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Edizione provvisoria

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

HENRIK SAUGMANDSGAARD ØE

presentate il 5 settembre 2019 (1)

Causa C-389/18

Brussels Securities SA

contro

Stato belga

[domanda di pronuncia pregiudiziale, proposta dal tribunal de première instance francophone de Bruxelles (Tribunale di primo grado di Bruxelles di lingua francese, Belgio)]

«Rinvio pregiudiziale – Regime fiscale comune applicabile alle società madri e figlie di Stati Membri diversi – Direttiva 90/435/CEE – Articolo 4, paragrafo 1, primo trattino – Normativa nazionale volta a eliminare la doppia imposizione degli utili distribuiti da una società figlia – Dividendi dedotti dalla base imponibile della società madre solo nella misura in cui esistono utili imponibili – Possibilità di riporto delle eccedenze illimitata nel tempo – Ordine di imputazione imperativo degli importi deducibili»






I.      Introduzione

1.        La domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal tribunal de première instance francophone de Bruxelles (Tribunale di primo grado di Bruxelles di lingua francese, Belgio) riguarda l’interpretazione dell’articolo 4 della direttiva 90/435/CEE concernente il regime fiscale comune applicabile alle società madri e figlie di Stati membri diversi (2), come modificata dalla direttiva 2006/98/CE (3) (in prosieguo: la «direttiva 90/435»).

2.        Ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1, primo trattino, della direttiva 90/435, quando gli utili distribuiti sono percepiti da una società madre in veste di socio della sua società figlia situata in un altro Stato membro, lo Stato membro in cui è stabilita la società madre può scegliere di astenersi dal sottoporre tali utili a imposizione. Pertanto, in sede di recepimento di tale disposizione, il Regno del Belgio ha adottato un sistema volto a garantire che le società madri stabilite sul suo territorio siano, in una certa misura, esentate dal pagamento delle imposte sui dividendi percepiti dalle loro società figlie stabilite in altri Stati membri, al fine di evitare una doppia imposizione di tali utili.

3.        La Corte ha già esaminato a più riprese il regime belga d’imposta sui redditi delle società e, in particolare, due previsioni, ossia i redditi definitivamente tassati (in prosieguo: gli «RDT») e la deduzione per il capitale di rischio (in prosieguo: la «DCR»), che consentono di dedurre gli utili in questione, a condizioni del tutto specifiche, dalla base imponibile di una società (4).

4.        La causa in esame si inserisce nel solco di tale giurisprudenza e nell’ambito di una controversia avente essenzialmente ad oggetto il fatto che il diritto belga prevede, da un lato, che i dividendi percepiti da una società madre, ad opera delle sue società figlie, debbano essere inclusi, inizialmente, nella sua base imponibile e successivamente dedotti a titolo di RDT, con possibilità di riporto, attualmente, a tutti gli esercizi fiscali successivi, e, dall’altro, che tali RDT debbano essere imputati prima della DCR, il cui riporto agli esercizi successivi è, per contro, limitato nel tempo.

5.        In sostanza, si chiede alla Corte di stabilire se l’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 90/435 osti ad una normativa nazionale che prevede siffatta iniziale inclusione dei dividendi negli utili imponibili di una società madre in combinazione con siffatto ordine di imputazione di elementi deducibili di tale natura. Per le ragioni esposte nelle presenti conclusioni, ritengo che occorra rispondere in senso affermativo alla questione sollevata.

II.    Contesto normativo

A.      Diritto dell’Unione

6.        Sebbene abrogata dalla direttiva 2011/96/UE (5), con effetto dal 18 gennaio 2012, la direttiva 90/435 è applicabile ratione temporis, tenuto conto della data dei fatti oggetto del procedimento principale.

7.        Il quarto considerando della direttiva 90/435 stabilisce che, «quando una società madre, in veste di socio, riceve dalla società figlia utili distribuiti, lo Stato della società deve:

–      astenersi dal sottoporre tali utili a imposizione,

–      oppure sottoporli a imposizione, autorizzando però detta società madre a dedurre dalla sua imposta la frazione dell’imposta pagata dalla società figlia a fronte di detti utili».

8.        Ai sensi dell’articolo 4, paragrafi 1 e 2, di tale direttiva:

«1.      Quando una società madre o la sua stabile organizzazione, in virtù del rapporto di partecipazione tra la società madre e la sua società figlia, riceve utili distribuiti in occasione diversa dalla liquidazione della società figlia, lo Stato della società madre e lo Stato della sua stabile organizzazione:

–      si astengono dal sottoporre tali utili a imposizione, o

–      li sottopongono ad imposizione, autorizzando però detta società madre o la sua stabile organizzazione a dedurre dalla sua imposta la frazione dell’imposta societaria relativa ai suddetti utili e pagata dalla società figlia e da una sua sub-affiliata, a condizione che a ciascun livello la società e la sua sub-affiliata soddisfino i requisiti di cui agli articoli 2 e 3 entro i limiti dell’ammontare dell’imposta corrispondente dovuta.

(...)

2.      Ogni Stato membro ha tuttavia la facoltà di stipulare che oneri relativi alla partecipazione e minusvalenze risultanti dalla distribuzione degli utili della società figlia non siano deducibili dall’utile imponibile della società madre. In tal caso, qualora le spese di gestione relative alla partecipazione siano fissate forfettariamente, l’importo forfettario non può essere superiore al 5% degli utili distribuiti dalla società figlia».

B.      Diritto belga

1.      Codice delle imposte sui redditi 1992 (CIR 1992)

9.        La direttiva 90/435 è stata recepita nel diritto belga con la legge del 23 ottobre 1991 (6), che ha modificato il regime degli RDT allora in vigore. Successivamente, nel 1992, è stata effettuata una codificazione della normativa in materia di imposta sul reddito, in particolare delle disposizioni relative agli RDT (7).

10.      Le pertinenti disposizioni del codice delle imposte sui redditi 1992 (8) nella versione applicabile al procedimento principale, ossia quella applicabile per l’esercizio fiscale 2011 (in prosieguo: il «CIR 1992»), sono formulate nei termini di seguito specificati.

11.      Per quanto riguarda gli RDT, l’articolo 202, paragrafo 1, punto 1, del CIR 1992 prevede che «[d]agli utili del periodo d’imposta sono altresì dedotti, nella misura in cui vi rientrino[,] i dividendi, ad eccezione dei redditi ottenuti in occasione del trasferimento a una società di azioni o quote proprie o della divisione totale o parziale del patrimonio sociale di una società».

12.      A norma dell’articolo 204, paragrafo 1, del CIR 1992, «[i] redditi deducibili ai sensi dell’articolo 202, paragrafo 1, punto 1[,] sono considerati inclusi negli utili del periodo d’imposta nella misura del 95% dell’importo ricevuto o riscosso (...)».

13.      Ai sensi dell’articolo 205, paragrafi 2 et 3, del CIR 1992:

«2.      La deduzione di cui all’articolo 202 è limitata all’importo degli utili del periodo d’imposta, quale sussiste dopo l’applicazione dell’articolo 199, ridotto [degli oneri di seguito elencati].

Le riduzioni elencate al comma 1 non si applicano ai redditi di cui all’articolo 202, paragrafo 1, punto 1[,] assegnati o attribuiti da una società figlia stabilita in uno Stato membro dell’Unione europea.

Ai fini dell’applicazione del comma precedente, per società figlia si intende la società figlia come definita nella direttiva [90/435].

3.      I redditi, nella misura del 95% del loro importo, di cui all’articolo 202, paragrafo 1, punto 1[,] assegnati o attribuiti da una società figlia di cui al paragrafo 2, comma 3, e stabilita in uno Stato membro dell’Unione europea, che non è stato possibile dedurre, possono essere riportati agli esercizi fiscali successivi».

14.      Per quanto riguarda la DCR, l’articolo 205 ter, paragrafo 1, primo comma, del CIR 1992 prevede che «per determinare la [DCR] per un periodo d’imposta, il capitale di rischio da prendere in considerazione corrisponde, fatte salve le disposizioni dei paragrafi da 2 a 7, all’importo dei capitali propri della società, alla fine del periodo d’imposta precedente, determinati conformemente alla normativa in materia di contabilità e di conti annuali, quali figurano nel bilancio».

15.      Ai sensi dell’articolo 205 quinquies del CIR 1992, «[i]n caso di mancanza o di insufficienza di utili relativi a un periodo d’imposta per il quale la [DCR] può essere dedotta, l’esenzione non concessa per tale periodo d’imposta è riportata successivamente sugli utili realizzati nei sette periodi d’imposta successivi».

16.      Per quanto riguarda le perdite professionali subite nel corso degli esercizi fiscali precedenti, l’articolo 206, paragrafo 1, primo comma, del CIR 1992 prevede che tali perdite precedenti recuperabili «sono successivamente dedotte dai redditi professionali di ciascun periodo d’imposta successivo».

17.      Ai sensi dell’articolo 207 del CIR 1992, «[i]l Re determina le modalità secondo le quali si effettuano le deduzioni di cui agli articoli da 199 a 206».

2.      Regio decreto di esecuzione del CIR 1992 (AR/CIR 1992)

18.      Le disposizioni pertinenti del regio decreto di esecuzione del CIR 1992 (9), nella versione applicabile per l’esercizio fiscale 2011 (in prosieguo: l’«AR/CIR 1992»), sono formulate nei termini di seguito specificati.

19.      La sezione XXVIII, intitolata «Determinazione del reddito imponibile in materia di imposta sulle società», rientrante nel capo I dell’AR/CIR 1992, intitolato «Base imponibile e calcolo delle imposte», contiene gli articoli da 74 a 79 di tale strumento.

20.      L’articolo 77 dell’AR/CIR 1992 dispose che «[g]li importi di cui agli articoli da 202 a 205 del [CIR] 1992 deducibili a titolo di [RDT] o di redditi da valori mobiliari esenti sono dedotti nella misura degli utili restanti dopo l’applicazione dell’articolo 76; tale deduzione si effettua tenuto conto della provenienza degli utili, in via prioritaria rispetto a quelli nei quali detti importi sono compresi».

