Edizione provvisoria
SENTENZA DELLA CORTE (Sesta Sezione)
12 ottobre 2017 (*)
«Rinvio pregiudiziale – IVA – Direttiva 2006/112/CE – Articolo 90, paragrafo 1 – Effetto diretto – Base imponibile – Riduzione in caso di annullamento, recesso o risoluzione – Riduzione in caso di non pagamento totale o parziale – Distinzione – Contratto di leasing risolto a seguito del mancato pagamento dei canoni»
Nella causa C-404/16,
avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Szegedi Közigazgatási és Munkaügyi Bíróság (Tribunale amministrativo e del lavoro di Szeged, Ungheria), con decisione dell’8 luglio 2016, pervenuta in cancelleria il 19 luglio 2016, nel procedimento
Lombard Ingatlan Lízing Zrt.
contro
Nemzeti Adó- és Vámhivatal Fellebbviteli Igazgatóság,
LA CORTE (Sesta Sezione),
composta da J.-C. Bonichot (relatore), facente funzione di presidente di sezione, A. Arabadjiev e E. Regan, giudici,
avvocato generale: M. Szpunar
cancelliere: A. Calot Escobar
vista la fase scritta del procedimento,
considerate le osservazioni presentate:
– per la Lombard Ingatlan Lízing Zrt., da Cs. Tordai, ügyvéd;
– per il governo ungherese, da A. M. Pálfy e M. Z. Fehér, in qualità di agenti;
– per la Commissione europea, da V. Bottka, A. Sipos e M. Owsiany-Hornung, in qualità di agenti,
vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1 La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 90, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (GU 2006, L 347, pag. 1; in prosieguo: la «direttiva IVA»).
2 Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra la Lombard Ingatlan Lízing Zrt. (in prosieguo: la «Lombard») e la Nemzeti Adó-és Vámhivatal Fellebbviteli Igazgatósága (Direzione per le impugnazioni dell’Amministrazione nazionale delle imposte e delle dogane, Ungheria; in prosieguo: la «Direzione delle impugnazioni») in merito al rifiuto di quest’ultima di ammettere la rettifica di fatture cui aveva proceduto la Lombard al fine di ottenere una riduzione della base imponibile dell’imposta sul valore aggiunto (in prosieguo: l’«IVA») a seguito della risoluzione di diversi contratti di leasing a causa dell’inadempimento degli stessi da parte degli utilizzatori.
Contesto normativo
Diritto dell’Unione
3 L’articolo 73 della direttiva IVA prevede quanto segue:
«Per le cessioni di beni e le prestazioni di servizi diverse da quelle di cui agli articoli da 74 a 77, la base imponibile comprende tutto ciò che costituisce il corrispettivo versato o da versare al fornitore o al prestatore per tali operazioni da parte dell’acquirente, del destinatario o di un terzo, comprese le sovvenzioni direttamente connesse con il prezzo di tali operazioni».
4 L’articolo 90 di tale direttiva è del seguente tenore letterale:
«1. In caso di annullamento, recesso, risoluzione, non pagamento totale o parziale o riduzione di prezzo dopo il momento in cui si effettua l’operazione, la base imponibile è debitamente ridotta alle condizioni stabilite dagli Stati membri.
2. In caso di non pagamento totale o parziale, gli Stati membri possono derogare al paragrafo 1».
5 L’articolo 273 della medesima direttiva prevede:
«Gli Stati membri possono stabilire, nel rispetto della parità di trattamento delle operazioni interne e delle operazioni effettuate tra Stati membri da soggetti passivi, altri obblighi che essi ritengono necessari ad assicurare l’esatta riscossione dell’IVA e ad evitare le evasioni, a condizione che questi obblighi non diano luogo, negli scambi tra Stati membri, a formalità connesse con il passaggio di una frontiera.
Gli Stati membri non possono avvalersi della facoltà di cui al primo comma per imporre obblighi di fatturazione supplementari rispetto a quelli previsti al capo 3».
