SENTENZA DELLA CORTE (Prima Sezione)
28 febbraio 2018 (*)
«Rinvio pregiudiziale – Aiuti di Stato – Regolamento (CE) n. 1998/2006 – Articolo 35 TFUE – Aiuto “de minimis” sotto forma di agevolazione fiscale – Normativa nazionale che esclude dal beneficio di tale agevolazione fiscale gli investimenti nella fabbricazione di prodotti destinati all’esportazione»
Nella causa C-518/16,
avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Sofiyski gradski sad (Tribunale di Sofia, Bulgaria), con decisione del 26 settembre 2016, pervenuta in cancelleria il 4 ottobre 2016, nel procedimento
«ZPT» AD
contro
Narodno sabranie na Republika Bulgaria,
Varhoven Administrativen Sad,
Natsionalna agentsia za prihodite,
LA CORTE (Prima Sezione),
composta da R. Silva de Lapuerta, presidente di sezione, C.G. Fernlund, J.-C. Bonichot (relatore), A. Arabadjiev ed E. Regan, giudici,
avvocato generale: M. Wathelet
cancelliere: M. Aleksejev, amministratore
vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 18 ottobre 2017,
considerate le osservazioni presentate:
– per la «ZPT» AD, da M. Ekimdzhiev e K. Boncheva, advokati;
– per il Narodno sabranie na Republika Bulgaria, da T. Tsacheva, in qualità di agente;
– per il Varhoven administrativen sad, da G. Kolev e M. Semov, in qualità di agenti;
– per la Natsionalna agentsia za prihodite, da B. Atanasov e I. Kirova, in qualità di agenti;
– per il governo bulgaro, da E. Petranova e L. Zaharieva, in qualità di agenti;
– per il governo ellenico, da S. Charitaki e S. Papaioannou, in qualità di agenti;
– per il governo italiano, da G. Palmieri, in qualità di agente, assistita da C. Colelli, avvocato dello Stato;
– per la Commissione europea, da L. Armati, P. Mihaylova ed E. Manhaeve, in qualità di agenti,
sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 29 novembre 2017,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1 La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sulla validità, ai sensi dell’articolo 35 TFUE, dell’articolo 1, paragrafo 1, lettera d), del regolamento n. 1998/2006 della Commissione, del 15 dicembre 2006, relativo all’applicazione degli articoli [107 e 108 TFUE] agli aiuti d’importanza minore («de minimis») (GU 2006, L 379, pag. 5), nonché sull’interpretazione di tale disposizione.
2 Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra la «ZPT» AD, da un lato, e il Narodno sabranie na Republika Bulgaria (Assemblea nazionale della Repubblica di Bulgaria), il Varhoven administrativen sad (Corte suprema amministrativa, Bulgaria) e la Natsionalna agentsia za prihodite (Agenzia nazionale delle entrate, Bulgaria), dall’altro, in ordine ad una domanda di risarcimento basata su una violazione delle disposizioni di cui all’articolo 1, paragrafo 1, lettera d), del regolamento n. 1998/2006.
Contesto normativo
Diritto dell’Unione
3 Il regolamento (CE) n. 994/98 del Consiglio, del 7 maggio 1998, sull’applicazione degli articoli [107 e 108 TFUE] a determinate categorie di aiuti di stato orizzontali (GU 1998, L 142, pag. 1), ha in particolare abilitato la Commissione europea a fissare con regolamento un massimale sotto il quale si ritiene che taluni aiuti, detti «de minimis», non soddisfino tutti i criteri di cui all’articolo 107, paragrafo 1, TFUE e non siano soggetti, pertanto, alla procedura di notifica alla Commissione, prevista all’articolo 108 TFUE.
4 Alla data dei fatti di cui al procedimento principale, le disposizioni sull’adozione di aiuti de minimis comparivano nel regolamento n. 1998/2006, il cui articolo 1, paragrafo 1, era redatto come segue:
«Il presente regolamento si applica agli aiuti concessi alle imprese di qualsiasi settore, ad eccezione dei seguenti aiuti:
(…)
d) aiuti ad attività connesse all’esportazione verso paesi terzi o Stati membri, ossia aiuti direttamente collegati ai quantitativi esportati, alla costituzione e gestione di una rete di distribuzione o ad altre spese correnti connesse con l’attività d’esportazione;
(…)».
