Edizione provvisoria
SENTENZA DELLA CORTE (Nona Sezione)
25 ottobre 2018 (*)
«Rinvio pregiudiziale – Imposta sul valore aggiunto (IVA) – Direttiva 2006/112/CE – Articolo 143, paragrafo 1, lettera d) – Esenzione dall’IVA all’importazione – Importazione seguita da una cessione intracomunitaria – Rischio di frode fiscale – Buona fede del soggetto passivo importatore e fornitore – Valutazione – Obbligo di diligenza del soggetto passivo importatore e fornitore»
Nella causa C-528/17,
avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Vrhovno sodišče (Corte suprema, Slovenia), con decisione del 28 agosto 2017, pervenuta in cancelleria il 4 settembre 2017, nel procedimento
Milan Božičevič Ježovnik
contro
Republika Slovenija,
LA CORTE (Nona Sezione),
composta da K. Jürimäe (relatore), presidente di sezione, C. Lycourgos e C. Vajda, giudici,
avvocato generale: P. Mengozzi
cancelliere: A. Calot Escobar
vista la fase scritta del procedimento,
considerate le osservazioni presentate:
– per il sig. Božičevič Ježovnik, da J. Ahlin, odvetnik;
– per il governo sloveno, da A. Grum, in qualità di agente;
– per il governo ellenico, da M. Tassopoulou, A. Dimitrakopoulou e I. Kotsoni, in qualità di agenti;
– per il governo spagnolo, da S. Jiménez García, in qualità di agente;
– per la Commissione europea, da J. Jokubauskaitė e M. Žebre, in qualità di agenti,
vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1 La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 143 della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (GU 2006, L 347, pag. 1), come modificata dalla direttiva 2009/69/CE del Consiglio, del 25 giugno 2009 (GU 2009, L 175, pag. 12; in prosieguo: la «direttiva IVA»), in combinato disposto con l’articolo 138 della direttiva IVA.
2 Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia che vede contrapposti il sig. Milan Božičevič Ježovnik e la Republika Slovenija (Repubblica di Slovenia), in merito ad un avviso di imposizione a posteriori relativo al prelievo dell’imposta sul valore aggiunto (IVA) su operazioni di importazione di banane a partire da paesi terzi.
Contesto normativo
Diritto dell’Unione
Direttiva IVA
3 Il paragrafo 1 dell’articolo 138 della direttiva IVA è del seguente tenore:
«Gli Stati membri esentano le cessioni di beni spediti o trasportati, fuori del loro rispettivo territorio ma [nell’Unione], dal venditore, dall’acquirente o per loro conto, effettuate nei confronti di un altro soggetto passivo, o di un ente non soggetto passivo, che agisce in quanto tale in uno Stato membro diverso dallo Stato membro di partenza della spedizione o del trasporto dei beni».
4 L’articolo 143 della direttiva IVA dispone quanto segue:
«1. Gli Stati membri esentano le operazioni seguenti:
(...)
d) le importazioni di beni spediti o trasportati a partire da un territorio terzo o da un paese terzo in uno Stato membro diverso da quello d’arrivo della spedizione o del trasporto, se la cessione dei beni, effettuata dall’importatore designato o riconosciuto come debitore dell’imposta in virtù dell’articolo 201, è esente conformemente all’articolo 138;
(...)
2. L’esenzione prevista al paragrafo 1, lettera d), si applica nei casi in cui le importazioni di beni siano seguite da cessioni di beni esenti a norma dell’articolo 138, paragrafo 1, e paragrafo 2, lettera c), solo se al momento dell’importazione l’importatore ha fornito alle autorità competenti dello Stato membro di importazione almeno le seguenti informazioni:
a) il numero di identificazione IVA che gli è stato attribuito nello Stato membro di importazione o il numero di identificazione IVA attribuito al suo rappresentante fiscale debitore dell’imposta nello Stato membro di importazione;
b) il numero di identificazione IVA dell’acquirente cui i beni sono ceduti a norma dell’articolo 138, paragrafo 1, attribuitogli in un altro Stato membro (…);
c) la prova che i beni importati sono destinati ad essere spediti o trasportati a partire dallo Stato membro di importazione verso un altro Stato membro.