Diritto ungherese
6 L’articolo 77 dell’általános forgalmi adóról szóló 2007. évi CXXVII. törvény (legge n. CXXVII del 2007 in materia di imposta sul valore aggiunto), nella versione applicabile alla controversia principale, prevedeva quanto segue:
«(1) In caso di cessione di beni, di prestazione di servizi o di acquisti intracomunitari di beni, la base imponibile è ridotta a posteriori nella misura del corrispettivo che è stato rimborsato o che deve essere rimborsato a chi sia legittimato a percepirlo qualora, successivamente all’esecuzione dell’operazione,
a) in caso di invalidità dell’operazione,
aa) la situazione precedente alla conclusione dell’operazione sia ripristinata, o
ab) si dichiari che l’operazione, sebbene invalida, ha prodotto effetti durante tutto il periodo precedente all’adozione della decisione con cui è stata accertata tale invalidità, o
ac) l’operazione è dichiarata valida per il tramite dell’abolizione di un vantaggio sproporzionato;
b) nell’ipotesi di vizi nell’esecuzione dell’operazione:
ba) si eserciti il diritto alla risoluzione, o
bb) si eserciti il diritto a ottenere una riduzione del prezzo.
(2) La base imponibile sarà altresì oggetto di una riduzione a posteriori qualora:
a) siano rimborsati gli importi anticipati a causa della mancata esecuzione;
b) nel caso di beni costituiti in pegno, sia rimborsato l’importo versato in relazione a quest’ultimo.
(3) La base imponibile può essere ridotta a posteriori nel caso di una riduzione del prezzo che intervenga, in conformità all’articolo 71, paragrafo 1, lettere a) e b), successivamente all’effettuazione dell’operazione».
7 Il sistema dell’auto-rettifica costituisce l’oggetto dell’articolo 49 dell’adózás rendjéről szóló 2003. évi XCII. törvény (legge n. XCII del 2003 sul regime tributario), i cui paragrafi 1 e 3 sono formulati come segue:
«(1) Mediante una dichiarazione dello stesso soggetto passivo, quest’ultimo può rettificare l’imposta, la base imponibile dell’imposta – ad eccezione dei tributi che gravano su atti giuridici documentali o dei diritti pubblici – e gli aiuti di bilancio, tanto allorché sono stati oggetto di accertamento quanto allorché sono in attesa di riceverlo. Qualora il soggetto passivo, precedentemente all’inizio di un’ispezione da parte dell’autorità tributaria, riscontri di non avere calcolato conformemente a diritto l’imposta, la base imponibile o gli aiuti di bilancio, o quando la sua dichiarazione presenti errori in relazione alla base o all’importo dell’imposta o degli aiuti di bilancio a causa di errori di calcolo o di lapsus calami, questi può modificare la sua dichiarazione mediante l’auto-rettifica. Non si considera auto-rettifica il caso in cui il soggetto passivo presenti la sua dichiarazione in ritardo senza valida giustificazione, oppure quando l’autorità tributaria respinga la sua richiesta di proroga. Non è ammessa l’auto-rettifica nel caso in cui il soggetto passivo si sia avvalso, secondo diritto, delle possibilità di scelta riconosciute dalla legge e desideri effettuare un cambiamento delle stesse mediante auto-rettifica. Il soggetto passivo potrà fare valere successivamente benefici fiscali o beneficiare degli stessi mediante l’auto-rettifica.
(...)