5 L’articolo 2 del regolamento medesimo così disponeva:
«1. Gli aiuti che soddisfano le condizioni stabilite nei paragrafi da 2 a 5 del presente articolo devono considerarsi come aiuti che non corrispondono a tutti i criteri dell’articolo [107, paragrafo 1, TFUE] e non sono pertanto soggetti all’obbligo di notifica di cui all’articolo [108, paragrafo 3, TFUE].
2. L’importo complessivo degli aiuti «de minimis» concessi ad una medesima impresa non deve superare i 200 000 [euro] nell’arco di tre esercizi finanziari. (…) Tali massimali si applicano a prescindere dalla forma dell’aiuto “de minimis” o dall’obiettivo perseguito (…)».
(…)».
Diritto bulgaro
6 L’articolo 182, paragrafo 2, dello Zakon za korporativnoto podohodno oblagane (legge relativa all’imposta sulle società), nella sua versione applicabile ai fatti di cui al procedimento principale, così dispone:
«Il vantaggio fiscale costituente un aiuto “de minimis” non si applica:
(…)
7) agli investimenti in beni impiegati per attività connesse all’esportazione verso paesi terzi o Stati membri.
(…)».
7 L’articolo 184 della legge relativa all’imposta sulle società enuncia:
«I soggetti passivi sono integralmente esentati dall’imposta sulle società dovuta sull’utile imponibile derivante dalle attività di produzione realizzate, compresa la produzione per conto terzi, quando sono soddisfatte tutte le seguenti condizioni:
1) il soggetto passivo svolge attività produttiva soltanto in comuni il cui tasso di disoccupazione, nell’anno precedente a quello in corso, superava di almeno il 35% il tasso medio di disoccupazione in Bulgaria nello stesso periodo;
2) quando sussistono i presupposti di cui:
a) all’articolo 188 in caso di aiuto de minimis.
(…)».
8 L’articolo 188 della medesima legge prevede quanto segue:
«1. Un’agevolazione fiscale costituisce un aiuto “de minimis” se l’importo degli aiuti “de minimis” percepiti dal soggetto passivo negli ultimi tre anni, compreso l’anno in corso, a prescindere dalla forma e dalla fonte, non supera il controvalore in [lev bulgari (BGN)] di EUR 200 000 (…)
2. Le risorse soggette all’esenzione di cui all’articolo 184 devono essere investite in beni durevoli materiali o immateriali in conformità con la normativa in materia di contabilità entro quattro anni dall’inizio dell’anno in cui si applica l’esenzione.
(…)».
Procedimento principale e questioni pregiudiziali
9 La ZPT, società di diritto bulgaro, esercita tre attività di produzione tecnicamente autonome in impianti separati, cioè un’attività di produzione di tubature, di tubi profilati e tondi, di profilati a freddo e ripiegati e di dispositivi di protezione per strade in acciaio, un’attività di zincatura a caldo di singole componenti e un’attività di zincatura elettrolitica o zincatura a freddo di singole componenti.
10 Nella sua dichiarazione fiscale annuale per il 2008, la ZPT ha indicato che intendeva beneficiare di un’esenzione dall’imposta sulle società ai sensi dell’articolo 184 della legge relativa all’imposta sulle società per un importo pari a BGN 140 677,51 (circa EUR 70 000).
11 Con un avviso di accertamento del 5 marzo 2010, tale esenzione di imposta non è stata ammessa in quanto gli investimenti per i quali la ZPT intendeva beneficiarne erano stati realizzati in impianti in cui erano fabbricati prodotti destinati ad essere esportati, alla luce del fatto che tali investimenti erano esclusi dal beneficio dell’esenzione suddetta ai sensi dell’articolo 182, paragrafo 2, punto 7, della legge relativa all’imposta sulle società.
12 Il 21 maggio 2010 la ZPT ha proposto un ricorso avverso tale avviso di accertamento dinanzi all’Administrativen sad – grad Burgas (Tribunale amministrativo di Burgas, Bulgaria). Con decisione del 12 gennaio 2011, tale giudice ha annullato l’avviso di accertamento, ritenendo che il diniego dell’esenzione fiscale non fosse giustificato, dato che l’attività autonoma di elettrozincatura di singole componenti in cui la ZPT dichiarava di voler effettuare gli investimenti richiesti non aveva dato luogo ad alcuna esportazione e non era scaduto il termine di quattro anni entro il quale essa poteva investire gli importi corrispondenti all’esenzione.