21.      Ai sensi dell’articolo 77/1 dell’AR/CIR 1992, «[l]a deduzione per i redditi da brevetti di cui agli articoli da 205/1 a 205/4 del [CIR] 1992 è effettuata nella misura degli utili restanti dopo l’applicazione dell’articolo 77».

22.      L’articolo 77 bis dell’AR/CIR 1992 stabilisce che «[l]a [DCR] di cui agli articoli da 205 bis a 205 septies del [CIR] 1992 è dedotta nella misura degli utili restanti dopo l’applicazione dell’articolo 77/1».

23.      Ai sensi dell’articolo 78, primo comma, de l’AR/CIR 1992, «[d]agli utili determinati a norma degli articoli da 74 a 77 bis sono dedotte le perdite professionali subite durante i periodi d’imposta precedenti di cui all’articolo 206 del [CIR] 1992, nella misura in cui tali perdite, stabilite conformemente alla normativa applicabile ai periodi d’imposta ai quali si riferiscono, non hanno potuto essere dedotte in precedenza (...)».

24.      L’articolo 79 de l’AR/CIR 1992 prevede che «[l]a deduzione per investimenti di cui agli articoli da 68 a 77 e 201 del [CIR] 1992 è poi effettuata dall’importo degli utili belgi che restano dopo l’applicazione dell’articolo 78».

III. Procedimento principale, questione pregiudiziale e procedimento dinanzi alla Corte

25.      La Brussels Securities SA, con sede in Belgio, è soggetta in tale Stato all’imposta sulle società. Nella sua «dichiarazione ai fini dell’imposta sulle società» per l’esercizio fiscale 2011, essa ha precisato di aver determinato la base imponibile imputando, anzitutto, la DCR e, successivamente, gli RDT.

26.      Con comunicazione trasmessa il 21 maggio 2013, l’amministrazione fiscale belga le ha annunciato l’intenzione di «rettificare l’importo della DCR riportabile» alla fine dell’esercizio fiscale 2011, in base alle norme stabilite agli articoli da 74 a 79 dell’AR/CIR 1992, dalle quali risulta che gli elementi deducibili dagli utili imponibili dovevano essere imputati secondo l’ordine seguente: gli RDT di cui all’articolo 77 dell’AR/CIR 1992, poi la DCR di cui all’articolo 77 bis e infine le perdite riportabili di cui all’articolo 78.

27.      Poiché la Brussels Securities non aveva applicato tale ordine di imputazione per gli esercizi fiscali dal 2005 al 2011, l’amministrazione fiscale ha adottato un provvedimento di riscossione, datato 23 ottobre 2013, nel quale ha rivisto gli importi deducibili che potevano essere riportati alla fine dell’esercizio fiscale 2011. Il reclamo presentato successivamente dalla Brussels Securities è stato respinto il 23 maggio 2014.

28.      Quest’ultima ha pertanto adito il tribunal de première instance francophone de Bruxelles (Tribunale di primo grado di Bruxelles di lingua francese), al fine di ottenere, da un lato, l’annullamento dell’avviso di rettifica del 21 maggio 2013 e del provvedimento di riscossione del 23 ottobre 2013 e, dall’altro, che fosse dichiarata la corrispondenza tra gli importi degli RDT (nonché delle eccedenze degli RDT) e della DCR (nonché dell’eccedenza della DCR ) della Brussels Securities e gli importi contenuti nella sua dichiarazione relativa all’esercizio fiscale 2011.

29.      A sostegno della sua domanda, la Brussels Securities fa valere, in particolare, che l’ordine di imputazione stabilito agli articoli da 74 a 79 dell’AR/IRC del 1992 non è compatibile con il diritto dell’Unione, in quanto tale ordine comporta una «violazione del principio della [direttiva 90/435] (in particolare il divieto di doppia imposizione dei dividendi ammissibili al regime degli RDT)» e una «violazione di [tale direttiva] come interpretata dalla sentenza Cobelfret».

30.      In difesa, lo Stato belga sostiene, in particolare, che la direttiva 90/435 obbliga gli Stati membri ad astenersi dall’assoggettare a imposizione gli utili distribuiti da una società figlia alla sua società madre e che, nell’ambito delle rettifiche oggetto del procedimento principale, la totalità dei dividendi che la Brussels Securities ha percepito dalle sue società figlie è stata effettivamente dedotta dalla sua base imponibile, mentre la loro mancata deduzione costituisce l’unica ipotesi che potrebbe essere contraria a tale direttiva.

31.      In tale contesto, con decisione del 26 gennaio 2018, pervenuta nella cancelleria della Corte il 13 giugno 2018, il tribunal de première instance francophone de Bruxelles (Tribunale di primo grado di Bruxelles di lingua francese) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se l’articolo 4 della direttiva 90/435, in combinato disposto con le altre fonti del [diritto dell’Unione], debba essere interpretato nel senso che esso osta ad una normativa nazionale, quali il CIR 1992 e l’AR/CIR 1992, nel testo applicabile all’esercizio fiscale 2011,

nei quali il legislatore ha optato per un regime di esenzione (astensione dal sottoporre a tassazione gli utili distribuiti ricevuti da una società madre in quanto facente parte del gruppo societario della società figlia) consistente, in un primo tempo, nell’includere il dividendo distribuito dalla società figlia nella base imponibile della società madre, e, in un secondo tempo, nel dedurre il dividendo medesimo da tale base imponibile in proporzione del 95% a titolo di [RDT],

per effetto dell’applicazione combinata, ai fini della determinazione della base di calcolo dell’imposta sulle società della società madre, di detto regime belga di deduzione degli [RDT] con 1) le norme riguardanti un’altra deduzione costituente un vantaggio fiscale previsto da tale normativa (la [DCR]), 2) il diritto di dedurre il saldo delle perdite precedenti recuperabili, 3) il diritto di riportare agli esercizi fiscali successivi, laddove per un esercizio fiscale il loro importo sia superiore a quello degli utili imponibili, l’imputazione degli [RDT] eccedenti, della [DCR] e del saldo delle perdite precedenti recuperabili, e 4) l’ordine di imputazione che prevede, durante tali esercizi fiscali successivi, che l’imputazione debba avvenire, fino a esaurimento dell’utile imponibile, innanzitutto sugli [RDT] riportati, poi sulla [DCR] riportata (il cui riporto è limitato ai “sette esercizi fiscali successivi”), poi sul saldo delle perdite anteriori recuperabili,

che implichi la riduzione, fino a concorrenza di tutti o parte dei dividendi percepiti dalla società figlia, delle perdite che la società madre avrebbe potuto dedurre qualora i dividendi fossero stati puramente e semplicemente esclusi dagli utili dell’esercizio fiscale di loro realizzazione (con l’effetto di ridurre il risultato imponibile di tale esercizio fiscale e aumentare, nella specie, le perdite fiscali riportabili) invece di essere mantenuti in questi utili e di essere pertanto oggetto di norme di esenzione e di riporto dell’importo esentato in caso di insufficienza degli utili,

vale a dire la riduzione del saldo delle perdite anteriori recuperabili della società madre, che possono insorgere durante gli esercizi fiscali successivi a un esercizio fiscale per il quale gli [RDT], la [DCR] e il saldo delle perdite precedenti recuperabili eccedono l’importo degli utili imponibili».

32.      Sono state presentate alla Corte osservazioni scritte dalla Brussels Securities, dal governo belga e dalla Commissione europea. Alle due udienze, tenutesi il 4 aprile 2019 e il 3 luglio 2019, sono comparse le stesse parti e gli stessi interessati.

IV.    Analisi

33.      In sostanza, il giudice del rinvio chiede alla Corte se l’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 90/435 debba essere interpretato nel senso che esso osta alla normativa di uno Stato membro, come il regime belga degli RDT, il quale prevede che i dividendi percepiti da una società madre ad opera delle sue società figlie siano dapprima inclusi nella sua base imponibile e successivamente dedotti da quest’ultima nella misura del 95% (10), che tale deduzione possa essere riportata a tutti gli esercizi fiscali successivi qualora non sia stato possibile effettuarla in un determinato esercizio fiscale, in mancanza di un saldo positivo dopo la deduzione degli altri utili esenti, e che tale deduzione possa essere imputata prima di un vantaggio fiscale la cui possibilità di riporto è limitata nel tempo, nella fattispecie la DCR (11).

34.      Il governo belga sostiene che occorre rispondere in senso negativo alla questione sollevata dal giudice del rinvio. Per contro, la Brussels Securities e la Commissione propongono di rispondere in senso affermativo. Condivido quest’ultima tesi, per le ragioni che esporrò di seguito.

35.      Prima di esaminare più nei dettagli l’oggetto della presente domanda di pronuncia pregiudiziale (B), ritengo utile ripercorrere brevemente l’evoluzione del regime belga degli RDT a seguito di precedenti decisioni della Corte relative all’interpretazione dell’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 90/435 (A).

A.      Sull’evoluzione del regime belga degli RDT in relazione alla giurisprudenza della Corte

36.      In primo luogo, occorre sottolineare che, come confermato nel corso delle discussioni tenutesi dinanzi alla Corte, nell’adottare le norme di cui trattasi nel procedimento principale, il Regno del Belgio ha inteso adeguare il regime degli di RDT previgente (12) per recepire le disposizioni della direttiva 90/435 e, più in particolare, l’articolo 4, paragrafo 1, primo trattino, della medesima direttiva, che prevede un sistema di esenzione dei redditi costituti dagli utili percepiti da una società madre ad opera della sua società figlia stabilita in un altro Stato membro, a differenza del paragrafo 1, secondo trattino, che prevede un sistema di imputazione sull’imposta dovuta dalla società madre dell’imposta già pagata dalla società figlia su tali utili (13).