Gli Stati membri possono tuttavia prevedere che la prova di cui alla lettera c) sia comunicata alle autorità competenti solo su richiesta».
5 Il paragrafo 2 dell’articolo 143 è stato inserito nella direttiva IVA dalla direttiva 2009/69, il cui termine di trasposizione è scaduto il 1° gennaio 2011. Considerate le date dei fatti della controversia principale, a quest’ultima sono applicabili le due versioni consecutive di tale articolo 143.
6 L’articolo 201 della direttiva IVA recita come segue:
«All’importazione l’IVA è dovuta dalla o dalle persone designate o riconosciute come debitrici dallo Stato membro d’importazione».
Codice doganale
7 L’articolo 78 del regolamento (CEE) n. 2913/92 del Consiglio, del 12 ottobre 1992, che istituisce un codice doganale comunitario (GU 1992, L 302, pag. 1; in prosieguo: il «codice doganale»), dispone quanto segue:
«1. Dopo aver concesso lo svincolo delle merci, l’autorità doganale può procedere alla revisione della dichiarazione, d’ufficio o su richiesta del dichiarante.
2. Dopo aver concesso lo svincolo delle merci, l’autorità doganale, per accertare l’esattezza delle indicazioni figuranti nella dichiarazione, può controllare i documenti ed i dati commerciali relativi alle operazioni d’importazione o di esportazione nonché alle successive operazioni commerciali concernenti le merci stesse. Questi controlli possono essere effettuati presso il dichiarante, presso chiunque sia direttamente o indirettamente interessato alle predette operazioni in ragione della sua attività professionale o da chiunque possieda, per le stesse ragioni, tali documenti e dati. La medesima autorità può procedere anche alla visita delle merci quando queste possano esserle ancora presentate.
3. Quando dalla revisione della dichiarazione o dai controlli a posteriori risulti che le disposizioni che disciplinano il regime doganale considerato sono state applicate in base ad elementi inesatti o incompleti, l’autorità doganale, nel rispetto delle norme in vigore e tenendo conto dei nuovi elementi di cui essa dispone, adotta i provvedimenti necessari per regolarizzare la situazione».
8 Gli articoli 201 e 204 del codice doganale enunciano diverse ipotesi nelle quali sorge il debito doganale.
Diritto sloveno
9 Ai sensi dell’articolo 46, punto 1, della Zakon o davku na dodano vrednost (legge sull’imposta sul valore aggiunto) (Uradni list RS, n° 13/11; in prosieguo: la «legge sull’IVA), sono esenti dal pagamento dell’IVA le «cessioni di merce spedita o trasportata verso un altro Stato membro dal venditore o dalla persona che riceve la merce o da un’altra persona che agisce per suo conto sul territorio sloveno, se sono effettuate a favore di un altro soggetto passivo o di una persona giuridica non soggetto passivo che agisce come tale in questo secondo Stato membro».
10 L’articolo 50, paragrafo 1, punto 4, della legge sull’IVA prevede l’esenzione dall’IVA dell’«importazione di merce spedita o trasportata a partire da un altro territorio o da uno Stato terzo e importata in uno Stato membro che non è lo Stato membro di destinazione se la cessione di detta merce effettuata dall’importatore, quale definito dall’articolo 76, paragrafo 1, punto 6, di tale legge, è esente in forza dell’articolo 46 della legge stessa».