13 Con sentenza del 27 dicembre 2011, pronunciata in sede di impugnazione e passata in giudicato, il Varhoven administrativen sad (Corte suprema amministrativa) ha annullato tale sentenza e ha respinto il ricorso proposto dalla ZPT contro l’avviso di accertamento del 5 marzo 2010. Avendo constatato che erano stati effettuati investimenti nell’impianto di zincatura a caldo i cui prodotti erano destinati all’esportazione, tale giudice ha dichiarato che non era stato rispettato il requisito previsto all’articolo 182, paragrafo 2, punto 7, della legge relativa all’imposta sulle società, relativo all’investimento in beni patrimoniali non connessi all’esportazione verso paesi terzi o Stati membri e che, pertanto, l’esenzione fiscale doveva essere considerata un aiuto di Stato avente l’effetto di falsare la concorrenza nel mercato interno.
14 La ZPT evoca dinanzi al Sofiyski gradski sad (Tribunale della città di Sofia, Bulgaria) la responsabilità dell’Assemblea nazionale della Repubblica di Bulgaria, del Varhoven administrativen sad (Corte suprema amministrativa) e dell’Agenzia nazionale delle entrate in base ad asserite violazioni del diritto dell’Unione commesse da tali istituzioni. Essa sostiene di avere diritto a un risarcimento pari all’importo dell’esenzione fiscale che le è stata negata, aumentato degli interessi.
15 Il Sofiyski gradski sad (Tribunale di Sofia) s’interroga in merito alla compatibilità della restrizione prevista dal legislatore nazionale all’articolo 182, paragrafo 2, punto 7, della legge relativa all’imposta sulle società, con l’articolo 1, paragrafo 1, lettera d), del regolamento n. 1998/2006.
16 In tale contesto, il Sofiyski gradski sad (Tribunale di Sofia) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:
«1) Se disposizioni di attuazione del diritto dell’Unione come il regolamento n. 1998/2006 abbiano efficacia diretta e applicazione immediata e, in caso affermativo, se violi i suddetti principi una disposizione del legislatore nazionale che riduce o limita l’ambito di applicazione della disposizione di diritto dell’Unione.
2) Se un aiuto di Stato sotto forma di agevolazione fiscale sia compatibile con la concorrenza nel mercato interno quando l’aiuto è investito in beni patrimoniali impiegati per la fabbricazione di prodotti che sono esportati in parte in paesi terzi o in Stati membri.
3) Se la fabbricazione di prodotti destinati all’esportazione mediante l’impiego di beni strumentali acquistati con aiuti di Stato costituisca un’attività, a norma dell’articolo 1, paragrafo 1, lettera d), del regolamento 1998/2006, direttamente collegata ai quantitativi esportati. In caso di risposta negativa alla questione in parola, se gli Stati possano prevedere nel diritto nazionale restrizioni aggiuntive per l’esportatore di prodotti fabbricati utilizzando beni derivanti dall’investimento di un’agevolazione fiscale. In caso di risposta affermativa alla questione, quale sia il rapporto tra la suddetta disposizione e l’articolo 35 TFUE in materia di divieto di restrizioni quantitative all’esportazione e di qualsiasi misura di effetto equivalente fra gli Stati membri e se sussistano una discriminazione e una violazione della libera circolazione delle merci.
4) Se in base all’articolo 1 del regolamento n. 1998/2006 sia possibile negare a una persona giuridica il riconoscimento di un diritto a un aiuto finanziario “de minimis” derivante dal diritto dell’Unione prima che sia decorso il termine di quattro anni fissato nella [normativa] nazionale ed entro il quale deve essere compiuto l’investimento, per il solo fatto che la persona interessata nel corso del suddetto periodo ha investito risorse anche in altre strutture autonome e separate della sua impresa che effettuano esportazioni».
Sulle questioni pregiudiziali
Sulla ricevibilità
17 Il Varhoven administrativen sad (Corte suprema amministrativa) contesta la ricevibilità della domanda di pronuncia pregiudiziale.
18 In primo luogo, tale giudice non la considera né rilevante né necessaria, dato che il giudice del rinvio deve soltanto pronunciarsi riguardo all’esistenza di una violazione manifesta del diritto dell’Unione e di un nesso di causalità tra tale asserita violazione e i danni fatti valere.