37.      Anche se non conducono necessariamente allo stesso risultato concreto per il beneficiario dei dividendi (14), lo scopo essenziale di entrambi i sistemi è quello di evitare che gli utili distribuiti a livello transfrontaliero siano assoggettati a doppia imposizione, in termini economici (15), dapprima in capo alla società distributrice e poi in capo alla società beneficiaria. Infatti, come enunciato al terzo considerando, la direttiva 90/435 mira ad eliminare, instaurando un regime fiscale comune, qualsiasi penalizzazione della cooperazione tra società di Stati membri diversi rispetto alla cooperazione tra società di uno stesso Stato membro e a facilitare in tal modo il raggruppamento di società a livello dell’Unione. Tutte le disposizioni di tale direttiva, in particolare l’articolo 4, paragrafo 1, tendono dunque ad assicurare la neutralità, sotto il profilo fiscale, della distribuzione di utili da parte di una società figlia con sede in uno Stato membro alla sua società madre stabilita in un altro Stato membro (16).

38.      In secondo luogo, ricordo che, nella sentenza Cobelfret, l’articolo 4, paragrafo 1, primo trattino, della direttiva 90/435 è stato interpretato nel senso che esso ostava alla normativa di uno Stato membro come quella del regime belga degli RDT che era applicabile nella causa che ha dato luogo a detta sentenza (17).

39.      A tal riguardo, la Corte ha rilevato che, nella versione di detto regime allora in vigore, era previsto che, ai fini dell’esenzione dei dividendi percepiti da una società madre stabilita in Belgio ad opera di una società figlia con sede in un altro Stato membro, tali dividendi erano inclusi nella base imponibile della società madre per esserne successivamente dedotti in misura pari al 95%, unicamente nei limiti in cui, per il periodo d’imposta in questione, rimaneva un saldo positivo, dopo la deduzione degli altri utili esenti. In altri termini, la deduzione di detti dividendi era possibile solo a condizione che per tale società rimanessero utili imponibili sufficienti nel periodo d’imposta durante il quale aveva luogo la distribuzione dei dividendi.

40.      La Corte ha inoltre constatato che tale normativa nazionale comportava che la società madre potesse beneficiare pienamente di questo vantaggio fiscale solo a condizione di non aver subito, in relazione ai suoi altri redditi imponibili, un risultato negativo per tale periodo e che, inoltre, qualora la società madre non realizzasse altri utili imponibili per lo stesso periodo, l’effetto corrispondente di detta normativa era di ridurre le perdite riportabili dell’interessata a un importo pari a quello dei dividendi percepiti. Orbene, gli Stati membri non possono introdurre unilateralmente misure restrittive e subordinare a condizioni la possibilità di trarre profitto dai vantaggi previsti dalla direttiva 90/435.

41.      Pertanto, la Corte ha dichiarato che, anche se i dividendi percepiti non erano soggetti, direttamente, all’imposta sulle società per l’esercizio fiscale nel corso del quale erano stati distribuiti, la riduzione corrispondente delle perdite della società madre riportabili agli esercizi successivi poteva comportare che quest’ultima subisse indirettamente un’imposizione su tali dividendi negli esercizi fiscali successivi, nei casi in cui il risultato fosse stato positivo (18). Orbene, tale effetto limitativo della possibilità, per una società madre, di dedurre i dividendi percepiti dalle sue società figlie, a titolo di RDT, non è compatibile né con la formulazione né con gli obiettivi e il sistema di tale direttiva.

42.      Intendo questa decisione nel senso che, per conformarsi all’articolo 4, paragrafo 1, primo trattino, della direttiva 90/435, la normativa di uno Stato membro relativa alle società madri che abbiano percepito dividendi da una società figlia situata in un altro Stato membro non può di fatto comportare per le stesse la perdita di un altro vantaggio fiscale previsto nel diritto nazionale, di cui esse avrebbero potuto beneficiare pienamente se tali dividendi non fossero stati sottoposti a un simile trattamento, perdita equivalente a una loro imposizione indiretta.

43.      In terzo luogo, osservo che, nell’ordinanza KBC, pronunciata alcuni mesi dopo la sentenza Cobelfret, la Corte ha anzitutto ribadito, in sostanza, le considerazioni summenzionate contenute in tale sentenza, tenuto conto delle analogie esistenti tra le circostanze di fatto e di diritto che hanno dato luogo a tale sentenza e quelle che hanno dato origine alla prima questione esaminata nella predetta ordinanza (19).

44.      Inoltre, la Corte ha interpretato l’articolo 4, paragrafo 1, primo trattino, della direttiva 90/435, in combinato disposto con il paragrafo 2 dello stesso articolo, nel senso che esso non obbliga uno Stato membro a consentire necessariamente che gli utili distribuiti ad una società madre dalla sua società figlia stabilita in un altro Stato membro siano interamente deducibili dall’importo degli utili dell’esercizio fiscale interessato e che la perdita che ne deriva possa essere riportata ad un esercizio successivo. Spetta a ciascuno Stato membro determinare le modalità di conseguimento del risultato prescritto al paragrafo 1, primo trattino, dello stesso articolo. Tuttavia, qualora uno Stato membro abbia optato per il sistema dell’esenzione previsto in detto paragrafo 1, primo trattino, della direttiva 90/435 e consenta, in linea di principio, il riporto delle perdite a esercizi successivi, tale disposizione osta a una normativa che produca l’effetto di ridurre le perdite della società madre che possono beneficiare di tale riporto in misura pari all’importo dei dividendi percepiti (20).

45.      In quarto luogo, osservo che, a seguito della sentenza Cobelfret e dell’ordinanza KBC, le disposizioni pertinenti del diritto belga sono state modificate. Come indicato nella decisione di rinvio, lo Stato belga ha riformato il suo sistema di deduzione degli RDT aggiungendo un paragrafo 3 all’articolo 205 CIR 1992, applicabile ratione temporis nel caso di specie (21).

46.      Tale disposizione consente ora di riportare agli esercizi fiscali successivi gli RDT, nella misura del 95% del loro importo, che non hanno potuto essere tutti dedotti immediatamente da una società madre a causa di utili imponibili insufficienti nell’esercizio in cui i dividendi sono stati distribuiti dalla sua società figlia. Inoltre, tale riporto delle eccedenze degli RDT può essere effettuato senza limiti di tempo. Pertanto, la possibilità di dedurre gli RDT non è più limitata ai casi in cui, solo per l’esercizio in cui ha avuto luogo la distribuzione, rimane un saldo positivo dopo la deduzione degli altri utili esenti.

47.      Il giudice del rinvio considera che, nonostante i miglioramenti apportati da detta riforma, non si esclude tuttavia una violazione della direttiva 90/435 da parte del regime belga di deduzione degli RDT, nella versione in vigore all’epoca dei fatti di cui al procedimento principale, il che deve essere ora oggetto di valutazione.

B.      Sulla valutazione della compatibilità con il diritto dell’Unione di una normativa nazionale come quella di cui trattasi nel procedimento principale

48.      Secondo il giudice del rinvio, la Brussels Securities «afferma correttamente», nel procedimento principale, che «il regime di esonero degli RDT, previsto dal [CIR 1992], in combinato disposto con l’ordine di imputazione previsto dall’[AR/CIR 1992], comporta indirettamente –ma sicuramente – una tassazione più gravosa per la [società madre] rispetto al caso in cui i dividendi fossero stati esclusi puramente e semplicemente dalla base imponibile», il che potrebbe essere incompatibile con l’articolo 4, paragrafo 1, primo trattino, della direttiva 90/435. La Brussels Securities mantiene questa posizione dinanzi alla Corte. Per contro, il governo belga difende la tesi opposta. Dal canto suo, la Commissione ritiene che un regime come quello degli RDT sia incompatibile con tale disposizione non già di per sé, bensì a causa della sua applicazione in combinato disposto con le norme che stabiliscono l’ordine di imputazione e di eventuale riporto di altre deduzioni fiscali. Condivido quest’ultimo punto di vista.

49.      Mi sembra che la presente domanda di pronuncia pregiudiziale sollevi due problematiche, vale a dire se sia conforme a detto articolo 4, paragrafo 1, primo trattino, che la normativa di uno Stato membro preveda l’inclusione e la successiva deduzione dei dividendi percepiti, anziché escluderli immediatamente dalla base imponibile della società madre (1), nonché un ordine di imputazione che impone di dedurre tali dividendi o le loro eccedenze, nella fattispecie a titolo degli RDT, prima di un altro vantaggio fiscale previsto dal diritto nazionale, il cui riporto è, dal canto suo, limitato nel tempo, nel caso di specie la DCR (2). Ritengo che la suddetta disposizione debba essere interpretata nel senso che una normativa nazionale di questo tipo è con essa incompatibile per quanto riguarda questo secondo aspetto.

1.      Sull’inclusione dei dividendi nella base imponibile della società madre e sulla loro successiva deduzione da tale base imponibile

50.      Constato, innanzi tutto, che la Corte non si è ancora pronunciata sulla questione se una normativa nazionale come il regime belga degli RDT, che richiede che gli utili distribuiti da una società figlia siano dapprima inclusi nella base imponibile della società madre stabilita in un altro Stato membro e poi dedotti da tale base (22), sia di per sé conforme all’articolo 4, paragrafo 1, primo trattino, della direttiva 90/435, secondo il quale gli Stati membri che hanno optato per il sistema previsto da tale disposizione, ossia un sistema di esenzione, devono astenersi dal sottoporre ad imposizione utili di tale natura. Rilevo che i dubbi sulla compatibilità di siffatto meccanismo con tale direttiva sono stati sollevati al momento del suo recepimento in Belgio nonché nella dottrina che ha successivamente esaminato l’argomento (23).

51.      È vero che la Corte è stata adita per questioni simili nelle cause che hanno dato luogo alla sentenza Cobelfret e all’ordinanza KBC, poiché le controversie nel procedimento principale riguardavano anche disposizioni del regime belga degli RDT che erano parzialmente identiche a quelle qui considerate, in quanto le disposizioni allora in vigore prevedevano già un meccanismo di inclusione dei dividendi nella base imponibile della società madre e successivamente di deduzione degli stessi in misura pari al 95%. Tuttavia, le domande di pronuncia pregiudiziale esaminate in dette cause non riguardavano la conformità di siffatto meccanismo, in quanto tale, alla direttiva 90/435, ma erano incentrate su questioni giuridiche connesse a tale aspetto di detto regime, e più specificamente sulle condizioni alle quali la deduzione degli RDT era allora subordinata (24).