11 Ai sensi dell’articolo 50, paragrafo 2, della legge sull’IVA:
«L’importazione di merce a norma del punto 4 del paragrafo precedente è esente dall’IVA se l’importazione della merce è seguita dalla cessione esente della merce in forza dell’articolo 46, punti 1 e 4, di detta legge, ma soltanto se l’importatore al momento dell’importazione assicura all’autorità doganale competente almeno le informazioni seguenti:
a) la sua partita IVA, rilasciata dall’amministrazione tributaria in Slovenia o la partita IVA del suo rappresentante fiscale, tenuto a pagare l’IVA, rilasciata dall’amministrazione tributaria in Slovenia;
b) la partita IVA del destinatario della merce al quale la merce è ceduta in forza dell’articolo 46, punto 1, di tale legge, rilasciata in un altro Stato membro nel quale l’invio o il trasporto della merce ha termine, qualora la merce sia oggetto della cessione ai sensi dell’articolo 46, punto 4, della presente legge;
c) la prova che la merce importata è destinata ad essere spedita o trasportata dal territorio sloveno verso un altro Stato membro».
12 L’articolo 50, paragrafo 2, della legge sull’IVA si applica a decorrere dal 1° gennaio 2011. Prima di tale data, l’articolo 80 del regolamento d’applicazione di quest’ultima, allora in vigore, prevedeva, nel merito, identici requisiti.
13 Ai sensi dell’articolo 76, paragrafo 1, punto 6, della legge sull’IVA, l’IVA è dovuta, in caso di importazione della merce, «dal debitore del debito doganale, quale determinato sulla base della normativa doganale, ovvero dal destinatario della merce».
Procedimento principale e questioni pregiudiziali
14 Durante il periodo dei fatti della controversia principale, il sig. Božičevič Ježovnik svolgeva, come imprenditore singolo, un’attività di importazione e distribuzione di banane.
15 Nel corso del periodo rilevante per la controversia principale, il sig. Božičevič Ježovnik ha importato in Slovenia banane provenienti da paesi terzi. In base a 30 dichiarazioni doganali depositate nell’Ufficio doganale competente di Koper (Slovenia), tra il 26 agosto 2009 e il 26 gennaio 2011, le banane importate sono state collocate nel regime detto «regime doganale 42», che consente la loro immissione in libera pratica con franchigia dall’IVA all’importazione. Per dimostrare che tali banane erano destinate ad essere trasportate in un altro Stato membro, il sig. Božičevič Ježovnik ha prodotto dichiarazioni di utilizzo e di destinazione finale timbrate dai destinatari dichiarati delle merci.
16 Il sig. Božičevič Ježovnik ha venduto le banane importate ad acquirenti aventi sede in Romania in seguito a trattative condotte con ordini impartiti per telefono. Le fatture, comprese quelle per gli acconti, così come altri documenti, sono stati trasmessi per via di posta elettronica, telefax e posta ordinaria. Anteriormente alla conclusione dei contratti, il sig. Božičevič Ježovnik ha verificato il numero di registrazione e di identificazione degli operatori economici (numero «EORI») nonché la validità delle partite IVA degli acquirenti. Egli ha chiesto a questi ultimi di redigere una dichiarazione che attestasse che essi si sarebbero incaricati del trasporto delle banane in un altro Stato membro.
17 Ricevuto il pagamento da parte degli acquirenti, il sig. Božičevič Ježovnik ha consegnato loro le banane sdoganate al porto di Koper, in tal modo trasferendo loro il diritto di proprietà su di esse. Gli acquirenti si sono poi incaricati del trasporto delle banane verso la Romania nonché del rinvio delle lettere di vettura CMR convalidate successivamente allo scarico delle merci alla destinazione finale.
18 In occasione di un controllo a posteriori delle dichiarazioni doganali del sig. Božičevič Ježovnik, l’Ufficio doganale ha osservato che erano stati registrati, ai fini dell’IVA, diversi acquirenti rumeni, poco tempo prima della prima cessione, e che essi erano stati radiati dal sistema IVA lo stesso giorno. Secondo tale Ufficio, le lettere di vettura CMR presentate, su richiesta, dal sig. Božičevič Ježovnik erano poco leggibili e incomplete e contenevano indicazioni insufficienti quanto alla data e luogo di scarico della merce. Tale Ufficio ha inoltre notato che il valore di vendita delle banane e il loro prezzo d’acquisto da parte del sig. Božičevič Ježovnik erano identici o divergevano soltanto in maniera minima, che il peso delle banane indicato nelle fatture di vendita si discostava dai dati forniti nelle dichiarazioni in dogana e che le fatture registrate nei libri contabili differivano da quelle presentate all’Ufficio doganale e alle autorità tributarie per la stessa merce.