19 A tal riguardo, va ricordato che, secondo una giurisprudenza costante della Corte, le questioni relative all’interpretazione del diritto dell’Unione sottoposte dal giudice nazionale nel contesto di fatto e di diritto che egli individua sotto la propria responsabilità, del quale non spetta alla Corte verificare l’esattezza, godono di una presunzione di rilevanza. Il rifiuto, da parte della Corte, di pronunciarsi su una domanda proposta da un giudice nazionale è possibile soltanto qualora appaia in modo manifesto che l’interpretazione del diritto dell’Unione richiesta non ha alcun rapporto con l’effettività o con l’oggetto della causa principale, qualora la questione sia di tipo ipotetico o, ancora, qualora la Corte non disponga degli elementi di fatto e di diritto necessari per rispondere in modo utile alle questioni che le sono sottoposte (v., in particolare, sentenza del 22 settembre 2016, Breitsamer e Ulrich, C-113/15, EU:C:2016:718, punto 33).
20 Nel caso di specie, si deve constatare che, nella controversia principale, la ZPT evoca la responsabilità dello Stato bulgaro per una decisione del Varhoven administrativen sad (Corte suprema amministrativa) e per asserite violazioni del diritto dell’Unione ascrivibili all’Assemblea nazionale della Repubblica di Bulgaria e all’Agenzia nazionale delle entrate. Orbene, con le sue questioni, il giudice del rinvio mira per la precisione a stabilire se le disposizioni nazionali di cui trattasi nel procedimento principale abbiano violato le norme del diritto dell’Unione in materia di aiuti di Stato o di libera circolazione delle merci. In tal contesto, la presente domanda di pronuncia pregiudiziale non può essere considerata manifestamente priva di rilevanza.
21 In secondo luogo, il Varhoven administrativen sad (Corte suprema amministrativa) sostiene che, con la sua domanda di pronuncia pregiudiziale, il giudice del rinvio mira a ottenere il riesame di una decisione nazionale rivestita dell’autorità del giudicato e che non può essere più posta in discussione, neppure per rimediare a una violazione del diritto dell’Unione. Per lo stesso motivo, tale domanda non avrebbe carattere pregiudiziale.
22 Va osservato, da una parte, che tale argomento si riferisce al merito della domanda di pronuncia pregiudiziale e non alla sua ricevibilità. Dall’altra, un procedimento inteso a far dichiarare la responsabilità dello Stato non ha lo stesso oggetto e non coinvolge necessariamente le stesse parti del procedimento che ha dato luogo alla decisione che ha acquisito l’autorità della cosa definitivamente giudicata. Ne deriva che il principio dell’autorità della cosa definitivamente giudicata non osta al riconoscimento del principio della responsabilità dello Stato per la decisione di un organo giurisdizionale di ultimo grado (sentenza del 30 settembre 2003, Köbler, C-224/01, EU:C:2003:513, punti 39 e 40).
23 In terzo luogo, il rinvio pregiudiziale violerebbe l’autonomia procedurale dei giudici bulgari e le regole di ripartizione della competenza giurisdizionale fissate dalla costituzione bulgara, dato che i giudici civili, tra i quali rientra il giudice del rinvio, non sono competenti a constatare l’irregolarità di una decisione emanata dai giudici amministrativi.
24 Tuttavia, dal principio dell’autonomia procedurale deriva che, in assenza di una disciplina dell’Unione, spetta all’ordinamento giuridico di ciascuno Stato membro designare il giudice competente a risolvere le controversie relative al risarcimento di una violazione del diritto dell’Unione derivante da una decisione del giudice nazionale che statuisce in ultima istanza (sentenza del 30 settembre 2003, Köbler, C-224/01, EU:C:2003:513, punto 59). In tale contesto, non spetta alla Corte pronunciarsi sulla questione consistente nello stabilire quale sia il giudice competente a conoscere di un’azione di accertamento della responsabilità, come quella portata dinanzi al giudice del rinvio (sentenza del 23 novembre 2017, CHEZ Electro Bulgaria e Frontex International, C-427/16 e C-428/16, EU:C:2017:890, punto 30).
25 In quarto luogo, il Varhoven administrativen sad (Corte suprema amministrativa) ha formulato, in base all’articolo 94 del regolamento di procedura della Corte, diverse censure relative all’imprecisione, ovvero all’inesattezza, in fatto e in diritto, della domanda di pronuncia pregiudiziale, alla mancanza di un suo nesso con la controversia principale e al suo difetto di motivazione.