(3) Mediante l’auto-rettifica è possibile correggere la base imponibile, l’imposta e gli aiuti di bilancio ai sensi delle norme vigenti al momento in cui è sorta l’obbligazione, entro il termine di prescrizione stabilito dalla legge per determinare l’imposta e in relazione al periodo d’imposta corrispondente all’imposta che deve essere rettificata. L’auto-rettifica comprende la determinazione della base imponibile, dell’imposta e degli aiuti di bilancio che si rendano noti successivamente e, quando la legge disponga in tal senso, del supplemento per l’auto-rettifica, la dichiarazione e il pagamento simultaneo della base imponibile rettificata, dell’imposta rettificata, degli aiuti di bilancio o del supplemento o, eventualmente, la richiesta di riduzione dell’imposta o di aiuti di bilancio. Non si considera auto-rettifica il caso in cui si debba rettificare l’imposta sul valore aggiunto in conseguenza della modifica di una decisione dell’autorità doganale di accertamento dell’imposta su beni importati. Nel caso in cui l’autorità doganale modifichi successivamente la propria decisione di accertamento dell’imposta su beni importati, si deve regolarizzare la modifica nella dichiarazione corrispondente al mese nel quale è stato effettuato il pagamento».
Procedimento principale e questioni pregiudiziali
8 La Lombard, società ungherese che presta servizi di locazione finanziaria, ha stipulato tre contratti di leasing finanziario con trasmissione definitiva della proprietà relativi a diversi beni immobili. Al momento dell’immissione nel possesso dei beni in questione, rispettivamente nei mesi di aprile 2006, febbraio 2007 e maggio 2008, tale società ha fatturato agli utilizzatori l’importo complessivo dei canoni del leasing, IVA compresa, con conseguente verificarsi del fatto generatore dell’IVA.
9 Nei mesi di novembre 2007, dicembre 2008 e novembre 2009, la Lombard ha risolto i contratti di leasing in questione a causa del mancato pagamento di una parte delle somme dovute ed ha recuperato i beni di cui trattasi. Di conseguenza, durante il 2010 e il 2011, la Lombard ha emesso fatture rettificative nelle quali ha ridotto, rispetto alle fatture iniziali, la base imponibile e ha dedotto la relativa differenza dall’IVA da pagare per i mesi di febbraio, di marzo e di maggio 2011.
10 Nell’ambito di un controllo delle dichiarazioni dell’IVA relative al periodo compreso fra gennaio e luglio 2011, l’autorità tributaria di primo grado ha accertato una differenza dell’onere fiscale a carico della Lombard, le ha inflitto una sanzione tributaria e una maggiorazione di mora.
11 La Direzione delle impugnazioni, su ricorso della Lombard, ha confermato tale decisione, affermando che, conformemente all’articolo 77 della legge n. CXXVII del 2007 in materia di imposta sul valore aggiunto, nella versione applicabile alla controversia principale, la riduzione della base imponibile sarebbe stata possibile solo a seguito di un’auto-rettifica. Tale condizione sarebbe conforme all’articolo 90, paragrafo 1, della direttiva IVA in quanto tale disposizione consente agli Stati membri di stabilire i requisiti in presenza dei quali è possibile ridurre la base imponibile. Comunque, sarebbe possibile far rientrare la risoluzione di un contratto per omesso o tardivo pagamento nella stessa ipotesi di mancato pagamento ai sensi dell’articolo 90, paragrafo 2, della direttiva IVA, che consente agli Stati membri di escludere la riduzione della base imponibile in una simile ipotesi.
12 Nel suo ricorso avverso la decisione della Direzione delle impugnazioni, la Lombard sostiene che, in caso di risoluzione di un contratto di cessione di beni, l’articolo 90, paragrafo 1, della direttiva IVA non consente agli Stati membri di negare il diritto alla riduzione della base imponibile. Infatti, ai fini dell’applicazione di tale disposizione la quale, inoltre, produrrebbe un effetto diretto, il motivo della risoluzione dei contratti in questione, cioè, nella specie, il mancato pagamento del corrispettivo, non sarebbe rilevante.