19 L’Ufficio doganale ha raccolto informazioni presso le autorità tributarie rumene. Secondo tali autorità, taluni acquirenti rumeni erano «operatori fittizi», che non esercitavano attività all’indirizzo registrato, che non rispondevano alle loro chiamate e i cui direttori erano cittadini turchi, iracheni, ungheresi o egiziani. Inoltre, secondo tali autorità, alcuni vettori hanno confermato il trasporto e lo scarico delle banane in un sito per il commercio all’ingrosso in Romania. Essi avrebbero dichiarato di aver ricevuto l’ordine di trasporto per telefono e che il pagamento sarebbe stato effettuato in contanti. Altri vettori avrebbero contestato l’autenticità delle firme sui documenti di trasporto nonché l’esistenza di un qualsivoglia legame con i compratori.
20 Alla luce di tali elementi, l’Ufficio doganale ha ritenuto che il sig. Božičevič Ježovnik non avesse dimostrato che le banane di cui trattasi avessero lasciato il territorio sloveno e fossero state consegnate agli acquirenti dichiarati. Tale Ufficio ha inoltre considerato che il sig. Božičevič Ježovnik non avesse agito con diligenzae avesse omesso di procedere alle verifiche di base degli acquirenti e ignorato taluni indizi di frode all’IVA.
21 Con decisione del 24 maggio 2013, l’Ufficio doganale di Lubiana (Slovenia) ha, quindi, ingiunto al sig. Božičevič Ježovnik di pagare l’importo IVA di EUR 242 949,04.
22 Con decisione del 30 settembre 2014, il Ministrstvo za finance (Ministero delle Finanze, Slovenia) ha respinto il reclamo presentato dal sig. Božičevič Ježovnik contro la decisione dell’Ufficio doganale.
23 L’Upravno sodišče Republike Slovenije (Tribunale amministrativo della Repubblica di Slovenia) ha respinto il ricorso proposto dal sig. Božičevič Ježovnik avverso la decisione del Ministero delle Finanze. Tale giudice ha segnatamente ricordato che, in caso di inadempimento agli obblighi relativi al «regime doganale 42», l’eventuale buona fede del soggetto passivo non incide in alcun modo sul pagamento dell’IVA a posteriori.
24 Il sig. Božičevič Ježovnik ha adito il Vrhovno sodišče (Corte suprema, Slovenia) con ricorso per cassazione.
25 Tale giudice si interroga sulle condizioni in cui l’importatore può essere tenuto al pagamento dell’IVA in circostanze come quelle di cui al procedimento principale.
26 A tale titolo, detto giudice precisa che, facendo applicazione dell’articolo 201 della direttiva IVA, il diritto sloveno connette la responsabilità per il pagamento dell’IVA all’importazione alle disposizioni del codice doganale relative alla responsabilità per il pagamento dei dazi all’importazione. In tale contesto, esso ritiene che sia necessario stabilire se l’importatore sia debitore del debito doganale in forza dell’articolo 201 o dell’articolo 204 del codice doganale.
27 Il giudice del rinvio fa osservare che la Corte, nella sentenza del 27 settembre 2007, Teleos e a. (C-409/04, EU:C:2007:548, punti 56 e 57), ha operato una distinzione tra la responsabilità del soggetto passivo per il pagamento dell’IVA e quella dell’importatore per il pagamento del debito doganale. Tale giudice si chiede se, in un caso come quello del procedimento principale, l’importatore sia responsabile del pagamento dell’IVA allo stesso titolo per il quale è debitore dei debiti doganali, persino qualora l’acquirente si sia incaricato del trasporto del bene e l’importatore abbia agito con la necessaria diligenza e in buona fede.