52.      Pertanto, sebbene si inseriscano in un contesto normativo in parte simile a quello della presente causa, tali cause precedenti non hanno indotto la Corte a pronunciarsi sulla questione, che mi sembra sia stata sollevata, in sostanza, dal giudice del rinvio nel caso di specie, della compatibilità con l’articolo 4, paragrafo 1, primo trattino, di detta direttiva di una normativa nazionale che impone l’inclusione, in un primo tempo, e la deduzione, in un secondo tempo, dei dividendi percepiti, ad opera di una società figlia, da una società madre stabilita in un altro Stato membro, anziché escluderli «puramente e semplicemente» dalla base imponibile di quest’ultima (25).

53.      Orbene, ritengo che siffatto modo di procedere non sia di per sé incompatibile con il sistema di esenzione degli utili distribuiti da una società figlia, previsto all’articolo 4, paragrafo 1, primo trattino, della direttiva 90/435. Tale conclusione si impone, a mio avviso, non solo alla luce della formulazione e della genesi di tale testo, ma anche dei suoi obiettivi e del suo contesto (26), elementi tra i quali è necessario individuare gli elementi di valutazione pertinenti, prima di esaminare, alla luce degli stessi, la normativa nazionale rimessa in discussione nel caso di specie.

54.      Per quanto riguarda la terminologia utilizzata all’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 90/435, nonché al suo quarto considerando, rilevo che è ivi dichiarato che, nel recepire tale direttiva, ogni Stato membro deve, per quanto riguarda le società madri stabilite nel suo territorio, o astenersi dal sottoporre a imposizione gli utili che le stesse percepiscono dalle società figlie con sede in un altro Stato membro (primo trattino) oppure sottoporre tali utili a imposizione, autorizzando però ogni società madre a dedurre dalla sua imposta la frazione dell’imposta relativa ai medesimi utili che è stata pagata dalla società figlia (secondo trattino).

55.      Alla luce di tale formulazione, ritengo che la prima delle due opzioni così offerte, consistente in un «sistema di esenzione» (27) per il quale ha optato il Regno del Belgio (28), implica soltanto che gli utili distribuiti non siano alla fine soggetti alla riscossione di un’imposta (29), né direttamente né indirettamente, e non che essi siano necessariamente esclusi ab initio dalla base imponibile della società madre, interpretazione che non appare, a mio avviso, contraddetta dai lavori legislativi che hanno preceduto la direttiva 90/435 (30). Osservo che, per contro, la seconda opzione, consistente in un «sistema di imputazione», consente di sottoporre a imposizione tali utili, ma con la possibilità di dedurre l’imposta pagata dalla società figlia alle condizioni summenzionate (31).

56.      Per quanto riguarda gli obiettivi della direttiva 90/435, ed in particolare del suo articolo 4, paragrafo 1, primo trattino, osservo che la Corte ha già messo in evidenza il fatto che dal suo terzo considerando risulta, in particolare, che tale direttiva mira ad eliminare, instaurando un regime fiscale comune, qualsiasi penalizzazione della cooperazione tra società di Stati membri diversi rispetto alla cooperazione tra società di uno stesso Stato membro, facilitando così il raggruppamento di società a livello dell’Unione. Al fine di assicurare l’obiettivo della neutralità, sotto il profilo fiscale, della distribuzione di utili da parte di una società figlia con sede in uno Stato membro alla sua madre stabilita in un altro Stato membro, detta direttiva mira ad evitare una doppia imposizione di tali utili, in termini economici, vale a dire ad evitare che gli utili distribuiti siano colpiti una prima volta a carico della società figlia, e una seconda volta a carico della società madre (32). Il modo in cui propongo di interpretare detto paragrafo 1, primo trattino, è assolutamente conforme a tali obiettivi.

57.      Per quanto riguarda il contesto in cui si inserisce l’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 90/435, sottolineo che quest’ultima fissa il risultato che gli Stati membri devono raggiungere, ossia impedire una doppia imposizione degli utili in questione scegliendo uno dei due sistemi previsti da tale disposizione, ma che, a causa delle caratteristiche specifiche di questo tipo di atti di diritto dell’Unione, detta direttiva non vincola gli Stati membri riguardo alle modalità da utilizzare a tal fine.

58.      La Corte ha evidenziato tali norme nell’ordinanza KBC (33), ricordando innanzitutto che spetta ad ogni Stato membro organizzare, in osservanza del diritto dell’Unione, il proprio sistema d’imposizione di utili distribuiti e definire, in tale ambito, la base imponibile nonché il tasso d’imposizione che vengono applicati in capo all’azionista beneficiario. Essa ha aggiunto che l’articolo 4, paragrafo 1, primo trattino, della direttiva 90/435 non prescrive il modo in cui gli Stati membri che hanno optato per il sistema dell’esenzione devono attuarlo, dato che, ai sensi dell’articolo 249 CE (ora articolo 288 TFUE), gli Stati membri possono scegliere la forma e i mezzi di trasposizione delle direttive che meglio permettono di garantire il risultato che queste ultime devono raggiungere. La Corte ne ha inferito che essi sono liberi di determinare, in particolare tenuto conto delle necessità del loro ordinamento giuridico interno, le modalità che consentono di conseguire il risultato prescritto da detto articolo 4, paragrafo 1, primo trattino.

59.      È pacifico che, allo stato attuale del diritto dell’Unione, la materia delle imposte dirette è un settore che rientra tradizionalmente nella competenza degli Stati membri, i quali sono tuttavia tenuti ad esercitare tale competenza conformandosi agli obblighi derivanti da tale diritto (34). In particolare, nell’ambito oggetto dell’armonizzazione realizzata dalla direttiva 90/435, gli Stati membri devono rispettare le disposizioni di quest’ultima che ripartiscono la competenza fiscale tra gli stessi vietando allo Stato della società madre di tassare, direttamente (35) o anche indirettamente, gli utili distribuiti a quest’ultima dalla società figlia, al fine di evitare la doppia imposizione di tali utili. Dopo aver ricordato tali principi nella sostanza, nell’ordinanza KBC, la Corte ne ha tratto alcune conseguenze per quanto riguarda più specificamente il sistema di esenzione di cui all’articolo 4, paragrafo 1, primo trattino, di detta direttiva (36).

60.      Alla luce di tutte le suesposte considerazioni, ritengo che, nel caso di specie, un meccanismo consistente nel dover preliminarmente includere i suddetti utili nella base imponibile della società madre e nel doverli successivamente dedurre da tale base, come previsto dal regime belga degli RDT di cui trattasi nel procedimento principale, non sia di per sé incompatibile con l’articolo 4, paragrafo 1, primo trattino, della direttiva 90/435, a condizione che l’applicazione di detto meccanismo consenta effettivamente di conseguire il risultato prescritto da tale disposizione.

61.      Infatti, osservo innanzi tutto che, come ha precisato il governo belga, le disposizioni di cui trattasi nel procedimento principale soddisfano il requisito della direttiva 90/435 secondo cui i gruppi societari transfrontalieri non devono essere oggetto di un trattamento differenziato rispetto ai gruppi societari del Regno del Belgio. Il fatto di rispettare tale criterio, relativo alla assenza di penalizzazione della cooperazione tra società di Stati membri diversi rispetto alla cooperazione tra società dello stesso Stato membro, è necessario, anche se non è di per sé sufficiente, tuttavia, a caratterizzare la compatibilità del meccanismo summenzionato con i requisiti derivanti dall’articolo 4, paragrafo 1, primo trattino, di detta direttiva (37).

62.      Inoltre, sottolineo che detto articolo 4, paragrafo 1, primo trattino, definisce il risultato da raggiungere, ossia che gli utili distribuiti da una società figlia stabilita in un altro Stato membro non siano sottoposti a imposizione anche nello Stato membro della società madre, ma non prescrive i mezzi da utilizzare a tal fine. Ne deriva, a mio avviso, che uno Stato membro che abbia optato per il sistema di esenzione previsto da detta disposizione mantiene la possibilità di applicare un metodo di inclusione-deduzione di tali utili, come quello istituito dal regime belga degli RDT, anche se esistono evidentemente metodi più semplici per conseguire il risultato summenzionato, come quello consistente nell’escludere, fin dall’inizio, tali utili dalla base imponibile della società madre. Insisto sul fatto che né il dettato, né l’impianto sistematico né gli obiettivi della direttiva 90/435 impongono, a mio avviso, di seguire quest’ultimo metodo, che definirei «di base», sebbene siffatta variante sembri essere stata scelta da taluni Stati membri (38). Tuttavia, indipendentemente dal procedimento adottato da uno Stato membro, la sua applicazione deve necessariamente condurre, in ogni caso e in ogni circostanza, a un’esenzione effettiva per la società madre.

63.      A tal riguardo, ritengo che il punto essenziale sia che una normativa nazionale come quella di cui trattasi nel procedimento principale consenta che i dividendi distribuiti dalle società figlie che sono inclusi nella base imponibile alla fine ne siano sempre dedotti (39), di modo che tale meccanismo di inclusione-deduzione non abbia l’effetto di porre le società madri interessate in una posizione meno favorevole, sul piano economico, rispetto al caso in cui gli utili percepiti dalle loro società figlie stabilite in altri Stati membri fossero stati puramente e semplicemente esclusi dal calcolo dell’imposta su dette società. Orbene, al pari della Commissione (40), ritengo che, grazie alla facoltà di riporto illimitata nel tempo, introdotta a seguito della sentenza Cobelfret e dell’ordinanza KBC, il regime belga degli RDT consenta ora potenzialmente a qualsiasi società madre interessata di dedurre in misura pari al 95% (41) i dividendi in eccesso (42), a più o meno lungo termine, affinché non vi sia una doppia imposizione di tali dividendi.

64.      Di conseguenza, norme nazionali che, come quelle di cui trattasi nel procedimento principale, prevedano un meccanismo di inclusione degli utili distribuiti da una società figlia nella base imponibile di una società madre seguita dalla deduzione degli stessi durante l’esercizio di distribuzione o durante tutti gli esercizi successivi, a mio avviso, non sono di per sé incompatibili con l’articolo 4, paragrafo 1, primo trattino, della direttiva 90/435, a condizione che la società interessata non sia di fatto privata di un altro vantaggio fiscale previsto dal diritto nazionale di cui avrebbe potuto beneficiare, a parità di condizioni, in caso di esenzione ab initio.