13 Il giudice del rinvio rileva a tale proposito che la Lombard ha stipulato contratti di leasing finanziario con trasmissione definitiva della proprietà i quali prevedevano che, alla loro scadenza, si sarebbe trasferito agli utilizzatori il diritto di proprietà dei beni di cui trattasi. Di conseguenza, tali operazioni costituivano una «cessione di beni» ai fini dell’IVA, che è divenuta esigibile alla data in cui tali beni sono materialmente entrati in possesso degli utilizzatori.
14 Inoltre, tale giudice illustra che, nel caso in cui l’utilizzatore non possa o non voglia continuare a pagare i canoni di leasing, l’operazione è risolta. In siffatti casi di contratti ad esecuzione successiva, non è possibile ripristinare la situazione esistente prima della celebrazione del negozio poiché si è verificata la cessione del diritto d’uso del bene oggetto di leasing e non vi può essere ritorno allo status quo ante; ciò nondimeno, in casi del genere le parti possono concordare che il contratto abbia prodotto effetti fino al momento in cui ha avuto luogo la risoluzione. Per quanto riguarda i contratti di leasing oggetto della controversia principale, vi è stata l’immissione nel possesso del bene di cui trattasi, sebbene dal punto di vista del diritto civile non vi sia stata trasmissione del diritto di proprietà.
15 A tale proposito, detto giudice ritiene che discenda dalla sentenza del 15 maggio 2014, Almos Agrárkülkereskedelmi (C-337/13, EU:C:2014:328, punto 28) che l’articolo 90 della direttiva IVA non osta a una norma nazionale che escluda la riduzione della base imponibile dell’IVA in caso di mancato pagamento del prezzo qualora venga applicata la deroga prevista al paragrafo 2 di detto articolo.
16 Ciò posto, il giudice del rinvio chiede se l’ipotesi in cui il concedente del leasing non possa più pretendere il pagamento del canone giacché ha risolto il contratto di leasing a causa dell’inadempimento dell’utilizzatore, sia riconducibile alla nozione di «risoluzione» di cui all’articolo 90, paragrafo 1, della direttiva IVA. Esso si questiona sulla possibilità che la deroga di cui all’articolo 90, paragrafo 2, di tale direttiva sia comunque applicabile.
17 Peraltro, il giudice del rinvio considera che le norme nazionali che disciplinano l’attuazione del diritto alla riduzione della base imponibile risultano in contrasto con il principio di neutralità dell’imposta. Infatti, esse imporrebbero un termine di prescrizione che non consentirebbe di tener conto della possibilità che intervenga una risoluzione del contratto di leasing di lunga durata successivamente alla scadenza di detto termine. In un’ipotesi simile, la parte di IVA fatturata, dichiarata e pagata che il concedente non abbia recuperato dall’utilizzatore costituirebbe per il primo un costo reale, il che sarebbe in contrasto con il principio stesso di neutralità dell’imposta.
18 Date tali circostanze, lo Szegedi Közigazgatási és Munkaügyi Bíróság (Tribunale amministrativo e del lavoro di Szeged, Ungheria) ha deciso di sospendere la decisione e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:
«1) Se la nozione di “risoluzione” di cui all’articolo 90, paragrafo 1, della direttiva IVA debba interpretarsi nel senso che essa include il caso in cui, nell’ambito di un contratto di leasing finanziario con trasmissione definitiva della proprietà, il concedente non possa più pretendere dall’utilizzatore il pagamento del canone di leasing poiché ha risolto detto contratto a causa dell’inadempimento contrattuale dell’utilizzatore.
2) In caso di risposta affermativa, se il [concedente] possa legittimamente ridurre la base imponibile, ai sensi dell’articolo 90, paragrafo 1, della direttiva IVA, anche nell’ipotesi in cui il legislatore nazionale, ricorrendo alla possibilità contemplata dall’articolo 90, paragrafo 2, della direttiva, non consenta la riduzione della base imponibile in caso di non pagamento totale o parziale».