28 Nell’ipotesi in cui la responsabilità dell’importatore per il pagamento dell’IVA sia diversa da quella per il pagamento dei debiti doganali, il giudice del rinvio chiede se tale responsabilità sia equivalente a quella del soggetto passivo che effettua una cessione intracomunitaria ai sensi dell’articolo 138, paragrafo 1, della direttiva IVA e come si debba valutare, in tal contesto, la buona fede dell’importatore in caso di frode commessa dall’acquirente.
29 Al riguardo, esso sottolinea che, nella fattispecie, l’esenzione è stata autorizzata dall’Ufficio doganale in base agli elementi forniti dall’importatore al momento dell’importazione nelle sue dichiarazioni e in seguito a previo controllo. Esso osserva che dalla sentenza del 27 settembre 2007, Teleos e a. (C-409/04, EU:C:2007:548), potrebbe risultare che un’autorizzazione siffatta implichi che l’importatore non possa essere tenuto al pagamento dell’IVA nell’ipotesi in cui un controllo a posteriori rivelasse irregolarità. Ciò considerato, tale interpretazione ridurrebbe, a suo avviso, il significato del controllo a posteriori previsto all’articolo 78 del codice doganale.
30 Inoltre, il giudice del rinvio si chiede se il fatto che si tratti del primo ingresso di una merce nel territorio doganale dell’Unione richieda una particolare diligenza da parte dell’importatore.
31 È in tali circostanze che il Vrhovno sodišče (Corte suprema slovacca) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:
«1) Se l’importatore (dichiarante), il quale al momento dell’importazione chiede l’esenzione dal pagamento dell’IVA (importazione secondo il regime 42), in quanto le merci sono destinate ad essere cedute in un altro Stato membro, sia responsabile del pagamento dell’IVA (qualora venga successivamente accertata l’insussistenza delle condizioni necessarie per l’esenzione) allo stesso modo in cui è responsabile del pagamento dell’obbligazione doganale.
2) In caso di risposta negativa, se la responsabilità dell’importatore (del dichiarante) sia uguale alla responsabilità del soggetto passivo il quale esegue la cessione intracomunitaria di beni esente, ai sensi dell’articolo 138, paragrafo 1, della direttiva IVA.
3) Se, in quest’ultimo caso, l’elemento soggettivo dell’importatore (dichiarante) diretto ad abusare del sistema IVA debba essere valutato diversamente dal caso della cessione intracomunitaria di beni di cui all’articolo 138, paragrafo 1, della direttiva IVA. Se tale valutazione debba essere meno rigorosa, alla luce del fatto che nel regime doganale 42 l’esenzione dal pagamento dell’IVA deve essere previamente autorizzata dall’autorità doganale; o se debba essere più restrittiva, in quanto si tratta di cessioni collegate al primo ingresso nel mercato interno dell’Unione europea di beni provenienti da paesi terzi».
Sulle questioni pregiudiziali
32 Con le sue tre questioni, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 143, paragrafo 1, lettera d), della direttiva IVA debba essere interpretato nel senso che, nel caso in cui il soggetto passivo importatore e fornitore abbia beneficiato di un’esenzione dall’IVA all’importazione sulla base di un’autorizzazione, rilasciata in seguito a un previo controllo da parte delle autorità doganali competenti alla luce degli elementi di prova esibiti da tale soggetto, quest’ultimo sia nondimeno tenuto a pagare l’IVA a posteriori qualora risulti, in occasione di un ulteriore controllo, che non ricorrevano le condizioni sostanziali dell’esenzione.
33 Dall’articolo 143, paragrafo 1, lettera d), della direttiva IVA risulta che gli Stati membri esentano le importazioni di beni spediti o trasportati a partire da un territorio terzo o da un paese terzo in uno Stato membro diverso da quello d’arrivo della spedizione o del trasporto, se la cessione dei beni, effettuata dall’importatore designato o riconosciuto come debitore dell’imposta in virtù dell’articolo 201 di tale direttiva, è esente conformemente all’articolo 138 della medesima.
34 L’esenzione dall’IVA all’importazione è così subordinata all’attuazione successiva, da parte dell’importatore, di una cessione intracomunitaria a sua volta esente dall’IVA ai sensi dell’articolo 138 della direttiva IVA e dipende, pertanto, dal rispetto delle condizioni sostanziali indicate in detto articolo (sentenza del 20 giugno 2018, Enteco Baltic, C-108/17, EU:C:2018:473, punto 47).