26 Innanzitutto, la domanda di pronuncia pregiudiziale non conterrebbe l’esposizione dei dati fattuali su cui è basata, in violazione dell’articolo 94 del regolamento di procedura, e snaturerebbe anche, nella sua quarta questione, i fatti del procedimento principale. Occorre rilevare che la decisione di rinvio contiene un’esposizione molto dettagliata dei fatti di cui al procedimento principale. Quanto all’asserito snaturamento dei fatti, essa riproduce in realtà un dibattito relativo alla qualificazione giuridica degli stabilimenti della ZPT, che rientra nella competenza esclusiva del giudice del rinvio e non incide sulle soluzioni da fornire alle questioni rivolte alla Corte.
27 Inoltre, se è vero che la formulazione della prima questione non ricorda di per sé con precisione le disposizioni nazionali di cui trattasi né il problema sollevato dalla loro combinazione con il regolamento n. 1998/2006, la decisione di rinvio contiene, per contro, tutti i chiarimenti necessari al riguardo.
28 Peraltro, è pur vero che la seconda questione, riguardante la compatibilità di un aiuto di Stato a favore di prodotti esportati con la concorrenza nel mercato interno, è formulata in termini imprecisi. Tuttavia, spetta alla Corte, se necessario, per fornire una risposta utile, riformulare le questioni che le sono sottoposte (v., in particolare, sentenza del 17 dicembre 2015, Szemerey, C-330/14, EU:C:2015:826, punto 30).
29 Al riguardo, il giudice del rinvio chiede, con la seconda questione, in qual misura il principio di libera circolazione delle merci osti ad un aiuto, anche de minimis, a favore dei prodotti esportati. Poiché deriva da costante giurisprudenza che il diritto derivato dev’essere interpretato, nei limiti del possibile, compatibilmente con il diritto primario dell’Unione, il principio di libera circolazione delle merci può influenzare l’interpretazione dell’articolo 1, paragrafo 1, lettera d), del regolamento n. 1998/2006 che è oggetto delle altre questioni.
30 Il Varhoven administrativen sad (Corte suprema amministrativa) fa poi giustamente osservare che il giudice del rinvio non espone in modo esplicito le ragioni per le quali esso s’interroga sulla validità dell’articolo 1, paragrafo 1, lettera d), del regolamento n. 1998/2006 alla luce dell’articolo 35 TFUE nella terza parte della terza questione. Tuttavia, tali ragioni possono essere semplicemente dedotte dalle altre questioni pregiudiziali. È infatti sicuramente utile per il giudice nazionale sapere se la disposizione di diritto derivato di cui esso chiede l’interpretazione alla Corte, per valutare la legittimità delle disposizioni nazionali di cui trattasi, non sia invalida alla luce dell’articolo 35 TFUE.
31 Infine, il Varhoven administrativen sad (Corte suprema amministrativa) considera di non potersi costituire come convenuto in un procedimento per il risarcimento di un danno derivante da un’asserita violazione del diritto dell’Unione che esso stesso avrebbe compiuto, senza che siano travisati il principio della separazione dei poteri, il requisito di indipendenza e imparzialità del giudice e il rispetto delle competenze e della gerarchia della magistratura, fissati dalla costituzione bulgara.
32 Occorre ricordare che, in forza dell’articolo 23, secondo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea e dell’articolo 96, paragrafo 1, lettera a), del regolamento di procedura, sono segnatamente autorizzate a presentare osservazioni dinanzi alla Corte, nell’ambito di un procedimento pregiudiziale, le parti della controversia principale. Orbene, la qualità di parti nel procedimento principale, in forza della quale il Varhoven administrativen sad (Corte suprema amministrativa) è stato invitato a presentare le sue osservazioni nell’ambito del presente procedimento, ricade nella sola valutazione del giudice nazionale alla luce delle disposizioni di diritto interno. In ogni caso, non sussiste alcun obbligo a carico delle parti della controversia principale di presentare osservazioni dinanzi alla Corte nell’ambito del procedimento pregiudiziale.
33 Ciò posto, la domanda di pronuncia pregiudiziale è ricevibile.
Nel merito
Sulla terza parte della terza questione
34 Con la terza parte della terza questione, il giudice del rinvio chiede in sostanza se l’articolo 1, paragrafo 1, lettera d), del regolamento n. 1998/2006 sia invalido alla luce dell’articolo 35 TFUE.