65.      Resta quindi da valutare se un meccanismo di questo tipo, pur essendo di per sé ammissibile, generi tuttavia effetti vietati dal suddetto articolo 4, paragrafo 1, primo trattino, che si concretizzerebbero negli anni successivi a quello della distribuzione di detti utili (43), più in particolare a causa dell’interazione di tale meccanismo con il prescritto ordine di deduzione di altri vantaggi fiscali, fattore di incompatibilità con tale disposizione che, a mio avviso, precisamente sussiste.

2.      Sulla combinazione del regime di deduzione differita dei dividendi con l’ordine di imputazione di altri vantaggi fiscali

66.      Come ho sottolineato, il giudice del rinvio invita la Corte a verificare anche se l’articolo 4, paragrafo 1, primo trattino, della direttiva 90/435 osti a una normativa nazionale in forza della quale l’obbligo, gravante su una società madre, di procedere alla deduzione degli utili percepiti da società figlie stabilite in un altro Stato membro – nel caso di specie, ai sensi del regime belga degli RDT – abbia l’effetto indiretto di incidere sul diritto alla deduzione di altri vantaggi fiscali – nel caso di specie, la DCR – a causa dell’ordine secondo il quale si richiede che le deduzioni in questione siano imputate alla base imponibile di detta società. Propongo di rispondere a tale questione in senso affermativo.

67.      In primo luogo, mi sembra necessario mettere in evidenza i due aspetti principali, rilevanti al riguardo, della normativa nazionale di cui trattasi nel procedimento principale.

68.      Da un lato, il regime belga degli RDT interagisce con l’altro vantaggio fiscale costituito dalla DCR (44), in quanto anche quest’ultima può essere dedotta dalla base imponibile di una società madre, ma solo in misura pari all’importo degli utili rimanenti dopo la deduzione degli RDT. L’imputazione della DCR è quindi successiva a quella degli RDT (45). Dalla decisione di rinvio risulta che tale ordine di imputazione è stato introdotto sin dal 2005, quindi ben prima della riforma determinata dalla sentenza Cobelfret (46). Per quanto riguarda le considerazioni che hanno portato all’adozione di tale norma, nelle sue osservazioni orali il governo belga ha precisato che sussisteva «una certa logica» nel rimuovere anzitutto gli elementi di natura contabile che il legislatore non intende sottoporre a imposizione, come gli RDT o i redditi da brevetti (47), prima di dedurre gli elementi di natura non contabile, in particolare a titolo di deduzione per investimenti (48) oppure a titolo di DCR (49).

69.      D’altro lato, contrariamente alle eccedenze degli RDT, che possono essere riportate illimitatamente agli esercizi fiscali successivi, le eventuali eccedenze della DCR possono essere riportate solo per un periodo di sette anni, in forza dell’articolo 205 quinquies del CIR 1992 nella versione applicabile alla controversia oggetto del procedimento principale (50). Secondo il governo belga, la limitazione temporale dei riporti della DCR aveva lo scopo di controbilanciare la portata di quest’ultima deduzione, la cui base di calcolo si estendeva, all’epoca della sua adozione, a tutti i fondi propri della società.

70.      In secondo luogo, occorre analizzare se siffatta normativa nazionale sia compatibile o meno con l’articolo 4, paragrafo 1, primo trattino, della direttiva 90/435, concentrandosi principalmente sugli effetti ai quali conduce in concreto l’applicazione combinata del regime degli RDT, consistente nell’includere i dividendi percepiti nella base imponibile della società madre e successivamente nel dedurli da tale base, e dell’obbligo di imputare gli RDT prima della DCR, i cui riporti sono, per di più, limitati a sette esercizi fiscali.

71.      A tal riguardo, il giudice del rinvio osserva correttamente che, a differenza di quanto avviene in base a una normativa come quella di cui trattasi nel procedimento principale (51), in un regime di esenzione che può essere definito «di base» (52), i dividendi distribuiti dalla società figlia sono puramente e semplicemente esclusi dagli utili dell’esercizio fiscale durante il quale sono stati percepiti, esclusione immediata che tanto riduce il risultato imponibile, e tanto aumenta, se del caso, le perdite riportabili agli esercizi fiscali successivi.

72.      Facendo riferimento ad un esempio in cifre presentato anche negli atti della Brussels Securities (53), il giudice del rinvio rileva, a mio avviso correttamente, che nei casi in cui la società madre ottiene un risultato positivo durante uno dei «sette esercizi fiscali successivi» di cui all’articolo 205 quinquies del CIR 1992, il quale limita i riporti della DCR, è probabile che il regime di deduzione degli RDT comporti un onere fiscale più gravoso di quello che sarebbe determinato da un regime di esclusione immediata dei dividendi percepiti da una società figlia, a causa dell’ordine delle imputazioni previsto dal CIR 1992 e dall’AR/CIR 1992. Detto giudice spiega che, se fosse applicata un’esclusione teorica immediata di tali dividendi, allora l’imputazione della DCR avverrebbe in via prioritaria rispetto a quella del saldo delle perdite precedenti recuperabili, cosicché il saldo di tali perdite da riportare al periodo d’imposta successivo sarebbe superiore a quello previsto dal regime belga degli RDT, in base al quale, in caso di realizzazione di un risultato positivo conseguito nel corso dei «sette esercizi fiscali successivi» summenzionati, l’imputazione del saldo degli RDT riportati avviene obbligatoriamente prima di quella del saldo della DCR riportata, il che nuoce quindi all’utilizzo di quest’ultimo vantaggio fiscale.

73.      Inoltre, le tabelle comparative prodotte dalla Commissione nel corso della fase orale del procedimento confermano che il regime degli RDT combinato con l’ordine imperativo delle deduzioni può impedire a una società madre di riportare integralmente le eccedenze della DCR, contrariamente a un meccanismo in base al quale tale società possa escludere immediatamente i dividendi percepiti dalla sua base imponibile oppure scegliere l’ordine in cui intende procedere alle deduzioni dei vantaggi fiscali di cui è titolare (54). Anche se tenta di minimizzarne l’incidenza nella causa in esame, invano a mio avviso (55), il governo belga non contesta questi dati (56), da cui risulta che la normativa di cui trattasi nel procedimento principale può generare la perdita di un vantaggio fiscale e, quindi, un’imposizione fiscale ancor più gravosa.

74.      Tenuto conto di tali elementi, condivido il punto di vista della Brussels Securities e della Commissione secondo cui, ai sensi della normativa nazionale di cui trattasi nel procedimento principale, sulla facoltà di trarre profitto dalla DCR incide l’obbligo di dedurre preventivamente gli RDT dalla base imponibile. In effetti, la regola secondo la quale occorre dare la priorità agli RDT mira a ridurre lo stock degli RDT, che possono essere oggetto di un riporto illimitato nel tempo agli esercizi fiscali successivi, ma ha anche l’effetto di nuocere alla DCR, che la società madre avrebbe invece interesse a imputare quanto prima, poiché il diritto di riporto della DCR è, dal canto suo, limitato ai sette esercizi fiscali successivi, per cui tale diritto rischia maggiormente, alla fine, di decadere a causa del trattamento riservato ai dividendi a titolo degli RDT.

75.      In altri termini, il combinato disposto delle disposizioni nazionali in questione comporta un’imposizione fiscale più gravosa per la società madre rispetto a quella che vi sarebbe stata se gli obblighi di cui alla direttiva 90/435 fossero stati pienamente rispettati, poiché il regime belga degli RDT può avere l’effetto, a causa della sua applicazione congiunta con l’ordine delle deduzioni previsto, di impedire a una società in perdita di imputare il riporto di un altro importo deducibile, ossia la DCR, negli esercizi fiscali successivi, mentre sarebbe vantaggioso per tale società dare la priorità a tale riporto, per evitare che esso scada prima che possa essere pienamente utilizzato. La conseguenza pratica di tale normativa nazionale è quindi che, in talune circostanze, le società madri interessate sono private di un vantaggio fiscale previsto dal diritto nazionale di cui esse avrebbero potuto beneficiare pienamente se i dividendi percepiti dalle società figlie non fossero stati trattati secondo le modalità previste da tale normativa.

76.      Orbene, ricordo che la Corte ha già interpretato l’articolo 4, paragrafo 1, primo trattino, della direttiva 90/435 nel senso che esso osta a una normativa nazionale che ha l’effetto di ridurre le perdite riportabili della società madre in proporzione ai dividendi distribuiti, quando – come nel caso di specie – uno Stato membro ha scelto il sistema di esenzione previsto da tale disposizione e consente, in linea di principio, il riporto delle perdite in futuro, dato che tale riduzione delle perdite può comportare che la società interessata subisca indirettamente un’imposizione su tali dividendi negli esercizi successivi, nel caso in cui il suo risultato sia positivo (57).

77.      Al pari della Commissione, ritengo che queste considerazioni possano essere pienamente applicate alla causa in esame, per quanto riguarda le conseguenze pratiche della combinazione tra il regime di inclusione-deduzione riservato agli RDT e l’ordine in cui questi ultimi devono essere dedotti in presenza di altre deduzioni fiscali. Sottolineo che un regime di questo tipo può essere considerato conforme ai requisiti di cui alla direttiva 90/435, a mio avviso, solo nei limiti in cui la sua applicazione abbia un risultato perfettamente neutro, vale a dire che le società madri interessate non siano trattate, a prescindere dalle circostanze, in modo meno favorevole sul piano economico di quanto lo sarebbero state se i dividendi distribuiti fossero stati esclusi fin dall’inizio dalla base imponibile di tali società.

78.      Pertanto, ritengo che una normativa nazionale come quella di cui trattasi nel procedimento principale non sia compatibile con l’articolo 4, paragrafo 1, primo trattino, della direttiva 90/435 in quanto ha l’effetto di privare di un vantaggio fiscale le società madri che abbiano percepito dividendi da società figlie stabilite in altri Stati membri, riducendo le perdite riportabili agli esercizi fiscali successivi in misura a pari all’importo di detti dividendi e sia quindi equiparabile a un’imposizione indiretta degli stessi, risultato contrario sia all’obiettivo di esenzione di questi ultimi, previsto specificamente da tale disposizione, sia all’obiettivo generale di neutralità fiscale di cui alla direttiva in argomento (58).