35 Al riguardo, si deve, in primo luogo, osservare che, nel contesto dell’esenzione delle cessioni intracomunitarie di beni in applicazione dell’articolo 138 della direttiva IVA, da una parte, la Corte ha dichiarato che non è in contrasto con il diritto dell’Unione esigere da un operatore che egli agisca in buona fede, e adotti tutte le misure che gli si possono ragionevolmente richiedere per assicurarsi che l’operazione da esso effettuata non lo conduca a partecipare ad un’evasione tributaria (v., in tal senso, sentenze del 27 settembre 2007, Teleos e a., C-409/04, EU:C:2007:548, punto 65, nonché del 6 settembre 2012, Mecsek-Gabona, C-273/11, EU:C:2012:547, punto 48 e giurisprudenza ivi citata). Ne consegue che, qualora il soggetto passivo di cui trattasi sapesse o avrebbe dovuto sapere che l’operazione da esso effettuata rientrava in un’evasione posta in essere dall’acquirente e non abbia adottato tutte le misure ragionevoli a sua disposizione per evitare l’evasione medesima, il beneficio dell’esenzione dev’essergli negato (v., in tal senso, sentenza del 6 settembre 2012, Mecsek-Gabona, C-273/11, EU:C:2012:547, punto 54 e giurisprudenza ivi citata).
36 Dall’altra parte, risulta, in sostanza, dalla giurisprudenza della Corte che la responsabilità del fornitore per il pagamento dell’IVA a posteriori è da valutare in modo diverso da quella dell’importatore per il pagamento dei dazi doganali. In tal senso, l’importatore è tenuto al pagamento dei dazi doganali dovuti per l’importazione di una merce rispetto alla quale l’esportatore ha commesso un illecito doganale, anche qualora l’importatore sia in buona fede e non abbia partecipato a tale illecito a nessun titolo (v., in tal senso, sentenza del 17 luglio 1997, Pascoal & Filhos, C-97/95, EU:C:1997:370, punto 61). Tale giurisprudenza non può, per contro, essere applicata alla valutazione della questione se il fornitore, nell’ambito di un’operazione intracomunitaria viziata da frode, possa essere tenuto al pagamento dell’IVA a posteriori (v., in tal senso, sentenza del 27 settembre 2007, Teleos e a., C-409/04, EU:C:2007:548, punti da 54 a 57).
37 Ne consegue che, nell’ambito dell’esenzione delle cessioni intracomunitarie di beni in applicazione dell’articolo 138 della direttiva IVA, il fornitore che, in buona fede e adottate tutte le misure che possono essergli ragionevolmente richieste, abbia effettuato un’operazione che rientrava, a sua insaputa, in una frode commessa dall’acquirente, non può essere tenuto al pagamento a posteriori dell’IVA (v., in tal senso, sentenza del 27 settembre 2007, Teleos e a., C-409/04, EU:C:2007:548, punti da 65 a 67).
38 Tale giurisprudenza si applica anche al regime di esenzione all’importazione dei beni destinati a costituire l’oggetto di una cessione intracomunitaria, previsto all’articolo 143, paragrafo 1, lettera d), della direttiva IVA (v., in tal senso, sentenza del 20 giugno 2018, Enteco Baltic, C-108/17, EU:C:2018:473, punto 94).
39 Infatti, come risulta dalla giurisprudenza citata al punto 34 della presente sentenza, l’esenzione all’importazione è subordinata alla successiva realizzazione, da parte dell’importatore, di una cessione intracomunitaria esente a norma dell’articolo 138 della direttiva IVA. Di conseguenza, le due operazioni vanno trattate in modo coerente per garantire la logica insita nel regime di esenzione all’importazione previsto dall’articolo 143, paragrafo 1, lettera d), della direttiva IVA.