35 Ai sensi dell’articolo 107 TFUE, «sono incompatibili con il mercato interno, nella misura in cui incidano sugli scambi tra Stati membri, gli aiuti concessi dagli Stati, ovvero mediante risorse statali, sotto qualsiasi forma che, favorendo talune imprese o talune produzioni, falsino o minaccino di falsare la concorrenza». L’articolo 108, paragrafo 3, TFUE stabilisce che «alla Commissione devono essere comunicati, in tempo utile perché presenti le sue osservazioni, i progetti diretti a istituire o modificare aiuti».
36 Tuttavia, conformemente all’articolo 109 TFUE, il Consiglio dell’Unione europea è autorizzato a stabilire tutti i regolamenti utili a fissare, in particolare, le condizioni d’applicazione dell’articolo 108, paragrafo 3, TFUE e le categorie di aiuti che sono dispensate dalla procedura prevista in quest’ultima disposizione (v., in tal senso, sentenza del 21 luglio 2016, Dilly’s Wellnesshotel, C-493/14, EU:C:2016:577, punto 33). Pertanto, il regolamento n. 994/98 ha abilitato la Commissione a fissare, mediante regolamento, un massimale sotto il quale gli aiuti non vanno soggetti alla procedura di notifica alla Commissione prevista all’articolo 108 TFUE.
37 Con il regolamento n. 1998/2006, la Commissione ha fissato a EUR 200 000 su un periodo di tre anni il massimale sotto il quale si considera che gli aiuti di Stato non incidano sensibilmente sugli scambi tra gli Stati membri e non debbano conseguentemente esserle notificati. Tale regolamento esclude, tuttavia, da tale regime talune categorie di aiuti e, in particolare, in forza del suo articolo 1, paragrafo 1, lettera d), gli «aiuti ad attività connesse all’esportazione verso paesi terzi o Stati membri, ossia aiuti direttamente collegati ai quantitativi esportati, alla costituzione e gestione di una rete di distribuzione o ad altre spese correnti connesse con l’attività d’esportazione».
38 L’articolo 35 TFUE vieta le restrizioni quantitative all’esportazione fra gli Stati membri, nonché qualsiasi misura di effetto equivalente.
39 La valutazione della compatibilità dell’articolo 1, paragrafo 1, lettera d), del regolamento n. 1998/2006 su queste ultime disposizioni esige tre osservazioni preliminari.
40 In primo luogo, il divieto delle restrizioni quantitative all’esportazione e delle misure di effetto equivalente si impone tanto alle autorità dell’Unione quanto agli Stati membri, in modo che la validità di una disposizione di diritto derivato può essere posta in discussione su tale base anche mediante una questione pregiudiziale diretta a valutarne la validità (v., in tal senso, sentenza del 17 maggio 1984, Denkavit/Nederland, 15/83, EU:C:1984:183, punto 15).
41 In secondo luogo, mentre l’articolo 1, paragrafo 1, lettera d), del regolamento n. 1998/2006 riguarda le esportazioni verso Stati terzi o Stati membri, l’articolo 35 TFUE si applica soltanto alla circolazione delle merci tra gli Stati membri. Di conseguenza, l’articolo 1, paragrafo 1, lettera d), di tale regolamento, nei limiti in cui riguarda le esportazioni verso gli Stati terzi non può essere contrario all’articolo 35 TFUE.
42 In terzo luogo, l’articolo 1, paragrafo 1, lettera d), del regolamento n. 1998/2006 non stabilisce direttamente restrizioni quantitative all’esportazione. Occorre per contro valutare se tale disposizione possa essere qualificata come «misura di effetto equivalente a una restrizione quantitativa all’esportazione».
43 Al riguardo, la Corte ha dichiarato che una misura nazionale applicabile a tutti gli operatori attivi sul territorio nazionale che, di fatto, incide maggiormente sull’uscita dei prodotti dal mercato dello Stato membro di esportazione che sulla commercializzazione degli stessi sul mercato nazionale di detto Stato membro rientra nel divieto di cui all’articolo 35 TFUE (sentenza del 21 giugno 2016, New Valmar, C-15/15, EU:C:2016:464, punto 36 e la giurisprudenza ivi citata).
44 Risulta da tale definizione che la qualifica di «misura di effetto equivalente a una restrizione quantitativa all’esportazione» presuppone l’esistenza di effetti restrittivi sugli scambi commerciali (sentenza del 21 giugno 2016, New Valmar, C-15/15, EU:C:2016:464, punto 42). Tali effetti possono essere anche di minore importanza (sentenza del 1o aprile 2008, Governo della Communauté française e gouvernement wallon, C-212/06, EU:C:2008:178, punto 52) a condizione che non siano né troppo aleatori né troppo indiretti (sentenza del 21 giugno 2016, New Valmar, C-15/15, EU:C:2016:464, punto 45 e la giurisprudenza ivi citata).