Sulle questioni pregiudiziali
Sulla prima questione
19 Con la sua prima questione il giudice del rinvio chiede se alla nozione di «risoluzione» di cui all’articolo 90, paragrafo 1, della direttiva IVA, sia riconducibile l’ipotesi in cui, nel contesto di un contratto di leasing finanziario con trasmissione definitiva della proprietà, il concedente non possa più pretendere dall’utilizzatore il pagamento del canone di leasing giacché ha risolto detto contratto a causa dell’inadempimento contrattuale dell’utilizzatore.
20 Occorre rammentare che l’articolo 90, paragrafo 1, della direttiva IVA, prevede la riduzione della base imponibile in caso di annullamento, recesso, risoluzione, non pagamento totale o parziale o riduzione di prezzo dopo il momento in cui si effettua l’operazione.
21 A tale proposito, emerge da una consolidata giurisprudenza della Corte che le disposizioni del diritto dell’Unione devono essere interpretate e applicate in modo uniforme, alla luce delle versioni esistenti in tutte le lingue dell’Unione europea. In caso di difformità tra le diverse versioni linguistiche di un testo di diritto dell’Unione, la disposizione in questione dev’essere interpretata alla luce dell’economia generale e della finalità della normativa di cui essa costituisce un elemento (sentenza del 17 maggio 2017, ERGO Poist’ovňa, C-48/16, EU:C:2017:377, punto 37).
22 Per quanto riguarda i termini annullamento, recesso e risoluzione, occorre rilevare che la maggior parte delle versioni linguistiche di tale disposizione, tra cui quelle in lingua francese e in lingua tedesca, citano queste tre ipotesi, mentre altre, come le versioni in lingua inglese e ungherese, citano solo due ipotesi.
23 Come rilevato dalla Commissione europea, l’uso, nell’articolo 90, paragrafo 1, della direttiva IVA, dei termini annullamento, recesso, risoluzione, segnatamente nelle versioni in lingua tedesca e in lingua francese, può spiegarsi con la volontà di comprendere sia i casi di annullamento con effetto retroattivo (ex tunc) sia quelli con effetti futuri (ex nunc).
24 I termini «elállás» e «teljesítés meghiúsulása» che compaiono nella versione ungherese di tale articolo non ostano a una siffatta interpretazione in quanto essi fanno riferimento, rispettivamente, alla cessazione retroattiva di un contratto e al fallimento di una transazione.
25 Tale interpretazione dell’articolo 90, paragrafo 1, della direttiva IVA è conforme, in ogni caso, all’economia generale e alla finalità perseguite da tale disposizione.
26 Come emerge dalla giurisprudenza della Corte, nell’ipotesi che esso disciplina, l’articolo 90, paragrafo 1, della direttiva IVA, obbliga gli Stati membri a procedere alla riduzione della base imponibile e, quindi, dell’importo dell’IVA dovuta dal soggetto passivo ogniqualvolta che, successivamente alla conclusione di un’operazione, il corrispettivo non venga totalmente o parzialmente percepito dal soggetto passivo. Tale disposizione costituisce l’espressione di un principio fondamentale della direttiva IVA, secondo il quale la base imponibile è costituita dal corrispettivo realmente ricevuto e il cui corollario consiste nel fatto che l’amministrazione tributaria non può riscuotere a titolo di IVA un importo superiore a quello percepito dal soggetto passivo (v., in tal senso, sentenza del 15 maggio 2014, Almos Agrárkülkereskedelmi, C-337/13, EU:C:2014:328, punto 22).
27 Tuttavia, il paragrafo 2 di detto articolo 90 consente agli Stati membri di derogare a tale norma in caso di mancato pagamento, totale o parziale, del prezzo della transazione (sentenza del 15 maggio 2014, Almos Agrárkülkereskedelmi, C-337/13, EU:C:2014:328, punto 23).