79.      In altri termini, nel tentativo di porre rimedio alle carenze individuate dalla Corte nella sentenza Cobelfret e nell’ordinanza KBC, la riforma adottata nel dicembre 2009 dal legislatore belga ha generato un altro fattore di non conformità alla medesima direttiva, poiché il nuovo regime degli RDT ha ripercussioni negative sul riporto della DCR, in quanto il trattamento riservato ai dividendi distribuiti dalle società figlie ha creato un maggior rischio di perdita delle eccedenze della DCR per le società madri interessate (59).

80.      In terzo luogo, non mi convincono gli argomenti presentati dal governo belga per difendere la tesi della conformità di tale normativa nazionale, per quanto riguarda l’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 90/435.

81.      Anzitutto, il governo belga sostiene che, anche se il riporto della deduzione degli RDT può essere accompagnato dall’impossibilità di imputare, alla fine, un riporto della DCR, tale situazione non può essere considerata un’imposizione indiretta dei dividendi percepiti, poiché tale imposizione non si verificherebbe necessariamente (60).

82.      Tuttavia, ritengo che la circostanza che gli effetti nefasti della normativa nazionale in questione, ossia la doppia imposizione degli utili distribuiti da una società figlia alla società madre, possano verificarsi solo in taluni casi di specie (61), e non sistematicamente, non incide in alcun modo su tutte le considerazioni di cui sopra, poiché l’esistenza di tali effetti potenziali è sufficiente, di per sé, a caratterizzare una mancanza di compatibilità con il diritto dell’Unione.

83.      Inoltre, il governo belga sostiene che, in ogni caso, anche se la perdita del riporto della DCR implica effettivamente un’imposizione fiscale per le società madri interessate (62), tale imposizione non riguarda i dividendi da esse percepiti, sia pure indirettamente, come avveniva nella causa che ha dato luogo alla sentenza Cobelfret. Esso sostiene che se, nel calcolare l’imposta, rimangono utili nella fase di imputazione della DCR, ciò è necessariamente dovuto al fatto che non vi è più alcun RDT da imputare, poiché la deduzione di questi ultimi precede quella della DCR, e quindi i dividendi percepiti dalle società figlie sono stati interamente dedotti dalla base imponibile, cosicché l’imposizione che può risultare dalla perdita di un riporto della DCR non può riguardare tali dividendi. Inoltre, esso afferma che un’imposta che non ha ad oggetto dividendi percepiti da una società madre non può violare l’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 90/435, così come un’imposta riscossa al momento della distribuzione dei dividendi da parte di una società figlia, che non ha ad oggetto questi ultimi, non può violare l’articolo 5, paragrafo 1, di tale direttiva (63).

84.      Orbene, ritengo che la fondatezza di tale argomento sia inficiata dalla sentenza Cobelfret e dall’ordinanza KBC, nelle quali la Corte ha interpretato gli obblighi derivanti dall’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 90/435 tenendo conto degli effetti che una normativa nazionale come quella di cui trattasi nel procedimento principale può produrre correlativamente sulla riduzione delle perdite riportabili della società madre interessata, riduzione che può comportare un’imposizione indiretta dei dividendi percepiti da una società figlia negli esercizi successivi (64). Così facendo, la Corte ha assimilato la «perdita di perdite» a una «imposizione di utili» indiretta, optando quindi per un approccio «economico», conforme allo scopo perseguito da tale direttiva (65), in quanto il fatto che perdite riportabili non siano più disponibili per compensare futuri utili imponibili ha come effetto di poter dar luogo a una doppia imposizione di tali dividendi. A mio avviso, occorre proprio adottare un approccio di questo tipo nella causa in esame, come ho precisato in precedenza (66).

85.      Infine, il governo belga fa valere che le scelte operate dal Regno del Belgio che sono qui in discussione, vale a dire l’ordine di imputazione e la durata limitata dei riporti della DCR, rientrano nella competenza esclusiva dei legislatori nazionali.

86.      Ricordo, tuttavia, che gli Stati membri sono tenuti a rispettare le disposizioni della direttiva 90/435, e in particolare ad attuare tutti i mezzi necessari per conseguire il risultato prescritto dall’articolo 4, paragrafo 1, primo trattino (67), vale a dire non sottoporre a imposizione una seconda volta – sia pure indirettamente – dividendi percepiti da società figlie aventi sede in altri Stati membri, obiettivo che non è conseguito, come ho sottolineato in precedenza, da norme nazionali come quelle risultanti dal combinato disposto tra il regime belga degli RDT e le norme che limitano l’imputazione della DCR.

87.      Di conseguenza, ritengo che l’articolo 4, paragrafo 1, primo trattino, della direttiva 90/435 debba essere interpretato nel senso che esso osta a una normativa di uno Stato membro che prevede, da un lato, che i dividendi percepiti da una società madre siano inclusi nella sua base imponibile e successivamente dedotti da tale base in misura pari al 95%, nei limiti in cui permanga un saldo positivo nel periodo d’imposta in questione o in qualsiasi periodo d’imposta successivo, e, dall’altro, che tali dividendi debbano essere dedotti preventivamente rispetto a un altro vantaggio fiscale previsto dal diritto nazionale, il cui riporto è, dal canto suo, limitato nel tempo.

V.      Conclusione

88.      Alla luce delle suesposte considerazioni, propongo alla Corte di rispondere alla questione pregiudiziale sollevata dal tribunal de première instance francophone de Bruxelles (Tribunale di primo grado di Bruxelles di lingua francese, Belgio) nei seguenti termini:

L’articolo 4, paragrafo 1, primo trattino, della direttiva 90/435/CEE del Consiglio, del 23 luglio 1990, concernente il regime fiscale comune applicabile alle società madri e figlie di Stati Membri diversi, deve essere interpretato nel senso che esso osta a una normativa di uno Stato membro che prevede, da un lato, che i dividendi percepiti da una società madre siano inclusi nella sua base imponibile e successivamente dedotti da tale base in misura pari al 95%, nei limiti in cui permanga un saldo positivo nel corso del periodo d’imposta in questione o in qualsiasi periodo d’imposta successivo, e, dall’altro, che tali dividendi debbano essere dedotti preventivamente rispetto a un altro vantaggio fiscale previsto dal diritto nazionale, il cui riporto è, dal canto suo, limitato nel tempo.


1      Lingua originale: il francese.


2      Direttiva del Consiglio, del 23 luglio 1990 (GU 1990, L 225, pag. 6).


3      Direttiva del Consiglio, del 20 novembre 2006 (GU 2006, L 363, pag. 129).


4      V., principalmente, sentenza del 12 febbraio 2009, Cobelfret (C-138/07, EU:C:2009:82); in prosieguo: la «sentenza Cobelfret», e ordinanza del 4 giugno 2009, KBC Bank e Beleggen, Risicokapitaal, Beheer (C-439/07 e C-499/07, EU:C:2009:339); in prosieguo: l’«ordinanza KBC». V., inoltre, sentenze del 4 luglio 2013, Argenta Spaarbank (C-350/11, EU:C:2013:447, i cui punti da 3 a 9 descrivono brevemente il sistema della DCR), e del 26 ottobre 2017, Argenta Spaarbank (C-39/16, EU:C:2017:813, il cui punto 10 descrive brevemente il sistema degli RDT).


5      Direttiva del Consiglio, del 30 novembre 2011, concernente il regime fiscale comune applicabile alle società madri e figlie di Stati membri diversi (GU 2011, L 345, pag. 8).


6      Moniteur belge del 15 novembre 1991, pag. 25619.


7      Per maggiori dettagli, v. sentenze Cobelfret (punti 6 e segg.) e del 26 ottobre 2017, Argenta Spaarbank (C-39/16, EU:C:2017:813, punti 7 e segg.).


8      Moniteur belge del 30 luglio 1992, pag. 17120.


9      Moniteur belge del 13 settembre 1993, pag. 20105.


10      Preciso che tale limitazione della deduzione pari al 95% è legata al fatto che il Regno del Belgio si è avvalso della facoltà, prevista all’articolo 4, paragrafo 2, della direttiva 90/435, di fissare le spese di gestione non deducibili, e quindi imponibili, a un importo forfettario che non superi il 5% degli utili distribuiti dalla società figlia (v. ordinanza KBC, punti 51 e 52).


11      La Brussels Securities ha inoltre sostenuto, dinanzi al giudice del rinvio e dinanzi alla Corte, che tale ordine di imputazione è contrario alla libertà di stabilimento prevista dall’articolo 49 TFUE. Tuttavia, al pari del governo belga e della Commissione, non mi pronuncerò al riguardo. Infatti, dalla decisione di rinvio risulta che tale argomento era collegato a una presunta violazione della Costituzione belga, motivo già respinto da detto giudice. Inoltre, l’articolo 49 TFUE non è menzionato nella questione sottoposta alla Corte, neppure nella sostanza, e non mi sembra che la sua interpretazione sia utile per consentire al giudice nazionale di decidere in merito alla controversia nel procedimento principale, conformemente alla giurisprudenza costante della Corte (v., in particolare, sentenza del 19 dicembre 2018, AREX CZ, C-414/17, EU:C:2018:1027, punti 34 e 35).


12      Sull’origine di detto sistema e sulle ragioni fornite per spiegare il suo mantenimento, v. Malherbe, J., «Le régime mères-filiales en Belgique: la leçon d’anatomie», Revue pratique des sociétés, 2010, pagg. da 34 a 37.