45 Orbene, il divieto degli aiuti connessi all’esportazione verso Stati membri, anche qualora essi non superino la soglia de minimis, prevista all’articolo 1, paragrafo 1, lettera d), del regolamento n. 1998/2006, è di per sé priva di effetto sugli scambi, dato che si limita a imporre agli Stati membri di astenersi dal concedere un certo tipo di aiuti. Di conseguenza, una normativa siffatta non costituisce una misura di effetto equivalente a una restrizione quantitativa all’esportazione, vietata dall’articolo 35 TFUE.
46 Tuttavia, risulta soprattutto dalle norme fondamentali a disciplina del mercato interno e dal regime generale degli aiuti che ne fa parte che l’esclusione degli aiuti all’esportazione dall’ambito di applicazione del regolamento n. 1998/2006 è giustificata alla luce dell’obiettivo stesso dell’articolo 107 TFUE. Secondo tale articolo, gli aiuti di Stato sono infatti incompatibili con il mercato interno «nella misura in cui incidano sugli scambi tra Stati membri». Orbene, gli aiuti all’esportazione, per quanto di importo modesto, rientrano, per definizione, tra gli aiuti idonei ad incidere sugli scambi tra Stati membri, vuoi direttamente, attribuendo un vantaggio concorrenziale ai prodotti esportati, vuoi indirettamente, incentivando da parte degli altri Stati membri determinate contromisure simmetriche destinate a compensare il suddetto vantaggio concorrenziale. Come la Commissione ha fatto valere in udienza, consentire la concessione di tali aiuti sarebbe particolarmente pregiudizievole per il funzionamento del mercato interno.
47 Ne deriva che l’articolo 35 TFUE non può giustificare una misura contraria all’articolo 107 TFUE. Infatti, i motivi per i quali la Corte ha dichiarato che le disposizioni del Trattato FUE relative agli aiuti di Stato non possono servire ad eludere le norme del Trattato relative alla libera circolazione delle merci giustificano anche l’affermazione reciproca, secondo cui tali disposizioni e tali regole perseguono un medesimo obiettivo, che consiste nel garantire la libera circolazione delle merci tra gli Stati membri in condizioni normali di concorrenza (sentenze del 5 giugno 1986, Commissione/Italia, 103/84, EU:C:1986:229, punto 19, e del 20 marzo 1990, Du Pont de Nemours Italiana, C-21/88, EU:C:1990:121, punti 19 a 21).
48 Occorre pertanto risolvere la terza parte della terza questione dichiarando che il suo esame non ha rivelato alcun elemento idoneo ad incidere sulla validità dell’articolo 1, paragrafo 1, lettera d), del regolamento n. 1998/2006.
Sulle questioni prima e seconda, sulle prime due parti della terza questione e sulla quarta questione
49 Con le questioni prima e seconda, con le prime due parti della terza questione e con la quarta questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 1, paragrafo 1, lettera d), del regolamento n. 1998/2006 debba essere interpretato nel senso che osta a disposizioni di diritto interno, come quelle di cui trattasi nel procedimento principale, che escludono dal beneficio di un’agevolazione fiscale, consistente in un aiuto de minimis, gli investimenti in attivi destinati ad attività connesse con l’esportazione.
50 Va sottolineato, in primo luogo, che le disposizioni di cui all’articolo 1, paragrafo 1, lettera d), del regolamento n. 1998/2006 devono essere ricollocate nel contesto generale di tale regolamento che è diretto a consentire, per gli aiuti di Stato di importo limitato, una deroga alla regola secondo cui ogni aiuto deve essere, anteriormente alla sua attuazione, notificato alla Commissione.
51 L’articolo 1, paragrafo 1, lettera d), del regolamento n. 1998/2006 ha lo scopo di circoscrivere l’ambito possibile di tale deroga escludendone gli aiuti alle esportazioni. Tale divieto deve essere considerato quindi come una riaffermazione del principio sancito dal Trattato e avente ad oggetto il divieto degli aiuti di Stato. Esso non può pertanto essere interpretato restrittivamente.
