000:530, punto 41), e del 16 dicembre 2004, My (C-293/03, EU:C:2004:821, punto 35).


29 –      Sentenza del 16 gennaio 1992, Commissione/Francia (C-57/90, EU:C:1992:10, punti da 8 a 10).


30 –      Sentenza del 16 gennaio 1992, Commissione/Francia (C-57/90, EU:C:1992:10, punti 8 e 9).


31 –      Sentenza del 16 gennaio 1992, Commissione/Francia (C-57/90, EU:C:1992:10, punto 14).


32 –      Sentenza del 16 gennaio 1992, Commissione/Francia (C-57/90, EU:C:1992:10, punto 21) (il corsivo è mio). V. inoltre, in senso identico, sentenza del 6 febbraio 1992, Commissione/Belgio (C-253/90, EU:C:1992:58, punto 18).


33 –      V., in particolare, sentenza del 12 giugno 2012, Hudzinski e Wawrzyniak (C-611/10 e C-612/10, EU:C:2012:339, punto 41 e giurisprudenza ivi citata).


34 –      V. segnatamente, riguardo all’articolo 14, paragrafo 2, del regolamento n. 1408/71, sentenze del 9 marzo 2006, Piatkowski (C-493/04, EU:C:2006:167, punto 21), e del 16 maggio 2013, Wencel (C-589/10, EU:C:2013:303, punto 47).


35 –      GU 1958, pag. 561.


36 –      V. sentenza del 15 febbraio 2000, Commissione/Francia (C-169/98, EU:C:2000:85, punti da 42 a 45).


37 –      V. in tal senso, in particolare, sentenza del 26 maggio 2005, Allard (C-249/04, EU:C:2005:329, punto 32).


38 –      V., in particolare, sentenze del 15 febbraio 1996, Kemmler (C-53/95, EU:C:1996:58, punti 13 e 14); del 15 febbraio 2000, Commissione/Francia (C-169/98, EU:C:2000:85, punti 42 e 45); del 19 marzo 2002, Hervein e a. (C-393/99 e C-394/99, EU:C:2002:182, punto 49); del 21 gennaio 2016, Commissione/Cipro (C-515/14, EU:C:2016:30, punto 40), e del 6 ottobre 2016, Adrien e a. (C-466/15, EU:C:2016:749, punto 30). La maggior parte di tali sentenze è stata citata dalla Commissione all’udienza a sostegno della tesi secondo cui l’articolo 45 TFUE sancirebbe il principio dell’unicità della legislazione applicabile in materia di previdenza sociale.


39–      V. sentenze del 19 marzo 2002, Hervein e a. (C-393/99 e C-394/99, EU:C:2002:182, punti 49, 61 e 64); del 9 marzo 2006, Piatkowski (C-493/04, EU:C:2006:167, punti da 34 a 36), e del 6 ottobre 2016, Adrien e a. (C-466/15, EU:C:2016:749, punto 30). V. inoltre, in tal senso, conclusioni dell’avvocato generale Sharpston nella causa de Ruyter (C-623/13, EU:C:2014:2307, paragrafo 58).


40 –      Al riguardo, è interessante notare che, nella sentenza del 6 ottobre 2016, Adrien e a. (C-466/15, EU:C:2016:749, punto 30), la Corte ha dedotto il carattere ostruttivo della normativa francese di cui si discuteva in tale causa, e quindi la sua incompatibilità con l’articolo 45 TFUE, dall’unica circostanza che gli agenti temporanei dell’Unione interessati si trovavano nella condizione di dover versare «contributi a fondo perduto» al regime pensionistico nazionale cui rimanevano iscritti in virtù del diritto di opzione concesso da detta normativa ai funzionari nazionali distaccati.


41 –      Si ricorda che le disposizioni dello Statuto in materia di previdenza sociale si applicano, in forza del regime applicabile agli altri agenti, per analogia, agli agenti temporanei.


42 –      V., rispettivamente, con riferimento al RCAM, l’articolo 72, paragrafo 1, terzo comma, dello Statuto e, con riferimento al regime pensionistico, l’articolo 83, paragrafo 2, dello Statuto.


43 –      V., in particolare, sentenze del 4 dicembre 2003, Kristiansen (C-92/02, EU:C:2003:652, punto 31); del 4 febbraio 2015, Melchior (C-647/13, EU:C:2015:54, punto 21), e del 10 settembre 2015, Wojciechowski (C-408/14, EU:C:2015:591, punto 35).


44 –      V., in particolare, il parere 2/13, del 18 dicembre 2014 (EU:C:2014:2454, punto 161).


45 –      V. in particolare, in tal senso, sentenze del 4 luglio 2013, Gardella (C-233/12, EU:C:2013:449, punto 30), e del 10 settembre 2015, Wojciechowski (C-408/14, EU:C:2015:591, punto 36). V. inoltre, riguardo al regime applicabile agli altri agenti, sentenza del 4 dicembre 2003, Kristiansen (C-92/02, EU:C:2003:652, punto 32).


46 –      V. in particolare, in tal senso, sentenza del 21 gennaio 2016, Commissione/Cipro (C-515/14, EU:C:2016:30, punto 45).


47 –      V. in particolare, in tal senso, sentenza del 21 gennaio 2016, Commissione/Cipro (C-515/14, EU:C:2016:30, punto 52 e giurisprudenza ivi citata).


48 –      Del resto, nel caso particolare dei funzionari e degli agenti temporanei dell’Unione, il fatto che tali contributi e prelievi basati sui redditi provenienti dalla loro attività lavorativa al servizio delle istituzioni dell’Unione siano qualificati come «imposte» dal diritto nazionale sarebbe comunque incompatibile con il divieto di cui all’articolo 12, secondo comma, del protocollo, secondo il quale tali persone sono esenti dalle imposte nazionali sugli stipendi, sui salari e gli emolumenti versati dall’Unione.


49 –      V., per analogia, sentenze del 15 febbraio 2000, Commissione/Francia (C-169/98, EU:C:2000:85, punti 32, 37 e 38), e del 26 febbraio 2015, de Ruyter (C-623/13, EU:C:2015:123, punti 24 e 26).


50 –      GU 2009, L 284, pag. 43.


51 –      Queste due disposizioni sono redatte nei seguenti termini: «Gli agenti ausiliari [dell’Unione] possono optare fra l’applicazione della legislazione dello Stato membro in cui sono occupati e la legislazione dello Stato membro cui sono stati soggetti da ultimo, oppure della legislazione dello Stato membro di cui sono cittadini, per quanto riguarda le disposizioni diverse da quelle relative agli assegni familiari previsti a norma del regime applicabile a detti agenti. Questo diritto d’opzione, che può essere esercitato una sola volta, ha effetto dalla data d’entrata in servizio». Si ricordi che, prima dell’istituzione, in seno al regime applicabile agli altri agenti, della categoria degli agenti contrattuali, l’articolo 16, paragrafo 3, del regolamento n. 1408/71 contemplava la categoria degli agenti ausiliari.