28 Tale facoltà di deroga, strettamente limitata all’ipotesi di mancato pagamento, totale o parziale, del prezzo della transazione, si fonda sull’assunto che, in presenza di talune circostanze ed in ragione della situazione giuridica esistente nello Stato membro interessato, il mancato pagamento del corrispettivo può essere difficile da accertare o essere solamente provvisorio (v., per analogia, sentenza del 3 luglio 1997, Goldsmiths, C-330/95, EU:C:1997:339, punto 18).
29 Infatti, contrariamente alla risoluzione o all’annullamento del contratto, la situazione del mancato pagamento del prezzo di acquisto non pone le parti nella loro situazione iniziale. Se il mancato pagamento totale o parziale del prezzo di acquisto si verifica senza che vi sia stata risoluzione o annullamento del contratto, l’acquirente resta debitore del prezzo convenuto e il venditore, per quanto non più proprietario del bene, dispone sempre in linea di principio del suo credito, che può far valere in sede giurisdizionale. Poiché non può essere escluso, tuttavia, che un siffatto credito divenga di fatto definitivamente irrecuperabile, il legislatore dell’Unione ha inteso lasciare a ciascuno Stato membro la scelta di determinare se la situazione di mancato pagamento del prezzo di acquisto attribuisca diritto alla riduzione della base imponibile nell’importo dovuto alle condizioni che esso stabilisce, o se siffatta riduzione non sia ammessa in tale situazione (sentenza del 15 maggio 2014, Almos Agrárkülkereskedelmi, C-337/13, EU:C:2014:328, punto 25).
30 Emerge da quanto precede che il mancato pagamento è caratterizzato da un’incertitudine implicita nella sua natura non definitiva.
31 Per contro, i termini annullamento, recesso e risoluzione, contenuti nell’articolo 90, paragrafo 1, della direttiva IVA, si riferiscono a situazioni nelle quali, a seguito di un annullamento con effetto retroattivo o di una risoluzione, che produce effetti solo futuri, l’obbligo di un debitore di saldare il suo debito è completamente estinto o bloccato ad un livello definitivamente determinato, con le conseguenze che ne discendono per il creditore.
32 A tale proposito, emerge dalla decisione di rinvio che, nella causa principale, una parte ad un contratto di leasing finanziario con trasmissione definitiva della proprietà ha irrevocabilmente posto fine a tale contratto che è stato risolto. Di conseguenza, i beni oggetto del leasing sono tornati in possesso del concedente che non poteva più richiedere il pagamento del canone all’utilizzatore e quest’ultimo non ha acquisito la proprietà di tali beni. Peraltro, non emerge dagli elementi sottoposti alla Corte che la realtà di tali transazioni sia stata messa in discussione.
33 Nei limiti in cui una siffatta situazione è caratterizzata dalla riduzione definitiva del corrispettivo inizialmente dovuto da una parte ad un contratto, essa non può essere qualificata come «non pagamento» ai sensi dell’articolo 90, paragrafo 2, della direttiva IVA, bensì costituisce un annullamento, un recesso o una risoluzione ai sensi del paragrafo 1, di tale articolo.
34 Alla luce di quanto suesposto occorre rispondere alla prima questione dichiarando che le nozioni di «annullamento», «recesso» e «risoluzione» di cui all’articolo 90, paragrafo 1, della direttiva IVA, devono essere interpretate nel senso che esse comprendono l’ipotesi in cui, nel contesto di un contratto di leasing finanziario con trasmissione definitiva della proprietà, il concedente non possa più richiedere all’utilizzatore il pagamento del canone di leasing giacché ha risolto detto contratto a causa dell’inadempimento contrattuale dell’utilizzatore.
Sulla seconda questione
35 Con la sua seconda questione, il giudice del rinvio chiede, sostanzialmente, se, nel caso in cui sia stato posto definitivamente fine ad un contratto di leasing finanziario per l’omesso pagamento dei canoni dovuti dall’utilizzatore, il concedente possa sollevare l’articolo 90, paragrafo 1, della direttiva IVA nei confronti di uno Stato membro per ottenere la riduzione della base imponibile dell’IVA nonostante il diritto nazionale applicabile, da un lato, qualifichi un caso simile come «non pagamento» ai sensi del paragrafo 2 di tale articolo e, dall’altro, non consenta di procedere alla riduzione della base imponibile in caso di mancato pagamento.