13      Mentre il sistema di esenzione presuppone che lo Stato membro in cui è stabilita la società madre non assoggetti tali utili a tassazione, il sistema di imputazione consiste nel sottoporre tali utili a imposizione, pur autorizzando la società madre a dedurre dalle sue imposte la frazione dell’imposta assolta dalla società figlia a fronte di tali utili e, eventualmente, l’importo della ritenuta alla fonte prelevata dallo Stato membro in cui è residente la società figlia, nel limite dell’importo dell’imposta corrispondente (v., in particolare, sentenze Cobelfret, punti 31 e 43, del 26 ottobre 2017, Argenta Spaarbank, C-39/16, EU:C:2017:813, punto 49, nonché del 26 febbraio 2019, T Danmark e Y Denmark, C-116/16 e C-117/16, EU:C:2019:135, punto 12).


14      V. sentenze del 12 dicembre 2006, Test Claimants in the FII Group Litigation (C-446/04, EU:C:2006:774, punto 43), e Cobelfret (punto 31).


15      La doppia imposizione viene definita «economica» quando due Stati sottopongono a imposizione contribuenti diversi per lo stesso reddito e viene definita «giuridica» quando due Stati sottopongono a imposizione lo stesso contribuente per lo stesso reddito (v. Jourdain, S., «Excédents de RDT: une véritable odyssée fiscale», Comptabilité et fiscalité pratiques, 2009, n. 8, pag. 209).


16      V., in particolare, sentenze Cobelfret (punti 29 e 46), dell’8 marzo 2017, Wereldhave Belgium e a. (C-448/15, EU:C:2017:180, punti 25, da 35 a 37 e 39), nonché del 26 ottobre 2017, Argenta Spaarbank (C-39/16, EU:C:2017:813, punti 47 e 48).


17      V. punti da 27 a 57, soprattutto da 35 a 41, della sentenza Cobelfret. Peraltro, ai punti da 58 a 65 di tale sentenza, la Corte ha dichiarato che detto articolo 4, paragrafo 1, primo trattino, ha efficacia diretta in quanto incondizionato e sufficientemente preciso per poter essere invocato dinanzi ai giudici nazionali. V. anche conclusioni dell’avvocato generale Sharpston nella causa Cobelfret (C-138/07, EU:C:2008:268, paragrafi 12 e segg.).


18      Infatti, poiché la normativa fiscale in questione consente in linea di principio il riporto delle perdite agli esercizi fiscali successivi, la riduzione delle perdite della società madre che possono beneficiare di tale riporto in misura pari all’ammontare dei dividendi percepiti ha ripercussioni sulla base imponibile di tale società nell’esercizio fiscale successivo a quello in cui i dividendi sono distribuiti, quando gli utili della società interessata sono superiori alle perdite riportabili, essendo la base imponibile più elevata a seguito della riduzione delle perdite riportabili.


19      V. punti da 33 a 44 e punto 1 del dispositivo dell’ordinanza KBC, che interpretano l’articolo 4, paragrafo 1, primo trattino, della direttiva 90/435 nel senso che esso «osta alla normativa di uno Stato membro la quale, ai fini dell’esenzione dei dividendi distribuiti ad una società madre stabilita in questo Stato da una società figlia con sede in un altro Stato membro, prevede che detti dividendi siano inclusi nella base imponibile della società madre e poi dedotti dalla stessa sino a concorrenza del 95% nella misura in cui, per il periodo d’imposta considerato, sussiste un saldo attivo dopo la deduzione degli altri utili esentati, e la quale comporta che:      
– la società madre è sottoposta ad imposizione in un periodo d’imposta successivo per quanto riguarda la distribuzione degli utili ricevuti ove essa non ha realizzato utili imponibili, o ha realizzato utili imponibili insufficienti nel corso del periodo d’imposta in cui tali utili sono stati distribuiti, o che      
– le perdite di tale periodo vengono compensate con le distribuzioni di utili e non sono trasferibili ad un periodo d’imposta successivo sino a concorrenza dell’importo di tali distribuzioni».


20      V. punti da 45 a 54 e punto 2 del dispositivo dell’ordinanza KBC. La Corte si è anche pronunciata su questioni che non sono direttamente rilevanti ai fini della presente domanda di pronuncia pregiudiziale, vale a dire: la competenza della Corte qualora la domanda di pronuncia pregiudiziale sia basata sull’applicabilità, ad una situazione puramente interna, di disposizioni di una direttiva recepita nel diritto nazionale; l’interpretazione delle disposizioni del Trattato CE relative alla libera circolazione dei capitali, nonché l’interpretazione dell’articolo 43 CE (divenuto articolo 49 TFUE) sulla libertà di stabilimento (v. punti da 55 a 82 e punti da 3 a 5 del dispositivo).


21      Il governo belga precisa che detto paragrafo 3 è applicabile all’esercizio fiscale 2011, di cui trattasi nel procedimento principale, come inserito nel CIR 92 dall’articolo 8 della legge del 21 dicembre 2009 (Moniteur belge del 31 dicembre 2009, pag. 82816), disposizione entrata in vigore il 1° gennaio 2010.


22      Sembra che il procedimento consistente nell’includere tali utili nella base imponibile e successivamente nel dedurli da tale base sia collegato al principio della tassazione del «reddito globale», quindi mondiale, delle società con sede in Belgio, sancito all’articolo 1, paragrafo 1, punto 2, del CIR 1992 (v., in tal senso, Richelle, I., «Cobelfret et l’interprétation de la directive mère-filiales: le régime belge des RDT est contraire au droit communautaire», Revue générale de fiscalité, 2009, n. 3, pagg. 4 e 6).


23      Secondo Jourdain, S., op. cit. alla nota 15, pag. 210, sia la Commissione, in una lettera del 5 luglio 1991, sia una relazione di esperti indipendenti, pubblicata nel marzo 1992, e gran parte della dottrina hanno ritenuto che la corretta attuazione della direttiva 90/435 presupporrebbe che i dividendi siano esclusi ab initio dal reddito imponibile, anziché esservi inclusi e poi esserne dedotti.


24      V. paragrafi da 38 a 46 delle presenti conclusioni.


25      Secondo la terminologia utilizzata nella questione sollevata e nelle motivazioni della decisione di rinvio.


26      Secondo una giurisprudenza costante, una disposizione di diritto dell’Unione deve essere oggetto di un’interpretazione autonoma e uniforme in tutta l’Unione, tenuto conto del tenore di tale disposizione, del suo contesto, degli obiettivi perseguiti dalla normativa di cui essa fa parte e della sua genesi (v., in particolare, sentenze del 17 gennaio 2019, Brisch, C-102/18, EU:C:2019:34, punto 22, nonché dell’11 aprile 2019, Tarola, C-483/17, EU:C:2019:309, punti 36 e 37).


27      E la Corte ha precisato che non esiste una differenza sostanziale tra il fatto di «astenersi dal sottoporre ad imposizione» e quello di «esentare» gli utili percepiti dalla società madre (v. sentenza Cobelfret, punto 43, nonché giurisprudenza citata nella nota a piè di pagina 13 delle presenti conclusioni).


28      V. paragrafo 36 delle presenti conclusioni.


29      V., in tal senso, sentenza del 22 dicembre 2008, Les Vergers du Vieux Tauves (C-48/07, EU:C:2008:758, punto 42), in cui la Corte ha considerato che il vantaggio fiscale di cui una società madre può giovarsi in forza dell’articolo 4, paragrafo 1, primo trattino, della direttiva 90/435 consiste nel «percepire utili senza essere assoggettata ad imposta».


30      La proposta di direttiva del Consiglio concernente il regime fiscale comune applicabile alle società madri e filiali di Stati membri diversi, presentata dalla Commissione il 16 gennaio 1969 (GU 1969, C 39, pag. 7), conteneva un articolo 4, paragrafo 1, il quale prevedeva che «[g]li utili distribuiti che ogni società madre riceve a titolo di socia dalla società figlia (...) non fanno parte del suo utile imponibile», senza prescrivere un metodo da seguire a tal fine (il corsivo è mio). Il parere del Comitato economico e sociale, del 26 giugno 1969, relativo a tale proposta (GU 1969, C 100, pag. 7, punto 2) ha rilevato che «il principio che si trova alla base della direttiva in esame, principio inerente al regime fiscale da applicare alle distribuzioni di utili [è che] l’utile già gravato da tale imposta non è più soggetto alla medesima se viene trasferito ad un’altra società soggetta alla stessa imposta» (il corsivo è mio). La proposta presentata il 5 luglio 1985 [COM (1985) 360 def.], che ha portato all’adozione della direttiva 90/435, non fornisce indicazioni al riguardo.


31      V. nota a piè di pagina 13 delle presenti conclusioni.


32      V., in particolare, sentenza Cobelfret (punti 28 e 29) nonché giurisprudenza citata nella nota a piè di pagina 16 delle presenti conclusioni.


33      V. punti da 46 a 50 e 53 dell’ordinanza KBC.


34      V., in particolare, sentenze del 7 settembre 2006, N (C-470/04, EU:C:2006:525, punto 33), del 19 luglio 2012, A (C-48/11, EU:C:2012:485, punto 16), nonché del 19 dicembre 2018, Cadeddu (C-667/17, EU:C:2018:1036, punto 15).


35      Preciso che, nel caso di specie, non viene contestato il fatto che la normativa di cui trattasi nel procedimento principale non comporti un’imposizione diretta dei dividendi a carico della società madre. V. anche sentenza Cobelfret (punto 40) nonché ordinanza KBC (punto 40).


36      V. punto 54 dell’ordinanza KBC e paragrafo 44 delle presenti conclusioni.


37      A tal riguardo, ricordo che la Corte ha dichiarato che, benché applicando il regime degli RDT ai dividendi distribuiti tanto dalle società figlie residenti quanto da quelle stabilite in altri Stati membri, il Regno del Belgio cerchi di eliminare qualsiasi penalizzazione della cooperazione tra società di Stati membri diversi rispetto alla cooperazione tra società di uno stesso Stato membro, tale parità di trattamento non giustifica, tuttavia, l’applicazione di un regime che non è compatibile con la direttiva 90/435 e, in particolare, con il sistema della prevenzione della doppia imposizione economica previsto dall’articolo 4, paragrafo 1, primo trattino, di tale direttiva (v. sentenza Cobelfret, punti 45 e 46, nonché ordinanza KBC, punto 42).