52 Va ricordato, in secondo luogo, che il regolamento n. 1998/2006 non ha avuto in nessun caso lo scopo, e non avrebbe del resto potuto avere legittimamente l’effetto, né di obbligare gli Stati membri a concedere taluni aiuti, né di obbligarli a utilizzare tutte le possibilità di deroga che esso ammette.
53 Fatte salve tali osservazioni, occorre rispondere alle questioni sollevate dal giudice del rinvio.
54 Gli articoli 184 e 188 della legge relativa all’imposta sulle società concedono un’esenzione d’imposta per un importo inferiore al massimale fissato dal regolamento n. 1998/2006 alle imprese che esercitano un’attività produttiva in un Comune in cui si è individuata la presenza di un tasso di disoccupazione sensibilmente superiore alla media nazionale, a condizione che esse vi investano l’importo dell’esenzione d’imposta nel termine di quattro anni a decorrere dall’inizio dell’anno per il quale l’esenzione è concessa. In forza dell’articolo 182, paragrafo 2, punto 7, di tale legge, l’agevolazione fiscale non si applica «all’investimento in attivi destinati ad attività connesse all’esportazione». La Repubblica di Bulgaria ha così inteso conformarsi all’articolo 1, paragrafo 1, lettera d), del regolamento n. 1998/2006, che esclude dal beneficio della regola de minimis gli aiuti alle esportazioni.
55 L’articolo 1, paragrafo 1, lettera d), del regolamento n. 1998/2006 non esclude qualsiasi aiuto che potrebbe incidere sulle esportazioni, ma soltanto quelli che hanno lo scopo diretto, in qualsiasi forma, di sostenere le vendite in un altro Stato. Sono considerati come tali soltanto gli aiuti «direttamente collegati ai quantitativi esportati», quelli relativi all’attuazione e al funzionamento di una rete di distribuzione e quelli che riguardano altre spese correnti collegate all’esportazione.
56 Ne deriva che un aiuto agli investimenti, a condizione che esso non sia, in una forma o nell’altra, determinato nel suo principio e nel suo importo dal quantitativo di prodotti esportati, non rientra tra gli «aiuti ad attività connesse all’esportazione», ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1, lettera d), del regolamento n. 1998/2006 e quindi non rientra nell’ambito d’applicazione di tale disposizione, sebbene gli investimenti in tal modo sostenuti consentano lo sviluppo di prodotti destinati all’esportazione.
57 In caso contrario, cioè qualora un aiuto agli investimenti sia determinato dai quantitativi di prodotti esportati e qualora esso, di conseguenza, rientri nell’ambito d’applicazione dell’articolo 1, paragrafo 1, lettera d), del regolamento n. 1998/2006, esso rimane escluso dal beneficio della regola de minimis. Così interpretate, le disposizioni di cui all’articolo 1, paragrafo 1, lettera d), del regolamento n. 1998/2006 non ostano a disposizioni di diritto interno come quelle di cui all’articolo 182, paragrafo 2, punto 7, della legge relativa all’imposta sulle società, in quanto queste ultime sono interpretate dal giudice nazionale, come la loro formulazione permette, nel senso che comportano la stessa esclusione.
58 Occorre pertanto rispondere alle questioni prima e seconda, alle prime due parti della terza questione e alla quarta questione dichiarando che l’articolo 1, paragrafo 1, lettera d), del regolamento n. 1998/2006 deve essere interpretato nel senso che non osta a disposizioni di diritto nazionale, come quelle di cui trattasi nel procedimento principale, che escludono dal beneficio di un’agevolazione fiscale che costituisce un aiuto de minimis gli investimenti in attivi destinati ad attività connesse all’esportazione.
Sulle spese
59 Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.
Per questi motivi, la Corte (Prima Sezione) dichiara:
1) L’esame della terza parte della terza questione non ha rivelato alcun elemento idoneo ad incidere sulla validità dell’articolo 1, paragrafo 1, lettera d), del regolamento (CE) n. 1998/2006 della Commissione, del 15 dicembre 2006, relativo all’applicazione degli articoli [107 e 108 TFUE] agli aiuti d’importanza minore («de minimis»).
2) L’articolo 1, paragrafo 1, lettera d), del regolamento n. 1998/2006 deve essere interpretato nel senso che non osta a disposizioni di diritto nazionale, come quelle di cui trattasi nel procedimento principale, che escludono dal beneficio di un’agevolazione fiscale che costituisce un aiuto de minimis gli investimenti in attivi destinati ad attività connesse all’esportazione.
Firme
* Lingua processuale: il bulgaro.