36 Occorre rammentare che, secondo una costante giurisprudenza della Corte, in tutti i casi in cui le disposizioni di una direttiva appaiono, dal punto di vista sostanziale, incondizionate e sufficientemente precise, i singoli possono farle valere dinanzi ai giudici nazionali nei confronti dello Stato, sia che questo non abbia recepito tempestivamente la direttiva sia che l’abbia recepita in modo non corretto. Una disposizione del diritto dell’Unione è incondizionata se sancisce un obbligo non soggetto ad alcuna condizione né subordinato, per quanto riguarda la sua osservanza o i suoi effetti, all’emanazione di alcun atto da parte delle istituzioni dell’Unione o degli Stati membri (v. sentenza del 15 maggio 2014, Almos Agrárkülkereskedelmi, C-337/13, EU:C:2014:328, punti 31 e 32).
37 Nella fattispecie, l’articolo 90, paragrafo 1, della direttiva IVA prevede che, nei casi in esso contemplati, la base imponibile sia ridotta nella debita misura in pendenza delle condizioni determinate dagli Stati membri.
38 Se tale articolo concede quindi agli Stati membri un certo margine discrezionale allorché essi fissano le misure che consentono di stabilire l’importo della riduzione, tale circostanza non pregiudica, tuttavia, il carattere preciso e incondizionato dell’obbligo di ammettere la riduzione della base imponibile nei casi previsti da detto articolo. Quest’ultimo soddisfa pertanto le condizioni per produrre un effetto diretto (sentenza del 15 maggio 2014, Almos Agrárkülkereskedelmi, C-337/13, EU:C:2014:328, punto 34).
39 È indubbio che, come rammentato al punto 27 della presente sentenza, il paragrafo 2 di tale articolo 90 consente agli Stati membri di derogare alla norma summenzionata in caso di mancato pagamento totale o parziale del prezzo della transazione. I soggetti d’imposta non possono, pertanto, far valere, sulla base dell’articolo 90, paragrafo 1, della direttiva IVA, un diritto alla riduzione della loro base imponibile dell’IVA in caso di mancato pagamento del prezzo, qualora lo Stato membro interessato abbia inteso applicare la deroga prevista all’articolo 90, paragrafo 2, di tale direttiva (v. sentenza del 15 maggio 2014, Almos Agrárkülkereskedelmi, C-337/13, EU:C:2014:328, punto 23).
40 Tuttavia, come emerge dai punti da 29 a 33 della presente sentenza, un atto di risoluzione con il quale una parte di un contratto di leasing finanziario con trasmissione definitiva della proprietà ha posto definitivamente fine a tale contratto implica la riduzione definitiva del credito inizialmente previsto a carico dell’utilizzatore. Un siffatto atto non potrebbe essere qualificato come «non pagamento» ai sensi dell’articolo 90, paragrafo 2, della direttiva IVA, bensì costituisce un annullamento, un recesso o una risoluzione ai sensi del paragrafo 1 di questo articolo.
41 Peraltro, quanto alla questione che si pone il giudice del rinvio relativamente alle formalità cui può essere sottoposto l’esercizio di tale diritto alla riduzione della base imponibile, occorre ricordare che, in forza dell’articolo 273 della direttiva IVA, gli Stati membri possono prevedere gli obblighi che essi considerano necessari per garantire l’esatta riscossione dell’IVA e per evitare l’evasione, a condizione, in particolare, che tale facoltà non venga utilizzata per imporre obblighi di fatturazione supplementari rispetto a quelli fissati al capo 3 di tale direttiva (sentenza del 15 maggio 2014, Almos Agrárkülkereskedelmi, C-337/13, EU:C:2014:328, punto 36).