38      Altri paesi non inseriscono i dividendi distribuiti nella base imponibile delle società madri, secondo Richelle, I., «L’arrêt Cobelfret de la CJCE et ses conséquences sur le régime des RDT», Tax Audit & Accountancy, 2009, n. 4, pag. 11, nonché Hermand, O. e Vanoppen, S., «Non-report des excédents de RDT: violation du droit européen», Le Fiscologue, n. 1148, 20 février 2009, pagg. 12 e segg.. A sua volta, Malherbe, J., op. cit. alla nota 12, pag. 35, precisa che «in Francia i dividendi percepiti dalle società madri sono oggetto di una deduzione extracontabile e circolano liberamente all’interno del gruppo». Noto che l’attuale articolo 216 del code général des impôts (codice generale delle imposte) francese prevede che «[i] proventi netti delle partecipazioni, che danno diritto all’applicazione del regime delle società madri (...), possono essere dedotti dall’utile netto totale di quest[e] ultim[e]».


39      V., per analogia, conclusioni dell’avvocato generale Sharpston nella causa Cobelfret (C-138/07, EU:C:2008:268, paragrafo 21), riguardo alla normativa applicabile all’epoca.


40      Secondo la Commissione, le disposizioni di diritto belga che recepiscono l’articolo 4, paragrafo 1, primo trattino, della direttiva 90/435, nella versione applicabile nel procedimento principale, non sembrano ostare, di per sé, alla non imposizione degli utili distribuiti che rientrano nell’ambito di applicazione di tale direttiva, in quanto il regime degli RDT consente a priori di garantire che i dividendi non siano sottoposti a imposizione a carico della società madre, anche se la deduzione può avere effetto su più esercizi fiscali.


41      Tenuto conto che tale limitazione è consentita (v. nota a piè di pagina 10 delle presenti conclusioni).


42      Vale a dire i dividendi che non hanno potuto essere imputati alla base imponibile di tale società sin dall’esercizio di distribuzione, a causa dell’insufficienza di utili.


43      La Commissione ha correttamente menzionato, a mio avviso, il rischio di «scaglionare nel tempo» l’uso della deduzione degli RDT da parte della società madre, quando quest’ultima dispone di una base imponibile insufficiente per l’esercizio di distribuzione, se non addirittura per gli esercizi successivi.


44      Su tale qualificazione della DCR, v. sentenza del 4 luglio 2013, Argenta Spaarbank (C-350/11, EU:C:2013:447, punto 24).


45      Fermo restando che le imputazioni degli RDT e della DCR sono precedenti a quella delle perdite professionali recuperabili (v. articoli 77, 77 bis e 78 dell’AR/CIR 1992).


46      Tale decisione rileva che i lavori preparatori della legge del 22 giugno 2005 che ha istituito la DCR (Moniteur belge del 30 giugno 2005, pag. 30077), in particolare il commento all’articolo 5 del disegno di legge dell’11 maggio 2005, dimostrano che è il legislatore ad aver determinato l’ordine di deduzione previsto dall’AR/IRC 1992, il quale, secondo la Brussels Securities, può, in taluni casi, influire sulla futura base imponibile di una società.


47      Fermo restando che la deduzione per redditi da brevetti avviene dopo quella degli RDT, ma prima della deduzione a titolo di DCR (v. articoli 77/1 e 77 bis dell’AR/CIR 1992).


48      Deduzione per investimenti di cui all’articolo 79 dell’AR/CIR 1992.


49      Il governo belga ha qualificato queste ultime come «deduzioni extracontabili», nel senso che esse consistono nel dedurre dall’utile contabile della società non già alcune voci che vi sarebbero apparse in via preliminare, come i dividendi percepiti dalle società figlie o i redditi da brevetti, bensì le voci dell’attivo del bilancio della società, come la deduzione per investimenti, o del passivo, come la DCR.


50      Dalle discussioni risulta che le disposizioni relative al riporto limitato della DCR sono state modificate nel corso del 2012, con effetto successivo all’esercizio fiscale controverso.


51      Normativa belga dalla quale risulta, ai sensi del terzo paragrafo in fine della questione pregiudiziale, che «l’imputazione [deve] avvenire, fino a esaurimento dell’utile imponibile, innanzitutto sugli [RDT] riportati, poi sulla [DCR] riportata (il cui riporto è limitato ai “sette esercizi fiscali successivi”), poi sul saldo delle perdite anteriori recuperabili».


52      V. anche il paragrafo 62 delle presenti conclusioni.


53      Esempio che mette a confronto due ipotesi in cui la stessa situazione fiscale di una società madre è determinata, in primo luogo, in base all’ordine di imputazione previsto dall’AR/CIR 1992 in combinato disposto con il regime belga degli RDT (in cui figura un risultato imponibile corrispondente all’eccedenza della DCR perduta in quanto non utilizzata prima della scadenza del periodo previsto di sette anni) e, in secondo luogo, sempre seguendo tale ordine di imputazione, ma applicando un’esclusione teorica immediata dei dividendi percepiti (in cui figura un risultato imponibile pari a zero, in quanto, invece di imputare eccedenze degli RDT prima della DCR, la società dispone di perdite riportabili che vengono imputate dopo la DCR e che ne eliminano quindi l’eccedenza).


54      In queste tabelle, dal contenuto analogo all’esempio fornito dal giudice del rinvio, la Commissione osserva che nel primo caso, in forza della normativa belga, la società madre perde la totalità della DCR che non ha potuto imputare prima della scadenza del periodo previsto di sette anni, mentre nel secondo caso, in forza di un regime di esenzione ab initio dei dividendi conforme alla direttiva 90/435, la società ha un risultato imponibile pari a zero e un’eccedenza della DCR perduta, in quanto non imputabile, ridotta rispetto al caso precedente.


55      V. paragrafi 81 e segg. delle presenti conclusioni.


56      Tale governo ha espressamente ammesso nelle sue difese orali che «l’inclusione dei dividendi percepiti nella base imponibile di una società madre [in perdita], comportando a suo carico la sostituzione di un riporto delle perdite con un riporto delle deduzioni degli RDT, può avere l’effetto di differire, a causa dell’ordine di imputazione delle deduzioni, l’imputazione del riporto della DCR col rischio, è vero, di comportare la scadenza del termine per poter procedere a quest’ultima imputazione».


57      V. sentenza Cobelfret (punti da 39 a 41) nonché ordinanza KBC (punti 39, 40 e 54). È stato giustamente osservato, riguardo alle disposizioni in vigore all’epoca delle cause che hanno dato luogo a tali decisioni, che il regime degli RDT penalizza la società madre che, senza la presa in considerazione dei dividendi in base a tale regime, avrebbe visto il periodo d’imposta di riferimento chiudersi con una perdita, che sarebbe stata deducibile dagli utili dei periodi d’imposta successivi, mentre l’inclusione dei dividendi nella base imponibile, combinata con la limitazione della deduzione degli RDT in misura pari all’ammontare dell’utile imponibile, fa venir meno la perdita riportabile (Garabedian, D., «L’influence de la jurisprudence Cobelfret sur le régime fiscal des dividendes à l’impôt des sociétés», Les dialogues de la fiscalité, Larcier, Bruxelles, 2010, pag. 59).


58      Riguardo a detti obiettivi, v. paragrafo 56 delle presenti conclusioni.


59      V. anche Hermand, O., Delacroix, P., e Wils, C., «Une nouvelle déduction fiscale est née: les “excédents RDT” – Commentaire du nouvel article 205, § 3, du CIR 1992», Revue générale de fiscalité, 2010, n. 2, pag. 7, nonché Dassesse, M., «Impôt des sociétés – Déduction prioritaire des RDT vis-à-vis des excédents de DCR – La Belgique viole les principes de l’arrêt Cobelfret», Actualités fiscales, 2014, n. 41, pagg. 2 e 4 (articolo citato dalla Brussels Securities, in particolare con riferimento all’esempio in cifre riprodotto nelle sue osservazioni scritte).


60      A suo avviso, la limitazione temporale del riporto della DCR comporta un’imposizione solo se, dopo una mancanza di utili sufficienti a suo favore per sette anni, la società madre realizza utili successivamente, mentre se non diviene nuovamente beneficiaria di utili o viene liquidata, la perdita del diritto di riporto della DCR non ha alcuna incidenza sulla stessa, per cui lo svantaggio rimane virtuale.


61      Ossia ogni volta che il fatto di dover dedurre in via prioritaria gli RDT dalla base imponibile comporta la sua scomparsa o una riduzione tale che un altro vantaggio fiscale non può più esserle interamente imputato (v., in tal senso, Dassesse, M., op. cit. alla nota 59, pag. 2).


62      Vale a dire nel caso (menzionato proprio nei paragrafi precedenti) in cui la società divenga nuovamente beneficiaria di utili dopo la scadenza del periodo di sette anni previsto dall’articolo 205 quinquies del CIR 1992.


63      A quest’ultimo titolo, il governo belga fa valere le sentenze del 25 settembre 2003, Océ van der Grinten (C-58/01, EU:C:2003:495, punti 55 e 56), nonché del 24 giugno 2010, P. Ferrero e C. e General Beverage Europe (C-338/08 e C-339/08, EU:C:2010:364, punti 40 e 41). Tuttavia, dubito della pertinenza di un’analogia con tali sentenze, relative alla nozione di «ritenuta alla fonte» ai sensi dell’articolo 5 della direttiva 90/435, il quale vieta tale ritenuta sugli utili che una società figlia distribuisce alla società madre, salvo in taluni casi specifici, come indicato anche nel quinto considerando di tale direttiva. V., in tal senso, sentenza Cobelfret (punto 53 in fine), che respinge un’analogia tra l’articolo 4, paragrafo 1, e l’articolo 6 della stessa direttiva.


64      V. sentenza Cobelfret (punti da 39 a 41) nonché ordinanza KBC (punti 39 e 40). Analogamente, V. paragrafi 41, 44 e 76 delle presenti conclusioni.


65      Secondo i termini utilizzati in un’analisi dottrinale da me condivisa (v. Hermand, O., e Vanoppen, S., op. cit. alla nota 38).


66      V. soprattutto paragrafi 76 e segg. delle presenti conclusioni.


67      V. anche paragrafi 57 e segg. delle presenti conclusioni.