40 Orbene, negare automaticamente a un soggetto passivo importatore e fornitore, senza tenere conto della sua diligenza, il diritto all’esenzione dall’IVA all’importazione in caso di frode commessa dall’acquirente, nell’ambito della cessione intracomunitaria successiva, equivarrebbe a interrompere il nesso tra l’esenzione all’importazione e l’esenzione della cessione intracomunitaria successiva. Infatti, come risulta dal punto 37 della presente sentenza, quest’ultima esenzione non può essere automaticamente negata al fornitore in caso di frode commessa dall’acquirente.
41 Ne consegue che non si può dedurre dal solo fatto che, in materia doganale, l’articolo 78, paragrafo 3, del codice doganale preveda che, «quando dalla revisione della dichiarazione o dai controlli a posteriori risulti che le disposizioni che disciplinano il regime doganale considerato sono state applicate in base ad elementi inesatti o incompleti, l’autorità doganale, nel rispetto delle norme in vigore e tenendo conto dei nuovi elementi di cui essa dispone, adotta i provvedimenti necessari per regolarizzare la situazione», che tali autorità possano esigere dal soggetto passivo importatore il pagamento a posteriori dell’IVA all’importazione in qualsiasi caso e senza valutarne la diligenza e la buona fede.
42 In secondo luogo, va osservato che il giudice del rinvio si interroga, più in particolare, sul rilievo che nel procedimento principale può avere il fatto che l’autorità doganale competente abbia autorizzato, in seguito a un previo controllo effettuato in base ad elementi forniti dall’importatore nelle sue dichiarazioni doganali, in forza dell’articolo 143, paragrafo 1, lettera d), della direttiva IVA, l’esenzione dall’IVA all’importazione nel territorio dell’Unione di merci provenienti da uno Stato terzo.
43 Al riguardo, va sottolineato che, secondo una costante giurisprudenza della Corte, cui si riferisce del resto il giudice del rinvio, il principio della certezza del diritto osta a che uno Stato membro, che ha accettato in un primo tempo i documenti presentati dal venditore in quanto prove giustificative del diritto all’esenzione di una cessione, possa successivamente obbligare tale venditore ad assolvere l’IVA relativa a tale cessione, a causa di una evasione commessa dall’acquirente di cui il venditore non aveva e non poteva aver conoscenza (v., in tal senso, sentenze del 27 settembre 2007, Teleos e a., C-409/04, EU:C:2007:548, punto 50, nonché del 14 giugno 2017, Santogal M-Comércio e Reparação de Automóveis, C-26/16, EU:C:2017:453, punto 75).
44 Tuttavia, l’applicazione di tale giurisprudenza è limitata all’ipotesi in cui il soggetto passivo abbia agito in buona fede e abbia adottato le misure che gli potevano essere ragionevolmente richieste per evitare che egli prendesse parte a qualsiasi titolo ad una frode fiscale. Ne consegue che tale giurisprudenza non può essere intesa nel senso che il principio della certezza del diritto osti a che le autorità nazionali competenti svolgano, nell’osservanza dei termini applicabili, un nuovo controllo inteso a verificare se il soggetto passivo non avesse e non potesse avere conoscenza di un’eventuale frode fiscale (v., in tal senso, sentenza del 20 giugno 2018, Enteco Baltic, C-108/17, EU:C:2018:473, punti 97 e 98).
45 Quindi, la sola circostanza che, nella controversia principale, l’esenzione all’importazione sia stata autorizzata, in seguito a un previo controllo effettuato in base agli elementi forniti dall’importatore nelle dichiarazioni doganali, dall’amministrazione doganale competente non può, di per sé sola, essere idonea a escludere ogni possibilità di esigere, a posteriori, il pagamento dell’IVA all’importazione se risulta che l’interessato abbia partecipato a una frode fiscale o non abbia agito con la diligenza necessaria per evitare tale partecipazione.