42 Dato che, al di là dei limiti da esse fissati, le disposizioni di cui agli articoli 90, paragrafo 1, e 273 della direttiva IVA non precisano né le condizioni né gli obblighi che gli Stati membri possono prevedere, è giocoforza constatare che tali disposizioni conferiscono a questi ultimi un margine discrezionale, in particolare, quanto alle formalità che i soggetti d’imposta devono soddisfare dinanzi alle autorità tributarie di detti Stati, allo scopo di effettuare una riduzione della base imponibile (sentenza del 15 maggio 2014, Almos Agrárkülkereskedelmi, C-337/13, EU:C:2014:328, punto 37).
43 Risulta tuttavia dalla giurisprudenza della Corte che i provvedimenti diretti ad evitare frodi o evasioni fiscali possono derogare, in linea di principio, al rispetto delle regole relative alla base imponibile soltanto nei limiti strettamente necessari per raggiungere tale specifico obiettivo. Essi devono, infatti, pregiudicare il meno possibile gli obiettivi e i principi della direttiva IVA e non possono, pertanto, essere utilizzati in modo da rimettere in discussione la neutralità dell’IVA (sentenza del 15 maggio 2014, Almos Agrárkülkereskedelmi, C-337/13, EU:C:2014:328, punto 38).
44 Occorre di conseguenza che le formalità che i soggetti d’imposta devono adempiere per esercitare, dinanzi alle autorità tributarie, il diritto di effettuare una riduzione della base imponibile dell’IVA siano limitate a quelle che consentano di dimostrare che, successivamente alla conclusione dell’operazione, una parte o la totalità del corrispettivo non sarà definitivamente percepita. Spetta al riguardo ai giudici nazionali verificare che ciò accada riguardo alle formalità richieste dallo Stato membro interessato (sentenza del 15 maggio 2014, Almos Agrárkülkereskedelmi, C-337/13, EU:C:2014:328, punto 39).
45 Alla luce di tutte le considerazioni suesposte, occorre rispondere alla seconda questione dichiarando che nell’ipotesi in cui sia stato posto definitivamente fine ad un contratto di leasing a seguito del mancato pagamento dei canoni dovuti dall’utilizzatore, il concedente può sollevare l’articolo 90, paragrafo 1, della direttiva IVA nei confronti di uno Stato membro per ottenere la riduzione della base imponibile dell’IVA nonostante il diritto nazionale applicabile, da un lato, qualifichi una siffatta ipotesi come «non pagamento» ai sensi del paragrafo 2 di tale articolo e, dall’altro, non consenta alcuna riduzione della base imponibile in caso di mancato pagamento.
Sulle spese
46 Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.
Per questi motivi, la Corte (Sesta Sezione) dichiara:
1) Le nozioni di «annullamento», «recesso» e «risoluzione» di cui all’articolo 90, paragrafo 1, della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, devono essere interpretate nel senso che esse comprendono l’ipotesi in cui, nel contesto di un contratto di leasing finanziario con trasmissione definitiva della proprietà, il concedente non possa più richiedere all’utilizzatore il pagamento del canone di leasing giacché ha risolto detto contratto a causa dell’inadempimento contrattuale dell’utilizzatore.
2) Nell’ipotesi in cui sia stato posto definitivamente fine ad un contratto di leasing a seguito del mancato pagamento dei canoni dovuti dall’utilizzatore, il concedente può sollevare l’articolo 90, paragrafo 1, della direttiva 2006/112 nei confronti di uno Stato membro per ottenere la riduzione della base imponibile dell’imposta sul valore aggiunto nonostante il diritto nazionale applicabile, da un lato, qualifichi una siffatta ipotesi come «non pagamento» ai sensi del paragrafo 2 di tale articolo e, dall’altro, non consenta alcuna riduzione della base imponibile in caso di mancato pagamento.
Firme
* Lingua processuale: l’ungherese.