46 Spetta al giudice nazionale verificare, sulla base di una valutazione globale di tutti gli elementi e le circostanze di fatto relativi al procedimento principale, se il sig. Božičevič Ježovnik abbia agito in buona fede e abbia adottato tutte le misure che gli si potevano ragionevolmente richiedere per garantire che le operazioni realizzate non lo conducessero a partecipare a una evasione fiscale (v., in tal senso, sentenza del 6 settembre 2012, Mecsek-Gabona, C-273/11, EU:C:2012:547, punto 53). Al riguardo, va osservato che, come sottolineato dalla Commissione europea, il solo fatto che le merci interessate siano state precedentemente importate da un paese terzo non giustifica, riguardo alla responsabilità del sig. Božičevič Ježovnik, un approccio più rigoroso di quello che si dovrebbe applicare nel contesto di una semplice operazione intracomunitaria, quale prevista all’articolo 138, paragrafo 1, della direttiva IVA.
47 Il giudice del rinvio, nell’ipotesi in cui dovesse pervenire alla conclusione che, in base ad elementi oggettivi, il soggetto passivo interessato sapeva o doveva sapere che le cessioni successive alle importazioni di cui trattasi nel procedimento principale rientravano in una frode, commessa dall’acquirente, ed egli non ha adottato tutte le misure ragionevoli in suo potere per evitare tale frode, dovrebbe negare il beneficio del diritto all’esenzione dall’IVA all’importazione (v., per analogia, sentenze del 6 settembre 2012, Mecsek-Gabona, C-273/11, EU:C:2012:547, punto 54, e del 9 ottobre 2014, Traum, C-492/13, EU:C:2014:2267, punto 42).
48 Per contro, il giudice del rinvio, nell’ipotesi in cui giunga alla conclusione che il soggetto passivo interessato non sapeva né poteva sapere che le cessioni successive alle importazioni di cui trattasi rientravano in una frode commessa dall’acquirente, e che l’interessato ha adottato tutte le misure ragionevoli a sua disposizione per evitare tale frode, non può negare al medesimo il beneficio dell’esenzione all’importazione.
49 Alla luce delle considerazioni che precedono, occorre risolvere le questioni pregiudiziali dichiarando che l’articolo 143, paragrafo 1, lettera d), della direttiva IVA deve essere interpretato nel senso che, nel caso in cui il soggetto passivo importatore e fornitore abbia beneficiato di un’esenzione dall’IVA all’importazione sulla base di un’autorizzazione, rilasciata in seguito a un previo controllo da parte delle amministrazioni doganali competenti alla luce degli elementi di prova esibiti da tale soggetto, quest’ultimo non è tenuto a pagare l’IVA a posteriori qualora risulti, in occasione di un ulteriore controllo, che non ricorrevano le condizioni sostanziali dell’esenzione, a meno che non si accerti, in base ad elementi oggettivi, che tale soggetto passivo sapeva o doveva sapere che le cessioni successive alle importazioni di cui trattasi rientravano in una frode, commessa dall’acquirente, ed egli non ha adottato tutte le misure ragionevoli in suo potere per evitare tale frode, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare.
Sulle spese
50 Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.
Per questi motivi, la Corte (Nona Sezione) dichiara:
L’articolo 143, paragrafo 1, lettera d), della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, come modificata dalla direttiva 2009/69/CE del Consiglio, del 25 giugno 2009, deve essere interpretato nel senso che, nel caso in cui il soggetto passivo importatore e fornitore abbia beneficiato di un’esenzione dall’imposta sul valore aggiunto all’importazione sulla base di un’autorizzazione, rilasciata in seguito a un previo controllo da parte delle amministrazioni doganali competenti alla luce degli elementi di prova esibiti da tale soggetto, quest’ultimo non è tenuto a pagare l’IVA a posteriori qualora risulti, in occasione di un ulteriore controllo, che non ricorrevano le condizioni sostanziali dell’esenzione, a meno che non si accerti, in base ad elementi oggettivi, che tale soggetto passivo sapeva o doveva sapere che le cessioni successive alle importazioni di cui trattasi rientravano in una frode, commessa dall’acquirente, ed egli non ha adottato tutte le misure ragionevoli in suo potere per evitare tale frode, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare.
Firme
* Lingua processuale: lo sloveno.